E quando si potrà….una gita anche a Vezzolano e alla sua Abbazia, a poca distanza dalla collina torinese. La chiesa di Santa Maria di Vezzolano merita più di una sosta anche se in questi tempi bui e drammatici è sbarrata come tutti gli altri siti storici
La Canonica di Vezzolano, che chiamiamo solitamente Abbazia per l’atmosfera medioevale e misteriosa che si respira quando si entra o si passeggia nei dintorni sorge nel Comune di Albugnano, nel basso monferrato astigiano. In realtà non è mai stata un’abbazia.

Per farla breve, arrivati a Castelnuovo don Bosco da Chieri, si sale verso Albugnano e si vira a sinistra scendendo per un chilometro in una piccola conca dove si staglia l’abbazia, splendido gioiello del Romanico astigiano, circondata da boschi, vigne, leggende, verdi colline, sentieri per escursionisti e da un favoloso panorama che guarda verso Superga, l’imbocco della Val Susa e naturalmente l’onnipresente Monviso. Una suggestiva leggenda è legata alla figura di Carlo Magno. Un giorno dell’anno 773 l’imperatore stava cacciando nei boschi intorno a Vezzolano. D’improvviso gli apparvero di fronte tre scheletri usciti dalla tomba. La paura fu tale che cadde da cavallo, un eremita lo aiutò a riprendersi e lo invitò a pregare Maria Vergine. A quel punto Carlo Magno decise di costruire proprio in quel luogo una grande chiesa. La leggenda del re Franco fu ben sfruttata da un canonico di Vezzolano nel Settecento per raccogliere fondi dai nobili della zona e ristrutturare l’Abbazia decadente. Ma la notizia di questi giorni è straordinaria: il 2019 è stato un anno record per l’Abbazia visitata da quasi 50.000 turisti. Un anno eccezionale che conferma l’interesse crescente dei visitatori per il Romanico, dai monumenti alle chiese, dalle cappelle votive ai castelli. Tutti pazzi per il Romanico astigiano, si direbbe, che conquista sempre più gente e individua nella storica Abbazia il pezzo più pregiato. Secondo l’associazione culturale “In.Collina”, lo scorso anno i visitatori, italiani e stranieri, che hanno apprezzato i monumenti del Romanico astigiano sono stati 46.000, diecimila in più di due anni fa. Un prezioso patrimonio artistico che resta aperto, anche d’inverno, grazie all’impegno di decine di volontari dell’associazione astigiana. L’Abbazia è aperta sei giorni su sette per nove mesi su dodici e i fine settimana nel periodo autunno-inverno. Eretta nel 1095, mentre in Europa ci si preparava alle Crociate, è uno dei principali monumenti romanici medioevali del Piemonte. Quasi mille anni fa sorse come Canonica dell’Ordine di Sant’Agostino e il primo documento a noi noto è l’atto di investimento del 17 febbraio 1095. La chiesa è dedicata allaVergine Maria al cui culto erano dedite le canoniche di Sant’Agostino e molto ricca è l’iconografia mariana conservata nel complesso. L’interno con la sua architettura romanico-gotica è composto da due navate, centrale e sinistra mentre la navata a destra è stata inglobata nel bellissimo chiostro abbellito da numerosi affreschi del Trecento. Di particolare pregio il pontile che suddivide la navata centrale, realizzato in arenaria grigia monferrina, su cui sono raffigurati i Patriarchi e le Storie della Vergine. Nel giardino antistante si può anche ammirare il meleto dell’abbazia in cui si recuperano antiche varietà di mele. Il sito dell’associazione culturale informa che, a causa dell’emergenza virus, la Canonica di Vezzolano rimarrà chiusa fino al 3 aprile.
Filippo Re

