CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 620

La “Camilleri spagnola” è una ironica eterna ragazza

di Laura Goria

.

Alicia Giménez Bartlett, la “Camilleri spagnola”, arriva a Torino e con i suoi noir – protagonista l’ispettrice Petra Delicado- fa registrare il pienone al Circolo dei Lettori.

Lei è una simpaticissima signora che usa l’ironia non solo nei suoi gialli, ma anche come arma per affrontare la vita, e non perde occasione per sfoderare intelligenza e battute argute. In poche parole, è idillio con il pubblico. E’ una scrittrice a tutto campo, capace di passare dalle “novelas negras” con poliziotta sui generis (e il suo vice Fermin Garzon) a romanzi di grande spessore, come “Exit”, “Una stanza tutta per gli altri” e l’ultimo “Uomini nudi”, sulla prostituzione maschile; tutti fiori all’occhiello dell’editore Sellerio. Con il suo italiano spagnoleggiante parla volentieri di sé e delle sue opere, racconta aneddoti…e chi già ama i suoi libri non può che innamorarsi anche di lei.

Sottolinea come una volta i gialli fossero considerati letteratura di serie B; mentre oggi la loro qualità è cambiata, con maggiore attenzione all’interiorità. «Il giallo permette di parlare dei problemi della gente normale, che così torna ad essere protagonista» ci dice.

Perché ambienta i suoi gialli proprio a Barcellona e non, per esempio, a Madrid?

«Barcellona presenta una serie di caratteristiche ottimali: è sul mare, ha una precisa piramide sociale con al vertice l’alta società, a scalare verso i poveri in basso. Poi ha molti   immigrati ed è una città tutto sommato piccola, ma con tanti sguardi differenti. Invece Madrid è più grande con quartieri molto più mescolati e maggiori difficoltà per trovare uno scenario che attiri i lettori».

Dove nasce l’ispirazione per le trame dei suoi libri, sia gialli che romanzi?

«Nella società: osservo le persone, ascolto come parlano dei loro problemi, constato come tutti siano coinvolti da preoccupazioni simili. Vedo un po’ com’è l’atmosfera generale e sociale. E riscontro che siamo in un momento storico terribile, in cui mancano valori e solidarietà».

 

E’ vero che raccoglie molti spunti nei bar?

«Si, lì c’è un’umanità varia, basta stare a guardare. Ma non prendo appunti, piuttosto memorizzo molto».

Un aneddoto?

«Una volta un oste consigliò un piatto dicendo “questo resuscita i morti” e un signore rispose “va bene, purché non sia Francisco Franco” (ndr. il generalissimo, dittatore spagnolo dal 1939 fino alla sua morte nel1975) Ecco questa è l’ironia del mio paese».

Anche i suoi gialli ne sono intrisi, che ruolo ha nella sua vita?

«Enorme. Sono ironica con me stessa, nelle cose che faccio quotidianamente, nelle mie relazioni con gli altri, a partire da quelle con i figli. L’ironia è un tesoro meraviglioso, diffuso soprattutto nel sud Europa».

Quanto c’è di Alicia nell’ispettrice Petra Delicado?

«Non sono io. Rispetto a me lei è molto più coraggiosa, si arrabbia di più, è più pratica, non ha paura di offendere gli altri …e poi…non invecchia mai, mentre io si».

Come passa dai noir ai romanzi?

«Penso che tutti gli scrittori abbiamo delle storie in testa che trovano il loro momento ideale per venire fuori. E’ la storia che impone la sua forza. Quando sono triste, stanca e magari ho appena scritto un romanzo, sento il bisogno di tornare a Petra e di due parole sconce…ecco questo mi fa sorridere. Ho provato a scrivere due libri contemporaneamente, ma non sono così schizofrenica, per me è troppo difficile, direi impossibile».

Il suo ultimo romanzo “Uomini nudi” parla di strip tease e prostituzione al maschile, da dove arriva l’idea ?

«Con un’amica ho visto uno strip tease maschile in un locale di Barcellona, frequentato da donne che ci vanno in gruppo per fare festa e divertirsi. Così ho indagato questo fenomeno socialmente nuovo».

Praticato da chi?

«In Spagna si dicono “ragazzi da compagnia”: sono giovani, abbastanza belli, colti, educati, ragazzi normali che non hanno trovato altre possibilità di guadagno. Si spogliano in pubblico ma possono anche essere i compagni di una cena, da presentare agli amici, e con cui poi magari passare la notte. Le donne che li pagano sono sempre di una classe sociale elevata e ricche: cercano compagnia, la possibilità di essere accolte in società con al fianco uno più giovane. E’ la dimostrazione che le cose sono cambiate; anche le donne cercano di non sfracellarsi più in relazioni amorose serie. Esiste la prostituzione e alcune che ne fanno uso».

Il titolo è una metafora?

«Si, siamo tutti nudi: di fronte ad un grande problema si vede come siamo nel profondo, il nostro modo di affrontare la vita».

Oggi in Spagna quanto è ampio il divario tra aspirazioni ed effettivi sbocchi lavorativi?

«E’ terribile ed è un problema generazionale e generale. I giovani che hanno studiato e si sono preparati, trovano davanti un muro. Molti vanno all’estero, altri svolgono lavori al di sotto delle loro aspettative professionali».

Cos’è per lei scrivere, ed è vero che se passa qualche giorno lontana dal computer è di pessimo umore?

«Lo sostiene mio marito che a volte mi dice “Vai a scrivere che sei insopportabile”. Non ne sono   cosciente, forse è perché quando scrivo sono sola con me stessa e i miei pensieri, senza dover correre indaffarata in continuo movimento. Questa pausa introspettiva è molto importante, a volte ho proprio bisogno di starmene completamente da sola… e la scrittura è   questo».

