IA, Canalis (Pd): “A Torino un Cern europeo”
L’urgenza di investire sull’innovazione confermata anche nel rapporto Draghi. Torino ha l’ecosistema ideale.
“Un massiccio investimento pubblico, un miglioramento della formazione e la creazione di un CERN europeo dell’intelligenza artificiale, open e improntato alla cooperazione scientifica sovranazionale. È la proposta richiamata ieri a Torino, nel corso del dibattito sull’Intelligenza Artificiale alla Festa dell’Unità, ispirandosi al CERN di Ginevra.
La proposta di un CERN europeo sull’IA, formulata dal Forum “Democrazia Etica Digitale” e consegnata al Partito Democratico, indica che le grandi opportunità dell’IA non sono assicurate dalla sola ricerca orientata dagli interessi privati e che i rischi non possono essere contenuti solamente dai pur importanti interventi normativi.
Servono politiche attive pubbliche, in grado di favorire lo sviluppo di tecniche e strumenti concreti ideati e realizzati per massimizzare il bene pubblico.
Per la piena attuazione delle opportunità delle tecnologie dell’IA e l’effettivo contenimento dei rischi serve un investimento pubblico nelle attività di ricerca e sviluppo comparabile a quello degli Stati Uniti e della Cina; investimento che nessun paese può mettere in campo con esclusive risorse proprie.
La proposta del Forum è stata preparata da un gruppo di studiosi tra cui, presente al dibattito di ieri, Pietro Terna, già professore ordinario di economia dell’Università di Torino.
Proprio Torino, città nel cuore dell’Europa, dove sta muovendo i primi passi l’Istituto Italiano sull’Intelligenza Artificiale per l’Industria ai4i, può essere la sede ideale per il nuovo CERN, cui Draghi ha dedicato un richiamo preciso nel suo documento per la competitività europea, proponendo un: “Coordinamento dello sviluppo dell’AI a livello dell’UE, attraverso un “incubatore di AI simile al CERN”, in quanto lo sviluppo di verticali di IA richiede un forte coordinamento tra più attori, compresi gli sviluppatori di IA, le organizzazioni di ricerca e tecnologia e gli operatori industriali”.
Chiediamo al Presidente Cirio di fare sua questa proposta, rilanciandola con il Governo Meloni e inserendola nella relazione su IA, PA e impresa che dovrà consegnare entro novembre a Bruxelles al Comitato delle Regioni.
Il tema è di tale urgenza da imporre un cambio di passo.
Monica CANALIS – vice presidente della commissione lavoro e economia del Consiglio Regionale del Piemonte
“Un plauso al Governatore Cirio, all’assessore Bussalino e a tutta la Giunta della Regione Piemonte, che senza tentennamenti hanno deciso di costituirsi in giudizio dinanzi alla Corte Costituzionale, a seguito dei ricorsi presentati dalla Regione Puglia e dalla Regione Sardegna, con richiesta della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’intera legge 26 giugno 2024, n. 86.
La legge Calderoli sull’Autonomia, come la Lega ha sempre sostenuto, deve poter essere applicata dalle Regioni che decidono di avvalersene, ovviamente con le modalità, la gradualità e le garanzie previste dalla normativa stessa. Non avrebbe alcun senso stoppare in maniera arbitraria una legge approvata dal Parlamento, che contrariamente da quanto sostenuto in modo pretestuoso da centrosinistra e 5 Stelle rappresenta una grande opportunità per tutto il nostro Paese. In ogni caso, ogni singola Regione è assolutamente libera di chiederne o meno l’applicazione, per le materie che ritiene opportune, e nel pieno rispetto dei principi costituzionali”.
Così in una nota l’on. Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera dei Deputati e segretario regionale per il Piemonte.
Ravetti ai funerali di Romana Blasotti Pavesi
Il vice Presidente Domenico RAVETTI parteciperà domani ai funerali di Romana Blasotti Pavesi in rappresentanza del Consiglio regionale del Piemonte. «Il Consiglio regionale e l’intera comunità piemontese sono grati a Romana Blasotti Pavesi per la straordinaria battaglia contro l’Eternit e per ottenere giustizia per tutte le vittime dell’amianto. Una battaglia che abbiamo il dovere di proseguire e lo faremo in Consiglio regionale sforzandoci di trovare il giusto equilibrio che deve sussistere tra lo sviluppo economico, la tutela dell’ambiente e la salvaguardia della salute delle persone».
Le norme italiane basano le politiche di sostegno alla famiglia innanzitutto sui consultori, sugli altri servizi alla famiglia e sull’assegno unico per i figli, garantito dal settimo mese di gravidanza. Eppure in Piemonte non solo manca ancora un piano socio sanitario per definire la programmazione di questi servizi, ma si riducono anche i pochi consultori esistenti e si dirottano le risorse sul Terzo Settore materno infantile.
