libri- Pagina 70

Marini sindacalista e politico nel libro di Giorgio Merlo

Pubblichiamo un estratto dal primo capitolo del libro di Giorgio Merlo “Franco Marini il popolare” (Edizioni Lavoro)

Franco Marini è stato un grande dirigente sindacale diventato anche un autorevole esponente politico.
E delle istituzioni. Un esempio raro nel panorama pubblico italiano. Perché quando si parla, o si ricorda o si cita Franco Marini, il pensiero corre immediatamente al dirigente e al segretario generale della Cisl che è diventato il punto di riferimento più autorevole del popolarismo di ispirazione cristiana tra l’inizio degli anni ’90 sino alla sua scomparsa. Un binomio che non ha trovato eguali in altri partiti e in altre esperienze politiche sindacali. Certo, ci sono stati molti dirigenti sindacali, e anche di primo piano, che hanno incrociato nel loro percorso biografico la strada della politica e, il più delle volte, delle istituzioni. In molti partiti e nelle diverse fasi storiche. Ma l’esperienza di Marini, al riguardo, resta quella più significativa non solo perché ha ricoperto il prestigioso incarico di Presidente del Senato e lambito quello di Presidente della Repubblica ma per la semplice ragione che quella di Marini è stata una vita che ha visto proprio nell’impegno sindacale, e in quello politico ed istituzionale, un intreccio molto forte legato da un filo rosso: la strenua difesa degli interessi, delle istanze e delle domande dei ceti popolari e, al contempo, la promozione delle classi popolari a ceto dirigente del nostro paese.

Dialoghi con Leucò come non li avete mai ascoltati

Fondazione Cesare Pavese e LessonPod danno voce all’opera pavesiana con un “podcast” di dieci episodi. Online gratuitamente da mercoledì 28 aprile

Scritti da Cesare Pavese (Santo Stefano Belbo, 1908 – Torino, 1950) fra il 1945 e il 1946 e pubblicati per la prima volta nel 1947, i ventisette brevi racconti in cui si articolano i “Dialoghi con Leucò” ( elegantissimo “capriccio”, bizzarro “quarto di luna”, in cui divinità ed eroi della classicità discutono i grandi temi universali dell’umanità passando attraverso percorsi filosofici e psicoanatici che svelano la vera e più profonda “musa nascosta” dello scrittore) rappresentarono senz’ombra di dubbio per lo stesso Pavese il momento più elevato della sua attività letteraria.

E anche quello, probabilmente, della sua maggiore connotazione emotiva. Tant’è che proprio sul frontespizio di una copia del libro, trovata il 27 agosto del 1950 sul tavolino della stanza dell’ “Albergo Roma” di piazza Carlo Felice a Torino, dove Pavese venne rinvenuto suicida, lo scrittore di Santo Stefano Belbo aveva voluto lasciare il suo ultimo messaggio: “Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi”. Accolti con tiepido entusiasmo dalla critica “engagé”dell’epoca, i “Dialoghi” furono invece particolarmente amati e considerati da Pavese il lavoro suo più importante. Nell’intento lodevole di restituire, dunque, all’opera il suo posto di giusto riguardo, rientra l’iniziativa dal titolo “Dialoghi con Leucò come non li avete mai ascoltati” promossa dalla “Fondazione Cesare Pavese” nell’attualissima forma di un “podcast” costituito da 10 (dei 27) episodi, in cui si raccolgono dialoghi fra uomini e dei, ma anche fra le diverse anime di Pavese. Fra prosa e poesia “un viaggio nel mito e in se’ stessi per scoprire che ogni uomo ha un destino e immortale è solo chi lo accetta”. Il “podcast”, realizzato in collaborazione con “LessonPod” (professionisti del suono, scrittori e comunicatori) presenterà, a partire da mercoledì 28 aprile, un episodio ogni due settimane, semplificato e della durata ognuno di 10 minuti circa, disponibile gratuitamente su Spreaker, Spotify, Apple Podcast, Google Podcast e altre principali piattaforme online. L’intento è quello di rispondere ad una precisa esigenza: rendere i “Dialoghi”, opera considerata per antonomasia la più difficile da leggere e comprendere, accessibile a tutti, soprattutto ai ragazzi, attraverso uno strumento tecnologico, decisamente innovattivo e accattivante. “Nei ‘Dialoghi con Leucò’ il lettore trova uno specchio – spiega Pierluigi Vaccaneo, direttore della ‘Fondazione Cesare Pavese’ – in cui trovare e ritrovare il proprio percorso umano, attraverso il Mito e la traduzione che del Mito fa Pavese stesso. L’opera é dunque una conversazione a più voci, dove lettore, autore, personaggi e Mito sono sullo stesso piano, svelati”. L’elenco dei “dialoghi” programmati prende avvio dal confronto fra Ulisse e Calipso affrontato ne #01 “L’isola”, per proseguire con #2 “La nube” e la storia del Titano Issione, seguita da #3 “La belva”, protagonista Endimione che può incontrare la selvaggia Artemide soltanto nel sonno. Gli altri episodi: #4 “Schiuma d’onda”, #5 “I due”, #6 “L’inconsolabile”, #7 “L’ospite”, #8 “Le streghe”, #9 “Il toro”, #10 “La vigna”.
Il prossimo 9 settembre, data di nascita di Cesare Pavese e quando saranno scaduti i diritti per la pubblicazione delle opere pavesiane, la “Fondazione”, insieme all’editrice “Emons”, pubblicherà i “Dialoghi con Leucò” anche in forma di “audiolibro”, in accompagnamento al volume cartaceo, con la curatela dello scrittore Marcello Fois. Ad interpretarli saranno alcune fra le voci più apprezzate del panorama teatrale italiano.
Info: “Fondazione Cesare Pavese”, tel. 0141/840894 o www.fondazionecesarepavese.it – info@fondazionecesarepavese.it

g. m.

