Il FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano aderisce all’iniziativa di APGI – Associazione Parchi e Giardini d’Italia
APPUNTAMENTO IN GIARDINO
sabato 4 e domenica 5 giugno 2022
Nei Beni FAI in Piemonte, interessanti iniziative per celebrare la ricchezza ambientale e culturale
del parco del Castello di Masino a Caravino (TO) e del Castello della Manta (CN)
Sabato 4 e domenica 5 giugno 2022 torna “Appuntamento in Giardino”, la manifestazione promossa da APGI – Associazione Parchi e Giardini d’Italia e nata in accordo con l’iniziativa “Rendez-vous aux jardins”, che si svolgerà in contemporanea in numerosi Paesi europei. Un’autentica festa del verde, pensata per invogliare il grande pubblico a vivere i parchi e i giardini del nostro Paese e a scoprire la straordinaria ricchezza storica, artistica, botanica e paesaggistica che li caratterizza, grazie al racconto di esperti e a interessanti attività a tema. Il FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano aderisce all’iniziativa con dodici suoi Beni aperti al pubblico, tra cui anche due in Piemonte: il Castello di Masino a Caravino (TO) e il Castello della Manta (CN).
Una grande stella a cinque punte al centro, sullo sfondo una ruota dentata a rappresentare il lavoro, un ramo d’alloro ad abbracciare il tutto, in primo piano la scritta “Repubblica Italiana”. Questo è il simbolo della Festa del 2 giugno. Festa, appunto, della Repubblica Italiana. Emblema, dal punto di vista grafico, alquanto “sofferto” e di lunga gestazione. Per arrivarci è occorso, infatti, un percorso creativo durato 24 mesi, 2 concorsi pubblici ed un totale di 800 bozzetti presentati da circa 500 artisti e dilettanti. Il tutto per tagliare il traguardo del 5 maggio del 1948, giorno in cui l’Italia repubblicana poté dire finalmente di avere il suo emblema. L’autore, vincitore di entrambi i concorsi, è Paolo Paschetto, illustratore valdese di Torre Pellice (1885 – 1963). Al suo primo e al suo secondo progetto, la Costituente chiese però sostanziali modifiche illustrative. No alla “cinta turrita” originaria (definita poco simpaticamente “la tinozza”) circondata da folta vegetazione, no al logo con la scritta “Unità e Libertà”, no al disegno centrale di un martello con un’ala e le lettere “R” e “I”, così come al ramo di quercia a destra e al ramo di ulivo a sinistra. Paschetto obbedì. E dal martello si passò alla stella, la cinta turrita diventò una ruota dentata, il ramo d’ulivo diventò d’alloro e sparì la scritta “Unità e Libertà” a favore di “Repubblica Italiana”. Meglio prima o meglio la versione definitiva? Parliamone. Per intanto, proprio in occasione della Festa del 2 giugno, alle ore 15, a raccontare la vera storia dell’Emblema della Repubblica Italiana e dei bozzetti dell’artista, esposti nella mostra “Oltre il giardino. L’abbecedario di Paolo Pejrone” in corso fino al 26 giugno al Castello di Miradolo, sarà lo storico Daniele Jalla, nipote dello stesso Paschetto, ospite del sesto e ultimo degli appuntamenti di “Mezz’ora con …”, promossi ed organizzati dalla “Fondazione Cosso”, al Castello di San Secondo di Pinerolo (via Cardonata, 2). Spiega Daniele Jalla:“La vicenda che portò all’adozione dell’Emblema è stata ricostruita nel dettaglio innanzitutto da Mario Serio, il primo ad essersene occupato attingendo alle fonti conservate dall’ ‘Archivio Centrale dello Stato’ che al tempo dirigeva. Dopo di lui, altri se ne sono interessati, fondamentalmente a partire dal suo saggio, ma anche aggiungendo altri elementi, dettagli, considerazioni. A margine, molto a margine, si è andata sviluppando una diatriba curiosa, volta a stabilire se l’Emblema avesse una radice massonica e se il suo autore fosse massone, per alcuni una colpa, per altri un punto di merito. Nipote dell’autore dell’Emblema, ho avuto il privilegio di poter consultare l’archivio di famiglia e questo mi consente di intervenire apportando nuovi elementi alla ricostruzione della vicenda, che in parte consentono di esaminarla dal punto di vista dell’autore, in parte aggiungono pochi, ma fondamentali dettagli in grado di arricchirne l’interpretazione e al tempo stesso di smentire altre ipotesi, quelle più campate per aria, peraltro”.
