LIFESTYLE- Pagina 134

Il nuovo “Zabà” del maestro gelatiere Alberto Marchetti

SULLA TAVOLA DELLE FESTE

Lo zabaione è una preparazione che vanta parecchi secoli di storia. Tuttavia, come accade per molte ricette il cui ricordo si perde nei secoli e sulla sua origine sono sorte molte leggende. La tradizione affermata sostiene  che la ricetta sia stata introdotta nel XVI secolo a Torino: chiamata inizialmente crema di San Baylon, sarebbe divenuta in seguito semplicemente Sambayon per ricordare il francescano san Pasquale Baylòn, santo protettore di cuochi e pasticceri. Lo zabaione –  noto anche come zabajone o zabaglione –  è una crema dolce e spumosa a base di uova (tuorlo), zucchero e vino liquoroso.  Diede origine, in Italia, a noti liquori come il Vove lo Zabov, entrambi marchi registrati. La ricetta è oggi diffusa in molti luoghi, legandosi ai diversi vini liquorosi tradizionali (Porto, Marsala, Moscato)  ma solo dal 2015 è rientrato tra i prodotti agroalimentari tradizionali piemontesi.

Per queste feste ( ma non solo) il famoso maestro gelatiere Alberto Marchetti, ha dato vita a una nuova linea di sei nuove diverse referenze di creme spalmabili o, ancora meglio, da gustare a “cucchiaio” a partire dalla ricetta classica dello zabaione, i vasetti ” zabà” , già noti ai torinesi ma rinnovati nell’aggiunta di alcuni liquori tradizionali torinesi e piemontesi.

 Ideale da accompagnare ai dolci tipici delle festività natalizie, lo zabà si rivela utile e pronto all’uso: si può, infatti, scaldare al microonde o a bagnomaria così da berlo direttamente nel bicchiere. Oppure, a temperatura ambiente, è perfetto per arricchire creme o panna montata; o, ancora, è possibile congelarlo così da trasformarlo in un vero e proprio gelato. Proprio a proposito di gelato, abbiamo intervistato Alberto Marchetti per farci raccontare qualche segreto in più sui motivi dei successo di queste dolci chicche :

In che modo lo zabaione può raccontare Torino?

 

 Lo zabaione è una delle ricette più tipiche della cucina piemontese, una crema dolce a base di tuorli d’uovo, zucchero e marsala da accompagnare con ogni genere di biscotto e, perchè no, con il gelato, da versare su una fetta di pandoro o arricchire con la panna. Molte leggende sullo zabaione fanno risalire l’origine della sua creazione a Torino. Da qui, e dalla mia passione per le cose semplici e genuine, è nato Zabà, la dolcissima linea tutta dedicata allo zabaione.

Qual è stata l’idea, per un gelatiere – marketer come te , ad aver pensato a un prodotto come Zabà? 

 

Esattamente come per il mio gelato, anche per Zabà utilizzo pochi ingredienti ma selezionati con cura. Le uova sono fresche di galline felici allevate a terra dell’azienda Fantolino. Lo zucchero è italiano al 100% di Italia Zuccheri e la ricetta è quella tramandata dai pasticceri langaroli, quella con il Marsala, e la tradizione è quella torinese, quella a cui sono molto legato. Nel pensare a questa ” galuperie” , ho ragionato su un concetto a me molto caro: la bontà è disarmante. Per questo, il progetto Zabà nasce tra le colline dell’Eremo, a Pecetto Torinese, insieme a un gruppo di ragazzi diversamente abili, unitamente a una rete d’impresa costruita con i partner di filiera. Zabà sostiene l’Arsenale dell’Armonia, progetto fondato da Ernesto Olivero che dà forma e sostegno al sogno di pace e accoglienza, integrazione e armonia.

Per questa nuova edizione di Zabà, quali sono le novità per le quali un prodotto dolciario tradizionale si abbina perfettamente agli usi locali, invece, da bere? 

