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L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Alicia Giménez – Bartlett “Autobiografia di Pedra Delicado” – Sellerio – euro 15,00

Di Pedra Delicado, ispettrice della polizia di Barcellona e una delle detective più amate della
letteratura gialla, seguiamo le vicende da 25 anni; ma cosa sapevamo oltre al fatto che è brusca,
tenace, apparentemente molto dura, insofferente verso le ingiustizie e determinata sempre a trovare i
colpevoli a qualunque costo? Non tantissimo.
Ora finalmente la scrittrice di gialli spagnola Alicia Giménez Bartlett, ha ricomposto la sua
biografia: magnifica, accattivante, densa di significati, in cui mette a fuoco la personalità incredibile
della sua protagonista.
Molte le cose che scopriamo a partire dal passato più remoto, in capitoli che delineano il rapporto
con la madre, l’infanzia, gli studi, i rapporti con il sesso e con gli uomini della sua vita, il legame
con il viceispettore Fermín Garzón…e molto altro.
Pedra maturando e vivendo è sempre più una donna indipendente e tosta, libera, che sa quel che
vuole, femminista e progressista nei fatti e non solo a parole.
Non voglio anticiparvi troppo ma entrerete nella testa di questa eroina che transita attraverso 3
matrimoni, i primi due decisamente fallimentari «…passata da un marito padre a un marito figlio».
Promette meglio il terzo con l’architetto Marco Artigas che porta in dote 4 figli (da due ex mogli),
incontrato dopo un interregno di conquiste maschili varie, assortite e soprattutto senza impegno a
lungo termine.
Poi ci son anche le fasi della sua vita lavorativa, dagli studi di giurisprudenza e l’attività in studio
con il primo marito, all’accademia per diventare poliziotta. I primi tempi noiosi dietro alle scartoffie
e finalmente operativa sul campo dove capisce che quello è il lavoro giusto per lei.
E godetevi anche le pagine in cui racconta il suo rapporto con l’uomo più importante della sua vita,
il collaboratore Fermín Garzón, personaggio che tutti vorremmo per amico e collega.
E se poi volete dare un volto a Pedra e Fermín, andate a rivedervi su Sky la fiction con Paola
Cortellesi, diretta da Maria Sole Tognazzi.

Andrea Baiani “Il libro delle case” -Feltrinelli- euro

L’autore ha dichiarato che l’idea di questo libro è scaturita quando un signore gli ha concesso di
entrare e rivedere le stanze della casa in cui era nato, a Roma nel 1975. Da allora di domicili ne ha
cambiati parecchi e ognuno di essi è stato testimone di una fetta di vita. E’ così che Bajani ha
ricostruito la vita di un uomo- che chiama Io- attraverso le case e le stanze che ha abitato o anche
solo immaginato; come quella di nonna bambina che solo lei conosce e che ormai fa parte della sua
“necropoli interiore”.
Scivola avanti e indietro negli anni tra 1968 e 2021, recupera fotogrammi di vita nelle città in cui la
vita l’ha condotto: Roma, Torino, Parigi e Londra.
Lo rivediamo bambino affascinato da una tartaruga il cui carapace è casa e tomba, piccolo
monolocale indipendente; o in una casa di vacanza, affittata per due mesi a 100 metri dalla spiaggia.
Poi giovane studente universitario che si adatta al materasso in una casa per studenti, bohémien in
una mansarda parigina, o ancora nella casa di provincia in cui incontra la sua amante che è una
donna sposata, infine, marito in una casa borghese del nord Italia.
Attraverso stanze, mobili, suppellettili, quartieri e tranche di vissuto, assembliamo i tanti pezzi del
puzzle di Io; perché le case in cui viviamo e abbiamo vissuto fanno parte della nostra storia e
raccontano molto se le si sa ascoltare attraverso i ricordi.
Poi Bajani rivela anche il suo interesse per due gravissimi fatti di cronaca che hanno segnato il suo
immaginario. La prigionia, l’assassinio e il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro nel 1978,
rannicchiato in posizione fetale nel bagagliaio della sua ultima dimora, una Renault 4, rossa.
E il brutale pestaggio che ha ridotto in poltiglia Pasolini, il Poeta, di cui immagina le case, compresa
l’ultima.
Ma vi attendono tante altre stanze che inducono a meditare anche sui traslochi di ognuno di noi
nelle case della nostra vita.

