ARTE- Pagina 34

Torino città floreale

La prima Esposizione Internazionale di Arte Decorativa Moderna che si tenne a Torino nel 1902 lanciò una nuova era, una rivoluzione nelle varie espressioni artistiche e nel design che segnò una vera e propria rottura con il passato. Il regolamento dell’evento fu molto chiaro, niente imitazioni, niente rievocazioni del passato, solo rinnovamento, originalità sia nelle forme che nei materiali. Questa nuova tendenza aveva come fonte d’ispirazione la natura ed è per questo che oltre ad “Arte Nuova“, Art Nouveau in Francia, Jungendstil in Germania o Modern Style in Gran Bretagna, si chiamò anche “Arte Floreale“. La vocazione di questa nuova espressione era la sua possibile declinazione nel quotidiano, non esistevano quindi soggetti e ambienti privilegiati o solo grandi opere, al contrario ogni oggetto presente nella vita di tutti i giorni in ceramica, in vetro o di stoffa poteva veicolarne la bellezza e lo stile. Torino, seppur in assenza di una vera e propria scuola o corrente propria, divenne un importante centro espressivo di questo movimento anticlassico e critico nei confronti dell’uniformità beneficiando, grazie alla vicinanza geografica, delle influenze francesi e belga. Tra le opere più note del Liberty a Torino abbiamo Casa Fenoglio-La Fleur, Villa Scott (set di Profondo Rosso di Dario Argento), Un intero Isolato, l’unico così grande in città, tra Via Papacino e Corso Matteotti, il Villino Raby . Girando per la città è possibile ammirare altri meravigliosi capolavori di Arte Floreale, itinerari ricchi di particolari, forme e colori che ci riportano in quel preciso periodo storico.

 

1. Borgo Crimea: partendo dal Ponte Umberto I abbiamo la Casa Camusso-Caselli a Corso Fiume 2, la meravigliosa Villa Crimea a Via Casteggio 2, Villa Scott a Corso Lanza 57, la Palazzina a Via Villa Quiete 1-3, Villino Guarlotti in Via Gatti 10 e al n.24 il Villino Antonietta, la Casa del Custode del Villino Filiberti a Corso Moncalieri 83.

2. Corso Francia, Cit Turin: Villino Raby a Corso Francia 8, Palazzina Fenoglio La Fleur in Via Principi d’Acaja 11, i bellissimi edifici di Via Duchessa Jolanda 17,19,21 – Via Collegno 44,45 – Via Susa 31,33 e il famosissimo Palazzo della Vittoria, con il portone decorato da Draghi, a Corso Francia 23.

3. San Donato: Casa dei Fratelli Padrini a Via Balbis 1, Casa Pecco tra Via le Chiuse e Via Cibrario, sempre a Via Cibrario ai civici 15 Casa Florio, 36 Casa Basso, 54 Casa Girardi, 62 Casa Enrieu. Le Palazzine a via Piffetti 3,5,7,10 e 12, Palazzina Ostorero a Via Beaumont 7.

 

4.Centro Città: la Palazzina – Via Bertola 20 e quella sull’angolo opposto a Via Monte di Pietà 26, sempre a Via Monte di Pietà al civico 4 la Casa della Zoppa, l’Isolato San Lazzaro – Via Pietro Micca 4, l’Isolato intero tra via Papacino e Corso Matteotti, l’Edificio di Via Revel 18 e 20.

 

5. Crocetta: la Palazzina a Via Sacchi 40/42, Casa Avezzano a Via Vico 2, Casa Pozzo in Via Massena 81, Casa Mussino in Corso Re Umberto 71, l’Isolato a mezzaluna in Largo Re Umberto 65, Casa Gamna a Corso Galileo Ferraris 78 e al civico 86 Casa Quadri, Palazzo Pellegrini in Corso Montevecchio 38 e al 50 Palazzo Maffei.

 

Torino è una vera e propria vetrina di splendori di Arte Nuova, una esibizione permanente a cielo aperto, una magnifica esponente di una arte che, come diceva Walter Benjamin, è “…un tentativo che mobilita tutte le risorse dell’interiorità….che si oppone al mondo circostante armato della tecnica”.

Maria La Barbera

 

 

“Stanze da un altro secolo. Gruppo di artisti in un interno”. Ultimo giorno

In mostra, al “Palazzo Lomellini” di Carmagnola, “stanze” e “interni” raccontati attraverso cinque secoli di storia dell’arte

Fino al 30 luglio

Carmagnola (Torino)

