CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 620

Al Regio la Traviata per la regia di Brockhaus

Fa parte della  sua trilogia romantica definita da Sinopoli esempio di “arte povera”

Sarà   Donato Renzetti a dirigere l’Orchestra del Teatro Regio di Torino venerdì 14 dicembre prossimo alle 20 per la prima della Traviata di Giuseppe Verdi, per la regia di Henning Brockhaus e la coreografia di Valentina Escobar. Nel ruolo di Violetta il soprano Maria Grazia Schiavo, in quello di Alfredo Germont Dmytro Popov;   in quello di Giorgio Germont Giovanni Meoni; Anna Malavasi vestirà i panni di Flora Bervoix. Verdi scelse il soggetto della Traviata consapevole della sua eccezionalità, traendolo dal dramma “Dame aux camelias” di Alexander Dumas figlio, rappresentato a partire dal febbraio 1852 al Theatre del Vaudeville a Parigi. La Traviata verdiana, che avrebbe incontrato nella sua storia un clamoroso successo, registro’, invece, nella sua prima esecuzione un fiasco, al teatro La Fenice di Venezia, il 6 marzo 1853, per poi riscattarsi sempre a Venezia. Ultima opera della celebre “trilogia romantica” comprendente il Rigoletto ed il Trovatore, con le cui fasi conclusive venne a sovrapporsi nella sua genesi, la Traviata esprime il tema della denuncia dei pregiudizi e delle ipocrisie presenti nella società borghese, di cui Verdi era rimasto in quegli anni vittima nel corso della sua relazione con Giuseppina Strepponi. Ispiratrice della storia riportata nel romanzo, in un contesto decadente, era un personaggio realmente esistito nella prima metà del secolo, Marie Duplessis, ragazza di facili costumi, morta a sol 23 anni di tubercolosi, frequentatrice di ambienti intellettuali, che la posero a contatto con Liszt, Alfred de Musset e Dumas stesso. La Traviata, insieme a “Carmen” e “Boheme”, è l’opera del repertorio lirico più eseguita al mondo. Secondo alcuni critici si tratta di un capolavoro assoluto, secondo altri di un’opera media, se non addirittura mediocre, in cui Verdi ricorre alle consuetudini del melodramma. In realtà si tratta di un’opera straordinaria, ricca di un genio drammatico che non soltanto esce fuori dall’applicazione di regole consuete. La censura volle che la vicenda, ricca di scandali, di una donna che trascorreva la sua vita nell’alta società tra relazioni fugaci fosse retrodatata al Settecento. Fino alla fine dell’Ottocento rimase in voga questa prassi; in seguito l’ambientazione di Verdi e del suo librettista Piave fu ristabilita, diventando la rappresentazione di una nuova società con nuovi problemi etici. L’opera, articolata in tre atti, è fondata su di un dramma interiore, sulla reputazione sociale e su di un amore che diventa impossibile. Il tema, assolutamente innovativo, è incentrato, infatti, sull’impossibilità da parte della protagonista femminile di amare ed essere amata, imposto dalla società. Ancor prima di morire, Violetta è gi morta anche perché , se mutata dall’amore, per tutti rimane, comunque, una prostituta alla quale non è permesso ondurre una vita normale. Quest’opera è definita dal grande direttore Giuseppe Sinopoli un esempio di “arte povera” per la semplicità delle sue forme, unita alla sua forte passionalità. erdi fu criticato per il suo formalismo e fu considerato unico personaggio dell’opera Violetta, igmirando del tutto il ruolo di Germont. La scelta di formalizzare le strutture musicali fu dettata in Verdi da un preciso indirizzo estetico; il “Brindisi”e l’aria ” Di Provenza il mar, il suol” dimostrano come la prassi melodrammatica venga rispettata in ogni suo aspetto con il tema dell’aria introdotto dall’orchestra. Con la Traviata si avvia in Verdi un processo verso la drammatizzazione e la scomparsa del recitativo propriamente detto, con la costruzione di un tessuto musicale di contini crescendo, con un coup de theatre finale, seguendo quella struttura che era stata creata ed era cara a Donizetti.

