LIFESTYLE- Pagina 123

Se la ricerca chiama, Torino risponde Record di presenze per la Just the Woman I am

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21 mila partecipanti per raccogliere fondi per la ricerca sul cancro.

Si è appena conclusa la Just the Woman I am, la corsa non competitiva per raccogliere fondi per la ricerca sul cancro.

Domenica 5 marzo, si è concluso, con una corsa non competitiva, l’evento di respiro internazionale Just the woman I am Il programma di tre giorni che ha alternato eventi dedicati alla prevenzione, workshop e incontri incentrati sul fitness e il benessere.

I torinesi hanno risposto con grande partecipazione tanto che gli organizzatori parlano di record di affluenza, oltre 21 mila presenze.

Articolo e foto di

LOREDANA BAROZZINO 

Cremosa crostata al cioccolato fondente

Decisamente golosa questa crostata, un mix perfetto tra pasta frolla fragrante e cioccolato fondente.

Una dolce tentazione assolutamente da assaggiare.

Ingredienti

Frolla:
250gr. di farina 00
120gr. di burro
80gr. di zucchero
2 tuorli
Un pizzico di sale

Farcia:
200gr. di cioccolato fondente 70%
200ml. di panna fresca liquida
100gr. di zucchero a velo
Una noce di burro
Frutta secca per guarnire

Preparare la frolla impastando velocemente tutti gli ingredienti, se dovesse risultare troppo dura, aggiungere 1-2 cucchiai di acqua. Stendere la pasta frolla in una teglia con fondo amovibile, bucherellare il fondo e riporre in frigorifero per almeno 2 ore.
Coprire la frolla con carta forno, riempire la base con fagioli o riso e cuocere a 160 gradi per 30 minuti. Lasciar raffreddare.
Preparare la farcia. Scaldare la panna fino quasi a bollore, togliere dal fuoco, aggiungere lo zucchero a velo ed il cioccolato ridotto a pezzetti e la noce di burro. Lasciar sciogliere bene gli ingredienti fino ad ottenere una crema vellutata.
Rimpire la frolla con il cioccolato fuso, livellare bene e decorare con pistacchi o nocciole a piacere.
Servire a temperatura ambiente.

Paperita Patty

Non sono bella, piaccio

Ogni epoca ha avuto il proprio ideale di bellezza, i propri canoni ed il relativo maquillage; in questo articolo tratterò in particolare la bellezza femminile.

Nell’antico Egitto, e la scoperta della tomba di Tutankhamon lo dimostra, le donne conoscevano ed usavano l’eye-liner.

Nell’antica Grecia, per esempio, nelle donne erano apprezzate le forme sinuose, vengono raffigurate con fianchi larghi e con seno e glutei rotondi, sodi ma non troppo prominenti.

Arriviamo alla civiltà romana, dove la ricerca della bellezza riguarda anche gli uomini. Le donne devono avere occhi grandi e ciglia lunghe; anche qui troviamo testimonianze dell’uso dell’eye-liner ottenuto mescolando antimonio, fuliggine e piombo applicato con un attrezzo realizzato appositamente in osso o legno; un finto neo, nell’angolo superiore della bocca, era un’aggiunta ulteriore che, a seconda della posizione, comunicava qualcosa di preciso a chi lo guardava.

Attraversando i vari secoli, il concetto di bellezza ha subito profondi cambiamenti, particolarmente con la conoscenza di nuove civiltà con le loro tradizioni.

Mai come nella nostra epoca, però, la bellezza e, in generale, l’aspetto fisico hanno avuto tanta importanza da discriminare chi non rispecchi determinati canoni o non si adegui allo stile imperante.

Nell’immediato primo dopoguerra assistiamo ad una bellezza femminile quasi androgina, poco seno, capelli alla “garçonne”; i capelli lunghi sono fuori moda, compaiono i pantaloni anche per le donne.

Gli anni 30 del secolo scorso vedono un ritorno alla sensualità, alla femminilità: icone come Marlene Dietrich, anche se è vestita spesso da uomo e fuma, o Greta Garbo sono il modello cui molte donne si ispirano.