La bellezza salverà il mondo. Con queste parole (citazione – mantra fin troppo abusata … ma pazienza!), messe in bocca dal “genio crudele” Dostoevsij al suo principe “idiota” Miskin, me ne uscivo nei giorni scorsi dalle Sale del quattrocentesco “Palazzo Lomellini” di Carmagnola – dal ’39 proprietà del Comune e sede della “Civica Galleria d’Arte Moderna” – dopo aver visitato l’enciclopedica Rassegna espositiva “Stanze da un altro secolo”, promossa dal Comune di Carmagnola, in collaborazione con l’Associazione “Amici di Palazzo Lomellini” e l’organizzazione e la curatela di Elio Rabbione, amico e critico d’arte, da alcuni anni organizzatore attento, competente e instancabile (mai come questa volta) di mostre ad alto tasso di gradevolezza. Come quella attualmente in corso, per l’appunto, nello storico Palazzo carmagnolese: una cavalcata attraverso cinque secoli di storia dell’arte, alla rincorsa di un soggetto neppure poi tanto praticato (Sei-Settecento a parte), come gli “interni”, le “stanze” di casa, botteghe d’arte, salotti borghesi o umili antri popolari o cucine con frutta ortaggi e pollame e selvaggina in bella vista o, ancora, squallide bettole con vogliosi “vecchiacci” intenti a corteggiare le giovani e generose bellezze di turno. Cinque secoli di storia, si diceva. Dal “Sei-Settecento” fino al “Contemporaneo”. Oltre 120 i pezzi espostiun’ottantina abbondante gli artisti rappresentati. Chapeau a Rabbione! Ma impossibile dar conto di tutti. D’obbligo, per la pagina seicentesca menzionare la grande tela (immagine – guida della mostra) “La bottega dell’arte” appartenente al “secolo d’oro” dell’arte fiamminga e firmata da Jacques de Claeuw: gli alunni impegnati a lavorare di buona lena, il maestro che corregge gli errori di un giovane discepolo, busti e fogli sparsi a terra, una statua di classica fattura e una colonna dorica sullo sfondo che apre al plumbeo paesaggio esterno, in primo piano un mappamondo a rappresentare il potere della Repubblica olandese dopo la “Guerra degli 80 anni”, che ne sancì l’indipendenza. E via fra cucine più o meno “importanti”, il rituale protetto dalle mura domestiche della “ricerca di pidocchi”, le tante oscure bettole con il ridanciano “brillo” che alza il calice a se’stesso o con il monaco (di Godgried Schalcken) che offre denaro alla ragazza abbondante “di petto”, fino al triplice susseguirsi degli ambienti raffinati e di minuta eleganza di Pieter de Hook e al “Gesù nella stanza del Fariseo” del nostro Michele Antonio Milocco. Passando all’Ottocento, che meraviglia (da starci davanti a tempo illimitato) quegli “Occhi severi” di Demetrio Cosola da San Sebastiano Po: gli occhi del padre (è proprio vero! Allora bastava uno sguardo), la mano pronta al ceffone della mamma e il sorriso bonario del nonno. Lui, il piccolo “furfantello”, cappellino in testa, occhi bassi, atteggiamento pentito da non lo faccio più. Olio godibilissimo. E poi nomi che non necessitano di presentazioni, dal “fiammingo piemontese” Giovanni Battista Quadrone, alla “Donna al focolare” del biellese Lorenzo Delleani, seguito dal più estroso e “moderno” Vittorio Cavalleri, via via fino alle stupende incisioni di Celestino Turletti e del francese Carl Albert Waltner. Una trentina di artisti ci regala il Novecento. Dagli ambienti intimi e famigliari di Nella Marchesini, allo studio d’artista (al lavoro) di Ottavio Mazzonis, fino all’inquietante “Sogno – Presagio” di Francesco Tabusso, alle incisioni di Mario CalandriVincenzo Gatti e Giacomo Soffiantino, accanto a quattro corpose sculture di Riccardo Cordero, alla magnifica donna immobile di “Tre palle un soldo” di Guido Bertello, fino a “L’odalisca” di Giulio Da Milano, alla nitida sincerità di Enrico Paulucci, all’esaltazione del colore di Gianni Sesia della Merla (di recente scomparso e a cui la mostra al “Lomellini” è dedicata) e all’onirica evanescenza dell’“Autoritratto in studio” di Francesco Menzio. Due su tutti i contemporanei. Pippo Leocata con la poetica ma ingegnosa site-specific “Stanza dei ricordi” (legni e acrilici), separé dai blu profili umani e dalle “iconiche” skyline di cupole e santuari, memorie di storie e paesaggi lontani nel tempo e nello spazio, ma ben vive e presenti per l’artista – architetto di origini siciliane, che in mostra presenta anche un “Omaggio a Mollino”, suo indimenticato maestro. E, per ultimo, l’“Inside. La vita è lì dentro” di Luisella Rolle. Finestre accese nel buio della sera. In attesa di spegnersi per dare spazio alla notte. Scrive Rabbione: “E’ la rarefazione dell’intera mostra, per offrire in chiave moderna un panorama nuovo, solitario e anonimo, il respingimento, il ritratto del tempo che stiamo vivendo”.

