L’equivoco del 18 aprile 1948
Le elezioni politiche del 1948 si tennero il 18 aprile. Per la seconda volta, a guerra finita e liberazione avvenuta, si votava a suffragio universale. Una campagna elettorale dura, senza esclusione di colpi , si consumò nel paese nel breve volgere di un mese e mezzo.
Il mondo diviso in blocchi dalla “guerra fredda”, il piano Marshall e il peso degli Stati Uniti d’America in Europa , l’influenza della chiesa cattolica, determinarono prima la frattura nel governo a tre che vedeva insieme DC,PCI e PSI , con l’esclusione delle sinistre, inasprendo le polemiche nel paese, e poi il ricorso alle urne. Il 20 marzo 1948, a un mese dal voto, il segretario di Stato Usa George Marshall, artefice del piano di aiuti economici definito dal governo di Washington per la ricostruzione dei Paesi europei “amici”, dichiarò che gli aiuti economici all’Italia (erano già arrivati 176 milioni di dollari in tre mesi) sarebbero cessati nel caso di una vittoria elettorale delle sinistre. Parole velenose, pronunciate mentre prendeva corpo l’idea che dal responso delle urne dipendesse la scelta tra occidente e comunismo. Si fronteggiarono così, a muso duro, la Democrazia Cristiana, con il pieno e incondizionato appoggio del mondo ecclesiastico, e il Fronte popolare, al quale aderivano principalmente comunisti e socialisti. Il simbolo delle sinistre era una stella a cinque punte con la faccia di Garibaldi. Pio XII mobilitò la Chiesa cattolica a sostegno dello Scudo crociato “per impedire che l’Italia cada nelle mani dei comunisti”.
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L’italico stivale era un paese profondamente cattolico e la paura che la libertà di culto potesse essere messa in pericolo era un argomento di forte presa emotiva sull’elettorato. La Chiesa , inoltre, rappresentava l’istituzione più diffusa e radicata nel territorio, con 282 diocesi, 25.647 parrocchie, 4.456 istituti di assistenza e di beneficenza (con 232.571 assistiti) e ben 249.042 ecclesiastici fra cui 71.072 preti, 27.107 religiosi professi e 150.843 professe. Per non parlare delle Case religiose maschili e femminili, delle associazioni giovanili e sportive. Insomma, un vero e proprio esercito che, buttatosi a corpo morto nella mischia, ripeteva all’infinito lo slogan più in voga in quei giorni: “Nel segreto dell’urna Dio vi vede, Stalin no”. A due mesi dal voto Luigi Gedda, l’ex presidente dell’Azione Cattolica, fondò i Comitati civici, che svolsero un fondamentale ruolo di collegamento tra Democrazia cristiana e parrocchie. Gedda era il deus ex machina che risolveva i problemi di una Dc ancora priva di una struttura degna di un partito di massa. Lo stesso Gedda definì quelle elezioni di metà aprile come “una seconda Lepanto in quanto se Lepanto ha impedito ai turchi di invadere l’Italia, il 18 aprile impedirà a Stalin e a Tito di conquistare l’Europa”. Che dire? Tanto tuonò che piovve. E non furono gocce d’acqua ma voti, tanti voti, una tempesta di alla Dc che , raggiungendo il 48,5 per cento, si assicurò la maggioranza assoluta nei seggi, mentre il Fronte popolare si assestò su di un modesto 31 per cento. Il resto dei consensi andò ai missini-; ai monarchici e ai repubblicani con un paio di punti a testa, mentre i liberali raccolsero il 3,8 per cento e i socialdemocratici di Unità socialista il 7,1.
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Gli altri dovettero accontentarsi delle briciole. «L’impero del male» (come i democristiani definivano il comunismo) non trionfò e la sintesi che fede il Bollettino Parrocchiale redatto da don Giovanni nel maggio di quell’anno non lasciava dubbi a chi attribuirne il merito: “La vergine SS. ciò non ha permesso; una volta ancora Ella ha vegliato su di noi e ha salvato l’Italia”. Per non farsi mancare niente, il 25 aprile si cantò il «Te Deum» in Parrocchia per ringraziamento a Dio. E il 6 maggio successivo si svolse un pellegrinaggio di riconoscenza al Santuario della Madonna della Bocciola, a Vacciago. Eppure, nonostante la sua verve, ci fu un episodio in quella campagna elettorale dove Don Giovanni non riuscì a trovare le giuste parole per contraddire l’onorevole Figurelli e dovette affidarsi a ben altri argomenti. Il fatto avvenne una fredda domenica mattina sul sagrato della chiesa del paese più grande della valle. A quel tempo s’usava inscenare il pubblico contraddittorio e il luogo prediletto dai comunisti era proprio l’area antistante i luoghi di culto, nell’ora d’uscita dei fedeli dalla messa grande. La scena era sempre la stessa.