 

Zabà è assolutamente versatile: ottimo caldo, per accompagnare biscotti e torte, ma buono anche da bere. Basta togliere il tappo e scaldarlo a bagnomaria o nel microonde. Oltre al mio Zabà classico, ho lavorato con alcuni colleghi per creare altre golosissime versioni:

– ZABA’ CON BEERMOUTH BALADIN: la zabaione reinterpretato attraverso la birra. Il Beermouth nasce dall’unione di una birra di grande personalità e struttura –  barley wine WYAUYU di Baladin –  e una miscela di tredici spezie ed erbe aromatiche. Un prodotto inedito che si ispira alla tradizione piemontese del Vermouth, nato dall’utilizzo di estrazione idroalcoliche e botaniche ma che sostituisce il vino con la birra. Frutto della visione di geniali imprenditori quali Teo Musso e il bartender di fama europea Dennis Zoppi

 – ZABA’ PER MAGO RABIN – BIANCO CHINATO DEL MAGO : qui si parte sempre da una precisa idea di buono. Alla semplicità della tradizione si aggiunge un tocco di magia, il bianco chinato del Mago, vermouth d’eccellenza torinese che porta la firma di chef Marcello Trentini. Esalta la ricetta originale di Zabà con note di arancio amaro e cedro candito, noce moscata e cannella per uno zabaione dalla personalità sorprendente.

-ZABA’ PER GLI AIRONI – NERO SAKE’ ITALIANO : quando lo zabaione incontra il riso nero, diventa Zabà nero: un prodotto che guarda all’oriente ma che parla piemontese. Protagonista il primo sakè nero italiano, prodotto dall’azienda risicola  vercellese  ” Gli Aironi” . Le note dolci delle erbe botaniche tipiche del vermouth torinese, alle quali il sakè nero si ispira, si mescolano al gusto classico dello zabaione, dando vita a un prodotto del tutto particolare , soprattutto nel colore.

CHIARA VANNINI

Petto di pollo al limone: semplice e gustoso

Una ricetta appetitosa, sorprendentemente profumata che vi stupirà per la sua leggerezza, morbidezza e bontà

 

La carne di pollo apprezzata per le sue propreita’ nutritive e’ adatta a tutta la famiglia. Pochi semplici ingredienti per una ricetta appetitosa, sorprendentemente gustosa e profumata che vi stupira’ per la sua leggerezza, morbidezza e bonta’.

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Ingredienti:

1 Petto di pollo intero

1 bicchiere di vino bianco secco

1 limone non trattato

1 spicchio di aglio

Olio,sale,pepe, rosmarino q.b.

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In una pentola scaldare l’olio con l’aglio e il rametto di rosmarino. Rosolare a fuoco vivace il petto di pollo, salare, pepare e sfumare con il vino bianco, abbassare la fiamma, lasciare insaporire e cuocere coperto per circa un quarto d’ora. Lavare il limone e con un rigalimoni o un coltellino affilato, prelevare stiscioline di scorza sottilissime da aggiungere al pollo poi, aggiungere tutto il succo filtrato del limone. Lasciar cuocere lentamente per circa mezz’ora aggiungendo, se necessario, un mestolino di acqua calda. Lasciar consumare la salsa, affettare la carne e servire caldo.

Paperita Patty

Il più ricercato passaporto turistico? Quello dedicato alle Big Bench

Il passaporto dei “panchinisti Itineranti”

Di cosa si tratta?

E’ un vero e proprio passaporto, che ricorda in tutto e per tutto quello classico che tutti conosciamo, quindi con la propria foto da incollare, nome, cognome, e pagine per raccogliere i timbri: sì, ma non quelli delle dogane dei paesi visitati, ma quelli delle Big Bench raggiunte!
Il passaporto dei “panchinisti Itineranti” ( così si fanno chiamare) oltre ad essere un diario di viaggio serve per far conoscere il paese ospitante la panchina gigante.
Infatti il turista si reca nell’attività timbro, che può essere un bar, un ristorante, una gelateria,  una cantina…e si ferma per mangiare o acquista dei prodotti locali o semplicemente un caffè.
Mentre cerca queste attività passeggia per il borgo…e scopre musei, chiese, castelli e varie attrazioni turistiche.
Ci sono anche dei timbri rari, speciali,  ricercatissimi.
Dove si trovano queste Big Bench?