Gianni Milani

“Stanze da un altro secolo. Gruppo di artisti in un interno”

Palazzo Lomellini, piazza Sant’Agostino 17, Carmagnola (To); tel. 011/9724220 o www.palazzolomellini.com

Fino al 30 luglio

Orari: dal giov. al sab. 15,30/18,30; dom. 10,30/12,30 e 15,30/18,30

Nelle foto: Jacques de Claeuw: “La bottega dell’arte”, olio su tela; Demetrio Cosola: “Occhi severi”, olio su tela, 1884; Guido Bertello: “Tre palle un soldo”, acrilico su tela, 1980; Pippo Leocata: “La stanza dei ricordi”, legni e acrilici, 2023

Musei Reali di Torino in prima fascia: un riconoscimento importante

Il Presidente Alberto Cirio: «Importante segnale di attenzione del Governo verso il Piemonte»

L’Assessore Vittoria Poggio: «Abbiamo rafforzato il posizionamento di Torino nel segno dell’autonomia»

 

«L’inserimento dei musei reali di Torino tra quelli di prima fascia è un risultato importante per cui ringrazio il governo e in particolare il ministro Sangiuliano. Il confronto su questo tema era iniziato in occasione della visita del ministro Sangiuliano a Torino per l’apertura del salone del libro, quando il responsabile del dicastero della cultura aveva avuto la possibilità di visitare con i suoi occhi i nostri musei e apprezzarne il valore. Il fatto che in poche settimane quell’impegno sia diventato un atto concreto dimostra l’attenzione che questo governo ha per il Piemonte e per Torino che con questo riconoscimento si conferma meta culturale e turistica e di primo livello e potrà continuare a crescere con l’obiettivo di portare sempre più persone a visitare le bellezze architettoniche, culturali e paesaggistiche del nostro territorio».

 

Così il presidente della regione Piemonte Alberto Cirio dopo l’ingresso in prima fascia dei musei reali di Torino che saranno in compagni di altri Big come la Galleria Borghese; la Galleria degli Uffizi; la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma; le Gallerie dell’Accademia di Venezia; il Museo di Capodimonte; la Pinacoteca di Brera; la Reggia di Caserta. Musei appunto di «rilevante interesse nazionale» dotati di un regime di gestione autonomo dal punto di vista contabile e organizzativo.

 

«Un riconoscimento – ha aggiunto l’assessore alla cultura turismo commercio Vittoria Poggioche rafforza ulteriormente il posizionamento del capoluogo piemontese nella classifica delle città di rilevante interesse culturale e turistico, un fatto tra l’altro dimostrato dal crescente interesse dei turisti verso Torino e il Piemonte che sono ormai una meta turistica inserita nei più importanti circuiti escursionisti europei ed extra europei. Questa certificazione equivale ad un diploma di laurea per uno dei luoghi meglio conservati e più visitati d’Italia che segna anche un momento importante nel segno dell’autonomia gestionale».

“Jacopo Valentini. Vis Montium”: 12 foto in mostra

Prosegue, sotto l’occhio attento di “Camera”, la stagione di giovane fotografia negli showroom di “Maradeiboschi” e “VANNI” di Torino

Da maggio a ottobre, in piazza Carlina

 

L’iniziativa rientra nella seconda stagione del progetto “Futures” moves to piazza Carlina, sostenuto dall’“Unione Europea” (nell’ambito del programma “FUTURES Photography”) e portato avanti a Torino da “CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia”, sotto la curatela di Giangavino Pazzola, con l’obiettivo di tornare a rinnovare il “rapporto con il territorio” attraverso un ciclo di mostre dedicato all’opera di giovani artisti emergenti selezionati dalla stessa “Istituzione” di via delle Rosine. Partner e sostenitori del progetto di “CAMERA” sono ancora gli showroom in piazza Carlina di “Maradeiboschi” (laboratorio esperienziale e di ricerca nei mondi del gelato, del cioccolato e degli specialty coffee) e di “VANNI”(l’occhialeria di design, cento per cento made in Italy di Torino), che ospiteranno le esposizioni, dedicate alla programmazione della fotografia emergente, da questo mese di maggio al prossimo ottobre.

La prima mostra della stagione, inaugurata lo scorso venerdì 5 maggio, in concomitanza con la “Settimana della Fotografia”, si apre con la presentazione degli scatti “paesistici” (a modo suo) di Jacopo Valentini, modenese, classe ’90, laurea in “Fotografia” allo “IUAV – Venezia” e in “Architettura” (2017) all’“Accademia di Mendrisio”. Realizzata con la collaborazione della “Galleria Antonio Verolino” d Modena, la rassegna, significativamente titolata “Vis Montium”, è visitabile tutti i giorni durante gli orari di apertura degli showroom. Per info: “Maradeiboschi”, tel. 011/0266159; “VANNI”, tel. 011/836234.

Per l’occasione Valentini presenta un nucleo di12 fotografie di medio e grande formato che vogliono essere un’indagine autobiografica e, allo stesso tempo, analitica sul tema del proprio paesaggio di origine, iniziata nel 2019 e tuttora in corso. Nello specifico, Valentini realizza immagini che immortalano luoghi, materiali e prodotti caratteristici del territorio collinare reggiano, come per esempio la “pietra di Bismantova” e le “forme di parmigiano”, per esplorare le caratteristiche, i simboli e valori che formano, da una parte, la propria biografia personale e, dall’altra, la rappresentazione dell’identità collettiva di quei luoghi.  Attraverso fotografie di costoni rocciosi, paesaggi naturali, architetture e nature morte, Valentini scompone e analizza il paesaggio reggiano e i suoi simboli caratteristici (proponendone anche nuove forme di interpretazione tese a rompere gli schemi canonici del ritratto di territorio), al fine di ricostruire l’insieme di relazioni economiche, sociali e culturali che questo include.

