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Caffè Vergnano, 140 anni di storia

Questa è la storia di una famiglia piemontese, delle sue quattro generazioni e delle sue
intuizioni più felici, passate attraverso 140 anni ed una tazzina di caffè come costante che
attraversa il tempo.

La storia di Caffè Vergnano parte nel 1882 da una piccola drogheria voluta e sognata da
Domenico Vergnano dove la passione per la miscela si fa ben presto culto e – soprattutto –
impresa. Un luogo in cui si sprigionano profumi, si raccontano leggende, si parla di bellezza,
si instaurano rapporti umani duraturi e sinceri, si sogna molto e si lavora tanto.

L’intuito vede sempre prima degli occhi e certamente è stato così anche nel 1930, quando
Enrico Vergnano, figlio di Domenico, decide di acquisire la prima fattoria produttrice di caffè
in Kenya andando a segnare una svolta rilevante per l’impresa di famiglia.

Nel 1970, a quasi cento anni di distanza, Carlo e Franco (nipoti di Domenico) che in quella
stessa drogheria hanno vissuto momenti felici da bambini, prendono le redini dell’azienda
portando Caffè Vergnano verso gli albori di una nuova era.

Il 1986, l’acquisizione di Casa del Caffè a Torino, segna il consolidamento imprenditoriale
nel mondo dell’Horeca. Si arriva così al 1996 quando i confini di Caffè Vergnano si allargano
verso il mercato estero attraverso un processo di internazionalizzazione e sviluppo che
permetterà al brand di affermarsi in 90 paesi.

Nel corso degli anni, Caffè Vergnano ha fatto della cultura del caffè una filosofia di vita,
grazie al suo know-how di eccellenza e qualità, differenziandosi in questo modo dalle
politiche commerciali dei maggiori competitor.

È proprio con l’entrata nel business della quarta generazione composta da Carolina, Enrico
e Pietro Vergnano che la voglia di mantenere e consolidare i valori familiari in ottica di
sviluppo, soprattutto affermandosi in mercati emergenti e in forte crescita, diventa centrale
per il successo dell’azienda che si avvia, oggi, verso un anniversario importante.

Parole come sostenibilità ambientale e sociale sono da sempre la cifra distintiva di Caffè
Vergnano e si traducono in tutte le azioni quotidiane, grandi e piccole, intraprese dal brand:
dalle capsule compostabili compatibili, ai processi di riciclo e di riduzione degli sprechi oltre
al recupero dei rifiuti.

In ambito etico, Women in Coffee è sicuramente il progetto che meglio racconta l’impegno
di Caffè Vergnano. Nato nel 2018 per sostenere piccole realtà di donne coltivatrici di caffè,
il progetto è in continua evoluzione ed ambisce a supportare iniziative concrete che parlano
di empowerment, inclusione e rispetto al femminile.

Altro valore chiave del brand è la cultura, intesa come processo di crescita e miglioramento
continuo. Per questo è nata l’Accademia Vergnano, istituita nell’antica casa di famiglia a
Chieri, dove vengono organizzati corsi teorici e pratici per i baristi che vogliono imparare
tutti i segreti del mondo del caffè e approfondire le loro competenze.

Con il 2021, arriva la partnership strategica con Coca-Cola HBC per la distribuzione esclusiva
dei prodotti di Caffè Vergnano nei territori di Coca-Cola HBC, con l’esclusione dell’Italia.
L’accordo rappresenta un’importante opportunità di crescita internazionale e di sviluppo del
business export attraverso un rafforzamento della propria presenza, oltre i confini italiani.
Giunto oggi ai suoi primi 140 anni, Caffè Vergnano continua ad affrontare nuove sfide che
lo porteranno a scrivere nuovi capitoli di un libro che racconterà molto di questa famiglia,
della sua passione per il caffè e dei suoi grandi sogni.

Il 2021, nonostante le difficoltà affrontate, si è chiuso con un fatturato totale di 92mil di
euro, andando quasi a pareggiare il 2019. Nel dettaglio l’export ha chiuso a 22,4mil di euro,
il retail a 37,6mil, il comparto Horeca a 29,4mil e il vending a 2,6mil di euro.
Un risultato ambizioso in un contesto ancora delicato ed incerto.

Il nuovo anno sarà un intero anno di celebrazioni, eventi, sorprese e regali per i nostri
consumatori. Ci sarà una limited edition di prodotti iconici dell’azienda che per l’occasione
si vestiranno d’oro, oltre ad una reinterpretazione del coccio in terracotta toscana, storico
regalo di Natale.

Caffè Vergnano compirà inoltre un viaggio lungo l’Italia durante il quale porterà il vero
espresso italiano vicino ad amici, partner e consumatori.

“Siamo “vecchi” ma non ci siamo mai sentiti più giovani. Abbiamo tante idee, energia
positiva, ottimi partner ad affiancarci, ma soprattutto tanti amici che ogni giorno dimostrano
amore per la nostra famiglia ed il nostro marchio. Sarà un anno da celebrare e ricordare
perché tante cose succederanno e tutte saranno ispirate dai valori in cui da 140 anni
crediamo, da quei sentimenti che arricchiscono i nostri sogni e li fanno diventare realtà. Il
nostro sguardo è e sarà sempre rivolto al futuro perché il domani è ancora tutto da costruire
assieme.” Carolina Vergnano – CEO di Caffè Vergnano

Caffè Vergnano
Caffè Vergnano è la più antica torrefazione italiana a livello nazionale. Fondata nel 1882 e ancora
oggi guidata dalla famiglia, da 140 anni racconta il rito dell’autentico espresso italiano portando in
una tazzina profumi e aromi di tutto il mondo. Il segreto delle miscele è la tostatura, lenta e
tradizionale che valorizza ogni singola origine, nel rispetto della materia prima.
Le miscele Caffè Vergnano si trovano nella grande distribuzione, nei migliori bar e negli oltre 179
Caffè Vergnano 1882, la catena di caffetterie all’italiana presente in tutto il mondo.

Una storia lunga 15 anni: auguri Eataly Torino

Era il lontano gennaio 2007: mi trovo entusiasta ad aver scoperto questo nuovo supermarket in zona Lingotto, a Torino,forse un po’ più caro rispetto agli altri, ma pieno di prodotti che non gustavo più da tanto e ai quali la tradizione culinaria di famiglia era molto affezionata.

