ARTE- Pagina 36

Palazzo Madama, Gam, Mao: Ferragosto al museo

FERRAGOSTO AL MUSEO

 

Lunedì 14 agosto apertura straordinaria di GAM e MAO

Martedì 15 agosto i tre musei sono aperti con biglietto speciale

1€ per le collezioni e 1€ per le mostre di GAM, MAO e Palazzo Madama

 

 

Per chi trascorre il Ferragosto in città, la Fondazione Torino Musei propone l’apertura straordinaria di Palazzo Madama e l’ingresso speciale a 1€ alle collezioni e, aggiungendo 1€, alle mostre temporanee con biglietteria separata di GAM, MAO e Palazzo Madama: un’ottima occasione per conoscere e godere del patrimonio artistico della Città e trascorrere una giornata diversa dal solito.

ORARI E TARIFFE

Lunedì 14 e martedì 15 agosto GAM, MAO e Palazzo Madama saranno aperti dalle 10 alle 18.

Nella giornata di Ferragosto le collezioni e mostre in corso nei tre musei saranno a tariffa speciale di 1€ ed è previsto un ricco programma di visite guidate.

COSA SI POTRÀ VISITARE

 

Alla GAM | Oltre alle collezioni permanenti saranno visitabili con il biglietto unico a 1€ le mostre Ottocento. Collezioni GAM dall’Unità d’Italia all’alba del NovecentoMichele Tocca. Repoussoir in Wunderkammer e Giuseppe Gabellone Km2,6 in VideotecaGAM.

Aggiungendo 1€ si potrà visitare anche la mostra Viaggio al termine della statuaria. Scultura italiana 1940-1980 dalle Collezioni GAM.

 

Al MAO | Accesso con biglietto unico a 1€ alle gallerie delle collezioni permanenti, alle mostre in corso Metalli sovrani. La festa, la caccia e il firmamento nell’Islam medievale Impetuosa nel t-space X MAO.  Aggiungendo 1€ sarà possibile visitare la mostra Buddha10 Reloaded.

 

A PALAZZO MADAMA | Con il biglietto a 1€ il pubblico potrà accedere alle collezioni permanenti e all’esposizione In cammino. La porta di Torino: itinerari sindonici sulla via Francigena.

Aggiungendo 1€ si potrà visitare la mostra Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario.

 

LE VISITE GUIDATE DI FERRAGOSTO:

 

GAM | ore 10:30 e ore 15:00 – Visita Collezioni del ’900

ore 12:00 e ore 16:30 – Visita Mostra Ottocento

MAO | ore 10:30 – Visita galleria Paesi Islamici + mostra Metalli Sovrani

ore 12:00 – Visita mostra Buddha10 Reloaded

ore 15:00 – Visita collezioni Cina e Giappone

ore 16:30 – Visita collezioni Asia Meridionale, Regione Himalayana, Paesi Islamici dell’Asia

PALAZZO MADAMA | ore 10:30 e ore 15:00 – Da castello a museo (visita alle collezioni permanenti)

ore 12:00 e ore 16:30 –  Visita Mostra Bizantini

Costo della visita guidata: 6€ a partecipante (10€ collezioni + mostra). Prenotazione obbligatoria.

Informazioni e prenotazioni: 011 5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

La tariffa a 1€ è valida per tutti i visitatori, compresi i possessori di Abbonamento Musei, le cui tessere non potranno essere registrate.

Ingresso gratuito: possessori di Torino Piemonte Card e aventi diritto.

ORARIO DI APERTURA: dalle 10 alle 18.

Le biglietterie chiudono alle 17.

Prenotazione consigliata ma non obbligatoria 

al numero 011 5211788 o via mail a ftm@arteintorino.com

Il castello di Agliè, una residenza sabauda nel Canavese

Bellezza, arte, poesia e un po’ di cinema

Eretto nel XII secolo dalla famiglia dei conti San Martino nell’omonimo borgo, uno dei più famosi del canavese, fino al 1600 il Castello di Agliè mantenne l’aspetto di un forte con tanto di muraglia difensiva e fossato.

I primi interventi per renderlo dimora furono fatti a fine secolo dal Conte Filippo che affidò il progetto all’architetto Amedeo di Castellamonte: venne rivisitata la facciata interna, creata la cappella e le due gallerie. Nel 1764 fu venduto al re Carlo Emanuele III dando inizio così alla prima epoca sabauda e divenendo una delle residenze estive reali. Vengono ricavati nuovi appartamenti, edificata la chiesa parrocchiale della Madonna della Neve, collegata al castello così che i membri della famiglia potessero raggiungerla senza essere visti, ampliato il giardino in stile italiano, costruita la fontana dei Fiumi, Dora Baltea e Po, con le belle sculture dei fratelli Collino. Durante il governo di Napoleone venne ceduto perdendo così il tono regale e sontuoso e venendo utilizzato invece come ricovero per i poveri.

Carlo Felice a inizio del 1800 lo rivolle fortemente e gli ridiede un aspetto sfarzoso grazie anche all’intervento dell’architetto Michele Borda che introdusse gli arredi in stile Carlo X, costruì un teatro gioiello e inserì una bella collezione di opere d’arte. Nello stesso periodo vennero introdotti diversi reperti relativi a vari scavi archeologici che Maria Cristina di Borbone, moglie di Carlo Felice, aveva seguito personalmente nel Lazio.

Nel 1939 il castello fu venduto allo Stato con la gestione della Soprintendenza ai Monumenti e dei Beni Ambientali e Architettonici del Piemonte che ancora oggi si occupano del suo mantenimento e della sua salvaguardia. Dal 1997 è parte del Patrimonio Unesco e del circuito dei Castelli del Canavese.

Grazie alla sua bellezza ed eleganza i visitatori sono in costante aumento, la varietà di stili architettonici che si sono susseguiti storicamente e i diversi spazi interni ed esterni da visitare: i saloni, la biblioteca, il teatro, la cappella, i giardini pieni di alberi secolari e serre, attraggono turisti e curiosi da tutta Europa.