“Il fiume senza luna”

LIBRI Un nuovo caso per il commissario Carlo Rossi, nell’ultimo romanzo giallo di Franca Rizzi Martini

Dopo il giallo storico “Recitando Shakespeare” (2015), Franca Rizzi Martini ci regala, sempre per i tipi di “Neos Edizioni”, un altro intrigante giallo dal titolo “Il fiume senza luna”, carambolato con accattivante curiosità (sua e del lettore) in 246 pagine di un intenso racconto, dove all’indagine attuale si avvicenda una misteriosa storia che porta indietro il tempo di oltre quattro secoli, in una Moncalieri del Seicento – barocca e fluviale – che si trova a fare i conti con una Torino dei giorni nostri, con le sue anime multietniche, affogate in un bagno di solitudine, di desiderio di emergere e di spietato cinismo.

Due storie accattivanti che s’intrecciano fra loro, accomunate dal lento scorrere del fiume, “sulle cui acque non sempre si riflette la luna e la notte è più nera quando prevalgono le sfortune, i dolori e le passioni come l’avidità, la violenza e il desiderio di potere”. Oggi come quattro secoli addietro. In un calcolato, inevitabile dipanarsi di presente e passato in cui sempre è la “felicità” l’agognata preda umana. A scavare nelle pieghe degli eventi e a reggere e a indagare trame sottili abilmente rintracciate e raccontate da Franca Rizzi Martini (milanese di nascita, oggi residente a Moncalieri, vincitrice del Fiorino d’Argento al “Premio Firenze 2010” e secondo posto al “Premio Mario Pannunzio 2011”), è ancora una volta il suo commissario, dal più banale italico cognome, Carlo Rossi. E torna anche Patrizia, gentile curiosissima signora torinese, votata a sostenere con le sue osservazioni il lavoro di indagine. “Ogni caso ha i suoi interrogativi – scrive la Rizzi– e ogni omicidio ha le sue motivazioni; le morti non sono tutte uguali e anche se possono essere catalogate secondo diversi parametri, ogni omicidio nasconde cose dette e non dette”. Da una parte lo strano suicidio/omicidio di un lontano zio del commissario, mentre dall’altra ci imbattiamo nella storia di Jeremy Ross, giovane attore inglese depredato dell’amata Adelaide Grondana dalla mano assassina di un alchimista impazzito. Da un lato, l’elegante quartiere della Crocetta e i locali della Torino by night, fra barman russi e cameriere e ballerine rumene. Dall’altro, la corte sabauda di Vittorio Amedeo II, la “volpe savoiarda”, e della sua preferita, la contessa Scaglia di Verrua. Storie lontane nel tempo, le cui voci, i cui suoni, le cui presenze paiono tuttavia rincorrersi negli anni, in un miscelarsi, improbabile e misterioso, di fatti prove e verità sulle quali spetterà al povero commissario Rossi trovare il bandolo finale dell’intricata matassa. Scrive Franca Rizzi Martini: “La notte di Torino era buia, senza luna. Nell’aria spirava una leggera brezza fresca, che mitigò il suo senso di vertigine.Carlo Rossi camminava, un passo dopo l’altro sotto i lampioni che mandavano luci bianche nelle vie deserte; tutte le domande stavano riaffiorando nella sua mente. Delle persone coinvolte nel caso chi si salvava? Nessuno”.
Info: “Neos Edizioni”, via Beaulard 31, Torino; tel. 011/7413179 o www.neosedizioni.it

g. m.

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Jonathan Coe “Io e Mr Wilder” -Feltrinelli- euro 16,50

Questo romanzo è un omaggio che lo scrittore inglese -alla soglia dei 60 anni – dedica a uno dei miti
suoi e del cinema mondiale, il regista Billy Wilder.
Mostro sacro che a Hollywood ha girato film strepitosi come “A qualcuno piace caldo” con
Marilyn Monroe e Jack Lemmon, “Sabrina” con Audrey Hepburn, “Irma la dolce” e
“L’appartamento” con Shirley MacLaine e di nuovo Lemmon; per citare almeno alcune delle sue
pellicole che ebbero la nomination agli Oscar e ne vinsero parecchi.
Coe imbastisce un romanzo sul regista ormai “Sul viale del tramonto”, come nella sua omonima
pellicola del 1950 con Gloria Swanson, William Holden ed Erich von Stroheim.
Pretesto narrativo sono i ricordi di una 57enne greca, che era stata arruolata dal regista come
interprete. E’ Calista Frangopoulou alle prese con due giovani figlie gemelle, di cui una incinta.
Calista ha l’abitudine di associare fatti e persone ai film, e lo fa a ragion veduta poiché nel suo
passato ha vissuto un’esperienza esaltante nel mondo del cinema.
Giovanissima, per pur caso, aveva conosciuto il grande regista Billy Wilder in procinto di girare il
film “Fedora”, (in parte sull’isola greca di Corfù) che l’aveva assunta dapprima come interprete, poi
come assistente del suo amico e storico sceneggiatore I.A.L. Diamond.
Un’esperienza decisamente unica che l’aveva catapultata dietro la macchina da presa, alla scoperta
di un grande regista di immenso talento, che però Hollywood non finanziava più dopo alcune
pellicole non proprio fortunate sul fronte degli incassi.
Ma Wilder a 70 anni crede ancora fermamente in quello che fa e si butta a capofitto nel suo
penultimo film “Fedora”: lo gira in Europa, dopo che i produttori hollywoodiani gli avevano
sbattuto le porte in faccia.
Scopriamo così il lato umano del genio, con le sue fissazioni: come la pretesa che gli attori dicano
esattamente e al millimetro le battute del copione, e capace di girare ad infinitum la stessa scena.
Ed emerge un ritratto indimenticabile di uno dei registi più interessanti e prolifici di tutti i tempi.

