





La Regione Piemonte non parteciperà all’asta per l’acquisizione del marchio Salone del libro. È quanto annunciato in aula dall’assessora alla Cultura, Antonella Parigi rispondendo al question time del consigliere di Liberi e Uguali, Marco Grimaldi
“La Regione è intervenuta per salvare tutto quello che era nelle sue possibilità, ma come enti pubblici siamo impossibilitati a sanare debiti di qualsiasi società o fondazione – ha puntualizzato l’assessora Parigi – Nel frattempo abbiamo sottoscritto un protocollo d’intesa con la Fondazione Circolo e la Città di Torino per dare avvio e seguito alla manifestazione nei i prossimi tre anni, le risorse necessarie sono già state deliberate. Accogliamo con favore tutte le iniziative portate avanti dai cittadini e dai comitati spontanei poiché dimostrano quanto la cultura rappresenti ancora uno dei pilastri di questa città. Sarebbe bello che questo interesse dei cittadini si rivolgesse anche ad altre realtà, penso ad esempio al teatro Regio”. La base d’asta da cui si partirà è di circa 500.000 euro, composti dal marchio e i suoi collegati (ad esempio Portici di carta) per 355.000, 117.000 euro per le strutture e gli allestimenti del Lingotto, 20.000 per i restanti beni dell’ex Fondazione del Libro. I creditori del Salone hanno più volte ricordato che salvare il marchio però non basta “la Fondazione in liquidazione ha 10.753.000 euro di debiti, di cui 7.000.000 con persone o aziende torinesi. Lo scarto tra crediti esigibili e debiti denunciati dovrebbe ammontare a circa 4.500.000”. Negli ultimi giorni si è attivata una proposta di crowdfunding da parte di liberi cittadini per la partecipazione all’acquisizione del marchio. “Un grave errore che
Regione e Città non partecipino all’asta per l’acquisizione del marchio del Salone del Libro, dovrebbero al contrario essere in prima fila – dichiara il consigliere Grimaldi – “Gli stessi enti dovrebbero essere i
primi interessati a mettere insieme risorse e attori diversi, invece continuiamo a sperare che siano ‘altri soggetti’ del territorio a farlo. Non si dica che questa è una strada obbligata. Non partecipare all’asta è una scelta perché lascia campo aperto ai privati, con il rischio che, acquisito il marchio, facciano il Salone che vogliono, dove vogliono e come vogliono”. Durante la sessione del question time è stata data risposta anche alle interrogazioni di Benito Sinatora (Lega Nord) su lavori manutenzione Accademia di medicina di Torino; di Nadia Conticelli (partito democratico) sul disservizio trasporto disabili con scuolabus; di Elvio Rostagno (partito democratico) sulla variante est di Carmagnola; di Daniele Valle (partito democratico) sul servizio assistenza alla comunicazione per studenti sordi nella zona di Moncalieri; di Francesco Graglia (Forza Italia) sull’incremento posti letto CAVS; Giuseppe Policaro (Fratelli d’Italia) sul nuovo complesso scolastico Erminio Maggia di Stresa; Valter Ottria (Liberi e Uguali) su tutela collegamenti ferroviari tra la stazione di Alessandria e le dorsali ferrovie tirreniche e adriatica; di Giorgio Bertola (Movimento 5 Stelle) su approfondimenti indagine epidemiologica nei territori adiacenti discarica di Chivasso e Montanaro; di Davide Bono (Movimento 5 Stelle) sul mancato accantonamento dei fondi per il rinnovo contratto dei medici e dirigenti dipendenti del SSR.
(foto: il Torinese)
Ogni volta che piove, torrenti d’acqua si riversano giù dal cavalcavia di via Guido Reni: a terra si forma una sorta di lago. Se per i cittadini è un problema, per la Giunta va tutto bene: “È così dal 2007, nulla di anormale”. Dopo la discussione in Sala Rossa della mia interpellanza, ho chiesto di poter approfondire il tema in una prossima seduta della Commissione Urbanistica. Tutte le volte che piove, il ponte si trasforma in una cascata e sulla strada sottostante si forma un lago di due metri di diametro. Parliamo del cavalcavia di via Guido Reni. Per i cittadini, il fatto rappresenta un problema.Solo per loro, però: per l’Amministrazione molto meno. L’Assessore Lapietra spiega la situazione richiamando, con nonchalance, un intervento di drenaggio effettuato, addirittura, nel 2007. Tutto “normale”, dunque.Ho chiesto di poter approfondire il tema in Commissione Urbanistica, anche per capire se altri ponti in Torino siano o meno in simili condizioni.Chiudo con una battuta: la goccia, si sa, scava la roccia… o Lapietra?
