ARTE- Pagina 33

“Pittura a bocca”. Tutto è possibile

Prosegue a Torino “Oltranza Festival”, l’arte dell’incontro “contro ogni barriera”, per la totale accessibilità ai luoghi della cultura

Domenica 9 giugno, ore 16,30

“Ho capito che per non essere vittima della mia ‘disabilità’ e di una società che categorizza le persone in diversità inesistenti, bastava soltanto che mi guardassi dentro: per comprendere chi fossi davvero, quali erano le mie potenzialità e cosa avrei potuto dare al Mondo”: in queste parole di grande profondità, coraggio e verità, pronunciate da Francesco Canale, artista poliedrico (pittore, scrittore, autore teatrale/musicale nonché performer) ed imprenditore, nato senza braccia e senza gambe e promotore del “Laboratorio di Pittura a Bocca” inserito all’interno di “Oltranza Festival” (progetto delle Associazioni, affiliate Arci, “Indiependence” e “Soundset APS”), c’è tutta l’essenza di un’impresa – concretizzatasi in un vero e proprio “Laboratorio” – nata dall’idea di “focalizzarsi sulla soluzione e non sui problemi” utilizzando per dipingere, nello specifico caso, non le mani, ma la bocca. Impresa non facile. Ma fattibile, ci insegna Canale.

Dopo aver realizzato una “nuova rampa” che rende agibile a tutti lo spazio sotto palco di “Magazzino Sul Po”, “Oltranza” torna dunque domenica 9 giugnoalle 16,30, questa volta nelle “Raffinerie Sociali” di Via Fagnano 30 int. 2, con la nuova iniziativa dedicata, per l’appunto, ad un Laboratorio di Pittura a Bocca” “Usa la testa Experience”. Finalità, quella di fondere l’esperienza laboratoriale con il divertimento per permettere ai partecipanti di prendere parte non solo ad un “Laboratorio di Pittura” ma anche al “primo gioco al mondo” in cui è vietato utilizzare le mani.

Al termine dell’ “esperienza di gioco e laboratorio”, seguirà un’intervista con aperitivo in compagnia di Francesco Canale intervallata da letture, tratte dal suo libro “Le Corde dell’Anima” (Editore “Scatole Parlanti”) con accompagnamento musicale dal vivo.

Queste nuove iniziative confermano, ancora una volta, la vocazione alla “multidisciplinarietà” propria di “Oltranza Festival” che abbraccia ogni disciplina e che si caratterizza, rispetto agli altri Festival, mantenendo sempre saldo – nell’organizzazione di un evento – l’obiettivo di rendere totalmente accessibili i luoghi della cultura in città. 

Di qui anche il suo impegno nel rendere finalmente accessibile a chiunque, come detto, lo spazio sotto palco ai Murazzi di Torino di “Magazzino Sul Po”, con una nuova rampa da poco installata e ulteriore importante tappa nel lento (ancora troppo lento!) cammino verso una maggiore inclusione sociale da parte della Città.

E questo significa anche – racconta Gigi “Bandini” Cosi, presidente di ‘Indiependence’ – che il Festival non è rivolto solamente alle persone con disabilità, ma a tutte e a tutti, con la convinzione che sia l’incontro l’elemento più potente che sperimentiamo nella vita”.

In piena corsa “Oltranza”, arriverà con il suo ricco palinsesto fino al 15 settembre prossimo e toccherà il culmine nei tre concerti organizzati a “Spazio 211” (ore 19/24), in via Cigna, per domenica 7 luglio.

Il ricavato del Festival è destinato in parte al finanziamento di una “borsa di studio” in “Disability Management & Inclusive Thinking” presso la “SAA” di Torino e in parte alla realizzazione di interventi di abbattimento di barriere architettoniche in circoli culturali non ancora accessibili.

Al progetto di “Oltranza Festival” hanno anche collaborato (insieme a “Indiependence” e a “Soundset APS”) “LISten APS”, “Magazzino sul Po” ed “Anomalia Teatro”, con il sostegno di “Fondazione Time2”, di “Arci Torino” e “Apic” e con la collaborazione di “Si può Fare”, “CPD”, “SAA – School of Management” e “Quattrolinee”.

Per info, programma e biglietti: www.oltranzafestival.it

g.m.

Nelle foto: immagini di repertorio (pittura e giochi) e Francesco Canale

Mai senza l’Holga

In mostra al torinese “Spazio Eventa” le “povere”, ma più che mai suggestive, fotografie di Candido Baldacchino

Fino al 7 giugno

Di sicuro, per i non addetti ai lavori, il titolo della mostra del fotografo torinese Dario Baldacchino“TERRAMARE – Fotografie con Holga” – allestita allo “Spazio Eventa” di Torino (fino a venerdì 7 giugno) può far insorgere un interrogativo o quanto meno una curiosità. “Holga”!?. E chi mai sarà quest’Holga? La moglie, un’amica, la figlia, la Musa Ispiratrice di Baldacchino? L’arcano ci può stare, ma è arcano di facile soluzione. Basta entrare in quegli spazi, al civico 42 di via dei Mille, che ospitano i suoi scatti per dare d’immediato una risposta al quesito.

