Nuovo appuntamento dell’Associazione Nuova Generazione: incontro con il Professor Luca Ricolfi (Università degli Studi di Torino) al Teatro Alfa di via Casalborgone 16/I (ore 21.00) sul presente e sul futuro dell’Italia.
Quale futuro (politico, ma non soltanto politico) per l’Italia? Se ne discuterà martedì 12 dicembre (ore 21.00) con il Professor Luca Ricolfi, sociologo e docente di Analisi dei Dati presso l’Università degli Studi di Torino. Il nuovo incontro promosso dall’Associazione Nuova Generazione per il Bene Comune ha un titolo significativo e pregnante, “L’Italia al varco: tra populismi e proposte concrete”. L’appuntamento è al Teatro Alfa di via Casalborgone 16/I. Porteranno i loro saluti Silvio Magliano, Consigliere del Comune di Torino e della Città Metropolitana, e Giampiero Leo, Vice Presidente del Comitato Regionale per i Diritti Umani nonché Consigliere d’Indirizzo della Fondazione CRT. Modereranno l’incontro Bruno Foresi e Giulio Calabrese, Vice Presidenti dell’Associazione Nuova Generazione per il Bene Comune. Al termine dell’incontro è previsto un piccolo rinfresco per gli auguri di Natale.
Serata a ingresso libero previa prenotazione tramite il seguente modulo:
https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSeWoyaBvsinJhAVfUenuCYKM7T9-1MZFTl3wI_xXXdGH632ng/viewform.
Campo nomadi, le reazioni politiche
L’assessore all’Ambiente del Comune di Torino, Alberto Unia:
“Non esistono soluzioni semplici né immediate a problemi complessi, ma a differenza di chi oggi cerca la polemica strumentale dopo aver fatto finta di niente per anni, sottovalutando il problema, questa amministrazione ha dimostrato con i fatti di voler superare i campi rom nell’interesse del quartiere, dei cittadini e di tutto il territorio”.
Osvaldo Napoli, capogruppo di Forza Italia al Comune:
L’ennesima aggressione partita dal campo nomadi di via Germagnano contro un operaio di Amiat segnala, dopo analoghi precedenti episodi, l’urgenza per la giunta Cinquestelle di assumere una soluzione radicale sulla presenza di quel campo. Invocare un intervento del prefetto e una vigilanza rafforzata delle forze dell’ordine, come chiede la M5s, è senz’altro utile ma certo non risolutivo. La soluzione può venire soltanto da un’assunzione di responsabilità piena da parte della Giunta comunale, l’unico organo titolato per dare una risposta amministrativa.
“Più renziano di Renzi”
L’agire ed il fare politico di questi ultimi anni di Piero Fassino , sconfitto seccamente da una modesta e sconosciuta Chiara Appendino , mi ha fatto venire alla mente il comportamento che ebbe Giuliano Ferrara. Dopo avere abbandonato il Partito Comunista Italiano del quale era capogruppo in Consiglio comunale a Torino ed il cui segretario provinciale era Piero Fassino, divenne un acritico ed integralista cantore del “craxismo” come tutti gli “spretati”. Per giustificare le proprie scelte , allo stesso modo fece poi con Berlusconi ed in maniera più moderata con Renzi, arrivò a sostenere l’insostenibile . Alla domanda di un giornalista che gli chiedeva quanto era d’accordo con quello che diceva Bettino Craxi, allora Presidente del Consiglio, rispose che lo era al cento per cento. Alla stessa domanda , allora, Craxi rispose che a causa del ruolo a volte gli toccava fare e dire cose che non sempre condivideva. Il commento dell’osservatore fu : Ferrara è più Craxi di Craxi. Recentemente un ex
parlamentare che fu collega di Fassino mi raccontò , avendo lui dubbi sulla nascita del Partito Democratico, che alla sua richiesta di rassicurazioni riguardo all’Unione con gli ex democristiani, gli rispose : tranquillo comanderemo sempre noi. Per certi versi la risposta si potrebbe ascrivere alle sue famose ” profezie” ma invece è utile per capire la metamorfosi ed i comportamenti recenti , i suoi interventi pubblici e nelle sedi di Partito. Il sostenere i grandi risultati delle riforme renziane, come la finta eliminazione delle provincie , salvo poi ammetterne in privato il fallimento della stessa. L’ultima missione, impossibile, a cui si è prestato per ingraziarsi il “Principe” , quella di convincere gli alleati di destra , Alfano , e di sinistra , Bersani , Speranza e Pisapia a sostenere in qualche modo alle prossime elezioni il Partito Democratico. A parte il risultato , fallimentare, viene spontaneo affermare : Fassino è più renziano di Renzi.
