Sabato 20 dicembre, alle ore 21, il Piccolo Teatro Comico presenta Gigi Colasanto in “Che lingua”, per la sua stessa regia. Lo spettacolo ripercorre la nascita e la storia della lingua italiana, partendo dalla sua origine più antica, e ponendo una lente di ingrandimento sulla sua evoluzione attraverso la letteratura. A raccontarne il percorso saranno i grandi autori che l’hanno resa celebre e amata in tutto il mondo. In particolare l’opera si rifà a Dante, Manzoni, Collodi e Pirandello. Ha debuttato in occasione della ventiduesima settimana della lingua italiana nel mondo al Bogen Theatre di Innsbruck, in Austria. Le musiche originali sono di Francesco Bevacqua.
Il Piccolo Teatro Comico viene costituito nel febbraio 2002 ed è la continuazione di un progetto artistico e di una poetica teatrale iniziata nel 1988 con lo staff denominato Canovaccio. L’obiettivo artistico e di programmazione del Piccolo Teatro Comico è la rivalutazione del concetto di teatro partendo dalla commedia e dal classico, partendo dalla sue essenza primordiale, fino a performance di spettacolo eterogeneo, dalla danza al cabaret, fino al teatro multietnico e di genere, creando uno spazio organico e vivo, capace di raggiungere un pubblico vario che viva il teatro proponendo anch’esso spettacoli per ogni fascia d’età e cultura.
Info e prenotazioni: Franco Abba – 339 3010381
Piccolo Teatro Comico: via Mombarcaro 99/b
Mara Martellotta


Qualcosa prende ad agitarsi alla notizia del suicidio di una paziente, la bionda Paula, quando l’attività muta del tutto e da psichiatra si passa comodamente a giocare all’investigatore privato, con un’area di ricerca che altalena tra i toni drammatici a quelli (quasi) divertenti, allorché alla zelante Poirot s’affianca quel Watson di marito (di professione oculista, un Daniel Auteuil ancora innamorato e pronto di risate e carezze) trascinato allo svelamento di indizi e prove, essendosi convinta la nostra che di omicidio si tratti e che il colpevole vada ricercato tra le fredde mura domestiche della defunta. Anche il buon vecchio Hitchcock sobbalzava con momenti “divertenti”, inventava gag, incollava sui visi di Stewart o di Grant insuperabili intervalli di leggerezza dopo averli spremuti e terrificati a dovere: e qui, finché percorre i binari della descrizione dei caratteri e degli ambienti, finché inquadra l’avvio e il primo procedere della vicenda la regista Rebecca Zlotowski (franco-polacca, quarantacinquenne, anche sceneggiatrice qui con Anne Berest) non se la cava troppo male. Snella, veloce, essenziale, precisa: anche se l’indagine investigativa vera e propria vanta altri sapori, più profondi, più maturi.
Rubrica settimanale a cura di Magda Jasmine Pettinà


