politica- Pagina 309

La Giunta di Lo Russo tra vecchio e nuovo Ma il popolo tornerà a votare?

Vista così,  la giunta di Stefano Lo Russo mi piace. Di primo acchito,  s’intende. Già mi sento fischiare alle orecchie dai miei amici di sinistra che più di sinistra non si può.  “Ha avuto i nostri voti e vuole fare una politica di destra”.

 Mah, non so, per ora atteniamoci ai fatti.  Giunta molto giovane che mi fa sentire decisamente vecchio.  Unico che conosci dagli anni 80 è Chiavarino.
E questo è un bene. Analoga cosa in consiglio comunale.  Tra I più vecchi  Silvio Viale e Pierino Crema. E anche questo è un bene, mi pare. Due o tre i non laureati in giunta.
Competenze, competenze.  Furiosi gli esponenti della sinistra PD.  Perché? Ad esempio la scelta di Gianna Pentenero al lavoro mi pare azzeccata. Prima assessore al lavoro in Regione.  Tra le poche, se non unica che ha avuto coraggio e determinazione nel dire di no a Sergio Chiamparino sulle nomine  di FinPiemonte.  Sicuramente un assessorato duro e complicato.  Ma a Gianna Pentenero il lavoro non fa paura. Altra critica: manuale Cencelli, Lo Russo ha voluto accontentare tutte le liste. Vero, ma con persone competenti. Non sempre, ma qualche mediazione politica ci sta. Avrebbe umiliato il suo Partito.  Non mi pare visto che il segretario Mimmo Carretta diventa assessore. E poi tutti i vecchi maggiorenti sono rimasti a bocca asciutta.
Tecnicamente e politicamente si dice rinnovamento.  Ed il rinnovamento si attua con giovani e con nuove figure politiche
Maggioranza di donne e quattro tecnici, mi pare una un ottima novità.  Ma i tecnici rispondono a Lo Russo e non ai partiti.  Altra novità decisamente positiva.  In particolare cultura ed urbanistica.  Gli assessori sono competenti ed arrivano da altre città, dunque non invischiati con passate e vecchie gestioni. Altra assessora  sarà Chiara Foglietta.  Giovane, francamente conosco poco, ho comunque la sensazione di una persona di carattere che ha chiari i suoi obbiettivi e ciò che vuole fare. Indubbiamente la nostra speranza è che poi facciano quello che hanno detto che avrebbero fatto. Tutto positivo? Non proprio.  Mi sono beccato delle critiche : non do il giusto peso ( politico ) alla astensione dilagante.  Ben vengano le critiche.  Tra l’altro dimostrano un’ attenzione nel leggere.  Poi sono il sale della democrazia. Se il palazzo saprà ben operare, magari si tornerà a votare in tanti. Poi, sul non voto è difficile, se non impossibile dargli un peso politico. I più stanno sostenendo che chi non è andato a votare è il voto di destra. Probabilmente l’ elemento comune è la ” scazzatura mista al rifiuto” un po’ di tutti. Con specifiche spiegazioni. Chi è di centro destra vorrebbe più centro e meno destra. E chi è di centro sinistra vorrebbe meno centro e più sinistra.  Difficile accontentare tutti. Per me Mario Draghi rimane il mio idolo incontrastato.
Non ha tempo da perdere e lascia i sindacati per altri impegni di lavoro. Sarò diventato retro’ ma preferisco il fare che il dire.  Ed è anche questa una delle scommesse dello stesso Stefano lo Russo. Fatti contro parole.  E in queste elezioni ci sono altri sconfitti. Come questa oramai vetusta e superata sinistra.  Giudicano sempre gli altri di sbagliare.  Poi quando chiedono di essere votati da Articolo uno a Rifondazione passando per i Comunisti di Rizzo, al massimo arrivano al 0.60 %. Piccolezze che diventano miserie. Miserie non solo politiche ma anche umane. Si sta tornano al bipolarismo? Probabile e sperabile ed auspicabile. Magari con la chiarezza di ciò che si dice e si promette ci sarà la concretezza del fare.  Dio solo sa quanto Torino ne ha bisogno.  Solo così il popolo tornerà a votare.  Il resto è solo fuffa.  Sociologismi per giustificare i propri fallimenti . In politica, si intende.  Ed è questa un altra sfida che deve raccogliere il nostro Sindaco.  Con questa giunta, mi pare, si comincia bene.  Vedremo, e sempre pronto a cospargermi il capo di cenere se ho sbagliato nell’avere tutte queste aspettative.
Patrizio Tosetto

