ECONOMIA E SOCIETA'- Pagina 707

A Palazzo Madama la mise en place è da re

TIME TABLE MADAMA
Nella Sala del Senato fino al 18 ottobre  le suppellettili che nei secoli hanno occupato le tavole di sovrani, ecclesiasti e borghesi

 

Fino al 18 ottobre 2015 il palazzo che domina il centro di Piazza Castello ospita la mostra temporanea sulla mise en place e le suppellettili che nei secoli hanno occupato le tavole di Re, Imperatori, ecclesiasti e borghesi. Design, gusto estetico, artigianalità e scelta di materiali in base alle mode dei tempi sono affiancati in 6 tavolate ideali. Una splendida occasione per rendersi conto di come piatti, zuppiere, bicchieri, boccali, posate si sono modificati nel tempo, sia nell’importanza, sia nelle fogge.  Omaggio al Made in Italy nella storia,  ma non solo, dagli acquamanili medievali dalla forma di animali alle maioliche e boccali del ‘500, dalla passione per l’Oriente del ‘600, con coppe e piatti del periodo Edo e Ming e ricostruzioni fabbricate nei laboratori del Regio Parco, al ‘700 con le raffinate porcellane dei servizi degli zar.

 

L’Ottocento è rappresentato dal servizio da tavola con animali della Real Fabbrica Ferdinandea di Napoli e il Novecento dai piatti disegnati da Gio Ponti, fabbricati nella manifattura Pozzi e presentati a Parigi nel 1967. Vetrine a parte per ‘l’Arte del bere’ con boccali, bicchieri, fiaschi e bottiglie e per ‘la Mensa del Signore’ con ostensori e pissidi. Zuppiere e rinfrescatori di ogni epoca, molto particolare la zuppiera a forma di cavolo della manifattura Hannong del 1709. Una menzione è d’obbligo per il piatto cinese della dinastia Ming (1720-1725) con lo stemma di Eugenio di Savoia, la brocca “a sorpresa” con decoro a pizzetto della bottega savonese del Levantino e la mostardiera o cremierina in porcellana della manifattura Poulard-Prad (1807).

 

Non solo stoviglie, ma anche “tavolini di servizio” e oggetti che evocano aspetti della vita quotidiana in ogni secolo: calendari, giochi di società,strumenti musicali, abiti, elementi di arredo e un orologio che scandisce il flusso del tempo. 180 opere dalle collezioni permanenti di arte decorativa di Palazzo Madama, proposte sul filo di un nuovo racconto che porta nel museo il sapore della vita vissuta in casa, intorno al fulcro simbolico della sua socialità: la tavola.

 

http://www.palazzomadamatorino.it/pagina4.php?id_pagina=629

 

Silvia Lombardi

Arriva l'Associazione Piemonte Russia

Presidente onorario è  il noto politologo e filosofo Aleksandr Dugin

 

consiglio lascaris“Nel nostro piccolo cercheremo di far conoscere la Russia e la sua attualità per quel che sono, dando le notizie che gli altri censurano. Per farlo ci avvarremo naturalmente anche della collaborazione di media russi di provata serietà a partire da una fonte preziosa quale La Voce della Russia”. È quanto ha spiegato Matteo Beccuti, presidente della neonata associazione culturale Piemonte Russia, alla presentazione a Palazzo Lascaris. All’evento sono intervenuti la vicepresidente del Consiglio regionale del Piemonte Daniela Ruffino, il consigliere segretario Alessandro Benvenuto e il consigliere regionale Mauro Campo. “Il mondo attuale, perso in un delirio mondialista, è la negazione del mondo tradizionale come noi lo abbiamo conosciuto e la Russia pare oggi l’unico baluardo e l’unico faro verso cui guardare con speranza. L’esigenza di una nuova associazione nasce dal fatto che, malgrado milioni di europei guardino con simpatia alla Russia e a Vladimir Putin, tutta la stampa sia schierata in maniera pregiudiziale contro Mosca e sia impossibile trovare una fonte obiettiva presso cui informarsi” ha voluto sottolineare Gianluca Savoini, presidente di Lombardia Russia, la prima associazione costituitasi nelle regioni italiane e che gioca un ruolo di coordinamento.