André Aciman “L’ultima estate” -Guanda- euro 16,00

E’ difficile parlarvi di questo romanzo senza anticiparvi troppo la sorpresa che racchiude. C’è chi ha
parlato di realismo magico, inaspettato da questo autore che ha raggiunto un successo planetario
con “Chiamami col tuo nome” nel 2008, diventato film da Oscar, diretto da Guadagnino e
sceneggiato da James Ivory.
“L’ultima estate” è ambientato sulla Costiera Amalfitana dove un gruppo di ragazzi americani viene
avvicinato da un peruviano 60enne, Raoul: affascinante, misterioso, e soprattutto dotato di poteri
straordinari.
Sembra sapere molto di ognuno di loro; nomi, passato, segreti. Li sorprende e spiazza svelando cose
di loro stessi e della loro vita che in alcuni casi ignoravano; come l’essere stato gemello di un feto
scomparso al momento del parto. O anticipa il disastro finanziario di un loro amico che neanche è
presente, e chiede di avvisarlo prima che faccia un investimento sbagliato.
Svela ai ragazzi che sapeva di possedere un dono anche prima di aver compiuto 2 anni; crescendo
ha scoperto di riuscire ad allontanare il dolore semplicemente appoggiando la mano sulla parte
dolente di un corpo, e lo dimostra alleviando il male alla spalla che tormenta uno di loro, Mark.
Ma ad attrarlo più di tutti nel gruppo è la giovane Margot, che lui chiama Maria dicendo che è il suo
vero nome e che si erano già incontrati prima.
Dapprima lei è la più scettica ed indifferente; ma pian piano, tra baie meravigliose in cui nuotare in
libertà, passeggiate e confidenze, finisce per lasciarsi guidare da Raoul in un incredibile viaggio a
ritroso nel tempo.
Tra appuntamenti mancati con la felicità, piani temporali che s’intrecciano e la nostalgia di un
grande amore che lambisce il regno dei morti, si prospetta la possibilità del susseguirsi di più vite –
diverse e magari lontane nel tempo – prima e dopo il presente.
Perché spiega: «Il punto è che noi tutti passiamo più tempo di quanto crediamo a cercare di tornare
indietro. Chiamatelo come volete, fantasticare o sognare ….pochissimi di noi conoscono la strada,
la maggior parte non trova neanche la porta d’accesso e tanto meno la chiave per aprirla. Fingiamo
di essere normali terrestri…in realtà nessuno di noi torna indietro».
Se poi volete approfondire la conoscenza di questo autore, oltre al più famoso “Chiamami col tuo
nome” uno dei suoi libri è “Harvard Square” -Guanda- euro 13,00.
E’ ambientato all’università di Harvard e inizia con un padre che accompagna il figlio, prossimo a
diventare futura matricola. E’ l’occasione per ricordare la lontana estate del 1977 in cui, in una
Cambridge quasi deserta, lui si era impegnato nel preparare degli esami per diventare professore,
attanagliato dalla paura di non venire accettato in quell’ambiente tanto elitario. Fu un periodo
particolare in cui strinse amicizia con un tassista tunisino dalla parlantina facile, i due saranno
inseparabili per alcuni mesi. Scorre il racconto di un’estate indimenticabile che sfuma quando
ricomincia il semestre invernale e i due tornano alle loro vite tanto diverse l’una dall’altra.

Barack Obama “Una terra promessa” -Garzanti- euro 28,00

Forse la parte più interessante di questo portentoso memoir del 44° presidente degli Stati Uniti, è
quella in cui a cuore aperto narra affetti e episodi di vita strettamente privata, aneddoti curiosi,
incontri interessanti che danno la misura dell’uomo, oltre alla sua figura pubblica.
Eletto nel 2008, primo presidente di colore degli Stati Uniti, ha ricoperto due mandati come capo
del mondo libero e primo leader mondiale per potere ed importanza.
In 794 pagine scopriamo il suo spessore: giovane tenace, che supera lo scoglio dell’assenza del
padre, studioso ed ambizioso, che scala tutti i gradini fino alla vetta della presidenza.
I suoi successi, il suo charme politico, i motivi che l’hanno spinto all’impegno, il suo modo di
intendere la presidenza del paese più importante dello scacchiere mondiale, la sua importanza come
statista.
Poi ci sono gli incontri con gli altri leader, che lui ripercorre dando la sua versione personalissima di
Angela Merkel, Sarkozy, Putin e tantissimi altri capi di stato e governo. Dalla Cina al Giappone,
passando per l’Europa e per ayatollah e leader da prendere con cautela per il loro estremismo
fanatico. Una vita unica in cui ha conosciuto tutti ed è entrato nella storia a pieno titolo come uno
dei presidenti più amati.
A rendere il libro ancora più interessante è però il suo essere un marito attento e premuroso,
innamoratissimo della moglie che l’ha sempre sostenuto, e che lui a sua volta ha appoggiato in tutte
le sue iniziative. Come l’orto alla Casa Bianca, la lotta contro l’obesità e ….cosa che non sapevamo,
è stato anche il primo presidente mastro birraio della storia grazie al miele prodotto alla White
House.
Padre amorevole e presente per le sue figlie, con aneddoti tenerissimi. Come quando Malia, a 4
anni, dopo una visita allo zoo di Honolulu s’innamora perdutamente delle tigri, (la zia le regala il
peluche Tiger che l’accompagnerà ovunque negli anni successivi), chiede al padre cosa conta di fare
per i suoi felini preferiti e lui si muove di conseguenza.
O l’amore per Bo, il cane d’acqua portoghese regalatogli da Ted Kennedy e ironicamente citato
come «l’unico amico affidabile che un politico possa avere a Washington».
Così come sarà enorme il suo impegno sul fronte del pericoloso cambiamento climatico e la sua
battaglia per l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini.
Tra le pagine più interessanti, quelle finali in cui ci racconta la caccia al mefistofelico Osama bin
Laden, il coraggio dei Navy seals e l’uccisione del responsabile della tragedia delle Torri Gemelle.

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Annie Ernaux  “La donna gelata”   -L’Orma editore-   euro  17,00

Questo romanzo della scrittrice francese è uscito in patria nel 1981, ed è un altro capitolo dell’affresco complessivo della sua vita, scomposta in tante fasi che racconta agganciandosi allo sfondo sociale, miscelando soggettività e momento storico. Qui l’arco temporale va dagli anni 50 ai 70 e mette a fuoco luci ed ombre del crescere femmina a quell’epoca.

La Ernaux -figlia di appartenenti alla classe lavoratrice del nord della Francia, che gestivano la bottega del paese- in “La donna gelata” narra infanzia, adolescenza, formazione e poi lo schianto nel matrimonio.

La sua è stata una crescita con due genitori fuori dagli schemi dell’epoca; una famiglia che si reggeva su un equilibrio anomalo, in cui i ruoli erano rovesciati. Madre e padre erano complementari al contrario, perché seguendo le loro inclinazioni e attitudini spontanee si organizzarono con lei che mandava avanti la bottega, mentre lui svolgeva i lavori domestici.