Mara Martellotta 

Indiependence Tribute: Francesco De Gregori

Per l’occasione, due interpreti d’eccezione renderanno omaggio al Principe della canzone italiana

Nuovo appuntamento targato Indiependence, dedicato alla musica di Francesco De Gregori. Per l’occasione, due interpreti d’eccezione renderanno omaggio al Principe della canzone italiana. Sul palco Eugenio Rodondi, cantautore torinese reduce dalla pubblicazione del suo terzo album, “D’un tratto” (Phonarchia Dischi), presentato al Jazz Club di Torino e supportato dal tour #Tuseguimichiomiperdo, prodotto da Dewrec con il sostegno di Amaròt e promosso da Sollevante Press. Al suo fianco Andrea Failli, cantautore romano e frontman della band Cado nello specchio con cui vanta esibizioni in Italia e all’estero. Con la sua band, Failli ha inciso due dischi, l’ultimo dei quali “Canzoni a mano armata”, presentato ai Magazzini sul Po. L’ingresso come sempre è libero con tessera Arci.  È possibile rinnovare la propria tessera in loco, al costo di 10 euro, o con la rinnovata formula delle nostre cene di tesseramento a 20€ (antipasti + primo + dolce + Tessera ARCI 2018/19)

“I luoghi dello spirito a Ghiffa”

DAL PIEMONTE

Si inaugura sabato 8 dicembre, alle 17.30, la mostra collettiva dei soci de “Il Brunitoio” presso la sala Esposizioni Panizza in corso Belvedere a Ghiffa (Vb). L’evento artistico è stato pensato in occasione dei 15 anni di attività del sodalizio.

 

Saranno esposte opere grafiche e fotografie. La mostra, curata da Ubaldo Rodari e presentata nell’occasione da Antonio Biganzoli, sarà visitabile per il mese di dicembre dal giovedì alla domenica, dalle 16 alle 19. Dal 1° gennaio  sarà disponibile per le visite scolastiche o su appuntamento. Sono passati tre lustri da quando “L’Officina di Incisione e Stampa in Ghiffa – Il Brunitoio” si costituì in libera associazione. Era il 2003 e in tutto questo tempo sono state promosse una molteplicità di mostre, incontri, eventi culturali, interventi didattici che hanno fatto de “Il Brunitoio” una riconosciuta e apprezzata istituzione in campo artistico sul territorio e ben oltre gli stessi confini della provincia del Verbano Cusio Ossola. L’attività,mirata a diffondere la conoscenza della stampa e dell’incisione nella tecnica calcografica, si è sviluppata sulla doppia direttrice della didattica e della forma espositiva, trasformando lo spazio della Ex-Panizza in uno dei più qualificati appuntamenti espositivi con artisti di fama nazionale e internazionale, nel campo della grafica di alto livello. Inoltre l’associazione ha promosso percorsi didattici di avvicinamento alle tecniche grafiche attraverso corsi pratici a diversi livelli di apprendimento, con lo scopo di far sperimentare a bambini, ragazzi e adulti le tecniche dell’incisione pressoché sconosciute o poco praticate. Dal 2015 è stata avviata una collaborazione con i docenti di tecnica Hayter dell’Atelier 17 di Parigi, Hector Saunier e Shun Li Chen e annualmente “Il Brunitoio” propone un workshop per l’apprendimento di questa tecnica calcografica che permette di stampare più colori contemporaneamente, con una sola matrice e in un’unica battuta di stampa. Infine,tutti gli anni vengono programmate serate letterarie o dedicate all’ascolto musicale, senza tralasciare proiezioni di video artistici e incontri tematici sulle opere d’arte. L’insieme di  queste attività e degli eventi organizzati ha consentito importanti contaminazioni culturali sul territorio.

Marco Travaglini

Quando i Brand si mettono in mostra al “Palazzo della Luce”