Sono raccolti sotto il titolo de “Un giorno di fuoco” i nuovi eventi programmati dal “Centro Sudi Beppe Fenoglio” e dall’“Assessorato alla Cultura” del “Comune di Alba”, nell’ambito delle celebrazioni del centenario dalla nascita dello scrittore – partigiano– traduttore albese. Titolo che prende ancora una volta il nome da una delle più celebri opere di Beppe Fenoglio (Alba, 1922 – Torino, 1963) e nello specifico dal primo libro pubblicato postumo, nell’aprile del 1963, due mesi dopo la morte dello scrittore. Si inizia giovedì 2 giugno, con ritrovo alle 9,45, a San benedetto Belbo per il primo trekking di questa nuova stagione. Una camminata di circa 14 km tra natura, storia e letteratura attraverso i luoghi dei racconti più intensi e significativi di Fenoglio: il gorgo del Belbo, Ca di Lù e Mimberghe, percorrendo un territorio di grande bellezza paesaggistica e naturalistica. La partecipazione è gratuita con prenotazione sul sito
l’associazione culturale “Premio Roddi”. Ingresso libero prenotandosi sul sito
La cerimonia di premiazione (ad ingresso libero, con la possibilità di essere anche seguita in diretta streaming sulla pagina Facebook della Fondazione) si svolgerà sabato 25 giugno, alle 17, nel giardino del Castello di Perno (Cuneo) nel cuore delle Langhe, “Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco”, condotta da Stefania Soma, in arte Petunia Ollister, esperta di valorizzazione dei beni culturali e comunicazione, creatrice dei #bookbreakfast da migliaia di follower su Instagram. In quell’ occasione si terrà una tavola rotonda, con le traduttrici e i traduttori finalisti, cui interverranno i giurati del Premio: Anna Battaglia, Melita Cataldi, Mario Marchetti, Antonietta Pastore (membri della Giuria stabile) e Silvia Piera Calamandrei, Stefania Stafutti e Giovanni Vitiello (membri della Giuria specialistica per la lingua cinese). Sottolinea Caterina Bottari Lattes, presidente della “Fondazione”, nata nel 2009 con lo scopo principe di rendere memoria al nome e alla figura del marito Mario Lattes, editore scrittore artista poliedrico e fra i nomi più prestigiosi del panorama culturale del nostro Novecento: “Con il ‘Premio Mario Lattes per la Traduzione’ intendiamo porre l’attenzione sul fondamentale ruolo dei traduttori nella diffusione della letteratura e sull’impareggiabile contributo della traduzione nell’avvicinare popoli e culture differenti, abbattendo muri ideologici, creando ponti culturali e favorendo il dialogo”. Con questa iniziativa, nello specifico, la “Fondazione” si prefigge di promuovere la conoscenza di culture e autori meno noti al pubblico italiano e, al contempo, di incoraggiare la traduzione in italiano delle loro opere più significative per qualità letteraria e profondità di contenuti, riflessioni e testimonianza. “Il tutto nella piena consapevolezza – conclude la presidente – che la traduzione non si risolve in una semplice trasposizione di parole da una lingua all’altra e nello spostamento di un segno linguistico da un codice all’altro, ma è una disciplina che sa trasferire pensieri e concezioni tra culture diverse, con le quali il traduttore instaura un profondo legame”.
Uno dei grandi protagonisti di questa tragica storia è stato l’assurdo e misterioso incrocio dei destini delle persone presenti a bordo. Quanto è stato importante questa tematica nello sviluppo narrativo del podcast prima e del libro poi?
Passando all’iconografia della nave (un gigante da 290,20 metri di lunghezza e da 35,5 metri di larghezza), quali sono state le tue prime sensazioni quando hai visto le immagini di quel colosso riverso sul un lato e quasi completamente naufragato nelle acque dell’Arcipelago toscano?
A venire incontro al lettore anche in occasione del Salone del Libro di Torino, è il fumettista sardo Igort con ” Quaderni ucraini, le radici della guerra” Oblomov pag. 176 € 20(riedizione 2022).Resoconto di quasi due anni di vita passati in Ucraina a intervistare la gente incontrata sul posto e a farsi raccontare le loro vite. Ne viene fuori un affresco a tinte forti, dove gli altri due poli del pensiero politico contemporaneo, la giustizia e la libertà, entrano in corto circuito e le ombre dello stalinismo e dell’icompiuta contro rivoluzione gorbacioviana, ci restituiscono un’ Ucraina da secoli divisa tra l’anelito all’indipendenza e la difficoltà a conseguirla una volta per tutte. In epoca zarista prima, poi con i piani quinquennali stalinisti( seguiti alla rivoluzione leninista del 1917) e la grande carestia (Holodomor) ceata dal regime sovietico di quegli anni per piegare i gruppi nazionalisti e indipendentisti, l ‘Ucraina arriva così ai giorni nostri al colpo di stato del 2014 e agli accordi di Minsk in Bielorussia per la normalizzazione del Donbass. Ma il Donbass è ucraino. È come se Londonderry non fosse nord irlandese, come se Ajaccio non fosse corsa o Bilbao non basca. I nostri media fanno apparire quei territori come irredentisti russi, ma i confini non rettilinei stanno lì a testimoniare la naturale appartenenza di quelle terre come anche la Crimea, allo stato ucraino, praticamente da sempre. Con la caduta dell’ Unione Sovietica e del Muro nel 1989, il progetto della perestroika e della glasnost gorbacioviana tradito da Eltsin, fece il gioco dell’orso russo, nel concedere una finta indipendenza agli stati ricompresi nella Csi fino alla restaurazione putiniana( vedi Georgia e Shevardnadze). Lo sta a testimoniare l’ultimo testimone ucraino intervistato da Igort, che attribuisce all’utopia capovolta post-comunista (” con il comunismo quel poco che avevamo era nostro”) la tragedia ucraina dei nostri giorni. Unico limite dell’ opera e essersi fermata al 2009 e a non prendere in considerazione i fatti successi negli anni successivi a Kiev come la rivolta arancione, la caduta di Janukovyč, il successivo insediarsi di Porošenko fino alle elezioni del 2019 che hanno portato al governo democraticamente eletto di Zelens’ky. Non è poco. Ma i bei disegni e le fonti originali dell’epoca sovietica ( come aver avuto accesso alle fonti degli archivi della polizia segreta Ceka stalinista durante la carestia) fanno di questa graphic novel un opera da non perdere. Fidel Castro un giorno disse :” solo una contro rivoluzione, può cambiare lo status quo sortito da una rivoluzione, se no ne segue gioco forza una lenta e ardua ” normalizzazione ”. Ma li si era all’Avana e particolare non da poco, su un’ isola. Staremo a vedere. Slava Ukraïni!