“Holga”altro non è, infatti, che una semplice, anzi semplicissima che di più non si può, macchina fotografica. La “toy camera” più famosa al mondo, la definisce Tiziana Bonomo, responsabile del progetto “ArtPhotò” e curatrice della mostra. Baldacchino, dopo aver per anni maneggiato “Reflex” e “Kodachrome” sempre alla ricerca della massima qualità, la scopre, scopre la “Holga” ed è amore a prima vista. O meglio a prima “stampa”. Correva l’anno 1996. Quasi trent’anni fa e l’amore continua alla grande con risultati estetici di tutto rispetto. Scatti “sporchi, slabbrati, vignettati, talvolta sovraimpressi e sfocati … ma veri, con un’anima!”. Pare quasi inspiegabile a Baldacchino e a tutti noi che “una fotografia fatta con la ‘Holga’, una macchina di plastica e da pochi soldi – sottolinea ancora la Bonomo – riesca a suscitare atmosfere senza confini se non quelli del nostro io più nascosto”. Fotografie in bianco e nero fuori dal tempo reale, immagini oniriche, cariche di nostalgia, memoria ed emozioni, mai voci d’attimi fuggenti ma di attente osservazioni e lunghe e mirate esposizioni: un semplice pontile che porta i segni del tempo e che avvicina come può la terra al mare, un sentiero alberato che si perde in un’inquietante voragine nebbiosa che annulla suoni voci e confini o una sgangherata finestrucola (o quanto di lei resta) dietro le cui grate s’intravedono pannelli “Kodak” (un vecchio laboratorio fotografico?) e un occhio femminile impresso su stampa che par chiedere attenzione. O aiuto.

Pressoché assente la presenza umana, Baldacchino è riuscito a trasformare, attraverso la sua “Holga 120S”, anche le scene della più ordinaria realtà in opere d’arte di intrigante poesia. Maestro della “street photography”, nel vero senso della parola”, Baldacchino è stato inizialmente artista affascinato dal colore, un “puro fotografo”dalla storia affascinante e avvincente, ossessionato perennemente dalla sperimentazione e dalla ricerca, girovago in auto o a piedi fra terre e campagne o lungo le coste d’Italia e Francia ad osservare il mare e le bizzarrie delle onde per trarne i momenti di maggior fascino e vitalità. Nel 2019, è stato insignito dell’onorificenza “IFI” dalla “FIAF”(Federazione Italiana Associazioni Fotografiche), ha inoltre partecipato al “MIA Fair” (Fiera Internazionale dedicata alla fotografia) di Milano, dal 2014 al 2023, e alla mostra “Krappy Camera” alla “Soho Gallery” di New York, nel 2023.

L’amore per la sua “Holga” (macchina fotografica inventata intorno al 1982 dai Russi per i Cinesi, dal costo bassissimo, interamente in plastica, compresa la lente, caratterizzata da innumerevoli imperfezioni che, nel tempo, sono diventate veri e propri punti di forza nel riuscire, se ben usata, a realizzare immagini di potenza retrò e di magiche metafisiche atmosfere) lo accostano di molto all’opera di Yannick Vigouroux che, nel 2005, crea in Francia il Collettivo – poco conosciuto – “Foto Povera” che raccoglie fotografi che come lui provano un incondizionato amore per la “photographie ancienne”, l’antica fotografia. Ma non solo. Molti altri, infatti, sono i fotografi che come lui hanno usato o usano macchine fotografiche “povere”,  come l’inglese Michael Kenna che per creare atmosfere insolite nei suoi paesaggi (realizzati spesso con lunghissime esposizioni) ha iniziato dall’86 ad usare, oltre alla ‘Hasselblad’, proprio la ‘Holga’. Questo spiega, altresì, il formato quadrato delle immagini.

Altro nome di grande ispirazione per molti fotografi di questa “corrente” è quello del famoso Bernard Plossu, fra i più prestigiosi fotografi francesi contemporanei. Tutti artisti, profondamente ispirati alla ricerca del momento semplice, non decisivo, che si pone in netta contrapposizione all’ideale di un grande come Henri Cartier-Bresson. “Ecco allora – conclude Tiziana Bonomo – che parole come ‘metafisica’ ‘insolito’ – che accomunano questi artisti della fotografia – ricorrono sempre più a definire quella sensazione di sogno, malinconia, assenza che percepiamo guardando le opere di Baldacchino”.

Gianni Milani

“TERRAMARE. Candido Baldacchino, fotografie con ‘HOLGA’”, via dei Mille 42, Torino; tel. 011/8138159 o www.eventaweb.it

Fino al 7 giugno

Orari: dal mart. al ven. 15/19

Nelle foto: Candido Baldacchino, alcune delle opere “Senza titolo” in mostra

Ultimi giorni per la mostra sul Liberty a Palazzo Madama

Chiude lunedì 10 giugno 2024 la mostra, LIBERTY. Torino capitale allestita nella Sala Senato di Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica di Torino, che sta raggiungendo il traguardo di 90.000 visitatori in circa 7 mesi di apertura al pubblico, con una media giornaliera di 460 persone.