In tutta Italia ce ne sono 270 e 27 nella provincia di Torino: Usseaux,  Pequerel, Balme, Montaldo Torinese, Lanzo, Pramollo,Perosa Argentina….e tante altre

Il gruppo social “Big Bench Panchinisti Itineranti” è arrivato a ben 52 mila iscritti che con il semplice passaparola e i post condivisi coinvolgono le persone in questa stupenda attività.
Una caccia al tesoro per grandi e per piccini che sta facendo conoscere luoghi e paesini poco conosciuti ma che hanno tanto da offrire e meritano di essere pubblicizzati!
“Le scoperte migliori le farai durante il tragitto e non solo alla meta.” Massimo Proietti.

I rifermentati naturali emiliani arrivano a Torino

Dal 10 al 12 dicembre da Ailimē, il nuovo locale torinese nel quartiere Aurora della sake sommelier modenese Chicca Vancini, si terrà la speciale tre giorni gastronomica “Emilia Sur lì goes to Ailimē”.

Protagonisti i vini rifermentati naturali in bottiglia dell’omonima associazione emiliana di vignaioli, i quali saranno abbinati alle ricette tradizionali emiliane e italiane sabato 10 e domenica 11 a pranzo e all’alta cucina dello chef Marco Sforza lunedì 12 a cena, con il format 7piattix7bottiglie, quando prenderanno la scena anche i prodotti di Società Agricola Terrevive. di Gianluca Bergianti, titolare dell’azienda e Presidente di Emilia Sur lì. Ho voluto ospitare i vignaioli dell’associazione perché, come me, hanno l’obiettivo di portare avanti una cultura legata a un territorio, che è il mio stesso di origineha dichiarato Chicca Vancini. “Abbiamo conosciuto Chicca in azienda e ci siamo entrambi piaciuti da subito” ha detto Gianluca Bergianti. “Da lì è nato un rapporto professionale, che possiamo consolidare in questa tre giorni a cui siamo onorati di partecipare. Abbiamo accettato l’invito perché entrambi intendiamo comunicare la tradizione della zona vitivinicola emiliana sui rifermentati naturali in bottiglia”. 

I PRANZI DI SABATO 10 E DOMENICA 11 DICEMBRE 

Sabato 10 e domenica 11 dicembre a pranzo, dalle 13 alle 15, da Ailimē arriveranno sei produttori di Emilia Sur lì, provenienti dalle province di Piacenza, Reggio Emilia e Modena. In entrambi i giorni saranno protagoniste le ricette della tradizione emiliana e tricolore, cucinate dal cuoco Massimiliano Moccia. Sabato, con un menu composto da Passatelli in brodo, Tagliatelle con friggione, Coniglio alla cacciatora e Calzagat di farina di castagne, fagioli e pancetta, saranno in degustazione i bianchi Trebbiano di Modena, Trebbiano di Spagna e i rossi Salamino di Santacroce e Gutturnio delle giovani aziende neo associate La Poiesa, Podere Beghetto e Franchina e Giarone.  

Domenica, insieme a Tortellini in brodo/alla crema di Parmigiano, Cotoletta alla bolognese e ai confermati Calzagat, sarà possibile assaggiare i vini prodotti da tre realtà che fanno parte di Emilia Sur lì già da tempo – Quarticello Roberto Maestri, Ferretti Vini e Marco Cordani – e che in degustazione porteranno etichette realizzate con diverse varietà di Lambrusco – Salamino di Santa Croce e Maestri – con il bianco Spergola e il rosso Fortana. 