L’associazione Piemonte Russia (vicepresidente Gianmatteo Ferrari, segretario portavoce Fabrizio Ricca e tesoriere Marco Racca. Presidente onorario è  il noto politologo e filosofo Aleksandr Dugin) ha annunciato di voler progettare e realizzare eventi e iniziative culturali di ogni genere, dalla conferenza sulla geopolitica energetica alla festa russa, e pensa di poter ben collaborare con le varie associazioni di cittadini russi presenti in Piemonte che, secondo i dati aggiornati dell’Istat, ammontano a poco più di duemila.

 

(www.cr.piemonte.it)

Come e di che cosa vive un profugo

MIGRANTI MARE

Quando il profugo – uomo, donna o bambino – varca la soglia della casa d’accoglienza riceve vitto, alloggio e una dotazione economica

 

www.vco24.it

 

Come e di che cosa vive un profugo ospite di una struttura d’accoglienza? Quanti soldi riceve? Quanto costa? Sono queste le domande che animano il dibattito, al bar, con gli amici o sui social network, sulla presenza nelle nostre comunità di quelle persone che, attraversato il Mediterraneo, sono sbarcati sulle coste italiane, hanno ricevuto lo status provvisorio di profugo e attendono – per quanto tempo lo vedremo dopo – un permesso di soggiorno che nella maggior parte dei casi non ci sarà. Le risposte si trovano nelle convenzioni che le prefetture sottoscrivono con gli enti o le società scelte per occuparsi di questo servizio. Il servizio di accoglienza funziona con un modello piramidale, al vertice del quale c’è il ministero dell’Interno, che stabilisce i flussi e fissa le quote per ogni regione. Chi sbarca in Italia transita in un primo centro per controlli e cure, poi viene dirottato nelle varie regioni. In Piemonte al momento è attivo un solo centro di smistamento, a Settimo Torinese, ma presto dovrebbe aprirne un altro nell’Astigiano. Da Settimo in pullman uomini e donne raggiungono il Vco e vengono affidati alle sette strutture accreditate a Arizzano, Verbania, Villadossola, Domodossola, Omegna, Craveggia.

 

Quando il profugo – uomo, donna o bambino – varca la soglia della casa d’accoglienza riceve vitto, alloggio e una dotazione economica. Il vitto consiste in tre pasti al giorno (colazione, pranzo e cena) per sette giorni la settimana, serviti con adeguate stoviglie (posate, piatti, bicchieri, tovaglioli), elaborati su menù “non in contrasto con i principi e le abitudini alimentari” degli ospiti, che ne rispettino le prescrizioni religiose e le eventuali allergie o intolleranze e che siano prodotti con “generi alimentari di prima qualità”. In camera vengono garantiti materasso, cuscini, lenzuola, federe e coperte che “saranno periodicamente cambiati per l’avvio ai servizi di lavanderia (servizio garantito dal gestore, ndr) e quant’altro utile al confort della persona. Nel dettaglio: 2 lenzuola e 1 federa monouso ogni tre giorni più 2 coperte; dentifricio, spazzolino da denti, sapone liquido, shampoo, pettine, carta igienica e il necessaire (assorbenti per le donne, kit per radersi per gli uomini, pannolini per i bambini).

 

Anche il vestiario è “codificato”. Agli uomini spettano un paio di scarpe, uno di ciabatte, 1 tuta, 3 paia di slip, 2 asciugamani, 3 paia di calze, 2 magliette. Alle donne un paio di scarpe, uno di ciabatte, una gonna lunga, una camicia, 4 paia di slip, 2 asciugamani, 3 paia di calze, 2 magliette, 2 reggiseni. Ai bambini un paio di scarpe, 2 tutine, 4 paia di slip, 1 pigiama, 2 asciugamani, 4 paia di calzini, 3 magliette, 2 canotte. Questa è la dotazione obbligatoria, che può essere integrata da volontari o tramite donazioni.La parte economica prevede, all’arrivo, la consegna di una tessera/ricarica telefonica da 15 euro e la fornitura di un “pocket money” giornaliero di 2,5 euro con un tetto massimo di 7,5 a nucleo familiare – 75 euro mensili a individuo – che possono consistere anche in buoni d’acquisto.Nel caso di spostamenti disposti dalla prefettura il trasporto è a carico del gestore. Ogni ospite è libero di muoversi ovunque ma deve rispettare le regole, essere presente e pernottare nella struttura, pena la segnalazione alla prefettura.