Matsumoto Seicho “Un posto tranquillo” – Adelphi- euro 18,00

Matsumoto Seicho (nato nel 1909 e morto nel 1992 a 83 anni) è stato definito il Simenon
giapponese, non solo per aver scritto centinaia di romanzi e racconti come il prolifico scrittore
francese, ma anche per lo spessore della sua narrativa. Sebbene abbia iniziato a scrivere tardi, oltre i
40 anni, da allora non si è più fermato. L’esordio con “Tokyo Express” – sui rapporti tra malaffare e
potere- è stato successo immediato ed ora è un classico.
Invece al poliziesco si dedica alla soglia dei 50 anni, diventando il più grande autore giapponese di
crime del secolo scorso. E ben venga l’operazione della casa editrice Adelphi che lo sta pubblicando
in italiano.
“Un posto tranquillo” inizia con una morte improvvisa –quella della poco più che trentenne Eiko- e
prosegue con l’indagine privata del marito Asai che ricostruisce le ultime ore di vita della moglie,
scoprendo lati del suo carattere e comportamenti che mai più avrebbe sospettato.
Asai Tsuneo è un funzionario del ministero dell’agricoltura e il suo matrimonio con Eiko era durato
7 anni. Si erano sposati un anno dopo la morte della prima moglie, quando lui aveva 35 anni ed
Eiko 8 di meno.
Il suo cuore era sempre stato fragile e aveva già avuto un leggero infarto, ma le circostanze della
sua dipartita improvvisa, -colpita da malore mentre era in una zona di Tokyo fuori dalla rotta
classica delle sue abitudini, entrata in una profumeria per chiedere aiuto, e morta prima che un
medico potesse tentare di rianimarla- hanno una dinamica poco chiara.
E’ così che Asai cerca di risolvere il mistero ricostruendo gli ultimi istanti di vita della moglie, le
sue ultime ore, gli ultimi anni. Dapprima parte alla cieca e poi si orienta sempre meglio
raccogliendo testimonianze, ingaggiando investigatori privati e usando a volte anche l’inganno per
ricomporre l’immagine che aveva della moglie. Di più non anticipo, ma preparatevi alla suspense
dell’investigazione condotta in modo magistrale dall’autore, e a continui colpi di scena inaspettati.
Molto più che un giallo….

Adele Cavalli “Scrittrici in giardino” -Youcanprint Self Publishing. euro 15,00

Il sottotitolo è “Profumi e colori nei giardini di 10 scrittrici” ed è quello che l’autrice racconta in
queste scorrevoli 146 pagine, tra parole e immagini dei luoghi più cari di autrici immense.
​Inizia con Colette, nata in una dimora della campagna della Borgogna, che cura il suo giardino con i
capelli in disordine tenuti raccolti da ramoscelli; poi la grande Emily Dickinson nella casa di
Amherst, circondata da boschi, prati, colline e fiori, che saranno il perimetro della sua vita e la fonte
d’ispirazione delle sue poesie.
C’è l’opulenza di Sissinghurst Castle, dimora del periodo Tudor nella contea del Kent che la
scrittrice Vita Sackville West acquista nel 1930 insieme al marito. La strappa dallo stato di
abbandono trasformandola in un capolavoro di giardini tra i più visitati d’Inghilterra; una serie di
stanze a cielo aperto caratterizzate ognuna da un tema o un colore.
Con Elizabeth von Arnim –nata in Australia nel 1866 e cugina di Katherine Mansfield- entrerete
nel giardino della tenuta in Pomerania di proprietà del marito, un conte tedesco. E’ amore a prima
vista per l’immenso parco inselvatichito ed incolto che circonda la tenuta, che la scrittrice cura con
passione, trasformandolo nell’eden in cui trascorre ore in lettura, solitudine e ascolto della natura.
Le altre dimore circondate dal verde sono quelle di Marguerite Yourcenar a Petite Plaisance, Edith
Wharton, George Sand a Nohant dove casa e giardino sono in perfetta sinfonia.
E ancora il giardino danese in cui si rifugia Karen Blixen dopo aver lasciato la sua amata Africa; la
natura rigogliosa intorno al Mississippi raccontata da Eudora Welty; e per concludere Jane Austen
che non ebbe “una stanza tutta per sé”, ma in compenso visse a Chawton Cottage «casa di mattoni
rossi con finestre aperte sul giardino».

Il Premio InediTO – Colline di Torino raddoppia gli iscritti

1.244 iscritti e 1.377 opere ricevute da tutta Italia e dall’estero (USA, Giappone, Scozia, Inghilterra, Belgio, Germania, Francia, Principato di Monaco, Spagna, Portogallo, Svizzera, Lituania, Croazia) a conferma sempre più dell’internazionalità acquisita!

 

Un risultato straordinario oltre ogni previsione (record assoluto del premio che ha raddoppiato quello dello scorso anno), raggiunto dal bando scaduto a febbraio della ventesima edizione del Premio InediTO – Colline di Torino 2021, unico nel suo genere a rivolgersi a tutte le forme di scrittura (poesia, narrativa, saggistica, teatro, cinema e musica) in lingua italiana e a tema libero, con l’obiettivo di premiare autori affermati ed esordienti alla ricerca di nuovi talenti, di ogni età e nazionalità, organizzato dall’Associazione Il Camaleonte di Chieri (TO), sostenuto da Regione Piemonte, Fondazione CRT, Camera di commercio di Torino e Amiat Gruppo Iren, e supportato da una vasta rete di partner: M.E.I. (Meeting delle Etichette Indipendenti) di Faenza, Film Commission Torino Piemonte, Festival delle Colline Torinesi, Parole Spalancate di Genova, Festival della Cultura Mediterranea di Imperia, Tedacà, Indyca e AstiTeatro.