Dal giorno in cui ho messo piede in questo nuovo “supermercato del gusto”, l’ho visto crescere, modificarsi, superare crisi, rinnovarsi di continuo per soddisfare sempre più una clientela che nel tempo ha individuato questo posto come un polo di riferimento gastronomico importante. Fin da subito, si respirava un senso di rilassatezza mentale, curiosando nelle varie corsie, quasi a dedicarsi dei momenti di contatto fra il cibo e i produttori, tanti, tantissimi e ognuno con le proprie peculiarità.

In quell’anno Eataly iniziava la sua avventura aprendo le porte del primo punto vendita, quello nell’ex opificio Carpano al Lingotto di Torino. Un luogo inedito dedicato alla valorizzazione e al racconto del meglio delle tradizioni eno gastronomiche italiane.

Col passare del tempo, Eataly Lingotto ( e poi anche nella sede più centrale della città, quella di via Lagrange) è diventata una tappa importante del sapere sul cibo piemontese e nazionale. Dalla pasta secca, alla pasta fresca, le cui vetrine di esposizione sono a “ cielo aperto” : si possono così scegliere agnolotti e plin come ci si trovasse in un vero e proprio pastificio. La loro realizzazione è stata improntata secondo lo stile della storica  famiglia Alciati – che in termini di lavorazione dell’agnolotto è fra le più famose in Piemonte – e che da poco tempo aperto il nuovo bistrot  “Giù da Guido”. Eun luogo dedicato al “mangiare con lentezza” –  ricavato in un’ampia area proprio vicino alla zona dei vini regionali e della cantina che contiene quelli più rinomati – dove è possibile gustare tante proposte della tradizione piemontese ma proposte in maniera rinnovata e allo stesso tempo gustosa : tra tavoli in stile retrò, in un’atmosfera rilassante e immersi in un tempo indefinito, assaporando portata dopo portata, l’amore e l’eleganza della loro cucina.

Eataly è anche molto altro: è riuscita a distinguersi anche per la realizzazione di un’area vendita adibita alla presentazione di molti strumenti di lavoro professionali ma molto utili anche nelle preparazioni casalinghe: a dimostrazione del fatto che l’attenzione alle ricette che si possono realizzare  successive all’acquisto dei prodotti, è molto sentita.

La rilevanza nella conoscenza del cibo che poi si mangia è un aspetto su cui Eataly si è sempre prodigata molto: il claim con cui sono nati  “ mangia meglio, vivi meglio” , è proprio quello su si poggia la filosofia di questo luogo che anno dopo anno, è sempre più apprezzato, soprattutto dagli stranieri. La frutta e la verdura messa in esposizione appartengono sempre alla stagione in corso, a dimostrazione di come sia particolarmente sentita la divulgazione degli aspetti nutrizionali dei cibi a partire dal rispetto della stagionalità dei prodotti.

Grande attenzione è dedicata sopratutto ai vini, alle birre, ad etichette anche internazionali di  liquori e distillati. Il cuore pulsante è proprio nello shop situato al piano inferiore. Lì una volta si poteva anche mangiare, con un menu un po’ più rustico in abbinamento alle birre: ora questa zona, insieme a tutti gli altri ristoranti a tema, sono stati spostati al piano principale.

Vini regionali ovviamente ma anche tantissime referenze provenienti da ogni parte d’Italia, così come gli champagne rigorosamente provenienti dalla Francia.

Lo spettacolo del cibo e del vino è stato impreziosito, anno dopo anno, dalla programmazione di tanti eventi, che hanno visto il coinvolgimento di chef, stellati e non di tutta Italia e delle filiere alimentari che, con le loro preparazioni, hanno cercato di valorizzare. Questa obiettivo, ha fatto sì che  Eataly da sempre si proponesse con quella filosofia con cui Slow food si è fatta conoscere, cioè quella del “mangiare con lentezza e con consapevolezza”: numerosi sono, infatti, i prodotti promossi sugli scaffali a marchio Slow food , con l’obiettivo di sottolineare l’identità del territorio di cui si fanno portatori.

Il 20 gennaio 2022, Eataly ha festeggiato quindici anni di permanenza sul territorio torinese: la capacità di aver avuto la capacità di  raccontare le storie dei cuochi, dei prodotti e dei territori – in altri termini la nostra biodiversità –  è stata davvero incredibile e oltre ogni aspettativa.  E chissà a quali altre sorprese andremo incontro!

Per 10 giorni, dal 20 al 30 gennaio, si sono succedute numerose cene e pranzi con cuochi e ristoranti di tutta Italia, non solo piemontesi, e che hanno trasmesso i valori dei luoghi di provenienza, le peculiarità e le ricette tradizionali; tutti seduti  intorno ad una tavola al gusto di “ Italia” .

Pranzare, per l’occasione del compleanno della struttura, in uno dei ristoranti coinvolti per l’evento – Felice a Testaccio – luogo che più romano non si può, è stata davvero un’iniezione di energia…gastronomica!

Il menu proposto, ovviamente, in pieno stile romano prevedeva carciofi alla romana, tonnarelli cacio e pepe mantecati rigorosamente al tavolo ( goduria perfetta per gli occhi prima di tutto), mezze maniche all’amatriciana e delle curiose polpette di bollito, realizzate alla maniera delle regioni del sud.

E’ stato molto interessante chiacchierare col titolare di questo locale emblema della capitale, dove si recano personaggi famosi e politici.

Nel pensiero che esprimeva sulla città di Torino, come potenziale sede di un’ulteriore apertura del ristorante, si è compreso come da romano, abituato a tempi e orari dilatati nel tempo, con ritmi di lavoro completamente diversi da quelle tipicamente sabaudi, sentisse forte la necessità- inaspettatamente- di volersi adeguare al rigore della città della mole, ai modi garbati e attenti di accogliere le nuove realtà gastronomiche, soprattutto se provenienti da regioni che portano con sé ricette particolarmente gustose, proprio come quelle della tradizione culinaria romana. E poi, testuali parole “ Torino  è così bella!”