Silvio Magliano – Capogruppo Moderati, Consiglio Comunale Torino.
“La Regione Piemonte utilizzi parte delle risorse a disposizione per dare una soluzione ai lavoratori Pernigotti”
Pochi giorni fa gli esponenti del Movimento Nazionale per la Sovranità Gian Luca Vignale e Marco Botta avevano dichiarato “Non vogliamo lasciare soli i dipendenti della storica fabbrica di cioccolatini e torroni e vogliamo garantire loro il nostro sostegno non solo nelle sedi amministrative ed istituzionali, ma anche fisicamente davanti allo stabilimento”. Promessa mantenuta, questa mattina si sono recati ai cancelli della Pernigotti per incontrare i lavoratori. “Ai lavoratori abbiamo espresso che la soluzione più concreta è dare attuazione dell’Ordine del Giorno da me proposto” spiega Vignale. “Solo sedendosi al tavolo con la proprietà turca, si potrà dare voce all’acquisizione del marchio da parte della Regione che potrà garantire di individuare un imprenditore che si occupi della produzione”. “L’augurio è che ora non si perda tempo prezioso e si proceda fattivamente con la salvaguardia della produzione, dei posti di lavoro e di un marchio storico del nostro territorio» dichiara Botta. “Va ricordato – proseguono – che, a seguito della trasformazione di Finpiemonte da banca a finanziaria, nelle casse della Regione ci sono 200 milioni di euro finalizzati al sostegno delle imprese, al mantenimento e alla creazione di posti di lavoro”. Vignale conclude “senza indugio la Regione Piemonte utilizzi parte delle risorse a disposizione per dare una soluzione ai lavoratori Pernigotti e all’intero territorio novese”.
Torino è una città spenta, nonostante le ” luci di artista ” in questo periodo le conferiscano un fascino particolare. Questa è la mia impressione. Non tutte le difficoltà dipendono da chi in questo momento governa la città, ma si va diffondendo la convinzione che l’attuale Amministrazione rappresenti un ostacolo ad un suo rilancio
Del resto un conto era stare all’opposizione, criticare la giunta Fassino ( che non aveva affatto demeritato) e indicare una esigenza di cambiamento; altra cosa è gestire i problemi e tentare di risolverli. Tre sono, secondo me, i limiti di fondo: un ideologismo esasperato; l’assenza di un visione strategica che invece è stata il punto di forza delle giunte che hanno preceduto l’attuale e, infine, l’inesperienza e una forte dose di incompetenza. Il combinato disposto tra un certo ideologismo e l’incompetenza ha effetti micidiali. La città fino a un po’ di tempo fa appariva dinamica e capace di cogliere e valorizzare le opportunità; oggi non è cosi e, proprio per questo, credo che una parte di coloro che avevano ritenuto che fosse necessario voltare pagina, si stiano interrogando sull’efficacia del loro voto rispetto ai risultati. La Sindaca Appendino era apparsa agli occhi di molti una “novità” : è giovane, non diceva cose così strampalate, anche perché criticare chi gestisce il potere, non avendo mai governato, consente una formidabile rendita di posizione; inoltre non era del tutto estranea ad una parte dell’establishment che pure criticava. I risultati non sono stati quelli che molti si attendevano: dal no alle Olimpiadi alla decisione di essere in giro per il mondo mentre la sua maggioranza approvava un atto di indirizzo che per la prima volta
schiera il Comune sul fronte dei No al progetto, è stato un susseguirsi di errori e decisioni sbagliate. I Torinesi sono persone pragmatiche e di buon senso; anche quelli che non l’avevano votata, erano curiosi di capire se e come sarebbe cambiata la città, ma col passare dei mesi le preoccupazioni per il futuro e le critiche nei confronti dell’immobilismo della Amministrazione sono via via divenute prevalenti. L’esito della manifestazione convocata per riaffermare il valore della Tav dal punto di vista degli interessi di Torino e del Piemonte ha espresso plasticamente questo disagio, segnando se non una rottura una presa di distanze sempre più marcata di una parte della città. È presto per dire se e come questa disillusione si tradurrà sul piano politico e personalmente diffido da chi con troppa superficialità stabilisce una serie di automatismi, ma la situazione si è rimessa in movimento sia a Torino che nel resto del Paese.
