Dall Italia e dal Mondo- Pagina 11

Barbara Vigorito: “Dinamiche disfunzionali Post Covid, ci sono le costellazioni familiari”

Riceviamo e pubblichiamo

La nota professionista torinese illustra i molteplici vantaggi del recupero del valore dell’ascolto quale forma di prevenzione delle criticità relazionali, specie in tempo di pandemia.

“La pandemia in atto ha incrementato e prodotto nuove forme di disagio personale e sociale insieme. Criticità complesse che richiedono un approccio attento e costante alla persona, seguendo una strada capace di condurre a un ascolto attento di natura ‘tailor made’: tagliato, cioè, sartorialmente sul singolo soggetto”.
Lo afferma Barbara Vigorito, stimata professionista titolata torinese con pluriennale esperienza maturata nella gestione del lutto, del dolore cronico e nel supporto alle vittime di abuso.
“Mai come in questo preciso momento storico l’umanità è chiamata a un percorso di crescita personale più che consapevole, al fine di elaborare risposte immediate ed efficaci a problematiche complesse e contingenti originatesi dai fatti mondiali in atto”, prosegue la Dottoressa specializzata altresì in ipnologia della regressione e costellazioni familiari.
“L’obiettivo è rendere le persone coscienti della propria libertà d’azione, dei propri spazi e soprattutto del proprio potenziale psicoemotivo, in totale assenza di giudizio mediante il ricorso a una comunicazione efficace con i clienti. Fondata essenzialmente su una reciproca empatia, in grado di far emergere in superficie in maniera spontanea anche e soprattutto quei nodi, e gli altrettanti vissuti depotenzianti profondi, alla base di quei blocchi remoti che possono condizionare in misura limitante l’esistenza e il buon vivere quotidiano”, approfondisce Barbara Vigorito, una Laurea in Scienze Infermieristiche, prossima al conseguimento anche del secondo titolo accademico in Psicologia.
Per poi riprendere: “Fondo il mio metodo sulla convinzione direttamente desunta nel tempo che oggi il ‘counseling’, attuato in piena osservanza della Legge 3/2014 relativa all’esercizio delle cosiddette libere professioni non organizzate in ordini, stia assumendo una valenza e un indirizzo sempre più iperpsicologici. Personalmente preferisco pormi in relazione con le difficoltà e le problematiche contingenti dell’uomo moderno mediante il ricorso a un approccio invece più di tipo olistico, alla ricerca sempre della migliore sintonia possibile con l’anima della persona”.
E questo in concreto “Recuperando – spiega più nel dettaglio la professionista – in primis il valore dell’ascolto quale forma di prevenzione del disagio e delle criticità relazionali. Accantonando l’aspetto cerebrale propriamente inteso di ciascuno, appannaggio proprio della psichiatria”.
Perché Barbara Vigorito è “Profondamente convinta che il malessere diffuso contemporaneo non derivi tanto dalla mente, quanto piuttosto vada considerato una questione di anima: ‘psiche’ in greco significa innanzitutto ‘respiro’, inteso come la prima e più importante delle funzioni vitali, a cui gli antichi facevano corrispondere il concetto di ciò che noi, modernamente, definiamo per l’appunto ‘anima’. Intesa come ‘cuore’, parte emotiva, al di là delle implicazioni legate alle mere connessioni sinaptiche che comunque sono e restano importanti. E infatti quando le persone si sentono accolte, amate, riconoscendo di essere in un luogo sicuro, si schiude così reciprocamente in una perfetta corrispondenza biunivoca tutto il potenziale della relazione della comunione tra soggetti che camminano insieme innanzi a un percorso condiviso e voluto”.
Per la Dottoressa, inoltre, “Il Covid ha risvegliato, specie durante i due lockdown del 2020, l’esigenza profonda e urgente di guardarsi dentro. Di farlo realmente, tesaurizzando tutto il tempo nuovo straordinariamente a disposizione rispetto a un mondo abituato a correre veloce. Di andare alla ricerca di sé, portando in emersione emozioni, aspetti introspettivi e dinamiche complesse che nel silenzio dell’arresto forzato della quotidianità hanno trovato ampio spazio e altrettanta consistenza. Riscoprendo così una dimensione intimistica dell’essere umano che richiede un’elaborazione più attenta e complessa: perché anche l’anima, a volte, fa rumore”.
“E saperla ascoltare nella sua oggettività, in quella che è la sua voce reale”, specifica Barbara Vigorito, “significa innanzitutto imparare a dialogare pacificamente con essa senza timore di osservarsi emotivamente per ciò che si è realmente. Trasformando le crisi in opportunità, gli errori e i problemi in nuovi punti di forza e di partenza per una vita più sana, producente e soddisfacente insieme”.
“Tra le persone che prevalentemente si rivolgono al mio studio – specifica Barbara Vigorito – vi sono in special modo donne in età compresa fra i 35 e i 65 anni, per lo più di grado culturale e sociale elevati quali imprenditrici, avvocati, medici, libere professioniste, ricercatrici e scienziate dotate di una mentalità più aperta e ricettiva rispetto al solo scibile tradizionale: perché chi si ammanta esclusivamente della scienza quale nuova religione dominante vede solo quella, dimenticando tutto il resto. Mentre, come insegna lo scrittore Ermanno Eandi, ‘la scienza studia Dio, ma è Dio che ha creato la scienza’”.
Perché per Barbara Vigorito, formatasi alla scuola del noto psicoterapeuta, studioso di teologia e pedagogista tedesco Bert Hellinger con un consolidato know-how experience altresì nell’anamnesi e problem-solving efficace sia delle dinamiche familiari che della sistemica relazionale della stirpe di appartenenza, “Per affrontare al meglio in chiave risolutiva problematiche di coppia e di relazione sia con se stessi che con il prossimo o il proprio partner le cui cause sono spesso ignote anche ai clienti stessi, sono solita amplificare gli effetti benefici della mia attività di counseling specifico con tutto il positivo apporto delle ‘costellazioni familiari’: uno strumento preciso e altrettanto immediato per rappresentare in maniera chiara, oggettiva, puntuale, esaustiva e inequivocabile il quadro emotivo di chi ho innanzi. Perché ogni individuo è parte di un diagramma di contesto che va necessariamente considerato. E sciogliere così, in modo definitivo, i nodi energetici alla base della creazione e reiterazione delle dinamiche disfunzionali per la vita della persona”, precisa la professionista torinese, altresì in possesso anche di Attestato di Certificazione in qualità di ‘Costellatore Livello A Metodo Hellinger’, in perfetto allineamento con la dottrina del padre nobile delle costellazioni familiari, materia per la quale è spesso chiamata come studiosa e docente nel corso dei numerosi e seguiti seminari sul tema frequentemente tenuti in tutta Italia.
Sicuramente l’emergenza sanitaria ha prodotto contesti inediti, cui seguono nuove esigenze anche in termini emotivi “come l’aumento dei fenomeni di compressione domestica fra le mura di casa – chiosa la specialista – che si fanno abitazione e ufficio insieme, andando a impattare sugli abituali schemi di relazione modale e spazio-temporale fra i membri di un medesimo nucleo familiare. Anche l’incremento naturale dello stress implica forme dialogiche nuove, in un’ottica di preservazione e salvaguardia degli equilibri essenziali che, oggi più di ieri, comportano la compresenza di vita privata e professionale insieme in uno stesso luogo e in un medesimo momento”.
Scenari ormai sempre più diffusi, per gestire al meglio i quali, secondo Barbara Vigorito, “E’ opportuno puntare sempre a mettere la persona a proprio agio, conducendola in modo autonomo all’assenza di giudizio e all’abbandono progressivo del senso di colpa che è quanto di più inutile e dannoso esista per l’essere umano che intenda autodeterminarsi scientemente con successo. Riuscire da sé a farne a meno è già un passo avanti che invita l’individuo a un’azione proattiva, dando origine anche a un dialogo e a un percorso di scambio in grado di responsabilizzare massimamente il soggetto nel conquistare e mantenere piena coscienza del proprio valore. Superando ansie e paure in nome di un’esistenza che valga la pena di essere vissuta”.