Indagine Covid, dibattito in Consiglio regionale

Approvata la relazione di maggioranza sulla gestione dell’emergenza Covid in Piemonte. Quella che in termine tecnico è stata definita “Indagine conoscitiva in merito alla gestione dell’emergenza sanitaria Covid-19 sul territorio piemontese” all’interno della Commissione Sanità, aveva infatti prodotto due relazioni e quella di minoranza è stata respinta. I due schieramenti hanno votato per i rispettivi documenti.

Nell’illustrare la relazione di maggioranza Alessandro Stecco (Lega), presidente della Commissione Sanità, ha spiegato che “la mozione che ha portato all’istituzione del gruppo di lavoro prevedeva non solo un’analisi dei dati e delle misure adottate per contrastare il Covid ma anche un’analisi storica delle politiche e degli scenari degli ultimi decenni della sanità piemontese: compito che è stato svolto attraverso 21 audizioni che hanno evidenziando criticità e punti di forza”.

“La Sanità regionale, indebolita dai tagli e dalle necessità legate al Piano di rientro, si è trovata ad affrontare un’emergenza epocale senza un piano pandemico – ha sottolineato –. Nonostante ciò, il Piemonte ha in molti casi anticipato strategie e risposte che sono state riproposte a livello nazionale e internazionale, a cominciare dal contact tracing e dalle iniziative per la scuola sicura. Molto è stato fatto per implementare la medicina territoriale e l’emergenza ospedaliera: l’istituzione del Dirmei si è rivelata una chiave di volta per affrontare la situazione in un contesto di difficoltà strutturale di partenza. Non va dimenticato, inoltre, che il Piemonte è stata la prima regione a dotarsi di una piattaforma informatica. Le linee guida per la telemedicina, gli sforzi fatti per aumentare i posti di terapia intensiva e subintensiva, nonché l’incremento dei laboratori per l’analisi dei tamponi hanno dimostrato inoltre l’elevata capacità di risposta del Piemonte”.

Presentando la relazione di minoranza, Daniele Valle (Pd), coordinatore del gruppo di lavoro, ha sottolineato come l’indagine abbia “consentito di evidenziare lacune e ritardi nell’affrontare una situazione certamente nuova ma che avrebbe richiesto risposte più tempestive e strutturate”.

“L’indagine – ha aggiunto – ha approfondito diversi punti, anche se in qualche caso la Giunta è sembrata come volerli rimuovere. La pandemia ha colto tutti di sorpresa e lascia tuttora interrogativi sulla sua evoluzione: si poteva senza dubbio fare di più e meglio per quanto riguarda le evidenti carenze nella catena di comando, le politiche per il tracciamento, il ritardo negli interventi per le Rsa e l’incertezza nella scelta e nella gestione delle strutture Covid. Ci sono problemi che dovremo affrontare nei prossimi mesi, a cominciare dalla catena di comando con ruoli spesso sovrapposti e confusi e dalla redazione del Piano sociosanitario regionale per darne una più compiuta organizzazione”.

“Mi preoccupa il domani – ha concluso – perché le risorse per il personale medico a tempo determinato stanno finendo, i bisogni di cura sono migrati verso il privato e le liste d’attesa si sono allungate a dismisura. La sfida che abbiamo di fronte è recuperare le liste d’attesa e coloro che si sono allontanati dal Sistema sanitario regionale per veder garantito il diritto alla salute”.

Paolo Bongioanni (Fdi) ha osservato come dalla relazione di maggioranza emerga “la necessità di investire sul capitale umano in Sanità e di rafforzare la medicina di territorio. La Regione ha avuto capacità di reazione immediata a cominciare dall’aumento dei laboratori di analisi, passati da 2 a 32, e delle terapie intensive”.