Ius soli, lettera aperta del Pd torinese
Al Segretario Nazionale Matteo Renzi e ai parlamentari torinesi del Partito Democratico
Gentile Segretario, Gentili parlamentari,
siamo vicini al termine della legislatura, che coincide con un momento storico non particolarmente sereno. Sono giorni di ventate nere, di rigurgiti fascisti, di presidi, marce, blitz nelle sedi delle associazioni e sotto quelle dei giornali. Ora più che mai il Partito Democratico ha bisogno di rinvigorire i valori della comune appartenenza , le radici su cui si fonda il progetto politico. Sono ancora molti i provvedimenti fondamentali da trattare prima di chiudere questa finestra, ma se un ordine va dato questo deve prevedere tra i punti più alti la legge sullo ius soli. Alla vigilia dell’importante manifestazione antifascista che si terrà sabato 9 dicembre a Como, i democratici e le democratiche devono trovare il coraggio di scendere in piazza con la forza delle loro idee, dei loro principi, e quella dei fatti: di un Governo e di un Parlamento intenzionati a fare la storia sui diritti, dopo averla fatta su un altro tema importante, quello delle unioni civili. Quello dello ius soli è un provvedimento essenziale. Chi nasce e cresce in Italia è italiano. Non ci sono “se” e “ma”. Bisogna avere coraggio. Per non lasciare che un pezzo importante della politica continui ad accrescere odio, paura, discriminazione, parlando degli immigrati e dei loro figli come di un corpo unico, che peraltro non può avere voce, continuando a evidenziare una pesante linea di demarcazione tra noi e loro.
La Segreteria Metropolitana del PD Torino
Mimmo Carretta
Domenico Cerabona
Saverio Mazza
Katia Venturi
Daniele Valle
Nadia Conticelli
Raffaele Gallo
Alberto Avetta
Enzo Lavolta
Ermanno Torre
Gioacchino Cuntró
“Liberi e Uguali” e i cattolici popolari
di Giorgio Merlo
Conosciamo da tempo il dibattito che circola nell’area cattolica italiana quando si parla di cattolici impegnati in politica. Da un lato c’e’ chi, in modo ridicolo e anche un po’ grottesco, pensa di rappresentare in modo esclusivo e coerente i valori dei cattolici. I cosiddetti “cattolici professionisti” per dirla con Carlo Donat-Cattin o i “sepolcri imbiancati” come ci ricordava sarcasticamente Mino Martinazzoli. Poi c’e’ chi, legittimamente e correttamente, riconosce il profondo pluralismo che caratterizza l’arcipelago cattolico italiano e la diversita’ delle scelte politiche e partitiche. Infine, ci sono coloro che, altrettanto legittimamente e correttamente, si impegnano per una prospettiva a piu’ lunga scadenza che dovrebbe coincidere, pressapoco, con la nascita di una formazione, laica e di ispirazione cristiana, che ripropone nell’agone politico italiano una sorta di Partito Popolare. Seppur aggiornato e modernizzato. E anche nel pieno riconoscimento del pluralismo. Ma, in attesa che questo progetto si stagli all’orizzonte – se mai dovesse decollare – si deve fare i conti con la concreta situazione politica italiana. All’interno di questa cornice non puo’ sfuggire che, sul versante del centro sinistra – e cioe’ di una opzione politica democratica, riformista, progressista e socialmente avanzata – la presenza di un’area cattolico democratica e popolare continua ad essere importante e decisiva per qualificare quel progetto politico. E questo vale per il Pd e, a maggior ragione, vale per la formazione appena decollata che va sotto il nome di “Liberi e Uguali”. In entrambi i casi, anche se il Pd oggi e’ di fatto un “partito personale”, l’ormai famoso “Pdr” per dirla con Ilvo Diamanti e Stefano Folli, si tratta di esperienze politiche “plurali” dove le diverse culture politiche devono saper fecondare l’elaborazione del progetto politico di riferimento. E proprio il Presidente Grasso domenica scorsa a Roma nel suo intervento che ha inaugurato la “discesa in campo” della nuova formazione politica, ha individuato nel “cattolicesimo popolare e sociale” una delle componenti decisive per il profilo stesso di questo partito.