 

VERBANIA – 19.08.2015

#stradeCittaMetroTo, il nuovo hashtag delle strade

OMINO

Per monitorare la rete stradale del territorio metropolitano

 

#stradeCittaMetroTo è il nuovo hashtag della Citta Metropolitana di Torino. Tutti i cittadini, armati di smartphone e tablet, potranno conoscere la situazione aggiornata in tempo reale dei 3.050 chilometri della rete stradale provinciale. Sarà possibile monitorare le modifiche della viabilità dell’area metropolitana. Altre novità e informazioni sono invece comunicate su www.cittametropolitana.torino.it (o www.torinometropoli.it), e sui social Facebook e Twitter.

Trasporti, Chivasso "porta" del sistema ferroviario

CHIVASSO

C’è uno studio di rivisitazione generale delle linee extraurbane di tutto il territorio dell’Area Metropolitana finalizzato a favorire l’utilizzo di mezzi di trasporto pubblico diversi

 

Il 20 giugno scorso l’associazione culturale Identità Comune di Chivasso aveva fatto pervenire una nota a Servizio Trasporti della Città Metropolitana che conteneva una proposta di razionalizzazione e riordino del sistema, con riferimento alla considerazione di Chivasso come Porta Est del Sistema ferroviario metropolitano. L’associazione è tornata a cavalcare, quindi, in linea con l’istituzione della Città Metropolitana di Torino (e della sua proposta di un comune unico del Chivassese) un suo antico “cavallo”, quello dei trasporti. Negli anni scorsi è stata in prima linea nel sostenere il progetto della fermata di Alta Velocità Porta del Canavese e del Monferrato che avrebbe, effettivamente, potuto fare della città dei nocciolini uno snodo strategico di trasporti tra più territorio: Torino, Chivassese, Monferrato, Astigiano, Eporediese, Valle d’Aosta. Vennero anche organizzati, in collaborazione con il Laboratorio Nuovo Canavese tre convegni a Casale Monferrato, Ivrea e Chivasso, ma il progetto – anche dopo l’incontro dello scorso anno con l’assessore Balocco (per la verità piuttosto vago ed inconcludente, avendo rinviato ogni istanza, compresa quella di intitolare la stazione di Chivasso, “Porta del Canavese e del Monferrato”, alle ferrovie)  non è andato avanti. Nella proposta di giugno Identità Comune avanza, come di consueto, alcune proposte progettuali concrete: considerare le autolinee Ivrea Torino , Cavaglià – Torino e Casale Monferrato – Torino come facenti parte del nodo di Chivasso, stessa valutazione per la Torino . Leinì – Volpiano – Foglizzo – San Giorgio – Ivrea, integrazione della Porta Est di Chivasso nel trasporto ferroviario Frecciabianca e quadro d’insieme di una rete funzionale della Porta Este e dell’Hub and Spoke di Chivasso, come momento di collegamento della mobilità territoriale.  Nei giorni scorsi una prima risposta è arrivata. Il dirigente del Servizio Trasporti della Città Metropolitana di Torino, Giannicola Marengo, inviata all’associazione e, per conoscenza alla Regione Piemonte ed al Comune di Chivasso, annuncia che gli uffici esamineranno con attenzione la valutazione contenuta nella nota di Identità Comune. Il dirigente, comunque, evidenzia che vi è uno studio di rivisitazione generale delle linee extraurbane di tutto il territorio dell’Area Metropolitana finalizzato a favorire l’utilizzo di mezzi di trasporto pubblico diversi. Si tratta, però, di un intervento complesso in quanto riguarda il riordino di autolinee, percorsi e corse autobus che insistono su più bacini territoriali, con un numero elevatissimo di persone trasportate quotidianamente.  Riguardo ai servizi dell’area Chivassese viane evidenziato che la soppressione delle corse da e per l’area industriale Chind, limitate all’ambito territoriale di Chivasso, sono di competenza comunale, la soppressione di corse della linea Montalenghe – Foglizzo – Chivasso sono da ricondurre all’operazione di revisione complessiva dei servizi da e per Torino – Mirafiori. Inoltre la Città Metropolitana ha inoltrato le richieste che eccedono la sua competenza, funzionale e territoriale, anche alle altre amministrazioni interessate, nello specifico la Provincia di Alessandria per i servizi dell’autolinea Torino – Casale e l’Agenzia per la mobilità metropolitana e regionale per il traffico ferroviario.