Chiara Vannini

Manca il personale nella ristorazione. Ne parliamo con lo chef Nicola Batavia

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DEL RISTORANTE “ ‘L BIRICHIN “ DI TORINO

Il problema è ormai davanti agli occhi di tutti, soprattutto per gli operatori del settore gastronomico e della ristorazione : manca personale competente nelle brigate di sala e di cucina.

Le motivazioni sono varie,non solo economiche, non solo derivanti dalla pandemia, sia da una parte che dall’altra. I primi rilevano un’incapacità del governo a fornire adeguate misure assistenziali per agevolare le assunzioni e perfezionare i contratti con stipendi adeguati, i secondi – ” coccolati ” , nella maggior parte delle situazioni, dal reddito di cittadinanza e da altre misure di sostegno alla disoccupazione, non trovano motivazioni a rimettersi in gioco per una professione che prevede molta fatica fisica e mentale. Ma anche tanta passione. E forse è proprio questa che manca.

Ho chiesto quale fosse la reale situazione, per ciò che rileva nel suo ristorante, ‘L BIRICHIN a Torino, a uno chef di lungo corso nella ristorazione torinese, nazionale ed europea, Nicola Batavia, definito dai più lo “chef internazionale” proprio per questo suo bagaglio culturale eno gastronomico proveniente da più parti del mondo e che esprime nei suoi ristoranti. Il suo punto di vista, paragonandolo anche con il modello inglese che conosce bene, l’ho ascoltato con interesse.

 

1.Da quanto tempo il ristorante è aperto?

Il 4 marzo sono ben ventinove anni. Sono stati anni di grandi soddisfazioni personali ma anche della clientela soprattutto. Il mio modo di fare cucina nel tempo si è adeguato alle loro esigenze che, inevitabilmente, si sono modificate. In questo processo, le mie attività di consulenza in numerose attività ristorative in giro per il mondo, mi hanno aiutato molto nella diversificazione delle mie proposte culinarie. 

2.Quanto ricambio di personale ha subito la sala e la cucina?

Poco. Le figure responsabili, soprattutto in cucina, tendenzialmente rimanevano per cinque o sei anni. In sala, per almeno quattro anni, ho fatto crescere parecchi ragazzi.

In un ristorante ” gastronomico ” come il mio, dove i piatti che propongo partono da una base di studio e di approfondimento della materia che si trova nel piatto, non ho – ad esempio – bisogno di un sommellier: colui che gestisce la sala si attiva anche in quel ruolo. In sala, le persone che rispettano i turni del pranzo e della cena sono due, più qualche figura extra che richiedo quando il weekend è particolarmente impegnativo. In cucina,invece, siamo quattro comprensivo di uno stagista: io stesso sono molto presente in cucina e spesso mi occupo anche della sala. Le modalità nel godersi la sosta al ristorante è cambiata molto, il cliente ama trascorrere più ore seduto, essendo limitate numerose attività per il dopo cena. E così mi piace chiacchierare coi clienti e spiegare loro cosa stanno mangiando. Loro apprezzano e io vengo ripagato dalle fatiche, non solo in termini economici ….

3.Che tipo di caratteristiche deve avere, al di là della qualifica che ricerchi, il personale che ricerchi?

Sicuramente deve avere esperienze nelle tipologie di ristorante come il mio. Non svaluto in alcun modo i curricula che descrivono precedenti lavorativi nelle pizzerie, anzi, ascolto sempre tutti i candidati volentieri e, spesso trovo skills interessanti ma quasi mai in linea con ciò che ricerco. Ad esempio, io ricerco persone che si sappiano rivolgere al cliente in maniera elegante e che sappia spiegare in maniera pulita e tranquilla le portate. Diversamente, snaturo tutto il lavoro che c’è dietro ogni preparazione.

E’ molto difficile la selezione, soprattutto di questi tempi, perchè mi accorgo, leggendo le candidature ( centinaia al giorno,numero molto emblematico della situazione lavorativa attuale) che il problema maggiore per i ragazzi è leggere attentamente gli annunci di lavoro e rendersi conto se si è davvero in grado di proporsi o se si ha voglia di rimettersi in gioco.

4.Quali sarebbero le soluzioni principali da adottare per migliorare la situazione?

Bisognerebbe partire proprio dalle basi che ci proiettano nel mondo del lavoro, e cioè la scuola. Sarebbe utile rivedere tutto il sistema di organizzazione di inserimento lavorativo post diploma fin dal quarto anno e trovare un modus operandi efficace fra presidi, mondo della gastronomia e della ristorazione; così da da attivare stages formativi e tirocini in grado di capire sin da subito se vi siano le potenzialità o meno. E, per quelli selezionati, creare dei percorsi privilegiati.

Ad oggi, in questo particolare momento storico ed economico, ritengo non vi sia interesse, nonostante abbiamo creato le basi per diventare il reparto lavorativo che più alimenta la ricettività turistica e l’attenzione dei media e ha dimostrato di avere le potenzialità alla creazione di nuovi posti di lavoro, non abbiamo un vero e proprio inquadramento legislativo; con tutte le tutele che spetterebbero, sia agli uni che agli altri, ovviamente.

Troppe volte i ragazzi che seleziono mi chiedono in quali orari dovrebbero svolgere l’attività: per me è impensabile inserire negli annunci part time. Il lavoro nella ristorazione è full time, 6 ore al mattino e 6 ore la sera. Gli straordinari – se richiesti, io di solito non ne chiedo mai se non in occasioni particolari – sono regolarmente pagate, come da contratto. Per altro, il part time che intendiamo noi , in Gran Bretagna- ad esempio- non è contemplato.

La questione degli orari è legittima, ma penso che, se all’inizio della carriera di commis o di cuoco, non viene fatto un minimo di investimento su sé stessi, la famosa ” gavetta” di cui io stesso ne vado fiero, di questo mestiere non si avrà mai più passione, ma sarà considerato come un modo per “arrotondare” per arrivare a fine mese.

E anche il grido di allarme innalzato soprattutto dai candidati, rappresentato dagli stipendi inadeguati è sacrosanto; però c’è anche da dire che ogni salario dev’essere commisurato al grado di esperienza e all’ambiente in cui ci si propone. Ma è così non solo nel mio ristorante, ma anche in quello di livello superiore.