«Siamo felici per l’incredibile partecipazione – ha dichiarato lo scrittore e cantante jazz Valerio Vigliaturo direttore del premio -, dovuta sicuramente al periodo pandemico che stiamo vivendo, che se non altro qualche riflesso positivo l’ha avuto, dato che molti hanno ritrovato il tempo per dedicarsi alle proprie passioni come la scrittura, e soprattutto a sé stessi, che dovrebbe essere il nostro scopo esistenziale primario. Ma anche alla notorietà del concorso che è diventato un punto di riferimento in Italia tra i premi letterari per opere inedite, attraverso contributi alla pubblicazione, promozione, produzione e diffusione conferiti ai vincitori che non vengono abbandonati al loro destino ma sono sostenuti e accompagnati verso il mondo dell’editoria e dello spettacolo».

finalisti saranno annunciati giovedì 8 aprile ore 18:30 per mezzo di una diretta streaming dalla pagina Facebook del premio, realizzata in collaborazione con il Festival “I Luoghi delle Parole” di Chivasso (TO), che sarà seguita quindi da migliaia di concorrenti e persone, e presentati successivamente con il coinvolgimento delle città e delle biblioteche del circuito SBAM che sostengono all’iniziativa (Torino, Chieri, Moncalieri, Chivasso, Rivoli). Il concorso proseguirà la sua corsa fino alla meta finale della premiazione si svolgerà a maggio dal vivo (in una sede ancora da definire), attraverso la proclamazione dei vincitori che riceveranno i premi previsti dal montepremi di 7.000 euro e quelli speciali (dedicati ad Alexander Langer, Giovanni Arpino, ideati con la Città di Torino, “Borgate Dal Vivo”, “Routes Méditerranéennes”, “InediTO RitrovaTO” attribuito lo scorso anno a La ballata del 25 aprile di Alfonso Gatto, e “InediTO Young” in collaborazione con Aurora Penne), nonché un reading dedicato alle opere dei vincitori (cui hanno partecipato in passato, gli altri tanti, Giorgio Conte, Franco Branciaroli, Eugenio Finardi, David Riondino, Francesco Baccini, Alessandro Haber, Laura Curino, Gipo Farassino, Arturo Brachetti, Rita Marcotulli, David Riondino, Red Ronnie e Lella Costa). Mentre, in collaborazione con il Salone OFF, sono stati ospitati a Chieri gli scrittori Marc Augé, Andrea Vitali, Giuseppe Catozzella e Michela Marzano (diventata giurata del premio).

Il Comitato di Lettura presieduto dal poeta Valentino Fossati ha ricevuto tutte le opere per la selezione e individuato entro marzo, secondo i parametri di valutazione del concorso, le migliori da sottoporre alla valutazione della Giuria presieduta dalla scrittrice Margherita Oggero e formata da: Milo De Angelis, Maria Grazia Calandrone, Enrica Tesio, Sacha Naspini, Marco Lupo, Valentina Maini, Michela Marzano, Massimo MorassoElisabetta Pozzi, Emiliano Bronzino, Alice FilippiPaolo Mitton, Teresa De SioWillie Peyote e dai vincitori della passata edizione, tra i quali Alfredo Rienzi, Renato Gabrielli e Lisbona.

Tra gli autori vincitori e menzionati che sono stati lanciati e si sono affermarti in queste edizioni nelle varie sezioni ricordiamo: Sacha Naspini (diventato da questa edizione giurato del premio), Daniela Raimondi, Zibba, Carlo F. De Filippis, Chiara Canzian (figlia di Red Canzian dei Pooh), Daniele Ronda, William Lyons (di Rathmines, Dublino), Roberta Giallo, Giampaolo Spinato, Thomas Tsalaptis (di Atene) e Licia Pizzi (selezionata al Premio Strega 2019 con il romanzo Piena di grazia pubblicato da Ad Est dell’Equatore grazie al contributo del premio).

I dettagli degli iscritti alla ventesima edizione:

153 gli autori che concorrono a più sezioni, alcuni anche a tre e quattro, 29 le opere scritte a quattro mani e 1 persino a dieci mani, mentre diversi autori si sono già iscritti a edizioni passate giungendo finalisti o ricevendo menzioni. 372 le opere iscritte alla sezione Poesia (27%, rispetto alle 146 del 2020), 300 alla Narrativa-Romanzo (22%, rispetto alle 197, del 2020), 283 alla Narrativa-Racconto (20%, rispetto alle 159 del 2020), 65 alla Saggistica (5%, rispetto alle 24 del 2020), 189 per il Testo Teatrale (14%, rispetto alle 107 del 2020), 77 per il Testo Cinematografico (5%, rispetto alle 24 del 2020) e 95 per il Testo Canzone (7%, rispetto alle 36 del 2020). La Poesia torna a essere la sezione con più iscritti, triplicando quasi le opere come la Saggistica, il testo Cinematografico e il Testo Canzone, e la crescita esponenziale dei copioni teatrali da 107 della scorsa edizione a 188, e dei romanzi da 197 della scorsa edizione a 300!

669 sono gli uomini (54%), mentre 579 le donne (46%). Gli iscritti minorenni e degli operatori minori legati a scuole e laboratori teatrali sono 34 (3%), i quali potranno ambire a ricevere il premio speciale “InediTO Young” (in collaborazione con Aurora Penne) e non hanno pagato la quota d’iscrizione insieme a 17 diversamente abili e 4 detenuti ed ex detenuti. I partecipanti dai 18-30 anni sono 286 (23%); dai 31-40 anni sono 239 (19%); dai 41-50 anni sono 260 (21%); dai 51-60 anni sono 218 (17%); gli over 60 sono 211 (17%), quindi la maggioranza ha un’età compresa tra i 30-60 anni (55%). 614 sono nati al nord (51%), 271 al centro (22%), 335 al sud (27%), con un aumento degli iscritti nati nel sud Italia rispetto alla passata edizione. 115 autori sono nati a Torino e 342 in provincia di Torino, mentre 113 risiedono a Torino e 187 in provincia di Torino.