Al Castello di Agliè furono dedicati alcuni versi dal poeta Guido Gozzano che durante le sue vacanze di bambino giocava sul piazzale antistante ed è stato un meraviglioso sfondo cinematografico dove sono state ambientate alcune fiction come Elisa di Rivombrosa e Maria José, un luogo dunque dove la magia dell’arte, le storie legate alle famiglie reali, la grandiosità architettonica e la bellezza nella natura si intrecciano conferendogli lo status di meraviglia non solo piemontese ma del mondo intero.

Maria La Barbera

 “Beny e il Cinema”, retrospettiva di opere bidimensionali

Sabato 12 agosto – Domenica 3 settembre 2023
OPEN ADA ,via Repubblica 6, Torre Pellice (To)

MOSTRA DI OPERE UNICHE E SERIGRAFIE DI BENY GIANSIRACUSA
DEDICATA ALLE GRANDI ICONE DELLA CINEMATOGRAFIA MONDIALE

A cura di Associazione Decima Arte
Con la collaborazione di AttiniArte

Supervisione al progetto: Monica Nucera Mantelli

Inaugurazione Sabato 12 agosto alle ore 17
Ospite: il Professore di Storia e Critica del Cinema Liborio Termine

BENY E IL CINEMA è una retrospettiva di opere bidimensionali – pezzi unici e serigrafie –  di Beny Giansiracusa,in corso da Sabato 12 agosto a Domenica 3 settembre 2023 presso gli spazi OPEN ADA di via Repubblica 6 a Torre Pellice, dedicata ai ritratti di carismatici personaggi della cinematografia internazionale realizzati nell’ arco di un oltre un trentennio. Le sue rivisitazioni declinano, attraverso una carrellata immaginifica di quasi un centinaio di anni di storia del cinema, le icone più popolari e amate dei film: da Stan Laurel & Oliver Hardy a Charlie Chaplin, da Sophia Loren a Penelope Cruz, da Tina Pica a Marylin Monroe, da Audrey Hepburn a Brigitte Bardot.

Giorni e orari di apertura della mostra: nei fine settimana – i pomeriggi di sabato e domenica ore 15 – 18.Il venerdì su appuntamento (tel. 3479756902). L’ingresso è libero.

CONCEPT MOSTRA

Questo maker torinese, di origini siciliane, ha inventato quotidianamente surreali occasioni d’incontro tra celebrità di ogni tempo. Grazie alla sua ricchissima produzione di pezzi unici e multipli, sempre vicini al tema dei Miti e Star, Giansiracusa è divenuto una figura strategica non solo per ciò che riguarda il mondo della serigrafia, ma anche per la sua innata capacità di ripensare ai modelli archetipali che hanno fatto parte della nostra storia del costume e della società.

In occasione dell’apertura prolungata per la Notte Bianca del 12 agosto a Torre Pellice, l’ Associazione Decima Arte, il fotografo ed editore Antonio Attini e a la direttrice artistica di Open ADA Monica Nucera Mantelli aprono la mostra tematica dalle ore 15 sino alle ore 23.

Alle ore 17, per l’ inaugurazione ufficiale, un Ospite d’eccezione: la scrivania del centro culturale sarà presieduta dall’esperto di cinema ed estetica Prof. Liborio Termine, per un approfondimento tematico, insieme a Monica N.Mantelli (Direzione artistica di Open ADA), sul simbolismo rappresentato da Beny Giansiracusa attraverso l’amalisi di alcune icone del vasto panorama della celluloide. A schermo, un coloratissimo slideshow, racconterà visivamente la vasta produzione di Giansiracusa, a compendio della quarantina di opere esposte ai muri e su cavalletti.Con l’occasione, il Direttivo di ADA spiegherà al pubblico il prezioso lavoro di catalogazione dell’archivio storico del noto serigrafo torinese scomparso nel 2022. Si parlerà della fenomenologia ibrida a cui appartiene questo peculiare artista. Si segnala: l’ allestimento di una speciale vetrina tematica con cinematografo d’epoca e autoritratto dell’artista.

L’OSPITE INAUGURALE
LIBORIO TERMINE
Docente di Storia e Critica del Cinema all’Università di Torino e Kore di Enna, Liborio Termine ha, tra l’altro, pubblicato: l’Estetica della Simulazione (Torino, 1976), Problemi di critica e metodologia del cinema (Torino 1979), Dentro l’immagine (Torino 1979), La scrittura fotografica (Firenze, 1987), Un eretico innocente (Palermo 1987), Pirandello D’Annunzio e il Cinema (Palermo 1988). Ha diretto unità di ricerche presso il Dipartimento DAMS. Ha svolto insegnamenti in Università straniere (Inghilterra, Spagna, Islanda, Francia). Ha partecipato a convegni nazionali e internazionali. E’ stato Preside della Facoltà di Lingue all’Università di Torino e ha ricoperto l’incarico di Preside nella Facoltà delle Arti e della Comunicazione dell’Università di Enna.Collabora con l’ Accademia di Teatro di Mario Brusa a Torino.

L’ARTISTA RESIDENTE PRESSO OPEN ADA
(20 marzo 1951 – 5 febbraio 2022)