“Ripartiamo con questo prezioso progetto – commentano il direttore di ‘CAMERA’ Walter Guadagnini e il curatore Giangavino Pazzola – perché, oltre a rappresentare un ulteriore tassello di collaborazione tra realtà locali diverse nella costruzione dell’idea di Torino come una delle principali città legate alla fotografia in Italia, ci permette di stimolare quelle realtà animate dagli stessi valori di ricerca, innovazione e sperimentazione che hanno animato ‘CAMERA’ fin dalla sua nascita. In più, ‘Futures’ moves to piazza Carlina ci permette di continuare a perseguire l’obiettivo di promuovere le esperienze più significative del panorama fotografico nazionale fuori dalle mura del nostro centro, stimolando anche dinamiche legate al nuovo collezionismo”.

In contemporanea all’inaugurazione della mostra di Jacopo Valentini, un’altra artista coinvolta nel progetto “FUTURES”, la toscana Francesca Catastini, espone i progetti “Petrus” e “The modern spirit is vivisective” negli spazi della “Project Room” dell’“Hotel NH Collection” di piazza Carlina.

Gianni Milani

Nelle foto di Jacopo Valentini: “Coral”, Collezione Spallanzani, 2023; “Pietra di Bismantova”, 2023 e “Parmigiano Reggiano”, 2023

“Osservatorio Futura”, le “libere” opere di artiste e artisti dell’ultimissima generazione, di origine pugliese

“Non rimane che volare/generazione a confronto 1988-1999”

Fino al 28 luglio

Via Giacinto Carena 20, a Torino, zona San Donato. Quando si entra nel piccolo (ma grande di idee e di provocatoria ingegnosità) spazio espositivo di “Osservatorio Futura” aperto – per passione e per sfida, nel 2020 – da Francesca Disconzi e Federico Palumbo, si sa già fin da subito che le “sorprese” e le “bizzarrie d’arte” non potranno mancare. Del resto “Osservatorio” nasce proprio con ben dentro e addosso questo DNA: dare voce e spazio a forme d’arte sperimentali e di ricerca, che altrove non troverebbero forse granché di spazio, ma in grado di comunicare, a chi osserva, voli sogni e fantasie arrivate non sai come e che senti esser capaci di aprirti mondi di grande suggestione e originalità. Così anche questa volta eccoci catapultati in “storie”, anche di post-avanguardia “al cubo”, per le quali non puoi non sgranare gli occhi e provar spaesamenti tali che ‘ntender no (li) può chi no (li) prova, mi perdoni il Sommo Poeta. Ad esempio?


Ad esempio, alla tua sinistra appena entri, ecco un comunissimo “mocio” con tanto di bastone a parete che, lì per lì, pensi abbia dimenticato la signora delle pulizie, e che poi invece t’accorgi aver dei puntuti “artigli” aquileschi fissati a terra, capaci di graffiare via lo sporco, ma anche le paure e le inaccettabili condizioni di una vita o di un mestiere che ti vanno stretti. Alzi lo sguardo e appoggi gli occhi su tavole in legno rivestite di cera ad osservare i poveri resti di una recente depilazione (wow!) su cui, fissato in laser cut, leggi “Combatti l’espressione estetica”. Sotto a terra, un mediterraneo arbusto contorto coperto e custodito, come memoria preziosa di una natura troppo spesso vilipesa, con una dorata “coperta isotermica”; accanto sedici bottiglie “molotov” (sic!), per fortuna innocue e senza benzina, disposte a forme di cuore. Se esploderanno sarà “esplosione d’amore”. Più in là ecco invece il richiamo alla guerra, sempre vicina alla “Fortezza Europa”: un “servomuto” con appesa una divisa militare anni ’70, con tanto di berretto in alto e anfibi in basso. L’avvertimento è palese. Il titolo dice che “La divisa militare di mio padre è ancora buona”, l’installazione è del barese Nicola Guastamacchia. Le opere succitate: “DconlaH” (il “mocio”) del leccese di Gagliano del Capo Marco Musarò, “Manifesto contro l’espressione estetica” della barese Ivana Pia Lorusso, “Etereo 2” della barese di Putignano Lorena Ortells“Love” (le 16 bottiglie simil-molotov) del brindisino Gianni D’Urso. Curata dal leccese (residente a Torino) storico dell’arte e curatore indipendente, Giuseppe Amedeo Arnesano, la mostra prende a prestito il titolo (“Non rimane che volare”) da una famosa frase del geniale, pugliese doc (di Campi Salentina) Carmelo Pompilio Realino Antonio Bene, in arte e per noi tutti Carmelo Bene, geniale istrione, padre della “neoavanguardia” teatrale italiana, che in un’intervista ebbe a parlare, a proposito dell’emigrazione “costretta” di molti giovani meridionali, di “Sud in perdita”, di “Sud azzoppato”, cui “non resta che volare”. Volare, scappare, dar di redini verso l’“altrove”. Torino, Milano, Firenze: le città dove, per la maggiore, vivono oggi gli artisti presenti in mostra, nati e formatisi in Puglia e che, per ragioni anagrafiche hanno vissuto un decennio, l’ ’88 – ’99, fatto di grandi cambiamenti storici, politici e culturali. “Si tratta di un’esperienza collettiva– sottolinea Francesca Disconziche può essere considerata parte di un progetto di mappatura più ampio e che, in questo caso specifico, abbiamo potuto realizzare grazie al contributo del curatore Giuseppe Amedeo Arnesano, pugliese di origine, che attualmente vive a Torino”.