Infine, sono 20 gli iscritti nati all’estero (India, Canada, Venezuela, Argentina, USA, Iran, Libia, Marocco, Kenya, Olanda, Belgio, Germania, Francia, Austria, Svizzera, Albania), 30 i residenti (USA, Giappone, Scozia, Inghilterra, Belgio, Germania, Francia, Spagna, Svizzera, Lituania, Croazia), 7 quelli nati e residenti  (Canada, Somalia, Belgio, Francia, Spagna, Portogallo, Svizzera), e uno domiciliato in Inghilterra, che si sono trasferiti per studiare o lavorare, per un totale di 58 autori, a conferma sempre più dell’internazionalità del premio!

La Biblioteca civica Arduino propone le recensioni degli utenti

Da ora in avanti, i consigli di libri e film arriveranno dagli utenti: la biblioteca civica Arduino ospiterà le loro recensioni sulla sua pagina facebook @bibliomonc, pubblicandole in corrispondenza con l’appuntamento settimanale del Venerdì dello scrittore.

Il Venerdì dello scrittore è l’appuntamento ormai consolidato del venerdì pomeriggio alle 18, con la proposta ogni settimana di una diversa pillola video, in cui un nuovo autore presenta una propria opera (nel prossimo, venerdì 2 aprile, saranno protagonisti Maurizio Allegranza e il suo approccio #greenthink all’abitare).

Era un po’ che accarezzavo questo progetto, e ora siamo partiti. Credo molto nel dare la parola ai nostri utenti, conformemente a una visione ‘inclusiva’ del ruolo delle biblioteche sul territorio – spiega soddisfatta l’assessore alla Cultura Laura Pompeo – che vede in esse un presidio di cultura fondamentale e uno spazio pubblico prezioso, da tutelare in tutti i modi”. Si promuove il valore della lettura e, insieme, si alimentano i legami tra gli utenti e il servizio: “Io stessa ho già iniziato, pubblicando una decina di recensioni che spaziano dai classici a nuove uscite, dai libri per bambini ai saggi. Invito tutti i nostri utenti e lettori a fare altrettanto, facendo dono a tutti di suggestioni e titoli per loro significativi”.

La Grande Regata, avventura salgariana tra le onde del lago d’Orta

L’associazione “I Lamberti” di Omegna, ispirata all’opera di Gianni Rodari, ha dato alle stampe in collaborazione l’editore Mnamon il volume  La Grande Regata di Sergio Agnisetta (alias Yanez de Gomera), un romanzo grafico scritto e illustrato all’acquerello tra il 1944 e il 1948. L’autore, noto medico e velista, era coetaneo e compagno di classe alle elementari di Gianni Rodari.

Un libro molto bello e curioso, composto di 174 pagine la metà delle quali illustrate in formato A4 . Una strenna che conclude degnamente le manifestazioni dell’anno rodariano durante il quale – pur con le limitazioni imposte dall’emergenza sanitaria conseguente alla pandemia da Covid – sono stati ricordati il centenario della nascita ( che coincideva con quello dello stesso Agnisetta) e il quarantesimo della scomparsa del grande scrittore omegnese. La Grande Regata è una storia di matrice salgariana ambientata sul lago d’Orta, magicamente trasformato nei mari solcati dai prahos di pirati e tigrotti della Malesia che  s’inseguono e si danno battaglia tra mille avventure. I protagonisti sono lo stesso Agnisetta, in arte Yanez, e molti personaggi omegnesi trasformati negli eroi resi immortali dal più grande scrittore italiano di romanzi d’avventure: dal dentista Gualtiero Ripamonti all’industriale Massimo Lagostina, dal farmacista Giorgio Lapidari al notaio Giancarlo Bertoli, dalla professoressa Carla Ferrari all’impiegata e pittrice Nanda Cane. Scritto e illustrato dal medico e primario dell’ospedale cusiano della “Madonna del Popolo” in gioventù durante gli studi di medicina è una sorta di antesignano dei moderni graphic novel. La storia è ambientata nel 1843 e racconta le peripezie di una fantomatica gara di corsa a vela intorno al mondo, vinta dal praho di Yanez ai danni del misterioso uomo mascherato. In realtà quella regata si svolse sul Lago d’Orta (forse una Omegna-Orta-Omegna), probabilmente poco prima della guerra. Vi sono delle evidenti, e di sicuro volute, incongruenze sia nello scritto sia nei disegni: ad esempio, nel 1843 non esistevano le cabine telefoniche né i microfoni, né altre apparecchiature elettriche che talvolta compaiono; le barche sono per lo più di fattura moderna: le due che si contendono il traguardo finale sono degli odierni beccaccini, sullo sfondo del Lago d’Orta visto da Omegna, con l’aggiunta di un faro sulla Punta di Crabbia. Sergio Agnisetta, negli spazi di tempo libero ritagliati tra gli impegni imposti dal giuramento di Ippocrate, oltre alla passione per la vela ( ambiente dove era conosciuto con l’appellativo di Yanez), si dedicò anche al disegno e alla pittura. Le illustrazioni all’acquerello,le straordinarie somiglianze dei personaggi ne testimoniano la straordinaria abilità artistica  che l’autore accompagnava con la sua fervida fantasia. L’associazione culturale ‘I Lamberti’, nata alcuni anni fa prendendo spunto dal noto romanzo di Rodari “ C’era due volte il barone Lamberto”, ha già promosso molte attività culturali, distinguendosi nel non facile compito di  promuovere la riscoperta e l’approfondimento della storia e dei personaggi del territorio attorno al lago d’Orta. Il volume è acquistabile presso il Forum Shop di Omegna e il prezzo di copertina è di 35 euro.