5.Perchè un ragazzo dovrebbe essere convincersi a mandare il curriculum al Birichin?

Semplicemente perchè, percentualmente, chi ha avuto esperienze lavorative da me, ha una probabilità maggiore di essere assunto o, per lo meno, di fa sì che il suo cv venga messo in cima alla lista di quelli pervenuti.

Nel mio ristorante si respira serietà, eleganza – quella giusta, senza eccessi che poi ” spaventa” gli ospiti – e amore per il cibo. Una volta percepite e fatte proprie queste caratteristiche che ogni figura lavorativa nell’ambiente della ristorazione di un certo tipo è richiesta, si è maturi per questa professione.

Io consiglio sempre, agli aspiranti commis o chef, di fare sempre qualche anno di esperienza all’estero:le difficoltà di carattere anzitutto linguistico e poi di adattamento ai diversi stili di vita, creano una ” corazza” che difficilmente, una volta rientrati in Italia, non potrà essere notata.

Chiara Vannini

Che pizza! Al taglio e al padellino ecco 5 pizzerie torinesi top

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Vi riproponiamo una selezione di pizzerie torinesi pubblicata tempo fa dal nostro giornale. Che ne direste di aggiornarla indicandoci i vostri locali preferiti? 

Rotonda, a tranci, a fette, a spicchi, in piedi o a tavola, fuori o a casa, purché sia ottima: la pizza è un piatto universale. A Torino la scelta tra i locali è davvero ampia perchè la vera pizza è alimento povero e nobile, simbolo e rito, momento di aggregazione e di golosità.

Daniela Roselli

All’Enoteca Regionale del Roero si chiude la stagione del tartufo

Canale, 30 gennaio 2022. LEnoteca Regionale del Roero, punto di riferimento per la promozione delle eccellenze del territorio, annuncia la chiusura della stagione del tartufo 2021 e organizza un piccolo momento istituzionale per fare un bilancio dellannata. Un momento che vuole in qualche modo simbolicamente sostituire il raduno dei trifolao e dei cani da tartufo, evento molto sentito e da sempre organizzato dallEnoteca Regionale del Roero per celebrare la fine della stagione tartuficola, ma che questanno a causa delle restrizioni in vigore non potrà tenersi: limpegno però è di trovare un nuovo momento pubblico in futuro dove celebrare il lavoro fatto anche questanno dai tartufai piemontesi.

Unannata non iniziata nel migliore dei modi, con pochi tartufi nella regione che meglio rappresenta questeccellenza mondiale. Ma la stagione, al di là dei risultati in termini di prodotto, è proseguita con un grande risultato, il riconoscimento del Patrimonio Unesco per la Cerca e cavatura del tartufo in Italia a dicembre 2021. Un successo importantissimo, che permetterà una crescita ulteriore del Piemonte in termini turistici, e che richiede per questo una progettualità importante a supporto di quello che dora in avanti sarà un cappello di accompagnamento di rilevanza mondiale.

I temi da affrontare a chiusura di stagione sono dunque molteplici. In un momento come questo questa iniziativa è essenziale per lEnoteca Regionale del Roero, commenta il senatore Marco Perosino, Presidente dell’Eno

teca Regionale del Roero, che fino al 2020 ha organizzato, per la chiusura della stagione, il raduno dei trifulao, ora temporaneamente interrotto a causa della pandemia. Vogliamo celebrare il forte legame tra vino e Tartufo, prodotti di una terra generosa e il riconoscimento dellUnesco, ma vogliamo anche parlare della necessità di adeguarsi rapidamente ad una concezione di ambiente più consona alla salvaguardia e alla tutela. In questo appuntamento parleremo della difesa del bosco, della necessità di piantumazione obbligatoria di tutti i terreni pubblici liberi, della tenuta dei versanti franosi e dell’uso dei diserbanti: tutti argomenti che dobbiamo tenere presenti in vista del futuro di uno dei prodotti che meglio rappresentano il nostro territorio nel mondo.

Anche Mauro Carbone, direttore del Centro Nazionale Studi Tartufo, parla della necessità di costruire strategie di valorizzazione ancora più forti, in un momento in cui lattenzione internazionale nei confronti del tartufo è ai massimi livelli: Si chiude una stagione del tartufo bianco dAlba complessa, caratterizzata da scarsissime piogge e da una conseguente produzione molto limitata, spiega Carbone. Il raccolto scarso ha portato a un forte aumento dei prezzi, più che raddoppiati in alcune settimane della stagione. Molto buona la qualità: il freddo è arrivato presto e con il freddo anche la maturazione perfetta del prodotto. Deve essere una annata da capitalizzare in termini di programmazione, con una nuova strategia di gestione del territorio, mirata a una tartuficoltura moderna e smart.

Enoteca Regionale del Roero: chi siamo

Punto di riferimento storico per la promozione del prodotto enoico del territorio di Langa e Roero, l’Enoteca Regionale del Roero è un luogo che si pone l’obiettivo di raccontare le eccellenze enogastronomiche del territorio piemontese.

Radicalmente ristrutturata nel 2017, l’Enoteca Regionale del Roero è stata pensata come una realtà dinamica, capace e competitivamente forte per sviluppare ulteriormente le attività promozionali della produzione vitivinicola locale.

Lattività di promozione e valorizzazione del Roero e del territorio di cui è espressione, impregno principale dellEnoteca, avviene attraverso lorganizzazione di manifestazioni e di attività di degustazione presso la propria sede, al fine di meglio sfruttare gli spazi e di offrire anche una esperienza sensoriale, data dallottima presentazione dei principali prodotti locali.

Ad oggi lenoteca raggruppa i principali produttori vitivinicoli del Roero, tutti caratterizzati da ottima performance di crescita e da una sempre più crescente notorietà dei prodotti a livello internazionale. All’interno dell’Enoteca Regionale del Roero, dunque, i visitatori troveranno in degustazione e in vendita le principali denominazioni del territorio: Roero e Roero Arneis DOCG, Langhe Favorita, Barbera dAlba, Nebbiolo dAlba, Langhe Nebbiolo, Birbèt. Non solo vino, ma anche prodotti gastronomici d’eccellenza, prelibatezze tipiche della regione Piemonte, distillati e squisitezze artigianali, provenienti da piccoli e grandi produttori della zona di cui si punta a valorizzare il lavoro.