Ha detto che per essere scrittori è necessario che la letteratura sia la cosa più importante della vita, ma che lei non ne sarebbe capace. Allora cosa conta di più?

«La vita in se stessa. Mi piace osservare la natura, gli animali, l’amore. La vita è piena di possibilità e pensare che sia importante solo il tuo libro, la tua carriera o l’idea di scrivere un capolavoro, ecco tutto questo per me non è stato possibile. Perché io ho voglia di vivere».

 

Ha avuto 2 mariti, 2 figli naturali e 2 acquisiti; come si è trovata nella famiglia allargata?

«Mi sono divertita parecchio. Adesso sono adulti ma quando erano piccoli, e in alcuni periodi stavano tutti con noi, ridevano, scherzavano…in vita mia non ho mai cucinato tanto così, ma ero contenta ed è stata un’esperienza positiva».

Che effetto fa essere definita la “Camilleri spagnola”?

«Una volta un giornalista si sbagliò definendomi “la Camilleri italiana”; l’editore mi chiamò divertito annunciandomi che non ero più… solo… la Camilleri spagnola, ma anche italica. E’ chiaro che per me è un onore. Lui è un maestro e scrive tantissimo; io non ho la stessa agilità e facilità. E non ci siamo mai conosciuti, pur essendo entrambi autori della Sellerio».

Chi è Alicia Giménez Bartlett?

«Una ragazza che è diventata vecchia senza accorgersene».

Il prossimo libro?

«Dopo 5 anni avevo bisogno di tornare a Petra. Sto scrivendo la sua nuova avventura e la consegnerò all’editore a fine estate. Questa volta parlerò di un assassino seriale, anche se rendere la storia verosimile è piuttosto impegnativo»

L’era dei tulipani

Non fioriscono più i tulipani in piazza Sultanahmet a Istanbul e nei giardini olandesi, appassiti precocemente dopo le schermaglie politiche tra la Turchia e la liberale e tollerante Olanda sfociate in una delle crisi diplomatiche più serie degli ultimi anni. Ministri turchi bloccati ai confini, visite già programmate e cancellate da un giorno all’altro, ambasciate chiuse, rapporti diplomatici compromessi, minacce di inondare l’Europa di profughi. Ma dove sono finiti i tulipani della pace? L’imminente primavera, di cui stiamo già godendo un piacevole anticipo, salverà le relazioni tra olandesi, tedeschi e turchi? E la Storia, chi se la ricorda? Gli stessi attori che hanno innescato la vivace querelle finita in questi giorni al centro della cronaca internazionale non possono dimenticare che furono proprio i tulipani, qualche secolo fa, a riportare serenità e pace tra l’Impero sul Bosforo e l’Europa, dopo secoli di conflitti tra l’Islam turco e il Vecchio Continente. Non si sono sempre detestati e insultati olandesi e turchi.

Tutt’altro, agli inizi del Settecento, il tulipano ha svolto un ruolo molto particolare nella storia turca e nelle relazioni tra Costantinopoli e le potenze europee.

 

Il periodo tra il 1718 (subito dopo il Trattato di pace di Passarowitz tra l’Austria, Venezia e gli Ottomani) e il 1730 è stato chiamato proprio “l’ Era del Tulipano” sotto il regno del sultano Ahmed III. Fu un momento storico segnato dalla pace tra cristiani e turchi e dallo sviluppo delle arti e anche il tulipano entrò con autorevolezza nella vita di tutti i giorni, nel folclore e nelle feste popolari. In Turchia era chiamato tullband che significa turbante, copricapo per la forma del fiore.

 

Lo si ammirava ovunque, veniva ricamato sui vestiti, sui tappeti e sugli abiti dei sultani, si vedeva sui mobili dei palazzi, nei dipinti e nelle maioliche, si scrissero anche delle poesie sul tulipano, trionfava nei giardini e nei parchi intorno al Corno d’Oro e sul Mar di Marmara. Ma il tulipano era già conosciuto nei secoli precedenti e lo amavano Maometto II il Conquistatore e Solimano il Magnifico che lo fece piantare in tutti i territori dell’Impero diventando un simbolo di abbondanza e di clemenza. Fu proprio da Costantinopoli che nel Cinquecento i tulipani si diffusero in Occidente. Se ne innamorò pazzamente il barone De Busbecq, ambasciatore fiammingo nella capitale ottomana, che lo fece conoscere in Olanda e in tutta l’Europa. Da appassionato naturalista riempì casse di bulbi di questo strano e sconosciuto fiore per farli giungere negli orti botanici dei Paesi Bassi. La nuova pianta importata dall’Impero dei sultani piacque talmente agli olandesi che verso la fine del Cinquecento era normale assistere nei porti a un continuo passaggio di navi provenienti dalla Turchia cariche di bulbi di tulipano che colorarono in breve tempo i campi fiamminghi. Da quei campi i bulbi inondarono tutti i Paesi europei. Ad aprile, ogni anno, milioni di tulipani vestono Istanbul con un tripudio di colori e chissà, magari anche questa volta toccherà a questo fiore placare l’ira di turchi ed europei.

 

Filippo Re

Tre appuntamenti per Cinema in verticale

La XIX edizione di CINEMA in VERTICALE propone tre appuntamenti nei giorni 17, 18 e 21 marzo 2017 alle ore 21 con Francesco Torre, Luigi Cantore e Nico Valsesia, tutti ad ingresso gratuito

Venerdì 17 marzo nelle sede Cai di Giaveno FRANCESCO TORRE presenta “Everest, la vetta del mondo scalata dall’uomo comune”. Il 21 maggio 2016 l’avvocato Francesco Torre di Gravere – dopo una ascensione resa ancor più difficile nell’ultimo tratto da difficoltà con l’erogatore di ossigeno – conquistava la vetta dell’Everest, il tetto del mondo. Un’impresa non per tutti, fortemente voluta dopo anni di preparazione, un duro allenamento specifico, e una forza di volontà non comune per portare a termine e realizzare il sogno di tutti gli alpinisti.
Torre racconterà la sua avventura imalaiana in una serata con proiezione di fotografie e filmati.