Massimo Iaretti

Tamara de Lempicka intima e segreta al Polo Reale

tamara de

A Palazzo Chiablese l’aristocratica artista che visse in due continenti, fu regina del glamour, star del jet set cosmopolita, donna trasgressiva e libera, icona dell’Art Déco

 

 

E’ una Tamara de Lempicka molto intima e segreta quella in mostra a Palazzo Chiablese, a Torino (19 marzo-30 agosto 2015). Celebra a 360° l’aristocratica artista che visse in due continenti, fu regina del glamour, star del jet set cosmopolita, donna trasgressiva e libera, icona dell’Art Déco. L’allestimento -in seguito sarà all’Hungarian National Gallery di Budapest-  è curato nei minimi dettagli dall’esperta Gioia Mori, che ha dato un taglio inedito, capace di penetrare nei “mondi” più privati della de Lempicka. Un viaggio che, attraverso circa 80 opere, racconta l’arte, le case e i legami con il mondo di  Hollywood e della moda della pittrice: donna perennemente in viaggio, dalla vita piuttosto movimentata, con due mariti, una figlia e molti amanti di entrambi i sessi.

 

Esistenza sui generis che lei per prima propagandò abilmente, manipolandola all’occorrenza. Un esempio è il celebre autoritratto (1929) al volante di una Bugatti verde smeraldo, mentre in realtà guidava una banalissima Renault gialla e nera. O quando, veletta sugli occhi, perle e diamanti come una diva del cinema, compariva sulle principali riviste dispensando agevolmente consigli su moda, bellezza e seduzione.

“La baronessa del pennello” (che fumava 3 pacchetti di sigarette americane al giorno) fu  sempre un’attenta cultrice della sua immagine. A partire dai dati anagrafici: Tamara Gurwik-Gorska diceva di essere nata a Varsavia nel 1902; invece venne al mondo 3 anni prima a Mosca, in una famiglia blasonata. Educata nei migliori collegi, una gioventù dorata nell’aristocrazia cosmopolita mitteleuropea, tra i palazzi di Varsavia e la corte dello Zar a San Pietroburgo.

 

Ha solo 14 quando incontra il conte e avvocato polacco Tadeusz Lempicki, suo futuro marito e padre della figlia unica Kizette. La rivoluzione alle porte li spinge a una rocambolesca fuga per mezza Europa fino a Parigi, (rifugio di molti  russi bianchi). All’inizio deve fare i conti con la fannullaggine del bel consorte ed è costretta a vendere i gioielli di famiglia; poi si iscrive all’Accademie de la Grande Chaumiére, e fa il grande salto che in breve la vedrà  protagonista della vita mondana parigina. Vita e arte si fondono e nasce il personaggio dai contorni leggendari, protagonista “des annes folles” con atteggiamenti studiati per dare scandalo, amori maschili e femminili ostentati ed enfatizzati. Incontra scrittori come D’annunzio (non legano molto) artiste e intellettuali con Colette e la grande danzatrice Isadora Duncan, politici e ricchi collezionisti: nessuno si sottrae al  suo fascino.

 

I “ruggenti anni  20” vedono Tamara de Lempicka ormai artista affermata, ricca e simbolo di stile. Assume sempre atteggiamenti da gran diva del cinema quando  posa per riviste come “Vanity Fair” e la tedesca “Die Dame”; si rivela una vera e propria professionista davanti all’obiettivo, ammantata di mise e gioielli delle principali maison. In seconde nozze sposa il barone Kuffner (con precisi accordi prematrimoniali che garantiscono all’artista la massima libertà sessuale), ricco collezionista che ne accompagna l’ulteriore ascesa : raggiunge così l’apice di fama e ricchezza, anche se è soggetta a crisi depressive che tenta di curare  in una clinica svizzera.

 

Nel 39 inizia l’avventura americana dei Kuffner: sbarcano a New York, poi nella villa del leggendario King Vidor a Beverly Hills e sono al centro del mondo dorato di Hollywood, tra feste alla Grande Gatsby con centinaia di invitati, inclusa Greta Garbo.Poi di nuovo a New York nel magnifico appartamento su due piani  nella 57esima strada o nella casa di campagna di Westport nel Connecticut; lei continua a dipingere, ma con fortuna alterna finché, ferita dall’indifferenza della critica decide di non esporre più. Infine si ritira in Messico, nella splendida tenuta Tres Bambus a Cuernavaca; dove muore nel marzo 1980, disponendo che le sue ceneri vengano disperse sul cratere del vulcano Popocatépetl.