Marco Travaglini

Un nuovo libro di Bruna Bertolo sulle donne e la follia

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni /Il tema della follia mi ha sempre molto turbato, pur non avendo fortunatamente  mai avuto contatti con situazioni, anche solo comparabili con essa.
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Ricordo però con turbamento la storia di un nostro contadino  sfociata in un ricovero da cui non uscì vivo. Ero bambino, ma le parole dei grandi mi lasciarono ricordi che non ho mai dimenticato.
Va detto che la malattia mentale è stata una dura  e costante realtà nei secoli  – sarebbe inevitabile il contrario- e continua a serpeggiare anche nella società d’oggi. Il modo in cui essa venne affrontata nel passato  va storicizzato come tutto il resto, va cioè  capito e valutato, sforzandoci di evitare giudizi sommari che sono l’esatto opposto della storia il cui compito è quello di “intelligere”. La psichiatria contemporanea è invece una materia che forse più di ogni altra si è prestata ad interpretazioni politiche che poco storicizzano il dramma della follia.
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Se rimaniamo a Torino, la costruzione per iniziativa di Carlo Alberto (che pochi conoscono come re riformatore) del Regio manicomio di via Giulio
rivela un’attenzione indiscutibile ad un problema medico e sociale grave. E ci sarebbero tante altre osservazioni che non danno ragione a chi ha finito di ridurre un problema drammatico molto complesso al nome di un noto psichiatra che ispirò una legge che decise la chiusura dei manicomi alla fine degli anni Settanta del secolo scorso  L’aver avuto nel Piemonte tardo ottocentesco e positivista un’egemonia che non esiterei a definire soffocante, da parte di Cesare Lombroso, celebratissimo scienziato,  ha sicuramente avuto anche  delle ripercussioni nefaste che hanno imperversato non solo nel campo della medicina.
Tornando a tempi recenti,   io ricordo con piacere gli psichiatri Fiorentino Liffredo,  Mario Fulcheri, Donato Munno, tutti e tre miei cari amici, che non ebbero forse la notorietà che meritavano , ma io non posso dimenticare che la loro disponibilità umana verso il malato di mente non si lasciò condizionare da militanze che sentivano intimamente incompatibili con il loro essere medici. Altri preferirono fare scelte diverse ed ebbero tutto sommato in Piemonte una notorietà abbastanza relativa. Si tratta di persone degnissime ed anche coraggiose  e benemerite, da cui però mi sento lontano.
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La legge a cui tutti fanno riferimento,  è quella intitolata al mai abbastanza celebrato Basaglia che certo pose fine a situazioni inumane e “medievali“ intollerabili , senza tuttavia prevedere delle alternative percorribili. Il dramma di molte famiglie che convissero con dei congiunti malati di mente resta un grumo di quella storia penosa e terribile che non può essere trascurato.
Bruna Bertolo nel suo documentatissimo libro “Le donne e la follia in Piemonte“, edito da Susalibri, ricostruisce la storia delle donne ricoverate negli ospedali psichiatrici piemontesi, dopo un lavoro di tre anni di ricerca. Era un lavoro che mancava.

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La realtà che balza fuori dal libro  è una storia fatta anche di miseria e di arretratezza della società e della cultura medica del tempo. Sarebbe stato un grave errore fare dell’anacronismo storico ,giudicando con i criteri di oggi la realtà di ieri e dell’altro ieri, come hanno fatto spesso coloro che si sono occupati  giornalisticamente di questi temi. Il libro di Bruna Bertolo scava nella storia di tante donne, interessata in primis alla situazione umana perché la malattia mentale, più che altre patologie, fa risaltare questa situazione.  Tra le storie di donne anonime abbandonate dalle famiglie che non erano comunque in condizione di offrire nessuna cura (non dobbiamo mai dimenticare che l’Italia fino agli anni Sessanta del secolo scorso era un Paese povero prima di dare giudizi etici), balzano all’attenzione quelle di donne in qualche modo note come la moglie dello scrittore Emilio Salgari che l’autrice tratteggia con maestria. Ma è la vicenda umana delle tante donne fino ad ora dimenticate quella che dà al libro un valore storico corale e gli conferisce un’alta dignità morale. Oltre al manicomio di via Giulio, il libro offre un ampio e dettagliato resoconto dei manicomi di Collegno, Savonera , Racconigi,Grugliasco. Un grande interesse ha il capitolo dedicato alla struttura denominata “Casa di convalescenza per le dimesse dal manicomio” creata per le donne considerate “guarite” dalla malattia.