Filo comune, l’approccio militante alla continua ricerca di nuove cifre stilistiche, l’impegno politico e “curatoriale” (la cura in senso lato della propria Terra) per chi resta o l’immergersi, per gli “esuli”, in nuove realtà – geografiche e umane – in gran parte accettate e perfino condivise. O desiderate. Fino al momento del “risveglio” offuscante e offuscato. Del “Rèveil” di cui ci parlano, in un acrilico su tela, perfetto nel rigore del segno, la leccese Rebecca Schiavone e il barese, oggi residente a Milano, Domenico Ruccia nel suo ironico e parodistico olio su lino “Cynthia Love”, immagine decadente dell’iconica “Milano da bere” anni ’70 – ’80.  A seguire le beneaguranti “corna in ceramica” della “Stellosa” di Grazia Amelia Bellitta, la surreale “mela con sigaretta in bocca” di Matteo Coluccia, le 12 “Surprise” acrilici su pvc di Gabriele Mauro fino all’amaro “La tua assenza mi manca” su un blocco frammentato di lapidi che diventa per Lorenzo Montinaropretesto di pura poesia o all’“Animalia ch. Three” di Gabriele Provenzano, inquietante amplesso finito male fra due serpi neri, emblematica rappresentazione di “una regione sempre più arida” e dei suoi giovani “in fuga da essa” o, per ultimo, al provocatorio graffito “Scroll Piece” del brindisino Marco Vitale.

Gianni Milani

“Non rimane che volare/generazione a confronto 1988-1999

“Osservatorio Futura”, via Giacinto Carena 20, Torino; tel. 340/5032494 o  www.osservatoriofutura.it

Fino al 28 luglio, solo su appuntamento

Nelle foto (di Davide D’Ambra): Ivana Pia Lorusso “Manifesto contro l’oppressione estetica” e Rebecca Schiavone “Le Rèveil”; Nicola Guastamacchia “La divisa militare di mio padre è ancora buona”; Domenico Ruccia“Cynthia love”.

Oltre 2.000 visitatori a CAMERA

Dal 19 luglio all’8 ottobre 2023 | Aperti tutta l’estate

Sono stati oltre 2.000 in una settimana i visitatori che, in questo caldo luglio torinese, hanno scelto di scoprire la nuova offerta espositiva di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia e visitare le mostre dell’estate dedicate alla storia della fotografia e ai nuovi linguaggi della cultura visiva: DOROTHEA LANGE. Racconti di vita e lavoro e FUTURES 2023: nuove narrative.

Dopo Eve Arnold, CAMERA torna a raccontare le grandi fotografe del Novecento con Dorothea Langeautrice di una delle icone più celebri del secolo, la toccante “Migrant Mother” scattata nel 1936. Composta da 200 immagini, la mostra ripercorre la carriera della fotografa concentrandosi in particolare sugli anni Trenta e Quaranta, picco assoluto della sua attività, periodo nel quale documenta gli eventi epocali che hanno modificato l’assetto economico e sociale degli Stati Uniti. Con il suo obiettivo Lange racconta la povertà, le migrazioni e le discriminazioni, senza tralasciare il vissuto emotivo delle persone che incontra e sottolineando come le scelte politiche e le condizioni ambientali si ripercuotono sulla vita dei singoli.

Curata dal direttore artistico di CAMERA Walter Guadagnini e dalla curatrice Monica Poggi, la mostra offre un’occasione imperdibile per approfondire una pagina fondamentale della storia della fotografia del Novecento e avvicinarsi a un’autrice che è stata, come scrisse John Szarkowski, “per scelta un’osservatrice sociale e per istinto un’artista”.

In parallelo alla mostra dedicata a Dorothea Lange, la Project Room ospita la collettiva FUTURES 2023: nuove narrative, a cura di Giangavino Pazzola che coordina i progetti di ricerca a CAMERA. Sei giovani talenti fotografici, selezionati per il programma europeo di promozione e valorizzazione degli artisti emergenti FUTURES Photography, in cui CAMERA rappresenta l’Italia, esplorano il tema della rappresentazione visiva della contemporaneità in oltre 50 scatti. Attingendo a diverse pratiche di creazione fotografica, i progetti di Andrea CamioloNicola Di GiorgioZoe Natale MannellaEleonora RoaroSara Scanderebech e Alex Zoboli indagano non solo usi e costumi della società odierna, ma anche le nuove tendenze che attraversano il panorama della fotografia contemporanea.