Garage rock USA 1966. Discografia minore / 9

“Io ora credo, guardandomi indietro, che non abbiamo combattuto contro il nemico… Abbiamo combattuto contro noi stessi. E il nemico era dentro di noi”.

Il finale del film “Platoon” (1986) di Oliver Stone riassume il dramma universale della tragedia della Guerra del Vietnam, in quell’inferno dove “il vero nemico è quello che si annida nel più profondo della coscienza”.
In relazione al tema della nostra rubrica posso solo dire che l’impatto della chiamata alle armi fu devastante per moltissime bands di garage rock americano nel biennio 1966-1967; videro interrompersi in modo traumatico la parabola musicale che avevano avviato, senza poter (in molti casi) raccogliere nemmeno i frutti di medio termine di tanto impegno ed entusiasmo impiegati nel costruire un’idea di futuro per le loro compagini musicali.
Nella seguente lista di questa sezione discografica sono presenti alcune bands che subirono proprio questo trauma dello “scioglimento forzato” a causa dell’arruolamento nell’esercito.

 

– Long John and The Silvermen “Heart Filled With Love / Wind In The Sky” (Wanted 001);
– Syndicate Of Sound “Little Girl / You” (Hush G-228);
– Limey and The Yanks “Love Can’t Be A One Way Deal / Guaranteed Love” (Star-burst Records SB-127);
– The Scoundrels “Easy / The Scoundrel” (ABC-Paramount 45-10892);
– Paul Bearer & The Hearsemen “I’ve Been Thinking / Route 66” (Riverton 105);
– Phil and The Frantics “I Must Run / What’s Happening” (Ramco ARA 1970);
– The Outspoken Blues “Not Right Now / Mister You’re A Better Man Than I” (Orlyn ORL 66821 / 8140-6821);
– Theze Few “I Want Your Love / Dynamite” (Blacknight BK-901);
– The Tempo’s “All That I Really Want / Termite” (Twin-Spin Records 105);
– The Ariel “I Love You / It Feels Like I’m Crying” (Brent 7060);
– Joe Frank & The Knights “Can’t Find A Way / Won’t You Come On Home” (Block 510);
– The Staccatos “Gypsy Girl / Girl” (Syncro Records 661);
– Zorba and The Greeks “One And Only Girls / You’ve Had Your Chance” (Golden State Records GSR-597-A);
– The Wizard’s “I Want To Live / I’m A Blind” (Era Records 3161);
– The Chants “Hypnotized / Elaina” (B. Ware 869);
– The Yo Yo’s “The Raven / Crack In My Wall” (Coral 62501);
– The Uniques “Run And Hide / Good Bye, So Long” (Paula Records 245);
– S.J. and The Crossroads “The Darkest Hour (I / II)” (Salmar Productions SJ 100);
– The Laymen “Time Or The Place / Searchin’ Round The World” (Minaret MI-123);
– Robin and The Three Hoods “I Wanna Do It / That’s Tuff” (FAN Jr. Records 884S-5680);
– The Mor-loks “What My Baby Wants / Lookin’ For A New Day” (Decca 31950);
– The Regents “Words / Worryin’ Kind” (Penthouse 502);
– The Darelycks “Wait For Me / Bad Trip” (Fine Records FI-111);
– The Bats “How Could You Have Known / Evelyn” (Merben Records MR 501).

(… to be continued…)

Gian Marchisio

Trasporto pubblico e green pass, le criticità

LOBBLIGO DI GREEN PASS PER GLI AUTISTI MODIFICA SENSIBILMENTE IL SERVIZIO

La mappatura dei possibili disservizi legati alla mancanza del personale che da domani dovrà essere munito di green pass pone criticità a macchia di leopardo in Piemonte

È confermata la possibilità di disagi sui mezzi pubblici legati allobbligo di green pass per gli autisti in vigore da domani 15 ottobre, ma sarà circoscritta e definita con maggior precisione solo dopo i primi giorni di servizio. Lo rileva la ricognizione condotta dallAssessorato ai Trasporti della Regione Piemonte sulle aziende che prestano servizio di trasporto pubblico locale nella regione.