Un bell’esempio per la loro figlia unica che crebbe senza impalarsi all’idea che maschile sia superiore al femminile. Sarà soprattutto la madre a spronarla a lasciare da parte le bambole, aspettandosi che studi, sia libera e diventi qualcuno.

Poi c’è il traghettarsi attraverso l’adolescenza, l’accettazione del proprio corpo e la scoperta della sessualità che all’epoca prevedeva grande libertà per i maschi, rigide regole per le ragazze.

Lei studia, cresce e si impegna sulla strada dell’emancipazione; peccato però che l’aver avuto quello che sembrava il vantaggio di una famiglia “illuminata” non l’abbia preparata al confronto con una realtà ben diversa.

Se ne accorgerà una volta sposata con un uomo banale, quando diventerà madre e sarà lasciata sola dal marito a destreggiarsi tra pannolini, pappe e pisolini; restando indietro su tutto il resto, a partire dalla carriera messa in stand by.

Leggendo scoprirete come riuscirà a dare una nuova rotta alla sua esistenza.

 

 

 

Steven Price  “Casa Lampedusa”    -Bompiani-     euro  18,00

E’ magnifica questa biografia romanzata in cui il poeta e scrittore canadese Steven Price ricostruisce la vita del principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa, cogliendone soprattutto il lato crepuscolare. Nato nel 1986 e ultimo discendente di una nobile casata -ormai decaduta- autore del capolavoro “Il Gattopardo”, è morto di tumore ai polmoni nel 1957, con la delusione di aver visto il suo manoscritto rifiutato da due grandi case editrici.

E’ stata una beffa del destino morire prima di poter assaporare il successo del libro che Bassani volle pubblicare a tutti i costi nella collana che dirigeva da Feltrinelli. Fu riconosciuto un capolavoro ed un trionfo replicato anche al cinema, con l’omonimo film diretto da Luchino Visconti nel 1961 e con un cast stellare.

Price si concentra soprattutto sugli ultimi anni del principe, dopo una vita di studi e letture; ritrae un uomo sul viale del tramonto, malinconico e pensieroso, minato nella salute e deluso dai tempi che avanzano.

In 299 pagine scritte con sensibilità e finezza ripercorriamo le tappe salienti della sua vita.

Le grandi case dell’infanzia, i ricordi più cari, gli anni della guerra con il palazzo di famiglia distrutto dai bombardamenti degli alleati.

Il rapporto strettissimo con la madre aristocratica e altera; Beatrice, la maggiore delle 5 bellissime e stravaganti sorelle Cutò, donna affascinante ma col carattere inasprito da sventure e lutti.

Il suo rapporto con Giuseppe sarà strettissimo e soffocante, e inciderà non poco sulla vita matrimoniale del figlio. Donna Beatrice non approvò mai l’unione con la principessa Alessandra Wolff Stomersee, detta Licy, psicanalista colta e sensibile, che Tomasi di Lampedusa

conobbe nel 1925 e sposò.

Le due donne della sua vita mal si sopportavano e per anni Licy e Giuseppe vissero lontani. Ma il loro fu un rapporto inossidabile, fatto di grande intesa, e lei gli restò accanto fino alla fine.

Altro capitolo importante è quello in cui decidono di adottare il figlio di un cugino di secondo grado, il giovane  Gioachino, -erano legatissimi a lui e alla moglie Mirella-  nominandolo erede legale. Il patrimonio ormai era sfumato, ma il giovane avrebbe almeno ereditato il titolo di duca di Palma e, pur non potendo trasferire quello più importante di Lampedusa, Giuseppe ebbe la certezza che non tutto sarebbe morto e finito con lui.

 

 

Susie Orman Schnall   “Adesso splendi”    -Feltrinelli-   euro 17,00

Questo è un romanzo scoppiettante e racconta l’amicizia di due giovani donne: i loro sogni e le ambizioni, lo scontrarsi contro un mondo ben stretto nelle mani degli uomini che lasciano poco spazio al gentil sesso. Tutto ambientato sullo sfondo della sfarzosa fiera mondiale tenutasi a New York nel 1939, inaugurata dal Presidente Roosevelt in persona.

Protagoniste sono l’attrice Vivi Holden e l’aspirante giornalista Maxine Roth: entrambe dovranno fare i conti con una realtà più dura del previsto, e finiranno per scoprire che a volte il dirottamento della traiettoria che si sognava non necessariamente si traduce in disfatta.

Vivi è un’attrice alle prime armi che punta a diventare una star di Hollywood e mal digerisce l’essere surclassata da colleghe rampanti, più immanicate di lei con i personaggi che contano.

Da Los Angeles plana a New York per diventare la prima donna dello spettacolo di nuoto sincronizzato dell’Aquade, che è la punta di diamante dell’Expo. Ma l’inizio sarà tutt’altro che facile….

Invece Maxine, o più semplicemente Max, ambisce ad entrare nella scuderia dei giornalisti del New York Times, ma anche lei si schianterà contro un muro di difficoltà. Viene spedita a fare una dura gavetta nel giornale dell’esposizione e relegata a pubblicare il programma giornaliero degli eventi. Anche lei se la dovrà vedere con il maschilismo imperante, colleghi subdoli e umiliazioni a iosa.

Sebbene Vivi e Max siano diverse, stringono una fortissima amicizia fatta di condivisione e solidarietà. Si confidano, si aiutano e insieme si fanno forza, rialzandosi ogni volta dalle delusioni, tenaci e combattive, determinate a non tradire i loro sogni e a raggiungere le mete prefisse.

Un romanzo che è una boccata di aria fresca….

 

 

Ivan Bunin  “Il signore di San Francisco e altri racconti”   -Adelphi-  euro  20,00

Bunin è un autore russo ancora poco conosciuto nel nostro paese: scrittore e poeta, il primo del suo paese a vincere il Premio Nobel nel 1933, e tutt’altro che un personaggio minore della letteratura mondiale.