La Biblioteca dei Sapori: un Progetto di Sviluppo Regionale per promuovere il territorio

L’Enoteca Regionale del Roero si fa capofila di un Progetto di Sviluppo Regionale (PSR), improntato sulla promozione delle eccellenze enogastronomiche del territorio.

Nasce così la Biblioteca dei Sapori: un progetto che trasforma l’Enoteca, rendendola non solo uno spazio di vendita e degustazione, ma soprattutto di narrazione dei prodotti, delle realtà agricole che ci sono dietro, del lavoro virtuoso di chi preserva le antiche tradizioni proiettandole nel mercato del futuro.

Un progetto, dunque, che punta a promuovere in modo coordinato e integrato le molte piccole aziende del territorio che non avrebbero, da sole, la forza sufficiente per emergere. A questa necessità la Biblioteca dei Sapori del Roero risponde attraverso la costituzione di una filiera corta rappresentativa dei prodotti più tradizionali e tipici del territorio e attraverso le messa in rete di prodotti e micro produttori, migliorando il grado di cooperazione del tessuto imprenditoriale del comparto agroalimentare.

L’obiettivo è quello di costruire una promozione integrata ed efficiente dei prodotti coinvolti e, indirettamente del territorio nel suo complesso.

Proprio per dare voce a un intero territorio, l’Enoteca Regionale del Roero si fa forte all’interno di questo  operanti sul territorio di Langa e Roero: lEnoteca Regionale del Barbaresco, lEnoteca Regionale del Barolo e lEnoteca Regionale Piemontese Cavour. Realtà che, così come l’Enoteca Regionale del Roero, vanno oltre il concetto di semplice esercizio commerciale, poiché hanno in seno al loro Statuto e alla loro storia lobiettivo istituzionale di far conoscere, diffondere, valorizzare e vendere le produzioni agricole del territorio, e in particolar modo limportante patrimonio enoico.

L’Enoteca Regionale del Roero la sede

L’Enoteca Regionale del Roero ha sede a Canale, in provincia di Cuneo, in via Roma 57, nell’ex Asilo Infantile Regina Margherita, complesso edilizio dello scorso secolo accuratamente restaurato.

Varcando lingresso del cortile si è subito accolti dallo stemma della casata dei Roero che campeggia sul sontuoso cancello in ferro battuto: il motto Abon rendreincarna pienamente lo spirito di accoglienza sincera e familiare di questo luogo.

Ledificio si presenta con unoriginale forma a Ue ospita al pian terreno il punto vendita con lesposizione dei vini, lufficio turistico Roero Turismoe lOsteria dellEnoteca. Al primo piano si trova, inoltre, una grande eccellenza gastronomica della zona, il Ristorante All’Enoteca, una stella Michelin, guidato dallo chef Davide Palluda.

Informazioni pratiche

Enoteca Regionale del Roero

Via Roma 57, Canale (CN)

0173978228

www.enotecadelroero.it

Oltre la tazzina… c’è il caffè

I vistosi rincari a cui stiamo assistendo, in particolare nel settore gastronomico e della somministrazione delle bevande, sono dovuti a vari motivi, non solo legati alla pandemia.

Alla base vi è un profondo studio della materia, un’attenta lavorazione, importanti investimenti nella comunicazione e, naturalmente, passione per la materia prima: son solo alcuni degli aspetti che, parallelamente alla gestione sanitaria in corso, costituiscono i motivi per i rialzi dei prezzi e, in questo caso, della bevanda più consumata al mondo, la pausa della giornata per eccellenza, il caffè.

Ne ho parlato con Fabio Verona, coffee trainer ed autore del recente libro destinato agli operatori del bar (ma non solo) dal titolo “Professione barista: manuale pratico per l’espresso perfetto”, all’interno dell’ex “Diamante”, l’elegante costruzione in vetro di fronte alla Rinascente di Torino divenuta ormai da 2 anni sede del Costadoro Social Coffee Factory, il flagship store del brand Costadoro, marchio storico nella torrefazione del caffè.

Il libro, oltre che proporsi come un’aggiunta di qualità ai contenuti che già vengono impartiti negli istituti di formazione, vuole divulgare il concetto che la caffetteria non dev’essere solo un complemento all’attività del barista, ma parte integrante della sua attività, così da essere completi nel percorso di formazione. Ed anche qualcosa in più. Attualmente, nelle scuole, viene dato risalto ai reparti consueti quali quelli destinati alla gestione della sala o alle tecniche più moderne relative alla preparazione dei cocktail, ben poche ore sono invece riservate al settore della caffetteria. E, come ci rendiamo spesso conto, se nel bar un caffè non viene  realizzato a regola d’arte, di solito, il cliente in quel locale non ci torna più volentieri.

La composizione del testo rimanda alla struttura delle lezioni che lo stesso Fabio prepara e impartisce ai suoi allievi nei corsi tenuti presso la Costadoro Academy: una prima parte dedicata allo studio della botanica, alla conoscenza della materia prima, fondamentale per riuscire a creare la bevanda perfetta che trovi gradimento e soddisfazione, fino a conoscere gli specialty coffee. In un secondo tempo, come in ogni preparazione gastronomica, anche per il caffè è necessario utilizzare al meglio gli strumenti adeguati, e così l’attenzione si rivolge sugli attrezzi del mestiere: la macchina espresso, il grinder, le regolazioni da effettuare per un’estrazione perfetta, la montatura del latte, ecc. Inoltre, si affrontano anche i metodi di estrazione alternativa quali il chemex, la french press, ecc. Passione per il caffè a trecentosessanta gradi, dunque, unita al desiderio di comunicare nel miglior modo possibile il caffè: aspetti che sono trasmessi in maniera decisa dallo stesso Social Coffee Factory dove, ogni volta che si entra, alla pausa caffè si abbina una vera e propria pausa didattica sensoriale, inebriati dal profumo di caffè appena macinato.