BENY GIANSIRACUSA
“Beny Giansiracusa, di origini siracusane, nasce a Torino il 20 marzo 1951. Sin da giovanissimo entra a far parte del mondo della grafica e della serigrafia, un’arte popolare. Pochi lo sanno, ma, la serigrafia, è una delle tecniche grafiche più antiche che risale all’epoca dei Fenici. Beny Giansiracusa inizia ad inserirsi in questo mondo creativo dapprima attraverso la creazione di cartelli stradali, lamiere, insegne e manifesti. Solo dopo gli anni ‘70, Beny inizia ad usare la tecnica serigrafa per comporre una straordinaria moltitudine di immagini, collaborando con moltissimi artisti torinesi. La sua opera da un nuovo impulso alla tecnica serigrafa, mescolando insieme le forme e i colori in modo tutto originale, mai visto prima. L’animo da creatore che lo contraddistingue, si rinnova continuamente e questo lo rende sicuramente il maestro indiscusso della serigrafia italiana. La sua semplicità e la sua spontaneità gli permettono di districarsi con estrema abilità nel disegno, nella pittura, nel ritratto di personaggi storici, nella pubblicità, nella decorazione, nel fumetto. La particolarità straordinaria della sua opera sta nella non somiglianza ai modelli artistici tradizionali. Beny Giansiracusa riesce ad andare contro corrente, riesce a creare ciò che nessun altro artista ha mai immaginato che si potesse fare. E’ un personaggio unico ed irripetibile, che lavora con serietà e perseveranza e che possiede conoscenze tecniche capaci di consentirgli di affrontare qualsiasi sfida. Le sue opere diventano sempre di più delle vere e proprie icone della nostra società. In tutta la sua esistenza Beny Giansiracusa insegue la magia, scrivendo fiabe in molteplici forme. Altra particolarità caratterizzante la sua opera è il suo estremo senso del colore. Tutta la sua arte è essenzialmente colore. Un colore vitale, intenso, quasi impetuoso. Beny utilizza il colore come mezzo di espressione, per comunicare i suoi pensieri, è quasi una forma di intelligenza. “Beny Giansiracusa fa tutto questo per una ragione essenziale, perché vuole dare umanità a quello che compone ed è l’umano che deve affiorare nelle sue immagini. Egli, quando dipinge, disegna ed inventa diventando testimone di quel senso dell’umanità che la sua opera più genuina esprime.” (Janus)

Sacro e profano in mostra a Bricherasio

Domenica 27 agosto presso palazzo Conti di Bricherasio verrà  esposta una collezione di statue tra “sacro e profano”

 

Domenica 27 agosto dalle 15 alle 18.30 si terrà presso il Palazzo dei Conti di Bricherasio un’esposizione dal titolo “Frati, suore e monaci… una collezione tra il sacro e il profano “. L’ingresso, comprensivo di visita della mostra e del parco, è  di 10 euro.

“La collezione che sarà in mostra il 27 agosto – spiega Guigo Calleri di Sala, curatore del Palazzo dei Conti di Bricherasio nonché uno degli eredi – comprende raffigurazioni di preti, suore e monaci e apparteneva a mio padre Edoardo, che è  stato un imprenditore e politico italiano, divenuto poco più che ventenne  già  sindaco di Bricherasio negli anni Cinquanta e primo Presidente della Regione Piemonte nel periodo compreso tra il 1970 e il 1973.

Di queste sculture ne abbiamo diverse centinaia che riguardano non soltanto semplici preti, ma anche vescovi e monaci, costituite di diversi materiali quali la ceramica, il vetro, il legno”.

“ Si tratta di una passione nata a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta, originatasi dal suo legame con i salesiani e dal fatto che egli abbia sempre frequentato le loro scuole. Tanto che nel ’44 scappò  dal collegio salesiano di Lanzo, all’età di diciassette anni, per andare a fare il partigiano, in seguito alla morte del fratello Alberto, ammazzato dai nazifascisti a Torre Pellice. Queste statue sono il frutto anche di acquisti durante i suoi viaggi di lavoro e privati e alcuni pezzi riguardano anche altre religioni”.

Per informazioni e prenotazioni si prega di scrivere a palazzocontidibricherasio@gmail.com

MATA MARTELLOTTA

In mostra al “MAO-Museo d’Arte Orientale” due giovani artiste anime “impetuose” ed “erranti”

“Impetuosa”

Fino al 24 settembre

La mostra “Impetuosa” (titolo al contempo inquietante e intrigante), ospitata al “MAO” di via San Domenico, a Torino, fino a domenica 24 settembre, è l’appuntamento conclusivo del “progetto t-space X MAO”. In gioco, l’incontro – scontro fra due artiste coetanee, molto diverse fra loro per background e linguaggio espressivo, ma “caratterizzate da un’affine spontaneità e da una forza impetuosa nel fare arte”. I loro nomi: Zhang Yimei ( Guiyang – Cina, 1990) e Giulia Ratti (Milano, 1992).

La prima vive e lavora oggi in Svizzera, a Locarno (Canton Ticino), dov’è direttrice artistica, dal 2022, de “La Rada- Spazio per l’Arte Contemporanea”. Nel 2016, fonda a Milano il “Fuzao Studio”, un’organizzazione no profit dedicata alla comunicazione artistica a livello internazionale, la cui collezione nasce dalla collaborazione con Case Editrici Indipendenti e con artisti che si “auto producono” . I più diversi, gli ambiti legati all’arte contemporanea, in cui si muove il “Fuzao”, dagli eventi espositivi alle residenze artistiche fino all’editoria e alla distribuzione di “libri d’artista”. “Anima inquieta, inarrestabile”, Zhang Yimei. Come l’atmosfera che volutamente si respira nel suo “Fuzao”, termine –  浮躁 (Fùzào) – che in lingua cinese significa letteralmente “l’uomo errante che si muove nell’assurdità”. Così, per la mostra al “MAO”, l’artista ha selezionato una serie di “libri di artisti” e di “editori indipendenti asiatici”, per lo più in edizione limitata, difficilmente reperibili in Occidente e che rimarranno esposti e fruibili dagli spettatori per tutta l’estate per poi, al termine della mostra, entrare a far parte della Biblioteca del “MAO”.

L’altra anima “impetuosa” che si va a conoscere, è Giulia Ratti, artista e illustratrice–fumettista (ha di recente pubblicato “Materia Degenere 3” con la torinese “Diabolo Edizioni”), che ha pensato, per “t-space”, un “Pantheon” (luogo ideale) del tutto personale, composto da “dieci stendardi” che fluttuano nella stanza come un’ode all’estetica giapponese del “mondo anime”, quello dei “cartoni animati” in onda sulle Tv private italiane degli anni ’90, di cui l’artista si è nutrita fin dalla tenera età e che ha fortemente influenzato la sua pratica creativa. Il grande affetto verso i personaggi di quei cartoons  si è così rinforzato al punto da spingerla a creare “in proprio” storie e mondi personali. Ecco quindi che Sailor Venus e Andromeda dei “Cavalieri dello Zodiaco” si esibiscono come “cubisti avvolti dalle loro catene” e il tranquillo palazzo in cui abita l’artista esplode come in una scena di “Akira”.