 

 

-La mostra racconta arte e vita dell’artista ed è la 4° che Gioia Mori organizza sulla de Lempicka. E’ la più completa, ricca di sorprese, articolata in 7 tappe e mette a fuoco come la pittrice traesse ispirazione sia dall’antico che dalla modernità. Si parte dai suoi “Mondi”, esplorando la relazione tra le case in cui visse (tra 1916 -1980) e la sua evoluzione artistica: dagli acquerelli del periodo russo ai ritratti anni 20, passando per l’intimità delle varie dimore. Poi una parte sul primo genere a cui si dedicò, la natura morta; e a seguire i dipinti dedicati alla figlia, tra i quali “Kizette al balcone”.La quarta tappa “Sacre visioni” ripercorre la sua pittura “devozionale” con al centro Madonne e santi che svelano un lato spirituale e riflessioni sui misteri dell’esistenza.

 

La quinta, “Dandy déco” racconta il legame con il mondo della moda, a partire dal 1921 quando era illustratrice per riviste prestigiose. Tra  le opere più iconiche della ricchissima sezione moda “Sciarpa blu” e “Ritratto di madame Perrot con calle”. La curatrice ha identificato gli abiti indossati dalle modelle di queste opere come creazioni realizzate dagli stilisti preferiti dell’artista: da Lucien Lelong a Marcel Rochas, alla Maison Blanche Lebouvier. In mostra, anche le foto realizzate per l’attività parallela della de Lempicka, che negli anni 30 fu indossatrice, immortalata dai massimi fotografi di moda da d’Ora a Joffé e Maywald; ed ecco emergere la sua cultura dell’apparenza e il dandysmo declinato al femminile. L’epoca e l’artista sono poi raccontati da filmati e da una vera e propria vetrina del lusso (anni 30) in cui ammirare cappelli griffati Descat, Schiapparelli, e gioielli di Van  Cleef & Arpels, Cartier e Mauboussin.

 

Nella sesta sezione “Scandalosa Tamara” è affrontato invece il tema della Coppia, da quella eterosessuale a quella lesbica. Infine, la sezione “Le visioni amorose” che, attraverso nudi eccezionali, testimonia l’attenzione della de Lempicka verso gli uomini e le donne che amava. C’è “Nudo maschile”, l’unico che dipinse, poi le donne desiderate, con capolavori come “La sottoveste rosa”,”La bella Rafaëla”, “Nudo con edifici” e “Nudo con vele”. Principale fonte pittorica per queste sue tele è il dipinto “Venere e Amore” di Pontorno, in una versione cinquecentesca di manierista fiorentino, anch’esso in mostra.

 

Laura Goria

 

-Mostra Tamara de Lempicka, Torino, Palazzo Chiablese  (19 marzo-30 agosto 2015)

-Promossa da: Assessorato alla Cultura del Comune di Torino, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggisti del Piemonte, Polo Reale di Torino.

-Prodotta da 24 Ore Cultura-Gruppo 24 Ore e Arthemisia Group.

Attenti ai laudatori

DUOMO SINDONE

papa 333papa reale3Effetti perversi degli innesti peronisti sull’enciclica: perchè la “Laudato si” è stata (prevedibilmente) strumentalizzata da Stranamore ecologisti, abortisti e teologi della liberazione

 

Curioso: pare che nelle Sacre Stanze ci si lamenti che la Laudato si sia stata “superficialmente male interpretata”, secondo quanto riferiscono, concordi, vaticanisti autorevoli: per dire, Repubblica titolava trionfante: “Il Papa: decrescita o catastrofe”. Ma non era proprio la cifra del pontificato di Francesco, questo rapporto stretto e spericolato con l’universo di quei media, che fino all’abdicazione di Benedetto XVI formavano il comitato di salute pubblica impegnato a perseguire l’intera Chiesa cattolica come associazione a delinquere? Non aveva forse questo Papa trasformato i media laicisti ostili in curiosi e benevoli interlocutori, attenti a captare ed enfatizzare ogni segnale di rinnovamento?