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L’oratore del Fronte popolare che esortava i cattolici ad aprire gli occhi, a guardare la realtà senza farsi rincitrullire dai preti, insistendo sui temi sociali e sulle libertà. Viceversa gli uomini di fede rispondevano lanciando anatemi e strali contro i “senza Dio”, materialisti senz’anima e coscienza, pronti a bruciare le Chiese per costruire poi, sulle macerie delle case del Signore, delle sale da ballo ( cosa che nessuno, sinceramente, aveva in mente di fare ma che faceva presa sui credenti che ascoltavano atterriti, sgomenti ). Quel giorno, l’onorevole, rivolgendosi al parroco, guardandolo dritto negli occhi, disse: “Signor curato, moderi i termini. Lei non ha idea di cosa sia il suo Gesù Cristo per me”. Stupito, perplesso, il Don, quasi balbettando, replicò: “E che sarebbe? Lo dica, su.. lo dica, lo dica”. Vincenzo Figurelli non se lo fece ripetere due volte e rispose con voce di tuono: “Cristo è mio cognato!”. Un urlo s’alzò dalla folla, mentre il prete – paonazzo in volto – si mise ad agitare le braccia, gridando “ Blasfemo bestemmiatore! Finirai all’inferno, in mezzo alle fiamme e alla pece bollente! “. L’onorevole, con un ghigno sornione, resosi conto di aver fatto perdere le staffe al prelato, precisò: “Calma, prete. Non farti venire un colpo che non voglio averti sulla coscienza. Posso spiegare tutto. Vedi, mia sorella si è fatta monaca e in quanto tale è diventata sposa di Gesù Cristo e quindi, io ne sono diventato il cognato, non credi? “. Fu a quel punto che, dopo alcuni istanti di assoluto silenzio, la folla dei credenti, non trovando parole adatte per la replica, dimenticando ogni buona maniera e qualsiasi principio di tolleranza, assaltò la vecchia Balilla dei comunisti, rovesciandola e costringendo i cinque esponenti del Fronte popolare ad una repentina fuga nei boschi vicini. Di fronte all’enormità del fatto, non solo venne presa la decisione di non porgere l’altra guancia all’offesa ma di di passare alle vie di fatto, di offendere – sul piano fisico – chi li aveva affrontati con tanta improntitudine. Se Figurelli e i suoi non avessero scelto la via della ritirata strategica, i guai sarebbero stati molto seri. L’episodio fece il giro della valle e dei dintorni. L’eco dei fatti giunse anche nella campagne della bassa novarese, ringalluzzendo ancor più gli ambienti cattolici. Tra le file comuniste ci furono invece alcuni che, negli anni a venire, continuarono ad interrogarsi sul perché e sul per come lì , in quella valle tanto operosa, il pensiero sociale non attecchisse e i voti a sinistra si contassero sulle dita delle mani, senza l’ausilio del pallottoliere. Forse avrebbe giovato ragionar meglio sui legami di parentela? Probabilmente sì.
“Meglio tardi che mai, ma quella della Sindaca è un’azione d’ufficio tardiva, e se i posti di lavoro vanno all’estero Appendino e il M5s ne sono politicamente responsabili”
A dichiararlo è la parlamentare di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli, che prosegue: “Durante la fusione lei e i suoi Ministri “amici” non hanno mosso un dito per pretendere a favore dell’Italia. Mentre la Francia chiedeva, il Governo italiano stava zitto, lasciando che tutto avvenisse ai danni di Torino e dell’intera Nazione. Ora si chiedono soldi? Di tutti i soldi promessi e di cui si è vantata non abbiamo visto neppure l’ombra, ora almeno ci faccia la cortesia di risparmiarci un atto d’ufficio che arriva fuori tempo e che sa di ennesima pantomima”.
La politica inerte sulla Tav
Riunione tra il prof Migone e Roberto Tricarico con i Cinquestelle per un accordo al primo turno. Presumo accordo sui contenuti. Il che vuol dire che il Pd e i grillini hanno idee convergenti per il futuro della città di Torino.