“L’allestimento – dicono al “MAO” – è un incontro tra caratteri impetuosi che da anni lavorano nella scena dell’arte indipendente e che condividono con ‘t-space’ la necessità di portare avanti un’attività artistica sostenibile, sempre in bilico tra necessità creativa e interesse pragmatico”.

Gianni Milani

“Impetuosa”

MAO-Museo d’Arte Orientale, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436932 o www.maotorino.it

Fino al 24 settembre

Orari: dal mart. alla dom. 10/18. Lunedì chiuso

Nelle foto:

–       “Fuzao – Impetuosa”

–       MAO: “Fontana per il tè” del “t-space”

Torino e l’acqua

Oltre Torino. Storie, miti, leggende del torinese dimenticato

 

Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce

 

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Il fil rouge di questa serie di articoli su Torino vuole essere lacqua. Lacqua in tutte le sue accezioni e con i suoi significati altri, lacqua come elemento essenziale per la sopravvivenza delpianeta e di tutto lecosistema ma anche come simbolo di purificazione e come immagine magico-esoterica.

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1. Torino e i suoi fiumi

2. La Fontana dei Dodici Mesi tra mito e storia

3. La Fontana Angelica tra bellezza e magia

4. La Fontana dellAiuola Balbo e il Risorgimento

5. La Fontana Nereide e lantichità ritrovata

6. La Fontana del Monumento al Traforo del Frejus: angeli o diavoli?

7. La Fontana Luminosa di Italia 61 in ricordo dellUnità dItalia

8. La Fontana del Parco della Tesoriera e il suo fantasma

9. La Fontana Igloo: Mario Merz interpreta lacqua

10. Il Toret  piccolo, verde simbolo di Torino

 

1. Torino e i suoi fiumi

Il fil rouge di questa serie di articoli vuole essere lacqua. Lacqua in tutte le sue accezioni e con i suoi significati altri, lacqua come elemento essenziale per la sopravvivenza del pianeta e di tutto lecosistema ma anche come simbolo di purificazione e come immagine magico-esoterica.

Il 71% del Pianeta Terra è coperto dacqua.

Il corpo umano è costituito di acqua per il 60%; alla nascita, il peso corporeo di un bambino è costituito dacqua per l80%.

Eppure, per capire quanto tale elemento sia essenziale è necessario fare riferimento ad altre cifre: gli studi dellUnicef sottolineano che ogni giorno circa 700 bambini muoiono a causa di malattie causate dallutilizzo di acqua non pulita; 2,1 miliardi di persone non hanno accesso ad acqua potabile e almeno 263 milioni di individui impiegano più di 30 minuti per raccogliere dellacqua pulita. Secondo altre statistiche ONU sono ben 3900 i bambini che decedono ogni giorno per scarsità idrica. 

Cifre, queste, terrificanti e obbrobriose, che dovrebbero comparire nelle nostre menti tutte le volte che per un po’ di calore, per stanchezza o anche solo per capriccio, ci fermiamo con tranquillità e noncuranza ad abbeverarci ad una fontana.

La definizione del termine acqua” sul dizionario dice trattasi di un composto chimico di due atomi di idrogeno e uno di ossigeno, è inodore, incolore e insapore, costituente fondamentale degli organismi viventi, in natura si trova allo stato liquido, (fiumi laghi, mari), allo stato solido, (neve, ghiaccio), allo stato aeriforme, (vapore acqueo).

Continuando a leggere ci si accorge di quanto sia presente tale parola nel linguaggio, sia che si tratti di argomenti scientifici, sia che ci si riferisca a modi di dire o frasi fatte; vi è poi anche il richiamo alle proprietà purificatrici attribuite allacqua nelle diverse culture e religioni. 
Si parla di acqua corrente, cioè disponibile grazie ad un dato sistema di condutture; acqua minerale, cioè contenente minerali, utili e necessari per il funzionamento dellorganismo; per i puntigliosi esiste l’ “acqua frizzante, per alcuni sistemi chimici si utilizza l’ “acqua distillata. Si differenzia l’ “acqua dolce”  dallacqua salata, diversa ancora da quel che si intende per acqua morta, cioè stagnante, ancora diversificabile a sua volta dalle acque bianche” e dalle acque nere. Distaccandosi daisignificati più terreni, possiamo fare riferimento a quellacqua utilizzata nelle funzioni religiose, per questo definita santa; se esiste poi una sorta di via di mezzo tra la terra e il cielo, per coloro i quali usano un approccio salutistico o olistico, nella lunga definizione del dizionario, sono presenti le tanto elogiate proprietà delle acque termali.  In ultima analisi, per sottolineare quanto tale parola sia presente non solo nellimmenso ecosistema, ma anche nel complesso universo linguistico, proponiamo ad esempio alcuni modi di dire: acqua in boccafare un buco nellacqua, ragazza acqua e sapone” ecc.

La questione non si esaurisce solo in un lungo elenco di espressioni linguistiche e di statistiche geologiche, una cosa” di tale arcana importanza e ancestrale essenzialità non può che essere portatrice di significati nascosti, interni ed esoterici.  Lacqua è un simbolo ricco di significati, è presente, sotto tale accezione nella Bibbia e nel Nuovo Testamento, è, inoltre, uno dei quattro elementi principali, (acqua, aria, terra, fuoco), a cui tradizionalmente sono attribuite qualità di intuizione e adattabilità. Lacqua è associata alla sfera femminile e alla passività. In alchimia è lelemento associato al numero 2, simboleggia le polarità in antitesi allunità, (identificata con lelemento fuoco). Quando lacqua si trova allo stato liquido può insinuarsi ovunque e assumere svariate forme, portando al significato traslato di unione tra spirito e materia.