Sabato 18 Marzo nel Centro Sociale di via Pelissere 16 a Villar Dora, LUIGI CANTORE presenta il suo film “Profumo di resina”, tratto dall’omonimo romanzo di Fabrizio Arietti. La Storia è ambientata tra 800 e 900 al Lago del Moncenisio, Valle di Susa, Toscana, Liguria e Germania. Le vicende si intrecciano sino a a quando, nel 1996, due ragazzi trovano al Moncenisio, dopo lo svuotamento del lago tra i resti della casa dei guardiani delle vecchie dighe, le piastrine di riconoscimento di sue soldati. La curiosità e la passione spingeranno i due giovani a intraprendere assidue e complicate ricerche e in un crescendo di emozioni scopriranno circostanze incredibili…

Martedì 21 marzo al Centro Sociale di Pellissere 16 a Villar Dora sarà ospite NICO VALSESIA, Il più noto rappresentante italiano di trail running, che presenta “Mas alto lisa cóndores  – From zero to Aconcagua” e l’anteprima della sua ultima fatica “From Zero to Elbrus”.
Maestro di sci, runner, trailer, ciclista, ideatore e organizzatore di gare, ha corso per cinque volte la Race Across America (4800 km in bicicletta no stop dal Pacifico all’Atlantico), con un secondo posto nel 2006 e un terzo posto nel 2014, nel 2012 ha attraversato di corsa (primo uomo al mondo insieme allo svizzero Marco Gazzola) l’immensa distesa del Salar de Uyuni, in Bolivia, a 3600 metri di quota, nel 2013, mettendo insieme le sue passioni per la bicicletta, la corsa e la montagna, ha stabilito il record mondiale sul percorso Genova-Monte Bianco: 316 km e 4810 metri di dislivello positivo netto in 16 ore e 35 minuti.
A Cinema in Verticale, con supporto di video e fotografie,  presenta la sua impresa del 24 gennaio 2015: solo 22 ore e 41’ per percorrere, in bicicletta e a piedi, record mondiale di maggior dislivello positivo, dal livello del mare alla cima dell’Aconcagua (6963 m)! A sostenerlo nell’impresa, un team di amici di cui ha fatto parte anche Giovanni Storti (proprio lui, quello di Aldo Giovanni e Giacomo), che da anni segue Nico con il fondamentale ruolo di “motivatore speciale”: perché, per Nico, una bella risata tra amici è sempre il carburante migliore.
Nico Valsesia presenterà anche “From Zero to Elbrus” la sua ultima fatica del 25 giugno 2016. 31 ore e 55′ per andare, in bicicletta e a piedi, dalle rive del Mar Caspio alla vetta del monte Elbrus. Il monte Elbrus è il tetto d’Europa e seconda vetta del circuito internazionale delle Seven Summits. Nico è partito alle 4:33 del mattino del 25 giugno da Sulak, sul mar Caspio a – 29 metri di quota, e ha pedalato per 510 km fino al villaggio di Azau, ai piedi dell’Elbrus, a 2350 metri di altitudine. Caldo opprimente, traffico, strade in condizioni disastrate hanno reso tutto più complicato ma anche questa volta questo incredibile atleta ce l’ha fatta.


“Cinema in Verticale”
è una rassegna sul cinema e la cultura di montagna la cui XIX edizione si svolge tra il 16 febbraio e il 7 aprile 2017 con 12 appuntamenti, tutti ad ingresso gratuito, nei Comuni di Caprie, Condove, San Giorio di Susa, Venaus e Villar Dora in Valle di Susa e nei Comuni di Giaveno e Orbassano nella limitrofa Val Sangone.
La rassegna da 19 anni viene organizzata dall’associazione Gruppo 33 di Condove come anteprima del Valsusa Filmfest, festival sul recupero della memoria storica e sulla difesa dell’ambiente la cui XXI edizione inizierà il 31 marzo.
Cinema in Verticale  affronta varie tematiche legate alla montagna come l’alpinismo e altri sport legati alla verticalità, l’esplorazione, la salvaguardia dell’ambiente e delle specie animali, la cultura, la vita e le abitudini di piccole e grandi comunità montane. In ogni appuntamento, oltre alla proiezione di filmati, sono presenti ospiti quali autori e protagonisti delle immagini, alpinisti, guide alpine, scrittori, giornalisti, esperti ed appassionati per dibattere ed attualizzare i temi.
Il programma completo è online in www.valsusafilmfest.it 

Le “risonanze del colore”

E’ visitabile fino al 31 marzo, presso la sala esposizioni Panizza a Ghiffa (Vb) la mostra “Risonanze del colore” dell’artista Roberto Ripamonti. La mostra, organizzata dall’Officina di Incisione e Stampa “Il Brunitoio” , ha registrato un buon successo da parte del pubblico che ha apprezzato le opere del pittore e poeta cusiano. Come scrive, nella presentazione il critico Francesco Pagliari, l’elemento centrale, il filo conduttore che riunisce le opere “è la riflessione dedicata al colore,attraverso esperienza e conoscenza che fondano, insieme, procedure artistiche, nella duplicità dimateria e luminosità, nell’assemblare nuclei, che dispiegano risonanze dei colori delle forme,tangibili testimonianze creative”. 