Via via attraverso i decenni assistiamo ad un cambiamento continuo di stili, di mode, di acconciature; il clima politico ed economico influenzano enormemente le tendenze: dalla minigonna degli anni 60, in pieno boom economico, alla gonna maxi nel periodo delle contestazioni femministe, per giungere ai jeans quando si comincia a parlare di parità).

Mai come ai giorni nostri, però, la bellezza è stata da un lato trascurata o travisata e, al contempo, usata come mezzo di discriminazione già in tenera età.

Con la complicità dei social, chiunque si discosti dalla bellezza ideale di quel momento viene additato come se fosse un untore, un individuo in grade di nuocere alla società, indegno di farne parte.

Nel film “Vacanze di Natale” la scena tra Billo (Jerry Calà) ed il proprietario del locale in cui Billo suona è diventata iconica. Billo è sempre circondato da donne molto belle e, per questo, spesso si distrae dal suo compito. Il proprietario del locale lo apostrofa “Ma cosa ci troveranno mai le donne in un pupazzo come te?” E Billo pacificamente risponde “Non sono bello, piaccio.”

Per definire questo disprezzo, questa discriminazione a seconda dell’aspetto fisico rispondente o no a determinati canoni è stato coniato il termine bodyshaming.

Questo senso di inadeguatezza, spesso inculcato dalle persone che ci sono più vicine, che noi consideriamo positive ma che, evidentemente, non lo sono affatto porta ad un vero e proprio distress, per risolvere il quale non di rado chi ne sia affetto ricorre a sedute di psicoterapia, prodotti cosmetici costosi, sedute in palestra o continui acquisti di nuovi abiti mentre la cosa, banalmente, più efficace sarebbe non curarsi di quelle critiche.

Chi ha stabilito cosa sia meglio? O cosa sia giusto? O cosa sia bello? Spesso una ragazza o anche una donna matura che mi chiede un servizio fotografico, soprattutto se sono sessioni di fotografia terapeutica, mi dice, con tono di domanda indiretta:“Dovrei perdere qualche chilo” oppure “Dovrei eliminare un po’ di cellulite”. solitamente rispondo che non è con me che deve parlarne ma col suo medico: se il sanitario ritiene che il suo sovrappeso sia dannoso per la salute (cuore, ginocchia, colonna vertebrale, ipertensione) allora adotterà i provvedimenti opportuni (dieta, attività fisica, ecc).  Ovviamente giro la domanda alla ragazza: “perché vuoi dimagrire?” Quasi sempre la risposta è perché “mi sento grossa”, “perché sembro un baule”, “perché nessuno mi guarda”.

E’ evidente che sia una motivazione che nasce dalla modella stessa, perché si paragona con i modelli sbagliati che la pubblicità ci propina con ogni mezzo, perché associa la riuscita sentimentale delle sue amiche al loro aspetto fisico (trascurando che spesso hanno trovato un qualcuno che era stato scartato da tutte le altre) ed è altrettanto evidente che il mondo circostante rafforzi questa sensazione isolando chi non rispecchi determinati parametriperché sovrappeso, strabico, senza capelli perché calvo o sottoposto a chemioterapia, o patologicamente magro perché paziente oncologico.

L’attrice Martina Colombari ha posato di recente senza alcun makeup dichiarando che “È una lotta, quella all’aspetto ideale, che impegna con accanimento crescente le donne fin dall’età pediatrica e poco importa se questo feticcio di adeguatezza ad uno standard artificiale e malsano venga raggiunto a prezzo di un imponente disagio psicologico, minaccia all’identità sociale, dispercezionecorporea, disturbi della nutrizione, dell’alimentazione e dell’umore che lasciano strascichi nell’arco dell’intera esistenza. Questa idea di bellezza è il burqa dell’occidente dietro cui si nasconde tutto il resto che costituisce il vero valore di una donna: la sua essenza, unicità, i suoi talenti e capacità”

Secondo voi le compiante Rita Levi Montalcini o Margherita Hack, Maria Montessori o Anna Magnani, Nilde Iotti o Hannah Arendt sono diventate famose per il loro aspetto fisico, per la loro avvenenza?

