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L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Maurizio de Giovanni “L’equazione del cuore” -Mondadori- euro 19,00
Questo è il libro che de Giovanni voleva scrivere da tempo, con un personaggio nuovo sospeso tra logica ferrea e un’umanità seminascosta. E’ il professore di matematica in pensione Massimo De Gaudio, vedovo un po’ misantropo, taciturno e solitario. Vive a Solchiaro “un’isola nell’isola”, in una casa appartata a Procida, nel Golfo di Napoli, che ama soprattutto in inverno quando scompaiono i fastidiosi turisti. Ama godersi la bellezza del mare, pescare in santa pace, vivere con i suoi ricordi e pensieri. Ha un’unica figlia, Cristina, sposata ad un ricco imprenditore del nord; tra il padre e la donna qualche veloce telefonata e spizzichi di vacanze condivise quando lei lo raggiunge con il figlio di 9 anni, Francesco detto Checco. Momenti preziosi in cui il nonno diventa l’eroe del nipotino, al quale insegna a pescare spiegandogli i dettagli della lotta tra preda e predatore. A spezzare i ritmi abitudinari di Massimo è la notizia che figlia e genero sono morti sul colpo in un incidente d’auto; a bordo c’era anche Checco, ora ricoverato in ospedale, operato d’urgenza, in coma e sospeso tra vita e morte. Addio tranquillità e ordine, Massimo lascia il suo rifugio -spera solo temporaneamente-, sale al nord ed affronta la dura realtà.
E come riesce a farlo? Ricorrendo al solo ordine che conosce, quello dei numeri, ai quali ricorre per arginare anche le emozioni; lui che delle tovaglie dell’osteria conta i quadretti e posiziona il bicchiere sempre in un punto calcolato e preciso. Mentre il nipote lotta per sopravvivere nel reparto di terapia intensiva, il nonno nutre dubbi sull’inspiegabile dinamica dell’incidente. Soprattutto scopre di essersi perso gran parte della vita della figlia; una distanza emotiva prima ancora che fisica.
Deve anche fare i conti con il fatto che il bimbo sia l’unico erede di una colossale fortuna dalla quale dipende il benessere dell’intera zona. I medici non sono in grado di fare previsioni in merito alla sopravvivenza di Checco, tantomeno sulle condizioni in cui potrebbe risvegliarsi. De Gaudio, che sogna di tornarsene al mare quanto prima, potrebbe diventare il tutore del nipote e deve confrontarsi con una serie di personaggi legati all’azienda del genero e alle opere umanitarie della figlia. Con persone come la baby sitter del nipote –la protettiva affezionata Alba- e la migliore amica della figlia. E pagina dopo pagina emergono segreti e correnti sotterranee che spiegano molte cose……

 

Karina Sainz Borgo “La custode” -Einaudi- euro 18,00
E’ il secondo romanzo della giornalista e scrittrice venezuelana, nata a Caracas nel 1982, che vive in Spagna da 12 anni. Ed è di una struggente bellezza, che ha a che fare con la pietà verso i morti, ambientato in una sanguinosa terra di confine tra Colombia e Venezuela.
La storia ruota intorno a una donna che a Mezquite si fa carico di seppellire i cadaveri abbandonati dei migranti. E’ Visitación Salazar, della quale Karina Sainz Borgo apprese l’esistenza leggendo un reportage; decise di rintracciarla e ci riuscì grazie all’aiuto di un amico che aveva lavorato per la Croce Rossa in quella zona.
La raggiunge e trascorre del tempo con lei, ne scopre la natura profonda e magnifica, la missione che diventa il suo motivo di vita: dare sepoltura a chi non ha terra, con una compassione rara nelle storie di “los caminantes”, intrise di disumanizzazione lungo le frontiere dove sei un fuggitivo o un cadavere. Visitación si oppone a tutto questo ed è la custode del raffazzonato cimitero illegale il Terzo Paese, nel quale consegna corpi e ossa all’eterno riposo in nicchie di blocchi che lei stessa cementa in modo rudimentale o sotto palate di terra, poco più che fosse comuni, ma con l’aggiunta di indicazioni per segnare dove sono i resti dei disperati. I primi capitoli del romanzo sono folgoranti. Angustias, voce narrante, è una giovane donna alla quale sono morti tra le braccia due gemellini nati da poco: «Lasciarono questo mondo nello stesso ordine in cui c’erano arrivati. Prima Higinio, poi Salustio…Li avvolgemmo negli asciugamani e li trasportammo così finché non rimediammo delle scatole. Erano talmente piccoli che ne sarebbe bastata una». Angustias, con il suo carico di morte, va alla ricerca della donna che avrebbe seppellito i suoi figli e le avrebbe insegnato a sotterrare quelli degli altri. Non è solo finzione letteraria perché la Sainz Borgo è stata testimone di quanto avveniva e tutt’ora accade alla frontiera. Ha partecipato lei stessa alla sepoltura di cadaveri abbandonati ed ha visto davvero una giovane che portava con sé i suoi gemelli nati prematuri e chiusi in una scatola da scarpe. Da lei nasce la protagonista Angustias, che abbandonata dal marito -in questo libro gli uomini sono spesso codardi- decide di restare con Visitacion, aiutarla nella sua missione di custode dei morti, di essere sua alleata contro i soprusi del possidente più ricco della zona e del suo pericoloso braccio destro….

 

Enrico Rotelli “L’America è un esperimento” -La nave di Teseo- euro 18,00

Giornalista e scrittore, Enrico Rotelli, è stato assistente di Fernanda Pivano, della quale ha anche curato i volumi dei diari, inoltre è coautore di libri autobiografici di grandi nomi come Valentina Cortese, ed ha seguito svariati progetti editoriali. Il sottotitolo “Scrittori e storie degli Stati Uniti” anticipa le pagine che seguono, nelle quali scopriamo come si raccontano alcuni grandi autori nelle interviste concesse al giornalista tra 2015 e 2020. Gran parte è stata pubblicata su “La lettura” del Corriere della Sera, ed ora Rotelli le ha raccolte in 200 pagine.
Una carrellata che incanterà gli amanti della letteratura nordamericana; ma di notevole interesse anche per chi vuole riflettere sui grandi temi di attualità (o pure antichi) insieme ad attenti autori contemporanei. Rotelli ha dialogato con 23 scrittori a stelle e strisce tra i più interessanti, da Premi Pulitzer famosi ad altri meno noti oltreoceano: tutti però con un occhio particolarmente sensibile ed acuto che mette a fuoco svariate realtà. Il giornalista ha avuto la fortuna di lavorare per 5 anni (fino al 2009 anno in cui è morta) al fianco dell’immensa Fernanda Pivano che è stata l’artefice della scoperta in Italia di grandi scrittori americani, prima quasi ignoti da noi e mai tradotti. Insieme a lei ha percorso in lungo e in largo New York, ed ha incontrato molti protagonisti della scena culturale. Non perdetevi l’introduzione di questo libro dedicato “a Nanda” in cui Rotelli racconta il loro incontro e l’avvio dell’entusiasmante avventura come suo assistente, trascinato nella coinvolgente scoperta delle firme più prestigiose e dei loro pensieri sulla vita, sulla letteratura e sul mondo.
Tra gli intervistati nomi del calibro di Erika Jong, Lawrence Ferlinghetti, Michael Cunningham, Andrew Sean Greer. E ancora Dave Eggers, Richard Powers e Jill Eisenstad, ovvero la rossa del Literary Brat Pack: il gruppo di 4 ventenni –oltre a lei Bret Easton Ellis, Jay McInerney e Tama Janowitz- che negli anni ottanta raccontavano le vicissitudini dei giovani americani disillusi.
Alcuni li ha incontrati personalmente, raggiungendoli anche sulla costa ovest degli Usa; altri li ha interpellati telefonicamente o per email.
Sono tanti dialoghi diversi e indipendenti, con voci della scena letteraria americana, ma anche provenienti da culture diverse: come la cinese Yiyun Li, Ayelet Waldman nata a Gerusalemme, Maaza Mengiste nata nel 1971 ad Addis Abeba o ancora, tra gli latri, Elif Batuman nata in New Jersey da genitori turchi.
Tante analisi e prospettive sul lavoro dello scrittore, sulle difficoltà che si possono incontrare nell’analizzare e narrare il proprio tempo, sulle esperienze personali, sul futuro della letteratura e della situazione politico-sociale. Un composito mosaico di voci che ci portano nel cuore della letteratura americana contemporanea.