Per l’occasione, venerdì 7 giugno alle ore 15:45 e alle 17:00 il Direttore di Palazzo MadamaGiovanni Carlo Federico Villa sarà lieto di accompagnare i visitatori in due visite guidate speciali e gratuite.

L’esposizione, a cura di Palazzo Madama e della SIAT – Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino con la collaborazione di MondoMostre racconta con un centinaio di opere il fondamentale ruolo di Torino per l’affermarsi del Liberty, un’arte che nella capitale sabauda diviene il fulcro di una storia che travolge ogni aspetto della vita e della società, definendo un’esperienza architettonica e artistica che dalle suggestioni torinesi si diffonderà in tutto il mondo.

La mostra è articolata in cinque sezioni con un allestimento emozionante e coinvolgente, che affronta ogni aspetto delle manifestazioni artistiche del Liberty, consentendo al visitatore di comprendere i meccanismi della creazione architettonica ed estetica, siano esse di architettura, di design d’interni, pitture, sculture,  lavori grafici o di decorazione, oggetti d’uso, testi letterari, poesia o musica, tutti lavori caratterizzati dalla particolarissima linea strutturale della natura, generatrice eterna di forme.

Chi non avesse ancora avuto l’opportunità di visitare la mostra può farlo in quest’ultima settimana.

Visite guidate speciali a cura del Direttore di Palazzo Madama Giovanni Carlo Federico Villa:

Venerdì 7 giugno ore 15:45 e 17:00

Visita guidata gratuita

Ingresso alla mostra secondo regolamento

Prenotazione obbligatoria: tel. 011 4429629 e-mail:madamadidattica@fondazionetorinomusei.it

 

Open House: il nostro viaggio tra il Centro e zona Lingotto

Grazie ad Open House quello appena passato è stato per Torino un weekend alla scoperta delle più belle case, palazzi e luoghi di interesse culturale della città che per due giorni hanno aperto le porte rendendoci partecipi della loro magia e bellezza. Il format internazionale, che nell’annata precedente ha coinvolto 20730 visitatori per 41170 visite, si riconferma anche per il 2024 come uno degli eventi più apprezzati dai cittadini garantendo, attraverso tour guidati e approfonditi, il vero spirito di questa iniziativa:“un invito alla coperta, una grande festa per la curiosità e il senso di appartenenza”. I luoghi visitabili si estendevano per tutta la città offrendo la possibilità di esplorare  zone meno conosciute e molto diverse per stile e cultura, ai fini di carpire al meglio la versatilità della città.

Società Canottieri Caprera- Zona Centro

Affacciato sulla sponda del fiume Po e costeggiato dall’imponente Ponte Umberto I, in una location nascosta e affascinante sorge uno dei circoli di canottaggio più antichi d’Italia e tra le più importanti della città: la Società Canottieri Caprera.

La storia secolare del circolo inizia nel 1883 per volontà dei soci fondatori che già appartenevano alla Società ginnastica, dalla quale decisero di separarsi, dando vita ad una associazione completamente dedicata al canottaggio. Il nome della stessa viene scelto per rendere omaggio all’ isola sarda in cui era spirato Garibaldi. L’uguale richiamo alla tradizione garibaldina vi è anche nella scelta iniziale del colore delle divise sociali completamente rosse. L’affascinante storia di questo posto è anche legata alla sua ubicazione che divenne definitiva solo nel 1914 quando la sede ufficiale venne finalmente inaugurata e definitivamente messa appunto nel 1929 con la costruzione di un ampio laboratorio di rimessaggio e manutenzione delle imbarcazioni. La Società Canottieri Caprera è stata in grado di distinguersi grazie alle eccellenti squadre di atleti che all’interno di questo posto si sono formate e hanno avuto modo di partecipare anche a competizioni olimpioniche. Sarà per questo che l’impressione che si ha entrando è quella di un luogo in cui vi sia un perfetto connubio tra la storia secolare sportiva che risiede al suo interno e la capacità di sapere integrare la modernità del tempo attuale. Questo anche grazie alle numerose attività, sportive e non, che il circolo è stato in grado di offrire rendendolo un vero luogo di socialità torinese: dalla sala di burraco, al ristorante con l’ampio terrazzino, ai campi da tennis, alla piscina e alla terrazza che verrà inaugurata proprio sabato 8 giugno. La caratteristica unica e affascinante di questo posto rimangono le ampie sale che ospitano le barche e i relativi pontili affacciati sul Po dal quale è possibile immergersi nell’atmosfera naturale e meditativa di questo posto, che permette di dimenticarsi di essere in una città.