Francamente mi tremano le gambe. Altra cosa sarebbe una convergenza al secondo turno, ma tant’e ‘, per adesso è un’ altra cosa. E poi vuoi non mettere la gioia e l’ appagamento nel perdere al primo turno? Diamoci una mossa e parliamo di contenuti. E come non partire dalla Tav…
Effettivamente tutti i pentastellati sono d’accordissimo sulla Torino-Lione… Dai dai, cerchiamo di essere un po’ seri. Mi è stato detto che persino l’ Europa è diventata contraria. Ho chiesto di poter leggere l’eventuale documento che lo sanciva. Sto ancora aspettando. Ho cercato su internet. Non ho trovato nulla. Forse hanno confuso le speranze con i fatti, facendo diventare le speranze fatti. Viceversa io ho capito un’altra cosa. I soldi dall’Europa arrivano se si finiscono le infrastrutture. E la Tav è un’infrastruttura. Intanto a Chiaretta sta bene anche Lo Russo e Boccia ammette il totale fallimento. Dilettanti allo sbaraglio. Damilano se la ride ed è convinto che a questo giro tocca a Lui. Del resto come dargli torto. Tra PD e cinquestelle non ci fanno una bella figura. Tutto sommato per gli epigoni di Beppe Grillo ci siamo abituati. Ma per il Pd? Anche qui, del resto , come dicono i saggi : chi va con lo zoppo impara a zoppicare. E forse è venuto il tempo per il governatore Cirio. Moderato per antonomasia gli stava stretto anche l’alleato Fratelli d Italia. Che ne dite se diviene leader del gruppo di Toti? Con buona pace di Osvaldo Napoli. Tanto il Berlusca non ce la fa più. E Forza Italia , di fatto , è saltata. Non è saltato però il centro moderato del centrodestra, insofferente sia di Meloni che di Salvini. Persino super Mario Draghi ne ha già le scatole piene di Conan il Barbaro. Il Salvini se non polemizza va in crisi di astinenza e persino Giorgetti può poco o nulla. Indubbiamente il nostro Presidente del Consiglio è su tutti i pezzi. Dai vaccini alle questioni internazionali. Almeno qui i pentastellati non fanno danni. Come Giggino ( Di Maio) che prende il suoi stipendi, non rompe , sta rigorosamente zitto. Per una volta ha ragione Vittorio Sgarbi: scalda una sedia e basta . Meglio così che far danni, comunque. Ma caro Mario Draghi, dedica solo 15 minuti alla Tav . Proponi al presidente della Repubblica un nuovo commissario per la Tav. Il prefetto di Torino ha troppe incombenze . Sarebbe un bel segno per l’ Europa, per l’ Italia e per quei cialtroni delinquenti che assaltano i cantieri Tav fermando i lavori. Sono tre anni che non si sta facendo niente. Sono tre anni che sono arrivati i pentastellati. E i facinorosi si sono illusi e hanno alzato la voce. Per loro si chiama molotov. Dai caro Draghi, fai ancora un piccolo sforzo.
Patrizio Tosetto
“… ma la Giunta se ne lava le mani”
Concedere o meno una sostanziale riduzione del canone che la Società D.O.C. scs (che gestisce la struttura) deve alla concessionaria Parcolimpico Srl non è “una questione tra soggetti privati,” come ha sostenuto l’Assessore Marrone rispondendo al mio Question Time in Consiglio regionale. È invece una questione politica: senza un intervento politico da parte della Regione Piemonte questo esempio di come le strutture olimpiche possano essere valorizzate rischia di non sopravvivere al secondo anno di pandemia e a quel punto il danno, in termini occupazionali e turistici, sarebbe gravissimo.
Per salvare il Villaggio Olimpico di Bardonecchia ho chiesto un impegno alla Giunta per arrivare a una riduzione sul canone che grava sulla Società D.O.C. scs: la Giunta ha dato una risposta formale, che in questo caso corrisponde a una dichiarazione di sostanziale disinteresse sul tema. Non si tratta, come abbiamo sentito a verbale, di una “questione tra soggetti privati”: è invece vero e proprio problema politico, con posti di lavoro che rischiano di saltare e un potenziale turistico che rischia di essere drasticamente ridimensionato. La Regione Piemonte è membro della Fondazione 20 Marzo 2006, che ha concesso gratuitamente con convezione trentennale a Parcolimpico srl la gestione delle strutture olimpiche, tra cui il Villaggio Olimpico di Bardonecchia.
Gli introiti del Villaggio Olimpico sono crollati in quattordici mesi di pandemia, ma le spese fisse sono rimaste le stesse. Il canone pesa per una cifra pari a 1 milione di euro ogni anno. Una riduzione di questo canone era già stata richiesta e non concessa lo scorso anno. Continuare a chiedere, da parte di Parcolimpico a D.O.C., la piena cifra, al secondo anno di crisi e in queste condizioni, è semplicemente assurdo. Oltre tutto, il Villaggio Olimpico non ha mai ricevuto bonus né dal Governo né dalla Regione.