In ogni quadro di Ripamonti emerge il suo mondo quotidiano, accompagnato dalle sue sensazioni legate al gusto e alla memoria, oltre alla spiccata sensibilità sociale che emerge potente nella rappresentazione del “quinto stato”, immaginando una rienterpretazione aggiornata e quasi liquida   del celebre dipinto di Giuseppe Pellizza da Volpedo. Gli orari di visita della mostra:da giovedì a domenica 16.00 – 19.00Sala Esposizioni Panizza – Corso Belvedere, 114 – Ghiffa ( Vb)  info@ilbrunitoio.it/www.ilbrunitoio.it.

Marco Travaglini

Piemonte Movie gLocal, ecco i vincitori

Domenica 12 marzo 2017 alle 20.30 al Cinema Massimo (Torino) si è conclusa la 16° edizione del Piemonte Movie gLocal Film Festival, con l’assegnazione dei premi delle sezioni competitive Spazio Piemonte e Panoramica Doc, che hanno visto in concorso rispettivamente 20 cortometraggi e 10 documentari, tutti rigorosamente girati da autori piemontesi o che hanno scelto la nostra regione come set, oppure realizzati da case di produzione locali. La premiazione giunge al termine di 5 giorni di festival che hanno portato in sala un totale di 53 film che hanno registrato l’ottima accoglienza del pubblico che ha superato le 2.300 presenze.

PANORAMICA DOC

La giuria di Panoramica Doc, presieduta da Andrea Romeo (Biografilm Festival) e composta da Alessandro Dominici (direttore della fotografia), Gabriele Rigola (docente DAMS), Sergio Stagno (Skepto International Film Festival) e Elena Testa (Archivio del Cinema d’Impresa d’Ivrea) assegna il

PREMIO TORÈT – ALBERTO SIGNETTO MIGLIOR DOCUMENTARIO

* Premio in denaro del valore di 2.500 €

I CORMORANI di Fabio Bobbio

Per la sua intensità visiva, per il suo carattere ibrido e laboratoriale che fonde documentario e finzione.

La giuria speciale composta dagli studenti di Istituto Fellini Srl – Cinema E Tv, Istituto Professionale Statale Albe Steiner Torino, Piazza dei Mestieri, Liceo Domenico Berti Torino, Istituto Tecnico Industriale Pininfarina, Istituto d’Istruzione Superiore Statale Baldessano – Roccati e O.D.S. Operatori Doppiaggio e Spettacolo assegna il PREMIO PROFESSIONE DOCUMENTARIO (Premio in denaro del valore di 500 €) a

AVEVAMO VENT’ANNI di Remo Schellino

PREMIO DEL PUBBLICO

* Selezione di vini offerto dalla Azienda Vitivinicola Santa Clelia

ANGELO FROGLIA. L’INGANNO DELL’ARTE di Tommaso Magnano

SPAZIO PIEMONTE

La giuria di Spazio Piemonte presieduta dallo sceneggiatore Nicola Guaglianone e composta da Greta Fornari (TorinoFilmLab e Sales Agent Lights On), Marco Mastino (Cinemautismo), Riccardo Plaisant (Skepto Film Festival) e Camilla Ravina (FIP Film Investimenti Piemonte) assegna i seguenti premi

PREMIO TORÈT MIGLIOR CORTOMETRAGGIO

* Premio in denaro del valore di 1.500 €

QUELLO CHE NON SI VEDE di Dario Samuele Leone

Per aver trasformato l’invisibile in visibile, il pietoso in impietoso, l’inumano in umano, in un racconto breve dove non si finisce mai di stupirsi.

MENZIONI SPECIALI

ANIMAL KINGDOM di Simone Chiappinelli

Per aver cercato di smascherare le nuove leggi del mondo animale e aver mostrato il volto nascosto di Torino.

MOONBEARS ON PLANET EARTH di Nadia Zanellato e Andrea Daddi

Un reportage originale e coraggioso, che con sensibilità e rispetto ci mostra la brutalità del conflitto tra uomo e animale.

PREMIO O.D.S. – MIGLIOR ATTORE

* Buono del valore di 600€ per i percorsi di formazione o seminari di O.D.S.

Edoardo Di Maria in LA PROCEDURA (regia di Alessandro Valbonesi)

Per aver costruito con spontaneità e delicatezza un personaggio immerso nel dramma della perdita dell’identità.

PREMIO O.D.S. – MIGLIOR ATTRICE

* Buono del valore di 600€ per i percorsi di formazione o seminari di O.D.S.

Alice Olivazzo in AN AFTERTHOUGHT (regia di Matteo Bernardini)

Per la naturalezza e il talento dimostrato nel dare vita a un personaggio fiabesco, pronto ad entrare nel nostro immaginario.

MIGLIOR CORTO D’ANIMAZIONE

* Consiste in un buono del valore di 200 € in libri, offerto dalla Libreria Pantaleon

MERLOT di Marta Gennari e Giulia Martinelli

PREMIO DEL PUBBLICO

* Selezione di vini offerto dalla Azienda Vitivinicola Santa Clelia

AN AFTERTHOUGHT di Matteo Bernardini

 

  • PREMI SPECIALI ASSEGNATI DALLE GIURIE PARTNER DEL gLOCAL FILM FESTIVAL •

La redazione di Cinemaitaliano.info: il direttore Stefano Amadio con Carlo Griseri, Antonio Capellupo e Simone Pinchiorri assegna il PREMIO CINEMAITALIANO.INFO – MIGLIOR CORTO DOCUMENTARIO che consiste nella pubblicazione del cortometraggio sul sito del portale Cinemaitaliano.info a

COSIMO di Matt Gorelli

Per la sua capacità di inquadrare la vita e il mondo di un personaggio forte e difficile, in grado di reggere il film sulle sue spalle e di aiutare lo spettatore ad andare oltre le apparenze e le proprie certezze.