 

Ana Bågstam “Testimone oculare” -Marsilio- euro 18,00

E’ il primo appuntamento di una serie che l’avvocato svedese Ana Bågstam ha in mente di scrivere, con al centro il personaggio della giovane criminologa Harriet Vesterberg.
Un ‘eroina dalle molte sfaccettature: preparata, ma a tratti insicura, forte e determinata, eppure delicata al contempo. Ha 30 anni ed è specializzata in criminologia, figlia di Eugen docente universitario in pensione, sorella di Paul sposato e padre di famiglia. Dopo una delusione amorosa, Harriet decide di lasciare Stoccolma e cercare una nuova partenza nel piccolo paesino sulla costa della Scania, Lerviken, dove è solita trascorrere le vacanze estive e dove vive il padre.
Assunta come criminologa nella stazione di polizia locale si trova a dover affrontare la diffidenza della capa e dei colleghi, e il suo battesimo lavorativo è particolarmente cruento. Nel tranquillo villaggio di pescatori, dove tutto sembra scorrere in modo tranquillo, avviene un efferato delitto.
In un capannone viene trovato il cadavere straziato di Laura Andersson: ha la bocca e il mento coperti di nastro adesivo telato, lo stesso con cui qualcuno le ha fissato le palpebre aperte, ed una mortale ferita di arma da taglio alla testa. E’ in un bagno di sangue, sotto un trattore e in una posizione innaturale. E’ la moglie 53enne del ricchissimo finanziere Douglas Andersson di 72 anni. Una coppia senza figli né altri parenti, proprietari di una vasta tenuta che era appartenuta ad una famiglia dell’aristocrazia locale.
Laura, molto più giovane del marito «…lunghi capelli rossi e la grazia di una star del cinema. Bellissima, enigmatica e misteriosa. Però camminava in modo strano, zoppicando, come se le facesse male una gamba». Era lo strascico della polio ed ultimamente era peggiorata tanto da muoversi solo in sedia a rotelle.
Il marito – che in un primo tempo non si trova- risulta essere stato condannato due volte per maltrattamenti nei confronti della moglie. Poco dopo però è proprio Harriet a scoprire Douglas gravemente ferito e chiuso in un container. Dunque l’assassino da dove arriva?
Poco a poco le indagini proseguono e convertono su alcuni individui, con risvolti anche tragici: testamenti cambiati all’ultimo, gemelli problematici, moventi economici, vendetta per violenze passate…. Senza anticipare troppo, va però detto che questo è un godibilissimo giallo dalla tipica struttura investigativa, in cui fondamentale è la sequenza: crimine, indagini condotte tra ragionamento, indizi da valutare, suspence, colpi di scena e deduzioni che trascinano il lettore alla scoperta della dinamica del delitto e del colpevole….o colpevoli? Gustatevi le imprese di Harriet, giovane dall’intuito notevole, alle prese con un ambito lavorativo in cui deve farsi strada con unghie e denti; le sue ansie, delusioni e aspettative ce la rendono particolarmente vicina e simpatica.
Oltre alle indagini, c’è anche molta vita privata di Harriet che aiuta a delineare meglio il personaggio. Tra padre anziano e smemorato, fratello sfuggente, vicina di casa con qualche segreto, e forse un nuovo amore all’orizzonte, godiamoci queste 387 pagine che corrono via accattivanti più che mai. E diamo il benvenuto a una nuova stella del firmamento del giallo nordico.

“Incipit Grand Tour”. Se il giro d’Italia si fa in sella a una “Vespa-libreria”

Riprende lo strano viaggio per tutt’ Italia dello chef – scrittore – libraio – editore e quant’altro Fabio Mendolicchio

Dal 27 aprile al 7 maggio

Lui si presenta come Mendo aka (alias) Fabio Mendolicchio. E scrive di sé: “Sono del 1973 e ho un percorso formativo lungo trent’anni. Mi sono diplomato all’‘Istituto Alberghiero” di Torino e ho lavorato per vent’anni fra alberghi, ristoranti – fra cui il ‘De Amicis’, primo ristorante di ‘Libera contro le mafie’ – e vari progetti strani”. Alcuni: musicista, grafico, dj, scrittore con “Siamo tutti allenatori” per “CartaCanta Editore”. E lui stesso editore con “Miraggi”, casa editrice fondata (con Alessandro De Vito e Davide Reina) a Torino in via Mazzini, nel 2010, “per fare libri che altri non fanno” e vera e propria fucina o tsunami di strane, geniali e improbabili “pensate” legate al mondo della lettura, come “L’IBRIda CENA” (trasformando le librerie in ristoranti per una sera) e l’“Incipit Grand Tour”. Come dire, girare tutta l’Italia con una Vespa 200 GT, attrezzata, in un afflato di magica follia, come libreria viaggiante. E da giorni la Vespa e Fabio “Mendo” stanno scalpitando, in attesa della nuova partenza per il secondo (l’anno scorso il primo) viaggio “letterario”. Con lo stesso mezzo (medaglia d’oro alla povera Vespa! Ma anche a Mendo!) utilizzato per portare quotidianamente i libri alle librerie torinesi. Questo, in cifre, il tour 2022: 4mila chilometri in 11 giorni, dal 27 aprile al 7 maggio, con una media di 363 chilometri al giorno per raggiungere 54 librerie e Biblioteche d’Italia.

Ad ogni tappa, una lettura ad alta voce. Ad ogni presentazione un gioco con le 54 carte del gioco letterario “Incipit Offresi” per indovinare un grande classico e vincere un libro a dimostrare che sempre “vince chi legge”. “Un po’ come Nanni Moretti in ‘Caro Diario’ – spiega Fabio – un po’ Forrest Gump: quando ci si mette in viaggio, ci si mette in gioco. Per questo motivo con la nostra casa editrice abbiamo deciso di partire in Vespa e girare l’Italia a colpi di ‘Incipit’ per portare i nostri libri a spasso per lo Stivale, raccontandoli, vivendoli come compagni di viaggio, facendoli conoscere laddove spesso non trovano spazio e rendendoli protagonisti veri e propri di questa follia”.

Tante tappe, tanti libri, tanti personaggi e tanti librai e lettori da incontrare. Il viaggio parte da Ivrea, “Capitale Italiana del Libro 2022”, attraversa Arona, Novara e arriva a Verbania, da “Alberti Libraio”. Si sconfina quindi in Svizzera, a Locarno, Lugano e poi Como, Milano alla “Libreria Covo della Ladra” e da “Anarres Libreria Bristrot”, si prosegue per Bergamo e Brescia fino a raggiungere la “Libreria Muratori” di Capriolo per incontrare Alan Poloni “libraio di provincia e narratore di periferia”. Il terzo giorno si riparte passando per Mantova, verso la tappa di Vicenza; l’appuntamento è alle ore 18,30 alla “Libreria Traverso” per il firmacopie con l’autrice di “Casadolcecasa” ( libro edito da “Miraggi” nel 2021) e in audiolibro da “Il Narratore”: Antonella Bukovaz, originaria di Topolò-Topolove, borgo sul confine italo-sloveno, che si dedica alla poesia e alle interazioni  tra parola, suono e immagine in forma di lettura, videopoesia e video-audioinstallazione. A Treviso l’incontro è con la “libraia controcorrente” della “Ubik Clara Abatangelo” e a Udine, alla “Libreria Moderna”, con Luca Quarin, al suo secondo romanzo “Di sangue e di ferro” con “Miraggi Edizioni”. Domenica 1° maggio la Vespa di Mendolicchio attraverserà Venezia e Ferrara, per approdare alla “Libreria Atlantide” di Castel San Pietro Terme (Bologna) con Alberto Alberici. Si prosegue ancora per Urbino, Ascoli Piceno con tappa alla “Libreria Rinascita”, Norcia, L’Aquila, Montesilvano alla “Libreria On the Road”, Foggia alla “Libreria Ubik” e infine alla Biblioteca di Trani, in collaborazione con l’assessorato alla Cultura della Città di Trani, per incontrare Rosanna Gaeta, inventrice e guida dei “Dialoghi di Trani”. Il 5 maggio si riparte dalla “Libreria 101” di Bari, si attraversa Matera e si continua per San Giorgio a Cremano (Napoli) alla Libreria “La Bottega delle Parole”. E il viaggio geografico-letterario continua. Dalla “Libreria Eli” a Roma per un insolito pranzo con i lettori, ci si sposta a Firenze da “Alice&Co.”, per poi approdare il 7 maggio alle 10,30 al “Museo Piaggio” di Pontedera (Pisa), il più grande museo motociclistico d’Italia, e tornare a Torino non prima di aver visitato la Biblioteca sul mare “Fascie Rossi” di Sestri Levante e la Libreria “L’Amico Ritrovato” di Genova. L’intero viaggio sarà raccontato attraverso foto e video su tutti i social networks di “Miraggi Edizioni” e “Lettura Day”. Una domanda. Ritornati a casa, sotto la Mole, della povera Vespa 200 GT che ne sarà? E di “Mendo”? Almeno un anno di sacrosanto riposo ci vuole. E’ il minimo!