La Società D.O.C. scs, che gestisce il Villaggio dal 2011, è riuscita nonostante tutto, a prezzo di grandi sacrifici, a pagare alla concessionaria Parcolimpico Srl il dovuto per il 2020. Negli anni precedenti, una gestione saggia e oculata aveva rilanciato la struttura, risanando i precedenti debiti e addirittura contribuendo a superare i tradizionali limiti stagionali invernali del locale turismo. Il Villaggio Olimpico ospita ogni anno tra estate e inverno circa 30.000 turisti e offre lavoro a oltre 100 persone. Questi posti di lavoro, questo capitale di competenze e questo potenziale turistico non devono andare sprecati. La Regione Piemonte deve fare la propria parte per preservarli.
Silvio Magliano – Presidente Gruppo Consiliare Moderati, Consiglio Regionale del Piemonte.
Contatti
I consiglieri regionali del Piemonte faranno i tamponi in autonomia e da martedì 20 aprile i lavori dell’Aula presieduta da Stefano Allasia riprenderanno in presenza.
Infatti Alessandro Stecco (Lega), Mauro Salizzoni (Pd), entrambi medici e Mario Giaccone (Monviso) farmacista, hanno dato la loro disponibilità a effettuare il test rapido sui colleghi nelle giornate di lunedì 19 e appunto martedì, prima dell’inizio della seduta, per garantire la massima sicurezza nello svolgimento dei lavori. L’analisi sarà eseguita nell’infermeria di Palazzo Lascaris.
Tra un seggio e l’altro dell’emiciclo sono stati installati divisori in plexiglas, per permettere di occupare tutti i posti disponibili in Aula e naturalmente i lavori si terranno indossando le mascherine Fpp2, come richiesto dalle normative nazionali e ricordato dalla Direzione Sanità e Welfare della Regione, che ha aggiunto: “Ai fini della prevenzione del contagio, si conferma che risultano apprezzabili, con le integrazioni proposte (sorveglianza mediante tamponi su base settimanale e adozione di mascherine Fpp2) le misure previste dal Consiglio Regionale per consentire lo svolgimento delle attività in aula del Consiglio stesso”.
La prossima settimana le sedute saranno tre, martedì, mercoledì e giovedì. Sono previste pause di 15 minuti ogni tre ore o mezz’ora ogni 4 ore per sanificare l’ambiente.
Il Gruppo consiliare di Fratelli d’Italia della Regione Piemonte prende posizione sulla Pdl 99: “Fermo restando il rispetto per il diritto di impresa e nella giusta e legittima diversa sensibilità delle forze partitiche che costituiscono la maggioranza, è opportuno anche da parte nostra chiarire il pensiero del nostro partito, fermamente contrario a qualunque forma di liberalizzazione o aumento delle disponibilità per quanto concerne le misure che regolano il gioco d’azzardo”.
D’altro canto, Fratelli d’Italia da sempre ha le idee chiare in merito alla battaglia contro la ludopatia. La Pdl 99, in questo momento e in questo contesto politico sociale ed economico, “non può avere il nostro sostegno – commentano il presidente Paolo Bongioanni e il segretario regionale, Fabrizio Comba –. Chiediamo al relatore di fermarsi e di non dividere in un frangente tanto delicato le forze di maggioranza su una tematica che non può certo essere considerata prioritaria per i piemontesi. Siamo sicuri che la maggioranza saprà trovare la giusta sintesi. Avevamo già detto e continuiamo a ripetere che un rinvio in commissione per consentire ulteriori approfondimenti sarebbe auspicabile”.
Una convinzione espressa “nel rispetto dei cittadini e delle singole persone e, soprattutto, affinché le forme di malavita organizzata non mettano le mani su strumenti in grado di riverberare poi in modo devastante i propri effetti sul tessuto sociale del nostro territorio”.
Il documento è stato sottoscritto anche dagli assessori Elena Chiorino e Maurizio Marrone e dal consigliere Davide Nicco.
Caro direttore, continuando il proprio percorso di crescita territoriale, la Buona Destra ha il piacere di comunicare l’apertura di un nuovo Comitato cittadino: il Comitato per la Buona Destra di Torino Borgo Po.
Nonostante i pochi mesi trascorsi dalla sua nascita, la Buona Destra può già contare più di 130 Comitati Territoriali sparsi nel nostro Paese e questo nuovo Comitato andrà ad affiancare i diversi Comitati già presenti ed attivi in Piemonte ed a Torino.