Alla richiesta dellAssessore regionale ai Trasporti rispetto alle corse che domani potrebbero essere soppresse per mancanza di autisti muniti di green pass le aziende hanno infatti risposto segnalando, laddove possibile, quali siano le loro previsioni di disservizio. Ne emerge un quadro a macchia di leopardo, con criticità certamente presenti, ma non diffuse in maniera omogenea sul territorio regionale; si invitano perciò gli utenti a verificare orari e linee con il proprio operatore di servizio tpl prima di raggiungere fermate e stazioni.

Le difficoltà maggiori si riscontrano soprattutto nei grandi operatori, GTT e Trenitalia: in particolare, GTT, che, oltre alla metro gestisce circa 200 linee, con più di 1.200 mezzi tra autobus, tram e treni conoltre 1800 conducenti a Torino e area metropolitana, segnala che, dai dati in suo possesso, in questo momento è stimabile una percentuale di assenze complessive tra il 10 e il 15%. Le criticità del servizio saranno gestite dando priorità alle corse più frequentate, a partire da quelle in orario scolastico e di ingresso/uscita dal lavoro. Il servizio verrà riprogrammato con aumenti degli intervalli sulle linee meno utilizzate con lobiettivo di non togliere linee né saltare corse all’ultimo momento.

Trenitalia conferma che è stato predisposto un piano di intervento da attivare in caso di necessità, ricorrendo, ad esempio, a servizi sostitutivi pronti ad intervenire a supporto del servizio ferroviario; sono 27 in tutto i treni che subiranno una sospensione.

Grandabus, il consorzio con 14 operatori nel Cuneese, può contare su un livello di criticità moderato, dal momento che prevede 15 autisti sprovvisti di green pass in tutto il gruppo: se tale numero venisse confermato dai controlli, il servizio potrebbe non subire cancellazionidi corse, o comunque presentare modifiche molto circoscritte, ma se dovesse essere, al contrario, superiore alle previsioni la totale copertura non potrà essere garantita. Tra le aziende del consorzio, Bus Company rileva 8 autisti senza green pass e la copertura totale del servizio, sempre che i numeri vengano confermati.

Sempre nel Cuneese STP Società Trasporti Pubblici ha individuato 7 corse che potrebbero essere sospese.

Giachino, altro gruppo di rilievo, con base nellAstigiano, segnala un livello di criticità medio: il 15% degli autisti è sprovvisto di certificato verde, a cui si somma l8% di personale di guida attualmente assente per malattia. Le corse che potrebbero essere prioritariamente soppresse nel caso di massicce assenze di personale sono 44, di cui 6 potenziamenti e 15 scolastiche. Sempre nell’Astigiano, Gelosobusipotizza problemi su 17 corse ordinarie e una corsa di rinforzo. ASPgarantisce il servizio extraurbano, mentre per lurbano di Asti potrebbe esserci qualche disagio.

Nel Torinese sembrerebbero invece non aver problemi le linee operate da Chiesa, che prevede un regolare svolgimento del servizio, mentre Gherri indica possibili criticità sulla linea 208 Bruzolo-San Didero-Bussoleno.

Nel Biellese l‘azienda di trasporto ATAP evidenzia la conoscenza di 25 dichiarazioni di indisponibilità corrispondenti al 13% del personale idoneo alla guida e al 15% del personale impiegato sui turni TPL. Se tali dipendenti domani esibiranno il green pass non ci saranno problemi, ma se dovessero esserci difficoltà legate alla programmazione dei tamponi da parte dei singoli, che potranno comportare assenze comunicate con preavvisi minimi, sarà complessoindividuare a priori i servizi che potrebbero essere a rischio.

Nel Novarese e Verbano-Cusio-Ossola lazienda SAF è ottimista rispetto alla copertura completa del servizio in considerazione di un tasso del 2,27% del personale non dotato di green pass. È invece garantito il servizio da parte dellazienda Comazzi, mentre non vi sono ancora previsioni da parte di VCO Trasporti.

Anche se non ha un quadro preciso delle assenze, R.T.I. Novara/STNconferma la copertura dei servizi scolastici e nel caso di ulteriori assenze non pianificate saranno apportate modifiche alle linee a minore frequentazione, come Mortara-Novara, Cilavegna-Novara, Sillavengo-Novara.

NellAlessandrino, AMAG non può ancora dare indicazioni operative in merito al servizio dei prossimi giorni.

Travalica i confini della regione il servizio di Arriva, che opera tra Piemonte, Valle dAosta e Lombardia: lazienda comunica che nonsarà possibile garantire lassenza di impatti sul regolare svolgimento dei servizi per carenza di personale viaggiante e che potrebbero esserci disservizi sulle linee 1 Torino-Milano, 256 Torino-Ivrea-Pont, 267 Torino-Piobesi-Carignano, 268 Torino-Aeroporto, 274 Bussoleno-Susa-Avigliana, 285 Oulx-Cesana-Claviere-Sestriere, 905 Susa-Bussoleno-Oulx, 275/282 Torino-Pinerolo- Argentina, linea 44 urbano TO. Le linee indicate sono a carattere prevalentemente non scolastico.