LA CENA DI LUNEDÌ 12 DICEMBRE

7PIATTIX7BOTTIGLIE CON SFORZA E BERGIANTI 

Lunedì 12, da Ailimē, andrà in scena il format 7Piattix7Bottiglie, una cena in cui, ai piatti dello chef ospite Marco Sforza, Chicca Vancini abbinerà le vecchie annate modenesi di Società Agricola Terrevive, conservate dall’apertura dell’azienda del 2008 a oggi. La realtà, nata per volere di Gianluca e della moglie Simona – rispettivamente laureati in Viticoltura ed Enologia e in Agronomia – conta oggi 16 ettari e lavora a ciclo chiuso, producendo dal 2016, secondo i principi dell’agricoltura biodinamica, rifermentati naturali in bottiglia. I vitigni protagonisti sono le uve lambrusche, che sul terreno sabbioso-limoso riescono ad esprimersi al meglio, per regalare dei vini espressione della complessità agricola e di un sistema vivente che ne potenzia l’espressività e la profondità. Alcuni dei vitigni che saranno in degustazione alla cena sono il prestigioso rosso Lambrusco di Sorbara e i bianchi Trebbiano di Modena e di Spagna.  

A curare i piatti portati in tavola ci sarà, come detto, lo chef Marco Sforza, che può vantare grandi trascorsi nel curriculum e un passaporto che lo ha portato a girare in lungo e in largo tutto il mondo. La mia è una cucina di prodotto. Rispetto la stagionalità e il produttore, che ha impiegato molto tempo per la realizzazione di un prodotto. Quando devo preparare una cena, cerco di contestualizzare il menu in base al posto in cui mi trovo. Essendo Ailimē un punto di incontro tra le culture giapponese ed emiliana, il menu del 12 dicembre racconterà un po’ del Giappone, paese in cui ho lavorato e a cui sono ancora legato, e un po’ di Emilia e di Italia più in generale”.  

Il percorso sarà introdotto da Kakiage veg, un tempura di ortaggi tagliati finemente, che rappresenta un benvenuto nipponico, in cui lo chef mette in mostra la sua attenzione non nuova alle verdure, tramandata dai nonni contadini. Scampo/mela verde/yuzu e Baccalà/cime/kimchi sono piatti che esaltano frutta e verdura di stagione, l’oriente e le materie prime ittiche. Zucca Hokkaido/Parmigiano 50 è un omaggio all’Emilia, per la presenza di una fonduta di Parmigiano Reggiano 50 mesi, e alla sua tradizione della pasta ripiena, qui raffigurata in un tortello. La conclusione della cena è affidata al secondo Agnello/sedano rapa/vaniglia, in cui la spalla stufata e spolpata, viene servita con crema di sedano rapa, olio alla vaniglia Bourbon e vaniglia di Madagascar, e al dessert Chocolate chuao/nocciola/sarrapia, nato dall’ultimo viaggio in Venezuela dello chef, nel quale ha assistito alla coltivazione di uno dei migliori cacao al mondo, che ha abbinato alla fava di tonka (sarrapia) e al sapore sabaudo della nocciola.

I “chiodini” intelligenti della Quercetti

Ovviamente i giochi si sono evoluti, ma quel che conta e che fa la differenza è che l’impronta è la stessa data dal fondatore 67 anni fa. Giochi tradizionali, manuali, intelligenti

 