Personalmente, e so di non essere l’unico, ritengo che chi affida unicamente al proprio fisico il compito di renderlo famoso, lo faperché non possiede altro; inoltre, e mi rivolgo soprattutto alle donne, pensate che il fisico prima o poi ci abbandona per l’età, un infortunio, le gravidanze o fattori epigenetici: come pensate di vivere quando il vostro fisico non attrarrà più gli sguardi di chi incontrate?

Ora mi rivolgo ai maschietti: quando non potrete più valorizzare opportunamente il fisico della vostra compagna, sarebbe opportuno che cultura, dialogo, ironia occupassero i vostri momenti; pensateci, quando scegliete una compagna o criticate la compagna di qualcun altro; non soppesate la vostra compagna per ciò che può darvi, esteticamente o culturalmente; pensate a ciò che avete da offrirle voi.

Sergio Motta

Alessandro Mecca al Castello di Grinzane Cavour

DALL’11 MARZO RIAPRE IL RISTORANTE ALL’INTERNO DEL MANIERO – SEDE DELL’ENOTECA REGIONALE PIEMONTESE CAVOUR – ALL’INSEGNA DI UNA CUCINA ESSENZIALE, AUTENTICA, IMMEDIATA

 

Classe 1984, torinese, Stella Michelin conquistata nel novembre 2018, Alessandro Mecca arriva nelle colline delle Langhe con“Alessandro Mecca al Castello di Grinzane Cavour”, il ristorante che trova spazio tra le suggestive mura del maniero sede dell’Enoteca Regionale Piemontese Cavour. A partire dall’11marzo 2023, prenderà dunque il via la nuova avventura del cuoco – non chiamatelo chef –, dopo i sette anni trascorsi alla guida dello “Spazio7”, ospitato dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo a Torino.

ALESSANDRO MECCA

Figlio d’arte, dopo aver mosso i primi passi nella cucina del ristorante di famiglia, lo storico “Crocetta” di Torino – dove ha imparato le basi fondamentali del lavoro e scoperto la passione per la cucina tradizionale italiana –, il suo curriculum parla di una lunga gavetta passata per il ristorante “L’Estate di San Martino” a Villanova d’Asti e impreziosita dall’esperienza al “D.O.M.” di San Paolo con Alex Atala, fra i maggiori esponenti della cucina contemporanea brasiliana, fino al progetto dello“Spazio7”. Al suo fianco, il socio Marco Ceresa, imprenditore torinese con un passato nell’automotive, prima di approdare nel mondo della ristorazione.

 

 

LA CUCINA

 

Tra le mura medioevali del locale, nelle sale che ospitarono il Conte Camillo, con una vista straordinaria sulle colline di Langa, la maestosità del luogo si compenetra con una cucina di impostazione classica, interpretata con un approccio contemporaneo. Ispirata dai grandi maestri della cucina italiana, quella di Alessandro Mecca è una “cucina di gesto, fatta con amore e bellezza, che vive di un approccio molto naturale al cibo: non è un metodo e non è una tecnica”. L’atto del cucinare, il sapiente uso delle mani, oltre che degli ingredienti, trova quindi corrispondenza nella cucina contadina langarola, con una solida base che affonda le sue radici nella tradizione italiana.

“La mia cucina riflette il mio modo di essere: è essenziale, autentica, schietta, immediata – dichiara Alessandro Mecca –. È una cucina che abbandona il superfluo, sceglie pochi ingredienti in armonia tra loro per restituire alle persone sapori autentici e originari che stimolano sensazioni, rituali, ricordi.

IL MENU

Quanto al menu, nessuna divisione tra antipasti, primi e secondi, ma la possibilità di scegliere piatti singoli o lasciarsi guidare con due proposte: Tra le mura e Punti di vista, per vivere delle esperienze uniche, improntate a un senso di grande accoglienza e libertà.

Nel creare o nell’assaggiare un piatto ci si deve sentire liberi di essere – commenta Mecca –. Liberi di esplorare con naturalezza gli ingredienti. Liberi di gustare il cibo con tutti i sensi: occorre poter chiudere gli occhi per assaporare meglio un boccone,ascoltandone il rumore.