Treni Trenitalia sospesi per mancanza di personale:

 

Andiamo a votare

IL  COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Alla chiusura delle urne ieri alle 23 la partecipazione al voto si è rivelata deludente 

Noi già domenica mattina avevamo evidenziato come la campagna elettorale fosse stata deludente e spesso di basso profilo. I cittadini escono da oltre cinque anni di malgoverno grillino che ha fiaccato le capacità di resistenza democratica della gente. Eppure basterebbe, come motivo per andare a votare, il solo fatto di far sloggiare in modo definitivo i grillini dal governo della Città. Anche solo un voto di protesta avrebbe un suo significato civile, mentre la protesta del non voto è sterilmente velleitaria. Non dimentichiamo mai che votare è un diritto e un dovere civico su cui si fonda la democrazia. E’ un’americanata stupida quella secondo cui la scarsa affluenza al voto è il segno di una democrazia matura. La scarsa affluenza è invece il segno di una democrazia malata e di schieramenti che non sono riusciti a convincere e a coinvolgere. Avremo tempo per analizzare il problema dei partiti verticistici che ormai sono avvitati su stessi e vivono di polemiche spesso strumentali ,magari speculando persino sul COVID.
Per dirla con un linguaggio antico, c’è un distacco crescente tra paese reale e paese legale. Sabato, durante un periodo in cui sono vietate tutte le manifestazioni, è stata organizzata e consentita una manifestazione di protesta al grido “ libertà “ che era con tutta evidenza un corteo politico. E’ un segno allarmante di decadimento democratico perché non era mai successo in precedenza una manifestazione nel lasso di tempo successivo alla mezzanotte del venerdì che chiude la campagna elettorale. Ma stamattina non si tratta di fare analisi che andranno sicuramente fatte, stamattina si tratta di andare a votare. Forse il meglio è difficile da trovare, ma almeno il meno peggio c’è sicuramente. E abbiamo il dovere di andare al seggio e di votare, usando il voto di preferenza. Un uomo e una donna candidati che diano per il loro curriculum professionale un po’ di fiducia ci sono in tutte le liste.  Facciamo lo sforzo di fare una scelta, mandando a casa i faccendieri politici e quelli che vivono di politica . Questi vanno sanzionati e va loro impedito di fare altri danni. Sono loro le sanguisughe che hanno tolto il sangue vitale alla democrazia. Non andare a votare significa invece favorire le cordate clientelari, le minoranze che hanno bisogno del non voto di tanti per sopravvivere e continuare a stare nel Palazzo.
Decidiamo noi chi deve andare a Palazzo civico, diversamente facciamo il gioco di chi disprezziamo e che sono la causa prima della sfiducia degli elettori.
L’ anno scorso un’ assessora uscente raccolse a Moncalieri circa mille preferenze come riconoscimento del lavoro svolto e del fatto di essere una persona per bene.
Non lasciamo che altri decidano per noi e riappropriamoci dei nostri diritti.
Andiamo a votare ! Sono in gioco cinque anni della nostra vita. Dobbiamo impedire il ripetersi di situazioni che hanno generato il declassamento di Torino a grigia città di provincia. Con il voto possiamo tentare di cambiare. Altrimenti la lamentela successiva sarà un atto insignificante come una inutile chiacchiera da bar.

“Barolo e tartufo”? Eccellenze, non simboli snob

LETTERE AL GIORNALE

Caro direttore, in seguito al dibattito dei tre candidati sindaco di martedì 7 settembre si leggono spesso critiche alla frase del candidato sindaco per il centrodestra Paolo Damilano, il quale auspica a diventare amico dei sindaci delle grandi città europee offrendo loro “Barolo e tartufo”.

Molti leggono in queste parole un simbolo di élite, di snobismo, che lascia il tempo che trova. Damilano imprenditore del food & beverage che propone il tartufo, ogni anno con prezzi più proibitivi ai più, per diventare amico di potenti uomini di politica.
Ma a mio modesto parere in questa frase non si parla assolutamente di un mondo di ricchi e/o privilegiati, bensì si parla di territorio. Non serve andare a svendere la nostra città, fare si che questa sia un attrattiva per i turisti che vogliono fare la settimana al ribasso, o metà di questi sindaci per scopi meramente economici: Torino e una città preziosa, di una straordinaria bellezza, con architetture uniche nel loro genere, ma soprattutto con un passato che porta con sé tradizioni invidiabili dal mondo intero; Torino deve essere conosciuta dal mondo intero per le sue eccellenze!
Parlare quindi di Barolo e tartufo significa parlare di eccellenze: due tra gli infiniti prodotti che il mondo ha da invidiarci, ma soprattutto due prodotti che non seguono una vera e propria ricetta, ma semplicemente frutto di un ecosistema che favorisce la loro creazione, e che solo qui nel nostro territorio possiamo trovare, non nel resto del mondo.
Invece che criticare le parole del Candidato di Torino Bellissima, sarebbe più opportuno che ognuno di noi iniziasse a pensare a quante prelibatezze, e quanti tesori possano rendere il nostro territorio un lusso per il mondo intero, valorizzandoli e contribuendo a fare si che non debbano essere offerti pur di farlo conoscere.
Pietro Ruspa

Sarajevo, la fontana e la neve di primavera

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L’appuntamento è per le venti, davanti alla fontana Sebilj. Non ci si può sbagliare: è il simbolo di Sarajevo. Situata nel bel mezzo della Baščaršija, dispensa da oltre un secolo la sua acqua potabile, circondata da un infinità di piccioni che sembra d’essere in piazza San Marco a Venezia

 