Machiavelli Music Publishing assegna il PREMIO MACHIAVELLI MUSIC PUBLISHING – MIGLIOR COLONNA SONORA che consistente nella pubblicazione della colonna sonora su iTunes, Apple Music, Spotify, Deezer e su altri digital stores online a

KHOLEHO MOSALA, intorno alla cui musica si snoda il racconto di AWAKE (regia di Cesare Ambrogi). Il racconto della rivolta, dell’esperienza in carcere, della solidarietà tra i detenuti, si trasforma in atto creativo e diventa musica, nascendo spontaneamente dalla collettività come potente parola del Riscatto.

MENZIONE SPECIALE Machiavelli Music Publishing – Miglior Colonna Sonora a

SOUNDSCAPES (regia di Omar Bovenzi), il racconto del dietro le quinte dell’omonimo workshop tenuto da Paul Beauchamp, Jochen Arbeit e Fabrizio Modenese Palumbo. Nel cortometraggio che documenta il workshop e racconta il progetto, abbiamo apprezzato la sperimentazione musicale come momento di creazione condiviso, di percorso e di punto d’incontro tra musicisti con esperienze e background diversi.

 

La giuria mista composta da alcuni membri dello staff di Piemonte Movie e di Seeyousound International Music Film Festival assegna il PREMIO VIDEOCLIP PIEMONTE SYS che consistente in un corso di perfezionamento presso l’accademia della Nikon, sponsor ufficiale di SYS

PIRAMIDI di Marco Pellegrino. Canzone di PELLEGRINO

Un delicato mix tra immagini fotografiche e animazione mette in luce la capacità non banale di lavorare su differenti livelli con più di un mezzo di comunicazione. Questo video dà valore al brano e da esso ne trae la poesia che ci ha conquistato.

MENZIONE Videoclip Piemonte SYS (Servizi offerti da Simpol-Lab, partner di Seeyousound)

ASK THE STARS di LUCA VIGLIANI. Canzone di NEVERWHERE

Un’animazione capace di unire l’estetica vintage data dalle cromie fortemente evocative a un tratto più squadrato e abilmente giocato sullo speculare. Un video che riesce a mostrare la band con immagini da un playback “disegnato” che rende il progetto decisamente interessante.

Gli allievi del primo anno del college Cinema, coordinati dal docente di sceneggiatura e regia Andrea Tomaselli assegnano il PREMIO SCUOLA HOLDEN – MIGLIOR SCENEGGIATURA che consistente nella partecipazione gratuita a uno dei corsi della Palestra Holden a

MERLOT di Marta Gennari e Giulia Martinelli

Per la capacità di mantenere un ritmo fresco, per l’immaginazione e la creatività nella pianificazione dell’uso dello spazio, per l’omaggio al cinema muto dei comici degli anni ’20 e soprattutto perché rielaborare Cappuccetto Rosso facendo traballare la nostra comprensione della storia fino alla fine è un lusso inaspettato.

MENZIONE Scuola Holden – Miglior Sceneggiatura

SCOTOMA di Gipo Fasano

Per una sceneggiatura chiara, dal realismo curato e abilmente portata sullo schermo, la Scuola Holden vuole proporre una Menzione Speciale per Scotoma di Gipo Fasano. 

***

(Credits Diego Dominici)

 

Librolandia omaggia Stephen King e J.R.R. Tolkien

 

Va prendendo forma il programma del XXX Salone Internazionale del Libro di Torino e fra le tessere già collocate dal direttore Nicola Lagioia sul mosaico che sta realizzando vi è il duplice omaggio a due veri e propri “divi” della letteratura internazionale, quali Stephen King e J.R.R. Tolkien. Per entrambi il 2017 rappresenta un anno di celebrazioni: King compirà 70 anni a settembre, mentre sono diversi gli anniversari per Tolkien, fra cui il 125° della nascita e l’80° delloHobbit.

 

Autori di culto in tutto il mondo, accomunati non soltanto dalla dimensione fantastica della propria produzione letteraria, ma dal fenomeno editoriale rappresentato, King e Tolkien sono fra gli scrittori con il più alto numero di libri venduti su scala planetaria. Benché stilare classifiche precise sia complicato, ci si trova certamente dinanzi a un mercato di centinaia di milioni di volumi in tutte le lingue. Inoltre, attorno ad ambedue si è sviluppata nel tempo una dimensione che va al di là della mera sfera editoriale: ciascuno vanta infatti veri e propri fandom in ogni continente, comunità di appassionati che oltre riunirsi virtualmente attraverso una fitta rete di newsgroup, mailing list,forum, webzine, eccetera, promuovono costantemente l’organizzazione di incontri, seminari, mostre, raduni, feste, cosplay.

 

Proprio questi due “popoli” sono attesi in massa al Salone Internazionale del Libro per prendere parte agli appuntamenti in programma, come nel caso del grande rendez-vous europeo per i seguaci di Tolkien organizzato nella serata di sabato 20 maggio in riva al Po, fra le mura delBorgo Medioevale del Valentino. Una festa in costume corredata da un concerto di Arturo Staltericon musiche ispirate al Signore degli Anelli che condurrà a Torino schiere di appassionati della saga.

Sempre il 20 maggio, ma alle 18,30 e all’interno della fiera, è previsto un momento speciale curato da Loredana Lipperini in collaborazione con l’Associazione Italiana Studi Tolkieniani, già presente nella serie radiofonica di Radio3 in onda a gennaio-febbraio per Pantheon. Nell’occasione a Tolkien, di cui Bompiani pubblicherà a giugno Beren e Luthien (curato dal figlio Christopher), il Salone dedica la lectio magistralis di Wu Ming 4 Aspettando Beren e Luthien – Donne, dame ed eroine nel mondo di J.R.R.Tolkien, con l’intervento del presidente Aist, Roberto Arduini. L’associazione porterà inoltre al Salone Off una mostra di illustratori italiani dedicata all’autore; e i cosplayer tolkieniani, grazie a Torino Comics, saranno presenti nei padiglioni del Lingotto.