Fino al 6 dicembre

Due mondi apparentemente lontani. Incapaci di interagire e fare gioco di squadra. Il che può capitare. Capita. Ma in alcuni – e neppure pochi felici – casi, il mondo imprenditoriale e quello dell’arte, nelle sue più svariate forme, possono al contrario viaggiare in coppia, dialogare e confrontarsi fra loro con “esiti” di indubbio valore artistico-culturale e, pur anche, di grandi e rinnovate potenzialità sul piano economico. E’ questo quanto vuole ancora una volta ribadire e palesare “carte in mano”, l’interessante mostra d’arte contemporanea “Art For Excellence”, giunta quest’anno alla sua quarta edizione ed ospitata, fino al prossimo 6 dicembre, negli spazi prestigiosi del “Palazzo della Luce” di via Bertola a Torino: in quel magnifico Salone al primo piano de “la piccola Madama”, come i meno giovani torinesi sono soliti chiamare il Palazzo progettato nel lontano 1915 dall’architetto Carlo Angelo Ceresa per la sua innegabile somiglianza con la superba facciata juvarriana di Palazzo Madama e sul quale – sorvegliato com’é dall’alto da due gruppi scultorei del Rubino, allegorie di Industria e Lavoro – non poteva cadere scelta migliore per ospitare un’iniziativa di imprenditoria culturale, volta alla promozione di alcune imprese di eccellenza del territorio. Il progetto, nato da un’idea dell’Associazione Culturale “Sabrina Sottile Eventi d’Arte”, ha già coinvolto 60 imprese e 60 artisti nelle tre precedenti edizioni, che hanno richiamato un pubblico di oltre 20mila visitatori. In mostra, anche per questa edizione, troviamo “una collezione d’arte inedita, con opere frutto del lavoro sinergico – spiegano gli organizzatori – di artisti e imprenditori del territorio”, in un proficuo scambio di competenze fra il saper fare “a regola d’arte” e il creare “a regola d’arte” che per gli artisti (fotografi, pittori, scultori o imprevedibili performers) vuol dire “saper interpretare con professionalità ed intelligenza un’idea imprenditoriale, una mission, un brand, un prodotto”. Ben 15 sono le aziende selezionate per questa edizione dell’evento, abbinate ad altrettanti artisti che spesso hanno utilizzato materiali messi a loro disposizione dalle stesse aziende. Molteplici e libere le tecniche, così come l’impostazione stilistica. Particolarmente interessanti le “Emozioni accese”, realizzate da Massimo Sirelli con vernici industriali su tela – fra giochi di colore saltellanti dall’astrattismo al simbolismo e a certa surrealistica visionarietà – per rappresentare i valori e le emozioni trasmesse dai prodotti Simon Urmet, azienda torinese specializzata nella produzione di apparecchiature elettriche civili. Suggestive anche le fotografie “Autunno” di Flavio Catalano, una sorta di fiammingo “set cinematografico” teso a celebrare il cibo e i vini   di Rabezzana (noto brand piemontese attivo dal 1876) e “Immobil Dynamic Chiusano” scattata da Maurizio Gabbana per cristallizzare in un click di “mosso” dinamismo la frenetica positiva collaborazione colta dal fotografo negli uffici torinesi della Chiusano & C. Immobiliare. E’invece un acrilico su tela “Giudycan”, l’opera eseguita da Max Ferrigno per la pinerolese celeberrima Galup: protagonista del racconto una “MangaPinUp”, realizzata in coloratissimo stile pop, in cui si fondono l’immaginario dei manifesti pubblicitari Anni Cinquanta e quello delle “maid”, cameriere in divisa vittoriana e fenomeno tipico del mondo “otaku” giapponese. Di prorompente vitalità, “Le sue ali per volare”, scultura in filo d’acciaio inox intrecciato a mano, che porta la firma di Giuseppe Inglese per Mepit, importante azienda settimese, eccellenza dell’hi-tech, attiva principalmente nel settore aerospaziale. A seguire gli altri abbinamenti: Agrimontana con Marina Sasso, Ascot Ascensori con Carlo Gloria, Cavit e Cave Germaire con Ahmad Nejad, Esemplare con Lady Be, Gruppo Viva con Christian Costa, Rca Imballaggi Flessibili con Patrizia Piga, Remmert con Silvia Beccaria, Sargomma con Octavio Floreal, Sea Marconi con Ferdi Giardini e Vigel con Gigi Piana. A corollario della mostra, sono previsti anche eventi collaterali, visite guidate e momenti di approfondimento dedicati al mondo dell’arte e della cultura.

Gianni Milani

“Art For Excellence 2018”

Palazzo della Luce, via Bertola 40, Torino; tel. 011/5618236 o www.artforexcellence.it

Fino al 6 dicembre – Orari: tutti i giorni 11/19

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Foto

– Massimo Sirelli: “Emozioni accese”, vernici industriali su tela
– Flavio Catalano: “Autunno”, fotografia digitale e stampa digitale su Epson Canvas fine Art
– Maurizio Gabbana: “Immobil Dynamic Chiusano”, fotografia multiexpo non post prodotta, Stampa fine Art Epson montata su Dibond
– Max Ferrigno: “Giudychan”, acrilico su tela
– Giuseppe Inglese: “Le sue ali per volare”, sculture in filo di acciaio inox intrecciato a mano, verniciato, luminescente 

Al Museo del Risorgimento le visite guidate teatrali

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“…Liberi Tutti”

Visitare un Museo – e un Museo di grande prestigio storico e culturale qual è quello del Risorgimento Nazionale di Torino – come fossimo non semplici appassionati d’arte e di storia patria, ma altresì attori ben vivi e compartecipi di un’intrigante pièce teatrale