Fabio, provenendo dal settore della cucina nella veste di cuoco e di pasticcere, è anche famoso come “coffee chef “, e cerca di riportare nel caffè il concetto di materia prima da trasformare e da lavorare. Il caffè, quindi, come alimento ancora non lo avevamo considerato. Tutte le declinazioni, nell’espressione e nella lavorazione dei prodotti sono possibili, e non a caso vari sono stati i cuochi che negli anni, proprio con Costadoro, hanno proposto piatti a base di caffè, facendo emergere, in maniera coraggiosa ma consapevole, sapori inaspettati e curiosi.

Così come la pratica del corretto abbinamento del vino al cibo o viceversa, anche nel caso del caffè è possibile.

Questo, come dicevamo, non è ancora percepito come alimento in quanto tale poiché le stesse tabelle nutrizionali non lo riportano dato l’irrilevante apporto calorico. In realtà lo è eccome: è un frutto tropicale dolce – acido, come il mango o la papaya, le cui sostanze vengono estratte e diluite con l’acqua calda. Ovviamente, va da sé che più il frutto è buono, meglio lo si conosce, lo si sa lavorare e trasformare, più la bevanda sarà gradevole e di qualità.

Parlare, però, di principi nutrizionali contenuti nell’espresso non è possibile: lo si può fare, però, declinando tali principi agli aspetti curativi e medici conseguenti al suo consumo. E su questo il dibattito è ampio. Ad esempio, non per tutti i soggetti la caffeina contenuta nelle classiche tre tazzine di caffè (corrispondenti a circa 150 – 300 mg in totale) può risultare “sana”: tutto dipende dal proprio stato di salute e dalle patologie in corso in grado di accogliere o meno i benefici del caffè.

Inoltre, i valori di caffeina contenuti nel caffè possono variare di molto, e dipendono anche dalle condizioni climatiche dove le piante nascono e crescono : ad esempio, una pianta di caffè che si sviluppa in altura (generalmente di specie arabica) dove le condizioni climatiche tendono al fresco,  produrrà poca caffeina con un tenore medio dell’1,3% (ricordiamo che la caffeina è un meccanismo di difesa dai parassiti e dagli insetti) e, quindi, il caffè finale risulterà un po’ più “digeribile”.  La specie “robusta”, invece, che prende vita in condizioni di stress, in territori caldi e pianeggianti, dove le piante sono spesso attaccate dalle muffe e dagli insetti, ha un contenuto di caffeina addirittura doppio. Vediamo quindi come per il vino, anche per il caffè, il microclima e la provenienza del territorio influenzano fortemente le caratteristiche della bevanda.

E a proposito dell’aumento dei prezzi della tazzina di caffè, Fabio è molto sicuro nella risposta: non è l’aumento del prezzo del caffè al kg a determinarlo, ma sono tutti i costi accessori, dalla manodopera alle utenze in generale ad aver inciso sul prodotto finale.

Spesso poi, un caffè non è cattivo perché la materia prima non è di qualità, ma è la presenza di personale non adeguatamente formato a realizzare un “buon” caffè che porta a bere espressi con sentori di bruciato o con sgradevoli acidità.

Torino porta da secoli una tradizione di torrefattori famosi e la stessa prima macchina del caffè è stata inventata proprio nella città sabauda ad opera di Angelo Moriondo, che già aveva avuto l’intuizione di come fosse comodo preparare il caffè in breve tempo e poterlo gustare appena estratto. Dovremmo forse ricordarcelo ed osservare con più attenzione il lavoro del barista che tutte le mattine ci dà la carica per iniziare la giornata: degusteremmo con più consapevolezza ed emozione la tazzina di caffè.

Chiara Vannini

Al via gli appuntamenti per il 15° di Eataly Lingotto

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EATALY COMPIE 15 ANNI E CELEBRA IL MEGLIO DELL’ENOGASTRONOMIA ITALIANA

Appuntamenti a tavola, degustazioni guidate, tour del negozio e la più grande cena di sempre per festeggiare insieme

 

Buon compleanno Eataly Lingotto! Nel gennaio del 2007 Eataly iniziava la sua avventura aprendo le porte del primo punto vendita, quello nell’ex opificio Carpano al Lingotto di Torino. Un luogo inedito dedicato alla valorizzazione e al racconto del meglio delle tradizioni enogastronomiche italiane. Da 15 anni Eataly si occupa di raccontare incredibili storie i cui protagonisti sono i produttori, i luoghi, le tradizioni e i prodotti italiani: in una parola la nostra biodiversità.

Fino al 6 febbraio, a scaffale e ai banchi freschi tanti sono i prodotti e le eccellenze in offerta, eccezionalmente ad 1 € o scontati fino al 50%. Ma non solo: dal 20 al 30 gennaio i clienti di Eataly Lingotto avranno l’opportunità di conoscere ancora meglio alcuni prodotti iconici. I produttori saranno presenti in negozio e offriranno degustazioni, racconto e occasioni di didattica; mentre grandi chef, rappresentanti di tradizioni e nuove tendenze, interpreteranno le migliori materie prime in cucina.

Gli appuntamenti a tavola

Al via, quindi, un programma di appuntamenti per festeggiare insieme. Si inizia giovedì 20 gennaio con “Terra! La cena vegetale”: un menu inedito pensato dall’Executive Chef di Eataly Lingotto Patrik Lisa, che interpreta la cucina vegetariana e a km zero: i classici plin ma anche le tagliatelle di funghi cardoncelli, passando per una personalissima versione degli involtini primavera, fino ad un goloso dolce alle mele e gelato di San Pè, tutto secondo le verdure che la stagione offre (€ 60, con vini, acqua e caffè inclusi).