Caro Alessandro, i “plonini” hanno compiuto sessantacinque anni. Sette in più del tuo papà, più del doppio dei tuoi. Ma sono sempre quelli, di plastica colorata, che infilavi nei buchi per disegnare figure”. Così scriverei a mio figlio, in una ipotetica lettera, ricordando il tempo in cui giocava con i chiodini della Quercetti. Sì, erano quelli i “plonini” ( i bimbi tendono a reinventarsi i nomi; anche Snoopy era diventato “Stuyng” e i Puffi si erano ritrovati come d’incanto ad essere dei “fuppi” ) che nel 1950 uscirono dalla fabbrica torinese di Corso Vigevano,25. Esattamente 67 anni fa, Alessandro Quercetti, diede vita a uno fra gli esempi più longevi dell’industria del giocattolo in Italia. E, nonostante il paese sia cambiato dall’inizio del secondo dopoguerra e almeno tre generazioni di italiani hanno giocato con quei chiodini di plastica, sembra che per la “Quercetti & C.” il tempo si sia fermato. Certo, la fabbrica è più grande, moderna e tecnologica, ma il nome sulla porta è sempre lo stesso ed a  guidarla è sempre la stessa famiglia: Andrea, Alberto e Stefano Quercetti, i figli di Alessandro. L’azienda torinese rappresenta uno degli esempi più longevi dell’industria del giocattolo in Italia, un comparto che, nella maggior parte dei casi, ha dovuto arrendersi allo strapotere dei produttori asiatici.

Ovviamente i giochi si sono evoluti, ma quel che conta e che fa la differenza è che l’impronta è la stessa data dal fondatore. Giochi tradizionali, manuali, intelligenti. E il “pezzo forte” dell’azienda è sempre lui, il mitico “Chiodino“, intuizione straordinaria che ha reso il marchio “Quercetti” e i suoi giochi riconoscibili in tutto il mondo. La gamma dei giochi nel tempo è decuplicata, e sono cambiati materiali e tecnologie produttive: ai chiodini, si sono aggiunti biglie, costruzioni, aerei, magneti. Ma ogni pezzo viene realizzato ancora oggi in Italia, nello stabilimento di Torino, dove la Quercetti  può vantare di essere una delle pochissime realtà con un controllo diretto dell’intera filiera produttiva. Tutto il lavoro, a partire dalla progettazione del giocattolo fino al confezionamento del prodotto finito è interamente realizzato in Corso Vigevano. L’intero ciclo di produzione, dall’idea al prototipo, dallo sviluppo del prodotto alla costruzione degli  stampi, dallo stampaggio al confezionamento fino alla spedizione è svolto in Italia, sviluppando un indotto sul territorio. Così, nel tempo, la Quercetti  ha mantenuto la sua identità e non è mai scesa a compromessi. Perché per fare giocattoli, per essere in grado di offrire ai bambini una ricca gamma di esperienze, per realizzare un prodotto che non si limiti ad attrarre ma che stimoli l’intelligenza dei bambini. Rispettandola e coltivandola nel tempo, chiodino dopo chiodino.

Marco Travaglini

Ziccat, nuovo punto vendita nel panorama dell’arte del cioccolato

Dopo i negozi di via Bardonecchia, di Corso Svizzera e di Piazza Borromini, dedicate alla vendita e alla degustazione del cioccolato, ecco che il riconfermato maestro del gusto di Torino e Provincia, trova spazio per un nuovo punto vendita in una zona della cittá – via Pietro Micca – dove,  per la sue caratteristiche architettoniche, sembra si possano ancora respirare le atmosfere della Torino sabauda ai tempi dei Savoia che fecero della futura prima capitale d’Italia punto di riferimento per la lavorazione del cioccolato.
Un progetto, quello di Alberto Brustia – titolare dell’azienda – che trova culmine e nuovo slancio nel nuovo negozio al civico 17: gli arredamenti, informali ma con tocchi di originalità architettonica – dallo studio dei punti luce agli espositori in legno di pregio, in stile tipico da bottega storica – sono stati realizzati per regalare alla clientela dei momenti di ” dolcissima ” pausa. La proposta è ampia e non prevede solo la somministrazione e la  vendita dei propri prodotti dolciari di eccellenza : dalla colazione all’ aperitivo, da degustare negli spazi interni o nel dehors, ampio spazio viene dato al caffè – del Maestro del GustoBoutic caffè” -,  da abbinare, a scelta, alle praline di produzione diretta dell’azienda , studiate e abbinate a ingredienti che possono mantenere le tradizioni dolciarie piemontesi – come le gelèe alla pesca e ganache all’amaretto – oppure che possono stupire il palato dei più curiosi – come quelle realizzate  con ganache allo yuzu e cremino all’arachide salata -.