Gianni Milani

Leggere al futuro. Il Maggio dei Libri 2022

A Ivrea, “Capitale italiana del libro 2022”, inaugurazione della XII edizione

Sabato 23 aprile, ore 11

Dove mai, se non a Ivrea, dal 16 febbraio scorso “Capitale italiana del libro 2022”, poteva tenersi la “prima” della Giornata Mondiale Unesco del libro e del diritto d’autore? Domanda retorica. E, infatti, sabato 23 aprile, alle ore 11, al “Teatro Giacosa” (piazza Teatro, 1) di Ivrea, prende ufficialmente il via la XII edizione de “Il Maggio dei Libri”, la campagna del “CEPELL – Centro per il libro e la lettura” (Istituto autonomo del Ministero della Cultura dipendente dalla Direzione Generale Biblioteche e diritto d’autore) che, fino al 31 maggio, invita gli appassionati di libri e lettura ad organizzare iniziative in presenza e in digitale ispirate al tema istituzionale “ContemporaneaMente. Leggere per comprendere”. Particolarmente soddisfatta, Costanza Casali, assessore eporediese alla Cultura: “La partenza del ‘Maggio dei libri’ da Ivrea è un segnale importante per la Città e segna una tappa importante dell’anno da Capitale. Vogliamo coinvolgere il ‘Cepell’ nella costruzione del ‘Manifesto per il futuro del libro’, il nostro grande obiettivo. L’avvio dei lavori coinciderà con il ‘Salone del Libro’, dove saremo presenti e faremo il passaggio di consegne con l’attuale Capitale, Vibo Valentia”.

Particolarmente allettante e ricco di grandi aspettative è il titolo che porterà sul palco al “Giacosa” di Ivrea, l’evento inaugurale di quest’anno: “Leggere al futuro”. Titolo che ben esprime “lo spirito – dicono gli organizzatori – di una campagna che oggi, come da oltre un decennio, semina e insieme raccoglie passione e buone pratiche nel nome della promozione della lettura”. E proprio guardando all’avvenire si apre questo appuntamento, con l’esibizione del “Coro dei bambini del Circolo Didattico di Zafferana Etnea”, diretto dal maestro Ata Pappalardo (in collegamento da remoto). Dopo i saluti di Stefano Sertoli, Sindaco del Comune di Ivrea, e Costanza Casali, Assessore alla Cultura, sono attesi gli interventi di Marino Sinibaldi, presidente del “Centro per il libro e la lettura”, Paolo Verri, coordinatore di “Ivrea 2022”, Gaetano Di Tondo, presidente dell’“Associazione Archivio Storico Olivetti” (in collegamento da remoto), e degli scrittori Alessandro Perissinotto e Donatella Di Pietrantonio (in collegamento, sempre, da remoto). A loro il compito di presentare i contenuti di questa edizione della campagna e il rapporto speciale con la “Capitale italiana del libro 2022”, nonché di offrire un incipit letterario attraverso la testimonianza di un’importante autrice del panorama narrativo contemporaneo. In chiusura, l’attrice e regista Laura Curino darà voce alla figura poliedrica di Adriano Olivetti: nella lettura di passi da sue memorie e scritti, in collaborazione con l’omonima “Fondazione”, rivivranno l’entusiasmo e l’energia progettuale di un imprenditore illuminato che il futuro seppe non solo sognarlo ma anche crearlo. E farlo vivere nel tempo. Attraverso esempi e prassi singolari, oggi purtroppo lasciate cadere, non di rado, nell’oblio.

g.m.

Nelle foto:

–       Ivrea, piazza Ottinetti

–       Costanza Casali, assessore alla Cultura Città di Ivrea

La giustizia conviene

 

Giampiero Leo

Desidero segnalarvi la presentazione del libro di Giancarlo Caselli e Guido Lo Forte: “ La giustizia conviene – il valore delle regole raccontato ai ragazzi di ogni età”che si terrà giovedì 21 aprile presso l’Accademia Albertina di Belle Arti Torino. L’importanza e l’estrema attualità del tema, nonchè la grande autorevolezza dei due autori, a mio avviso rendono questo appuntamento uno di quelli veramente “imperdibili”, per chi ha davvero a cuore una società più equa e più rispettosa dei diritti di tutte le persone. 

Giampiero Leo 

Vice Presidente del Comitato diritti umani della Regione e portavoce del Coordinamento interconfessionale del Piemonte.

 

Oggi parlare di legalità in termini credibili non è facile: la nostra società individualistica guarda alle regole con fastidio e sono molti i cattivi esempi che creano diffidenza: furbizie, illegalità nelle stesse istituzioni, scontri nella magistratura.

Ma perché allora osservare le regole, rispettare la legge? Due magistrati noti al grande pubblico per il loro impegno contro le mafie e il terrorismo lanciano in questo libro un appello appassionato a favore della giustizia, l’unico strumento a salvaguardia delle libertà e dei diritti di tutti. Perché la giustizia conviene proprio a chi non ha potere né privilegi. Spiegando, in termini chiari e con numerosi esempi, le basi delle nostre istituzioni, i principi del processo e delle pene,  la questione morale, Caselli e Lo Forte mostrano che più legalità significa non solo più sicurezza, ma anche più possibilità di avere una migliore qualità della vita e la speranza di una crescita nell’interesse generale. Qualcosa per cui vale la pena di impegnarsi, fin da giovani.

Gian Carlo Caselli
Nato ad Alessandria nel 1939, è stato giudice istruttore del  Tribunale di Torino dai primi anni Settanta, via via sempre più impegnato in indagini sul terrorismo, in particolare sulle Brigate rosse. Dal 1986 al 1990 è stato membro del Consiglio superiore della magistratura. Dal 1993 al 1999 ha diretto la procura di Palermo, dalla cattura di Totò Riina e di numerosi altri boss ai grandi processi su mafia e politica. Ha terminato la sua carriera nel 2013 come procuratore capo di Torino. La sua autobiografia, Nient’altro che la verità è stata pubblicata da Piemme nel 2015.

Guido Lo Forte
Nato a Palermo nel 1948, è entrato in magistratura nel 1974. È stato pubblico ministero nella sua città per oltre trent’anni, prima come sostituto e poi come procuratore aggiunto, e poi a Messina, come procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale. Il suo nome è legato alle inchieste sui rapporti tra mafia, politica ed economia e al sequestro dei patrimoni di boss mafiosi di primo piano. Con la Direzione distrettuale antimafia di Palermo ha curato, tra l’altro, i processi Andreotti, Dell’Utri e Carnevale nella fase delle indagini e del dibattimento di primo grado.

La Piccina Commedia Dante e i ragazzi tra educazione e ricreazione

MUSLI – Museo della Scuola e del Libro per l’Infanzia. Palazzo Barolo – Via Corte d’Appello 20/C -29 aprile – 26 giugno 2022

(Inaugurazione venerdì 29 aprile alle 17.30)

Piccolina, ma pur sempre “Divina”, la Commedia dantesca continua a far parlare di sé nell’anno che segue il “Dante 700” che ha celebrato i sette secoli dalla sua scomparsa. Lo fa con la mostra “Piccina Commedia – Dante e i ragazzi tra educazione e ricreazione”, progetto di ricerca sviluppato nel corso del 2021 dalla Fondazione Tancredi di Barolo in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino e visitabile presso il MUSLI, Museo della Scuola e del Libro per l’Infanzia di via Corte d’Appello 20/C a Torino dal 29 aprile al 26 giugno 2022.

L’esposizione si propone di documentare la presenza di Dante e della sua opera nella produzione editoriale italiana destinata ai giovani nel periodo tra il 1850 e il 1950, sia nei libri di letteratura per ragazzi che nei testi scolastici.

4 passi nell’universo dantesco

La prima sezione del percorso è riservata a “Dante e la Divina Commedia in 100 anni di libri e periodici illustrati per ragazzi in Italia”. Il visitatore vi potrà esplorare quella suggestiva zona di confine tra letteratura popolare e per l’infanzia in cui convivono approcci divulgativi, educativi, didascalici e di colto intrattenimento, consistenti in traduzioni, adattamenti, versioni parodiche o umoristiche, testimonieranno anche l’esistenza di opere più o meno note al grande pubblico ma sempre dotate di spiccata intelligenza e creatività.

Sarà proposta una vasta e variegata iconografia utilizzata per avvicinare i giovani lettori al fascino del personaggio e della sua opera, soprattutto in epoche più recenti.

“Dante in Classe” è il titolo della seconda sezione della mostra; allestita in un’aula storica del MUSLI, presenta un’ampia selezione di libri, quaderni e materiale didattico di ogni genere che intende documentare la presenza del sommo Poeta nella scuola italiana del secolo scorso, un ambito specifico ancora poco conosciuto e frequentato. In questa selezione, spiccano la splendida litografia a colori di un manifesto didattico stampato da Paravia negli anni ’40 che raffigura uno spaccato dell’Inferno e rari pennini e inchiostri dedicati a Dante raccolti dal collezionista ed esperto calamofilo Stefano Lenti. Un ulteriore approfondimento tematico è dedicato alla presenza nella scuola della “Società Dante Alighieri” detta “la Dante”.