La religione cristiana associa lacqua a Cristo, in quanto sorgente che disseta eternamente. Lacqua è anche purificatrice, utilizzata durante il battesimo, quando i bambini vengono bagnati con lacqua santa. Lacqua, dunque, pulisce non solo a livello materiale ma anche spirituale, proprio per questo è elemento essenziale in quasi tutti i rituali di purificazione. Nella religione ebraica, lacqua, viene associata a Dio, perché ritenuta come sua manifestazione allinizio della creazione. Lelemento viene anche associato al concetto di nascita” perché  essa dona la vita,  così come accade durante la gestazione, che vede il nascituro immerso per 9 mesi in un liquido. Sono molte le culture dellantichità in cui lacqua era considerata fonte di vita, principio cosmico femminile e Madre, proprio in quanto generatrice. Per gli antichi greci i mari, i fiumi, i laghi erano nati da Oceano, figlio di Urano e Gea; rimanendo sempre in ambito classico, si pensi poi al mito di Narciso, vicenda in cui lacqua è lo specchio che permette di scoprire se stessi. 

Lacqua ha anche un significato onirico: quando si sogna lacqua, significa che linconscio richiama a sé significati di energia materna, legati allambito profondo e sentimentale, e può indicare stati emotivi diversi a seconda che lacqua appaia limpida o torbida.

In alcune culture si parla di prova dellacqua, momento importante per il cammino iniziatico, in cui si mette alla prova il candidato, chiamato a resistere ad una serie di difficoltà. La prova diventa metafora di una capacità di adattamento alle diverse condizioni di vita, che liniziato deve avere: o ci si adatta o si perisce.

Ma cosa centra il discorso dellacqua con la nostra città? Ebbene, esso si collega al capoluogo  piemontese più di quanto ci possa sembrare. Torino è posta alla confluenza di tre fiumi: il Po, la Dora Riparia e la Stura di Lanzo. Anche altre città sorgono vicino a dei corsi fluviali, ma il nostro è un caso particolare, infatti a Torino, città magica, città in cui si respira lascendenza egizia, si percepiscono le linee sincroniche, proprio i due fiumi, il Po e la Dora, assumono una particolare importanza. Analizzati in chiave esoterica, il primo rappresenta il Sole e la componente maschile, la seconda corrisponde alla Luna e alla parte femminile. Sui fiumi inoltre incidono correnti energetiche  che, incrociandosi, generano un punto dintersezione  di peculiare forza. Chi si intende di esoterismo sottolinea che il castello del Valentino e il vicino  Borgo Medievale  simboleggiano  forza  e per questo si trovano in riva al Po. Il grande cimitero monumentale,  invece, si situa sulle sponde del fiume più “notturno, la Dora. 

I due fiumi giustificherebbero dunque lambivalenza torinese: città solare e maschile, a cui fa da contraltare una città lunare, femminile, come una sorta di grande madre. 

Non dimentichiamo, infine, che a specchiarsi sulle acque del Po c’è anche una chiesa assai particolare, la Gran Madre.

Tre sono i fiumi che bagnano Torino, ma due sono particolarmente cari alla cittadinanza, il Po e la Dora, i due corsi dacqua diventano, infatti, protagonisti di un angolo di città, fissati in personificazioni statiche e solenni. Si tratta della piazzetta CLN, posta nel centro storico della cittàappena dietro le due chiese gemelle di piazza San Carlo (Santa Cristina e San Carlo), lungo lasse di via Roma in direzione di piazza Carlo Felice e dei giardini Sambuy. Prima del 1935 la piccola piazza era conosciuta come piazza delle due chiese.

Laspetto attuale si deve alla ristrutturazione del 1935 prevista dal progetto di Marcello Piacentini, avvenuta in pieno periodo fascista, che riguardava il secondo tratto di via Roma e la zona circostante. Nel progetto erano comprese anche le statue di Benito Mussolini, Vittorio Emanuele III di Savoia e due fontane poste sul retro delle due chiese, con allegorie antropomorfe dei fiumi Po e Dora Riparia. Solo le ultime due statue vennero effettivamente realizzate e la piazza venne rinominata Piazza delle due Fontane, realizzate dallo scultore Umberto Baglioni nel 1973. Durante loccupazione nazista  la piazzetta si incupisce di unombra crudele ma purtroppo reale, e ospita il comando della Gestapo, ubicato presso lalbergo Nazionale. Alla fine della guerra, forse proprio per chiudere quella ferita storica, il nome della zona vene cambiato e dedicato al Comitato di Liberazione Nazionale costituitosi al termine del fascismo.

Il tempo scorre, proprio come lacqua delle due fontane che guardano ieratiche il susseguirsi degli uomini e degli avvenimenti. Eppure anche loro hanno avuto delle peripezie da affrontare,  nel1987 le fontane furono svuotate e messe fuori servizio a causa dellusura  della copertura della vasca e dellimpianto idrico.

Solo nel 2005, dopo un significativo restauro, vennero rimesse in funzione; nel 2013 altri lavori di ristrutturazione costrinsero la fontana del Po ad essere chiusa nuovamente, finché il 23 dicembre dello stesso anno vennero nuovamente inaugurate  entrambe, con una cerimonia alla presenza dellallora sindaco di Torino Piero Fassino.

Nel 2017 un pezzo di cornicione di marmo del retro della chiesa di Santa Cristina precipitò sulla fontana dedicata alla Dora Riparia, fortunatamente senza danni né alle perone né al monumento.

Infine, dopo varie vicissitudini, per il Po e per la Dora arriva il vero momento di gloria: la piazza venne scelta nel 1975 dal regista Dario Argento per alcune scene del film Profondo Rosso, rimanendo impressa per sempre sia in una delle pellicole cinematografiche più conosciute, sia nella mente degli appassionati dellhorror.