Wilmer Ronzani
“Per garantire ai cittadini una maggior sicurezza: reale, e non solo percepita”
“37 milioni di euro complessivi a 428 comuni italiani. Al Piemonte oltre 4 milioni e 274 mila euro, suddivisi tra 96 amministrazioni locali. Mentre altri chiacchierano, la Lega fa i fatti”. Così Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera dei Deputati, e segretario della Lega Piemonte, commenta la decisione del Ministero dell’Interno, guidato da Matteo Salvini, di rifinanziare il bando sulla videosorveglianza, privilegiando i comuni con il maggior tasso di criminalità.
Questi i dati di sintesi:
Alessandria (15 comuni) oltre 599.000 euro
Asti (51 comuni) 2.226.000 euro
Biella (2 comuni) 33.000 euro
Cuneo (8 comuni) oltre 320.000 euro
Novara (10 comuni) oltre 291.000 euro
Torino (7 comuni) 681.000 euro
Vercelli (3 comuni) oltre 124.000 euro
Totale Piemonte: 96 comuni finanziati per oltre 4.274.000 euro
Una politica, quella per la sicurezza dei territori, e delle persone che li abitano, da sempre nel Dna della Lega, e che Matteo Salvini ha sempre posto come priorità assoluta, e ora con coerenza sta perseguendo da Ministro dell’Interno. La richiesta di maggior protezione, da parte dei cittadini e delle imprese, è forte e per nulla legata ad emotività, come qualcuno ha sostenuto in passato: semmai determinata dal bisogno oggettivo di poter vivere, spostarsi, lavorare sul proprio territorio con serenità, e nella certezza che lo Stato, nelle sue diverse articolazioni, è presente e vigile al fianco delle persone. Esigenza, questa, che emerge con ancora maggior forza nelle piccole comunità, capaci di forte coesione, ma che spesso si trovano a maggior distanza fisica rispetto ai presidi delle forze dell’ordine. “Consentire a tanti piccoli e medi comuni del territorio piemontese di effettuare importanti investimenti in videocamere e altri strumenti elettronici di controllo del territorio – continua Molinari – significa permettere ai cittadini di vivere, muoversi, lavorare in contesti di maggior sicurezza, in forte sinergia con le Prefetture e le Forze dell’Ordine cui spetta naturalmente il compito di intervenire tempestivamente, ogni volta che se ne manifesta la necessità. La Lega come sempre privilegia i fatti alle parole. A chi da anni parla, spesso a vanvera, di insicurezza ‘percepita’ il Governo risponde con un provvedimento che si preoccupa di produrre maggior sicurezza reale, mettendo a disposizione dei sindaci le risorse per dotarsi delle strumentazioni necessarie”.
Il Consiglio regionale vieta autorizzazioni se i professionisti non sono pagati
Il Piemonte prende posizione a tutela dei professionisti, come richiesto dagli stessi Ordini professionali, sull’ormai diffuso problema del pagamento del lavoro svolto. Lo ha stabilito il Consiglio regionale del Piemonte, che nell’ambito dell’esame della legge Omnibus ha approvato un emendamento presentato dal Pd, primo firmatario il vice capogruppo Elvio Rostagno, che vuole garantire i pagamenti ai professionisti per il lavoro svolto e di conseguenza disincentivare l’evasione fiscale. “Il provvedimento – dichiara Rostagno – consentirà alla Pubblica amministrazione che al momento del rilascio di atti autorizzativi acquisirà dal professionista l’autocertificazione del pagamento da parte del committente. L’assenza di questo documento – sottolinea – comporterà la sospensione del procedimento. Si tratta di una pratica semplice, senza aggravio di tempo per il professionista, che consentirà però una forte tutela al lavoro svolto dai professionisti che troppo spesso subiscono gli effetti dei ritardi dei pagamenti o addirittura fino al contenzioso per vedere riconosciuto il giusto onorario. Ritengo – conclude – che attraverso una procedura semplice si possa garantire l’equo compenso e contrastare duramente l’evasione”. L’emendamento approvato è stato sottoscritto anche dal capogruppo dem. Domenico Ravetti, e dai consiglieri Daniele Valle e Andrea Appiano.