 

Dante, tra classicismo e contemporaneità

Il percorso, sospeso tra la tradizione iconografica dell’800 e del primo Novecento fino alla realtà aumentata, porrà in evidenza un approccio a Dante originale e capace di dialogare tra culture classiche e postmoderne: dalle illustrazioni del passato alle tavole contemporanee, fino alle creazioni tridimensionali rappresentate dalle “fotosculture” di Umberto Mastroianni, i pop-up di Massimo Missiroli e le visioni fantasy di Alfredo Podestà. A questi, si aggiungeranno alcuni progetti di libri animati destinati a grandi e piccini, realizzati nell’anno scolastico 2020/2021 dagli studenti dell’indirizzo “Design del Libro” del Liceo Artistico Passoni di Torino.

Tra gli artisti più significativi, spesso influenzati dalle archetipiche illustrazioni che Gustave Doré realizzò per la Divina Commedia nel 1861, vi sono Enrico Mazzanti, Antonio Maria Nardi, Piero Bernardini, Giovanni Battista Galizzi, Gustavino (Gustavo Rosso), Mario Zampini, Manfredo Manfredini, Tancredi Scarpelli e Corrado Sarri. Riguardo all’interpretazione moderna e contemporanea dell’universo dantesco, saranno protagonisti “Topolino all’Inferno”, con le celebri tavole realizzate da Guido Martina e Angelo Bioletto, rispettivamente sceneggiatore e disegnatore della celebre parodia disneyana, e un inusuale “Pinocchio” in viaggio nei gironi infernali, frutto della vivace immaginazione di Marco Corona.

La mostra in sintesi

Il Progetto di ricerca, sviluppato nell’arco del 2021 nell’ambito di Dante 700 Unito è stato realizzato dalla Fondazione Tancredi di Barolo. La mostra, allestita al MUSLI come integrazione del Percorso libro e del Percorso scuola, è curata da Pompeo Vagliani ed è corredata da una pubblicazione che raccoglie l’intero progetto di ricerca con saggi del curatore e di Luciana Pasino.

La mostra sarà visitabile negli orari di apertura del MUSLI (sabato e domenica ore 14.00-19.00) ed è inclusa nel costo del biglietto: intero 8,00 euro (gratuito per abbonamento musei, minori di 11 anni e ridotto 5,00 euro per possessori di Piemonte card).

Nel corso della mostra sono previsti eventi e attività laboratoriali di cui sarà disponibile a breve un calendario dettagliato.

Il MUSLI

Il Museo della Scuola e del Libro per l’Infanzia, è la principale emanazione della Fondazione Tancredi di Barolo. L’ente museale si propone di coniugare l’attenzione alle radici storiche “locali” con la storia dell’educazione e dell’editoria per l’infanzia della nostra Regione, senza perdere di vista la dimensione internazionale.

Io sono un jazzista ed altre storie

Si chiama ‘Io sono un jazzista ed altre storie’, edito per i tipi dei Melville di Siena ed è l’ultimo, ma soltanto per adesso, lavoro di Guido Michelone, ormai prossimo all’uscita in tutta Italia

E’ un romanzo, il sesto nato dalla penna di questo scrittore vercellese, laureato in Lettere a Torino, con una specializzazione in Scienze dello spettacolo all’Università Cattolica di Milano, dove è stato poi assistente volontario e docente a contratto. Attualmente insegna Storia della Musica Afroamericana al Master in Comunicazione Musicale sempre presso la Cattolica, che insieme ad altri ha fondato e Storia ed Estetica del Jazz al Conservatorio Vivaldi di Alessandria. Michelone non è però soltanto un autore di romanzi, anzi, oltre a numerosi saggi su jazz e cinema, vanta diversi testi tra cui monografie su Vasco Rossi, Fabrizio De Andrè, Zucchero, Enzo Jannacci, i Beatles, Miles Davis e una recente opera ‘Il Jazz e i Mondi’ di cui parleremo tra poco. Lo abbiamo incontrato recentemente a Vercelli per parlare della sua attività di scrittore, giornalista, saggista e romanziere.

Professore, partendo dalla fine, qual è la trama di ‘Io sono un jazzista’ ?

E’ un romanzo con sfumature comiche ambientato nella Milano dei primi anni Cinquanta, protagonista un giovane sassofonista, squattrinato, donnaiolo. Questo come gli altri non è rivolto ad una letteratura di consumo ma cerco di mettere nelle storie che raccolto qualcosa di nuovo a mio rischio e pericolo. Ci sono sovente dei ricordi del passato, dei ‘bei tempi andati’ come si dice, anche se qui non c’è niente di autobiografico.

 

Quanto c’è di Vercelli nei suoi romanzi ?

Le faccio un esempio. In un altro lavoro, ‘Parigi a Vercelli’ c’è la storia di una celebre regista francese che per poter lavorare tranquillo sceglie di arrivare in un posto dove non sia conosciuto ed approda a Vercelli. Qui, però, viene riconosciuto da una ragazza e nasce una storia d’amore … In questo ho citato ristoranti, caffè, locali cittadini per rendere omaggio alla mia città.

 

Dove lei vive …

Si vivo a Vercelli dove sono nato, ho studiato a Torino, lavoro da 40 anni a Milano.

 

Dove verrà presentato il suo libro ?

C’è un evento importante alla Casa Museo Alda Merini a Milano insieme ad una conferenza sulle canzoni della Merini il 12 maggio, poi ci saranno altre occasioni in Italia e in Piemonte, a Borgomanero, Santhià, in Valcerrina con LibrInValle.

 

Questo, però, non è l’unico suo libro uscito quest’anno ?

Due mesi fa, con Arcana, è uscito ‘Il Jazz e i Mondi’ legato alla diffusione del jazz in America, Africa, Asia e Oceania. E in autunno uscirà ‘Il Jazz e l’Europa’ dedicato al nostro continente. Dovevano essere un libro unico ma si è preferito sdoppiarlo perché è frutto, piuttosto voluminoso, di un lavoro di ricerca durato vent’anni i cui frutti sono pubblicati oggi.

Quindi un lavoro con un ampio spettro sulle nazioni del mondo intero …..

Ha toccato una sessantina di Paesi, in alcuni dei quali non si penserebbe mai che ci sia o ci sia stata una tradizione di jazz. Per fare alcuni esempi nell’Iran prima dell’avvento della rivoluzione khomeinista si suonava, nell’Afghanistan degli anni Sessanta vi suonò Duke Ellington, in Australia si suona jazz dalla notte dei tempi, in Africa dopo la decolonizzazione si è sviluppata una discografia autoctona più svincolata dalla tradizione afroamericana, il Giappone è un Paese di grandi collezionisti, il Festival più ricco è oggi in Cina a Shangai.

 

Anche il prossimo volume sul Jazz in Europa riserverà delle sorprese ?

Qui ho toccato quasi tutti gli Stati compresi Malta e città del Vaticano. La Chiesa Cattolica nel tempo ha aperto anche allo spiritual afro-americano.

 

Ha in cantiere altre pubblicazioni ?

Come romanzi per il momento no. Sotto l’aspetto della saggistica tornerò a scrivere un libro insieme al pianista jazz milanese Gaetano Liguori con il quale nel 1999 avevamo realizzato ‘Una storia del jazz’ che per la prima volta vedeva la collaborazione nella scrittura di un critico e di un musicista.

Adesso l’obiettivo è un libro che si occupi dei 200 dischi fondamentali di tutta la storia del jazz. Ci siamo divisi i compiti: Liguori si occuperà di quelli dalle origini sino al 1990, io di tutta la produzione contemporanea.

Da vercellese si è mai occupato delle bianche casacche della Pro Vercelli ?

Si in ‘La Mitica ProVercelli – Racconti di sport cultura bellezza’ un libro che ha una storia particolare, edito nel 2017 con la Banksville di Londra e realizzato a Charleston nel South Carolina, E’ un testo che parla in parte della Pro Vercelli e del calcio del Piemonte nell’epoca mitica, e in parte del calcio in generale e della storia delle maglie delle squadre.

 

Anche quest’ultimo argomento la vede piuttosto ferrato ….

E’ una passione. Qualche anno fa volevo partecipare proprio come esperto in maglie delle formazioni calcistiche al ‘Rischiatutto’, non a quello di Mike Buongiorno ma al remake condotto da Fabio Fazio nel 2016. Mandai la domanda, partecipai alle selezioni e non fu una passeggiata perché su 10mila aspiranti ne erano stati ammessi un 200 circa. Poi, però, la trasmissione che non aveva avuto un gradimento di pubblico come la serie originale degli anni Settanta, non proseguì e non se ne fece nulla.

 

Massimo Iaretti

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Abdulrazak Gurnah “Sulla riva del mare” -La nave di Teseo- euro 20,0
Gurnah non è uno scrittore qualunque; nel 2021 ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura, con la seguente motivazione: «per la sua intransigente e compassionevole penetrazione degli effetti del colonialismo e del destino del rifugiato nel divario tra culture e continenti».