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Il capitolo dedicato a Grugliasco e il fascismo ha una particolare valenza storica perché il manicomio durante il fascismo ( e in verità non solo durante il Ventennio ) venne usato, sostiene l’autrice , come strumento per affrontare la devianza,  il dissenso, il
“disturbo “attraverso una rigida applicazione della legge giolittiana del 1904 che rimase in vigore fino al 1978  La causa delle tante situazioni  situazioni negative, che il libro riporta con dovizia di documentazione e’, a parere  dello scrivente, il permanere ben oltre il fascismo la legge Giolitti  degli albori del secolo , frutto di una cultura medica e giuridica riconducibile al secolo precedente . Il vero scandalo è questa sopravvivenza del tutto ingiustificata sotto qualunque punto di vista che chiama in causa per intero la classe politica che fece la Costituzione , ma dimenticò di applicarla ad una fascia debole e indifesa di cittadini . L’opera della Bertolo ci porta in evidenza  lo strazio dell’elettroshock e cosa accadeva nei manicomi degli anni Sessanta e Settanta del
Novecento.  Qualche grave responsabilità politica locale e nazionale ed anche medica ci sembra inevitabile  evocarla .Annibale Crosignani ha denunciato il comportamento indegno di alcuni medici in servizio nei manicomi che avrebbero meritato il licenziamento immediato  e la radiazione dall’Ordine.

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Mi è piaciuto leggere che la Bertolo abbia citato l’Assessore alla Sanità del Comune di Torino e medico di chiara fama Filippo Franchi, che era ben consapevole della gravità della situazione di via Giulio e premeva per cambiare . Filippo Franchi era un liberale che aveva capito – me lo
disse una volta nel 1968 – che la legge del 1904 era già illiberale quando nacque ed ora era diventata anche una ”legge inumana“.

La Pandemia non è solo emergenza sanitaria

La Pandemia è una creatura mitica “una costruzione collettiva in cui diversi saperi e svariate ignoranze hanno lavorato nell’apparente condivisione di un unico scopo’’ realtà molto più complessa di una emergenza sanitaria 

 

Una sorta di cospirazione umana all’inettitudine sapiente. Così l’incipit dell’ultimo saggio di Alessandro Baricco ( ‘’ Quel che stavamo cercando ’’ Feltrinelli 2021 , pagg. 33, euro 4 già in pdf  2020).  Pamphlet a metà strada tra il j’accuse e la cronologia critica degli eventi, amara riflessione sulla condizione del cittadino resiliente postpandemico. L’opera dello scrittore torinese tenta una difficile ibridazione tra la narrazione e il saggio sociologico in stile neofrancofortese. Si cercano le cause e gli effetti del covid19 nella morale, nella tecnè decaduta a innovazione sterile, di una scienza epistemologicamente incapace di fronte al Moloch della macrotragedia collettiva, che il Pianeta sta vivendo e forse rivivrà. Punizione divina, abbassamento della soglia minima della morale ( Theodor Adorno ), disattenzione medica o semplice ‘eterno ritorno’ . L’autore non sa darne una risposta univoca perché in oggettività non esiste. Turbocapitalismo ( Diego Fusaro). Tribecapitalismo cibernetico-commerciale. Povertà degli animi e delle masse sempre più impoverite, che alla fine ci presenteranno il conto, questo si. Anche come cauzione. Per riscattare il consumismo materialista, di cui esse sono le prime vittime, corporali ed etiche. Accelerazione degli stili di vita, dell’obsolescenza digitale del software e dell’hardware etico. ‘’Civiltà’’ del tweet e del motteggio beota del Mega Gioco telematico.  Uomini e donne sottratti dai lockdown policromatici alla visibilità interattiva, trasmigrano da ectoplasmi civili in zombie sociali, messaggi in bottiglia, sottratti al normale fluire dello spazio-tempo psichico e dello spazio tempo-fisico, affidati al mare in tempesta dell’autocoscienza di precarietà. Che non è più salariale o reddituale o almeno non solo, ma l’incedere del tutto per l’incerto. Incerto ermeneutico del senso, angoscia kierkegaardiana e regressione psicologica nell’ edonismo difensivo e infantile, rifugio nell’effimero, antiideologia di cui le 33 pagine del testo rimandano agli anni del Cristo salvifico ( sola risposta suggerita sotto traccia?! ) o dell’Anticristo di un Soloviev. Ma non nella fine del mondo secondo Baricco del tutto ridicola e agitata ad hoc a seconda che ci vadano male o bene le cose.  Non nell’Armageddon della lotta finale tra istanze etiche e amorali o malefiche, ma il trucco sta nel chiedersi se in una società moderna e tecnologicamente avanzata, la morale abbia ancora un significato o no. Di rinuncia, di buon senso, di fare un passo indietro necessariamente debole e non Lebole. ‘’Oggi a me e domani a te e la lotta per il panino’’, lasciamoli per una volta per un x di tempo, anche infinitesimale fuori dalle nostre menti, dai nostri cuori-pratici. E un amore qualsiasi agapico per un lettore credente o pagano relazionale o entrambi sono la ‘’soluzione’’. Per i più volitivi o per più Fortunati. Saranno la sola domanda. Risposte non ce ne sono, neanche ‘’deboli ’’.

Aldo Colonna

“La voce dei libri” A Chieri un progetto per gli ospiti delle RSA

La lettura, un volto e una voce narrante per alleviare la solitudine di quanti, più di altri, hanno provato e provano l’enorme macigno del “sentirsi soli” in questi terribili mesi di pandemia.

E’ rivolto a loro, agli ospiti delle RSA di Chieri, il progetto “La voce dei libri”, attivato dalla locale “Biblioteca Civica”, in collaborazione con le Case di Riposo “Orfanelle” e “Giovanni XXIII”.