La carta dei vini presenta un’ampia scelta di vini del territorio, selezionati dall’Enoteca regionale Piemontese Cavour, oltre a numerose bottiglie espressione di altri territori di eccellenza vitivinicola.

IL RISTORANTE

Completamente rinnovato nei locali, con uno stile rispettoso della maestosità del luogo, reso accogliente e luminoso, il ristorante offre  in tutto la disponibilità di 40 posti su 9 tavoli, con servizi a pranzo e cena dal mercoledì alla domenica. La prenotazione è consigliata, telefonando al 333/2033571, o attraverso il sito web www.alessandromecca.it.

“Il Castello è il ristorante che vive in mezzo alle persone. Non è solo il luogo dove si cucina, si mangia e si beve. È uno spazio che accoglie con gentilezza, amore e naturale bellezza. Vorrei che fosse il luogo dove costruire legami, condividere idee, mettere in moto nuovi progetti, abbracciare valori comuni.

 

 

LA SOSTENIBILITÀ

Grande attenzione è stata posta nella scelta dei fornitori e delle materie prime, privilegiando produttori locali: piccoli coltivatori, allevatori e realtà artigiane, con un occhio di riguardo alla sostenibilità del progetto, declinata lungo i tre assi ambientale, economica e sociale.

La ricerca della qualità è la prima forma di sostenibilità. Lo pretendo nel mio ristorante: lo devo ai miei clienti. Ma al di là dell’attenzione all’ambiente attraverso la scelta accurata di fornitori e materie prime, oggi pressoché scontata, per noi essere sostenibili significa rispettare innanzitutto le persone. È la sostenibilità delle risorse umane. Intendo quell’insieme di azioni che incoraggiano la motivazione delle persone, sostengono l’espressione piena delle qualità lavorative e umane del singolo. Formazione, team building, tanto lavoro in cucina, ma anche più tempo libero. I ragazzi della mia brigata godranno di due giorni di riposo: per essere più dinamici e creativi in cucina abbiamo bisogno di vivere una vita fuori dal lavoro. L’esigenza è quella di nutrire il nostro lato umano e personale, per essere eccellenti professionisti. Le idee nuove sono anche una contaminazione della personalità dei ragazzi della mia brigata: sono freschezza, attualità, futuro”.

 

LA CAFFETTERIA

 

A impreziosire il tutto, affacciata sulle vigne che circondano il maniero, la caffetteria classica all’italiana, dove poter apprezzare – oltre ai cocktail tradizionali italiani – le specialità del Belpaese, dall’espresso al marocchino, dal bicerin (leggenda vuole fosse il caffè preferito di Cavour) allo zabaglione, accompagnati da una ricca proposta di torte fatte in casa.

Per le belle giornate, da segnalare l’area relax esterna, ricavata nel cortile interno del Castello, realizzata sullo stile dei caffè storici torinesi.

“Non vedo l’ora di cominciare questa nuova, emozionante avventura – conclude Alessandro Mecca –. Il Castello di Grinzane Cavour mi affascina da sempre: è una delle location più belle del Piemonte, in un territorio caratterizzato da standard elevatissimi nell’offerta enogastronomica. Quella di provare a crescere e a sviluppare il mio progetto di cucina tra queste colline sarà una sfida estremamente stimolante.

Il Piemonte nel piatto alla Casa del Barolo

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RISTORANTE ENOTAVOLA 

Contraddistinto dall’atmosfera elegante, ma allo stesso tempo informale, il ristorante Enotavola – Casa del Barolo, sito nella centralissima piazza Giambattista Bodoni – intitolata al noto tipografo autore di numerosi caratteri destinati alla stampa e da sempre teatro di vicende che hanno riguardato la storia di Torino -, dirimpetto al Conservatorio Giuseppe Verdi, è considerato uno dei migliori ristoranti tipici della zona.

 

Locale molto versatile e conveniente ad ogni tipo di occasione, propone diversi menù di degustazione adatti ad ogni tipo di palato: piemontese, pesce, anatra, tartufo nero e vegetariano, ma noi abbiamo optato per il menù alla carta per poter avere visione più ampia di ciò che la Casa del Barolo offre alla clientela.