di Giorgio Merlo
Francamente trovo un po’ stucchevole la polemica attorno alle tre candidature a segretario nazionale anche arrivano dalla filiera Pci/Pds/Ds. La trovo stucchevole soprattutto dopo l’esito del voto del 4 marzo. Insomma, il 4 marzo, tra le molte altre cose, ha detto in modo chiaro che l’esperienza del cosiddetto “partito plurale” a “vocazione maggioritaria” e’ politicamente archiviata.
Il 4 marzo, oltre ad aver registrato una sconfitta storica ed epocale per quel partito nato appena 10 anni prima, ha segnato anche l’inesorabile ritorno delle identità politiche. Identità che saranno
necessariamente aggiornate e riviste rispetto al passato ma sempre di identità si tratta. A
cominciare da quella cattolico popolare e cattolico democratica che in questi ultimi anni si è
pericolosamente eclissata al punto di diventare, di fatto, irrilevante e del tutto marginale nella vita politica italiana. È nata una nuova destra che ha sostituito ed azzerato definitivamente il vecchio e tradizionale centro destra. Resta per il momento, anche se un po’ fiaccata, una identità antisistema e demagogica interpretata dal movimento dei 5 stelle. All’interno di questo contesto, e’ del tutto naturale, nonché scontato, che anche la sinistra si riorganizzi. Ritornando, seppur in forma aggiornata, al tradizionale partito della sinistra italiana. Una sinistra che in questi anni e’ stata devastata e quasi distrutta dalle politiche del renzismo – con il plauso conveniente e di comodo di moltissimi esponenti della filiera Pci/Pds/ Ds – e che adesso, com’è ovvio, deve essere radicalmente ricostruita. Dalle fondamenta. E qui arriviamo al punto decisivo e qualificante. E cioè, come ci si può stupire se 3 esponenti che arrivano dalla storia politica e culturale del Pci/Pds/Ds si candidano alla guida di un partito che punta a ricostruire la sinistra dalle fondamenta? Come ci si può stupire se, dopo il voto del 4 marzo e la fine del partito plurale e a vocazione maggioritaria, si punta direttamente a ridefinire e ad affinare il pensiero e la cultura della sinistra italiana? Ma chi dovrebbe guidare un partito che ha quella “mission” specifica ed esclusiva se non chi arriva direttamente da quella tradizione? Ecco perché le polemiche, o lo stupore, non hanno più senso di esistere. Al di là degli obiettivi, dei posizionamenti e delle piroette dell’ex segretario del Pd Matteo Renzi. Occorre prendere atto che si è aperta una nuova fase politica e storica. È del tutto inutile, nonché controproducente, continuare la litania del partito a vocazione maggioritaria e plurale quando le circostanze storiche che hanno dato vita al Pd veltroniano sono ormai un semplice ricordo del passato. Quella stagione e’, ormai, alle nostre spalle. Chi pensa di riproporla meccanicamente rischia di far naufragare anche il progetto oggi incarnato, seppur con sfumature incomprensibili, dai 3 candidati di sinistra per rilanciare un partito di sinistra. Semmai, e questo è un altro punto politico non secondario, si tratta di capire se è utile avere 3 candidati di sinistra, a cui si aggiungono altri candidati minori ma sempre provenienti dal medesimo ceppo culturale, per centrare lo stesso obiettivo. E cioè, riproporre nel dibattito pubblico italiano il ruolo e il profilo di un partito che ha l’ambizione di rilanciare la sinistra italiana dopo le recenti e ripetute sconfitte elettorali. Di questo si tratta e non di altro. Altroché polemiche e scontri un po’ stucchevoli e del tutto fuori luogo.