Si prosegue nei giorni successivi, con grandi cuochi da tutta Italia ospiti nelle cucine di Eataly Lingotto a pranzo e cena, che proporranno a Torino per un’occasione unica alcuni dei loro cavalli di battaglia. Venerdì 21 arriva Felice a Testaccio e porta con sé i sapori romani autentici, con grandi classici come cacio e pepe, amatriciana e carciofi alla giudia. Domenica 23 ecco la tradizione marinara dell’Osteria Caserma Guelfa, da San Benedetto del Tronto: insalata di mare, maccheroncini di Campofilone allo scoglio e pescatrice in potacchio sono i protagonisti del menu speciale del giorno. E poi lunedì 24 gennaio ci sarà la pizza di Giovanni Mandara di Piccola Piedigrotta, a Reggio Emilia: fatta a partire dall’impasto per il pane, soffice e condita con materie prime d’eccellenza, come il pomodoro Corbarino, la mozzarella di Vacca Rossa, la cipolla ramata di Montoro, il guanciale sardo al mirto e altri curiosi abbinamenti. Giovedì 27 è il turno di Yoji Tokuyoshi, che riporta in città la sua Bentoteca: gli ingredienti italiani incontrano la cultura giapponese, in un mix di gusto. Si passa ai sapori toscani venerdì 28, con l’osteria Mangiando Mangiando di Firenze: chianina, ribollita e fiorentina sono le parole d’ordine. Infine, sabato 29 ecco la Puglia di Lilith, Laboratorio in masseria a Vanze, in provincia di Lecce, che farà assaggiare alcuni dei grandi classici della tradizione come orecchiette, bombette e pasticciotti.

Non può mancare anche una serata nell’Enoteca di Eataly Lingotto, la più grande della città per dimensioni e varietà, con oltre 5.000 etichette e più di 35.000 bottiglie a disposizione. Sabato 22 gennaio dalle ore 19 ci sarà una grande degustazione, con alcuni tra i migliori produttori di vini di montagna: da Cavit a Le Cretes, passando per Favaro, Franz Haas, Cave du Vin Blanc, Dirupi e molti altri. In accompagnamento le tapas pensate per l’occasione dagli chef di Eataly, oppure le proposte della cucina di Giù da Guido, il nuovo locale della famiglia Alciati (evento su prenotazione – carnet da 6 calici a 30€ e da 3 calici a 18€).

Attenzione particolare verrà riservata alle famiglie e ai bambini: dal 20 al 30 gennaio tutti i bimbi fino ai 6 anni sono ospiti di Eataly a pranzo e cena e ci saranno anche menù speciali per i più grandi. E domenica 30 gennaio gran finale con la possibilità di concludere il pasto nei Ristoranti con il Tiramisù Eataly che verrà proposto in offerta libera (a partire da 2 euro). Tutto il ricavato verrà devoluto al progetto “Orti in Africa” della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus.

“Cuciniamo l’Italia”, la più grande cena di sempre

Da segnare in agenda l’appuntamento di mercoledì 26 gennaio con la più grande cena di sempre, “Cuciniamo l’Italia”, organizzata da Fausto Fratti / Scorticata Eventi per Eataly Torino. In cucina chef provenienti da tutte le regioni d’Italia, dalla Valle d’Aosta alla Calabria, isole comprese, per compiere un viaggio di gusto tra le tipicità del territorio, ricette della tradizione ma anche rielaborazioni contemporanee. Protagonisti saranno 26 chef e i loro piatti: stelle Michelin, giovani promesse, esperti cucinieri e osti. Ognuno di loro sceglierà i prodotti per il menu direttamente la mattina stessa della cena tra le eccellenze di stagione del Mercato di Eataly Lingotto: ne nascerà un menu a sorpresa con piatti per tutti i gusti, uno spaccato delle cucine regionali d’Italia frutto dell’estemporaneità, di diverse storie ed esperienze degli chef stessi. Un’incredibile maratona di piatti, accompagnata dai migliori vini selezionati dai Cantinieri dell’Enoteca di Eataly e dalle birre Baladin, in una serata ricca di intrattenimento e musica, grazie anche alla presenza della Bandakadabra, per celebrare insieme questo 15° compleanno. Ecco l’elenco completo degli chef per ogni regione:

Valle D’Aosta

  • Sabrina Salussolia – Trattoria di Campagna, Sarre (AO)

Piemonte

  • Federico Zanasi – Condividere, Torino
  • Giuseppe Rambaldi – Cucina Rambaldi, Villar Dora (TO)

Liguria

  • Antonio Buono – Casa Buono, Trucco (IM)

Lombardia

  • Stefano Baiocco – Villa Feltrinelli, Gargnano (BS)

Veneto

  • Marco Bravetti – Tocia! Cucina e Comunità, Venezia
  • Andrea Rossetti – Antico Veturo, Trebaseleghe (PD)

Friuli Venezia Giulia

  • Stefano Basello – Al Fogolar 1905, Udine

Trentino Alto Adige

  • Simone Cantafio – La Stüa de Michil, Corvara in Badia (BZ)

Emilia Romagna

  • Daniele Bendanti – Oltre, Bologna
  • Giuseppe Gasperoni – Il Povero Diavolo, Poggio Torriana (RN)

Toscana

  • Lorenzo Barsotti – La Sosta dei Cavalieri, Pisa

Marche

  • Gabriele Eusebi – Cuoco Delle Lettere, Belmonte Piceno (FM)

Umbria

  • Giulio Gigli – Une, Capodacqua (PG)

Lazio   

  • Salvatore Tassa – Colline Ciociare, Acuto (FR)

Abruzzo

  • Mattia Spadone – La Bandiera, Civitella Casanova (PE)

Molise

  • Marco Pasquarelli – Il Tartufo, Castel del Giudice (IS)

Puglia

  • Vincenzo e Francesco Montaruli – Mezza Pagnotta, Ruvo di Puglia (BA)

Campania

  • Giuseppe Iannotti – Kresios, Telese (BN)
  • Franco Pepe – Pepe in Grani, Caiazzo (CE)

Basilicata

  • Michele Castelli e Virginia Caravita – Dimora Ulmo, Matera

Calabria

  • Luca Abbruzzino – Abbruzzino, Cava-cuculera Nobile (CZ)

Sicilia

  • Corrado Assenza – Caffè Sicilia, Noto (SR)

Sardegna

  • Dario Torabi – Old Friend Bistrot, Cagliari

Su prenotazione al prezzo di € 110, comprensivo di vini, birre, acqua e caffè.

