Dal 29 ottobre al 1 febbraio alla Fondazione Sandretto

I giovani artisti di “Beware wet paint”

Un dato emerge lampante: Internet ed i nuovi mezzi di comunicazione digitale sono fonti d’ispirazione comune alle giovani leve in mostra. Ed ecco la nuova arte 2.0 , dai connotati fortemente interdisciplinari

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Attenzione, pittura fresca, anzi freschissima, dato che stiamo parlando delle nuove tendenze artistiche internazionali, in mostra alla Fondazione Sandretto Re Rebaugengo (29 ottobre- 1 febbraio 2015) a “Beware wet paint”. L’allestimento fa il punto sulla nuova pittura ed è tra i più importanti dell’anno; organizzato in collaborazione con l’Institute of Contemporary Arts –ICA di Londra, curato dal suo direttore Gregor Muir.

 

E’ la collettiva di 11 affermati giovani artisti che stanno tracciando l’arte del  XXI secolo,  affiancati da due mostre monografiche: una dei lavori giovanili, di David Ostrowski e l’altra di Isa Genzken che, per la prima volta, presenta in Italia un ciclo di opere meno conosciute rispetto alle sculture ed installazioni che sono la cifra della sua fama.

 

Un dato emerge lampante: Internet ed i nuovi mezzi di comunicazione digitale sono fonti d’ispirazione comune alle giovani leve in mostra. Ed ecco la nuova arte 2.0 , dai connotati fortemente interdisciplinari.

 

-A partire da Cristopher Wool, l’artista più maturo tra quelli in mostra, considerato il più importante pittore americano vivente. Raggiunse la fama negli anni 80 con opere per cui adoperava rulli incisi con disegni floreali e geometrici, impressi in smalto nero su fondo bianco. Celebri anche i suoi “Word paintings” in cui parole e frasi sulle tele creano un interessante connubio tra linguaggio ed immagine. I suoi lavori successivi sono dominati da cancellature, scarabocchi, macchie ed abrasioni che rimandano alle caotiche realtà urbane.

 

-Altrettanto importante è Jeff Elrod, che combina astrazione pittorica e tecnologia digitale. All’origine della sua arte il periodo in cui, negli anni  90, lavorò di notte come tecnico addetto alla composizione delle fotografie per un quotidiano; è allora che, approfittando di stampanti e computer, iniziò ad usare un mouse per dipingere. Oggi proietta su tela i suoi disegni digitali, poi con lo spray ne ripassa le linee coperte da nastro adesivo che, una volta levato, rivela l’opera finita.

 

Accanto a questi  due mostri sacri, ecco i giovani che ne rappresentano l’evoluzione.

 

-Korakrit Arunanondchai, vive tra Bangkok e New York (dove recentemente ha presentato un’installazione al Museum of  Modern Art) e veleggia tra diverse forme espressive: pittura, performance e installazioni multimediali. Ama utilizzare materiali di uso quotidiano (come tessuto jeans, candeggina e fuoco) per opere  che esprimono una visione caleidoscopica di commercializzazione di stampo occidentale mischiata a elementi di spiritualità orientale.

 

-La francese Isabelle Cornaro  esprime la sua genialità in filmati, sculture, disegni e dipinti. Affascinata dall’idea di riprodurre qualcosa di esistente in un’altra forma e materiale, dimostra come sia possibile nella serie in mostra “Reproductions”: ovvero le versioni ingrandite dei piccoli dipinti la cui realizzazione (veloce e spontanea) ha documentato nel  film”Floues et Colorées”.

 

– Il tedesco Nikolas Gambaroff vive tra New York e Los Angeles ed è interessato al linguaggio usato dai mass media. Le sue opere traboccano di carta stampata, fumetti e  poster. Ultimamente usa una tecnica di “decollage” in cui applica la pittura spray a strati su pagine dei quotidiani e dei DC Comics, poi rimuove parti della superficie e ne rivela le parti sottostanti. I suoi collage rivestono anche mobili, come tavoli e sedie.

 

-Nathan Hylden, a Los Angeles, crea dipinti in cui l’immagine iniziale è una fotografia fatta in studio, serigrafata su fogli di alluminio, che poi sovrappone e ricopre con spray e pennellate.

 

-Dalla navigazione sul  web ecco invece le creazioni del californiano Parket Ito che si definisce  un Yiba (young internet-based artist). E’convinto che Internet stia modificando sempre più il nostro  rapporto con la realtà e lo racconta assemblando in collage immagini selezionate dal web.

 

-Colombiano emigrato a Londra, Oscar Murillo, vuole esprimere il concetto di “comunità” mettendo in  relazione i mondi  distanti della sua terra di origine, povera e operaia, e il luccicante jet-set dell’arte di cui è protagonista, in veste di giovane artista di grande successo. Le sue opere, sempre di grande formato, implicano azione, performance e caos; ma dietro c’è una notevole pianificazione. Cuce tele di tanti formati differenti e compone particolari stendardi che espone orizzontalmente.

 

-Il portoghese Diogo Pimentão vive a Londra dove ammalia il pubblico con le sue performance. Le sue tele diventano superfici scultoree, invadono (in modo apparentemente casuale) muri e pavimento con grandi monocromi scuri che, guardati da vicino, evidenziano i tanti gesti e passaggi  dell’artista.

 

-Il corpo è al centro delle tele di Pamela Rosenkranz, che lo rappresenta come involucro vuoto,  fragile, ridotto a epidermide: usa telini  isotermici per meglio raccontare i corpi traumatizzati e le sue opere sono di ispirazione espressionista.

 

-L’americano  Ned Vena, bostoniano di nascita ma residente a Brooklyn, mischia echi Pop, Minimal e Street Art in un’interessante espressione artistica autoriflessiva. Usa programmi di grafica e utilizza materiali di derivazione industriale, come gomma e vinile, applicati con bombolette e adesivo.

 

-In mostra poi i lavori di David  Ostrowski, artista tra i più interessanti dell’ultima generazione di  pittori  astratti, paladino del rinnovamento  della pittura contemporanea. Per lui la pittura è ” il tentativo da dare un  significato all’insensato”. Nel 2011 un incendio distrusse il suo studio, bruciando tutte le tele, eccetto una, danneggiata dalle fiamme e macchiata di  fuliggine, ma ancora integra; è proprio da quella che ha ricominciato, con una nuova serie di dipinti. Composizioni in cui, con una tecnica particolare, mischia strati di sporco, polvere e vernice spray. E sostiene che le sue opere “..sono come i film francesi: romantici, apparentemente senza senso e ti portano  sempre a un fine”.

 

Isa Genzken presenta per la prima volta nel nostro paese il ciclo dei lavori di fine anni 80. Olii su tela monocromatici che già nel nome, “Basic Research”, esprimono un principio di interazione con l’ambiente. Sono frottage del pavimento del suo atelier, a metà strada tra opere scultoree e pittoriche.

 

Laura Goria