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E questo non per dare una riverniciatura cattolica al nuovo soggetto politico ma, soprattutto, per far si’ che l’esperienza, i valori e le coordinate politiche e culturali del cattolicesimo popolare e sociale giochino un ruolo protagonistico nell’elaborazione del programma del partito. E non solo, di conseguenza, come semplice garanzia della pluralita’ culturale di un partito. E’ inutile, pero’, girare
attorno all’ostacolo. Lo abbiamo detto molte volte quando si parla di cattolicesimo sociale e popolare. Quello che e’ mancato per troppo tempo alla politica italiana, o meglio al centro sinistra italiano degli ultimi anni, e’ una “sinistra sociale” di governo capace di farsi interprete dei bisogni, delle esigenze e delle domande che salgono dalla societa’ per tradurle, poi, in concrete scelte politiche e legislative. Abbiamo da imparare dal passato al riguardo? La risposta e’ molto netta: si’. Dobbiamo imparare molto dal passato. A cominciare proprio dalla esperienza della sinistra sociale della Democrazia cristiana che si e’ sempre contraddistinta per la sua vocazione di governo, e non solo testimoniale, accompagnata pero’ da una reale capacita’ di saper intercettare e rappresentare quei bisogni. E oggi, di fronte ad una “questione sociale” semplicemente drammatica – l’ultimo numero agghiacciante ce lo ha fornito l’Istat con quasi 18 milioni di persone a rischio poverta’ in Italia – non e’ piu’ eludibile la presenza di una “sinistra sociale” di governo nel campo del centro sinistra. Altroche’ il dibattito sulle banche, sulle fake news, sul partito personale e sulle capacita’ salvifiche e miracolistiche dell’uomo solo al comando.
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Se ci si riduce a questo dibattito e’ persin naturale che fasce crescenti di emarginati, di esclusi, di nuovi poveri e di non inclusi guardino politicamente altrove. Come e’ gia’ puntualmente capitato alle ultime elezioni amministrative. In particolare a Torino dove la guida di centro sinistra alla citta’ per un ventennio ha progressivamente smarrito le sue radici culturali per diventare il riferimento esclusivo del “sistema”, del potere e dei “garantiti”. Ecco perche’, anche da una formazione politica come quella di “Liberi e Uguali” – al netto della propaganda spicciola, ridicola e grottesca sulla “cosa rossa” e sul “ritorno dei comunisti” – la presenza di un’area cattolico democratica , popolare e sociale puo’ essere importante e decisiva per centrare un obiettivo che dovrebbe essere comune a tutta l’area di un vero centro sinistra. Un centro sinistra, pero’, che non si vuol ridurre ad un semplice prolungamento delle politiche del centro destra o ad uno schieramento che pensa che per essere moderno deve cancellare le storiche differenze tra la “destra” e la “sinistra”. Che, piaccia o non piaccia, continuano ad esistere anche quando i soloni della modernita’ hanno decretato che sono parole desuete e che appartengono alla stagione lontana ed irripetibile del novecento. Le questioni che abbiamo sul tappeto e, soprattutto, le risposte politiche che devono essere date non sono indistinte o generiche. Appartengono anche ad una gerarchia dei valori. Ed e’ proprio su questo terreno che la destra e la sinistra sono e restano alternative. Giorgio Merlo
Soffia il vento dell’autonomia
Alle elezioni territoriali che si sono svolte domenica in Corsica ha trionfato la coalizione autonomista con oltre il 45% dei consensi.Il partito del Presidente Macron si è fermato all’11%.Si tratta della conferma di un vento che, ormai, soffia forte dovunque in Europa, seppure con sfumature diverse. In Scozia, in Catalogna , in Lombardia, in Veneto ed anche in Corsica: il centralismo non raccoglie più consensi. Neppure sembra funzionare il tentativo di distogliere l’attenzione da questo tema attraverso un dibattito politico /mediatico stucchevole,basato esclusivamente sulla notizia del momento. L’attaccamento verso i poteri statali così come strutturati ed organizzati va giorno dopo giorno
affievolendosi. Detto questo, spero davvero che le istanze dell’autonomia e del federalismo possano essere al centro del programma politico del centrodestra che ha le carte in regola per rappresentarle. La debacle elettorale del PD , infatti, é anche figlia delle posizioni che sono state assunte con l’approvazione della riforma centralista bocciata dagli elettori con il referendum del dicembre 2016. In fondo,lo schema sbagliato è proprio quello di una Europa dei grandi interessi che si fonda sul centralismo statale.L’Europa è lontana dalla gente anche perché gli stati nazionali sono lontani dai territori. I segnali che arrivano sono questi e sempre di più il federalismo può essere la via del futuro. Pensando al nostro Piemonte,Torino più lontana da Roma e più vicina a Milano può essere uno dei pilastri della grande metropoli del Nord.