 

Come detto, riflettori puntati anche su Stephen King, le cui opere hanno accompagnato generazioni, le hanno appassionate, hanno forgiato il loro immaginario, superando il concetto del “fantastico” in senso stretto. Nella serata di venerdì 19 maggio, il Salone prevede un lungo omaggiodalle 18 alle 20, condotto da Giovanni Arduino, scrittore, traduttore e profondissimo conoscitore di King, e da Loredana Lipperini. Si alterneranno testimonianze, musiche, filmati, fumetti, fan scatenati, cosplayer in tema, apparizioni a sorpresa e, a partire dalle 19, sei scrittori leggeranno le pagine kinghiane che più hanno amato.

Dal Centro Pannunzio il Premio “Alda Croce”

Martedì 14 marzo alle ore 18, al Circolo della Stampa (c. Stati Uniti 27) il Centro “Pannunzio” consegnerà i Premi “Alda Croce” 2017 a cinque  donne piemontesi che hanno raggiunto risultati di particolare valore culturale e sociale: Consolata SOLERI BERAUDO DI PRALORMO, storica dell’arte che opera per la salvaguardia della tradizioni, ideatrice di Messer Tulipano, Bruna BERTOLO scrittrice e giornalista, Carla GATTI, direttore  dell’Area  Relazioni e Comunicazione della Città Metropolitana di Torino, Tilde GIANI GALLINO, Ordinaria di  Psicologia dello sviluppo nell’Università di Torino, Magda MORRA ,avvocato  del Foro di Torino. Il Premio è alla sua seconda edizione e intende essere un riconoscimento a donne piemontesi in ricordo di Alda Croce, torinese non solo di nascita, ma legata da profondi vincoli storici ed affettivi  al Piemonte ,a partire dalle vacanze piemontesi a Meana e a Pollone.

***

Alda Croce (Torino 1918 – Napoli 2009), a cui è dedicato il Premio, figlia del filosofo Benedetto  Croce, fu Presidente  del Centro “Pannunzio” dal 1997 al 2004 e Presidente onoraria fino alla morte. Ha dedicato la vita all’opera del padre di cui fu la più stretta collaboratrice. Saggista di letteratura spagnola, è anche autrice di una monumentale biografia su Francesco De Sanctis, insieme alla sorella Elena edita dalla Utet. La sua è stata una figura di intellettuale libera da condizionamenti e la sua Presidenza del Centro “Pannunzio” è stata caratterizzata da iniziative di notevole importanza, come la pubblicazione degli “Annali” che escono tutt’ora annualmente.

“Manon Lescaut”, atteso ritorno al Regio

Si preannuncia un successo di pubblico e di critica la rappresentazione di Manon Lescaut al teatro Regio prevista per martedì 14 marzo alle 20, capace di far riaffiorare il ricordo di quello trionfale ottenuto dalla stessa opera nella messinscena, sempre al teatro Regio di Torino, il 1 febbraio 1893, con ben otto chiamate alla ribaltaDi grande livello il cast di questa produzione, sostenuta dalla Società Reale Mutua Assicurazioni, che riprende, variandolo, l’allestimento pensato per le Olimpiadi invernali di Torino del 2006. L’enfant prodige del teatro Regio, che ha firmato regie di successo, come quelle della Boheme e del Barbiere di Siviglia, ha mantenuto, infatti, l’impianto del suo predecessore.

Nel ruolo di Manon la celebre soprano Maria José Siri, il tenore Gregory Kunde in quello di Renato De Grieux e il baritono Dalibor Jesse in quello di Lescaut. L’allestimento di Vittorio Borrelli si caratterizza per la compresenza di realismo e simbolismo, pur nel rispetto dei dettami presenti nel libretto. L’ambientazione settecentesca è solare nel primo atto; dominata, nel secondo atto, dagli ori e dal nero del palazzo di Geronte, e si tinge di un’atmosfera tenebrosa nell’atto ambientato nel porto di Le Havre. Si conclude, infine, con una distesa dominata da luci taglienti e nette per la landa desolata dell’ultimo atto. La Manon Lescaut si può definire un’opera giovanile di Puccini, caratterizzata da energia e freschezza. Si tratta di una musica cinematografica ante litteram, basata su primi piani, controcampi, piani sequenza, che aprono all’immaginario del teatro musicale soluzioni fino ad allora inedite. Rappresentò la consacrazione dell’allora trentacinquenne Giacomo Puccini, alla sua terza opera. La gestazione della Manon Lescaut non era stata tra le più facili, proprio perché Puccini voleva evitare il confronto con l’opera composta sullo stesso soggetto da Massenet, tratta dal medesimo libro “Histoire du chavalier des Grieux et de Manon Lescaut “, scritto dall’abate Antoine Francois Prevost. Per questo motivo Puccini non era soddisfatto del libretto e il lavoro passava da un autore all’altro, da Ruggero Leoncavallo a Marco Praga, da Domenico   Oliva a Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, fino a giungere allo stesso compositore. Nel novembre 1893 sarà lo stessoGustav Mahler a dirigere la prima tedesca dell’opera e Fedele d’Amico dichiarerà che “Manon Lescaut è il nostro Tristano. Un Tristano istintivo, non problematico, senza implicazioni cosmiche, formato ridotto, precisamente quel tipo di Tristano che l’opera italiana poteva produrre “.

