CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 622

Là dove passò il grande tornado

In Kansas non andava violato Burnett’s Mound, che i nativi locali dicevano essere luogo leggendario dal potere apotropaico e di protezione per la città di Topeka dal passaggio dei tornados. Detto fatto, in un’area del tumulo venne costruito un serbatoio d’acqua e l’8 giugno 1966 un tornado di categoria F5 devastò Topeka da sud-ovest a nord-est, causando vittime e danni a numerosi edifici e alle strutture della Washburn University. A quanto pare a Topeka non andava violata nemmeno la tranquillità dei vicini e le continue prove di musicisti volenterosi non erano per nulla gradite. Se ne accorsero Greg Gucker [ora Hartline] (chit), Mike West (chit, arm, tr, org), Blair Honeyman (V, b) ed Eric Larson (batt) che sorsero con la denominazione The Mods nel 1965. Nell’arco di un anno il nome mutò nel definitivo [The] Burlington Express e venne a sedimentarsi un sound influenzato dalla British Invasion, tanto che le cover di Beatles, Rolling Stones, Yardbirds, Animals, DC5 furono l’ABC degli esordi e il materiale di molti gigs a Topeka e dintorni (all’Empress Club e al Crestview Recreation Center). Il raggio d’azione si allargò e la band si esibì in svariati clubs e locali a Lawrence (al Red Dog Inn), Emporia, Manhattan, Holton, Concordia (al Pop’s Pizza Parlor), Mayetta; fuori Kansas a Moberly e Kansas City (Missouri) e occasionalmente in Nebraska, South Dakota e Colorado. Intanto nella seconda metà del 1966 (passato il tornado) il manager dei Burlington Express Jim Nash cominciò a muoversi facendo da ponte tra l’ambiente delle battles of the bands e il versante discografico. Per questi ragazzi di 16-17 anni l’impatto con la sala di registrazione non sarebbe stato facile, soprattutto per la loro predisposizione alla spontaneità e a dare il meglio di sé live. Tramite Mike Chapman, chitarrista degli ammirati The Blue Things, fu possibile registrare nel 1967 il primo (ed unico) 45 giri:“One Day Girl (Twenty-Four)” [M. West – G. Gucker] (Cavern 2207; side B: “Memories”), con etichetta Cavern records (di John Pearson), inciso ad Independence (Missouri) e prodotto dallo stesso Chapman. In seguito Blair Honeyman lasciò, sostituito da Bruce Lynn; l’onda post-incisione sembrava positiva a livello locale (anche se l’impatto sulle classifiche fuori Kansas fu mediocre) e l’apprezzamento per le esibizioni live dei Burlington Express cresceva; un ruolo importante nei concerti era giocato dal peculiare uso delle luci, con effetti inusuali e stroboscopici che Jim Nash definiva enfaticamente “Visual Act”. Il 22 agosto 1968 alla Municipal Auditorium Music Hall di Kansas City (Missouri), i Burlington Express aprirono con un’esibizione di mezz’ora il concerto dei The Who durante il tour nordamericano di promozione dell’album “The Who Sell Out“. Poteva essere il trampolino di lancio definitivo ma paradossalmente fu il punto d’inizio di una frattura interna, con Gucker (anima rock e principale songwriter) che iniziò espressamente a non condividere la tendenza blues del resto del gruppo. La band sfornò ancora alcune demos su brani di Byrds e Yardbirds (“I’ll Feel A Whole Lot Better” e “Stroll On”) e tenne una veloce sessione di registrazione agli Audio House Studios di Lawrence; Gucker uscì e passò ai White Clover, band di orientamento progressive che in seguito a fusioni darà origine nei primi anni Settanta ai KansasI restanti Burlington Express, orfani del songwriter di punta, persero spinta creativa ed entusiasmo; si limitarono a sporadiche comparse locali fino allo scioglimento databile tra fine 1969 ed inizio 1970. Express di nome e di fatto…

 

Gian Marchisio

 

In cerca di fantasmi al castello di Arignano

8 / Il romanzo gotico è un genere narrativo che si sviluppa a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, è caratterizzato dall’unione di argomenti romantici e dell’orrore. Le vicende trattate si svolgono in antri oscuri, ignoti sotterranei o vetusti castelli diroccati. Centrale è la presenza dell’elemento sovrannaturale, un fantasma, un essere demoniaco o qualcosa di estraneo al mondo umano. Le atmosfere dei romanzi gotici sono buie, inquietanti e ricche di suspanceAppartengono a questo filone, ad esempio, i romanzi Il Castello di Otranto, di Horace Walpole, Dracula, di Bram Stoker, Frankenstein, ovvero il moderno Prometeo di Mary Shelly, o, ancora, Lo strano caso del dottor Jeckill e del signor Hyde di Robert Louis Stevenson. Questa mattina, in compagnia di due amici, mi trovo a percorrere le strade di un luogo che riporta tutti i tratti tipici dei romanzi gotici: la rocca di Arignano. Le previsioni davano pioggia ma al momento fa solo tanto freddo. Mentre uno dei miei amici guida io mi perdo a guardare fuori dal finestrino: la città affollata di case si rilassa e diventa prima cintura, fino a quando anche le villette sporadiche scompaiono, lasciando spazio solo ai bassi arbusti della campagna. Il brutto tempo rende grigio topo il paesaggio circostante e ne esalta le ombre, tutte le cose assumono un che di spettrale. Mi concentro sugli alberi ancora spogli, alzano i rami nodosi verso il cielo, mi ricordano degli idoli arcaici, antiche e ambigue divinità. Arignano è l’ultimo comune della provincia di Torino, è situato in cima ad una collina verdeggiante a nord-ovest del Monferrato e a nord-est di Chieri, il torrente Levanetto lo attraversa come fosse un’arteria rigonfia. Di questo comune mi interessa il castello, edificato nella parte più alta del paesino. Esso è caratterizzato da una maestosa torre quadrata ornata con tipici merli quattrocenteschi, tutta la struttura, che risale al X secolo, reca testimonianze stratificate di interventi architettonici avvenuti nei secoli successivi. Quando arriviamo il paesino sembra essere ancora addormentato, incontriamo pochissime persone e un micio paffuto che pretende da noi un po’ di attenzioni, forse è lui il vero detentore del potere della zona e questo è il dazio che dobbiamo pagare per percorrere le sue strade: una volta convintosi della nostra incondizionata sudditanza ci permette di proseguire. Le strade sono fredde come l’aria che ci infastidisce la pelle, le finestre, pur con le ante aperte, mantengono un’aria sopita, sbircio qualche vetrina dei pochi negozi che ci sono. Non intravedo alcuna attività, ma trovo particolarmente tenera la scuola elementare, con i finestroni resi più belli dai disegni ingenui dei bambini. Su tutta la cittadina grava come un velo di tristezza.