Arushi Jain Performance di Buddha10 Reloaded

ARUSHI JAIN

Performance nell’ambito della mostra Buddha10 Reloaded

Mercoledì 26 luglio ore 19

MAO Museo d’Arte Orientale, Torino

 

 

Per il secondo appuntamento del public program di Buddha10 Reloaded il MAO ospita Arushi Jain, cantante e produttrice, nonché ingegnere, con una visione non ortodossa e risolutamente DIY di una tradizione secolare.

Le sue composizioni infatti si ispirano ai raga classici indostani, esplorati però tramite una lente ed un’estetica contemporanee e molto attuali.

Jain è cresciuta a Delhi, dove è stata esposta alla musica classica indiana e alla musica tradizionale locale sin dalla giovane età. Successivamente si è trasferita in California per studiare informatica alla Stanford University, dove è stata introdotta ai suoni e alla sintesi generati dal computer presso il Center for Computer Research in Music and Acoustics (CCRMA).

La sua musica è una reinterpretazione unica di due mondi contrastanti. Gli antichi raga dell’India settentrionale vengono da lei re-immaginati e suonati con strumenti e tecnologie che ha appreso nella Bay Area.

Il suo ultimo album Under the Lilac Sky è stato pubblicato su Leaving Records nel luglio 2021 ed è stato nominato Global Album of the Month del Guardian, oltre ad aver ottenuto recensioni entusiastiche su Pitchfork, Bandcamp, Boiler Room, Ableton, Resident Advisor, FACT, Crack, DJMag e molti altri.

Recentemente è stata inclusa nella prestigiosa lista musicale di Forbes 30 under 30.

Il calendario completo degli eventi sul sito.

Tariffe: 15 € intero acquistabile presso la biglietteria del Museo dal martedì alla domenica dalle 10 alle 16

16,50 € intero (con prevendita 1,50 €) su Ticketone

10 € ridotto studenti, acquistabile solo in biglietteria.

Lady Oscar a Torino

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Lady Oscar è indubbiamente un classico che sopravvive nel tempo. Adattamento del manga creato da Riyoko Ikeda nel 1972, ispirato alla biografia di Maria Antonietta scritta da Stefan Zweig, il cartone animato arrivò in Italia nel 1982 con il titolo di “Lady Oscar”, in onda su Italia 1, in quegli anni fucina mondiale di talenti animati.

 

Il titolo originale della serie trasmessa per la prima volta sugli schermi giapponesi il 10 ottobre 1979 era “Le rose di Versailles”, e da subito riscosse un enorme successo in tutto il mondo.  All’eroina che ha fatto appassionare intere generazioni agli intrighi, alle battaglie, ai famosissimi balli ed agli immancabili amori della Reggia di Versailles è dedicata sino a domenica 23 luglio una mostra con venti opere di artisti da tutta Italia che hanno interpretato con le loro tecniche personali e con tanta passione il celebre anime e manga Lady Oscar.

Il tutto ideato e  coordinato da Antonella Bovino e da una vera e propria cultrice del genere, Elena Romanello che dal 2021 cura anche un blog multimediale dal titolo ” 40 anni e oltre con Lady Oscar”: ” sono una creativa da sempre con una gran passione oltre che per i gatti, per tutti gli universi di fumetti e dell’immaginario del fantastico e tutto quello che è Lady Oscar”.

L’esposizione si può visitare dalle ore 11 alle ore 19, all’Hotel Adalesia di via XX settembre, 7.

Igino Macagno

Gli appuntamenti della Fondazione Torino Musei

AGENDA APPUNTAMENTI FONDAZIONE TORINO MUSEI

21 – 27 luglio 2023

 

VENERDI 21 LUGLIO

Venerdì 21 luglio ore 16.30

VITA, CIBO E DIVERTIMENTO A BISANZIO

Palazzo Madama – visita guidata tematica

La mostra Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario allestita a Palazzo Madama non consente soltanto ammirare sculture, mosaici, oggetti e monete, ma offre l’opportunità di indagare la vita, le abitudini e le peculiarità di una civiltà a noi meno nota. Imperatori, aristocrazia e clero sono le gerarchie meglio conosciute, ma è sicuramente interessante scoprire la vita quotidiana di quella società. Quali erano le fiere di strada e di piazza che animavano città e vie? Quali spettacoli si allestivano nell’ippodromo? E ancora, quali cibi, interessi e abitudini condividevano?

La visita tematica proposta avvicina a quel mondo e offre interessanti approfondimenti.

Costo: 6 € per il percorso guidato + biglietto di ingresso al museo secondo tariffe (gratuito con Abbonamento Musei e Torino Piemonte Card).

Info e prenotazioni: t. 011 5211788 (lun-dom 9-17.30); prenotazioniftm@arteintorino.com

 

 

MERCOLEDI 26 LUGLIO

 

Mercoledì 26 luglio ore 17

NON È TUTTO ORO QUELLO CHE LUCCICA

MAO – attività per famiglie

L’attività prende avvio dalla visita della nuova mostra Metalli sovrani. Le incisioni e gli sbalzi presenti sui preziosi oggetti esposti provenienti da The Aron Collection saranno lo spunto per l’attività di laboratorio, che prevede la realizzazione di lastrine di rame decorate con la tecnica a sbalzo.