Domenico Rossi, intervenuto per il Pd con Maurizio Marello e il capogruppo Raffaele Gallo, ha sottolineato come “sia necessario analizzare ciò che non ha funzionato per non ripetere gli errori. È innegabile che nel 2019 la Sanità piemontese abbia ereditato problemi strutturali ma le sue condizioni erano notevolmente migliorate rispetto al 2014. Il Piemonte sta tuttora continuando a fare pochi tamponi, così come è stata evidente la confusione tra posti letto Covid e non Covid nella prima e nella seconda ondata”.

Alberto Preioni, intervenuto per la Lega con Andrea Cane e Riccardo Lanzo, ha definito la relazione di maggioranza “un grande lavoro di trasparenza a disposizione di chiunque lo desideri. Il Piemonte non è partito al pari delle altre regioni a causa dei Piani di rientro e dei tagli attuati negli anni dal Governo, mentre l’Assessorato e il Dirmei si sono impegnati nel cercare soluzioni e offrire risposte. Sarà importante assumere e favorire borse di studio per guardare al futuro con maggiore serenità, così come continuare nello sviluppo delle Usca e delle cure domiciliari per curare le persone a casa”.

Francesca Frediani (M4o) ha evidenziato “la necessità di concentrarsi sul nuovo Piano sociosanitario regionale e sul rafforzamento della medicina territoriale per permettere ai cittadini di accedere in tempi brevi ai servizi. La decisione di chiudere le scuole in anticipo rispetto alle altre regioni si è rivelata piuttosto saggia ed è importante ora intervenire sui trasporti per poter continuare ad assicurare la didattica in presenza”.

Per Sarah Disabato (M5s) “il lavoro svolto nel gruppo di lavoro ci permetterà di non commettere in futuro gli errori fatti in passato. È necessario concentrarsi sulla prevenzione e sul monitoraggio degli agenti infettivi per evitare il proliferare di pandemie”.

Marco Grimaldi (Luv) ha rilevato che “il Piemonte a inizio pandemia non sapeva neppure di cosa disponesse nelle sue file, a partire dai Dpi e si è mossa una ventina di giorni dopo rispetto alla Lombardia e ad altre regioni per procedere all’approvvigionamento. Le Rsa, inoltre, sono state abbandonate a se stesse”.

Silvio Magliano (Moderati) ha espresso la necessità “di fronte a quanto accaduto, di capire cosa non abbia funzionato e di non esitare a riconoscere che nell’attività di governo qualche volta si possono commettere errori”.

Per Paolo Ruzzola (Fi) “la Sanità piemontese ha fronteggiato l’emergenza con coraggio, a cominciare dal personale sanitario e parasanitario e dai volontari. Abbiamo affrontato la pandemia con svantaggi dovuti a carenza di strutture, laboratori e personale e con un sistema informatico e manifatturiero inidonei per il tracciamento e la produzione di mascherine. Ci sono stati errori a tutti i livelli ma avremmo forse potuto essere meno impreparati con una Sanità in condizioni migliori e, nonostante alcune carenze, non è stato lasciato indietro nessuno”.

Per Mario Giaccone (Monviso) “la relazione di maggioranza tende a evidenziare come il Piemonte abbia saputo affrontare una situazione del tutto inedita mentre quella di minoranza evidenzia con garbo i limiti dell’organizzazione e della regia generale. I dati raccolti e alcuni limiti sono oggettivi: la minoranza non ha inteso speculare sulle difficoltà per non aggiungere problemi”.

Prima della votazione finale l’assessore alla Sanità Luigi Icardi ha sottolineato che “se vogliamo parlare di un ‘caso Piemonte’, esso risiede forse nel fatto che oggi la regione è tra le zone con le maggiori condizioni di sicurezza, frutto dell’impegno e dei sacrifici di tutti”.