Proseguiamo lungo la strada in salita, gli edifici sono tutti ben tenuti, i colori degli intonaci puliti, le piante, che ogni tanto sbucano tra una abitazione e l’altra, sono robuste e verdeggianti. Mi aggiro per un paese dall’apparenza ordinaria, in cui ogni cosa sta al suo posto, eppure trovo straniante la quasi totale assenza di abitanti. Mi accorgo che stiamo parlando a bassa voce, inconsciamente non vogliamo disturbare: chi o cosa non si sa. Il castello compare d’improvviso, lo guardiamo stupiti come ce ne fossimo dimenticati. È un’enorme struttura cadente ben incastonata nel resto del paesaggio, si mostra d’un tratto simile a un drago mimetizzato in mezzo alle rocce, è lui che decide quando è ora di farsi vedere. Le mura mantengono l’antico aspetto intimidatorio, le finestre ai piani più alti hanno i vetri rotti, quelle ai livelli inferiori presentano solo la componente in legno degli infissi. Scatto qualche fotografia. L’atmosfera piuttosto cupa di quel giorno inserisce il maniero in una tipica ambientazione gotica. Se lo dovessi disegnare userei il carboncino, farei il cielo calcando leggermente in alcuni punti, per dare l’idea della presenza delle nuvole temporalesche che si stanno avvicinando, e accentuerei i contorni del castello, facendolo risaltare in tutta la sua possanza. Ci avviciniamo lungo una strada che sembra portare ad un cantiere più che alla rocca. Arriviamo ai piedi delle mura guardando in alto, da questa prospettiva sembra ancora più grande. Su tutto sovrasta la torre quadrata, bucherellata da finestre dalle quali pare osservare il mondo, come il periscopio di un sottomarino che sbuca per controllare l’eventuale presenza dei nemici. Avvicinarsi ulteriormente alla rocca è impossibile, le spine delle piante lo avvolgono e lo proteggono dal mondo e dai curiosi come noi, si comportano come i più fedeli soldati, pronti a sguainare la spada contro chi supera la distanza minima da mantenere al cospetto di un re. Sbircio oltre il roveto con attenzione, intravvedo altre finestre dall’aspetto tipicamente medievale, hanno tutte i vetri rotti o quantomeno crepati, l’interno è completamente buio. Riesco a scorgere uno spiazzo erboso, forse un tratto di giardino interno, oltre il quale ci sono delle porte di dimensioni diverse, tutte ermeticamente chiuse. Cerco altre inquadrature, ma è solo una scusa per rimanere ancora un po’ lì, presa da quel particolare stato d’animo in cui speri che succeda qualcosa che un po’ temi, ma nulla accade, nessun tonfo sordo, nessun movimento inspiegabile tra i rovi. Il fantasma non si è fatto vedere. Avrà i suoi buoni motivi, dopotutto è stato messo in vendita, come dice l’annuncio pubblicitario che propone l’acquisto in un unico blocco castello, fantasma e tesoro. Chissà se l’agenzia è andata a chiedere il suo parere o il suo permesso?

Forse, oltre che offeso, è adirato perché il nuovo inquilino potrebbe inavvertitamente scoprire i passaggi segreti presenti nei sotterranei, potrebbe percorrere quei sacri cunicoli che portano fino alle grotte Alchemiche. Sarebbe davvero una spiacevole situazione, dato che solo pochi eletti hanno il permesso di varcare quelle mistiche soglie. Mentre torniamo indietro mi immagino l’ectoplasma che si aggira pensoso per il suo gigantesco castello, tutto corrucciato mentre medita nuovi metodi di infestazione. All’improvviso la pioggia. Le piccole gocce leggere cadono giù come in un finale perfetto, con i protagonisti della storia che si allontanano velocemente, senza trovare il tempo per le risposte che cercavano. Forse perché il fantasma stava dormendo, come il resto del borgo, esausto, dopo aver trascorso l’intera notte in piedi, su e giù per le segrete, come fanno solitamente gli spiriti. O forse quel giorno non era in casa, forse era andato a visionare altre dimore da occupare, l’idea di trovarsi senza un tetto sopra la testa da un giorno all’altro fa paura a tutti, meglio darsi da fare!

Alessia Cagnotto

 

La Storia ha la sua musica

SABATO 5 MAGGIO

Nell’ambito dell’iniziativa “Reali Sensi” promossa dalle Residenze Reali del Piemonte, sabato 5 maggio alle ore 15.00 e 15.30, il Museo Nazionale del Risorgimento (via Accademia delle Scienze 5, a Torino, tel. 011/5621147) propone la visita guidata “La storia ha la sua musica”

I visitatori saranno accompagnati in un percorso musicale di ascolto lungo le sale del Museo. L’evento si realizza in collaborazione con il “Liceo Musicale Cavour” di Torino e rientra nel progetto “Il Cavour nei luoghi di Cavour”.

I giovani allievi si esibiranno in performance di musica da camera proponendo al pubblico alcuni fra i più celebri brani del repertorio del Risorgimento.

Costi: la visita guidata ha un costo di 4 Euro da aggiungere al prezzo del biglietto di ingresso al Museo. I possessori di Royal Card, Torino Piemonte Card e della tessera Abbonamento Musei pagheranno solo 4 euro a persona per la visita guidata

Per informazioni www.museorisorgimentotorino.it

g. m.