Ivan Alekseevič Bunin è nato nel 1870 a Voronež in una famiglia di antica nobiltà spazzata via dalla Rivoluzione d’Ottobre e costretta ad emigrare. Lui nel 1920 riuscì a scappare dalla Russia sovietica e a rifugiarsi in Francia, vivendo con scarsi mezzi tra Parigi e Grasse.

Ma fu anche un viaggiatore instancabile e visitò la Palestina, Ceylon, Egitto, Turchia e Africa del nord.

La sua opera lo colloca come “l’ultimo classico”, orgoglioso di scrivere nel solco dell’illustre tradizione ottocentesca russa, da Tolstoj a Cechov.

Il libro racchiude 15 racconti con ambientazioni e soggetti molto diversi tra loro. Alcuni li ha scritti a Capri (dove soggiornava all’Hotel Quisisana), e tra Napoli e l’isola ha ambientato quello di apertura “Il signore di San Francisco” del 1915. Racconto che rasenta la perfezione e narra il viaggio per mare di un ricco signore americano 58enne e della sua famiglia; pagine attraversate da molteplici segnali che indicano la morte della “vecchia” Europa e l’incombere della fine di

un’epoca.

Altri brani traggono spunto dai suoi numerosi viaggi a latitudini diverse e a contatto con culture che esercitarono su di lui un immenso fascino. Curioso di tutto e attento alle diversità, fu attratto soprattutto dai paesi orientali, dalle basi culturali e religiose delle più svariate società; spinto anche da una ricerca interiore morale e filosofica.

Tra i racconti migliori c’è la storia di Gotami: ragazza di famiglia modesta, nata ai piedi dell’Himalaya, viene notata dal principe locale che ne fa la sua amante, e lei si trasferisce a corte, senza mai un lamento per il suo ruolo di concubina. Un racconto che gronda fascino e ricorda le favole orientali dal fascino esotico.

Non mancano poi pagine dedicate alla sua patria e alla Russia contadina, racconti profondamente realistici e disillusi che parlano di povertà, violenza e vita misera nelle izbe, le case di legno in cui vivevano i contadini.

Vi chiederete perché tanto talento non raggiunse la notorietà presso i suoi contemporanei: probabilmente per il suo carattere distaccato, sincero fino in fondo e decisamente poco diplomatico, non certo per mancanza di bravura….leggere per credere.

Quanto è difficile la memoria storica condivisa

Il libro di Eric Gobetti ‘E allora le foibe ‘?, edito per i tipi degli Editori Laterza nell’aprile 2020 e giunto ormai alla sua ottava edizione, al di là delle poco più di cento pagine di testo (cui segue un’interessante bibliografia ragionata) sin dalle sue prime righe è un lavoro destinato a generare discussioni. 

 

L’argomento è di quelli dedicati sui quali ancora oggi nella Penisola, nonostante l’istituzione della Giornata del Ricordo, si fatica a trovare una memoria condivisa, un riconoscimento di quello che accadde nei giorni della seconda guerra mondiale e, soprattutto, che ne seguirono la fine, ovvero il dramma delle foibe quello successivo degli Istriani, dei Dalmati, dei Giuliani da quelle che erano state chiamate dal nazionalismo italiano di inizio secolo le ‘Terre Irredente’.

 

La stessa introduzione, del resto, evidenzia subito ‘l’urgenza’ del suo essere, come sottolinea l’autore: “impedire che il Giorno del Ricordo diventi una data memoriale fascista, togliere ai propagandisti politici il monopolio delle celebrazioni’. Parole che andrebbero benissimo se fossero state applicate anche al 25 aprile in passato per evitare che la Liberazione diventasse una data memoriale di una sola parte politica (anche se è vero che il Pci con la sua struttura clandestina si fece carico di gran parte della Resistenza nel bene e nel male ed ebbe molti militanti che caddero in combattimento, vennero giustiziati o presero la via del lager, ma la Resistenza non fu un’esclusiva dei comunisti ma anche di tutte le altre forze, socialisti, giellisti, cattolici, monarchici, liberali) e chi lo avesse detto passava immediatamente per revisionista. Il caso di Giampaolo Pansa, nato e morto antifascista, è emblematico.

 

Nella sua pubblicazione Gobetti parla di ‘morte e di violenza, di sofferenza e di esilio’ è vero, ma l’impressione che si ha leggendo l’agevole pubblicazione e che sia tutta a senso unico, ovvero degli italiani ‘brutti e cattivi’ e degli slavi ‘buoni e vittime incomprese’ che reagiscono a tanti soprusi e reazioni perpetrate dai fascisti nel ventennio. Una visione oggettiva della storia, al di là dei sentimenti di parte, non può negare che il fascismo di frontiere fu una delle espressioni più deleterie del periodo mussoliniano, pur contestualizzata – come tutto deve sempre essere fatto – nel periodo in cui si articolò. Negare la lingua, il culto, la cultura, l’istruzione scolastica ai neo-sudditi sloveni perseguendo una politica di italianizzazione forzata fu un atto miope, come lo fu nei confronti degli altoatesini o anche nell’arco alpino occidentale. E’ sufficiente leggere i ‘Discorsi parlamentari dell’on. Engelbert Besednjak’ per avere la conferma di quanto appena espresso, anche se il deputato della minoranza slovena nell’indirizzo di risposta al discorso della Corona del 4 giugno 1924, suo primo discorso in lingua italiana, non avrà riserve nei confronti del Governo Mussolini. E Besednjak, terminata la legislatura, dovrà abbandonare l’Italia per evitare dal fascismo persecuzioni. A parte questa breve digressione poco conosciuta dalla grande storia, rileva però che Gobetti non è realmente andato alla vera radice del problema del Confine Orientale, che ha un nome preciso e si chiama ‘Nazionalismo’. E non è soltanto di marca fascista o comunista, come potrebbe fare pensare una semplificazione, ma è più generalmente italiano e slavo e risale al post prima guerra mondiale e agli errori della pace di Versailles. In un bel libro, oggi dimenticato (nella pur ampia bibliografia ragionale di Gobetti non ve n’è traccia) ‘La Jugoslavia dalla Conferenza di Pace al Trattato di Rapallo’, Il Saggiatore, 1966, Ivo Lederer, nato a Zagabria nel 1929 e allora professore incaricato all’Università di Yale, descrive ciò che accadde nei convulsi giorni che seguirono il 4 novembre 1918, con l’esercito italiano proiettato verso Lubiana e fermato dagli Alleati dell’Intesa, un Pietro Badoglio avversario dello jugoslavismo e fervente sostenitore del Trattato di Londra del 1915 che infiltra sul territorio del nascente stato dei Servi, dei Croati e degli Sloveni dei propagandisti ‘foraggiati’ dall’esercito italiano.