 Progettata nel 1891, sotto il protettorato austro-ungarico, ha la forma orientale di un gazebo e porta la firma dell’architetto ceco Alexander Wittek che la intese come interpretazione in chiave moderna delle fontane ottomane, prendendo a modello una fontana in pietra di Istanbul. Con il calare delle luci della sera s’accende di una luce dorata che emana un fascino straordinario. Per questa fontana vale la stessa leggenda di quella della moschea Gazi Husrev-beg: bevuta anche una sola volta la sua acqua, sarà impossibile lasciare Sarajevo per troppo tempo o non tornare ogni volta che il cuore lo desidera.Ovviamente, come ogni volta, non manco di berne una sorsata. Samir arriva, affannato, dal vicino ponte che attraversa la Miljacka. Si era recato, per una commissione, alla Sarajevska Pivara, il birrificio rosso e crema, con le grondaie in rame, dove si produce l’ottima Sarajevsko pivo. Con un quarto d’ora di ritardo arrivano anche gli altri e tutti insieme si sale in taxi, alla modica cifra di tre marchi,cioè di un euro e cinquanta centesimi, per le vie che s’inerpicano sulla collina verso il cimitero ebraico dove abbiamo prenotato il nostro aperitivo in un locale che sembra un balcone sulla città vecchia. Il tempo di due chiacchiere sorseggiando uno Spritz Rosso (ma ci sono anche le versioni azzurro,verde e giallo, in base allo stato d’animo di chi lo beve) e si ridiscende. Il taxista è un matto. Conoscerà anche le vie come le sue tasche ma si butta giù a rotta di collo per le viuzze. A tempo di record ci scarica in Mule Mustafe Bašeskije, a due passi da Sebilj. Paghiamo la corsa e scendiamo in fretta dall’auto pubblica. Samir ha prenotato per quattro la cena in una Ašćínica, i locali specializzati in zuppe e verdure ripiene che rappresentano, in assoluto, la vera cucina casalinga bosniaca. Non ce ne sono molte in città e questa – Hadžibajrić , al numero 59 di Veliki Čurčiluk – è la migliore della Baščaršija. Il menù è semplice ma gustoso: pita ripiena di spinaci, uova e kajmak, il formaggio di panna acida (la Zeljanica);punjene paprika, cioè peperoni ripieni; il ( o la, non saprei) grah, gustosa zuppa di fagioli cucinata alla moda di Mostar e cipolle ripiene, le sogan dolma. Ovviamente,per favorire la digestione,dove si va? In uno dei caffè orientali dove, con cinque marchi, si può fumare la Šiša (quello che noi, genericamente, chiamiamo narghilè) e bere i tipici tè bosniaci, ascoltando le sevdalinke, lente e malinconiche canzoni d’amore della tradizione ottomana.Siamo fortunati. In quello che scegliamo, sedendoci sugli sgabelli tra coloratissimi tappeti, si sta esibendo un duo,piuttosto attempato, che suona dal vivo il violino e il saz ,tipico mandolino orientale. L’atmosfera è di quelle giuste, da meditazione. Io non fumo, limitandomi a sorseggiare un amarognolo tè verde.La parola giusta,in questi casi,è “polako”, che significa “con calma”. Ed è con calma che Samir tira fuori dalla tasca un libro e inizia a leggere. Lui, l’italiano lo parla bene. Anche Dina se la cava mentre Goran, nonostante la buona volontà che ci mette,incespica in molte parole che a sentir lui gli “ingarbugliano la lingua”. In quanto a me, confesso la mia ignoranza: il bosniaco che si differenzia solo leggermente dal serbo e dal croato, è e rimane “arabo”, come usiamo dire spesso e impropriamente. Il brano che legge rappresenta “l’essenza della città, lo spirito notturno di Sarajevo”. E’ tratto da “Lettera del 1920″, di Ivo Andric. “A Sarajevo, chi soffra d’insonnia può sentire strani suoni nella notte cittadina.Pesantemente e con sicurezza batte l’ora della cattedrale cattolica: le due dopo mezzanotte. Passa piú di un minuto (esattamente settantacinque secondi, li ho contati) ed ecco che si fa vivo, con suono piú flebile, ma piú penetrante, l’orologio della Chiesa ortodossa, e anch’esso batte le due. Poco dopo, con voce sorda, lontana, il minareto della moschea imperiale batte le undici: ore arcane, alla turca, secondo strani calcoli di terre lontane, di parti straniere del mondo. Gli ebrei non hanno un orologio proprio che batta le ore, e solo Dio sa qual è in questo momento la loro ora, secondo calcoli sefarditi o ashkenaziti. Cosí, anche di notte, mentre tutto dorme, nella conta di ore deserte d’un tempo silenzioso, è vigile la diversità di questa gente addormentata, che da sveglia gioisce e patisce, banchetta e digiuna secondo quattro calendari diversi, tra loro contrastanti, e invia al cielo desideri e preghiere in quattro lingue liturgiche diverse. E questa differenza, ora evidente e aperta, ora nascosta e subdola, è sempre simile all’odio, spesso del tutto identica ad esso”.Terminata la lettura chiude il libro e lo rimette in tasca. Non c’è nulla da commentare perché in quelle parole c’è tutto. La musica, intanto, ci avvolge. Gli amici mi dicono che ci sono diverse traduzioni e spiegazioni per la parola “sevdah”. Alcuni giurano che viene dalla parola turca “sevda”, l’amore. Altri insistono sul termine persiano “soda”, che equivale a malinconia, oppure la parola “sawda”, che in arabo significa qualcosa di nero. Comunque la si metta, quello delle sevdalinke è un genere di nostalgia cantata e suonata, melodiosa, struggente. Si sta bene ma d’improvviso “s’incunea crudo il freddo e la città trema”,come nella canzone dei Csi. Era previsto un brusco abbassamento delle temperature ma all’improvviso quest’ariaccia fredda è scesa nel giardinetto all’aperto, sollevando polvere da terra e tovaglie dai tavolini. Dai pesanti bracieri d’ottone scintille rosse e gialle volano in aria, disegnando arabeschi infuocati nel buio. In fretta e furia due ragazzi ritirano tutto, mentre cadono le primi, pesanti gocce di pioggia. In un attimo ripassiamo davanti alla fontana di Sebilj e, ancora con un taxi, andiamo verso l’albergo, nei pressi della stazione ferroviaria. Piove a dirotto. Al mattino dopo,in un silenzio profondo,ovattato, ecco la sorpresa: nevica, e viene giù anche bene, a larghe falde. Fa freddo e nevica, a Sarajevo.

 

Poco importa se siamo a metà aprile. Ieri c’erano diciotto gradi e poi, tutto di un colpo, dalle vette della Bjelašnica e dell’Igman è sceso il soffio gelido della retroguardia del generale Inverno, ultimo e disperato colpo di coda della stagione dei brividi. Quando raggiungo la Baščaršija un nevischio gelato che pare ghiaccio tritato ci fa rabbrividire tutti. Trema, “livida trema”, Sarajevo. Nonostante il maglione ,la giacca con il bavero alzato e la bella, calda sciarpa che ho comprato al bazar il freddo mi entra nelle ossa. Anche Goran e Samir soffrono il freddo. Dina ha le gote e le mani arrossate, sulle quali soffia un fiato che si condensa in nuvole dense al contatto con l’aria gelida che, a folate, mulina nel dedalo delle viuzze. Sembra pieno inverno, con i tetti delle case e le cupole delle moschee bianchi come i paesaggi infarinati dei presepi. Capita, non è una novità. E Sarajevo è, in tempo di pace, più bella e seducente che mai.