 

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

 

A cura di Elio Rabbione

 

A beautiful day – Drammatico. Regia di Lynne Ramsay, con Joaquin Phoenix e Judith Roberts. Un uomo nella cui mente trovano posto ricordi dolorosi, un passato di guerra, una infanzia di abusi, un figlio che si prende cura della madre anziana. Anche un sicario che entra nella vicenda sporca e infelice della figlioletta di un senatore, portata via per essere fatta sprofondare nel buio della prostituzione minorile. Con il viso dolente e con la robusta interpretazione di Phoenix premiato a Cannes quale migliore attore. Il film s’è anche aggiudicato il Palmarès per la migliore sceneggiatura. Durata 95 minuti. (Ambrosio sala 1, Uci)

 

L’amore secondo Isabelle – Commedia drammatica. Regia di Claire Denis, con Juliette Binoche, Gérard Depardieu, Valeria Bruni Tedeschi, Josiane Balasko e Xavier Beauvois. Il panorama è quello di Parigi, con i suoi rumori e i tetti e i monumenti e i caffè affollati, sotto le luci sempre accese della Tour Eiffel. Isabelle è una pittrice divorziata, cinquantenne, con una figlia di dieci anni. Al momento non ha una persona accanto e aspetta che la sua vita venga riempita da un amore. C’è un banchiere, un tipo eccentrico, che prima le lascia sperare chissà che ma poi le confessa che lui la moglie non la lascerà mai. Forse l’incontro definitivo potrebbe forse essere un attore. Forse, un uomo conosciuto per caso, lontano dall’ambiente delle sue solite frequentazioni. Cosa fa, Isabelle, quando non è innamorato? Niente, dice lei, ma in realtà soffre, si illude, spera e dubita, desidera e piange. Durata 94 minuti. (Ambrosio sala 3)

 

Arrivano i prof – Commedia. Regia di Ivan Silvestrini, con Claudio Bisio, Maurizio Nichetti e Lino Guanciale. Il liceo si può gloriare di essere il peggiore liceo della nazione: ecco che allora il preside accetta la proposta del provveditore e assume i peggiori insegnanti, nella sfida che dove i migliori hanno fallito, siano i peggiori a ottenere dei risultati. Arrivano sette insegnanti, uno peggio dell’altro, con i loro metodi precisi ma sgangherati, con il loro modo di insegnare bel oltre le righe. Ma per i ragazzi cambierà qualcosa. Durata 100 minuti. (Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

Avengers: Infinity War – Fantasy. Regia di Anthony e Joe Russo, con Chris Evans, Robert Downing jr, Zoe Saldana e Chris Pratt. Contro gli eroi (buoni) di Marvel nell’ultimo episodio della saga c’è Thanos (cattivissimo), che grazie al potere delle Gemme dell’Infinito vuole impadronirsi e distruggere circa la metà di questa nostra povera terra. Ecco che allora gli Avangers sentono la necessità di riunirsi e di chiedere pure l’aiuto dei Guardiani della Galassia, insomma tutti insieme appassionatamente per far fuori il fellone. Per la gioia di grandi e bambini ci sono proprio tutti nell’affollato pentolone, Capitan America e Spiderman, la Vedova Nera e Thor, Iron Man e Black Panter. Durata 149 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2,   Reposi, The Space anche 3D, Uci 3D)

 

La casa sul mare – Drammatico. Regia di Robert Guédiguian, con Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darrousin, Anaïs Demoustier e Jacques Boudet. Una casa affacciata sul mare, poco fuori Marsiglia, due fratelli con la sorella vi si ritrovano all’indomani dell’ictus che ha colpito il padre anziano. Uno è un ex sindacalista, aspirante scrittore, con una fidanzata al seguito che ha la metà dei suoi anni, l’altro è rimasto ad abitare nella casa per far andare avanti la trattoria di famiglia, lei è un attrice, trasferita a Parigi per inseguire la sua carriera e lasciarsi alle spalle la perdita della figlia. Altre persone circolano attorno a loro, tutti a fare i conti, un bilancio tra ideali ed emozioni, tra aspirazioni e nostalgie, con un passato più o meno recente, a guardare il piccolo paese che ormai si è svuotato, lasciando le vecchie case agli speculatori, a parlare di politica, tra Macron e Le Pen, a guardare ai figli, anch’essi confusi. Un piccolo gruppo di giovanissimi profughi, senza genitori, obbligherà con il loro arrivo quelle scelte che tutti quanti gli abitanti della “villa” (questo il titolo originale del film), dovranno affrontare. Un film che per buona parte segue un filo di ricordi e di eventuali costruzioni, che comincia inspiegabilmente a sfilacciarsi con un doppio suicidio, che nel finale s’inventa il ritrovamento dei ragazzini venuti dal mare per cogliere senza necessità un racconto dell’oggi che viviamo. Senz’altro ci si aspettava di più. Durata 107 minuti. (Eliseo Rosso)

 

Cosa dirà la gente – Drammatico. Regia di Iram Haq, con Maria Mozhdah. La sedicenne Nisha vive una doppia vita. A casa, in famiglia, è la perfetta figlia pachistana, ma quando esce con gli amici è una normale adolescente norvegese. Quando però il padre sorprende Nisha in intimità con il suo ragazzo, i due mondi della ragazza entrano violentemente in collisione: i suoi stessi genitori la rapiscono per portarla in casa di alcuni parenti in Pachistan. Lì, in un paese in cui non è mai stata prima, Nisha è costretta ad adattarsi alla cultura di suo padre e di sua madre. Durata 106 minuti. (Romano sala 1)

 

Dopo la guerra – Drammatico. Regia di Annarita Zambrano, con Giuseppe Battiston e Barbora Bobulova. Presentato lo scorso anno a Cannes alla vetrina di Un certain regard, il film si riallaccia all’uccisione del giuslavorista Marco Biagi nella Bologna del 2002. Qui dell’omicidio di un professore universitario è accusato l’ex militante Marco, fuggito in Francia con la figlia grazie alla”dottrina Mitterand” e di cui lo stato italiano chiede l’estradizione. Intanto in Italia la madre, la sorella e il cognato sono al centro di sospetti e finiscono al centro dell’attenzione mediatica. Durata 95 minuti. (F.lli Marx sala Chico)

 