“Lungi da noi l’idea di dire che nessuno ha sbagliato – ha dichiarato – perché solo chi non fa non sbaglia. È indubbio che la Sanità piemontese al momento dello scoppio della pandemia fosse debole, ma è un fatto che chiunque abbia avuto bisogno di un ricovero in terapia intensiva o ordinario lo abbia avuto. La risposta degli ospedali è stata efficiente e la medicina del territorio è stata potenziata”. “Abbiamo inoltre affrontato l’emergenza con armi spuntate – ha concluso – ma grazie a un protocollo all’avanguardia elaborato nell’aprile 2020 abbiamo curato a casa 48mila persone in un momento di incertezza e con un quadro normativo confusionario in cui ogni settimana cambiavano le carte in gioco e non va dimenticato che l’indagine sulle Rsa è stata archiviata. Abbiamo poi cercato in ogni modo di fornirci di dispositivi Dpi, ma non di rado i nostri acquisti venivano bloccati, abbiamo riposto nei magazzini i ventilatori fornitici dalla struttura commissariale perché si rompevano e ne abbiamo acquistati di nuovi, abbiamo assunto medici a tempo determinato perché erano gli unici che il Governo ci ha consentito di assumere e realizzato una piattaforma per il tracciamento quando all’inizio della pandemia disponevamo di un semplice file Excel. Le sfide che ci attendono ora sono il nuovo Piano sociosanitario e la riduzione delle liste d’attesa”.

Stefano Lo Russo è da oggi ufficialmente sindaco di Torino

Stefano Lo Russo è stato ufficialmente proclamato sindaco di Torino per il prossimo quinquennio.

A ospitare la cerimonia, con la consegna al neosindaco della fascia tricolore, la Sala Rossa di Palazzo Civico.
“Un grande onore e una grande responsabilità”, le prime parole di Lo Russo che ha sottolineato l’impegno gravoso che la sua amministrazione si accinge ad assumere. “E’ una sfida molto importante è quella che ci attende – ha detto – : fare ripartire la città è il mandato che ci è stato consegnato dagli elettori”.

Tre le priorità indicate dal neosindaco: il lavoro, la giustizia sociale e far tornare vincente la vocazione internazionale della città. Un passo del discorso sulle linee di indirizzo che caratterizzeranno i lavori della nuova Giunta Lo Russo lo ha dedicato anche all’emergenza climatica e ambientale, questione principe del millennio, per la quale occorre lavorare ponendosi obiettivi concreti e verificabili.

Successivamente il Sindaco Lo Russo si è spostato in Sala Colonne dove ha assegnato ufficialmente le deleghe agli assessori della sua Giunta che hanno firmato i decreti di nomina.

Grimaldi (SE): “Torino capitale della qualità della vita e dei diritti”

“Giunta comunale, ridurre le disuguaglianze e cambiare aria in città”.

“Inutile fare giri di parole: sono davvero orgoglioso della delega alla ‘giustizia sociale’ del nostro Jacopo Rosatelli. Per una forza come Sinistra Ecologista è una delle due sfide più appassionanti possibili, oltre che un riconoscimento importante e – mi permetto di dire – meritato. Ora ci metteremo al lavoro per trasformare Torino in una vera ‘città della cura’, capace di offrire a tutte e tutti un’alta qualità della vita, di dare piena cittadinanza ai più fragili, di garantire a ogni persona il diritto all’abitare, di essere un modello di accoglienza e solidarietà.” – dichiara il Capogruppo di Liberi Uguali Verdi ed esponente di Sinistra Ecologista Marco Grimaldi, a margine della conferenza stampa in cui il Sindaco Stefano Lo Russo ha annunciato la composizione della nuova Giunta comunale.
“C’è poi un elemento di grande novità, su cui abbiamo fortemente insistito” – prosegue Grimaldi: “associare alle tradizionali deleghe delle politiche abitative e sociali, quelle alle case del quartiere e ai bagni pubblici, ai diritti civili e alle pari opportunità, superando una visione solo assistenziale del welfare in favore di un’idea di promozione di pratiche di solidarietà, di mutualismo, partecipazione e restituzione alla cittadinanza dello spazio pubblico, e tenendo uniti diritti sociali e civili. Sappiamo che l’impegno richiesto sarà enorme, ma siamo entusiasti di metterci alla prova per la nostra città”.
“Il nostro in bocca al lupo va a tutta la nuova Giunta e al Sindaco Lo Russo” – conclude Grimaldi. – “Sinistra Ecologista, soprattutto grazie alle due donne che siederanno in Sala Rossa, Alice Ravinale e Sara Diena, farà di tutto per coinvolgere le tante energie sane di questa città, per costruire reti e relazioni per realizzare la Torino che sogniamo. Un’attivista dei diritti sociali e civili e la più giovane consigliera comunale, attivista per il clima: sono l’immagine stessa di un nuovo ciclo che si sta aprendo”.