Casa MOI(TO)– Zona Lingotto
Una casa completamente ripensata come un vero percorso tra arte e architettura e messa a nuovo per dare nuova vita e futura speranza ad un quartiere controverso passato- nel giro di pochi anni- dalla vivacità del periodo delle Olimpiadi del 2006 alle numerose difficoltà sopraggiunte gli anni successivi.

L’idea di Casa MOI(TO) nasce dalla creatività indiscussa delle due Architette Silvia Scalia e Silvia Somma, che già dal nome dell’appartamento hanno convintamente riportato all’interno delle mura la vivacità del quartiere circostante. Il MOI era, infatti, il grande Mercato Ortofrutticolo all’ Ingrosso che per anni è stato il centro nevralgico della zona. Non solo il nome, ma anche le decorazioni della parete della casa- create mediante la tirata ad hoc dalle colla della piastrelle- riprendono le forme e la disposizione del Mercato circostante. Un appartamento su due piani curatissimo per dettagli e giochi di luce, ove ogni angolo trova la sua perfetta funzionalità nell’ambiente complessivo. Il pavimento riprende la tecnica del Kintsugi ovvero delle riparazioni effettuate con il filo d’oro” e diventa così espressione del profondo lavoro che le due architette hanno messo nella realizzazione dello stesso. Il tocco finale della casa è l’utilizzo del pezzo originale di un vecchio modello della ‘500 trasformato in un angolo bar che diventa rievocazione dell’ antica storia del quartiere Lingotto.

Valeria Rombolà

“Collezione dal vivo” a Villa Cerruti

Riprendono a Rivoli gli appuntamenti mensili dedicati alla grande Collezione privata di Francesco Federico Cerruti

Giovedì 6 giugno, dalle 18 alle 19,30

Rivoli (Torino)

L’occasione è davvero ghiotta per chi ancora non l’avesse fatto. Cosa? Visitare, appena fuori porta, una Collezione privata di altissimo livello, qual è la “Collezione Cerruti”, Polo del “Castello di Rivoli” aperto al pubblico dal maggio del 2019 e comprendente quasi 300 opere di pittura e scultura, tappeti preziosi, libri antichi, legature di pregio e mobili dei più celebri ebanisti che spaziano dal Medioevo al Contemporaneo.

Con il nuovo titolo “Collezione dal vivo” sono infatti ripresi gli appuntamenti mensili di approfondimento alla “Collezione” della Villa di Vicolo dei Fiori 5, a Rivoli (Torino). Anche quest’anno, dunque, storici dell’arte e studiosi di altri ambiti disciplinari presenteranno al pubblico, nella “Sala delle Orchidee”, un’opera o un ciclo di opere appartenenti alla “Collezione Cerruti”. Non solo. Da quest’anno, infatti, le conferenze si alterneranno ad appuntamenti dedicati alla musica dal vivo, in forma di “lezioni-concerto”, a cura di Mario Calisi, pianista, compositore e direttore d’orchestra.

E proprio Calisi sarà protagonista del prossimo appuntamento, in agenda per giovedì 6 giugno(18/19,30), con una lezione-concerto a tema “Gli affetti”. Docente al Conservatorio Statale di Musica “Giuseppe Verdi” a Milano e “pianista dal suono diamantino” (come ebbe a definirlo il musicologo W. Stettler), Mario Calisi, al pianoforte, accompagnato da Lorenzo Fazzini, primo flauto dell’“Orchestra Filarmonica Campana” eseguiranno brani di Franz Benda, Johann Nepomuk Hummel e Raffaele Galli.

Seguirà una visita speciale che condurrà il pubblico alla scoperta di opere, nuclei collezionistici e storie legate al tema prescelto.

L’offerta sarà ampia e particolarmente suggestiva.

La “Collezione”, iniziata a metà degli anni Sessanta, annovera, fra gli altri, capolavori che vanno dalle opere di Bernardo Daddi e Pontormo a quelle di Renoir, Modigliani, Kandinskij, Klee, Boccioni, Balla e Magritte, per arrivare a Bacon, Burri, Warhol, De Dominicis e Paolini, ed è il frutto della passione e della sensibilità artistica di Francesco Federico Cerruti (Genova, 1922 – Torino, 2015), figura esemplare di imprenditore e collezionista scomparso all’età di 93 anni.
Il “Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea”, in virtù di un accordo firmato nel luglio 2017 con la “Fondazione Francesco Federico Cerruti per l’Arte”, proprietaria delle opere, è il primo “Museo d’arte contemporanea” che grazie alla sua Collezione poliedrica e ricca di sfaccettature getta un “ponte dialogico” tra il presente e il passato. L’intenzione è di creare un “modello nuovo” di Museo, in cui l’arte del passato è osservata da prospettive contemporanee dando vita a un vero e proprio scambio vitale tra Collezioni, artisti d’oggi e capolavori del passato.