La possibilità  di unire alla degustazione del cioccolato o, all’ora dell’aperitivo, di un tagliere composto da salumi e formaggi,  anche i vini, provenienti da cantine selezionate del territorio piemontese, o di birre, per le quali la scelta si é soffermata su un’azienda di Vaie , in val di Susa, il birrificio artigianale Soralamà, che realizza i suoi prodotti con pura acqua di montagna, è sicuramente una novità nel panorama dei locali ad esclusiva vendita di cioccolato; segno di una profonda attenzione della proprietà nei confronti della clientela e alle loro esigenze nel poter concedersi una pausa durante la giornata e, nel contempo, coccolarsi acquistando del buon cioccolato, confezionato in un packaging curato e degno ” testimonial” di alcuni simboli dell’industria torinese che hanno riconoscibile la città nel tempo.

Preziosa è anche la collaborazione e la valorizzazione con le produzioni vinicole locali, in vendita o in mescita. Oltre che con il già  citato birrificio di Vaie, importante é quella con la Tenuta vinicola Tamburnin, che ha sede a Castelnuovo Don Bosco (At). Azienda dallo storico interessante, produce con determinazione e successo ( da poco inserita nella guida dei Vini buoni d’Italia del Touring club d’Italia) una  gamma definita  di  vini  fra i quali : i due tipi di Vermouth – bianco e rosso – una delicata malvasia, un ottimo chardonnay – doc e biologico – e quello che li identifica in maniera significativa , lo spumante brut biologico , ” Clo” : il nome omaggia Claudia, la piú giovane delle sorelle Tamburnin che porta avanti l’azienda e che allude al suono frizzante di una giovane bollicina, fresca e con sentori fruttati.
CHIARA VANNINI
 
Ziccat
V.Pietro Micca 2 , ang. Via XX settembre 
Orari: Lunedi – Domenica 8-20 

Cinghiale in salmì con polenta

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Il cinghiale ha carne magra  dal sapore intenso che si abbina perfettamente con un piatto di polenta

 

 Un piatto rustico e saporito ottimo da gustare negli ultimi giorni freddi prima dell’arrivo della primavera. Il cinghiale ha carne magra  dal sapore intenso che si abbina perfettamente con un piatto di polenta. La carne ha bisogno di una lunga marinatura in un ottimo vino piemontese ed aromi per smorzare il retrogusto selvatico. I tempi sono un po’ lunghi ma il risultato ripaghera’.

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Ingredienti per la marinatura:

1 cipolla, 1 carota, 1 costa di sedano, 5 bacche di ginepro, 2 chiodi di garofano, 2 foglie di alloro, 2 foglie di salvia,1 spicchio di aglio

vino rosso corposo q.b.,1 bicchierino di grappa, sale e pepe q.b.

 

Ingredienti per la polenta:

1 kg. di farina da polenta,2 cucchiai di sale, 2 litri di acqua

 

Ingredienti per lo spezzatino

1 kg. di polpa di cinghiale, le verdure della marinatura, vino rosso ½ litro, olio, farina bianca e sale q.b.

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Tagliare la polpa di cinghiale a bocconcini e metterla a marinare con le verdure e le spezie coperta di vino e grappa per almeno 24 ore. Trascorso tale tempo, scolare la carne e le verdure dalla marinatura. In un tegame, preferibilmente di coccio, versare l’olio e fare rosolare le verdure scolate, aggiungere i bocconcini di carne precedentemente infarinati, lasciar insaporire, versare a poco a poco il vino nero, lasciar evaporare, abbassare la fiamma e lasciar cuocere sino a quando si sara’ formato un sughetto denso (minimo per 2 ore)

Preparare la polenta portando ad ebollizione l’acqua salata, versare a pioggia la farina evitando la formazione di grumi e lasciar cuocere 90 minuni.

Ed ora… tutti a tavola!

Paperita Patty