La sua biografia è fondamentale per capire le tematiche che affronta. E’ nato sull’isola di Zanzibar, in Tanzania, nel 1948, che all’epoca era sotto il protettorato britannico. In seguito, subito dopo l’indipendenza, si scatenò una fase di violenza e vendette, e la cosiddetta Rivoluzione di Zanzibar.
Abdulrazak aveva 18 anni, era curioso, voleva studiare e realizzarsi, ma Zanzibar non era certo il posto ideale. Così per sfuggire al clima pericoloso e proseguire gli studi, decise di andarsene e si trasferì in Gran Bretagna, presso un cugino.

Naturalizzato britannico, ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università del Kent, dove ha insegnato letteratura inglese e postcoloniale dal 1985 fino al pensionamento. Scrive in inglese. È autore di una decina di romanzi, e vive nel Regno Unito, a Canterbury.
Come per altri scrittori cosiddetti postcoloniali, la sua narrativa consiste in un dialogo continuo tra l’Europa odierna –terra dell’esilio- e lo spazio geografico del paese di origine che coincide con l’infanzia.

Il romanzo narra una storia di sradicamento e lontananza e, anche se l’acqua compare poco nelle pagine, il mare è l’elemento che collega i due luoghi tra i quali si muove il protagonista. Da un lato l’oceano Indiano che lambisce l’Africa Orientale e dall’altro quello della cittadina costiera inglese dove approda.
Al centro della vicenda ci sono due uomini che hanno in comune un passato vissuto a Zanzibar, entrambi rifugiati in Inghilterra. Sono il 65enne mercante di mobili Saleh Omar e Latif Mahmud, interprete con un passato che lo lega a Saleh.
Il mercante richiede asilo nel Regno Unito e all’arrivo all’aeroporto di Gatwick presenta un passaporto falso, intestato a un certo Rajab Shaaban Mahmud; inoltre gli è stato suggerito di fare finta di non capire una parola d’inglese. Così quando viene richiesto l’aiuto di un esperto del dialetto kiswahili, ecco arrivare l’interprete Latif che è il figlio di Rajab, ovvero l’intestatario del passaporto.

La trama di fatto è costellata da più storie, e personaggi che vivono in modo differente la condizione di immigrati. Il mercante Saleh ripercorre il passato e i suoi affari a Zanzibar, tra merci pregiate, contrattazioni con i clienti, aneddoti relativi a specifici oggetti che aveva in vendita.
Saleh e Latif hanno una terra di origine in comune della quale sentono la nostalgia, alcuni segreti che li riguardano e un’antica violenta vertenza relativa a una casa.

Corollario delle loro esistenze un parterre di altri personaggi con le loro traversie e memorie. E, come negli altri libri di questo autore, al centro ci sono storie di esilio, migrazioni, sradicamento, memoria, appartenenza, identità. Lui -che si sente sia africano che europeo- ha fatto tesoro delle esperienze che ha vissuto e i suoi romanzi aiutano a elaborare il passato, a guardare con maggior lucidità ed empatia il presente, a costruire il futuro.

Mia Kankimäki “Le donne a cui penso di notte” -Neri Pozza- euro 19,00
E’ magnifico questo libro della scrittrice finlandese Mia Kankimäki che compie un’azione letteraria e un viaggio di ampio respiro: traccia un tour sulle tracce di alcune grandi donne, cercando di cogliere il segreto della loro fenomenale resilienza. A metà tra saggio e diario, questo è un libro originalissimo che ci porta a spasso nei secoli, a diverse latitudini, inseguendo donne che hanno lasciato una tracia indelebile nel mondo.
«Sono M. Ho 43 anni….di notte penso alle donne». Intende donne che sono state coraggiose, resistenti, tenaci; che hanno perseguito le loro passioni a dispetto di tutto e tutti, abbattuto molteplici barriere e fatto cose che non ci si aspettava da loro.
Sono artiste e scrittrici dal lavoro solitario e introspettivo. La maggior parte non ha avuto marito né figli, le loro storie d’amore mai state convenzionali. Hanno viaggiato, cambiato paese e cultura e spesso hanno impresso una virata portentosa alle loro vite anche in età avanzata.

Si inizia con la scrittrice Karen Blixen, nata Isak Dinesen in una residenza di campagna non lontano da Copenaghen, poi planata in una fattoria africana. Kankimäki decide di recarsi in Africa seguendo le orme dell’autrice de “La mia Africa” e utilizza ogni sorta di materiale per ripercorrerne la vita; dal pessimo matrimonio con il barone Bror al grande amore per Denis Finch Hatton che andava e veniva a suo piacimento tra le braccia di Karen.
Come andò a finire si sa… ed emblematica è la svolta che la Blixen diede alla sua vita dopo il fallimento della fattoria africana e la morte del suo amore. Nel 1931, a 46 anni e senza un soldo, tormentata dalla sifilide trasmessale dal marito, tornò in patria, nella casa della sua infanzia e incominciò a scrivere.
Kankimäki mette a fuoco i molteplici aspetti della Blixen, rivelandoci una donna colta e coraggiosa, ma anche impaurita e spesso depressa; piena di umorismo e risorse interiori, ma anche bugiarda e ambiziosa.

Poi l’avventura continua e a dare la nuova rotta alle notti insonni della scrittrice finlandese è la scoperta di un volume illustrato che parla di alcune viaggiatrici dell’Ottocento. Kankimäki si rimette in viaggio per correre dietro alle vicende di donne di grande tempra come Isabella Bird, Ida Pfeiffer e Mary Kingsley. Tutte amanti dell’avventura che decidono di lasciarsi alle spalle la tranquilla vita quotidiana e partono alla scoperta del mondo. Sono senza soldi e per niente allenate alle fatiche che le attendono, ma partono comunque da sole e inseguono le loro passioni.

Non mancano all’appello anche artiste come la pittrice del Rinascimento Sofonisba Anguissola presso la corte di Spagna e Lavinia Fontana che mantenne la famiglia con i suoi dipinti. E poi altre donne incredibili tutte da scoprire….

 

Melania Soriani “Bly” -Mondadori- euro 20,00

Elizabeth Jane Cochran, conosciuta come Nellie Bly, è stata la prima giornalista investigativa della storia. Una pioniera nata nel 1864 che ha saputo ribellarsi alla tradizione che la voleva sposa e madre, ed ha tracciato una traiettoria di vita personalissima, fuori dai rigidi schemi della sua epoca.
La scrittrice Melania Soriani ha messo a segno questo romanzo ispirato liberamente alla storia di un personaggio realmente esistito, ripercorrendone la straordinaria vita.
Elizabeth nasce nella famiglia di un giudice, in un piccolo e tranquillo borgo della Pennsylvania. Fin da piccola dimostra una tempra notevole, tendente alla ribellione rispetto all’educazione destinata alle femmine, e preferisce partecipare ai giochi e alle avventure dei fratelli maggiori. Non bambole leziose, ma scoperte maschili e poi il fascino della magnifica e nutrita biblioteca paterna.
Cresce, legge, si forma idee personalissime e precise sul mondo che la circonda; soprattutto sulla condizione femminile chiusa in un perimetro di pensiero, azione e occupazioni decisamente limitato ed asfittico. Quando conosce la fondatrice di un quotidiano locale ha l’illuminazione che guiderà i suoi futuri passi: decide di diventare giornalista.
Poi la vita le si metterà di traverso; la morte del padre che era il pilastro della famiglia mette fine alla serena infanzia di Elizabeth. La madre si risposa ed avviene il tracollo definitivo. La giovane deve abbandonare gli studi e trasferirsi; soprattutto, scopre di non voler mai dipendere da un uomo, da nessuno. Mira ad essere libera ed indipendente, a realizzarsi e, poco a poco, scopre anche come.
La sua vita ha dell’incredibile: nel 1887 bussa alla porta di John Cockerill, direttore del “New York World” di Joseph Pulitzer e chiede di essere assunta come reporter….una cosa mai sentita prima. Ha solo 23 anni, coraggio e talento da vendere, da 3 anni scrive per un quotidiano di Pittsburgh firmando i suoi pezzi Nellie Bly.
Propone un’idea nuovissima che convince Cockerill e Pulitzer; condurre un’inchiesta sotto copertura nel manicomio femminile di New York, a Blackwell Island.
Il suo reportage è pietra miliare nella storia del giornalismo, brillante avvio di una carriera che la condurrà in molteplici inchieste sotto infiniti travestimenti. Nellie racconterà le piaghe nascoste del paese agli americani, senza peli sulla lingua, senza lasciarsi mai scoraggiare o fermare dalle difficoltà che le si pareranno sulla strada
Diventa l’antesignana di una nuova professione nella quale le donne potranno realizzarsi, famosa e scomoda per qualcuno, l’incubo di politici e benpensanti. Viaggerà in lungo e in largo per il mondo facendo il lavoro che ama e nel quale eccelle, conoscerà amori e sconfitte. Soprattutto sarà un nuovo tipo di donna: indipendente e libera, giornalista intrepida, artefice della propria vita …e che vita!