Dopo l’incontro con i Maestri Calisi e Fazzini, il prossimo appuntamento a “Villa Cerruti” si terrà giovedì 25 luglio (18/19,30) con lo storico e critico d’arte Claudio Zambianchi, grande esperto dell’opera di Monet, che illustrerà “La Falaise et la Port d’Aval”, 1885, di Claude Monet, dipinto del “Museum Barberini” di Potsdam, ospitato a “Villa Cerruti” fino al 18 agosto, all’interno di un progetto internazionale di “scambi culturali” avviati di recente dal “Castello di Rivoli”.

Per partecipare agli incontri è necessario prenotare e acquistare il biglietto alla pagina https://www.castellodirivoli.org/tickets/# .

Il costo del biglietto è di 10 Euro e l’acquisto è consentito solamente on-line per un massimo di 20 partecipanti. La navetta di collegamentoalla “Collezione Cerruti” parte alle 17,55 dal piazzale antistante al “Castello di Rivoli”.

Per ulteriori info: Villa Cerruti, Vicolo dei Fiori 5, Rivoli (Torino); tel. 011/9565222 o www.castellodirivoli.org

Gianni Milani

Nelle foto: Villa Cerruti, Mario Calisi e Lorenzo Fazzini

Arnaldo Morano, il magnifico sognatore

 

Imitazione libera da ogni vincolo, pensiero d’avanguardia in nome delle leggi autonome dell’arte 
Della vita del maestro liutaio torinese non si apprende granché e questo testo ha lo scopo di tracciare un profilo su genio e strategia della sua passione, o meglio il testamento artistico come visione di se stesso. Le motivazioni che l’hanno avviato a quest’arte hanno contribuito ad un successo tale da essere apprezzato e inserito nel contesto internazionale, perseguendo l’obbiettivo a scopo personale. Con l’esperienza ereditata nella falegnameria del padre e il bisogno di nutrirsi di situazioni nuove e concrete, il giovane Arnaldo (1911-2007) frequentò la scuola violinistica e col desiderio di possedere uno strumento personale costruì il primo violino come autodidatta nel laboratorio di Rosignano Monferrato, luogo d’origine paterna, dove costruì il suo primo quartetto d’archi commissionato dal Conservatorio Statale di Musica Giuseppe Verdi di Torino. Il richiamo alle armi segnò un intervallo al suo progetto, si trasferì a Torino dove riprese l’attività nei suoi laboratori in corso Cairoli e in via Mazzini di fronte al Conservatorio, ritornando al luogo d’adozione monferrino dopo il 1967.
Era attratto unicamente dal passato, seguace e studioso dei grandi italiani che produssero l’eccellenza della liuteria mondiale dal 1600 a metà 1700: Stradivari, Guarneri del Gesù e Guadagnini. Egli ebbe modo di studiare a fondo il proprio ruolo e con l’accurata selezione e preparazione dei materiali è ancora oggi considerato uno dei più grandi costruttori e restauratori internazionali. Ebbe l’intuizione di utilizzare, dopo molti esperimenti, una vernice a base di olio di lino e resine vegetali che permettevano una coloratura molto accurata, flessibilità degli spessori e capacità di conferire un suono originale ed eccellente agli strumenti, elemento indispensabile della liuteria. Le mostre  espositive e i concorsi francesi, americani e italiani di Cremona, Milano e S.Cecilia di Roma gli procurarono diversi riconoscimenti e diplomi, tra i quali il primo premio con medaglia d’oro per un violino e il quarto per una viola da lui costruiti per il concorso internazionale di liuteria contemporanea di Cremona del 1949 durante le celebrazioni dedicate a Stradivari.
Il violino premiato fu iscritto con il n.32 nel registro del Museo Civico di Cremona, rappresentando il suo passaporto artistico. L’ammirazione per la sua intelligenza creativa, prospettiva concreta ed essenziale dei grandi personaggi, ridestò l’attenzione dei suoi colleghi e allievi: Collini di Crema, Gallinotti di Solero, Bondanelli di Novara, Negri di Casale, Bonino di Pinerolo e Volpi di Rosignano. Negli spazi comunali interni al teatro comunale di Rosignano, già intitolati Saloni Morano nel 2012, fu inaugurata nel 2018 una vera e propria bottega di strumenti di lavoro artigianali, ereditati dai nipoti, con soluzioni chimiche e barattoli di vernice creando uno spazio espositivo d’eccellenza sulla storia della liuteria classica mondiale. La qualità ha prevalso sulla poca produzione di Morano che puntava al restauro di strumenti classici di ogni epoca.
Elemento di bravura fu la costruzione ex novo di una viola Maggini (1580-1630) appartenuta al violista romano Sciolla e il restauro dello Stradivari “Van Houten” del 1701, appartenuto al violinista, compositore e direttore d’orchestra francese Rodolphe Kreutzer, conosciuto per la Sonata n.9 in la maggiore per pianoforte e violino opera 47 di Beethoven a lui dedicata. L’opera rappresenta il passaggio tra il classicismo di Mozart e Haydn e l’anticipo del romanticismo di Schubert, uno dei massimi interpreti dell’epoca post illuminista. La Sonata a Kreutzer è famosa per il drammatico e tempestoso “Presto” del primo movimento che ispirò l’omonimo romanzo breve dello scrittore russo Lev Tolstoj, opera pervasa dal fluire delle passioni e dei sensi. Oggi questo strumento è utilizzato dal nostro celebre violinista Uto Ughi che definì Arnaldo Morano “il più grande liutaio del mondo”.
Armano Luigi Gozzano