Un nuovo inizio per la sinistra italiana?

Elezioni amministrative 2021

DI GIAN GIACOMO MIGONE

Proviamo a chiederci le ragioni dei pochi che hanno votato, determinando la vittoria dei candidati del PD, con relativi alleati, nelle principali città italiane. Potrebbe essere un modo per comprendere quelle dei non votanti il cui numero crescente viene giustamente indicato come sintomo di cattiva salute della nostra democrazia. Potrebbe anche scaturirne qualche indicazione affinché i pur comprensibili festeggiamenti a sinistra non risultino effimeri.

In primo luogo vi sono i fedelissimi, coloro che partecipano direttamente alla vita del partito di centro – sinistra e che ne votano le candidature. Tanti ex comunisti che votano per candidati per lo più ex democristiani, sempre nel nome della Ditta. Sono un numero decrescente, pur sufficiente a contribuire ad altrettante vittorie amministrative. A costoro vanno aggiunti i fedelissimi dei partitini di sinistra, le Ditte minori, che in questa occasione, nel secondo o anche al primo turno, scelgono, talvolta negoziano, quello che ritengono il male minore. Nei casi in cui sono stati concordati candidati comuni, si sono allineati una frazione di votanti M5S.

Vi sono poi i voti di cittadini, indipendenti di sinistra e non, per una moltitudine di ragioni più o meno insoddisfatti della qualità delle forze politiche organizzate, dei candidati – non occorre usare l’*, tutti maschi! – e dei loro programmi, che hanno deciso di ingurgitare la minestra che veniva loro propinata.
In questa occasione – favorita, non dimentichiamolo, dalla legge elettorale che in sede di ballottaggio costringe ad una scelta netta – queste due categorie di elettori di centro – sinistra nel segreto dell’urna hanno deciso di convergere. Sarebbe importante comprendere il perché. Sottopongo a chi legge alcune ragioni convergenti. E’ da studiare l’importante e virtuosa eccezione di Savona laddove la convergenza è stata esplicita e preventiva.

Chiunque abbia modo di confrontarsi con l’umanità circostante, non importa se di città o di paese, avverte immediatamente un rifiuto adirato e/o rassegnato non soltanto dei partiti, ma della politica in quanto tale. Chi ha fatto l’esperienza di porgere un volantino, non importa per quale causa virtuosa, se lo è visto per lo più rifiutare come si trattasse di materiale osceno. Le spiegazioni sono tante – non ultima la modalità con cui i media trattano la politica, illuminandone gli aspetti deteriori – ma il risultato è quello di una crescente fragilità delle istituzioni di cui un numero, che ci auguriamo crescente, di cittadini democratici sentono il dovere di farsi carico.

E’ innegabile che il moltiplicarsi di presenze violente, culminanti nella devastazione della sede nazionale della CGIL alla vigilia del voto, ha acuito questo senso di urgenza e anche di identità democratica, costituzionale, antifascista. Il sindacato, pur con le sue pecche, ha saputo cogliere e rappresentare questo momento che potrebbe costituire una svolta in un modo di sentire collettivo. I cinquecentomila di Piazza San Giovanni, i milioni che anche da lontano hanno ascoltato, in primo luogo, le parole di Landini, si sono sentiti rappresentati da esse. Non capitava da molto tempo. Va anche riconosciuto che la presenza di esponenti politici, da Letta a Conte, ha contribuito allo spirito unitario del momento.
Resta la consapevolezza che quanto conquistato in questi giorni deve resistere alla prova dei fatti. La cronaca politica locale e nazionale può facilmente logorare e sbriciolare quanto conseguito in queste giornate di un autunno non proprio caldo. Soprattutto, come disse Mao, viviamo tempi interessanti, in cui rivolgimenti ma anche contraddizioni colossali sembrano irrimediabilmente fuori dalla nostra portata, anche se permeano la nostra quotidianità.