Ricca è anche la carta dei vini, complice l’enoteca omonima sita in via Andrea Doria 7 dal 1974 con oltre 1000 etichette pregiate tra cui Amarone, Barolo, Brunello, Franciacorta, Champagne e Prosecco; noi optiamo per una scelta di piatti di terra e li abbiamo accompagnati con il Roero del 2017 della cantina Matteo Correggia – vino rosso secco, leggermente strutturato e dalle note di frutti rossi -.

Dopo un piccolo e sfizioso benvenuto dello chef che cura la cucina del ristorante, Domenico Paone, la scelta degli antipasti ricade su uno dei classici della tradizione culinaria locale, il vitello tonnato alla piemontese, e sulla patata ripiena di tartufo nero e salsa al cardo.

Proseguiamo con i raviolini del plin con burro del Monregalese su crema di raschera Dop, un inno alla Provincia Granda, e tagliolino all’uovo con ragù di vitello servito con scaglie di tartufo nero, un’accoppiata vincente e poco scontata.

Come epilogo della nostra esperienza culinaria alla Casa del Barolo, i dessert scelti sono stati il tortino al cioccolato fondente e frutti rossi con gelato al fiordilatte, accompagnato dal Barolo Chinato – vino Barolo Doc aromatizzato che si sposa con il cioccolato – e la delizia alla nocciola del Piemonte Igp con salsa allo zabaione, che può essere accompagnata da un Moscato d’Asti oppure con il Passito d’Arneis dal gusto dolce e armonico e dal profumo intenso.

Giulia De Sanctis

Via Bodoni, 7, 10123 Torino TO

Apre alle ore 19:30

 

Avanzi il prossimo. Il terzo giudice della gara è Franco Di Pietro

Sul tema ‘pane e cereali’ si sfidano gli istituti alberghieri De Filippi di Varese e Tor Carbone di Roma. Il terzo giudice della gara culinaria è Franco Di Pietro Founder and CEO di Biova (azienda di Bosconero – Torino), che ha ideato una birra fatta da pane recuperato.

 

Tv2000: ‘Avanzi il prossimo’

L’unico programma di cucina contro lo spreco alimentare

Una gara tra istituti alberghieri a colpi di ricette con ingredienti di riciclo e quiz food

Condotto da Tinto e Fede

Otto puntate in onda da mercoledì 1 marzo in prima serata

 

 

‘Avanzi il prossimo’ è il primo programma tv dedicato interamente al recupero del cibo e alla lotta contro lo spreco alimentare, in cui la cucina s’intreccia all’economia e alla “cultura dello scarto’.

Una gara culinaria, in otto puntate, tra istituti alberghieri italiani, condotta da Tinto e Fede (Nicola Prudente e Federico Quaranta), in onda su Tv2000 a partire dal 1 marzo, il mercoledì in prima serata.

La giuria è composta dallo chef Cesare Marretti e dalla esperta di cucina Anna Moroni, più un terzo giudice che cambia di volta in volta, legato al tema di puntata.

La scuola vincitrice avrà la possibilità di frequentare un master presso l’accademia di uno chef con tre stelle Michelin che verrà svelata nel corso della semifinale del programma.

Sinossi del programma:

Le nuove tendenze del food sostengono che il futuro della cucina sia nel suo passato, le avanguardie culinarie hanno lasciato le sperimentazioni e le soluzioni molecolari per puntare tutto sull’artigianalità e la qualità della materia prima. A marcare il passo è un ritorno deciso al metro contadino, ai prodotti della campagna, quelli coltivati da mani sapienti nel rispetto della terra e delle stagioni. È questa la vera avanguardia, l’unica in grado di contrastare gli sprechi alimentari che hanno raggiunto dimensioni preoccupanti.