Marco Travaglini

“L’ultimo lenzuolo bianco”, viaggio interiore in Afghanistan

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Vi riproponiamo questa recensione che torna di stretta attualità per le drammatiche vicende afghane

LIBRI / L’AFGHANISTAN E IL VIAGGIO INTERIORE DI FARHAD BITANI

Dice di non essere uno scrittore Farhad Bitani, ma un militare che la vissuto la paura, un essere umano che porta i segni indelebili della guerra, visibili e invisibili, che hanno condizionato, facendolo tuttora,  il suo modo di guardare la vita. Figlio di un generale e mujaheddin, appartenente ad una delle famiglie più ricche e fortunate dell’Afghanistan, Bitani ha vissuto nella guerra, assuefatto dalla normalità del conflitto, proprio come, purtroppo, tutte le ultime generazioni della popolazione afghana.

Da vincitore prima, il padre contribuì alla sconfitta del potere sovietico,  e da perseguitato in un secondo momento, a causa della presa di potere da parte dei talebani, ha egli stesso partecipato alla guerra che ha significato assisterne agli orrori, vivendoinevitabilmente una vita che non ha mai conosciuto la pace.

Nel 2011, durante una vacanza che lo riporta dall’Italia, dove studiava presso l’Accademia Militare,  al suo paese d’origine  accade un terribile episodio, un attentato, che cambia la sua esistenza per sempre: “la strada era piena di dossi, ho rallentato, dai boschi arriva uno sparo, poi una grandinata di colpi, cinque o sei sparano coi kalasnikov, corriamo come pazzi in mezzo ai colpi”. Bitani si salva, ma rimane ferito. “Non sono morto, ci ripenso e non so spiegarmi perché”.

Il libro racconta la vita dell’autore, un afghano di Kabul, ci porta in un disperato scenario di guerra cronica, in una realtà scandita da un indottrinamento radicato contro l’occidente, da una cultura opprimente. Si narra di una quotidianità che cambia drammaticamente sotto il potere talebano, vessazioni giornaliere, interrogazioni sulla dottrina seguite da terribili punizioni, burqa per le donne e barba per gli uomini con obbligo inappellabile di osservanza.

Quella di Bitani è una testimonianza importante, una critica robusta ai fondamentalismi, una presa di consapevolezza sulle falsità raccontate a proposito della “guerra santa”,  complice il ruolo dell’ignoranza, che ha portato ad utilizzare “il nome dell’Islam per il potere”.

Il lavoro dello scrittore è un racconto consapevole, vissuto sulla propria pelle, del dramma di tutte quelle persone che fuggono dalla guerra con una speranza, carichi di una tragedia inimmaginabile, avvolti da quella disperazione a volte incompresa.

 

Maria La Barbera

Le lezioni del fallimento occidentale in Afghanistan

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LETTERE AL GIORNALE


Caro direttore, seguo le vicende afghane da quasi trentanni, dapprima come ricercatore e giornalista e poi, più da vicino come practitioner di varie organizzazioni internazionali attive in Asia centrale.

Se sono stato anchio colto alla sprovvista dalla rapidità del crollo del regime di Kabul a Ferragosto, non ho mai avuto dubbi che questo sarebbe stato lesito finale della sciagurata invasione lanciata dagli USA nel 2001. Ricordiamo alcuni punti fondamentali. Durante lintervento sovietico in Afghanistan(1979-1989), gli USA hanno armato ed addestrato bande di fondamentalisti islamici provocando lesplosione deljihad (e del traffico deroina) a livello mondiale. Dopo che il paese sprofondò nel caos in seguito all’abbandono sovietico, sempre gli USA approvarono la presa del potere da parte dei talebani. Quando, in maniera a tuttoggi inspiegata in modo razionale, avvenne lattacco dell11 settembre, Washington decise dinvadere il paese senza uno straccio di prova che riconducesse i terroristi al regime dei Talebani.

Quella in cui gli europei sono stati coinvolti per ventanni è stata dunque una guerra d’aggressione senza alcuna base legale. Tale guerra gli americani lhannocondotta sulla pelle degli altri (lAlleanza delle minoranze afghane del Nord) o seppellendo le posizioni nemiche di bombe, ogni volta falciando decine di innocenti.

Gli americani si sono quindi ingegnati a mettere al potere una serie di dipendenti delle loro multinazionali, completamente scollati dalla realtà del paese. In parallelo, con lentusiastico sostegno dei vassalli europei, si è cercato di imporre in un paese di comunità agricole tradizionali il modello occidentale di stampo anglo-americano. In tal modo, gli occidentali hanno ripetuto lerrore sovietico, solosostituendo il liberismo al marxismo. Peggio che prima, la stragrande maggioranza degli afghani (non i dipendenti delle ONG mostrati dalle TV italiane) ha accolto con ripugnanza un modello di modernità che anche da noi sempre di più si rivela come fondamentalmente marcio, basato comè sulla mercificazione di ogni valore, la competizione quale regola onnipresente, un femminismo puritano anglosassone che crea odio verso gli uomini, pornografia di massa venduta come liberazione. Per non parlare degli eccessi LGTB, che suscitano orrore in tutte le società ad est della linea Varsavia-Istanbul.

Anche trascendendo dallavversione delle masse per gli pseudovalori occidentali, il tentativo di applicarli in Afghanistan nasceva morto nel momento in cui non si prevedevano sforzi per la costruzione di unarchitettura statale ed economica efficace per il nuovo protettorato. I sovietici questo lo fecero ed in effetti il regime da essi lasciato a Kabul riuscì a reggersi da solo per sette anni (19891996).

Sotto gli americani, nella corruzione regnante di governanti senza scrupoli al soldo dello straniero, le masse si sono riallineate ai rappresentati del vecchio ordine che per inciso avevano anche bloccato il narcotraffico, ridivenuto imperante durante loccupazione.

