“Vorremmo che la Giunta, nelle sedute della Commissione Sanità e del Consiglio della prossima settimana, rispondesse a queste domande: come è potuto avvenire che siano state recapitate negli ospedali e nelle Rsa mascherine non utilizzabili? Quali Dispositivi di protezione siano stati forniti ai medici? Perché le persone in quarantena a domicilio non sono state fornite di DPI, nonostante sia previsto dal primo rapporto dell’ISS? Che ne è delle USCA?” – così Marco Grimaldi, Capogruppo di Liberi Uguali Verdi, interpella la Giunta, facendo riferimento ad alcune vicende eclatanti emerse negli ultimi giorni.
La prima, al centro di un’interrogazione indifferibile e urgente che Grimaldi ha destinato alla IV Commissione, fa riferimento alle mascherine prodotte dagli stabilimenti Miroglio di Alba, dichiarate da Icardi certificate «ad uso sanitario» per ospedali, operatori sanitari, farmacie e contagiati in isolamento domiciliare. Eppure, l’Iss non le ha certificate, così Icardi ha dovuto correggere il tiro dicendo che servivano «per andare a fare la spesa». E l’Assessora Caucino ha confermato che le mascherine lavabili Miroglio sono state consegnate anche alle Rsa, ma “soltanto 30 mila”.
“Caucino rivendica il contributo alle strutture per anziani e ai servizi sociali? Che coraggio!” – prosegue Grimaldi. – “Addirittura sostiene che ‘nel momento di massima emergenza anche le mascherine fornite devono essere state utili’. L’occasione fa la mascherina filtrante! Non solo la Regione non ha nulla di cui vantarsi perché non le ha pagate, dato che le prime 500mila sono state donate da Giuseppe Miroglio, in più l’Unità di Crisi ha stabilito una destinazione d’uso errata, nonostante sui dispositivi fosse segnalato quali usi potevano esserne fatti”.
“Vogliamo sapere non solo, a questo punto, quali DPI siano stati forniti ai medici” – conclude Grimaldi, – “ma anche come mai non sono stati dati dispositivi a chi era a casa. Molte persone (addirittura alcuni infermieri) continuano a segnalare che, malate di Covid19 con sintomi lievi e quindi in quarantena presso il domicilio, pur trovandosi a condividere l’appartamento con famigliari e altre persone, non solo non sono state più contattate dal SISP ma non hanno mai ricevuto dispositivi di protezione”.
Eppure, il Rapporto ISS COVID-19 n. 1/2020 aggiornato al 7 marzo 2020, alla pagina 7 riporta al punto 1 che è prevista la “verifica delle condizioni abitative e consegna dei DPI” e che la persona infetta deve rimanere in una stanza isolata, indossare mascherina se entra in contatto con altre persone della casa, avere un bagno dedicato se possibile, pulire quotidianamente le superfici della casa con disinfettanti, guanti e mascherina.
“Come si pensa” – conclude Grimaldi – “di uscire dalla crisi se i cittadini non sono messi nemmeno nelle condizioni di tutelare la salute del proprio nucleo familiare? Com’è possibile che nella città di Torino a oggi operino solo due Unità speciali di continuità assistenziale, quando il fabbisogno per legge dovrebbe essere di una ogni 50mila abitanti?”.
Circondato da legioni di esperti, virologi, economisti, sociologi (a proposito: ma chi paga tutte queste persone e tutte le task force e commissari straordinari che si sono fatte le singole Regioni?), il presidente Conte farebbe bene a sentire qualche esperienza di vita vissuta da cittadini “inesperti” ma ricchi di buon senso. La fine del lockdown e la riapertura cadenzata su base regionale è una assurdità. Le filiere produttive non sempre e quasi mai sono concentrate all’interno della stessa Regione. Bene hanno fatto a ricordarlo il presidente della Lombardia, Fontana, e l’assessore Gallera: se si decide di riaprire l’automotive, non possono riaprire in tempi diversi gli stabilimenti di Melfi, Cassino o Torino poiché molti fornitori provengono da altre Regioni. Una riapertura su base regionale può valere per quelle attività autonome (penso ai parrucchieri o alle palestre) svincolate per loro natura da una filiera produttiva su scala nazionale. Tutto il resto, per non accrescere i già enormi disagi degli italiani, deve riaprire in tutta Italia. Il presidente Conte senta pure gli esperti e i professori, ma poi si affidi al buon senso.