L’iniziativa consiste nel trasmettere ai due istituti di cura per anziani , due volte alla settimana, video e audio, della durata di circa 15-20 minuti, nei quali un bibliotecario, per far compagnia agli ospiti, legge brevi racconti e, prossimamente, anche classici della letteratura, esposti in modo sintetico. “In considerazione del protrarsi del periodo di emergenza sanitaria e del conseguente isolamento a cui gli anziani ospiti sono costretti per preservare la propria salute – spiega Silvia Basso, direttrice della Biblioteca Civica- abbiamo pensato di far sentire la vicinanza della Biblioteca e della Città, proponendo una modalità di interazione sicura e, nello stesso tempo, utile a far sentire meno soli gli ospiti delle nostre strutture. Siamo felici che i rispettivi direttori dei due istituti, la dottoressa Paola De Nale e il dottor Federico Fenu, abbiano accolto con entusiasmo questo progetto”.
Videoletture ed audioletture potranno così essere proposte agli ospiti nei momenti più adeguati; sia durante i tempi di svago collettivo negli spazi comuni, sia per accompagnare le ore di solitudine dei soggetti costretti alla quarantena dopo il rientro da un ricovero. “ Si tratta di un progetto- commenta l’assessore alla Cultura e alla Biblioteca Antonella Giordano- che conferma l’attenzione dell’amministrazione nei confronti dei soggetti più fragili, come sono i nostri anziani. Le Rsa hanno pagato un prezzo drammatico alla pandemia, e tuttora, nonostante tutti gli ospiti e il personale siano vaccinati, permane l’isolamento rispetto all’esterno e la solitudine. Nelle scorse settimane abbiamo messo a disposizione delle due Rsa chieresi le ‘stanze degli abbracci’, ora, grazie ai nostri bibliotecari, portiamo la voce dei libri, sperando così di regalare loro serenità e speranza”. E di certo preziose “vitamine” per la mente. Che la lettura offre con ampia generosità. Diceva Rita Levi Montalcini, Premio Nobel per la Medicina 1986: “Ho perso un po’ la vista, molto l’udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso che quando avevo vent’anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente”.

g. m.

I libri più letti e commentati a Marzo

Le proposte più interessanti del nostro gruppo questo mese riguardano un romanzo grafico, premiato e già considerato un classico, come Asterios Polyp di David Mazzucchelli (Coconino Press); il romanzo storico Quando le anime si sollevano (Alet Edizioni), dello scrittore americano Madison Smart Bell, che racconta l’epopea del Napoleone nero Toussaint Loverture; ultima segnalazione per la splendida raccolta di Ann Sepolveda Favole moderne per crescere bambini intelligenti (Edicart), una lettura semplice ma stimolante e affascinante, in grado di piacere a piccoli e grandi.

La nostra guida alla scoperta delle case editrici indipendenti questo mese ci porta a conoscere LEF, acronimo di Libreria Editrice Fiorentina, fondata nel 1902 e da sempre punto di riferimento per la promozione di una cultura ecologista profonda, condivisa da cattolici e laici, identificata dal pensiero profetico di autori come Don Milani, La Pira, Fukuoka, Wendell Berry, Ivan Illich, Vandana Shiva; oggi più che mai LEF è all’avanguardia nella dinamica convergenza fra fede, spiritualità, ecologia, umanesimo e sacralità della natura sotto la guida di Giannozzo Pucci (QUI potete leggere l’intervista che ci ha rilasciato) che ha mantenuto l’impegno cattolico, sociale e fortemente ecologista senza tralasciare l’interesse per le tradizioni popolari:  dal 2004  LEF pubblica  “L’ecologist italiano“, redazione italiana di “The ecologist“, la prima rivista ecologista fondata da Edward Goldsmith nel 1970. La Lef ha mantenuto vivo lo spirito delle collane del suo passato che ne hanno fatto la storia e il prestigio rendendole attuali con un messaggio mai scontato o banale.

Tra i grandi nomi e i titoli fondamentali dell’editore si segnalano soprattutto le pubblicazioni di Giorgio La Pira e Don Milani, la collana di agricoltura naturale “Quaderni di Ontignano” diretta da Giannozzo Pucci (Masanobu Fukuoka, “La rivoluzione del filo di paglia” e altri), la collana teologica “Ricerca del Graal” che ha raccolto documenti di spiritualità universale.

 

Incontri con gli autori

Questo mese, in collaborazione con il sito  Novità in libreria.it, il nostro staff ha intervistato Giuseppe Scarimbolo che racconta ai lettori come è nata l’idea del suo romanzo  Tiflis – Un giorno di pioggiaCarlo Moiraghi, per parlare con lui di Giallo Indiano (Noi Edizioni), Teresa La Scala, autrice di Spruìgno e Paola Poli, che racconta la genesi di Le ventuno lune di Guna (Noi Edizioni).

redazione@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Per questo mese è tutto,  vi invitiamo a venirci a trovare sul nostro

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Oltre il Muro. Un libro per capire il mondo trent’anni dopo il 1989

Oltre il Muro 1989-2019  è il secondo libro pubblicato  nella collana Attraversare il tempo edita da Falsopiano e promossa dall’Isral, l’Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea di Alessandria.  La pubblicazione, curata da Luciana Ziruolo – direttrice dell’Istituto e storica – raccoglie le suggestioni e i temi sviluppati durante la giornata di studi svoltasi  il 6 novembre 2019 nella Sala Convegni della Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona.