 

E allora, c’è da stupirsi dello stupore, perché dal punto di vista della comunicazione – non della dottrina – la Laudato si rappresenta un passo ulteriore in questo processo. Intendiamoci: l’enciclica non contiene, in sé, nessun messaggio particolarmente rivoluzionario; è una riaffermazione della dottrina della Chiesa, radicata nelle Scritture, sulla responsabilità dell’Uomo verso il Creato. Smentisce il falso mito del sovrappopolamento, difende il valore della vita umana e la famiglia di diritto naturale, contesta il pensiero ecologista che vuole difendere ogni forma di vita salvo quella umana. Ma proprio perché Francesco conosce e utilizza le dinamiche dei media contemporanei, è difficile credere che non abbia calcolato questi effetti, a maggior ragione chiamando a lavorare al documento una galleria di personaggi improbabili, e intervenendo  su temi specifici e controversi, come il riscaldamento globale, le emissioni, persino il ciclo dei rifiuti.  I primi a mettersi in allarme sono stati i vescovi e i Cattolici americani, che presidiano uno dei fronti più caldi nella battaglia contro un secolarismo particolarmente truce e intollerante. La fondazione Acton Institute, ad esempio, insieme a 90 studiosi firmatari di una lettere al Pontefice, chiede al Papa di non farsi fuorviare da letture parziali e tendenziose.

 

Sono stati delicati, perché a lavorare sull’enciclica “verde”, Francesco ha ripescato Leonardo Boff, ex-francescano, esponente di quella teologia della liberazione duramente combattuta da Ratzinger e Wojtyla (che ne dispose l’allontanamento dall’Ordine), il quale Boff si è preso una bella rivincita morale sugli ultimi due Papi, facendo sapere a mezzo mondo dei ringraziamenti dal Vaticano per il suo contributo; è stato chiamato Jeffrey Sachs, guru mondiale neomalthusiano e promotore dell’aborto come misura strutturale di sostenibilità ambientale (vedasi il suo: Common Wealth: Economics for a Crowded Planet).  Ma la scelta più clamorosa è quella di John Schellnhuber, nominato membro della Pontificia Accademia delle Scienze con tempi e metodi che ricordano da vicino quelli con cui Napolitano nominò Mario Monti senatore a vita: alla conferenza sul clima di Copenhaghen del 2009, si intestò una affermazione curiosa, almeno per uno scienziato che si dica cattolico: “il riscaldamento globale (…) è un trionfo per la scienza, perché almeno abbiamo potuto stabilire qualcosa, ovvero che le stime affinché il pianeta si possa mantenere in equilibrio richiedono una popolazione inferiore al miliardo di persone”. E gli altri cinque virgola qualcosa? Insomma, ora anche il Vaticano ha il suo dottor Stranamore.

 

Ma possiamo davvero accettare con onestà intellettuale la tesi secondo cui Papa Francesco sia semplicemente “mal consigliato”, un debole e influenzabile Re Travicello? È così difficile accettare la spiegazione più semplice, ovvero che il dogma dell’infallibilità del Papa riguarda sì “l’intero deposito della rivelazione divina” (Catechismo della Chiesa cattolica, 891), ma che l’uomo Jorge Bergoglio resta – grazie a Dio – libero di sbagliare in materia di teorie economiche e persino di indulgere a illiberali suggestioni di equità sociale imposta dall’alto, tra le quali è nato e si è formato?

 

È sufficiente una modesta familiarità con la storia dell’Argentina per distinguere nell’enciclica la voce non del capo della Chiesa universale di Cristo, quanto quella del vescovo di Buenos Aires e del pastore delle villas miserias: c’è tutta la sofferenza di un sacerdote che si è formato in un Paese tormentato e in un’epoca di violenza e guerra civile, di impoverimento generalizzato, epoca in cui settori del basso clero esprimevano il loro apostolato fondando movimenti di “Sacerdoti per il Terzo Mondo” (e alcuni sostenendo i terroristi Montoneros, come se in Italia certi parroci fossero finiti a fare i cappellani delle BR. Insomma, è difficile scartare la lettura, ormai ampiamente circolante in ambienti cattolici sulle due sponde dell’Atlantico, che Francesco viva con la testa in Argentina e con il cuore saldamente impiantato in Sudamerica, dove effettivamente il capitalismo predatorio, l’industria che sfrutta irresponsabilmente le risorse naturali, l’impermeabilità del clero ai cambiamenti sociali (ovvero, la propensione a cedere a suggestioni marxiste-bolivariane) sono stati responsabili di degrado ambientale, materiale e morale. Che ha colpito innanzitutto quella classe media, unico potente agente di sviluppo equilibrato, ma che agli occhi di certo clero porta comunque la colpa collettiva di essere”borghesia”, perdipiù storicamente influenzata dalla Massoneria.