Alessia Cagnotto

Opera Viva Barriera di Milano, il Manifesto. Turi Rapisarda: Satiro

9° edizione

Opera Viva, Luigi l’addetto alle affissioni

 

Terzo appuntamento:

Lunedì 7 agosto 2023

ore 18.30

Torino, Barriera di Milano, Piazza Bottesini

Per il terzo appuntamento dell’anno di Opera Viva Barriera di Milano, Il Manifesto, è Turi Rapisarda con l’opera Satiro (1990) a inaugurare il 7 di agosto alle ore 18.30 in Barriera di Milano a Torino.

Il progetto/opera di arte pubblica ideato nel 2015 da Alessandro Bulgini negli anni ha ospitato più di 50 artisti italiani e stranieri, interpreti dello spazio pubblico di 6×3 metri di Piazza Bottesini a Torino.

L’edizione 2023, intitolata “Opera Viva, Luigi l’addetto alle affissioni” si concentra sul concetto di ribaltamento: nessuna figura curatoriale, soltanto gli artisti e Luigi, l’addetto alle affissioni, che appenderà tutte le immagini capovolte.

Rapisarda per l’occasione presenta Satiro, uno ritratto fotografico realizzato nel 1990.

Il satiro è una figura mitica maschile, che abita nei boschi e sulle montagne, personificazione della fertilità e della forza vitale della natura, solitamente raffigurata come essere umano nudo e barbuto, comicamente orribile, dal viso ferino e naso camuso.

In questo ritratto appare evidente la ricerca che l’artista compie sul corpo e sulla sua relazione con lo spazio circostante. Quali significati celano le movenze dei nostri corpi, perchè scegliamo una postura piuttosto che un’altra, in che modo il corpo occupa lo spazio?

L’artista trae ispirazione dal teatro di Samuel Beckett, inserendosi da un lato in quell’indagine sulla perfezione della forma del fotografo Robert Mapplethorpe, dall’altro rendendosi interprete, anche per le origini siciliane, del cinema di strada dei registi palermitani Ciprì e Maresco dove il grottesco gioca sulla coincidenza degli opposti, di sacro e profano.

Una sperimentazione artistica sul corpo, quella di Rapisarda, tra austerità e malinconica comicità, connessa alla ricerca filosofica, all’immaginario scientifico dei primi anni Novanta e alla personale esperienza.

 

Ma anche l’opera di Rapisarda subisce il cambiamento che la vita stessa può portare: affissa al contrario dall’addetto Luigi, l’opera si ritrova ribaltata. Quali nuovi significati assume l’opera? Che valore ha l’intervento di Luigi? Quale relazione si instaura tra l’autore dell’opera e l’autore del ribaltamento? Tutti questi temi che legano arte e vita faranno parte di un dibattito al termine della rassegna, a Flashback Art Fair.

Vivono e lavorano a Torino gli artisti selezionati per l’edizione 2023, per sottolineare ancora una volta l’importanza del tessuto culturale e artistico della città di Torino: Sergio Cascavilla, Gianluca e Massimiliano De Serio, Luigi Gariglio, Turi Rapisarda, Pierluigi Pusole e Alessandro Bulgini.

Sauze di Cesana, San Restituto tra storia e fede

C’è un segno lasciato dai Re di Francia dentro la bella chiesa di San Restituto a Sauze di Cesana, paese di 240 anime dell’Alta Valle di Susa, sulla strada che sale a Sestriere: un’impronta importante, regale, l’emblema della potenza della monarchia d’Oltralpe. È il Giglio, il simbolo araldico dei sovrani di Francia. Queste terre facevano parte del Delfinato già dalla metà del Trecento e, anche qui, su queste montagne scorreva il sangue scaturito dalle guerre di religione, cruenti e brutali, che tra Cinquecento e Seicento, seminarono morte e odio tra i cristiani.
A quel tempo cattolici e protestanti se le davano di “santa” ragione massacrandosi un po’ in tutta l’Europa. “Ci è difficile immaginare, spiegano i volontari dell’Associazione Amici di San Restituto che si prendono cura della chiesa e aprono le porte ai visitatori, come dovesse essere l’aspetto complessivo della chiesa dopo i violenti scontri del 1574 con i protestanti che si svolsero attorno e dentro l’edificio religioso”. La chiesa, a 1600 metri di altezza, passava di continuo dalle mani dei protestanti a quelle dei cattolici e viceversa.
“I disordini dovevano averla ridotta proprio male tanto che i beni più preziosi furono prontamente messi al riparo”. A cavallo delle Alpi i Re di Francia transitavano sovente da queste parti con i loro eserciti diretti nel cuore della penisola. Non si sa con certezza se qualche sovrano d’Oltralpe sia entrato in questa chiesa ma i segni della presenza francese sono diversi. Per poter ospitare i nuovi convertiti che volevano essere battezzati, Re Luigi XIV decise, verso la fine del Seicento, di ingrandire la chiesa e per tale ragione venne restaurato il fonte battesimale, una grande vasca di pietra quattrocentesca sormontata da una struttura triangolare con ante in legno su cui è scolpito il Giglio di Francia che si può vedere anche sulla parte superiore di un arco dell’ingresso laterale del portico.
La festa di San Restituto, santo patrono della chiesa, (martirizzato al tempo dell’imperatore Diocleziano, (284-305 d.C.) perché testimoniava la propria fede) si tiene l’ultima domenica di maggio ma altrettanto significativa e molto attesa è la festa dell’Assunta il 15 agosto con la Madonna portata in processione da giovane donne vestite di bianco, preceduta, la sera del 14, dalla fiaccolata per le vie del paese sullo sfondo della chiesa sapientemente illuminata insieme al suo piccolo cimitero sulle cui tombe il nome Restituto compare frequentemente. Per oltre un secolo, tra ‘600 e ‘700, i parrocchiani vennero seppelliti sotto il pavimento di legno della chiesa e solo alla fine del Settecento fu allestito il camposanto esterno.
La prima testimonianza di questa chiesa risale al 1065 con la Bolla dell’arcivescovo di Torino Cuniberto. Un tempo era una chiesa-fortezza, circondata da mura massicce e serviva da rifugio per la popolazione in caso di guerre o scorrerie. Nella seconda metà del Cinquecento vennero compiute importanti opere di restauro. All’interno non si trovano molte decorazioni pittoriche. Sulle pareti spicca un affresco che illustra il battesimo di Gesù, secentesco, si vedono tracce di dipinti di inizio Cinquecento, due grandi quadri dell’Annunciazione di fronte al battistero, la Madonna del Rosario, la statua di San Restituto a cavallo e una cornice del ‘700 con ex-voto. “Mettersi in cammino verso la chiesa-santuario di San Restituto, sostengono con orgoglio i responsabili dell’Associazione, rappresenta metaforicamente, oggi come ieri, il viaggio di ogni uomo, la ricerca di felicità e la possibilità di accogliere il dono di salvezza che viene dall’alto.
Significa in sostanza scoprire il senso religioso della vita che conforta e rassicura”. Ad agosto la chiesa, che ospita alcuni concerti serali, è aperta mercoledì e sabato dalle 16.00 alle 18.00, la settimana di ferragosto è aperta tutti i giorni con lo stesso orario. Per ulteriori informazioni: amicisanrestituto@gmail.com oppure telefonare 347-5960960
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Testo e foto di Filippo Re
nelle fotografie:
la chiesa di San Restituto a Sauze di Cesana
interno chiesa
facciata di San Restituto
Fonte battesimale con Giglio di Francia
San Restituto a cavallo