Questa tappa elettorale, e quanto l’ha preceduta, forse presenta l’occasione per un nuovo inizio per la sinistra italiana. Per cogliere l’occasione, i vincenti di oggi dovranno interpretare i bisogni anche di coloro che non vi hanno partecipato. Non basteranno le schermaglie all’interno di una maggioranza parlamentare ridondante che di fatto delega i propri poteri anche costituzionali ad un esecutivo paternalista, soprattutto ligio ai poteri forti che governano il pianeta. Occorreranno analisi puntuali con obiettivi precisi, coerenti con i bisogni di una maggioranza sociale di fatto esautorata, oltre che con una visione largamente prefigurata nella nostra Costituzione. Stimoli utili, anche di linguaggio, provengono dalla sinistra del partito democratico degli Stati Uniti, guidata da Bernie Sanders. In una situazione non dissimile da quella italiana – siamo in una fase trasformativa che accomuna larga parte dell’Occidente – nemmeno per un istante essa rinuncia a denunciare le contraddizioni profonde che dividono il paese e a negoziare, nella situazione data, quanto è possibile ottenere di obiettivi esplicitamente dichiarati.

Disabili, Costanzo (L’Alternativa C’è): “Da INPS atto ingiusto, Orlando intervenga”

 “Il ministro Orlando intervenga subito per correggere l’equivoco interpretativo che il messaggio del 14 ottobre scorso n. 3495/2021 dell’INPS ha generato sull’assegno di invalidità civile.

Togliere l’assegno di invalidità alle persone più fragili è un atto ingiusto”. Lo afferma la deputata de L’Alternativa C’è Jessica Costanzo, che ha presentato in Commissione Lavoro un’interrogazione al ministro del Lavoro e delle politiche sociali sulla questione.
“Con il suo messaggio – prosegue –  l’Istituto modifica inaspettatamente una linea interpretativa risalente al 2008, ritenendo di escludere dal beneficio dell’assegno mensile gli invalidi civili parziali (74%-99%) che svolgono attività lavorativa precaria o parziale ma comunque produttiva di reddito, anche se il reddito è inferiore a quello che è previsto (euro 4.931,29 l’anno) per ottenere la prestazione assistenziale”.
“Si tratta di un assurdo logico e giuridico – conclude Costanzo – che preclude a chi è disoccupato o inoccupato, ma svolge una piccola attività lavorativa  percependo un reddito bassissimo, la possibilità di percepire una prestazione economica istituita proprio per sostenere la  persona disabile che è in cerca di un lavoro stabile e risulta completamente privo di reddito. Per questa ragione abbiamo presentato un’interrogazione in Commissione Lavoro e ci aspettiamo non solo una risposta rapida da parte del ministro, ma anche il ripristino della compatibilità tra occupazione e diritto alla prestazione assistenziale dell’assegno di invalidità civile”.

Sei donne nella Giunta di Lo Russo

Questa la Giunta del nuovo sindaco di Torino Stefano Lo Russo:  

 

Michela Favaro, vicesindaca, Paolo Mazzoleni con delega all’Urbanistica, Gabriella Nardelli al Bilancio, Rosanna Purchia alla Cultura. Per il Pd nella giunta Chiara Foglietta, Gianna Pentenero e Mimmo Carretta; gli altri assessori sono Francesco Tresso (Torino Domani), Paolo Chiavarino (Lista civica Lo Russo Sindaco), Carlotta Salerno (Moderati), Jacopo Rosatelli (Sinistra Ecologista). In tutto, compresa la vicesindaca, le donne sono 6. Tre gli assessori del Pd, quattro gli esterni.