 

Lungo le 180 pagine, il pastore delle villas miserias risalta nella demonizzazione del sistema di libero mercato individuato come responsabile dei problemi ambientali, nel modo di trattare i temi dello sfruttamento delle risorse e dell’uomo, nell’adesione incondizionata alla tesi antropogenica del cambiamento climatico anche oltre le posizioni del panel dell’Onu;  nell’invettiva contro le banche, contro le città inondate di acciaio, vetro e cemento, contro il “consumismo” e “la cultura usa-e-getta”. Ma si sente soprattutto nell’avversione alle dinamiche sociali del libero mercato, quando siano sottratte a una occhiuta regía superiore, sia essa una futuribile tecnocrazia ecologista con sovranità globale, o l’antico regime social-nazionalista di Perón, uno spettro di cui gli Argentini sono tuttora prigionieri. In effetti, alcuni passaggi dell’enciclica potrebbero essere letteralmente trasposti dai messaggi video che Juan Domingo Perón diffondeva dal suo esilio di Madrid ( oggi tutti disponibili su web), teorizzando una Terza Via, opposta al marxismo e al capitalismo, che avrebbe garantito “più equità sociale a prezzo di un modesto rallentamento del progresso scientifico e tecnologico dei sistemi produttivi”, un “equilibrio nella gestione delle risorse, che sono finite” e uno sviluppo dell’essere umano “in linea con la natura che lo circonda”.

 

La Terza Via, cosmologia del peronismo, non è mai stata calata nella realtà in modo duraturo: nel nostro mondo sublunare, i Paesi in cui certe suggestioni vengono messe in pratica, come il Venezuela di Chávez e Maduro – punto di riferimento di un vasto movimento globale che comprende tanto gli Spagnoli di Podemos quanto la presidente peronista argentina Cristina Fernández  de Kirchner – finiscono per aumentare la povertà, diffondere la dipendenza e il clientelismo, comprimere le libertà individuali, civili, religiose ed economiche.  Un’occasione sprecata: un’enciclica di taglio più prudente e rispettoso delle discussioni, già mature, in ambito internazionale, avrebbe forse aiutato a raggiungere prima soluzioni condivise a problemi che nessuno nega:  gli effetti disumanizzanti della finanziarizzazione dell’economia globale, l’aggancio dell’economia ai fondamentali della produzione, la necessità di sostenere una popolazione in crescita e in graduale uscita dalla povertà con gli strumenti dell’economia sociale di mercato e del controllo sociale esercitato dai consumatori in una moderna società capitalista. Altro che decrescita.

 

Col tempo, le polemiche sulla Laudato si si sedimenteranno, e con esse si calmerà il trionfalismo gongolante dei media imbevuti di superficiale ecologismo, megafoni della teoria irriducibilmente anticristiana secondo cui l’uomo è soltanto una forma di vita tra le altre, irrimediabilmente incline al tradimento della legge di armonia con la natura che presiede il regno animale. Ma il danno sarà in profondità e a lungo termine, soprattutto per quel mondo cattolico-liberale che si sforza di promuovere un modello di pensiero fondato sullo sviluppo sostenibile, in sintonia col principio di custodia del Creato, come via storicamente più efficace per combattere povertà e degrado.

 

(Foto: il Torinese)

EffeVi

Fioriere e nuova pavimentazione per la via Roma pedonale

La spesa per il restyling del tratto “ecologico” sarà tra i 250 e i 270 mila euro

 

via romaTrenta panchine e una ventina di fioriere, leggere anche se ancorate al suolo per evitare siano mosse o asportate: basteranno a cambiare il volto un po’ insignificante della parte di via roma pedonalizzata? In realtà il Comune realizzerà anche una grafica che richiama i disegni dei pavimenti in marmo dei portici. La spesa per il restyling sarà tra i 250 e i 270 mila euro. La pedonalizzazione verrà attuata in futuro anche nelle vie Monferrato, Barletta, Santa Giulia e San Donato.