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
creatrice del fenomeno virale #bookbreakfast, ovvero abbinare alla grafica della copertina di un libro oggetti collegati, e poi li ha pubblicati sul suo profilo Instagram @petuniaollister. Dopo il libro precedente “Colazioni d’autore” (foto di libri sul tavolo della colazione) ecco i “Cocktail d’autore” in cui è raccontato visivamente come si beve nella letteratura. Una serie di scatti inediti che sposano le cover dei libri con i suggerimenti di cosa shakerare nel bicchiere. Ovviamente l’ ispirazione per le composizioni fotografiche arriva dalle pagine dei libri e filo conduttore sono i cocktail citati in opere famose. Dalle atmosfere in cui si beve molto e un po’ di tutto, palpabili nelle pagine di Hemingway a quelle della Duras; dagli alcolici anni folli narrati da Francis Scott Fitzgerald ai “Giochi di società” di Dorothy Parker; passando per le miscele di Steinbeck e di tanti altri scrittori. In tutto 70 magnifici libri e altrettante ispirazioni, in immagini che celebrano ad hoc colori e sapori al alto tasso alcolico.
Spesso sotto una patina di comune boriosità, che parrebbe innocua, può nascondersi un subdolo calcolo e un pericoloso mostro. Di più non anticipo, però posso dirvi che questo libro di Elizabeth Jane Howard, pubblicato la prima volta nel 69, è un’autentica chicca dell’autrice della famosa saga dei Cazalet. E’ la storia di una famiglia allargata nella seconda metà del 900 e mescola invenzione pura con alcuni elementi estrapolati dalla biografia dell’autrice. C’è l’insicura vedova May Browne-Lacey, madre di Elizabeth e Oliver, che finisce per sposare l’arrogante e odioso colonnello Herbert. Anche lui ha seppellito ben due mogli ed ha cresciuto –opprimendola- la giovane Alice, che appena può si sposa andandosene di casa, anche se finisce per cadere dalla padella alla brace, fagocitata da altra infelicità. Il fulcro è racchiuso nel matrimonio di May. Il nuovo marito l’ha praticamente costretta ad investire il suo capitale nell’acquisto di una casa che è un vero e proprio obbrobrio tardo vittoriano: spropositatamente immensa e paradossalmente claustrofobica. Non piace a May e tanto meno ai suoi ragazzi che emigrano a Londra: Oliver alla ricerca di una moglie ricca che lo mantenga, mentre Elizabeth invece finirà per trovare l’amore.
un difficile rapporto con due genitori tutt’altro che perfetti. Reginald Dwight –questo il vero nome del cantante- si mette a nudo fino al midollo raccontando della sua timidezza di bambino, con madre e padre che litigavano spesso ed avevano anche idee strampalate sui metodi educativi. Eppure riconosce che “..se non fosse stato per mamma e papà, avrei avuto una tipica noiosa infanzia da anni 50”. Reginald ha il dono di un orecchio portentoso per la musica e accarezza la presenza del pianoforte in casa della nonna. Crescendo viene folgorato dal rock’n’roll che esplode come una bomba ed ha un effetto rivoluzionario, con il retroterra di cultura, vestiti, film e atteggiamenti che travolgono letteralmente il giovane. Entra a lavorare nel cuore dell’industria musicale, fa parte di una piccola band, i Bluesology, e sogna di diventare una stella del pop. A 23 anni tiene il primo concerto in America: si presenta sul palco in salopette giallo canarino, maglietta di stelle e scarponi con le ali. Singolari la tenuta, il suo stile… e nasce così Elton John, un uragano nel mondo musicale. Il resto è storia pubblica e dietro c’è il privato più intimo che scoprirete in queste 352 pagine. Una parabola di alti e bassi, tra tossicodipendenza e tentati suicidi, tosta disintossicazione e impegno nella lotta contro l’Aids, passando per i grandi personaggi che hanno costellato la sua incredibile vita. Dall’amicizia con Lady D a quella con Gianni Versace, da quella con John Lennon ai balli nientemeno che con la regina Elisabetta II. Poi l’incontro con il vero amore e la decisione di diventare padre….









Pannunzio ha lasciato poco di scritto e quasi sempre ha ispirato altri, limitandosi a fare il giornale. Sul “Mondo” non ci sono articoli a sua firma e il piccolo saggio su Tocqueville, risalente al ‘42, è una testimonianza di poco conto. Molti sono invece i suoi articoli prima della guerra pubblicati sull’ “Omnibus “ di Longanesi e su “Oggi” che fondò e diresse insieme ad Arrigo Benedetti. Se escludiamo gli studi di Carla Sodini, nessuno si è occupato delle radici lucchesi, umane ed intellettuali, limitandosi ad analizzare il periodo romano, certamente il più importante, dagli anni universitari alla morte.