Torino città floreale

La prima Esposizione Internazionale di Arte Decorativa Moderna che si tenne a Torino nel 1902 lanciò una nuova era, una rivoluzione nelle varie espressioni artistiche e nel design che segnò una vera e propria rottura con il passato. Il regolamento dell’evento fu molto chiaro, niente imitazioni, niente rievocazioni del passato, solo rinnovamento, originalità sia nelle forme che nei materiali. Questa nuova tendenza aveva come fonte d’ispirazione la natura ed è per questo che oltre ad “Arte Nuova“, Art Nouveau in Francia, Jungendstil in Germania o Modern Style in Gran Bretagna, si chiamò anche “Arte Floreale“. La vocazione di questa nuova espressione era la sua possibile declinazione nel quotidiano, non esistevano quindi soggetti e ambienti privilegiati o solo grandi opere, al contrario ogni oggetto presente nella vita di tutti i giorni in ceramica, in vetro o di stoffa poteva veicolarne la bellezza e lo stile. Torino, seppur in assenza di una vera e propria scuola o corrente propria, divenne un importante centro espressivo di questo movimento anticlassico e critico nei confronti dell’uniformità beneficiando, grazie alla vicinanza geografica, delle influenze francesi e belga. Tra le opere più note del Liberty a Torino abbiamo Casa Fenoglio-La Fleur, Villa Scott (set di Profondo Rosso di Dario Argento), Un intero Isolato, l’unico così grande in città, tra Via Papacino e Corso Matteotti, il Villino Raby . Girando per la città è possibile ammirare altri meravigliosi capolavori di Arte Floreale, itinerari ricchi di particolari, forme e colori che ci riportano in quel preciso periodo storico.

 

1. Borgo Crimea: partendo dal Ponte Umberto I abbiamo la Casa Camusso-Caselli a Corso Fiume 2, la meravigliosa Villa Crimea a Via Casteggio 2, Villa Scott a Corso Lanza 57, la Palazzina a Via Villa Quiete 1-3, Villino Guarlotti in Via Gatti 10 e al n.24 il Villino Antonietta, la Casa del Custode del Villino Filiberti a Corso Moncalieri 83.

2. Corso Francia, Cit Turin: Villino Raby a Corso Francia 8, Palazzina Fenoglio La Fleur in Via Principi d’Acaja 11, i bellissimi edifici di Via Duchessa Jolanda 17,19,21 – Via Collegno 44,45 – Via Susa 31,33 e il famosissimo Palazzo della Vittoria, con il portone decorato da Draghi, a Corso Francia 23.

3. San Donato: Casa dei Fratelli Padrini a Via Balbis 1, Casa Pecco tra Via le Chiuse e Via Cibrario, sempre a Via Cibrario ai civici 15 Casa Florio, 36 Casa Basso, 54 Casa Girardi, 62 Casa Enrieu. Le Palazzine a via Piffetti 3,5,7,10 e 12, Palazzina Ostorero a Via Beaumont 7.

 

4.Centro Città: la Palazzina – Via Bertola 20 e quella sull’angolo opposto a Via Monte di Pietà 26, sempre a Via Monte di Pietà al civico 4 la Casa della Zoppa, l’Isolato San Lazzaro – Via Pietro Micca 4, l’Isolato intero tra via Papacino e Corso Matteotti, l’Edificio di Via Revel 18 e 20.

 

5. Crocetta: la Palazzina a Via Sacchi 40/42, Casa Avezzano a Via Vico 2, Casa Pozzo in Via Massena 81, Casa Mussino in Corso Re Umberto 71, l’Isolato a mezzaluna in Largo Re Umberto 65, Casa Gamna a Corso Galileo Ferraris 78 e al civico 86 Casa Quadri, Palazzo Pellegrini in Corso Montevecchio 38 e al 50 Palazzo Maffei.

 

Torino è una vera e propria vetrina di splendori di Arte Nuova, una esibizione permanente a cielo aperto, una magnifica esponente di una arte che, come diceva Walter Benjamin, è “…un tentativo che mobilita tutte le risorse dell’interiorità….che si oppone al mondo circostante armato della tecnica”.