Giulia Lamarca “Prometto che ti darò il mondo” -DeAgostini- euro 16,00

Questa è una storia vera, tragica, ma anche luminosa perché parla di rivincita sul destino maledetto. Giulia ha solo 19 anni quando un incidente con il motorino guidato dal suo ragazzo la sbalza lontano e le spezza la colonna vertebrale. La vita diventa dolore assoluto nelle sale chirurgiche e nelle stanze del Centro Traumatologico Ortopedico di Torino. Il verdetto della medicina è senza appello: lesione midollare. Una parte di Giulia è morta il giorno dello schianto e non c’è più.
Però è nata un’altra Giulia che ha scoperto come la libertà di movimento -che sembra essere un nostro diritto- non sia affatto scontata. Anziché rassegnarsi alla carrozzina, è proprio quando la vita ha cercato di immobilizzarla, che Giulia ha trovato la forza di superare quel limite.
Oggi è una bellissima giovane donna di 29 anni, psicologa, formatrice aziendale e content creator e soprattutto è una travel blogger. Si avete capito bene, viaggia in lungo e in largo per il mondo e racconta le sue esperienze sul blog “My travels: the hard truth” e sul suo profilo Instagram.
Dopo mesi lunghi e penosi di riabilitazione in ospedale si è ripresa la sua vita e l’ha lanciata più lontano ancora di prima. In ospedale ha conosciuto Andrea, giovane tirocinante fisioterapista, che anziché vedere il suo handicap è riuscito ad entrare nella sua anima, scoprendone la tenacia, la forza e la bellezza.
I due diventano inseparabili e lui la sorprende con una proposta che sembra avere dell’incredibile. Partire alla volta nientemeno che dell’Australia, all’altro capo del mondo. E Giulia dice di si.
Così inizia la sua nuova avventurosa seconda vita e con Andrea riesce a superare tutte le barriere architettoniche sul cammino. Insieme si avventurano sul Machu Pichu, percorrono la Grande Muraglia Cinese, volano in Giappone per ammirare l’esplosione della fioritura dei ciliegi…. E poi una tappa via l’altra, sempre in carrozzina, ma oltre ogni possibile barriera, alla scoperta degli angoli più incredibili del globo.
Il libro in cui Giulia si racconta diventa così non solo autobiografia, ma testimonianza concreta della forza che si può trovare anche di fronte a quella che sembrerebbe una durissima condanna a vita. E’ la storia di una gioia di vivere che bypassa ostacoli alti come muri. Come dire che non sono solo le gambe a farci avanzare nei marosi dell’esistenza. Un libro che insegna molto….

Le donne afghane e le loro conquiste perdute

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Germana Zuffanti ci parla della “Fuga da Kabul” dell’agosto del 2021 e dell’omonimo libro scritto con il Generale Giorgio Battisti.
 

Il ritiro “frettoloso” di quel che era rimasto della coalizione internazionale e la chiusura delle ambasciate occidentali in Afghanistan ha fatto riflettere tutti noi, ci ha lasciato amareggiati e con un senso di vuoto, in quei giorni d’estate a tutto pensavamo tranne che essere immersi in un’altra dimensione come quella di un paese di nuovo in mano ai temuti Talebani. Paese lontano eppure mediaticamente ed empaticamente così vicino.
Germana Zuffanti, funzionario presso il Rettorato dell’Università di Torino e giornalista pubblicista, da tempo impegnata nello studio dell’attualità geopolitica, ha scritto a quattro mani con il Generale Giorgio Battisti, primo comandante della Missione internazionale ISAF in Afghanistan, il libro “Fuga da Kabul”, edito da Paesi Edizioni. Il saggio racconta del ritorno dei Talebani in Afghanistan nell’estate del 2021, dell’ attualissima importanza del territorio asiatico all’interno degli equilibri internazionali e dell’oscuramento dei diritti umani anche per le giovani generazioni.
La missione Nato, impegnata a ristabilire la democrazia e la libertà -“la famosa attività di peace keeping”-  in un paese dilaniato dai conflitti, si è conclusa con un significativo senso di frustrazione e con un forte interrogativo: ” ne è valsa la pena,  considerati i morti, i sacrifici umani, il difficile e inefficace impegno diplomatico? Sono stati spesi trilioni di dollari, si è cercato di esportare la democrazia in un paese perennemente in guerra, ma alla fine sono tornati loro a governare l’Afghanistan, i Talebani; lo avevano già fatto dal 1998 e fino al 2006 imponendo rigide regole e gravissime limitazioni sui diritti umani, in particolar modo contro le donne in nome di quel credo religioso che li ha formati nelle madrase pakistane.
Dal libro:
“Forse però non tutto è stato vano, la missione ha ridato speranza ad una popolazione senza pace e ha indicato una via di sviluppo sociale ed economico che il nuovo Emirato non potrà cancellare facilmente.”

Dottoressa Zuffanti quale è l’attuale situazione in Afghanistan, soprattutto per le donne, dopo il ritiro delle truppe Nato e il ritorno del regime talebano? 
Qualche dato può dare una idea della situazione e spingerci a fare una riflessione. 

Le ragazze prima dell’agosto 2021 rappresentavano il 40% degli studenti, 300.000 frequentavano l’università e 100.000 erano donne, mentre nel 2001 solo poche migliaia si recavano a scuola.
Sono stati costruiti 4.500 edifici scolastici e formati più di 200.000 insegnanti dei quali oltre il 30% donne. L’80% della popolazione possedeva un cellulare, il 66% un televisore e il 18% usava internet, con maggiore sviluppo nella regione centrale di Kabul. Erano in vita 45 stazioni radio, 75 canali televisivi, agenzie di stampa e tante pubblicazioni, inclusi 7 quotidiani. Sono state edificati oltre 33.000 km di strade asfaltate e la più importante autostrada del Paese è stata completata al 90%.
La mortalità legata alla maternità è diminuita del 15% e quella infantile del 35%, oltre il 61% della popolazione aveva accesso all’acqua potabile.
Ma un grande risultato, soprattutto, era stato raggiunto: far conoscere agli Afghani, ai giovani in particolare (oltre il 50% della popolazione ha meno di trent’anni), le condizioni e i presupposti legittimi della propria libertà.Dopo il 15 agosto, al di là dell’immagine che i Talebani 2.0 hanno voluto regalare al mondo ed alla comunità internazionale, si è tornati violentemente indietro di vent’anni. Il loro governo ha sostituito il ministero degli Affari Femminili con il ministero per la propagazione della virtù e la prevenzione del vizio. Il nuovo organismo ha ricominciato a far rispettare molti rituali islamici con la forza attraverso la polizia morale come era anni addietro. Tra i ministri e viceministri non ci sono più donne ( prima della presa del potere dei guerriglieri, le politiche all’esecutivo erano il 6,5%, una percentuale bassa, ma migliore rispetto alla condizione attuale).
Una donna afghana oggi non può lavorare fuori casa (ad eccezione di qualche medico o infermiere) e fare qualsiasi altra attività se non accompagnata da un mahram (un parente stretto come il padre, il fratello o il marito). È proibito trattare con negozianti uomini, essere visitate da dottori di sesso maschile o studiare in scuole, università o altre istituzioni educative. Le limitazioni comprendono anche normali abitudini femminili come usare cosmetici, portare tacchi alti o vestiti colorati (è obbligatorio il burqa, pena violenze e frustate). Presenziare a trasmissioni radio e tv, praticare sport, andare in bicicletta o in moto, ridere ad alta voce non è neanche contemplato. Esistono bus per sole donne e non ci sono bagni pubblici femminili, per quelle che hanno relazioni fuori dal matrimonio è prevista la lapidazione pubblica, in sostanza un inferno.

Durante la missione della coalizione internazionale, durata 20 anni, la situazione femminile in fatto di diritti e di evoluzione socio-culturale era la stessa in ogni parte del paese?
No la situazione non era la stessa, non lo è mai stata. Se è vero che a Kabul negli ultimi anni si respirava aria di modernità e democrazia, nelle parti più lontane dalla capitale, quelle geograficamente più difficili perché aspre e montuose, vigeva e vige il cosidetto Pashtunwali, “la via del pashtun”, un codice di vita, un insieme di regole morali e di comportamento a cui gli afghani sono molto più devoti che alla legge dei tribunali. Il Pashtunwali promuove il rispetto di sé, l’indipendenza, la giustizia, l’ospitalità, l’onore, l’amore, il perdono, la tolleranza, ma anche la vendetta, soprattutto verso gli estranei. In questo modello di vita le donne hanno, nella famiglia e nel clan, un ruolo subordinato e vivono una condizione di assoluta segregazione e isolamento.