Doppio amore – Thriller erotico. Regia di François Ozon, con Marine Vatch, Jérémie Renier e Jacqueline Bisset. Giovane e fragile, Chloé nutre in corpo un dolore che non passa, affronta una terapia nella speranza di una guarigione. Frequenta uno psicoterapeuta che ad un certo punto decide di interrompere le sedute dal momento che si sente attratto da lei. L’amore corrisposto spinge la ragazza a tentare una coabitazione: senonché un giorno scopre che il compagno le sta nascondendo l’esistenza di un gemello monozigote, Louis, che svolge la stessa professione in un altro quartiere parigino. È incuriosita, vuole sapere, decide di prendere un appuntamento con lui. Durata 110 minuti. (Romano sala 2)

 

Escobar – Il fascino del male – Drammatico. Regia di Fernando Leon de Aranoa, con Penelope Cruz e Javier Bardem. Tratto dal libro che Virginia Vallejo, volto un tempo noto della tivù colombiana

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e oggi donna sotto protezione negli Stati Uniti, ha scritto intorno alla sua relazione con il gran capo della droga tra il 1981 e il 1987, è il resoconto di quegli anni, da un lato l’amante gentile e affascinante, dall’altro il mandante delle uccisioni di magistrati e poliziotti, di politici e di avversari, al fine di una scalata sempre più completa. Durata 105 minuti. (F.lli Marx sala Harpo, Ideal, Lux sala 3, The Space, Uci)

 

Il giovane Karl Marx – Drammatico. Regia di Raoul Peck, con August Diehl, Stephan Konarske e Vicky Krieps. Gli anni Quaranta del XIX secolo, l’esilio da Berlino e le fughe attraverso l’Europa, la povertà e gli stenti, la polizia sempre incalzante, le idee in crescita contro una classe dirigente e un capitalismo volti allo sfruttamento e alle ingiustizie, l’amicizia con Engels, figlio ribelle di un ricco industriale, la stesura del “Manifesto del partito comunista”. Durata 112 minuti. (Centrale anche in V.O.)

 

Eva – Drammatico. Regia di Benoît Jacquot, con Isabelle Huppert e Gaspard Ulliel. Bertrand è un giovane e promettente scrittore, ma il suo successo nasconde un terribile segreto. Quando incontra Eva, prostituta d’alto bordo con un passato altrettanto misterioso, decide di sedurla a ogni costo e usare la sua storia come ispirazione letterari, anche mettendo a rischio il fidanzamento con l’ingenua Caroline. Ma Eva non si lascia manipolare facilmente e trasvina presto Bertrand in una spirale di menzogne, violenza e tradimento. Durata 102 minuti. (Nazionale sala 1)

 

Game Night: indovina chi muore stasera? – Commedia drammatica. Regia di John Francis Daley e Jonathan Goldstein, con Rachel McAdams e Jason Bateman. Ogni settimana Annie e Max amano inventare giochi di vario genere per divertire se stessi e gli amici. Il fratello di Max inventa un inaspettato gioco con un rapito, che è il padrone di casa, chi dovrebbe trovarlo e liberarlo: è una finzione o non piuttosto una ingombrante realtà? Durata 100 minuti. (Ideal, Reposi, The Space, Uci anche V.O.)

 

Insyriated – Drammatico. Regia di Philippe Van Leeuw, con Hiam Abbass. Damasco è sotto assedio. In attesa della fine del conflitto esterno, una donna, madre di tre figli, si trincera con i vicini nell’unico appartamento risparmiato dalle bombe. La tensione cresce, il pericolo incombe, la casa inesorabilmente si trasforma in prigione. Durata 85 minuti. (Classico)

 

Io sono tempesta – Commedia. Regia di Daniele Luchetti, con Marco Giallini e Elio Germano. Numa Tempesta è un riccone di oggi, con tanti quattrini e un jet privato, gli alberghi di sua proprietà come casa, un giro di prostitute che gli dimostra piacere e affetti, se volete anche abbastanza facile da individuare, un imprenditore fatto di spregiudicatezza e di mancanza assoluta di morale, che un bel giorno è condannato per questioni fiscali a svolgere un periodo di redenzione lungo un anno ai servizi sociali. S’imbatte in una variopinta umanità, fatta di poveracci e senzatetto, quello che per lui ha più peso è un giovane padre finito sul lastrico, due figli a carico. Tra i due, e con molti altri, scatteranno sentimenti nuovi e Tempesta saprà agguantare quella presa di coscienza che gli era sempre mancata. Durata 97 minuti. (Greenwich sala 1, The Space)

 

L’isola dei cani – Animazione. Regia di Wes Anderson. In un Giappone di epoca futura, il sindaco di una città denominata Megasaki ha ordinato di rinchiudere in un isola deserta e adibita a discarica ogni cane esistente, causa un mistorioso virus che li colpirebbe tutti. Il motivo vero è poter fare affari alla faccia dei simpatici amici dell’uomo. Dovranno intervenire un bambino e la giovane giornalista in erba Tracy a svelare le reali mire del primo cittadino e di tutto quanto il governo. Orso d’argento a Berlino per la miglior regia. Durata 101 minuti. (Massaua, Massimo sala 1 anche V.O., Reposi, The Space, Uci)

 

Loro 1 – Commedia. Regia si Paolo Sorrentino, con Toni Servillo, Elena Sofia Ricci, Anna Bonaiuto, Riccardo Scamarcio, Fabrizio Bentivoglio e Kasia Smutniak. “Loro” sono quelli che in forma di gran baraccone con reminiscenze felliniane gravitano nell’universo berlusconiano, vero? tutto falso? opportunamente e malvagiamente esagerato?, uomini e donne in cerca di affermazione, non importa come, importa il quando, subito!, il ragazzo del sud (leggi Tarantini) che recluta ragazze e droga, gli affari poco puliti, gli amici e i nemici, il potere a ogni costo, la politica e i contratti con gli Italiani, le ville e le feste, la volgarità, il rapporto con Veronica: questo e molto altro nel primo capitolo di una vicenda che tutti abbiamo attraversato e che stiamo ancora attraversando. Durata 106 minuti. (Ambrosio sala 2, Massaua, Due Giardini sala Nirvana e Ombrerosse, Eliseo Grande, F.lli Marx sala Groucho, Ideal, Lux sala 1, Reposi, Romano sala 3, The Space, Uci)