“La Flagellazione di Cristo” di Caravaggio approda alla Reggia di Venaria

La mattina del 6 giugno

 

Il 6 giugno prossimo approderà alla Reggia di Venaria il dipinto “La Flagellazione di Cristo” di Caravaggio, custodito al Museo di Capodimonte e ritenuto uno dei più significativi della maturità dell’artista. Il dipinto giungerà all’interno di una casa climatizzata realizzata ad hoc, anche se rimane top secret il giorno dell’arrivo per motivi di sicurezza. L’opera, realizzata tra il 1607 e il 1608, sarà accompagnata da una scorta armata di Carabinieri del nucleo Tutela e Patrimonio. Il momento del suo allestimento coinciderà con una vera e propria cerimonia alla quale prenderanno parte le istituzioni locali, insieme al Presidente del Consorzio delle Residenze Reali Sabaude Michele Diamonte e il Direttore Generale Guido Curto.

La Flagellazione, dipinta da Caravaggio nel 1607 per la famiglia De Franchis ( commissionato da Tommaso De Franchis per la cappella di famiglia donatagli da Ferdinando Gonzaga) e per la chiesa di San Domenico Maggiore, è uno dei quadri più forti e rappresentativi del ‘600 napoletano, italiano ed europeo, primo e folgorante approdo al sud, insieme con le sette opere di Misericordia del vicino Pio Monte, ed esempio del linguaggio di integrale naturalismo e di attento studio dei fenomeni luminosi del grande pittore lombardo. Da oltre cinquant’anni l’opera ha lasciato il centro antico di Napoli, la chiesa di San Domenico Maggiore, dove era stata visibile per 350 anni, ed è stata ricoverata per ragioni di sicurezza al Museo di Capodimonte, divenendo uno dei dipinti più iconici e motivo di grande attrazione prestata a numerose mostre nel mondo. Il quadro è tra i più veri di Caravaggio per la drammaticità che Cristo sta per affrontare. La sua sofferenza, fisica e psicologica, si deduce dai tratti del corpo, che appaiono tesi e rassegnati, come quelli del collo che lasciano cadere la testa.

Tommaso De Franchis apparteneva a un casato nobiliare di origini genovesi che aveva trovato le sue fortune economiche a Napoli.

 

Mara Martellotta

Quasi 50 mila visitatori per Robert Capa e Gerda Taro: la fotografia, l’amore, la guerra

Festeggiando i 46.000 visitatoriCAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino saluta la mostra Robert Capa e Gerda Taro: la fotografia, l’amore, la guerra che, attraverso più di 120 scatti, ha raccontato uno dei momenti cruciali della storia della fotografia del XX secolo.

 

L’appassionata seppur breve relazione professionale e affettiva tra Capa e Taro, il tema purtroppo ancora attuale della guerra, i tanti incontri, le visite guidate e le proiezioni dedicate al progetto hanno dato alla mostra il meritato successo di pubblico e critica.

 

E sempre nel solco delle grandi esposizioni dedicate alla vita e al lavoro pionieristico di importanti fotografe del Novecento, si inserisce il prossimo progetto espositivo dell’istituzione torinese, che dal 14 giugno porta nei suoi spazi un’antologica dedicata a Margaret Bourke-White, prima fotografa della leggendaria rivista LIFE.

 

Fino al 6 ottobre, le sale di CAMERA ospiteranno circa 150 fotografie in una mostra curata da Monica Poggi che racconterà il lavoro e la vita straordinaria di una delle protagoniste della fotografia del XX secolo, e l’importanza dei suoi scatti – come gli iconici ritratti a Stalin e a Gandhi – dei reportage sull’industria americana, dei servizi realizzati durante la Seconda guerra mondiale in Unione Sovietica, Nord Africa, Italia e Germania, dove documenta l’entrata delle truppe statunitensi a Berlino e gli orrori dei campi di concentramento.

 

Accanto a questo importante progetto espositivo, nella Project Roomfino al 21 luglio, il Centro ospiterà anche Il giorno dopo la notte, mostra personale di Paolo Novelli (Brescia, 1976) a cura del direttore artistico Walter Guadagnini, che riunisce due cicli di lavoro realizzati fra 2011 e 2018, centrali nell’evoluzione del suo linguaggio.

ph. Antonio Jordan

Gli acquerelli di Ines Daniela Bertolino, un omaggio al mondo felino

Negli spazi della Pinacoteca “Francesco Tabusso” di Rubiana, sino al 16 maggio

Francesco Tabusso scomparve sul finire di gennaio del 2012, a ottantadue anni, e nell’estate di quattro anni dopo venne intitolata a lui la Pinacoteca comunale in quel paese di Rubiana, sulle prime alture della Valsusa, dove l’artista aveva casa (una elegante villa dei primi del secolo scorso, immersa nel verde, facilmente riconoscibile in quel colore rosso che all’esterno la contraddistingue), dove aveva trascorso gli anni della giovinezza e della maturità, dove lavorava ai suoi paesaggi e alle sue eterne immagini femminili, dove ogni estate si ritemprava.