 

Mara Martellotta

La traversata dei tre “buoni consigli”

Osvaldo Torrioni, nato ad Angera, poco distante dalla villetta dove si riuniva clandestinamente, durante il fascismo, l’esecutivo nazionale del Partito Comunista Italiano, era un compagno “tutto d’un pezzo”. Così si autodefiniva e, a riprova della scelta, teneva nel portafoglio una foto ingiallita che ritraeva, attorno ad un tavolo, Palmiro Togliatti, Angelo Tasca, Camilla Ravera e Umberto Terracini, immortalati dall’obiettivo di una delle prime Leica. Guarda qui, che roba. I nostri capi nel mio paese, ad Angera. Siam gente con le balle quadre, altro che storie!”. E pazienza per la compagna Ravera. Osvaldo, giovanissimo, frequentò il convitto scuola Rinascita di Milano, formandosi culturalmente  e politicamente. Nel capoluogo lombardo imparò anche il mestiere di elettricista e, negli anni, conobbe molta gente, rimanendo affascinato da persone un po’ ai margini, balorde.In cima alla lista c’era quel Carlo Torrighelli, meglio noto come C.T , suo conterraneo, essendo di Laveno. Al pari diEttore Gagliano , lo schiaffeggiatore di preti, era una delle leggende viventi della vita milanese. Ogni mattina per tutti gli anni sessanta e settanta  si aggirava per il centro della città con un triciclo da gelataio e i suoi tre cani – La Bella, L’Umanità e L’Amore -, sostando tra il Castello Sforzesco e la stazione di Porta Garibaldi. Lì, con un megafono gridava gli stessi slogan che scriveva con vernice bianca a caratteri maiuscoli, sui: cartelli, sui muri e sull’asfalto. “Sveglia popolo bue“, “Con più conoscete la gente con più amate gli animali“, e giù un fiume di contestazioni al clero, ai russi e agli americani che usavano le onde magnetiche dei ponti radio “per uccidere l’umanità”. Osvaldo, da come s’intuisce, era un irregolare, poco incline alla disciplina se si escludeva quella del partito, alla quale prestava un’obbedienza quasi cieca. Così, pur restando legato al suo lavoro di elettricista, dedicava il tempo libero alla politica. Girava per le sezioni del milanese e del varesotto, con qualche puntata anche sull’altra sponda del lago Maggiore.

Nonostante tutto, per il Pci lombardo, restava un uomo affidabile e un propagandista di prim’ordine, dotato di un certo carisma e di un’invidiabile parlantina. “Osvaldo, se te la senti, sabato sera, potresti andare a fare un comizio a Premosello, in Val d’Ossola. I compagni di lì hanno chiesto uno da fuori, tanto per avere una presenza nuova. Poi, verso sera, il segretario della sezione ti accompagnerà in macchina fino a Intra dove potrai prendere l’ultimo traghetto per Laveno e poi le Ferrovie Nord fino a Milano. Hai voglia?”. Alla richiesta del responsabile dell’organizzazione della Federazione comunista milanese rispose affermativamente, senz’indugio. Quelle “trasferte” gli piacevano molto. Lo “svariavano”, come più volte aveva avuto modo di confessare agli amici. Detto e fatto, partito dalla Centrale in treno verso Domodossola, scese alla stazione di Verbania- Fondotoce e da lì, in autobus, raggiunta la sua meta, s’incontrò con i compagni del posto. Grandi feste e buon successo dell’iniziativa alla Casa del Popolo alla quale fece seguito un’ottima cena, innaffiata con un allegro vinello che proveniva dai grappoli coltivati sulle “toppie” locali. Quando Osvaldo e il segretario locale ripartirono alla volta di Verbania era già tardi, molto tardi. E, giunti all’imbarcadero di Intra, s’accorsero che era ormai troppo tardi. L’ultimo traghetto era già in mezzo al lago. Congedato l’accompagnatore ossolano che non finiva più di chiedere scusa, Osvaldo si stava per rassegnare ad attendere la prima corsa dell’alba per potersi imbarcare.

Sotto un cielo gonfio di stelle la superficie del lago era liscia come l’olio. Nell’aria non c’era un filo di brezza, cosa veramente rara. Osvaldo, appoggiato con i gomiti alla balaustra, guardava l’altra sponda  del Verbano quando vide un uomo vicino ad una barca, sullo scivolo sotto di lui. Un’idea pazza gli frullò in testa. Non esitò un istante e lo chiamò, agitando la mano. Farsi accompagnare in barca fino a Laveno non era una cosetta da nulla, anche per una lancia da lago dotata di motore. E di notte, poi. Tra l’altro si era accorto di avere in tasca pochi spiccioli, appena sufficienti per il biglietto del treno. Sul traghetto , grazie alle amicizie tra il personale della Navigazione, contava di fare il viaggio se non proprio “ a gratis”, almeno con l’impegno di pagare in un’altra occasione. Come convincere il pescatore (perché, nel frattempo, dopo essersi presentato, aveva capito che di un pescatore si trattava) a farlo salire in barca a sbafo? Imbastì una trattativa che si protrasse per quasi mezz’ora, tra i dinieghi dell’uomo – tal Sebastiano Zufoli di Suna – e l’infervorata abilità oratoria di Osvaldo. La riluttanza dell’uomo, a poco a poco, s’affievolì e alla fine, più per curiosità che per convinzione, accettò il patto proposto dal Torrioni. L’intesa era chiara: in cambio del “passaggio”, Osvaldo avrebbe svelato allo Zufoli tre importanti consigli che gli sarebbero stati molto utili nella vita. Il primo a un terzo del viaggio, il secondo oltre la metà e l’ultimo all’arrivo nel porticciolo di Laveno. Acceso il motore, l’imbarcazione puntò la prua verso la sponda lombarda del Verbano. Alla distanza pattuita per il primo “consiglio”, Osvaldo disse: “ Mai mettere la barca in acqua quando soffiano forte l’Inverna o la Tramontana, altrimenti si rischia di finir male”. Apriti cielo! Il pescatore s’arrabbio molto per quello che sentì. “A me lo viene a dire, che faccio questo mestiere da una vita? Ma che razza di consiglio è? “. Osvaldo ci mise un po’ per calmarlo e, procedendo sulla rotta stabilita, in poco tempo arrivarono oltre la metà del tragitto, con le luci di Intra più fioche alle spalle e quelle più vivide del lungolago di Laveno che s’avvicinivano. Il secondo consiglio scatenò il povero Sebastiano come una furia. “Cosa vuol dire che per sentire il vento devo succhiarmi un dito, esponendolo all’aria? Ma sei matto? Mi prendi in giro? Io ti butto in acqua qui in mezzo al lago, sai ?!”. Minacciato dal pescatore che brandiva un remo, preoccupato per il pericoloso ondeggiare della barca, Osvaldo sudò sette camicie per riportare la calma. Ormai, a quel punto, era assurdo tornare indietro e, pur trafiggendo il suo passeggero con sguardi tremendi, lo Zufoli decise di andare fino in fondo. “Ma, attento a cosa mi dirai con l’ultimo consiglio, perché sono incavolato come una bestia, eh?”. Osvaldo, sentendosi minacciato, rassicurò il traghettatore dicendogli che gli avrebbe rivelato il più importante, quello più utile, del quale far tesoro tutta la vita. E infatti, appena la prua della barca tocco la riva, con uno scatto felino, Osvaldo saltò a terra e si mise a correre. Per non venir meno alla parola data, guadagnato un certo vantaggio, rivolto al pescatore, gridò: “ Il terzo consiglio è questo: contratti di questo genere non farne più!”. E sparì nei vicoli bui mentre il pescatore urlava alla luna tutta la sua rabbia. Negli anni a venire non mancarono a Osvaldo Torrioni le occasioni per recarsi in Ossola o nel Verbano. Stette comunque “in campana” perché, dopo quella notte agitata, a scanso d’equivoci, era meglio non rischiare di perdere l’ultima corsa del traghetto, evitando così d’incontrare lo Zufoli.