Una crescita costante nei numeri che sottolinea quanto una visione moderna, liberale e moderata nella dialettica e nella proposta politica sia apprezzata dai cittadini, sfiduciati da quanto la politica contemporanea ha fin qui offerto.
Secondo Federico Raimondo Mele, Referente del nuovo Comitato per la Buona Destra di Borgo Po, “la politica deve tornare ad affrontare ogni problema con razionalità, con un atteggiamento costruttivo e guardando al futuro. La realtà è complessità, non semplificazione; è diversità, non omologazione. Per questo non cercheremo mai il nemico di turno come sono soliti fare i populisti ed i sovranisti, ma soluzioni concrete per immaginare e costruire la Torino di domani”.
“Non ci affideremo a slogan lanciati solo per inseguire un consenso effimero”, continua Mele, “ma attraverso il dialogo e l’ascolto del territorio proporremo soluzioni in grado di risolvere le istanze che via via raccoglieremo”.
“Qui in Borgo Po”, conclude Mele, “abbiamo già registrato numerose adesioni e stiamo dialogando con le diverse realtà presenti in zona”.
“L’apertura di questo nuovo Comitato Torinese”, interviene Claudio Desirò, referente del Coordinamento Regionale Piemontese, “è il segnale che il percorso che abbiamo intrapreso 6 mesi fa sia quello corretto. Registriamo costantemente nuove adesioni che vanno dal cittadino incuriosito da una nuova realtà politica ad amministratori locali che vedono nella Buona Destra una proposta credibile e concreta”.
“Tra qualche mese”, continua Desirò, “si svolgeranno le elezioni amministrative a Torino, un crocevia fondamentale per il futuro della nostra città. Da osservatori al momento esterni, constatiamo che la dialettica politica è ancora concentrata sui rapporti di forza interni alle coalizioni. Non si sente parlare di idee, di progetti, di programmi che sarebbero indispensabili per una città caduta in una profonda crisi già prima dell’avvento della Pandemia”.
“Come Buona Destra”, conclude Desirò, “ci stiamo concentrando sulle proposte concrete e stiamo dialogando con i diversi partiti politici di area moderata. Crediamo che un atto coraggioso delle forze politiche di quest’area potrebbe rappresentare una svolta per la Città facendo nascere una piattaforma liberale e moderna che, così come accade in tutta Europa, possa proporsi come guida della comunità allontanandosi da logiche di schieramento che coinvolgono forze populiste e sovraniste. Dopo 5 anni di decrescita infelice pentastellata consegnare la Città ad una nuova amministrazione in stile populista o sovranista rappresenterebbe un colpo di grazia definitivo sulle aspettative future dei torinesi ed una grave colpa politica di tutti quei partiti che avrebbero potuto fare ma non avranno fatto”.
Claudio Desirò
Referente Buona Destra Piemonte
Federico Raimondo Mele
Referente Buona Destra Borgo Po
Dichiara Igor Boni (candidato alle primarie del centrosinistra per Torino):
“Un esponente delle istituzioni non dovrebbe diffondere forme di propaganda deliranti”
“Nessun esponente della Lega dovrebbe permettersi tali bassezze, figuriamoci una figura istituzionale come Fabio Carosso, per di più Assessore e Vicepresidente della Regione. Suggerire l’assurdità che i lockdown abbiano avuto delle motivazioni politiche è semplicemente grottesco, come il titolo di Libero” – è il commento del Capogruppo di Liberi Uguali Verdi, Marco Grimaldi, a un post del collega Carosso che rilancia una prima pagina del quotidiano Libero, dal titolo: “Speranza getta la maschera: ho chiuso per imporre la cultura di sinistra”. Grimaldi ha chiesto spiegazioni in Aula, incontrando da un lato consenso da parte delle opposizioni e sdegno per il gesto del Vicepresidente, dall’altro silenzi imbarazzati da parte della maggioranza.
“Si può sostenere o meno il Governo Draghi, io stesso non lo sostengo pur stimando Roberto Speranza e il suo lavoro” – prosegue Grimaldi, – “ma non si possono fiancheggiare forme di propaganda deliranti. Dopo mesi dolorosi e pesanti per tantissimi, l’ultima cosa che serve è un’assurda accusa al Ministro della Sanità di aver agito non per salvaguardare la salute dei cittadini, ma per imporre una fantomatica ‘cultura di sinistra’. Carosso chieda scusa e cancelli immediatamente il post”.