Di Maio, la conversione e la scelta politica

Vabbè, si potrebbe dire senza farla lunga, che la festa è finita, è stato bello, cala il sipario. Ciao 5 stelle.

Però, c’è un però. Certo, ascoltare uno che ha fatto la fortuna personale con un partito
ripetendo all’infinito slogan, accuse infamanti contro gli avversari politici, criminalizzare tutti quelli
che c’erano prima, sostenere teorie sulla superiorità morale nei confronti di tutti gli altri
interlocutori politici, esaltare l’incompetenza e l’improvvisazione al potere, ridicolizzare altri partiti
e le rispettive culture politiche e poi, una bella sera, rinnegare tutto ciò e liquidare la precedente
esperienza come se fosse tutte merce avariata… beh, fa ancora un certo effetto. Anche nella
società contemporanea, dove la politica, di fatto, è scomparsa.
Ora, tutti sappiamo che siamo in un contesto dominato dal trasformismo politico più spietato e
dall’opportunismo personale e parlamentare – e dove il capitolo del “terzo mandato”, come tutti
sanno, è centrale e determinante da quelle parti… – ma anche quando si rinnega radicalmente
tutto ciò che si è predicato per circa 15 anni anche i palati politici più addestrati e collaudati
provano tuttavia un certo brivido.
Detto questo, che effettivamente non si può negare come se nulla fosse, non possiamo non
cogliere anche un dato politico inequivocabile. E cioè, Di Maio dopo aver rinnegato e sconfessato
radicalmente tutto quello che ha teorizzato, detto e praticato per 5 lustri e sino a qualche
settimana fa, adesso ha scoperto che è arrivato il momento della “scelta”. Politica e forse anche
culturale, nonchè comportamentale, archiviando – almeno speriamo definitivamente – la sequela
di insulti, attacchi personali, contumelie e semi diffamazioni rivolte agli avversari/nemici politici in
tutti questi anni. E la “scelta” politica è quella, che personalmente condivido, di contribuire a
rafforzare e a consolidare un progetto politico di Centro nel nostro paese attraverso la
declinazione concreta di una “politica di centro”. Certo, non può essere Di Maio – per ragioni
persin troppo evidenti da spiegare – il perno attorno al quale si costruisce un simile progetto. Ma,
comunque sia, la presa di distanza di Di Maio e della sua corrente, seppur estemporanee e
dettata da evidenti ragioni legate alla tagliola del “secondo mandato”, aiuta ad isolare sempre di
più il populismo giustizialista, manettaro e demagogico di ciò che resta del partito dei 5 stelle. Un
segnale che non può non essere colto da tutti coloro che lavorano per dar vita a questo progetto
distinto e distante dal “bipolarismo selvaggio”che ha caratterizzato la politica italiana in questi
ultimi lustri e che si è ulteriormente rafforzato in questi ultimi tempi con l’assenza della politica e il
trionfo del trasformismo e della spregiudicatezza.
Ecco perchè il nostro compito politico e il nostro ruolo in questo progetto specifico, anche e
soprattutto dopo le scelte dell’ex pentastellato Di Maio, si rafforza sempre di più. Adesso si tratta
di consolidare questo soggetto plurale e di affinare, al contempo, un “pensiero” politico che sia in
grado di dare robustezza ideale e programmatica a questa sfida che sarà decisiva anche per
garantire la qualità e l’efficacia nell’azione di governo dopo le prossime elezioni politiche. Ognuno
con la propria storia, la propria cultura e la propria sensibilità politica.

Giorgio Merlo

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