Con la caduta del Muro nel 1989 e la dissoluzione dell’Urss nel 1991 si sovvertì il quadro geopolitico mondiale. Finiva della Guerra fredda e tramontava l’arduo equilibrio del bipolarismo, l’intero ordine mondiale si dissolveva dopo una lunga e logorante guerra di nervi e diplomazie, segnata dalla folle ricorsa tesa a rafforzare arsenali bellici sempre più distruttivi e sofisticati che non potevano essere usati pena lo sterminio nucleare. A trent’anni di distanza ci si trova di fronte ad una complessa  disarticolazione dell’ordine internazionale che rende sempre meno convincenti e possibili le premesse di un mondo pacificato. Sulle pagine de Il Corriere della Sera, lunedì 1 luglio 2019, lo scrittore triestino Claudio Magris che ha affrontato il tema delle frontiere in molte sue opere di narrativa e saggistica, riflettendo sui nuovi muri che si stavano erigendo nel mondo, scriveva “quando ero ragazzino la frontiera, vicinissima, non era una frontiera qualsiasi, bensì una frontiera che divideva in due il mondo , la Cortina di ferro. Io vedevo quella frontiera sul Carso, quando andavo a passeggiare e a giocare. Dietro quella frontiera c’era un mondo sconosciuto, immenso, minaccioso, il mondo dell’Est”. Un mondo che, come in un grande gioco del domino, cadrà pezzo su pezzo dopo il crollo del muro che divideva Berlino Est da Berlino Ovest. Una transizione di portata vastissima, quasi sempre incruenta a parte ciò che avvenne in Romania, unico paese del Patto di Varsavia nel quale la fine del regime di Ceausescu avvenne in modo violento.

L’intento del  libro è di  provare a decifrare e a interpretare il 1989 e il suo portato, una questione che non riguarda solo l’Europa centro-orientale dell’ex blocco sotto il dominio sovietico  ma che attraversa l’intero spazio europeo e mondiale. Un lavoro importante che si avvale dei contributi di storici e ricercatori come Antonio Brusa, Luigi Bonanate, Alberto De Bernardi, Antonella Ferraris, Carla Marcellini, Dario Siess e la stessa Luciana Ziruolo.

Corredato da interessanti rimandi bibliografici e sitografici e un apparato di mappe e immagini che aiutano i lettore a capire meglio ciò che accadde a partire da quell’anno che cambiò la storia fino ai giorni nostri, dal momento che vennero  ridisegnate le carte geografiche e i confini mentali, si riunì l’Europa ( iniziando dalla Germania) fino alla sfide democratiche dell’oggi, all’idea di unione europea e di democrazia con le quali facciamo i conti tutti i giorni, non senza difficoltà. Di grande interesse anche la parte delle proposte dedicate al mondo della scuola, con i lavori impostati sulle immagini, i film ( dal Cielo sopra Berlino di Wenders a Good Bye,Lenin fino a Il ponte delle spie di Spielberg), la playlist musicale con Lou Reed e il suo concept album Berlin, i Pink Floyd del celeberrimo Another brick in the Wall, l’indimenticabile David Bowie di Heroes e i nostri Battiato di Alexanderplatz e i CCCP di Ferretti e Zamboni con il live in Pancow.

Marco Travaglini

Quelle lettere dal passato che riaprono la storia

“Lettere dal Confine Orientale” è l’ultima fatica letteraria della scrittrice torinese Maria Teresa Rossitto, edita per Parallelo45

Segue la sua prima opera, il libro di racconti ‘Vite Sospese’ del 2011 ed il romanzo ‘Schopenauer 24’ nel quale una teoria del filosofo tedesco viene ad essere il fondamento principale del movente di un giallo ambientato nella Torino bene del quartiere Crocetta.

‘Lettere dal Confine’ orientale, invece, è una storia di fantasia ma che si muove sullo sfondo reale del dramma del dopoguerra causato dell’esodo degli istriani, giuliani e dalmati. Vengono narrate le vicende di una profuga istriana che vive per moltissimi anni tra Bologna e Ferrara senza conoscere le origini de suoi genitori. Ad un certo momento, negli anni Novanta del secolo scorso, viene chiamata a Lubiana per un’apertura di un testamento e in quella occasione apprende di avere un padre sloveno, notaio, ed una madre, profuga di Pola. Pertanto ritorna nella città della mamma, riscopre tutta la vicenda degli esuli e quello che alla madre era capitato. Troverà in quello che resta della vecchia casa delle lettere e da lì riuscirà a capire. Il romanzo si conclude con due capitoli molto forti, nei quali l’autrice ricostruisce due vicende vere. E’ un libro che vuole cercare di coprire il vuoto di conoscenza sul dramma degli istriani e aiutare ad ampliare la memoria di quel difficile periodo storico. “L’idea di parlare dell’Istria – dice Maria Teresa Rossitto – mi è venuta avendo una forte suggestione vedendo un video sulla città di Pola e da lì ho approfondito la vicenda degli istriani e di quanto era accaduto”, un ricordo storico che non è di destra, né di sinistra ma un fatto accaduto dal quale non si può prescindere. E’ sicuramente un romanzo interessante, ricco di suggestioni, ben scritto che merita senza’altro di essere letto ed è occasione di meditazione su alcune brutture della storia.

Massimo Iaretti