Come è nata l’idea di scrivere il libro “Fuga da Kabul”?
Lo scorso fine agosto il Generale Battisti ed io ci siamo ritrovati a partecipare ad un webinar sulla questione afghana. Nella mia attività di giornalista pubblicista mi sono occupata di Afghanistan, di Medioriente, di terrorismo internazionale, di questione femminile. Ci è stato chiesto di dar vita ad un libro sul ritiro delle truppe internazionali da Kabul che non fosse però un istant book, ma un breve saggio dedicato alla situazione afghana che approfondisse, altresì, la questione del declino dell’occidente e della sua decisa determinazione di imporre la democrazia attraverso quella che anche noi nel libro chiamiamo  ultima “ingerenza umanitaria”. Non avendo esperienza come giornalista di guerra, ho cercato di riportare, attraverso le testimonianze del Generale Battisti ,“boots on the ground”, e in maniera più obiettiva possibile l’immagine di un paese da sempre martoriato da guerre intestine e portate dal nemico, ma certamente popolato da gente fiera e guerriera che porta sulla pelle i segni della sua gloriosa storia.

Maria La Barbera

A Claudio Magris il “Premio Speciale Lattes Grinzane 2022”

Annunciati i nomi dei cinque finalisti, fra cui l’italiana Simona Vinci. Saranno 400 studenti di 25 Giurie Scolastiche a decretare il vincitore

Monforte d’Alba (Cuneo)

Auður Ava Ólafsdóttir (Islanda) con La vita degli animali” (Einaudi), Pajtim Statovci (Kosovo/Finlandia) con Gli invisibili” (Sellerio), Simona Vinci con L’altra casa” (Einaudi), Jesmyn Ward (Cina/Usa) con Sotto la falce” (NN Editore), C Pam Zhang (Usa) con Quanto oro c’è in queste colline” (66thand2nd): sono loro i cinque finalisti del “Premio Lattes Grinzane 2022”, riconoscimento internazionale organizzato dalla “Fondazione Bottari Lattes” di Monforte d’Alba e intitolato a Mario Lattes, editore, scrittore e pittore, fra gli intellettuali più prestigiosi del nostro Novecento. Giunto alla sua XII edizione, obiettivo del Premio – rivolto ai migliori libri di narrativa pubblicati nell’ultimo anno – è quello di far concorrere insieme autori italiani e stranieri e di coinvolgere attivamente nella lettura e nella scelta del romanzo vincitore il mondo della scuola italiana, con una piccola finestra dedicata ogni anno agli studenti residenti all’estero, rappresentati quest’anno dalla “Scuola Statale Italiana” di Atene. In attesa, dunque, del verdetto finale che andrà a scremare la cinquina finalista, da parte della “Giuria Tecnica” – presieduta da Gian Luigi Beccaria, linguista, critico letterario e saggista – è stato assegnato all’oggi 83enne scrittore triestino Claudio Magris (germanista e fra i più grandi critici letterari contemporanei) il “Premio Speciale Lattes Grinzane”, attribuito ogni anno a un’autrice o autore internazionale di fama riconosciuta a livello mondiale, che nel corso del tempo abbia raccolto un condiviso apprezzamento di critica e di pubblico. Qui i giochi finora compiuti. Ora toccherà proseguire con l’ardua scelta di assegnare il podio a uno dei cinque romanzi in pole position. A farlo (nel senso di darne lettura e giudizio) saranno i  400 studenti delle “Giurie Scolastiche”, avviate in 25 scuole superiori, da Aosta a Catania (passando per Torino – Liceo Classico “Massimo D’Azeglio” – Alba, La Spezia, Assisi, Campobasso, Foggia, Crotone e altre ancora), fino ad Atene. Con i loro voti, i giovani giurati decreteranno il libro vincitore tra i cinque in gara, che sarà proclamato sabato 15 ottobre 2022, nel corso della cerimonia di premiazione al “Teatro Sociale Busca” di Alba.

 In questa occasione il “Premio Speciale” Claudio Magris terrà una lectio magistralis su un tema a propria scelta e sarà insignito del riconoscimento. Inoltre, nel corso della mattinata i finalisti incontreranno gli studenti delle scuole coinvolte. Gli appuntamenti del “Premio” saranno anche trasmessi in diretta streaming sul sito e sui canali social della “Fondazione Bottari Lattes”, permettendo così di raggiungere pubblici diversi e lontani e mettendo a disposizione di tutti importanti contenuti della grande narrativa contemporanea.

“Come sempre – ha spiegato la ‘Giuria Tecnica’ – i soli criteri che abbiamo adottato nella scelta dei romanzi finalisti sono stati la qualità letteraria delle opere e la loro capacità di parlare ai giovani che dovranno giudicarle, raccontando storie, idee, realtà umane poco note o del tutto sconosciute: ma a posteriori è quasi sempre possibile rinvenire un filo. E quest’anno il filo sembra rappresentato dall’esperienza traumatica della perdita e dalla volontà, ostinata, di ritrovare e ritrovarsi”.

E sul perché del “Premio Speciale” a Claudio Magris, spiegano ancora il giurati (docenti, intellettuali, critici e scrittori): “Magris è oggi il narratore che più di altri ci sa trascinare verso alcuni stabili valori umani che se ne stanno al riparo dai mutamenti, valori che egli ha saputo mettere in rilievo soprattutto attraverso personaggi vissuti all’ombra dei grandi e che hanno fatto loro da spalla; personaggi travolti dalla vita, che non hanno fatto ma subìto la Storia, e non per questo deboli, ma di singolare forza nella loro malinconia o nella loro irriducibile vitalità”.

g.m.

Per info: “Fondazione Bottari Lattes”, via G. Marconi 16, Monforte d’Alba (Cuneo); tel. 0173/789282 o www.fondazionibottarilattes.it

Nelle foto:

–       Claudio Magris (Ph. Yuma-Martellanz)

–       Cover cinque romanzi finalisti

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Isabelle Allende “Violeta” -Feltrinelli- euro
Affascina e coinvolge -quasi come “La casa degli spiriti” (che resta un capolavoro assoluto e ineguagliabile)-l’ultimo romanzo della scrittrice Cilena, “Violeta”.
Un libro epico, in cui la protagonista centenaria racconta al nipote Camilo la storia della sua vita lunga un secolo. Sono pagine che racchiudono un mondo intero, in cui le vicende private, passioni, amicizie, avventure intersecano la storia e i suoi sconvolgimenti. Una fitta trama che ci fa incontrare personaggi indimenticabili, nel bene e nel male, e avviluppa noi lettori in una narrazione che non vorremmo finisse mai, tanto è magnifica e travolgente.
C’è una simmetria che promette un racconto geniale, emozionante come l’Allende sa fare in modo sublime.
«Sono nata nel 1920, durante l’epidemia della spagnola, e morirò nel 2020, durante la pandemia da coronavirus».
Così Violeta scrive mentre si sta addentrando nel terreno della morte, lasciando al nipote testimonianza del suo passaggio sulla terra in oltre 70 diari e migliaia di lettere; dove scorrono momenti difficilissimi, passioni anche devastanti, nascite e morti, in sostanza, “una vita interessante”. Ed emerge il ritratto intimo di una donna che è stata bambina coraggiosa e ribelle, amante, moglie, madre e imprenditrice di successo che ha saputo veleggiare, sempre a testa alta, tra i marosi di un’esistenza complicata.
Violeta del Valle, prima femmina dopo un’orda di 5 maschi, nasce in una famiglia benestante, nella Casa delle Camelie, in Cile. Una sorta di universo chiuso dove la bambina cresce circondata pure dall’affetto delle zie, Pia e Pilar. In casa arriva poi l’istitutrice inglese Miss Josephine Taylor che avrà un ruolo importantissimo anche nella vita del fratello maggiore di Violeta, José Antonio, braccio destro del padre negli affari di famiglia.
Però il destino incombe e i del Valle subiscono il rovescio della fortuna. La crisi economica internazionale e la Grande Depressione mandano a fondo Arsenio del Valle che, di fronte alla rovina, sceglie una via d’uscita traumatica, e sarà proprio la figlia a scoprire per prima quale. La perdita di tutto e lo scandalo spingono la famiglia all’Esilio nel sud del paese, a Nahuel, zona quasi disabitata “dove finisce la civiltà e inizia il territorio degli indios”.
Anni di adattamento, rudimentali occupazioni della vita di campagna, letture e tanto altro modella l’adolescenza di Violeta, che ricorderà quel periodo come il più limpido della sua vita.