 

E dall’altro capo, come non dimenticare che la delegazione del neo Stato che riuniva gli Slavi del Sud si presentò a Versailles, con una delegazione capeggiata da Nikola Pasic che incluse nelle proprie richieste territoriali le città di Trieste, Gradisca, Monfalcone e Gorizia. Siamo nel 1918, il fascismo non è ancora nato, come pure il Partito Comunista di Jugoslavia non è ancora nato perché sarà fondato a Vukovar nel 1920. E’ un bel passo a ritroso ma indispensabile per comprendere quello che poi sarebbe accaduto negli anni e nei decenni successivi e culminato poi negli episodi di terribili barbarie e di omicidi collettivi che furono le foibe. Di tutto questo, però, non vi è un accenno neanche fugare nell’opera di Gobetti che preferisce puntare il dito su ‘Red Istria’ e fare aleggiare un’ombra di dubbio sul fatto che Norma Cossetto (ma quante furono le Norma Cossetto che non hanno avuto neppure una menzione e sono finite nelle foibe ?) abbia o meno subito violenza. Peccato che l’autore non citi tra le sue fonti padre Flaminio Rocchi con il suo ‘L’esodo dei 350mila giuliani, fiumani e dalmati’ e minimizzi sul fatto che ad essere colpiti furono non  gli italiani in quanto italiani, ma in quanto fascisti. C’è da chiedersi, a questo proposito, se ha letto cosa scrive un autore che anche solo a pensarlo lontanamente contiguo al ventennio si offenderebbe, ovvero quel Giorgio Bocca, autore di una ‘Storia dell’Italia partigiana’ la cui lettura sa oggi di molto apologetica della Resistenza. Ebbene, pur sorvolando su fatti come quelli della Osoppo, sulla ‘Liberazione’ di Trieste da parte del IX Corpus, Bocca è netto e si sofferma ampiamente sulla sorte del Cln triestino e sul comportamento che i titini ebbero all’ombra di San Giusto.  Fatte tutte queste doverose, sia pure brevi e parziali precisazioni, fermo restando che la guerra è SEMPRE un dramma e nella guerra sono sempre gli innocenti ed i deboli i primi a pagare, viene allora spontaneo fare una domanda: E ALLORA ERIC GOBETTI  ?

Massimo Iaretti

Il Salone del Libro lancia “Adotta uno scrittore”

La XIX edizione  al via in 8 regioni italiane

 

Il progetto, sostenuto dall’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria del Piemonte in collaborazione con Fondazione con il Sud, coinvolgerà 37 autori per 34 adozioni in 19 istituti, 13 scuole carcerarie, 2 università.

 

Gli scrittori coinvolti: Abdullahi Ahmed; Gianumberto Accinelli; Federico Appel; Jonathan Bazzi; Giulia Caminito; Fabio Cantelli; Sabino Cassese; Giuseppe Catozzella; Andrea Colamedici; Diego De Silva; Olivier de Solminihac; Donatella Di Pietrantonio; Bernard Friot; Fumettibrutti; Maura Gancitano; Björn Larsson; Cathy La Torre; Antonella Lattanzi; Davide Longo; Alberto Lot; Francesco Kento Carlo; Michele Masneri; Davide Morosinotto; Rosella Postorino; Teresa Radice; Davide Reviati; Alessandro Robecchi; Simone Saccucci; Igiaba Scego; Francesca Serafini; Sualzo; Emanuele Trevi; Tiziana Triana; Stefano Turconi; Silvia Vecchini; Alice Urciuolo; Daniele Zito.

 

 

Al via in classe e online la XIX edizione di Adotta uno scrittore, l’iniziativa di promozione della lettura sostenuta dall’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria del Piemonte, in collaborazione con la Fondazione con il Sud.

L’edizione 2021 farà incontrare studenti e scrittori: coinvolgerà 37 autori che saranno adottati da 19 scuole (8 secondarie di secondo grado, 6 secondarie di primo grado, 5 primarie), 2 università e 13 scuole carcerarie di 8 regioni italiane. Oltre a Piemonte, Campania, Sicilia, Basilicata, Puglia, Calabria, Sardegna, il progetto approda per la prima volta nel Lazio, alla Casa Circondariale Raffaele Cinotti di Rebibbia Nuovo Complesso a Roma, nel quadro di un’iniziativa a cui partecipano studenti dei percorsi scolastici interni dell’IIS J. Von Neumann di Roma, detenuti universitari o bibliotecari, detenuti comuni. Aumenta infatti il numero delle scuole carcerarie coinvolte grazie al contributo dell’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria del Piemonte e Fondazione con il Sud: nel 2021 prendono parte al progetto le scuole carcerarie di Torino, Biella, Saluzzo (CN), Alessandria, Novara, Asti, Roma, Pozzuoli (NA), Locri (RC), Gela (CL), Turi (BA), Potenza, Salerno.

 

Adotta uno scrittore online e per tutti

Già nel 2020 Adotta uno Scrittore ha aperto i suoi contenuti a docenti e studenti non coinvolti nel progetto grazie alla piattaforma digitale SalTo per la Scuola. Anche per questa nuova edizione dell’iniziativa, sulla piattaforma SalTo+ troveranno spazio alcune video-lezioni realizzate dagli autori adottati che saranno a disposizione di tutta la comunità scolastica del Salone. Il ciclo di lezioni si intitola Adotta una parola: ciascun autore sceglierà una parola, un modo per mostrare voci diverse, sguardi sul mondo e approcci degli scrittori di questa edizione. Ma anche per fornire a tutte le scuole materiali da affiancare alla didattica tradizionale. I primi video di Adotta una parola sono stati pubblicati  mercoledì 14 aprile, su Salto+: protagonisti Alessandro Robecchi (a partire dalla parola ossessione), Bernard Friot (a partire dalla parola banalità) e Simone Saccucci (a partire dalla parola ostacolo).