Esperienze e corsi

Non mancheranno le attività didattiche: d’altronde una delle anime di Eataly sin dalla sua nascita è proprio la didattica, con l’obiettivo di rendere più consapevoli i consumatori e di scoprire la cultura enogastronomica in tutti i suoi aspetti. Ecco allora in programma incontri con i produttori, con degustazioni guidate ma anche corsi di approfondimento su alcune produzioni enologiche e brassicole. E poi l’Eataly Tour: un tour degustazione dedicato a chi non vuole perdere l’occasione di visitare il primo Eataly in assoluto, per vivere un’esperienza sensoriale a 360°! Un viaggio alla scoperta delle eccellenze della biodiversità italiana, con 15 golose degustazioni itineranti. Dalla Panetteria all’Enoteca, passando per i reparti freschi, il laboratorio di produzione dal vivo della pasta fresca, il Caseificio: queste e molte altre saranno le tappe dell’Eataly Tour, in programma sabato 22, martedì 25 o sabato 28 gennaio (evento su prenotazione, prezzo al pubblico € 15).

Per consultare il programma completo: www.torino.eataly.it

Tutti gli appuntamenti si svolgeranno nel rispetto delle norme anti-Covid vigenti. Eventuali modifiche del programma o cancellazioni verranno comunicate e gestite prontamente.

Il Bistrò di Off Topic presenta il progetto “DWNL”

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 In collaborazione con uno dei produttori di Elemento Indigeno

 

L’appuntamento in programma mercoledì 19 gennaio a partire dalle ore 20 si inserisce all’interno di un palinsesto di iniziative nate dalla nuova collaborazione tra Torino Wine Week e Off Topic.

Un progetto coraggioso e innovativo che ha dato vita a un risultato saporito e fuori dagli schemi. È questa “DWNL (Drink Wines Not Labels)”, l’iniziativa del produttore Alessandro Salvano distribuita in Italia da Elemento Indigeno che sarà raccontata mercoledì 19 gennaio a partire dalle ore 20 presso il Bistrò di Off Topic in Via Pallavicino 35 a Torino, all’interno di una cena con degustazione.

Attraverso vinificazioni a “grappolo intero” e una filosofia “in ascolto” del vino e poco interventista in cantina, con il suo “DWNL” Alessandro Salvano ha dato vita a vini inaspettati e di altissima godibilità, realizzati nella zona tra Montelupo Albese e Serralunga d’Alba, partendo dall’idea vincente secondo cui è possibile scoprire e apprezzare anche prodotti senza storia o un marchio riconosciuto.

Saranno tre i vini in assaggio durante la serata degustazione al Bistrò di Off Topic: un Langhe Chardonnay 2020, un Langhe Rosso 2020 e un Langhe Nebbiolo 2020.

Ad accompagnare e valorizzare ulteriormente i sentori e i profumi di questi vini innovativi e sostenibili sarà la cucina “pop” del Bistrò di Off Topic, che proporrà il Crostino con hummus di peperoni arrosto e ratatouille di verdure abbinato al Langhe Chardonnay, i Cavatelli al ragù bianco e funghi abbinati al Langhe Rosso e il Tomino boscaiolo con cipolla caramellata e pomodori confit abbinato al Langhe Nebbiolo.

DWNL è distribuito in Italia da Elemento Indigeno, il progetto di ricerca di Compagnia dei Caraibi interamente dedicato etichette di tutto il mondo. Un viaggio attraverso i continenti che interpreta ogni singola bottiglia come pura espressione di un patrimonio antropologico e culturale. Al centro, i produttori. Coloro che con la propria passione e competenza raccontano in forme e prospettive diverse un concetto comune: l’amore per il vino e per il territorio.  Un’idea perfettamente espressa dal claim del progetto, The World is Wine.

La serata “DWNL” sarà il preludio della nuova progettualità del Bistrò di Off Topic e di Torino Wine Week: la settimana diffusa dedicata al Vino di Torino vuole essere  sempre più stimolo di approfondimento nella città e ha ideato una programmazione continuativa durante tutto il 2022 che vedrà moltiplicarsi gli appuntamenti sul mondo dell’ enogastronomia, partendo proprio dalla collaborazione con Off Topic, che da sempre ha sviluppato ragionamenti e buone partiche sulle filiere corte, la sostenibilità  e la passione per i prodotti di qualità.

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Il costo della cena con degustazione “DWNL” è di 30 euro.

 

PRENOTAZIONE TAVOLI OBBLIGATORIA
Contatta il Bistrò di OFF TOPIC scrivendo su Whatsapp al numero 388.446.3855

Fiori di zucca ripieni, una delicatezza al forno

In alternativa ai fiori fritti, vi propongo come antipasto sfizioso o secondo goloso, i fiori ripieni cotti in forno. Una prelibatezza dal gusto delicato da farcire secondo i vostri gusti, irresistibili, invitanti e leggeri.

Ingredienti

12 fiori di zucca freschissimi
200gr.di ricotta
100gr.di prosciutto cotto
2 cucchiai di parmigiano grattugiato
12 filetti di acciuga (facoltativo)
Sale,pepe, burro q.b.

Lavare con delicatezza i fiori di zucca e togliere il pistillo interno. Tritare il prosciutto cotto. In una ciotola mescolare la ricotta con poco sale, pepe, un cucchiaio di parmigiano ed il prosciutto. Mescolare bene. Con l’aiuto di un cucchiaino a manico lungo farcire delicatamente i fiori, inserendo all’interno il filetto di acciuga. Disporre in una pirofila da forno imburrata, cospargere con il parmigiano rimasto e fiocchetti di burro. Infornare a 180 gradi per 15 minuti. Servire caldo.

Paperita Patty

Chiude per lavori lo storico caffè Fiorio, amato da Cavour

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Re Carlo Alberto era solito chiedere ai suoi collaboratori: “che si dice oggi da Fiorio?”, per conoscere gli umori della città.

E Cavour amava sorseggiare un caffè seduto al suo tavolino ancora oggi al suo posto, mentre pianificava strategie politiche. Stiamo parlando dello storico Caffè Fiorio, in via Po a Torino. Il celebre locale che ha più di 200 anni deve però essere rinnovato. Come scrive “Repubblica”, urgono lavori di manutenzione, soprattutto nelle cucine da cambiare. Il proprietario Nicola Cesaro (suo anche il Caffè Torino) è fiducioso: forse si riapre nell’arco di un mese. Magari sarà troppo ottimista, ma certamente il caffè storico non chiuderà per sempre. Prima o poi riaprirà le serrande per servire cappuccino e croissant agli affezionati clienti e ai turisti.