Un’analisi minuziosa della situazione economica e finanziaria, che nel settembre scorso prevedeva a bilancio pre-consuntivo 2015 un disavanzo negativo di oltre 900.000 euro. La situazione è stata ribaltata operando su tre fronti
di Paolo Pietro Biancone*
Il bilancio della Fondazione per il Libro rispecchia l’andamento positivo del Salone del Libro. Si registra, infatti, segno più nei conti della Fondazione per il Libro. L’esercizio 2015 chiude con un utile di € 37.629, che al netto delle imposte di competenza (pari a € 30.131) giunge a € 7.498. Chiusura positiva anche per la previsione di Bilancio 2016 e per il Fondo di dotazione, riportato a valori positivi dopo anni di progressiva erosione fino a toccare valori negativi. Un’azione che il nuovo vertice della Fondazione, diretto da Giovanna Milella, ha avviato da subito con un’analisi minuziosa della situazione economica e finanziaria, che nel settembre scorso prevedeva a bilancio pre-consuntivo 2015 un disavanzo negativo di oltre 900.000 euro. La situazione è stata ribaltata operando su tre fronti:
La spending review sui costi della Fondazione.
L’allargamento della compagine, propiziato dal risanamento interno avviato nel secondo semestre 2015 che ha consentito l’ingresso di Miur, Mibact e Intesa Sanpaolo tra i Soci Fondatori.
L’acquisizione di nuovi sponsor, sia con avvisi pubblici di ricerca di mercato, sia con trattative dirette, come quella che ha portato Unicredit fra i main partner.
Perché i cittadini torinesi devono conoscere e comprendere questi risultati? Perché questi risultati sono stati raggiunti da un’azienda (privata, pubblica, non profit), che impiega risorse umane del territorio e risorse finanziarie anche pubbliche.
Comunemente il bilancio è visto come un adempimento amministrativo, ma è una visione errata. Il bilancio è, per sua natura, lo strumento che garantisce la conoscenza dell’andamento della gestione di una azienda e sullo stato della sua ricchezza (in estrema sintesi, fondo di dotazione o capitale conferito dai soci e investimenti, denaro a disposizione dedotti dai debiti).
L’uso distorto dello strumento porta a una perdita di credibilità da parte soprattutto dei non addetti ai lavori e, questo, è un male: rappresenta la perdita di valore per uno strumento importante per tutti, territorio compreso. Il successo di un’azienda è il successo della comunità e del territorio, così come la crisi o addirittura la chiusura di un’azienda è un insuccesso e un problema per tutto il territorio, qualsiasi siano le dimensioni di essa.
Occorre recuperare il valore del bilancio, comprenderlo, spiegarlo, semplificarlo perché si ripristini la sua importanza. Per far ciò occorre studiarlo diffusamente nelle scuole, inserire corsi ad hoc nei diversi percorsi di laurea, condividere con le risorse umane delle diverse aziende i risultati di bilancio.
Non ultimo, abolire i tecnicismi e un lessico difficile, che allontana dalla comprensione.
Più il bilancio sarà semplice, comprensibile, accessibile, più si eviteranno usi distorti dello strumento e ci sarà maggiore controllo da parte di tutti, più competenti e più informati. La trasparenza comincia dalla conoscenza e dalla possibilità di comprendere.
Per questo, ben vengano azioni di ricerca virtuose come quella dell’Università di Torino – Dipartimento di Management e il Comune di Torino per studiare e testare nuove forme di bilancio da spiegare al cittadino. Il bilancio Pop – già adottato nei Paesi anglofoni dal 60 per cento delle municipalità – è uno strumento contabile che rappresenta le performance degli enti pubblici locali, su base integrata: la partenza è concepire il bilancio comunale integrato. in ottica di consolidamento, con i dati contabili delle società e delle organizzazioni (fondazioni, associazioni) che il Comune delega nell’erogazione dei servizi per i cittadini. Un documento completo, facile da leggere per i non addetti ai lavori, accessibile, condivisibile, graficamente accattivante.
D’altronde, è dal 1300 che con la costituzione senese i temi della trasparenza sono importanti. Chi governa, si legge nel Costituto del 1309, deve avere a cuore “massimamente la bellezza della città, per cagione di diletto e allegrezza ai forestieri, per onore, prosperità e accrescimento della città e dei cittadini”. E che il bene della collettività dovesse necessariamente passare dalla condivisione e dalla trasparenza e fosse al centro degli obiettivi del governo senese di quel periodo, lo dimostra anche il fatto che pochi anni dopo venne dato incarico ad Ambrogio Lorenzetti di dipingere in una sala di Palazzo Pubblico le ormai celeberrime allegorie con “Gli effetti del buono e del cattivo governo”, una sorta di ulteriore traduzione – questa volta “visiva” – dei principi che il Costituto Senese faceva propri e che così potevano essere alla portata anche di chi non sapeva leggere, nel segno di una classe dirigente matura, che non temeva di aprirsi e dichiarare i suoi intenti di conduzione della res publica, rendendo consultabile il proprio progetto politico.
(Foto: il Torinese)
*Docente di bilancio consolidato e coordinatore del corso di dottorato in business & management dell’Università di Torino