‘Avanzi il prossimo’ avrà il compito di insegnare a non sprecare il cibo e lo farà attraverso i meccanismi di un’appassionante sfida di cucina, a colpi di riciclo: a sfidarsi saranno dei ragazzi, provenienti da scuole alberghiere di tutta Italia, e lo faranno attraverso:

– una ricetta con ingredienti di recupero

– un food quiz

– la mise en place

Il tutto sotto l’occhio vigile di una giuria composta da tre esperti:

– lo chef Cesare Marretti, che giudicherà la tecnica impiegata nella realizzazione del piatto.

– Anna Moroni, esperta di cucina che valuterà il gusto delle ricette.

– un imprenditore, un’imprenditrice, un/a artigiano/a, un/a contadino/a, legato al tema di puntata e quindi diverso ogni volta; tutti protagonisti di scelte “etiche” nel loro settore specifico che daranno un giudizio relativo al coefficiente di recupero.

A vincere non sarà solo il piatto più buono o realizzato meglio, ma quello che ha ottimizzato e riciclato al massimo gli ingredienti avanzati.

La scuola vincitrice di tutto il torneo avrà come premio un master in una delle strutture di uno chef stellato, personaggio sensibile ai temi legati all’ambiente. Sarà proprio il master il contenuto principe dell’ultima puntata di questa prima edizione.

PRIMA PUNTATA

Sul tema ‘pane e cereali’ si sfidano gli istituti alberghieri De Filippi di Varese e Tor Carbone di Roma. Il terzo giudice della gara culinaria è Franco Di Pietro Founder and CEO di Biova (azienda di Bosconero – Torino), che ha ideato una birra fatta da pane recuperato.

FOTO credit: Foto di Francesco Toiati per Tv2000

Tutto fa brodo se tutto fatto a mano

Il format fast casual fine dining dell’autentica cucina asiatica

San Salvario, crogiuolo dell’anima meltin’ pop torinese, quella un po’ più moderna ma sempre densa di fascino e portatrice di culture diverse.

In via San Pio V n.8, alle spalle di Porta Nuova, sorge da qualche tempo un locale  gestito e sviluppato da giovani di esperienza negli studi applicati alle sperimentazioni e ai progetti dedicati alla divulgazione del cibo e che ha posto al centro della proposta gastronomica – che rispetta i canoni di una ristorazione di alta cucina ma alla portata di tutti –  l’autentica tradizione gastronomica asiatica e orientale: “Tuttofabrodo”.  
L’elemento che pone il progetto al centro dell’attenzione è l’artigianalità e la manualità nella realizzazione di alcuni fra le più celebri preparazioni orientali: gli Xialongbao, i Dumplings, i Noddles e il Ramen, i cosiddetti ” signature dishes” (piatti iconici) del locale. Tuttofattoamano, dunque: il claim che va proprio letto così, a corollario del nome del locale – Tuttofabrodo appunto – , che rende già l’idea di come l’attenzione e la precisione siano elementi fondanti nella proposta dei piatti. La stessa cucina a vista, davanti alla quale dal bancone,sul quale è possibile consumare, è possibile osservare – quasi rapiti –  gli abili ” sfoglini orientale” utilizzare tanta maestria nel produrre centinaia di ravioli cinesi o dare vita a noodles ( spaghetti orientali) lunghissimi, rappresenta un elemento di originalità che si esprime – appunto –  nella possibilità di imparare, mentre si mangia, la cultura culinaria tipica delle zone asiatiche, che si caratterizzano per modalità operative e manualità sicuramente diverse da quelle occidentali.
Naturalmente, per “Tuttofabrodo” il focus delle ricette è incentrato sulla componente liquida ( ma non solo) delle preparazioni, tipica della cucina orientale e che aiuta a sentire meglio i sapori ( oltre che aiutare a riscaldarci nelle giornate più fredde).
Un viaggio gastronomico, dunque, alla scoperta della cucina asiatica più autentica : il piatto icona del menù sono, come dicevo, i Xiaolongbao, ravioli cinesi ripieni di diverse farciture e immersi nel tipico brodo. Tipici della regione di Shanghai e rari da scovare data la loro complessità di realizzazione, i ravioli   sono cotti nei noti cestini di bambù per un tempo di quattro minuti; non un secondo di più, non un secondo di meno, proprio a sottolineare ancora una volta la precisione e il perfezionismo asiatico.
Diciannove pieghe e ventuno grammi di pasta sono le indicazioni per realizzare il raviolo xiaolongbao perfetto che, attraverso uno sottile strato di pasta rigorosamente fatto a mano, riesce a racchiudere il succulento ripieno. Altro aspetto della cucina di Tuttofabrodo sono le differenti preparazioni che si celano dietro a ogni piatto. Il brodo del ramen, ad esempio, realizzato esclusivamente da polli allevati a terra a pochi km da Torino, è arricchito da verdure e spezie e viene cotto a fuoco lento fino a diventare denso e ricco. Il risultato è un brodo caldo e avvolgente, che sprigiona aromi e profumi capaci di fare trasportare con la mente e con il corpo in Oriente.
Due le novità per il menù dedicato alla cena: presentate due novità nel menu della cena: il Ramen vegetariano e gli Xiao noodles. Entrambe le ricette nascono dalla volontà di inserire in carta piatti dai sapori forti, decisi e più propriamente asiatici. “Sono mesi che io e il mio team” racconta Elisa Neri, giovane proprietaria, testa e cuore del progetto “lavoriamo alla creazione di questi piatti e finalmente, dopo diverse sperimentazioni,siamo pronti a farle assaggiare a chi ci sceglie tutte le sere. Ogni piatto rappresenta per noi un percorso, un’immersione nella cucina orientale con corpo, cuore e mente, un vero e proprio viaggio che ci porta al risultato finale, attraverso uno studio minuzioso degli abbinamenti e dei valori nutrizionali