Maria La Barbera

 

 

“Stanze da un altro secolo. Gruppo di artisti in un interno”. Ultimo giorno

In mostra, al “Palazzo Lomellini” di Carmagnola, “stanze” e “interni” raccontati attraverso cinque secoli di storia dell’arte

Fino al 30 luglio

Carmagnola (Torino)

La bellezza salverà il mondo. Con queste parole (citazione – mantra fin troppo abusata … ma pazienza!), messe in bocca dal “genio crudele” Dostoevsij al suo principe “idiota” Miskin, me ne uscivo nei giorni scorsi dalle Sale del quattrocentesco “Palazzo Lomellini” di Carmagnola – dal ’39 proprietà del Comune e sede della “Civica Galleria d’Arte Moderna” – dopo aver visitato l’enciclopedica Rassegna espositiva “Stanze da un altro secolo”, promossa dal Comune di Carmagnola, in collaborazione con l’Associazione “Amici di Palazzo Lomellini” e l’organizzazione e la curatela di Elio Rabbione, amico e critico d’arte, da alcuni anni organizzatore attento, competente e instancabile (mai come questa volta) di mostre ad alto tasso di gradevolezza. Come quella attualmente in corso, per l’appunto, nello storico Palazzo carmagnolese: una cavalcata attraverso cinque secoli di storia dell’arte, alla rincorsa di un soggetto neppure poi tanto praticato (Sei-Settecento a parte), come gli “interni”, le “stanze” di casa, botteghe d’arte, salotti borghesi o umili antri popolari o cucine con frutta ortaggi e pollame e selvaggina in bella vista o, ancora, squallide bettole con vogliosi “vecchiacci” intenti a corteggiare le giovani e generose bellezze di turno. Cinque secoli di storia, si diceva. Dal “Sei-Settecento” fino al “Contemporaneo”. Oltre 120 i pezzi espostiun’ottantina abbondante gli artisti rappresentati. Chapeau a Rabbione! Ma impossibile dar conto di tutti. D’obbligo, per la pagina seicentesca menzionare la grande tela (immagine – guida della mostra) “La bottega dell’arte” appartenente al “secolo d’oro” dell’arte fiamminga e firmata da Jacques de Claeuw: gli alunni impegnati a lavorare di buona lena, il maestro che corregge gli errori di un giovane discepolo, busti e fogli sparsi a terra, una statua di classica fattura e una colonna dorica sullo sfondo che apre al plumbeo paesaggio esterno, in primo piano un mappamondo a rappresentare il potere della Repubblica olandese dopo la “Guerra degli 80 anni”, che ne sancì l’indipendenza. E via fra cucine più o meno “importanti”, il rituale protetto dalle mura domestiche della “ricerca di pidocchi”, le tante oscure bettole con il ridanciano “brillo” che alza il calice a se’stesso o con il monaco (di Godgried Schalcken) che offre denaro alla ragazza abbondante “di petto”, fino al triplice susseguirsi degli ambienti raffinati e di minuta eleganza di Pieter de Hook e al “Gesù nella stanza del Fariseo” del nostro Michele Antonio Milocco. Passando all’Ottocento, che meraviglia (da starci davanti a tempo illimitato) quegli “Occhi severi” di Demetrio Cosola da San Sebastiano Po: gli occhi del padre (è proprio vero! Allora bastava uno sguardo), la mano pronta al ceffone della mamma e il sorriso bonario del nonno. Lui, il piccolo “furfantello”, cappellino in testa, occhi bassi, atteggiamento pentito da non lo faccio più. Olio godibilissimo. E poi nomi che non necessitano di presentazioni, dal “fiammingo piemontese” Giovanni Battista Quadrone, alla “Donna al focolare” del biellese Lorenzo Delleani, seguito dal più estroso e “moderno” Vittorio Cavalleri, via via fino alle stupende incisioni di Celestino Turletti e del francese Carl Albert Waltner. Una trentina di artisti ci regala il Novecento. Dagli ambienti intimi e famigliari di Nella Marchesini, allo studio d’artista (al lavoro) di Ottavio Mazzonis, fino all’inquietante “Sogno – Presagio” di Francesco Tabusso, alle incisioni di Mario CalandriVincenzo Gatti e Giacomo Soffiantino, accanto a quattro corpose sculture di Riccardo Cordero, alla magnifica donna immobile di “Tre palle un soldo” di Guido Bertello, fino a “L’odalisca” di Giulio Da Milano, alla nitida sincerità di Enrico Paulucci, all’esaltazione del colore di Gianni Sesia della Merla (di recente scomparso e a cui la mostra al “Lomellini” è dedicata) e all’onirica evanescenza dell’“Autoritratto in studio” di Francesco Menzio. Due su tutti i contemporanei. Pippo Leocata con la poetica ma ingegnosa site-specific “Stanza dei ricordi” (legni e acrilici), separé dai blu profili umani e dalle “iconiche” skyline di cupole e santuari, memorie di storie e paesaggi lontani nel tempo e nello spazio, ma ben vive e presenti per l’artista – architetto di origini siciliane, che in mostra presenta anche un “Omaggio a Mollino”, suo indimenticato maestro. E, per ultimo, l’“Inside. La vita è lì dentro” di Luisella Rolle. Finestre accese nel buio della sera. In attesa di spegnersi per dare spazio alla notte. Scrive Rabbione: “E’ la rarefazione dell’intera mostra, per offrire in chiave moderna un panorama nuovo, solitario e anonimo, il respingimento, il ritratto del tempo che stiamo vivendo”.

Gianni Milani

“Stanze da un altro secolo. Gruppo di artisti in un interno”

Palazzo Lomellini, piazza Sant’Agostino 17, Carmagnola (To); tel. 011/9724220 o www.palazzolomellini.com

Fino al 30 luglio

Orari: dal giov. al sab. 15,30/18,30; dom. 10,30/12,30 e 15,30/18,30

Nelle foto: Jacques de Claeuw: “La bottega dell’arte”, olio su tela; Demetrio Cosola: “Occhi severi”, olio su tela, 1884; Guido Bertello: “Tre palle un soldo”, acrilico su tela, 1980; Pippo Leocata: “La stanza dei ricordi”, legni e acrilici, 2023