Indagine Covid, Rossi-Valle (Pd): un punto di partenza per migliorare la sanità

Indagine sull’emergenza Covid-19: mercoledì le relazioni all’esame dell’aula 

Rossi-Valle (Pd): “Il documento racconta le lacune nella gestione della pandemia ma può essere il punto di partenza per riconoscere le criticità e migliorare il sistema sanitario regionale”

“L’indagine sull’emergenza Covid presentata oggi in Commissione Sanità, che sarà sottoposta all’attenzione del Consiglio Regionale mercoledì prossimo, deve essere uno strumento utile per migliorare il sistema sanitario piemontese nel suo complesso e non farci trovare impreparati a future emergenze”. E’ questa la premessa del vicepresidente della Commissione Sanità, Domenico Rossi , e del coordinatore del Gruppo di Lavoro sull’emergenza Covid, Daniele Valle , alla sintesi del lavoro svolto da partire dal luglio 2020. 
“Un anno di indagine ci ha consentito di evidenziare lacune e ritardi nell’affrontare una situazione certamente del tutto nuova ma che avrebbe richiesto risposte più tempestive e strutturate” aggiungono i rappresentanti Dem riportando alcune delle criticità “pensiamo alle evidenti carenze relative alla catena di comando, alle politiche di tracciamento, ma anche al ritardo negli interventi sulle RSA, o all’incertezza nella scelta e nella gestione delle strutture covid, senza dimenticare il problema delle assunzioni tardive”. 
“Tutti elementi, confermati dal confronto con operatori sanitari, sindacati e utenti, che derivano da una catena di comando ridondante e farraginosa che ha tenuto con fatica il controllo della situazione” commentano Rossi e Valle.
“In particolare, lo ribadiamo, il tema del personale è centrale: la scelta di non sostituire le cessazioni di personale assunto a tempo indeterminato, se non parzialmente e con assunzioni a tempo determinato, getta un’ombra inquietante sulla capacità del nostro sistema di recuperare i ritardi sulle liste d’attesa” concludono i consiglieri. 
La commissione odierna è stata anche l’occasione per rilanciare la richiesta di un’informativa urgente sulla missione 6, dedicata alla sanità, del PNRR in Piemonte, considerata la scadenza imminente del 31 dicembre. “Il consiglio regionale – dichiara Rossi – è la sede deputata alla programmazione sanitaria, tanto più di fronte alla disponibilità di risorse importanti e ad azioni innovative che cambieranno la sanità regionale. Nessuno pensi di portare in aula decisioni assunte altrove solo per una ratifica formale”.

 

 

Avetta (Pd): “Osservatorio Torino-Ceres, potenziare il servizio extraurbano.”

«Nei mesi scorsi avevamo richiamato l’attenzione della Regione Piemonte sui disagi e disservizi che colpiscono gli utenti della linea SFMA Torino-Ceres, in particolare i pendolari che da Caselle o Borgaro cercano di raggiungere il centro di Torino, sollecitando l’introduzione di correttivi per migliorare la situazione da qui all’inizio 2023, quando finalmente saranno completati i lavori per il passante ferroviario ed entrerà in funzione il collegamento tra le valli di Lanzo con il centro cittadino. Invece, tutti i problemi paiono essere irrisolti, a Borgaro il servizio navetta è spesso in ritardo o sovraffollato, con i pendolari costretti a “lottare” per accaparrarsi un posto su bus già pieni, con il rischio di non riuscire a salire e rimanere a piedi. Scene che si ripresentano identiche ogni singolo giorno, ormai da troppi mesi, come puntualmente segnalato dall’Osservatorio Torino-Ceres. Per questo ho presentato un’Interrogazione, perché gli abitanti di quei territori non possono soffrire un altro anno e mezzo in queste condizioni, e i viaggi per studio o lavoro non possono trasformarsi in un’odissea quotidiana»: lo afferma il consigliere regionale Alberto AVETTA. «La linea SFMA Torino-Ceres e la Strada provinciale 1 sono le sole grandi infrastrutture di collegamento tra le Valli di Lanzo e Torino. I disagi e i disservizi che continuano a verificarsi sono inaccettabili, una ripetuta mancanza di rispetto verso chi vive nelle vallate piemontesi. Chiederemo alla Regione Piemonte di ascoltare le richieste dei pendolari, potenziando urgentemente il servizio extraurbano, eventualmente inserendo più corse da e per Cirié per sgravare la tratta Caselle-Torino a favore dei cittadini di Caselle e Borgaro. Miglioramenti strutturali del trasporto pubblico locale sono l’unico modo per evitare il riprego da parte dei cittadini sul mezzo privato».