Il racconto partecipato di autori e studenti coinvolti dal progetto avrà come sempre uno spazio dedicato sul Bookblog.

 

Tra le adozioni dell’edizione 2021:

Donatella Di Pietrantonio, finalista al Premio Strega 2021 con Borgo Sud (Einaudi), sarà a Rebibbia, in un incontro a più voci con studenti ristretti, studenti delle superiori, bibliotecari e altri detenuti; alla Casa di Reclusione di Asti arriverà Fabio Cantelli, a partire dal libro Sanpa, madre amorosa e crudele (Giunti), nel quale racconta la comunità fondata da Vincenzo Muccioli, soggetto dell’omonima serie di Netflix; Diego De Silva sarà alla Casa Circondariale di Salerno, per incontrare insieme studenti ristretti e delle superiori di Salerno; così come Cathy La Torre, che all’Istituto Penitenziario Cantiello e Gaeta Casa di Reclusione San Michele di Alessandria – Reparto Collaboratori di Giustizia – incontrerà insieme gli studenti reclusi e gli studenti dell’Istituto Istruzione Superiore Saluzzo Plana di Alessandria. O ancora, all’Istituto Penale Minorile Ferrante Aporti di Torino i ragazzi incontreranno i filosofi Andrea Colamedici e Maura Gancitano, mentre all’Istituto Penale Minorile Emanuele Gianturco di Potenza sarà adottato lo scrittore e attivista Abdullahi Ahmed. All’Università del Piemonte Orientale arriverà poi Emanuele Trevi a partire da Due vite (Neri Pozza), il suo ultimo libro che gli è valso la candidatura al Premio Strega 2021. Anche Antonella Lattanzi, sarà alla Casa Reclusione di Turi (Bari) con Questo giorno che incombe (HarperCollins Italia); mentre Alice Urciuolo, scrittrice e sceneggiatrice, porterà il suo Adorazione (66thand2nd), altro candidato al Premio Strega 2021, all’Istituto Superiore Norberto Bobbio di Carignano. E ancora, sempre tra i candidati allo Strega, Giulia Caminito, sarà all’Istituto Comprensivo di Diano d’Alba (CN). Grazie alle possibilità offerte dal digitale, saranno diversi anche gli autori stranieri che si collegheranno dall’estero con gli studenti italiani, tra questi: Björn Larsson,  Bernard Friot, Olivier de Solminihac.

 

In 19 anni Adotta uno scrittore ha coinvolto oltre 12.000 studenti di 400 classi e, inoltre, 18 case di reclusionedue università e un ospedale. Gli autori adottati sono stati quasi 400. A ulteriore supporto del libro e della lettura, l’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria del Piemonte negli anni ha permesso l’ingresso gratuito al Salone a oltre 140.000 studenti e studentesse piemontesi.

Incontro in biblioteca con Civallero e Rossi

Venerdì 16 aprile 2021 ore 18 . Il venerdì dello scrittore

Quando veniamo concepiti non siamo soli: probabilmente anche tu non sai di aver perso un fratello o una sorella prima della nascita. La possibilità che la gravidanza parta con un potenziale gemellare che poi si risolve con un parto singolo, è altissima, ed è un fatto normale. Civallero e Rossi ci guidano con i loro libri in un affascinante viaggio alla scoperta della “sindrome del gemello che resta”, delle sue implicazioni e potenzialità.

Competenza e passione contraddistinguono il lavoro di ricerca e le pubblicazioni delle autrici di questa settimana – commenta soddisfatta l’assessore alla Cultura Laura Pompeo – Due ‘esperte di benessere’ che ci propongono un tema insolito e di sicuro interesse per il nostro pubblico”.

Vuoi recensire un libro o un film?
Il Venerdì dello Scrittore dà voce ai lettori

scrivi una mail a biblioteca@comune.moncalieri.to.it
e la tua recensione verrà pubblicata sulla pagina facebook della Biblioteca Arduino

“Premio Lattes Grinzane 2021”, Lagioia tra i finalisti

Selezionati i cinque finalisti. Nella cinquina anche il direttore del Salone Internazionale del Libro di Torino
Premio Speciale alla canadese Margaret Atwood