Prenotazione obbligatoria: 011-4436927 – maodidattica@fondazionetorinomusei.it

Costo laboratorio €7 a bambino; adulti ingresso ridotto alle collezioni permanenti.

 

Mercoledì 26 luglio ore 19

ARUSHI JAIN. Elettronica contemporanea e classici raga indostani amalgamati in un’armonia perfetta.

MAO – concerto nell’ambito del public program di Buddha10 Reloaded

Arushi Jain è cantante e produttrice, nonché ingegnere, con una visione non ortodossa e risolutamente DIY di una tradizione secolare. Le sue composizioni infatti si ispirano ai raga classici indostani, esplorati però tramite una lente ed un’estetica contemporanee e molto attuali.

Jain è cresciuta a Delhi, dove è stata esposta alla musica classica indiana e alla musica tradizionale locale sin dalla giovane età. Successivamente si è trasferita in California per studiare informatica alla Stanford University, dove è stata introdotta ai suoni e alla sintesi generati dal computer presso il Center for Computer Research in Music and Acoustics (CCRMA).

La sua musica è una reinterpretazione unica di due mondi contrastanti. Gli antichiraga dell’India settentrionale vengono da lei re-immaginati e suonati con strumenti e tecnologie che ha appreso nella Bay Area.

Il suo ultimo album Under the Lilac Sky è stato pubblicato su Leaving Records nel luglio 2021 ed è stato nominato Global Album of the Month del Guardian, oltre ad aver ottenuto recensioni entusiastiche su Pitchfork, Bandcamp, Boiler Room, Ableton, Resident Advisor, FACT, Crack, DJMag e molti altri.

Recentemente è stata inclusa nella prestigiosa lista musicale di Forbes 30 under 30.

I biglietti sono acquistabili presso la biglietteria del museo e su Ticketone.

 

 

Theatrum Sabaudiae propone visite guidate in museo

alle collezioni e alle mostre di Palazzo Madama, GAM e MAO.

Per informazioni e prenotazioni: 011.52.11.788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

 

https://www.arteintorino.com/visite-guidate/gam.html

https://www.arteintorino.com/visite-guidate/mao.html

https://www.arteintorino.com/visite-guidate/palazzo-madama.html

 

Il Liberty: la linea che invase l’Europa

Oltre Torino: storie miti e leggende del Torinese dimenticato

È l’uomo a costruire il tempo e il tempo quando si specchia, si riflette nell’arte.
L’espressione artistica si fa portavoce estetica del sentire e degli ideali dei differenti periodi storici, aiutandoci a comprendere le motivazioni, le cause e gli effetti di determinati accadimenti e, soprattutto, di specifiche reazioni o comportamenti. Già agli albori del tempo l’uomo si mise a creare dei graffiti nelle grotte non solo per indicare come si andava a caccia o si partecipava ad un rituale magico, ma perché sentì forte la necessità di esprimersi e di comunicare.Così in età moderna – se mi è consentito questo salto temporale – anche i grandi artisti rinascimentali si apprestarono a realizzare le loro indimenticabili opere, spinti da quella fiamma interiore che si eternò sulla tela o sul marmo. Non furono da meno gli autori delle Avanguardie del Novecento che, con i propri lavori “disperati”, diedero forma visibile al dissidio interiore che li animava nel periodo tanto travagliato del cosiddetto “Secolo Breve”. Negli anni che precedettero il primo conflitto mondiale nacque un movimento seducente ingenuo e ottimista, che sognava di “ricreare” la natura traendo da essa motivi di ispirazione per modellare il ferro e i metalli, nella piena convinzione di dar vita a fiori in vetro e lapislazzuli che non sarebbero mai appassiti: gli elementi decorativi, i “ghirigori” del Liberty, si diramarono in tutta Europa proprio come fa l’edera nei boschi. Le linee rotonde e i dettagli giocosi ed elaborati incarnarono quella leggerezza che caratterizzò i primissimi anni del Novecento, e ad oggi sono ancora visibili anche nella nostra Torino, a testimonianza di un’arte raffinatissima, che ha reso la città sabauda capitale del Liberty, e a prova che l’arte e gli ideali sopravvivono a qualsiasi avversità e al tempo impietoso. (ac)

 

Torino Liberty

Il Liberty: la linea che invase l’Europa
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Articolo 1. Il Liberty: la linea che invase l’Europa