Roberto Cota

“Coraggio e passione – Riccardo Coppo – il sindaco, le sfide” è l’ultima fatica storica di Sergio Favretto. Questa volta l’avvocato e scrittore casalese non ha focalizzato l’attenzione sulla Resistenza, quanto sulla figura di uno dei sindaci che maggiormente hanno contraddistinto Casale ed il Monferrato nel dopoguerra, Riccardo Coppo, primo cittadino della città di sant’Evasio per dodici anni, dal dicembre 1984 al dicembre 1987 e dal giugno 1990 al giugno 1999, oltre che consigliere ed assessore per quasi 40 anni dal 1979 sino al 2009. Se n’è andato il 2 dicembre di tre anni orsono, e proprio sabato 2 dicembre, il libro
che racconta il suo lavoro al servizio della città e del territorio è stato presentato al Teatro Municipale a cura dell’Associazione dei Comuni del Monferrato, presieduta dal sindaco di Odalengo Grande, Fabio Olivero. All’incontro, sono intervenuti Gianfranco Astori, già sottosegretario ai Beni culturali ed oggi consigliere per l’informazione del Presidente della Repubblica, Guido Bodrato, più volte ministro e parlamentare, Renato Balduzzi, attualmente componente del Consiglio superiore della magistratura. In duecento pagine – con una prefazione di Balduzzi ed una postfazione di Bodrato – il libro ripercorre, arricchito da note, riferimento culturali, documenti ed una sessantina di pagine, la storia amministrativa casalese e monferrina degli anni Settanta, Ottanta e Novanta, dall’angolo visuale di Riccardo Coppo, sindaco di grandi capacità amministrative, particolarmente ferrato, pur non essendo un tecnico di professione nel settore, in ambito urbanistico. E Bodrato, che nel corso degli anni ha vantato una lunga amicizia con Coppo, lo ha definito, ricordando quell’ordinanza del 1987 vietò a Casale, primo comune in Italia, l’utilizzo dell’amianto, “un Davide che combatteva Golia”. L’opera di Favretto è anche un modo per ricordare i tanti momenti che ha attraversato Casale, le emergenze che ha vissuto, come quella dell’inquinamento dell’acquedotto del 1986 o dell’alluvione del 1994, che videro il sindaco in prima persona nella risoluzione dei problemi, ed anche quelli di una città che ha sempre rivendicato il suo ruolo di capitale storica del Monferrato. E non è solo la storia di un uomo e di un territorio, ma di un gruppo dirigente nell’ambito della Sinistra Sociale in Piemonte.
Massimo Iaretti
Cavaliere! Ovvero il ritorno alla casa del “padre”
Lo scorso giovedì 30 novembre al Quirinale si è svolta la tradizionale cerimonia di consegna delle onorificenze di Cavaliere del Lavoro. Tra i venticinque insigniti di quest’anno da parte del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella c’erano diversi nomi di spicco, tra cui la Vice Presidente di Confindustria, la torinese Licia Mattioli, Giuseppe Recchi, Francesco Mutti ed altri. L’onorificenza ad uno dei neo Cavalieri, al quale vanno i saluti ed i complimenti, ha attirato la mia attenzione come una sorta di ritorno a casa o di un “da padre in figlio”. Era il lontano 1981 ed in un’intervista al patinato e diffuso mensile “Capital” (Rizzoli Editore!), un brillante ed emergente Silvio Berlusconi dichiarava: “Se qualche giovane ha una buona idea, mi chiami”. Lo prese alla lettera un giovane neo laureato alla Bocconi, che con un vero e proprio assedio riuscì ad essere ricevuto per un colloquio e a
diventarne l’assistente personale del “Cavaliere”, soprannome affibbiato a Silvio Berlusconi dal grande Giovanni Brera e che non gli è mai piaciuto preferendo farsi chiamare il” dottore”. Il giovane bocconiano iniziò così una brillante e travolgente carriera, prima all’interno di “Pubblitalia ’80’ e poi alla “Mondadori Pubblicità”. Avversato duramente da Marcello Dell’Utri, ma sempre difeso dall’amico per eccellenza di Berlusconi, Fedele Confalonieri (chiamato Fidel da Berlusconi stesso) , veniva definito da quest’ultimo “il mio bastone della vecchiaia”. Il rapporto con il gruppo Fininvest si interrompe bruscamente, anche a causa del diverso atteggiamento di Cairo verso le vicende giudiziarie che