Nella pinacoteca, sulla piazza dove sfocia la via principale, con i suoi angoli, i piccoli negozi, il vecchio albergo ormai dismesso, le giravolte dove troppe sono le costruzioni impoverite e imbruttite – chi scrive queste note le ricorda ben diversamente, negli anni dell’infanzia -, l’asse portante che ha visto le ospitalità per molti anni di personaggi quali Dino Campana ed Emilio Salgari, in quella pinacoteca sono raccolti i nomi maggiori dei pittori e degli scultori, piemontesi principalmente, che abbiano agito dalla seconda metà del Novecento sino ad arrivare a oggi, opere donate dagli amici di una vita intera e dai suoi più o meno assidui frequentatori, lasciti che si sono ulteriormente arricchiti in questi ultimi anni, trovando ognuno una propria esatta collocazione grazie agli interventi dell’architetto Massimo Venegoni e del curatore Marco Marzi: un work in progress che ancora nei primi mesi di quest’anno ha beneficiato di un importante restyling particolarmente attento all’abbattimento delle barriere fisiche e cognitive, con l’obiettivo di rendere sempre più fruibile e immersiva la visione delle opere ad ogni visitatore. Per ammirare quindi tra gli altri, in un significativo percorso, Felice e Francesco Casorati, Gigi Chessa, Sergio Albano e Colombotto Rosso, Piero Ruggeri e Antonio Carena, Tino Aime e Sergio Saroni e Giacomo Soffiantino, Guido Bertello e Angela Giuffrey e Francesco Preverino, Annamaria Palumbo e Lia Laterza, Riccardo Cordero e Sandro Lobalzo e Luciano Spessot.

Negli spazi della pinacoteca dedicati alle estemporanee, s’è inaugurata sabato scorso (proseguirà sino al 16 giugno, con aperture sabato e domenica dalle 10 alle 12 e dalle 15,30 alle 18,30; per ulteriori informazioni info@arsrubiana.net / info@pinacotecatabusso.it) la mostra di Ines Daniela Bertolino dal titolo “Felis Silvestris Catus, sospeso tra la terra e il cielo”, differenti immagini in acquerello dell’abituale felino di casa nostra, create dalla pittrice con la sensibilità che le è propria, con la innata padronanza che le conosciamo dei tanti panorami cromatici. Personalissimi, padroni degli spazi che si sono creati, irrefrenabili e curiosi, dispettosi e imperturbabili, arroccati e sensibili, forti della loro libertà e per nulla servizievoli, i gatti offrono alla Bertolino una gamma inesauribile di sguardi, di posture, di occhi indagatori e sornioni, di attacchi improvvisi e di attese interessate, immersi principalmente in quegli azzurri e in quei blu caricati, sparsi sulla carta con sempre maggior maestria (“con il passare degli anni, certo, la tecnica s’affina sempre di più”, confessa l’artista alla presentazione della mostra accanto a Marco Marzi, che coglie l’occasione per snocciolare interessati proposte future della pinacoteca), dove gioca innanzitutto la raffinatezza del tratto, la capacità sempre più esplicita di afferrare l’attimo, la spericolatezza del momento e della situazione. Mai nulla di lezioso, di attimi accattivanti “freddamente” l’attenzione di chi guarda (e ammira): c’è un’anima, c’è la compostezza, c’è l’invenzione continua di una creatura e del suo modo di vivere. C’è anche una leggera aria di mistero, che spinge lo spettatore a indagare, a cercare di comprendere, sperando il troppo a immedesimarsi, anche per un solo attimo.

Poi un omaggio, da parte della pittrice, ancora con i suoi acquerelli personalissimi, inconfondibili, al piccolo comune che in questi giorni la ospita: e sono vedute che magari acquistano sapori nuovi, una scalinata, un angolo verso la chiesa, il cancello che immette alla casa di Tabusso, quasi seminascosto da foglie e rami, da una macchia che si confonde tra il verde e il blu ormai predominante, la porticina di ingresso che pare immettere in un mondo di favola, antico, magari lasciando riascoltare le voci di casa, il muro di cinta oltre il quale s’intravedono porte e finestre chiuse. O ancora la Sacra, a pochi passi da Rubiana, forte e alta in tutta la sua millenaria costruzione, stagliata contro le montagne e contro quelle nevi che ancora in questi giorni le imbiancano.