Ogni periodo storico è caratterizzato da un proprio particolare sentire, da scoperte e personaggi che ne delineano i tratti distintivi e, soprattutto, da forme artistico-letterarie-culturali che lo identificano. In questa serie di articoli voglio approfondire una peculiare corrente artistica, permeata di linee curve, con ornamenti di vetri e di pietre, uno stile che non solo interessò tutte le arti, dall’architettura, all’illustrazione, all’artigianato, all’oreficeria, ma divenne quasi un “modo di vivere”: il Liberty. Verso la fine del secolo XIX e l’inizio del XX nasce in Belgio un importante movimento, chiamato Art Nouveau che, opponendosi a tutte le accademie neoclassiche e neobarocche, applica la produzione industriale a forme d’arte, interpreta la linea con dinamismo espressivo, propone partiti decorativi che rompono con la fissità e danno movimento a pavimenti, scale, ringhiere, soffitti, modellano e curvano le pareti esterne, procurando vivacità e colore all’insieme. Tale movimento, che unifica in quei decenni lo slancio architettonico di tutta Europa, giunge in Italia con il nome di Liberty o Floreale, stile che ama applicare all’architettura ricercate forme decorative, spesso desunte dalla natura vegetale.  L’Art Nouveau influenza le arti figurative, l’architettura, le arti applicate, la decorazione di interni, gioielleria, mobilio, tessuti, oggettistica, illuminazione, arte funeraria, e assume nomi diversi, ma dal significato affine, a seconda dei luoghi in cui essa si manifesta: Style Guimard, Style 1900, Scuola di Nancy, in Francia; Stile Liberty, dal nome dei magazzini inglesi di Arthur Lasemby Liberty, o Stile Floreale, in Italia; Modern Style in Gran Bretagna; Jugendstil (“Stile giovane”) in Germania; Nieuwe Kunst nei Paesi Bassi; Styl Mlodej Polski (“Stile di Giovane Polonia”) in Polonia; Style Sapin in Svizzera; Sezessionist (Stile di Secessione”) in Austria; Modern in Russia; Arte Modernista, Modernismo in Spagna. Alla base del movimento vi è l’ideologia estetica anglosassone dell’Arts and Crafts di William Morris, fervido sostenitore della libera creatività dell’artigiano come unica alternativa alla meccanizzazione: una sorta di reazione alla veloce industrializzazione del tardo Ottocento. Arts and Crafts si volge alla riforma delle arti applicate portando avanti un’istanza sociale e morale che persegue il risorgere della produzione artigiana e l’attento studio del gotico come l’arte più dotata di spirito organico, volta a delineare planimetrie e forme “descrittive”, elementi nei quali l’indirizzo critico vuole vedere i germogli del rinnovamento architettonico.

L’Art Nouveau apre la strada all’architettura moderna e al design. Determinante per la diffusione di quest’arte è sicuramente l’Esposizione Universale di Parigi del 1900, tuttavia anche altri canali ne segnano l’importanza: ad esempio la pubblicazione di nuove riviste, come L’art pour tous, e l’istituzione di scuole e laboratori artigianali. La massima diffusione del nuovo stile è comunque da rapportarsi all’Esposizione internazionale d’arte decorativa moderna di Torino del 1902, in cui vengono presentati progetti di designer provenienti dai maggiori paesi europei, tra cui gli oggetti e le stampe dei famosi magazzini londinesi del noto mercante britannico Arthur Lasemby Liberty. La nuova linea artistica, in rottura con la tradizione, è presente nelle grandi capitali europee, come Praga, con la grande figura di Moucha, Parigi in cui Guimard progetta le stazioni per la metropolitana, Berlino, dove nel 1898 i giovani artisti si dissociano dagli stili ufficiali delle accademie d’arte, intorno alla figura di Munch, Vienna, dove gli artisti della secessione danno un nuovo aspetto alla città.  Una delle caratteristiche più importanti dello stile, che presenta affinità con i pittori preraffaelliti e simbolisti, è l’ispirazione alla natura, di cui studia gli elementi strutturali, traducendoli in una linea dinamica e ondulata, con tratto “a frusta”, e semplici figure sembrano prendere vita naturalmente in forme simili a piante o fiori. Si stagliano in primo piano le forme organiche, le linee curve, con ornamenti a preferenza vegetale o floreale. Tra i materiali, vengono adoperati soprattutto il vetro e il ferro battuto. In gioielleria si creano alti livelli di virtuosismo nella smaltatura e nell’introduzione di nuovi materiali, come opali e pietre dure, nascono monili in oro finemente lavorato e smaltato; i diamanti vengono accostati ad altri materiali, come il vetro, l’avorio e il corno. Solo in Italia, a differenza degli altri territori prima chiamati in causa, il Liberty non si contrappone al passato o alla tradizione accademica dell’insegnamento e dell’esercizio delle arti, con la conseguenza che qui, sulla nostra penisola, non si consolidò mai una scuola di riferimento identificabile con il movimento Liberty, al contrario ci furono singole personalità artistiche che si dedicarono ad approfondire i caratteri dello stile floreale ed epicentri per la diffusione del gusto dell’arte nuova, tra questi poli di profusione ci fu proprio Torino. Nei prossimi articoli considereremo nel dettaglio alcuni palazzi e quartieri della città sabauda particolarmente suggestivi e rilevanti dal punto di vista decorativo e architettonico, che testimoniano la meravigliosa trasformazione della nostra città, ancora oggi conosciuta come capitale del Liberty italiano.

 

Alessia Cagnotto