investirono tutto il gruppo pubblicitario ed i suoi principali dirigenti. Iniziò così la carriera da imprenditore nel settore dei media e della pubblicità, con acquisizioni e creazione di nuove testate fino all’avventura calcistica con il Torino, l’acquisizione dell’emittente televisiva La7 ed infine il gruppo RCS con il Corriere della Sera, con la recentissima apertura della cronaca torinese e la Gazzetta dello Sport. È così, l’onorificenza assegnata ad un quarantenne e rampante Silvio Berlusconi da Giovanni Leone nel 1977 (gli anni della “Milano da bere”) e da cui Il Cavaliere si separò, rinunciandovi nel 2014 in seguito alla condanna definitiva per frode fiscale, è ritornata in qualche modo alla casa del “padre” attraverso Urbano Cairo.
TORINO, 1 DICEMBRE – E’ stato confermato oggi il sostegno dei Moderati al Partito Democratico in vista del prossimo voto politico del 2018. “Si tratta – dichiara il segretario Pd del Piemonte, Davide Gariglio – di una conferma dell’alleanza che ha caratterizzato l’attuale legislatura e di molte alleanze a livello locale”. L’accordo di oggi è avvenuto sul treno “Destinazione Italia” dopo l’ultima tappa piemontese di Ivrea. L’incontro avvenuto a bordo del treno tra il segretario nazionale dem, Matteo Renzi, il fondatore e leader dei Moderati Mimmo Portas e il segretario piemontese del Pd, Davide Gariglio.
(foto: il Torinese)
Come (anche) il Pci sconfisse il terrorismo
STORIE DI CITTA’ di Patrizio Tosetto
è faticato nel comporre la giuria popolare ma poi le condanne sono arrivate. Non a caso ci si richiama alla vittoria dello Stato sul terrorismo. Ma fu anche una vittoria politica. Ed il PCI ha fattivamente collaborato. In che modo? Cerco di raccontare senza nomi anche perché interessante è la macchina organizzativa, senza personalizzazioni. E’ interessante seguirne i vari passaggi: organizzazione e disciplina i valori di riferimento La segreteria provinciale discute e decide e dà l’incarico al responsabile dell’ organizzazione di eseguire. Chiama un compagno della commissione organizzazione, un ex partigiano, e mette in moto la macchina. Individua una coppia di iscritti al partito. Non fanno domande e cedono momentaneamente il loro alloggio fino alle 17. Ed a turno avviene ciò che doveva accadere. I magistrati incontrano
sindacalisti operai che informano su ciò che avveniva nei reparti di fabbrica. Nel sorvegliare c’erano pattuglie in borghese e auto con i compagni del servizio d’ordine. Anni dopo l’omicidio di Guido Rossa il questionario dove si “chiedeva di denunciare”. Sono anni che vogliamo approfondire successivamente. Il vicedirettore della Stampa Casalegno teneva una rubrica, “Il nostro Stato”. Nostro, appunto. Ed io ho ancora nelle orecchie stupide discussioni con chi sosteneva : contro lo Stato e contro le Br. Ma la sera che venne mortalmente ferito Casalegno, ero a cena con “gruppettari” difensori di assurde tesi. Mio cognato delegato di Mirafiori scuoteva la testa. Era a Sinistra del PCI e gli chiesi cosa ne pensava. Non è più tempo per gli stupidi. Lapidario. Stupidi e pericolosi. Furono sconfitti con un alto prezzo in vite . Furono sconfitti anche da quegli operai che collaborarono con i magistrati e le forze dell’ ordine. E lo furono anche dalla capacità organizzativa del PCI. Furono sconfitti dai compagni che non chiedevano il perché è davano le chiavi al compagno dell’ organizzazione; lo furono perché volevano abbattere lo Stato democratico e anche quando la classe operaia capi che per cambiare questo stato in meglio si doveva difenderlo.