 
Marco Travaglini

Attesa per Seong-Jin Cho, vincitore del premio “Chopin”

 
Martedì 14 marzo 2017 ore 20.30 • Sala Cinquecento del Lingotto

Foto. © Bartek Sadowski

Nato a Seul nel 1994, nel 2015 ha vinto il primo premio nel leggendario Concorso «Chopin» di Varsavia, scrivendo il proprio nome nell’albo d’oro della competizione insieme a quello di giganti della tastiera come Martha Argerich, Maurizio Pollini e Krystian Zimerman. Un successo celebrato dai media internazionali e da una carriera che lo sta portando ad esibirsi nella maggiori sale del pianeta a fianco delle massime orchestre e dei più importanti direttori. È con il recital solistico di Seong-Jin Cho che martedì 14 marzo 2017 alle 20.30 la rassegna 2016-2017 di Lingotto Giovani tocca il punto più alto della propria programmazione stagionale. Durante la presente stagione, il giovane pianista sudcoreano è impegnato nei recital di debutto nella sala principale della Carnegie Hall, in occasione della serie Master Pianists del Royal Concertgebouw di Amsterdam, al Chamber Music San Francisco, alla Herkulessaal di Monaco, oltre a tournée in Asia con la Philharmonia Orchestra ed Esa-Pekka Salonen, in Europa con la Russian National Orchestra e Mikhail Pletnev ed esibizioni in concerto con l’Orchestre de Paris alla Philharmonie di Parigi, l’Orchestra Nazionale dell’Accademia di Santa Cecilia e Valery Gergiev, la Liverpool Philharmonic Orchestra e Vassili Petrenko, l’Orchestra Filarmonica di Tokyo e Myun-Whun Chung alla Suntory Hall, il tutto completato da un contratto in esclusiva siglato con l’etichetta Deutsche Grammophon a inizio 2016.Il programma della serata, che si svolge come di consueto presso la Sala Cinquecento del Lingotto, prende le mosse dalla Sonata in fa maggiore KV 332 di Wolfgang Amadeus Mozart, una delle più celebri Sonate del compositore austriaco, che studi del musicologo Alan Tyson collocano nei primi anni successivi al trasferimento a Vienna (1781), contraddicendo la tradizione datazione di Ludwig von Köchel, il primo compilatore del catalogo delle opere mozartiane ancora oggi in uso, che faceva risalire la composizione di questa pagina, insieme a quella delle sue consorelle KV 330 e KV 331, al soggiorno parigino del 1778.Come era lecito aspettarsi dal vincitore Concorso pianistico dedicato a Fryderyk Chopin, è dedicata alla musica del grande compositore polacco la parte restante del programma, che vedrà Cho alle prese con le quattro Ballate, recentemente da lui incise per l’etichetta Deutsche Grammophon. Le Ballate sono forse le composizioni presenti all’interno del catalogo del compositore polacco che meglio rappresentano l’arte di Chopin in ogni suo aspetto: la tecnica non è inferiore a quella degli Studi, la complessità dell’architettura può paragonarsi a quella delle Sonate, la passionalità e la drammaticità non hanno nulla da invidiare agli Scherzi, la potenza epica ricorda quella delle Polacche, ma i temi lirici hanno la delicatezza di quelli delle Mazurche e dei Notturni. Scritte nell’arco di circa dieci anni, tra l’inizio degli anni ’30 e il 1842, le Ballate appartengono al periodo parigino del compositore. 
Grazie all’accordo con l’Università di Torino e il corso di laurea in DAMS il concerto sarà introdotto da una breve guida all’ascolto della studentessa Camilla Chiara
***
La biglietteria è aperta nel giorno del concerto, 14 marzo 2017, in via Nizza 280 interno 41, dalle 14.30 alle 19, e un’ora prima del concerto, dalle 19.30 nel foyer della Sala Cinquecento. Vendite on line su www.anyticket.it. Poltrone numerate da 5 a 10 euro. Informazioni: 011.63.13.721 oppure www.lingottomusica.it