 

La mélodie – Drammatico. Regia di Rachid Hami, con Kad Merad, Jean-Luc Vincent e Samir Guesmi. Simon è un famoso musicista ormai disilluso, arriva in una scuola alle porte di Parigi per dare lezioni di violino. I suoi metodi d’insegnamento piuttosto rigidi non facilitano i rapporti con gli allievi problematici. Tra di loro c’è Arnold, un timido studente affascinato dal violino che scopre di avere una forte predisposizione per lo strumento. Grazie al talento di Arnold, Simon riscopre a poco a poco le gioie della musica. Riuscirà a ritrovare l’energia necessaria per superare gli ostacoli e mantenere la promessa di portare i bambini a suonare alla Filarmonica di Parigi?Durata 102 minuti. (Nazionale sala 2, Uci)

 

Molly’s game – Drammatico. Regia di Aaron Sorkin, con Jessica Chastain, Kevin Costner e Idris Elba. Da una storia vera. Dove Molly è una eccellente sciatrice avviata verso i successi olimpici se una brutta e irrimediabile caduta non ponesse termine ad una promettente carriera. La vita richiede di cambiare registro e sfide. Ecco allora Molly ingegnarsi a divenire apprezzata organizzatrice di serate attorno ai tavoli del poker, con clientela di riguardo, dagli attori – leggi Di Caprio, Damon, Ben Affleck e altri qui ben camuffati – ai politici agli sportivi, tavoli attorno ai quali finiscono anche la droga e tipi russi poco raccomandabili, per cui l’FBI tiene le antenne ben alzate. Regia numero uno di uno dei maggiori sceneggiatori di Hollywood premio Oscar per The Social Network. Durata 140 minuti. (Ambrosio sala 3, F.lli Marx sala Harpo, Greenwich sala 2, The Space)

 

Nella tana dei lupi – Azione. Regia di Christian Gudegast, con Gerard Butler e Pablo Schreiber. Il solido poliziotto con i suoi bravi problemi con cui convivere, l’alcol, i metodi non proprio ortodossi, una moglie che ha deciso di lasciarlo, una rapina finita male che è costata la vita di parecchi suoi uomini. Dall’altra parte una banda di delinquenti, un curriculum di tutto rispetto, dall’addestramento paramilitare alla permanenza nelle patrie galere, il progetto studiato in ogni più piccolo particolare a svuotare la Federal Reserve Bank di Los Angeles ritenuta inespugnabile. Durata 140 minuti. (The Space, Uci)

 

Rampage – Furia animale – Fantasy. Regia di Brad Peyton, con Dwaune Johnson e Naomie Harris. Il primatologo Davis Okoye ha instaurato un forte rapporto con un intelligente gorilla albino di nome George che, per un esperimento genetico, si tramuta in un pericoloso e feroce animale, impossibile a governare. Con lui hanno subito la stessa mutazione un lupo e un coccodrillo, seminando vittime e distruzione in tutto il nord America: spetterà a Davis e a un ingegnere genetico trovare un antidoto. Durata 107 minuti. (The Space, Uci)

 

Ready Player One – Fantasy. Regia di Steven Spielberg, con Tye Sheridan, Olivia Cooke, Simon Pegg e Mark Rylance. Tratto dal romanzo omonimo di Ernest Cline, uscito sette anni fa. Nel 2045 la terra è un luogo di guerre e povertà, l’unica felice evasione è il mondo virtuale di Oasis, legato ai fantasiosi anni Ottanta e ricco di scenari iperrealistici in cui è facile accedere. Lo scomparso James Halliday ha deciso di lasciare a chi lo ritroverà il prezioso Easter Egg: sarà il giovane Wade, da sempre alla ricerca di notizie sulla vita e l’attività del miliardario, si metterà attraverso l’avatar Parzival alla ricerca dell’oggetto e lo ritroverà, dovendo pure fare i conti con i potenti nemici di una multinazionale, concorrenti senza alcuno scrupolo. Durata 140 minuti. (Uci)

 

I segreti di Wind River – Thriller. Regia di Taylor Sheridan, con Jeremy Renner, Elizabeth Olsen e Julia Jones. Tra le distese di neve del Wyoming viene inviata una giovane agente federale, non certo preparata a quelle temperature e soprattutto alla violenza che circola più o meno silenziosa in quei luoghi, per investigare sul ritrovamento del corpo martoriato di una ragazza scomparsa. Le dà sostegno e aiuto Cory, un navigato cacciatore impiegato a difendere il bestiame dagli attacchi dei predatori sempre in agguato, un animo tormentato, abbandonato dalla moglie dopo la scomparsa della figlia maggiore. Entrambi alla ricerca del colpevole, in un territorio dove ogni cosa sembra essere abbandonato alla violenza, in cui forse è necessario agire e rispondere esclusivamente con le sue stesse leggi. Dallo sceneggiatore di “Sicario” e “Hell or High Water”, terzo capitolo di una trilogia che ha affrontato il tema della frontiera americana oggi. Miglior regia a Un certain regard a Cannes lo scorso anno, grande successo al TFF. Durata 107 minuti. (Eliseo Blu)

 

The Happy Prince – Drammatico. Regia di Rupert Everett, con Rupert Everett, Colin Morgan, Colin Firth e Tom Wilkinson. Oscar Wilde al centro della società londinese di fine Ottocento, pieno di successo, tutti corrono a vedere le sue commedie a teatro e leggono i suoi libri: poi, improvviso, il tracollo, il processo per ammissione di omosessualità e la condanna a due anni di lavori forzati, l’esilio parigino, il tentativo di recuperare il rapporto con la moglie, la volontà di avvicinarsi nuovamente al giovane Douglas, la morte. Everett racconta nella sua opera prima l’ultimo periodo della vita dello scrittore, lasciando libero sfogo ai ricordi. Durata 105 minuti. (Greenwich sala 1, Reposi)

 