Per anni Washington e le sue ignave ancelle europee (i soli a credere nella retorica dei diritti umani) hanno cercato di corrompere quanta più gente possibile per portare qualcuno dalla loro parte. Costoro li abbiamo visti accalcarsi dietro gli aerei allaeroporto di Kabul.

Per noi europei la cosa più indicata da fare di fronte a questo disastro sarebbe di trarne le debite conseguenze e scuotersi da un torpore che ci porterà solo nuove tragedie.

Ventanni fa scrissi che l’Afghanistan, dopo essere stato la tomba del potere sovietico, annunciava l’inizio della fine dell’egemonia anglosassone sulla scena internazionale. Sottolineo anglosassone invitando chi legge a finirla con la retorica dellOccidente, che è solo unasovrastruttura ideologica per il dominio anglo-americano sul resto dellEuropa. Le immagini che arrivano da Kabul servano a riflettere sul fatto che strutture come la NATO non contribuiscono più a creare sicurezza ma producono al contrario linstabilità (basta guardare alla Libia) in cui lItalia è oggi immersa. I paladini dell“Occidente smettano di stracciarsi le vesti per le mogli dei funzionari defenestrati di Kabul ed inizino invece a concentrarsi sulla situazione delle donne saudite, martoriate da un regime a cui ilsistema a cui loro si vantano d’appartenere fornisce ogni genere di supporto. Traiamo dalla tragedia dellAfghanistan le giuste lezioni: se vogliamo evitare nuovi disastri per il futuro, dobbiamo tornare padroni del nostro destino. Anche perché, data la nuova guerra fredda che USA e Gran Bretagna alimentano contro la Russia, la principale potenza nucleare, i prossimi cataclismi causati dal vassallaggio atlantico saranno sempre più vicini a noi e potrebbero rivelarsi fatali.

Fabrizio Vielmini
analista Vision & Global Trends(https://vision-gt.eu)

La morte di Gino Strada, generoso e visionario “santo laico”

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

E’ morto Gino Strada, medico fondatore di Emergency, a soli 73 anni. E’ una notizia che colpisce tutti perché Strada è stato un generoso, direi quasi un visionario, potremmo anche definirlo un santo laico che ha gettato la sua vita  al servizio degli altri  con furore (la parola non è fuori posto), come solo i santi, e neppure tutti, sanno fare.

Il prof. Pier Franco Quaglieni

Ha praticato la medicina non per affermarsi professionalmente, ma per dedicarsi a chi si trova in difficoltà. Pochi medici hanno fatto la sua scelta che merita ammirazione e rispetto  non solo perché ogni morto e’  “bello“ come diceva Tolstoj. Strada ha scelto sempre di soccorrere gente disperata , soprattutto vittime di guerra. Il suo era un impegno umanitario e politico che si è realizzato a livello mondiale. Chi scrive è anni luce da molte delle sue idee che non ha mai ritenuto di poter condividere. La stessa idea di Ong  in generale mi suscita riserve e spesso dissento  per ciò che riguarda  in particolare gli sbarchi in Italia. Ma non posso non rispettare un uomo generoso che si è speso con passione per gli altri. Gli sarebbe spettato il Nobel. Se consideriamo che lo ebbe un giullare come Dario Fo che fu anche repubblichino di Salo’ oltre che sostenitore dei terroristi rossi, il Nobel per la pace lo avrebbe meritato a pieno titolo un uomo serio e concreto (la concretezza tipicamente lombarda di chi era nato a Sesto San Giovanni) che non ha fatto ridere il pubblico, ma si è impegnato a salvare  seriamente vite umane. E’ morto proprio quando il suo immenso lavoro in Afghanistan sta per essere distrutto dai talebani . Uno sfregio alla sua memoria. Nessuno – al di là delle divisioni politiche – può non inginocchiarsi di fronte alla sua salma . Mi

irritava  quando lo ascoltavo ospite di Fazio (che non tollero), ma la sua opera umanitaria parla per lui e dice che è stato un grande. Con linguaggio antico lo definirei un benefattore dell’umanità. Mi infastidiscono gli elogi dei politici nei suoi confronti a partire dal sindaco di Milano. Credo che Strada meriti la sobrietà che ha sempre saputo  dimostrare. La strumentalizzazione politica della sua vita appare fuori posto. Strada ha costruito ospedali, chi parla di lui e si gloria della sua amicizia, sa quasi soltanto fare delle chiacchiere  spesso inutili e quasi sempre inconcludenti.

In scena la VI Edizione de Il Festival delle Arti Noi per Napoli 

Il  Festival Delle Arti 2021 Noi per Napoli,  dedicato alla città di partenopea, al suo patrimonio storico e culturale, alle sue tradizioni, alla Lirica e al Bel Canto e a tutto ciò che rappresenta la  partenopea nel mondo,giunge quest’anno alla VI Edizione

La Rassegna è organizzata dalla storica Associazione Culturale Noi per Napoli, fondata dalla Dott.ssa Emilia Gallo, Presidente Emerito, ed è guidata dal soprano Olga De Maio e dal tenore Luca Lupoli

”L’obiettivo – dichiarano De Maio e Lupoli, direttori artistici ed organizzatori del Festival– è quello di promuovere le arti e le passioni, di esprimere le forze creative che sono nel cuore e nella mente di ogni essere umano, per abbattere l’isolamento sociale. Il Festival, infatti, è ispirato ai principi e alle finalità della nostra associazione”
Con loro quest’anno in qualità di Presidente della Giuria di Esperti il noto ,poliedrico artista ed attore italiano,autore del bellissimo recente suo libro ” Sulle Ali Dell’Arte”, Vincenzo Bocciarelli che  ha così entusiasticamente accolto e commentato l’invito dei due artisti lirici partenopei :

“L’arte spazza via dall’anima la  polvere della quotidianità” diceva Pablo Picasso… spesso amo citare questa frase del grande Maestro che trovo particolarmente rappresentativa. In questo nobile pensiero l’arte oltre ad avere il potere catartico di elevazione dell’anima, attraverso l’impegno creativo e al poieon (del fare creativo) ci ricorda quanto l’arte permetta all’essere umano di mettere in atto tutte i suoi strumenti espressivi ed intellettivi atti a rafforzarci e a renderci più forti, e soprattutto in questo momento, più “resistenti”. Sono felice ed onorato di essere il Presidente di Giuria di un Concorso che racchiude come un diamante prezioso tutti i riflessi e le luci del meraviglioso mondo dell’arte.
Spesso sono definito dai miei fans l’acrobata dell’anima in effetti mi sento ogni giorno sul filo sospeso nell’aria,  che finalmente stiamo tornando a respirare come un canto libero.”