Crescendo si rivela abilissima negli affari e insieme al fratello mette su una fiorente impresa che fa fortuna con la costruzione di case prefabbricate. Poi un matrimonio insignificante; mentre a segnare buona parte della vita di Violeta sarà invece la passione travolgente per Julián Bravo.
Un avventuriero dagli affari poco limpidi, amante del rischio, abile pilota “che danzava con la morte”, intrallazzato con mafia, traffico d’armi, poteri forti e occulti.
E’ un uomo irresistibile ma spietato, pericoloso ed egoista; violento e manesco, la tradisce continuamente e la picchia spesso per un nonnulla.
Non la sposerà mai nonostante abbia messo al mondo i suoi due figli. Il dolce, sensibile e delicato Juan Martín; che il padre trova debole ed effemminato. I due non si capiranno mai e Juan starà bene solo lontano da Julián.
Ben diverso invece il rapporto con la bellissima figlia Nieves che il padre adora, vizia a dismisura, rendendola egoista e aprendole un futuro di autodistruzione. Lei taglierà i ponti con la famiglia, in fuga dal padre, strafatta di droghe, espedienti e perdizione. A nulla servirà la disperazione di Julian che le mette alle costole l’investigatore Roy Cooper. Personaggio che si rivelerà fondamentale nella vita di Violeta, di Nieves e di suo figlio Camilo. Poi mille altre svolte che non vi anticipo, ma che rendono indimenticabile questo romanzo.

 

Ian Williams “Riproduzione” -Keller- euro 20,00
Ian Williams è poeta e scrittore nato a Trinidad, cresciuto in Canada, professore di Letteratura Inglese alla University di Toronto e questo è il suo romanzo di esordio, con il quale ha vinto lo Scotiabank Giller Price.
689 pagine in cui l’autore parla di legami di sangue, riproduzione, concetto di famiglia e la sua evoluzione, ma anche dell’incontro tra culture diverse.

Siamo a Toronto negli anni Settanta e la 19enne Felicia, che arriva da una minuscola isola dei Caraibi, assiste la mamma malata in ospedale. Nella stessa stanza c’è Edgar, 40 anni, rampollo viziato di una ricca famiglia tedesca, che tiene compagnia alla madre ricoverata.
Inizia così la relazione tra un uomo bianco e una ragazza di colore, che innesca una serie di conseguenze attraverso 4 decadi di storia narrata da Williams.
Due personalità agli antipodi, anche se entrambi degli immigrati; lei è religiosa e matura per la sua età; lui impreparato emotivamente, superficiale e a tratti irresponsabile.
La madre di Felicia muore lasciandola sola al mondo, quella di Edgar invece viene dimessa e torna a casa.
La giovane dovrebbe studiare e trovare la sua strada nel mondo, ma Edgar le chiede di occuparsi della sua Mutter, e addio scuola frequentata con regolarità.

La relazione tra i due deraglia quando Edgar seduce goffamente Felicia e la mette incinta. Il loro rapporto si strappa perché lui a diventare genitore neanche ci pensa.
Frutto di questa breve unione sarà Armistizio, meglio conosciuto come Army, che cresce con la madre, ma segnato dall’abbandono del padre.
I due però condividono una bella fetta del patrimonio genetico e pur non avendo mai conosciuto Edgar, Army gli assomiglia parecchio, soprattutto in una serie di comportamenti e nell’attrazione per il denaro e le avventure galanti.

Gli anni scorrono, Army cresce mantenuto solo dalla madre, la quale a un certo punto si trasferisce nel seminterrato della casa di Oliver. Lui è di origini portoghesi, divorziato e padre di Heather ed Endrix.
Ed ecco che ritorna il concetto di riproduzione che contiene molteplici temi: il corpo femminile, la genitorialità (accettata, rifiutata, subita), la famiglia e le sue varie declinazioni.
40 anni dopo lo strappo che li ha allontanati, Felicia ed Edgar si incontrano di nuovo, le loro vite nel frattempo sono andate avanti e scopriremo in che direzione.

 

Daria Bignardi “Libri che mi hanno rovinato la vita ..e altri amori malinconici”
-Einaudi- euro 16,50
Questo libro della giornalista, scrittrice e conduttrice può essere visto anche come una sorta di testo matriowska, nel senso che include tanti altri libri che per l’occasione possiamo leggere per la prima volta oppure rileggere, ma con lo sguardo nuovo suggerito dalla Bignardi.
In poco meno di 150 pagine ha raccolto il risultato di uno scavo nella sua memoria con il quale è risalita alle radici di alcune sue emozioni e suggestioni letterarie. Più che rovinarle davvero la vita, le opere che cita hanno contribuito a dare una direzione, un senso alla sua esistenza e crescita.
E’ una sorta di memoir di formazione che in definitiva individua soprattutto 3 libri strategici. In pool position c’è il romanzo cupo di Djuna Barnes “La foresta della notte”, poi viene “Il demone meschino” di Fëdor Sologub, la cui vita fu segnata da gravi lutti che lo indussero a ritirarsi dal mondo e chiudersi in un silenzio assoluto. L’altro testo è “Così parlò Zarathustra” di Friederich Nietzsche del quale la Bignardi imparò brani a memoria, intrigata dal suo amore tormentato per Lou Salomé.

Ma di autori la Bignardi ne annovera tanti altri…tra i quali una grande scrittrice, Pearl S.Buck che scoprì grazie al libro usato “La buona terra” nella mitica collana Medusa Mondadori, scovato su una bancarella.
Oggi la Buck sembra accantonata, ed è un peccato perché fu una maestra nel raccontare saghe cinesi, vinse il Premio Pulitzer nel 1932, il Nobel per la letteratura nel 1938.
Ebbe una vita spettacolare, fuori dagli schemi e scrisse più di 80 libri.
“La buona terra” non rientra nel novero dei libri maledetti della Bignardi, ma la segnò con l’idea che l’amore potesse essere anche terribile. E nel romanzo che la Buck ambientò in America e non in Cina “Questo indomito cuore”, la Bignardi ha ritrovato una citazione che l’aveva colpita «Soffrirai perché niente dura, ecco tutto. E’ la dannazione finale alla quale cerchiamo di sfuggire per tutta la vita».

 

Perché non prendere spunto dal libro della Bignardi per leggere o rileggere
Djuna Barnes “La foresta della notte” pubblicato nel 1936, libro di cui si innamorò lo scrittore T. S. Eliot che scrisse la prefazione. Testo dalla trama esile, scandito da capitoli non lineari che conducono il lettore da una città all’altra –tra Parigi e New York- , in tempi e situazioni diverse, in una sorta di viaggio onirico.
All’epoca fece scandalo perché mise a fuoco travestiti, prostitute e soprattutto le relazioni tra donne.
L’amore lesbico era tabù e la Barnes sapeva di cosa stava parlando, perché a 29 anni si innamorò per la prima volta di Thelma Wood, giovane aspirante pittrice e scultrice di mediocre talento. Le due donne vissero insieme per 8 anni, segnati da viaggi, bevute, litigi e continui tradimenti.
Thelma –sensuale e magnetica- tradì la Barnes con uomini e donne; quando poi si legò alla ricca divorziata
Henriette McCrea-Metcalf, Djuna la lasciò definitivamente.
Fu allora che iniziò a scrivere “Nightwood” decisamente vendicativo. La bambola perversa Robin Vote del libro sarebbe ispirata da Thelma, mentre la ridicola Jenny sarebbe Henriette.

“La passione” raccoglie 9 racconti di storie poco appariscenti, ma dal significato profondo. Parlano di passioni, sentimenti, e narrano -tra l’altro- di una madre che fa visita alla figlia che non vedeva da anni; della morte di un proprietario terriero; di un sarto armeno a New York vittima di una giovane perfida. O ancora, dei pensieri deliranti di un’aristocratica anziana, e dei dottori Katrina e Otto giunti in America negli anni Venti

 

Antonio Manzini “Le ossa parlano” -Sellerio- euro 15,00
E’ il nuovo capitolo delle indagini di Rocco Schiavone, vicequestore romano spedito ad Aosta, che questa volta indaga sul ritrovamento delle povere ossa di un bambino sepolte in un bosco. Chissà chi era, perché aveva con se una spilletta con lo scudo Capitan America, nelle tasche dei jeans a brandelli. Il caso è inquietante e Schiavone ci si butta con il suo cinismo, la sua profonda disillusione e una personale idea della giustizia che spesso salta le regole stabilite. Affiora una realtà malata, deviata e crudele che ha a che fare con l’immondo sommerso della pedofilia.
In parallelo alle indagini, seguiamo anche le vicende private di Rocco che viene chiamato a testimoniare contro il corrotto dirigente di polizia Mastrodomenico; l’uomo che era a capo della banda armata sulla quale anni prima aveva indagato Schiavone e che gli era costata l’assassinio dell’adorata giovane moglie Marina. La raffica era destinata a Rocco ma aveva colpito la donna della sua vita e da quella perdita non si è mai più ripreso.
Forse un taglio più netto col passato potrebbe derivare dalla vendita dell’attico romano in cui era stato felice con la moglie….che non sembra essersene andata del tutto, visto che Schiavone continua a parlare con il suo “fantasma”.