Tonya – Drammatico. Regia di Craig Gillespie, con Margot Robbie, Sebastian Stan e Allison Janney. La storia della campionessa di pattinaggio artistico Tonya Harding, cresciuta tra i soprusi di una madre anaffettiva come quella disegnata dalla Janney, Oscar come migliore attrice non protagonista, sposata ad un uomo senza quattrini e parecchia violenza in corpo, lei gran temperamento focoso, grande carriera e grandi scandali. Come quello che la colpiì a metà degli anni Novanta, allorché la sua antagonistaNancy Kerrigan, alla vigilia dei campionati nazionali Usa, venne colpita alle gambe da un uomo, poi identificato, pronto a confessare di aver agito perché istruito e istigato dal marito della Harding. La creazione di un mito, la difficoltà a considerarla una donna e una campionessa in cui il pubblico non soltanto femminile si potesse riconoscere, il ritratto di un’America dove ognuno vuole emergere, in qualsiasi modo. Durata 121 minuti. (Greenwich sala 3)

Ogr Public Program

CONVERSAZIONE PUBBLICA DI SUSAN HILLER E ANDREA LISSONI”

In occasione della sua personale Social Facts, in corso alle OGR fino al prossimo 24 giugno, Susan Hiller (americana ma inglese d’adozione e fra le artiste più acclamate della scena dell’arte concettualeinternazionale) torna a Torino per una conversazione conAndrea Lissoni, Senior Curator International Art (Film) alla Tate Modern di Londra. L’appuntamento è per venerdì 4 maggio  alle ore 20,30presso il Duomo di OGR Torino (in corso Castelfidardo22) e rientra nell’ambito del Public Program di OGR, promosso dalla Fondazione per l’Arte moderna e contemporanea CRT e ospitato presso OGR Torino.A partire dalla videoinstallazione Psi Girls (1999, una delle numerose opere dell’artista in collezione alla Tate), ora in mostra alle OGR e già esposta a Como nel 2011 – a cura dello stesso Andrea Lissoni – in occasione della presenza di Hiller come Visiting Professor alla Fondazione Antonio Ratti, il talk ripercorre le tappe della straordinaria carriera dell’artista in relazione ad aspetti quali linguaggio e oralità, indicibilità, tecnologia e dimensione sonora, presenti anche in opere recenti quali le videoinstallazioni The Last SilentMovie (2007-2008) e Lost and Found (2016), presentate a Documenta14. L’appuntamento é in lingua inglese con traduzione simultanea in italiano. Ingresso gratuito ma con prenotazione obbligatoria sul sito: www.ogrtorino.it                                       g.m.

Bach Dance Suites

Accademia di Musica di Pinerolo
L’attesa prima assoluta di Bach Dance Suites, per la regia e la coreografia di Virgilio Sieni, uno dei protagonisti della scena contemporanea europea, vede protagonisti il violoncello di Massimo Polidori, primo violoncello dell’Orchestra della Scala di Milano e Noemi Biancotti, Linda Pierucci, Jari Bordini e Maurizio Giunti della Compagnia Virgilio Sieni. La periferia dello spazio e l’attenzione ai valori sottili, tattili, nascosti del movimento, divengono i temi, insieme alla pietà, che agiscono le tre suites: atlante figurale e emozionale che mostra l’idea di marginalità, interstizio, raccoglimento, dimora, vuoto, accoglienza. L’appuntamento è per martedì 8 maggio alle ore 21 al Teatro Sociale di Pinerolo (piazza Vittorio Veneto, 24). La Stagione concertistica è stata realizzata con il contributo di Compagnia di San Paolo (maggior sostenitore), Regione Piemonte, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, con il contributo e il patrocinio di Città di Pinerolo. Il nostro grazie va anche alla sempre preziosa sponsorizzazione di Galup e a quella tecnica di Piatino Pianoforti, Yamaha Musica Italia e Albergian.
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PRIMA ASSOLUTA
Una produzione di Accademia di Musica
martedì 8 maggio 2018, h 21:00 – Teatro Sociale di Pinerolo
Massimo Polidori violoncello
Compagnia Virgilio Sieni 
Noemi Biancotti, Linda Pierucci, Jari Boldrini Maurizio Giunti
Virgilio Sieni regia e coreografia

Libri, la rassegna del mese

I libri più letti e commentati ad aprile 2018 dal gruppo “Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri”

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Ecco, come ogni mese, la nostra piccola rassegna sui libri più letti e discussi sul gruppo Facebook Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri; in questo mese di aprile, il titolo che ha maggiormente interessato i nostri lettori è Patria , dello scrittore catalano Fernando Aramburu,del quale tutti si dicono entusiasti; ottimi consensi li riscuote anche Resto Qui, di Marco Balzano; si cambia decisamente genere con gli apprezzamenti nei confronti dell’ultima fatica di Stephen King, in collaborazione con Richard Chizman, ovvero il recentissimo  La scatola dei bottoni di Gwendy.

Nel  mese della fioritura dei ciliegi, non potevamo non presentare una breve carrellata di titoli di letteratura giapponese, scelti tra quelli che maggiormente hanno incuriosito i nostri iscritti: ecco quindi il classico Io sono un gatto, di Soseki Natsume, lo struggente Neve sottile di Jun’ichiro Tanizaki, entrambi recensiti sul gruppo e il celebrato Norwegian Wood, di Haruki Murakami. Altri titoli spesso presente nelle nostre discussioni e che potranno interessare chi sia alla ricerca di letture più intimiste, sono quelle dedicate a Chiamami col tuo nome di André Aciman, Mi sa che fuori è primavera di Concita De Gregorio, Eppure cadiamo felici di Enrico Galiano. Infine, se preferite un genere alternativo alla narrativa, sul gruppo abbiamo discusso di: Leggermente fuori fuoco, saggio autobiografico del fotografo Robert Capa, Il conto dell’ultima cena di Moni Ovadia, spassosa guida alla cucina della tradizione ebraica, Tutto troppo presto, indagine sociologica di Alberto Pellai  sulla sessualità dei giovani, molto commentato dai lettori con figli in quella critica età.Se siete appassionati lettori o semplici curiosi in cerca di nuovi titoli, venite a trovarci ed entrate nella comunità di lettori più frequentata di Facebook: Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri !

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Podio di Aprile

Patria, di Fernando Aramburu (Guanda) – Resto qui, di Marco Balzano (Einaudi) – La scatola dei bottoni di Gwendy, di Stephen King (Sperling & Kupfer).

 Per chi ama la narrativa di tipo intimista: Chiamami col tuo nome, di André Aciman (Guanda)- Mi sa che fuori è primavera, di Concita De Gregorio (Feltrinelli) – Eppure cadiamo felici, di Enrico Galliano (Garzanti).

Consigli di letteratura giapponeseIo sono un gatto, di Natsume Soseki (Neri Pozza) – Neve sottile di Jun’ichiro Tanizaki (Guanda) – Norwegian Wood, di Haruki Murakami (Einaudi).

SaggisticaLeggermente fuori fuoco, di Robert Capa (Contrasto) – Il conto dell’ultima cena di Moni Ovadia e Gianni di Santo (Einaudi) – Tutto troppo presto, do Alberto Pellai (De Agostini).

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Testi : valentina.leoni@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Grafica e Impaginazione : claudio.cantini@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Alla Holden il creatore di Csi

Giovedì 3 maggio alle 10, la Scuola Holden ospiterà una masterclass con un ospite internazionale di massimo rilievo: Anthony E. Zuiker, ideatore e co-produttore di tutte e tre le serie CSI – Scena del crimine che racconterà, insieme ad Alessandro Avataneo, la sua esperienza come sceneggiatore, scrittore e storyteller crossmediale.

Prima di diventare il creatore di CSI, Zuiker lavorava come autista di tram a Las Vegas. Un giorno stava per andare a giocare a basket con gli amici, quando sua moglie gli chiese di rimanere a casa e guardare con lei una puntata di The New Detectives. “I decided to stay, and that changed everything.” Fu in quel momento che gli venne l’idea della serie. Non sapeva nulla di come si scrive per la TV, per questo il suo episodio pilota di CSI fu così dirompente. Andava contro ogni regola, e gettava le basi dello stile narrativo e visivo della serie a venire. La scintilla creativa che innesca il lavoro di uno sceneggiatore può arrivare per caso: ma da dove vengono le idee, come si fa a trasformarle in format di successo, e come si incrociano esperienze narrative diverse? Come ha raccontato Zuiker, a volte capitano momenti in cui decidi di cogliere un’opportunità capace di cambiare tutto; la maggior parte delle volte, invece, bisogna essere in grado di utilizzare bene i propri ferri del mestiere.

 

L’incontro è in inglese e sarà aperto al pubblico fino ad esaurimento posti

Per prenotarsi basta scrivere a reception@scuolaholden.it o chiamare il numero 011 6632812.

 

“Bosnia, l’Europa di mezzo”. Un viaggio tra guerra e pace

Due decenni fa finiva la guerra in Bosnia, lasciando cumuli di macerie e tanti, troppi morti. Il reportage di Travaglini racconta la pace che ha fatto seguito a quella tragedia. Una pace imperfetta, fatta di prevaricazione e di giustizia negata, di dolore e di speranze

 

 

Sabato 5 Maggio 2018, alle 21.00, nella sala dell’Oratorio di   Azeglio (To) verrà presentato il libro dello scrittore e giornalista Marco Travaglini  “Bosnia, l’Europa di mezzo.Viaggio tra guerra e pace, tra Oriente e Occidente”. Travaglini, autore di narrativa e saggistica, fa parte del GISM, il gruppo italiano scrittori di montagna. Ha scritto per i quotidiani L’Unità, La Prealpina e Il Riformista e collabora a diverse testate, tra le quali “L’Incontro” e “Il Torinese” . Con l’autore sarà presente Paolo Siccardi, giornalista e photoreporter free-lance, cofondatore del collettivo fotografico Walkabout-Ph che per dieci anni ha documentato i conflitti in Jugoslavia e i cambiamenti geo-politici dell’area balcanica (pubblicando il libro “Una guerra alla finestra” e il catalogo della mostra “Balcani oltre il confine”). Siccardi dal 2000 fotografa per il settimanale Famiglia Cristiana ed  è in corso al Museo Nazionale del Risorgimento di Torino una sua mostra fotografica ( con il collega Roberto Travan) intitolata “A(r)ma il prossimo tuo. Storie di uomini, conflitti, religioni”.

 

Sarajevo 1992, Vedran Smailovic violoncellista della Filarmonica di Sarajevo ha suonato l’Adagio in sol minore di Albinoni per 22 giorni per onorare la memoria di 22 civili uccisi mentre facevano la fila per il pane

L’iniziativa sarà coordinata da Giuseppe Lo Faro, consigliere delegato alla cultura del comune di Azeglio e dalla prof.ssa Rosalba Pennisi. Nel corso della serata saranno proiettati filmati e  foto di Paolo Siccardi. Due decenni fa finiva la guerra in Bosnia, lasciando cumuli di macerie e tanti, troppi morti. Il reportage di Travaglini racconta la pace che ha fatto seguito a quella tragedia. Una pace imperfetta, fatta di prevaricazione e di giustizia negata, di dolore e di speranze strappate via dal disastro di una quotidianità spesso fatta di umiliazioni e privazioni. Ma narra anche la vicenda di

Mostar 1993, Semir nato e morto lo stesso anno

tante persone e di un profondo desiderio di capire non solo le ragioni del conflitto, ma anche la forza enorme che permette al popolo bosniaco di non scomparire sotto i colpi del destino. Lo storico Gianni Oliva, nella prefazione ha scritto : “Quello di Marco Travaglini è un taccuino di viaggio pieno di partecipazione emotiva, attento a cogliere i luoghi, i personaggi, le storie individuali e collettive; ma ha anche scritto un libro pieno di spunti per riflettere sul presente, per comprendere che ogni crisi ha le sue specificità e, insieme, i suoi denominatori comuni. Un bel modo per fare ‘storia del passato’ facendo contemporaneamente ‘educazione al presente’”.