L’articolo 2 della legge 194/1978 afferma che i consultori, sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita. La stessa legge però stabilisce che siano innanzitutto i consultori familiari, istituiti dalla legge 405/1975, ad assistere la donna in stato di gravidanza, informandola sui suoi diritti, dando assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità ed alla paternità responsabile, per la prevenzione e il monitoraggio della salute in tutte le fasi della vita riproduttiva e anche contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza.
Sono quindi i consultori, insieme agli altri servizi alla famiglia, ai congedi parentali e all’assegno unico per i figli, dal settimo mese di gravidanza, l’architrave delle norme italiane sul sostegno alla famiglia.
Le Regioni dovrebbero innanzitutto garantire la presenza ed operatività dei consultori e poi valutare la possibilità di integrare il servizio tramite convenzioni con le varie associazioni di volontariato impegnate nel settore materno infantile. Dare fondi al volontariato e contemporaneamente non investire sui consultori e addirittura chiuderli è un modo strumentale per aggirare le leggi e distrarre l’attenzione dai grandi vuoti delle politiche familiari piemontesi.
Il Terzo Settore e la Pubblica Amministrazione possono cooperare in ogni ambito, ma con una funzione integrativa e non sostitutiva. Ad esempio, tra il 2000 e il 2005, venne avviato al Mauriziano di Torino un servizio di ascolto per donne che richiedevano un confronto sull’aborto. Il servizio si svolgeva in modo discreto e non forzato, ed è durato per quasi 20 anni, dalla giunta Ghigo alla Giunta Cirio, dagli anni 2000 all’inizio della pandemia nel 2020, comprese le giunte Bresso e Chiamparino, in accordo con la direzione dell’ospedale e con la mediazione dei medici che filtravano le richieste. Questo servizio non riceveva finanziamento pubblico e si avvaleva anche di avvocati e medici volontari del centro aiuto alla vita, professionalità messe a disposizione dal privato sociale no profit.
Oggi il quadro normativo è notevolmente migliorato: c’è un nuovo sostegno per superare le eventuali cause economiche dell’interruzione di gravidanza, è l’assegno unico ed è stato introdotto dal PD nel 2021. A quanto pare è proprio vero che Fratelli d’Italia non punti su questa misura, ma su altre più demagogiche e meno strutturali, come la stanza dell’ascolto.
Chiediamo alla Giunta regionale meno demagogia, meno utilizzo strumentale del Terzo Settore, più attenzione alle misure economiche esistenti, più lavoro, più tutele e più servizi, potenziando i consultori e gli altri servizi per la famiglia, per offrire presidi territoriali sufficientemente capillari e con un’adeguata dotazione di personale. La legge 405/1975 prevede 1 consultorio ogni 20.000 abitanti. In Piemonte nel 2019 secondo l’ISS ce n’erano 1 ogni 36.247 abitanti. Troppo pochi. Forse anche per questo nell’ultima classifica ministeriale sui LEA, il Piemonte, che nel 2017 era primo in Italia, era passato al sesto posto.
Il nostro maggior punto debole è la medicina territoriale, in cui i consultori familiari sono ricompresi. Di questo dovrebbe occuparsi la Giunta Cirio.
Monica CANALIS – consigliera regionale PD
“Dopo il ritiro della candidatura di Trino a ospitare il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi, lo scorso marzo, ci siamo ritrovati in mezzo a una palude che dura da oltre vent’anni. È naturale che l’amministratore delegato di Sogin torni sul tema, ma gli facciamo un appunto: a Trino il problema non sono stati i cittadini, che non sono stati consultati in alcun modo, ma la politica. La candidatura di Trino è stata dichiaratamente ritirata su pressione del presidente della regione, Cirio, e della provincia di Vercelli, Gilardino.”
Così Vittoria Nallo (capogruppo in Regione Piemonte per gli Stati Uniti d’Europa) e Francesca Randazzo (tesoriera +Europa Torino), che aggiungono: “Ancora una volta, mentre Meloni e Salvini si dichiarano favorevoli alle infrastrutture nucleari, la realtà dice che i loro partiti hanno fatto di tutto per evitare che venisse compiuto un passo imprescindibile nella direzione del potenziale ritorno al nucleare civile, ovvero la localizzazione e la realizzazione del Deposito. Eppure, il Piemonte ospita alcune delle imprese più all’avanguardia in tema di ricerca nucleare. Fino a quando la politica continuerà a ostacolare lo sviluppo della nostra regione?”