 

(Foto: il Torinese)
   

Apidge: "Un riconoscimento da Montecitorio per le discipline giuridico-economiche"

montecitorio 2

L’atto, approvato dalla Camera intende indirizzare al meglio  le attività di potenziamento dei percorsi formativi dell’autonomia scolastica previste nella legge di riforma del sistema scolastico

 

Gli insegnanti  delle discipline giuridiche ed economiche trovano un esplicito riconoscimento in un ordine del giorno del deputato piemontese Fabio Lavagno, accolto come raccomandazione dal Governo, allegato alla Buona ScuolaLatto, approvato dallAula di Montecitorio intende indirizzare al meglio  le attività di potenziamento dei percorsi formativi dellautonomia scolastica previste nella legge di riforma del sistema scolastico. Si tratta di una finalità che è frutto del lavoro di un Comitato scientifico a cui lOn. Lavagno ha invitato Ezio Sina, Presidente nazionale , Massimo Iaretti, responsabile ufficio stampa e Manuela Martino di APIDGE Piemonte, e riconosce espressamente il ruolo cardine che va ad assumere il docente di Discipline giuridiche ed economiche nel nuovo assetto scolastico, caratterizzato da un organico che intende davvero potenziare lattività scolastica nel suo complesso.

 

Al Governo viene chiesto limpegno perché si indirizzi lattività delle in modo che a tutti i docenti assunti venga garantita pari dignità professionale e lassegnazione a compiti che siano strettamente correlati con la funzione docente e con i propri titoli professionali e relative competenze. Un principio operativo che si viene quindi a specificare in particolare quanto si raccomanda che venga assicurata ad ogni scuola la presenza di un docente di Discipline giuridiche ed economiche (classe concorso A019). Viene riconosciuta infatti la specificità dellinsegnamento del Diritto e dellEconomia politica che  diviene veicolo essenziale per realizzare percorsi didattici di alternanza ‘scuola-lavoro’, anche in riferimento alla sicurezza nei luoghi di lavoro. Si riconosce infine come per tutta quella serie di attività istituzionali con contenuti antidiscriminatori ed antiviolenza occorra che tutte le scuole si organizzino in modo da disporre di docenti con questi requisiti professionali.

 

Con queste premesse APIDGE riconosce e conferma il proprio impegno nell innalzare i livelli di istruzione e le competenze delle studentesse e degli studenti, di contrastare le diseguaglianze socio-culturali e territoriali, di prevenire e recuperare labbandono e la dispersione scolastica, di affermare il ruolo della scuola nella società della conoscenza, di costruire curricoli coerenti con i nuovi stili di apprendimento, in coerenza con il profilo educativo, culturale e professionale degli ordini di scuola, di realizzare una scuola aperta, quale laboratorio permanente di ricerca, sperimentazione e innovazione didattica, di partecipazione e di educazione alla cittadinanza attiva, di garantire il diritto allo studio e pari opportunità di successo formativo per gli studenti e leducazione permanente per tutti i cittadini (comma1 ddl 2004-B)

Il mondo giovane salesiano al raduno del Palaruffini

salesiani suore

Testimonianza toccante, quella del Alfred Adetosoye Adedayo, testimone dei massacri di cristiani da parte di Boko Haram in Nigeria

 

Raduno mondiale della Gioventù Salesiana al Palaruffini di Torino. Sono circa 5 mila i giovani provenienti da 53 paesi di tutto il globo (li vedete allegri, con le loro magliette gialle in giro per Torino) che prendono parte all’evento sotto la Mole. Cori, musica, sport e momenti di riflessione sono al centro dell’iniziativa, promossa nella città natale della congregazione religiosa fondata da don Bosco, nel 200° anniversario della nascita del santo sociale. Testimonianza toccante, quella del Alfred Adetosoye Adedayo, testimone dei massacri di cristiani da parte di Boko Haram in Nigeria. Per i partecipanti al raduno sono previste visite a Torino e alla basilica di Maria Ausiliatrice, luogo storico legato ai Salesiani.

 

(Foto: il Torinese)