La Tesoriera o Villa Sartirana, origine d’una villa suburbana torinese

Lungo corso Francia, nel tratto compreso tra piazza Rivoli e corso Monte Cucco, fa bella mostra di sé, attorniata da un vasto parco, la settecentesca Villa Sartirana, meglio nota come La Tesoriera, oggi di proprietà comunale e sede della biblioteca civica musicale “Andrea Della Corte”

L’edificio, considerato tra i più significativi esempi di villa suburbana torinese (nell’epoca in cui fu costruita, l’area si trovava in aperta campagna), venne eretto tra 1713 e 1715 su progetto del cremonese Jacopo (o Giacomo) Maggi, poco conosciuto come architetto, ma attivo a Torino sino al 1702 in veste di costumista, scenografo e impresario del Regio Teatro. Maggi aveva ricevuto l’incarico dall’acquirente dei terreni, Ajmo Ferrero di Cocconato, che s’era affermato come funzionario di corte, investito della carica di Consigliere e Tesoriere generale del Re, al tempo Vittorio Amedeo II di Savoia. Proprio il sovrano sabaudo Vittorio Amedeo II partecipò, nel 1715, all’inaugurazione della villa, evento ricordato da Elisa Gribaudi Rossi nel suo libro “Cascine e ville della pianura torinese”.

L’altro nome con cui Villa Sartirana è nota ancora oggi, La Tesoriera, trae origine, secondo una prassi onomastica ricorrente tra cascine e ville dell’agro torinese, dalla carica rivestita a corte dal primo proprietario, il Ferrero di Cocconato, che fu appunto Tesoriere del duca, poi re Vittorio Amedeo II. Stessa origine è riscontrabile nel caso del Maggiordomo, della Marchesa, dell’Auditore, della Generala, della Cavaliera, del Conte Grosso, tutte cascine e dimore di campagna che derivano il nome dal titolo nobiliare o dalla carica ricoperta dagli antichi proprietari, costruttori o successivi acquirenti. La campagna circostante la capitale sabauda era, infatti, punteggiata di cascine, alcune delle quali ancora oggi sopravvivono, sovente affiancate da eleganti ville e edifici padronali utilizzati come dimora estiva dalle famiglie dei proprietari, nobili o anche borghesi, che s’erano arricchiti con l’esercizio della manifattura e del commercio, talora imponendosi con importanti incarichi a corte.

La Tesoriera appare senz’altro tra gli esempi di maggior pregio nel novero delle ville suburbane settecentesche. L’architettura si richiama a uno schema ricorrente, non esente da echi guariniani, con un padiglione centrale sopraelevato, che contiene il grande salone centrale a due piani, affrescato con temi mitologici e arcadici forse da Giovanni Battista Pozzo, e le maniche laterali, più basse. Due scalinate simmetriche collegano l’atrio al primo piano, dove si apre sul lato verso mezzogiorno una galleria coperta, da cui si accede al salone centrale e alle stanze minori. La disposizione delle ville suburbane torinesi segue di norma l’asse nord-sud, con una facciata rivolta a mezzogiorno, e l’altra a settentrione, mancando di solito elementi significativi che consentano di distinguere tra le due il prospetto principale.

Le ville non si affacciavano quasi mai sulla strada, bensì sorgevano in posizione arretrata, attorniate da campi e parchi, e vi erano collegate a mezzo di viali alberati. A proposito della Tesoriera il Derossi, autore di una Nuova guida della città di Torino edita nel 1781, descrive un viale ombreggiato da olmi, che metteva in comunicazione la villa con lo stradone di Rivoli o Stradone Reale di Francia, oggi corso Francia. Dopo la morte del costruttore Ajmo Ferrero di Cocconato, la vedova cedette la villa a Roberto Ghiron Asinari di San Marzano, poi durante l’occupazione napoleonica del Piemonte venne utilizzata per l’alloggiamento delle truppe francesi. In seguito si avvicendarono diversi proprietari sino a che negli anni Quaranta dell’Ottocento venne acquistata dal marchese Ferdinando Arborio Gattinara di Breme, famoso sia per l’impegno nella pittura (fu presidente dell’Accademia Albertina), sia per gli studi di ornitologia e entomologia. L’importante collezione entomologica del Breme (circa 50.000 pezzi) venne donata, alla sua morte, alla Regia Accademia delle Scienze, ed è oggi conservata al Museo di Storia Naturale di Torino. Nel 1867 fu insignito dal re del titolo di duca di Sartirana, ragion per cui la villa La Tesoriera è anche conosciuta come Villa Sartirana.

Nel 1934 l’edificio passò ai Savoia-Aosta, che intrapresero lavori di ampliamento e ammodernamento, affidati all’architetto Giovanni Ricci. Durante l’ultima guerra mondiale, la Tesoriera venne occupata in successione da comandi tedeschi, partigiani, americani, e fu anche danneggiata dai bombardamenti. Nel 1962 ci fu la vendita all’Istituto Sociale dei Padri Gesuiti, che fecero della villa una sede scolastica, per poi cederla nel 1971 al Comune di Torino. Seguirono lavori di restauro e infine l’apertura al pubblico sia della villa, come sede della biblioteca musicale, sia del parco, che copre una superficie di circa 7 ettari.

Già le descrizioni ottocentesche del Baruffi elogiano l’ampio parco di Villa Sartirana, ricco di varietà botaniche, tra cui il grande platano che ancora oggi ammiriamo, uno degli esemplari più vecchi di Torino, piantato nel 1715. L’area verde risultava ingentilita da giardini alla francese e all’olandese, dovuti ai lavori di risistemazione promossi dal Breme, di serre riscaldate con piante tropicali, e ospitava una sorta di zoo, con animali di specie diverse, mufloni, gru, daini, gazzelle e un’infinità di uccelli. Passeggiando nel parco si nota infine, oltre alla bella fontana aggiunta in seguito, una curiosa statua in litocemento (impasto di cemento e piccole pietre), tecnica sperimentata per la prima volta nel Borgo Medioevale di Torino, che è opera di Ettore Ximènes, autore della celebre statua dello “Zar liberatore” Alessandro II a Kiev (1911). Collocata alla Tesoriera nel 1886, la statua rappresenta re Vittorio Emanuele II seduto su una roccia in compagnia d’un cane e d’un bambino.

 

Paolo Barosso

(foto Paola Meliga)