Elio Rabbione

Alcune delle opere esposte in mostra; la pittrice Ines Daniela Bertolini, alla presentazione della mostra, con il curatore Marco Marzi (la foto è di Giancarlo Giorgio Passerana)

Open House 2024: il nostro viaggio alla scoperta delle case del Quartiere San Salvario

Grazie ad Open House quello appena passato è stato per Torino un weekend alla scoperta delle più belle case, palazzi e luoghi di interesse culturale della città che per due giorni hanno aperto le porte rendendoci partecipi della loro magia e bellezza. Il format internazionale, che nell’annata precedente ha coinvolto 20730 visitatori per 41170 visite, si riconferma anche per il 2024 come uno degli eventi più apprezzati dai cittadini garantendo, attraverso tour guidati e approfonditi, il vero spirito di questa iniziativa:“un invito alla scoperta, una grande festa per la curiosità e il senso di appartenenza”.

Villa Sanquirico- Quartiere San Salvario


La villa, costruita nel 1896, è un luogo di fascino da lasciar senza fiato per l’impressionante stile architettonico, il glorioso giardino, l’ecletticità delle opere intere e l’ubicazione. Affacciata sul Parco del Valentino, Villa Sanquirico ha visto l’avvicendarsi di diversi proprietari in grado di rispettare l’originale impianto dell’abitazione ma anche apportando innovazione e contemporaneità al luogo. Distribuita su due piani in pieno stile liberty, colpisce subito l’ampio ingresso arricchito dall’imponente finestra a volta che diventa subito simbolo di questo luogo magico e dal quale si dislocano saloni, sale da te, bagni, cucine, sale da ballo dal fascino malinconico di un tempo passato che sembra però vicinissimo. Ogni stanza ha un diverso stile riconoscibile da elementi più o meno evidenti che evocano emozioni e sensazioni sempre diverse: dalla sala degli gnomi, alla più intima stanza giapponese dal raffinato soffitto in blu. Grazie alla capacità e alla sapiente cultura dell’odierno proprietario, Villa Sanquirico si arricchisse di ulteriore fascino e diventa spazio espositivo di numerose installazione e opere d’arte. Durante il weekend di Open House, infatti, erano in mostra le opere dell’artista bulgaro Kiril Hadzhiev raffigurative di evocative figure di uomini “orfani del loro tempo, che stanno nella pittura come unico luogo possibile per l’intuizione di un qualche significato“. Sapientemente distribuite tra le stanze anche le affascinanti fotografie di Chiara Ferrando, caratterizzate dall’altissima qualità di scatto. L’ ultima perla di questo posto è la piscina sotterranea che rende Villa Sanquirico il perfetto connubio del sogno in grado di divenire realtà.


Coppiano Maison- Quartiere San Salvario


Marisa e Franca Coppiano sono le proprietarie dello studio e dell’abitazione ubicati in un bellissimo palazzo storico sito nel cuore pulsante di San Salvario. L’edificio, realizzato da un unico costruttore all’inizio del 900, rispecchia ancora oggi lo stile architettonico di un tempo. Al primo piano, in uno spazio coloratissimo e raffinato, è situato l’eclettico ufficio delle due sorelle che colpisce per la varietà di pezzi d’arte presenti al suo interno e nati dalla sperimentazione artistica di Marisa Coppiano la quale è stata in grado trasformare ricordi di vita in vere opere d’arte. Le stesse spaziano dalle stampe, a pezzi di interno quali piatti e oggetti fino ad arrivare alle vivaci carte da parati. Sullo stesso piano vi è anche lo studio di textile art di Franca Coppiano ricco di stoffe che l’artista ha trasformato in pregiati quadri.

Il terzo piano ospita l’abitazione che accoglie il visitatore nel suo ampio corridoio da cui si dislocano le varie stanze e al cui interno si trovano opere d’arte e pezzi di design differenti per stili e genere ma perfettamente combinati tra di loro. Un luogo caldo e accogliente in grado di dar voce all’eclettica creatività e personalità delle due sorelle Coppiano.

C’era una volta- Quartiere San Salvario


In una piccolissima abitazione di Via Saluzzo 23, lo studio
R3architetti (degli architetti Marco Pippione, Alexandru Popescu, Matteo Restagno, Gian Nicola Ricci) ha dato vita ad un progetto di recupero e restauro architettonico ripristinando un tesoro nascosto per lungo tempo.

Situato al piano nobile di un palazzo del tardo novecento, l’ appartamento è stato ristrutturato in modo funzionale tale da combinare la modernità al valore storico della piccola abitazione. La vera particolarità dell’appartamento risiede, però, nell’ incredibile volta strutturale che caratterizza tutta la zona giorno e che, grazie al sapiente lavoro di R3architetti, è stata completamente liberata da una serie di controsoffitti stratificati e restituita al suo valore originario. La zona giorno e notte sono divise da una semplice traslucido e tutte le funzioni necessarie sono ben studiate in uno spazio all’avanguardia ma funzionale. Un piccolo appartamento, unico nel suo genere, in grado di mixare perfettamente il moderno con il fascino dell’antico.

VALERIA ROMBOLA’

copyright foto: OPEN HOUSE TORINO