L’idea di un Ramen vegetariano è nata dalla volontà di accontentare anche le esigenze dei clienti che non mangiano alcun ingrediente di origine animale. Dopo mesi di sperimentazione, ricette e viaggi, per assaggiare le versioni proposte da ristoranti esteri di cucina orientale, si è giunti al risultato desiderato, cioè un ramen dalla consistenza gustosa e corposa, con una base di brodo vegetale, crema di sesamo e latte vegetale e alcuni topping pensati ad hoc, come alga nori, mais, germogli di soia, porri, uovo marinato – per i vegetariani – e olio al peperoncino, per gli amanti del piccante.

Accanto alla novità del Ramen vegetariano, la brigata di Tuttofabrodo ha pensato anche agli Xiao noodles, piatto originario di Chongqing, municipalità situata nel sud-ovest della Cina, che si può presentare in molteplici declinazioni. La versione di Xiao noodles di Tuttofabrodo è senza brodo, leggermente piccante e dalle forti connotazioni orientali. L’idea di partenza era di mettere a punto una ricetta dai sapori spiccatamente cinesi: sono da giustificare in questo senso l’utilizzo di aglio, zenzero saltato e pepe di Sichuan, che conferiscono al condimento del primo piatto caratteristiche decise e nette. Gli altri ingredienti sono la carne di maiale, l’olio di sesamo e un brodo di carne, che determina una consistenza della pasta più umida e meno asciutta, come invece “vuole” la cottura in wok. A completamento dei noodles, vi sono un mix di lemongrass e porri ed eventualmente l’olio piccante. Il locale è aperto sia a pranzo che a cena. Disponibile anche il servizio delivery.

Per maggiori informazioni 
  Tuttofabrodo
Via San Pio V, 8 – 10125 Torino
Tel. +39 011 1978 5902 www.tuttofabrodo.eu  
 
 
Chiara Vannini

La massa del mondo scivola giù…

LIBERAMENTE Di Monica Chiusano

La massa del mondo scivola giù … si lancia nell’infinito universo bianco delle opportunità…. dove la competizione aggancia i ramponi dinnanzi alla paura di sbagliare o di rimanere sempre dietro qualcuno, di non essere vista e quindi schiacciata !
Forse, se solo riuscissimo a godere del nostro “essere” lasciandoci andare giù per la discesa, in braccio alla libertà e non al timore di precipitare nel burrone, forse in qualche modo potremmo anche vincere il primo premio della vita !
Lasciamoci rimbalzare dalla solidale consapevolezza di essere notati e non solo superati!