La mia è una scrittura di nicchia. Non scrivo romanzi "con l'assassino". Scrivo ciò che mi sento

La meglio gioventù di Voltolini

STORIE DI CITTA’  di Patrizio Tosetto
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Una  fredda serata, vai in una libreria per la presentazione del libro scritto da Dario Voltolini e ti trovi 45 anni di ricordi che partono dal liceo. E come tutte le strade fatte di ricordi nulla é lineare, fanno mille curve con gli inevitabili sali e scendi . Pacific Palidases . Si leggono coralmente pagine ed inevitabilmente si ricorda cosa eravamo e cosa siamo diventati. Dario mi devi un intervista!
“Assolutamente, dove ci vediamo? Io sono ritornato a vivere in barriera”.  Allora ci si vede in barriera. Facciamo martedì mattina, ore 10 in Largo Brescia….
Aggiudicato. Puntuali come due soldatini. 
Dario, ne è  passato del tempo…
Sì, anche se l’altra sera con le tue battute sembrava che non ne fosse passato cosi tanto.
Dai, bando ai convenevoli, Dario. Che hai fatto dopo la laurea?
Fino al ’94 ho lavorato per Olivetti in équipe di ricerca, scritto qualche libro. Poi la crisi Olivetti mi ha indotto a scrivere ed insegnare.
Dove?
Scuola Holden, nel 2007 sono stato anche direttore didattico. Ogni giorno ne inventavamo una e i ragazzi partecipavano a questa dimensione creativa. Poi ho collaborato con Beatrice Merz, la sua casa editrice e la Fondazione Mario Merz
Il rapporto con la critica?
Ottimo. Annovero pochissime stroncature. Forti quando ci sono ma non fanno male perché rare.
Rapporto con il pubblico.
Questo, diciamolo, è un po’ più complicato. La mia è una scrittura di nicchia. Non scrivo romanzi “con l’assassino”. Scrivo ciò che mi sento.
Hai qualche tecnica particolare?
No, ci penso molto. Questo si, e generalmente incontro il ricordo personale”.
Onirico?
Questo non so….ma ti ripeto, il ricordo é per me molto importante. 
Ritorniamo al rapporto con il pubblico. L’altra sera hai raccontato del Premio Ischia…
Già,  carino. Eravamo all’inizio degli anni ’90 ed un mio libro era finalista al premio Ischia.  Raccontavo della Torino post industriale e del mio ricordo dei colori della nebbia come delle mura di cinta delle fabbriche…Mi piaceva riviverle e ricordarle. La giuria era composta anche da una scolaresca. Una ragazza commentando mi disse: ma allora a lei la nostra isola non piace …non le piace venire qui. Ho sorriso…mi sono schermito ed ho precisato: la vostra isola mi piace tantissimo ed io arrivo semplicemente da Torino.
Posso definire il tuo metodo di scrittura naif?
Assolutamente, ma per scrivere bisogna anche essere capaci di leggere. O perlomeno io ho seguito questo metodo. Un’estate mi sono imposto, riuscendoci, di leggere tutto Alla ricerca del tempo perduto di Proust. 
Tutto? 
Si, tutto, perché  me lo chiedi?
Sei tra i pochi, Dario. E poi mi racconta di altri scrittori contemporanei. Dimostra di non essere invidioso, di saper ascoltare e leggere per sapere scrivere. Tanti piccoli e grandi episodi. Alla fine gli chiedo:  
al liceo eri iscritto a qualche gruppo politico?
Come si diceva allora “cane sciolto” dentro il mare magmatico del movimento.
Stavolta sorrido io:
come in questi ultimi 30 anni?
Forse. Ma la mia libertà è stare dentro un “movimento” conoscendo e cercando di capire.
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Dario fa proprio parte della “meglio gioventù.
Patrizio Tosetto