L’iniziativa è patrocinata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli,dalla I Municipalità del Comune di Napoli,dalla Presidenza del Consiglio della Regione Campania ed è inserita tra gli eventi del Maggio dei Monumenti 2021.
Tante le categorie previste per la partecipazione: dalla musica al canto,sia pop che lirico,dalla danza classica e moderna, teatro,poesia, letteratura,narrativa pittura, disegno, scultura, fotografia, cinema(Cortometraggi, Videoclip)artigianato artistico(manufatti, ceramica, orafi),arti enogastronomiche,(le Arti della cucina e del vino), Make-up e quest’anno, novità assoluta,una sezione dedicata alle Arti Circensi “Il Circo Immaginato”.
Proposte, esibizioni, testi, immagini, produzioni, secondo le modalità indicate nel bando,saranno oggetto di votazione  da parte del pubblico a partire dal 24 maggio, fino alla al 1 giugno 2021, attraverso la preferenza espressa con i likes  sulle opere pubblicate e visibili sulla paginafb del Gruppo Festival delle Arti Noi per Napoli    www.facebook.com/groups/FestivalArtiSulWebNoiperNapoli e scaricando da Play Store (https://play.google.com/store/apps/details?id=it.denmarketing.FairApp) e da Apple Store https://apps.apple.com/it/app/fairapp-e-la-fiera-continua/id1298087465),Fair App portale web + app, completamente gratuito, che permette di rimanere in contatto con gli Artisti partecipanti del Festival.
Una Giuria  composta da personaggi del mondo della cultura, dello spettacolo, del giornalismo, della musica,stilerà dopo aver preso visione del materiale in gara pubblicato, a suo insindacabile giudizio, una propria graduatoria ed assegnerà i Premi ai Vincitori per i primi tre classificati di ogni categoria.
Componenti della Giuria sono :
M°° Olga De Maio soprano e Luca Lupoli Direzione Artistica ed organizzazione
M°Vincenzo Bocciarelli, Presidente
M°Paolo Audino, noto cantautore ed autore italiano di Mina, Celentano,Bocelli,Minghi
Dott.ssa Francesca Rossetti, di http://www.geartiscultura.com
Dott.Diego Paura Caporedattore de Il Roma spettacolo
Dott.ssa Giuliana Covella de Il Mattino
Dott.ssa Laura Bufano di ” Dodicimagazine”
M° Christian Deliso  Direttore D’orchestra
Dott. Marco Lombardi ideatore de Il Circo Immaginato
Dott. Giansisto Garavelli Archiatra Circense
Dott. Claudio Silvestri de Il Roma
Dott.ssa Roberta De Maddi di Megapress
Dott.ssa Anna Copertino di Road TV Italia
Dott. Davide Guida Premio Videolirica DGPhotoArt
Dott.ssa Teresa Mori de Il Roma.
Verranno assegnati e dichiarati vincitori i primi tre classificati per ogni categoria.
Premi e menzioni speciali saranno assegnati dalla Direzione Artistica del Festival,come il
PREMIO NOI PER NAPOLI
La Finale e la Premiazione, in cui verranno proclamati e pubblicati i nomi dei vincitori, avverrà il 2 giugno 2021 e sarà realizzata presso il Pan( Palazzo delle Arti) di Napoli, trasmessa dall’emittente televisiva Campaniafelix tv, in collaborazione con la Redazione di Raffaele Carlino,  in streaming e sulle pagine social dell’Associazione Culturale Noi per Napoli e dei Media Partner :
Campania Felix tv; Radio Svago Webeb;Salotto Espago di Eleonora Cassandra Espago con il circuito tv Video Fashion TV,Musica Italiana Channel,Pavia play tv,Nuova Rete Brescia; Well TV con ” Fatti e Storie da raccontare” a cura della giornalista Francesca Ghezzani;  Teatro TV; DG PhotoArt,le testate giornalistiche  Quotidiano Napoli, Quadrifoglio tv, Grande Napoli;ed inoltre hanno collaborato per la realizzazione digitale LCeventi,DN marketing,DN Eventi.
La partecipazione è gratuita, la premiazione avverrà tramite l’assegnazione di Attestati di Partecipazione e Pergamene digitali.
L’Ufficio Stampa dell’Associazione Culturale Noi per Napoli ed i canali pubblicitari offerti dai media partner aderenti dedicheranno ampio spazio ai vincitori con articoli, interviste e tanta visibilità
In merito alla novità introdotta quest’anno,la  categoria dedicata alle Arti Circensi è intitolata il ” Circo immaginato”,un  contenitore artistico scientifico , ideato dal medico napoletano Marco Lombardi,che veicola, attraverso le arti  circensi e le arti in generale messaggi sociali, e valore aggiunto il Patrocinio dell ENCI,( Ente nazionale circhi) ed in  collaborazione con il dott Giansisto Garavelli, medico dell ASST di Pavia e medico circense. Alla sezione Circo nel Festival delle Arti 2021 sarà dedicato anche il Premio “Principessa Stephanie di Monaco” e parte integrante del progetto sarà il Circo Medrano Casartelli, unico Circo italiano ad aver attivato un programma culturale di cui il Dott.Lombardi e’ il responsabile scientifico.
Per info & contatti
Associazione Culturale Noi per Napoli
noipernapoliart@gmail.com
351 5332617 w.app   339 4545044
https://olgademaio.it/
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