Monforte d’Alba– Un iraniano, rifugiato politico in Olanda; un’inglese di origine nigeriana; una francese, un americano e un italiano. Cinque fra scrittori e scrittrici di forte valenza internazionale scelti da un Giuria Tecnica composta da docenti, intellettuali, critici e scrittori, presieduta da Gian Luigi Beccaria, linguista, saggista e crico letterario: sono loro i finalisti dell’XI edizione del “Premio Lattes Grinzane 2021”, promosso dalla “Fondazione Bottari Lattes” di Monforte d’Alba, intitolato a Mario Lattes (editore, pittore, scrittore, fra i più importanti intellettuali del secolo scorso) e rivolto alle opere di narrativa italiana e internazionale pubblicate in Italia, per quanto riguarda l’odierna edizione, fra il gennaio 2020 e il gennaio 2021. Ecco i loro nomi: Kader Abdolah (nato in Iran e rifugiato politico in Olanda) con “Il sentiero delle babbucce gialle” (Iperborea; traduzione di Elisabetta Svaluto Moreolo), Bernardine Evaristo (britannica di origini nigeriana) con “Ragazza, donna, altro” (Sur; traduzione di Martina Testa), Maylis de Kerangal (francese) con “Un mondo a portata di mano” (Feltrinelli; traduzione di Maria Baiocchi), Nicola Lagioia con “La città dei vivi” (Einaudi) e Richard Russo (statunitense) con “Le conseguenze” (Neri Pozza; traduzione di Ada Arduini). Vincitrice del “Premio Speciale Lattes Grinzane” – attribuito ogni anno a un’autrice o autore di fama internazionale che, nel corso del tempo, abbia saputo raccogliere un condiviso apprezzamento di critica e di pubblico – è invece quest’anno la canadese di lingua inglese (nata ad Ottawa e residente a Toronto) Margaret Atwood, edita in Italia principalmente da “Ponte alle Grazie” e tradotta, fra gli altri, da Guido Calza, Camillo Pennati, Elisa Banfi, Francesco Bruno, Margherita Crepax, Raffaella Belletti e Renata Morresi. Autrice di romanzi di successo come “Il racconto dell’Ancella”, “I testamenti”, “L’altra Grace” e “L’anno prima del diluvio” ( molti dei quali trasposti in serie televisive ) Atwood è in uscita in Italia, sempre per “Ponte alle Grazie”, con il romanzo “Bodily Harm”, scritto nel 1981 e con la sua più recente raccolta di poesie “Dearly”, attesi entrambi in autunno, oltreché con “Oryx e Crake”, in libreria dal 13 maggio, nuova edizione de “L’ultimo degli uomini”, edito in italiano nel 2003.
I cinque romanzi finalisti, così come il Premio Speciale, sono ora affidati alla lettura e al giudizio di 400 studenti delle Giurie Scolastiche, avviate in 25 scuole superiori, da Bolzano a Trapani (passando anche in Piemonte per Torino e Alba). Con i loro voti, i giovani giurati decreteranno il libro vincitore tra i cinque in gara, che sarà proclamato sabato 2 ottobre, nel corso della cerimonia di premiazione al “Teatro sociale Busca” di Alba (ingresso libero fino a esaurimento posti, con modalità che saranno definite nel rispetto delle norme sull’emergenza sanitaria Covid-19). In questa occasione il “Premio Speciale” Margaret Atwood terrà una lectio magistralis su un tema a propria scelta e sarà insignita del riconoscimento. Inoltre, nel corso della mattinata i finalisti incontreranno gli studenti delle scuole del territorio cuneese. Gli appuntamenti del Premio saranno anche trasmessi in diretta streaming sul sito e sui canali social della “Fondazione Bottari Lattes”, permettendo così di raggiungere pubblici diversi e lontani e mettendo a disposizione di tutti importanti contenuti della grande narrativa contemporanea.
Info: 0173/789282 – eventi@fondazionebottarilattes.it, book@fondazionebottarilattes.it, WEB fondazionebottarilattes .it / FB Fondazione Bottari Lattes / TW @BottariLattes / YT FondazioneBottariLattes / IG fondazione_bottari_lattes

g. m.

Nelle foto
– La “Fondazione Bottari Lattes”
– Margaret Atwood: Luis Mora_md_credit foto

“Guarda in su…guarda in giù. Nel cuore di Torino”

Preziosa guida alla scoperta di una Torino mai abbastanza conosciuta nell’ultimo libro  di Giusi Audiberti

Scriveva nel 1753 la contessa Angelica Kottulinsky, dama d’onore della principessa Vittoria di Savoia Soissons: “Non ho mai visto una città così ben pulita e tenuta così accuratamente in ordine come Torino; tutti i mercoledì si fa passare in tutte le strade, attraverso dei canali, l’acqua della Dora; fiume che si getta nel Po a ottocento passi dalla città; vi si spazzano dentro tutti i rifiuti; l’acqua che scorre rapidamente pulisce nello spazio di un’ora tutta la città”. Città meraviglia delle meraviglie per la giovane contessa austriaca. Città bella, ordinata e soprattutto pulita. A scapito, però – ci viene da sottolineare – del suo povero fiume, allora “a ottocento passi dalla città” e che oggi tuttavia non pare vivere tempi troppo migliori. A ricordarci l’elogio subalpino dell’austriaca contessa (cui già aveva dedicato per altro un interessante libro nel 2016) è la scrittrice torinese Giusi Audiberti, autrice di una piccola preziosa guida edita di recente da Neos Edizioni con il titolo “Guarda in su…guarda in giù nel cuore di Torino”. Come in una semplice ma suggestiva e intrigante filastrocca articolata in 80 pagine, il centro di Torino “si dispiega negli sguardi in su e in giù” attraverso “una passeggiata frizzante, attenta, storica, nel cuore della città sabauda alla scoperta di segreti e tesori nascosti”. Quelli davanti ai quali, proprio noi “turineis” (doc o d’adozione) passiamo magari tutti i giorni o anche più volte al giorno senza manco accorgercene. Quanti “nuovi” particolari di una città sicuramente fra le più belle d’Italia (“sobria e barocca, raffinata ed elegante, nobiliare e popolana”) scopriremmo ex-novo, se anche solo per un attimoalzassimo gli occhi al cielo o li abbassassimo a terra, guidati da quella saggia curiosità troppo spesso cancellata dalla malmostosa disattenzione e dal tran trandel vivere quotidiano! In questo può aiutarci la Guida di Giusi Audiberti, che è un vero e proprio “atto d’amore”, come scrive nella prefazione la giornalista Franca Cassine, che aggiunge: “tra le pagine scorre l’affetto per quei luoghi che diventano scrigni densi di ricchezze da scoprire”. Che sono proprio tante. Dal palazzo con il “piercing gigantesco” all’albergo dove soggiornò Mozart nel 1771; dal punto di piazza Castello dove fu arso sul rogo nel 1558 il pastore valdese Goffredo Varaglia all’Obelisco di piazza Savoia innalzato a seguito delle leggi Siccardi. Via via fino al luogo dove nel 1847 il maestro Michele Novaro musicò l’Inno di Mameli alla centrale piazza San Carlo dove 52 torinesi, nel 1864, vennero uccisi durante le proteste contro il traferimento della capitale. Per finire con la storia degli spartiti autografi di Antonio Vivaldi, di cui si erano perse le tracce, ricomparsi nel 1926 nell’alessandrino e ora conservati nella Biblioteca Nazionale Universitaria e conla torre circolare della chiesa di San Lorenzo, che ricordala parigina Colonne Mèdicins facendo così sorgere ildubbio che anche quella torinese fosse una torre astronomica dalla quale osservare il cielo sopra Torino. “In tempo di lockdown (ma non solo) – spiega l’autrice, che oggi si occupa anche di volontariato culturale ed é titolare di un corso di storia ‘al femminile’ all’Unitre di Torinoquesta passeggiata cittadina è dedicata a chi non sa resistere al fascino di Torino, per scoprire o riscoprire storia e storie, arte e cultura, curiosità e dettagli inediti nel centro antico della prima capitale d’Italia”.

Gianni Milani