 

Il centro e il populismo: non c’è alleanza possibile

In Italia conta, da quasi sempre, un principio abbastanza consolidato. Ovvero, “si vince al centro”.

O, meglio ancora, “si governa dal centro”. Due modi di pensare che fanno del fantomatico “centro” sempre un elemento di equilibrio, di buon senso e di buon governo. Certo, il tutto è anche e soprattutto il frutto della lunga stagione democristiana e delle politiche che hanno caratterizzato quella fase storica, ma anche nella cosiddetta seconda repubblica con la disputa e il confronto tra le coalizioni di Prodi e di Berlusconi si è ruotato attorno alla capacità di declinare “politiche di centro” nella concreta azione di governo.
Una lunga stagione che si è bruscamente interrotta con l’irruzione del populismo di marca grillina e con tutta la deriva antidemocratica, populista, qualunquista, giustizialista, manettara e anti politica che si è trascinata dietro. Una stagione che ha contaminato la stessa Lega a trazione salviniana e che ha contribuito a ridurre la capacità di governo e, soprattutto, che ha allontanato sempre di più i cittadini dalla politica e dalle istituzioni. Non a caso, sono bastati alcuni anni di governo di queste forze – in particolare del populismo grillino – per arrivare ad una semplice e persin banale conclusione. Ovvero, se si vuole ritornare alla politica, al buon governo, alla qualità della classe dirigente e ad una stagione di progettualità politica, di rilancio concreto e riformista del nostro paese e soprattutto di difesa della qualità della democrazia, è indispensabile abbandonare definitivamente il populismo in tutte le sue versioni. I danni provocati da questa sub cultura e da questa deriva qualunquista e antidemocratica sono sotto gli occhi tutti. E i recenti risultati delle elezioni amministrative lo hanno persin platealmente confermato.
Ma, per poter ritornare ad una stagione di normalità democratica e di “politica dei partiti”, non basta abbandonare nominalmente il populismo per come si manifesta in tutte le sue versioni. Quello che conta è di impedire che ci siano alleanze politiche e di governo con queste forze. Perchè se ci si allea con forze di chiara impronta populista e anti politica diventa estremamente difficile poi declinare una cultura di governo che rifugga concretamente da quelle tentazioni. Certo, noi siamo ormai abituati ad assistere alle torsioni trasformistiche ed opportunistiche in campo politico e parlamentare. L’esempio concreto viene proprio dal partito di Grillo e di Conte che misteriosamente e collettivamente ha rinnegato, nello spazio di un mattino, tutto ciò che ha predicato, teorizzato e urlato nelle piazze per oltre 15 anni. Si tratta di una conversione, appunto, collettiva, improvvisa e alquanto misteriosa. Sino a quanto dura? Credo sia impossibile saperlo perchè quando il profilo e l’identità di un partito è ben definito, e quando lo si rinnega così radicalmente, delle due l’una: o si ripropone in tutta la sua integrità appena è possibile oppure si abdica definitivamente ma si corre il rischio che quel partito tramonti elettoralmente del tutto. Ecco perchè l’equivoco di una alleanza strategica, organica e politica con un partito populista indebolisce inesorabilmente una coalizione che ambisce a declinare una politica di governo riformista e autenticamente democratica.
Ed è proprio all’interno di un contesto del genere che un progetto politico di centro – ormai fortemente gettonato anche e soprattutto dopo questa importante tornata amministrativa – quasi si impone. Ma, al di là di come concretamente si declinerà – sarà inesorabile una sorta di “federazione” tra i vari soggetti in campo – è indubbio che difficilmente potrà convivere con forze dichiaratamente ed esplicitamente populiste, qualunquiste e anti politiche che negherebbero alla radice qualsiasi possibilità di poter praticare una reale e credibile “politica di centro”.
Anche su questo versante, dunque, si giocherà una sfida politica non indifferente ai fini della definizione dei prossimi equilibri politici e in vista delle elezioni politiche del 2023. Fuorchè, come dicevamo all’inizio, vinca nuovamente il trasformismo politico e parlamentare. Ma sarebbe una sconfitta sonora della qualità della nostra democrazia e della stessa credibilità delle nostre istituzioni democratiche.

Giorgio Merlo