Si può fare. Basta aderire all’invito dello stesso Museo fondato nel 1878, all’interno di quel capolavoro del Guarini che é Palazzo Carignano (già sede del Parlamento Subalpino e, dal 1861 al 1865, del Primo Parlamento Italiano), dove il prossimo sabato 8 dicembre riprendono le visite guidate teatrali, con una nuova proposta tutta da scoprire, dal titolo “…Liberi Tutti” e giocata sul tema impegnativo e sicuramente coinvolgente della “libertà”. A progettare e a guidare l’appuntamento l’ormai mitica Compagnia Teatro e Società, che, attraverso il lavoro di Claudio Montagna e la ventennale attività della Cooperativa C.A.S.T., raccoglie e pratica l’eredità di quasi mezzo secolo di storia dell’animazione teatrale torinese. Per stuzzicarci la curiosità e fornirci qualche, sia pur molto labile, indizio circa i contenuti della speciale visita teatrale, questo dicono dalla Compagnia: Il pubblico sarà invitato a guardare le sale del Museo e le sue collezioni da un particolare e privilegiato punto di vista: quali sono i segni e i simboli di libertà che la storia del Risorgimento ci ha tramandato? E cosa succede se, mentre stiamo cercando le tracce di questa antica e allo stesso tempo attuale libertà…irrompe uno strampalato personaggio che sta fuggendo da qualcosa o da qualcuno che lo minaccia? Un percorso avventuroso e ricco di suspense accompagnerà i visitatori per tutte le sale del Museo con un finale a sorpresa. Gli spettatori saranno protagonisti del racconto e potranno riflettere sui molteplici significati di uno dei valori più alti del nostro vivere civile: la libertà”.

 

Appuntamento dunque a sabato 8 dicembre alle ore 11.00, 14.30 e 16.00 su prenotazione. Il costo della visita a persona è di 6 € da aggiungere alle consuete tariffe di ingresso al Museo. Per i possessori della Tessera Abbonamento Musei è previsto solo il pagamento del percorso teatrale. Per info e prenotazioni, tel. 011.5621147 (Museo del Risorgimento) oppure 392.2906760 (Compagnia Teatro e Società). Per ulteriori informazioni: www.teatrosocieta.it  -  FB @teatrosocieta  www.museorisorgimentotorino.it

 

g.m.

I “Macchiaioli” secondo “Gli Amici della Biblioteca d’Arte”

Alla GAM di Torino il “dietro le quinte” della mostra in corso da fine ottobre

Fondata il 31 maggio scorso, per essere (insieme all’Archivio Storico e all’Archivio Fotografico) luogo di riferimento specifico per gli studenti e i professionisti legati al mondo dell’arte che vivono a Torino e in tutto il Nord Italia, l’Associazione Amici della Biblioteca d’Arte dei Musei Civici – Fondazione Torino Musei dà avvio, in questo mese di dicembre, alla sua attività con un ciclo di incontri che si terranno alla GAM e che avranno al centro la Biblioteca della Fondazione Torino Musei e il suo patrimonio di libri, documenti e fotografie, strumenti fondamentali per lo storico dell’arte nel suo rapporto con le opere. Le mostre, le ricerche, i libri faranno da filo conduttore delle conversazioni, con l’intento di aprirsi alla cittadinanza, facendo scoprire la Biblioteca e avvicinandola a un lavoro, quello dello storico dell’arte e del curatore, molto concreto e dentro la realtà quotidiana, più di quanto si possa pensare.  Ad aprire gli appuntamenti sarà, il prossimo mercoledì 5 dicembre (ore 18) nella Sala UNO della GAM ( in via Magenta 31, a Torino), la presentazione della mostra “I Macchiaioli. Arte italiana verso la modernità”. Presentazione del tutto particolare. Una sorta di “dietro le quinte” di Una mostra in quattro date: Parigi 1855, Torino 1861, Firenze 1867, Torino 1926. Relatrici Virginia Bertone (curatrice, insieme a Cristina Acidini, della rassegna espositiva) e Silvestra Bietoletti (con Francesca Petrucci, alla guida del coordinamento tecnico-scientifico). Inaugurata lo scorso 25 ottobre nelle sale della GAM, la mostra (in programma fino al 24 marzo del prossimo anno) sta riscuotendo un considerevole interesse da parte del pubblico, registrando in sole 4 settimane la bellezza di 30.000 presenze. Silvestra Bietoletti e Virginia Bertone sveleranno alcuni aspetti dell’impegnativo lavoro di preparazione: la scelta delle opere considerate irrinunciabili, il taglio critico che rinnova la tradizionale presentazione dell’esperienza dei macchiaioli, gli accordi stipulati tra i musei per alcuni tra i prestiti più delicati e infine il contributo della Biblioteca d’Arte dei Musei Civici – Fondazione Torino Musei: il tutto attraverso quattro date, che rappresentano gli snodi cruciali del percorso.L’ingresso é libero fino a esaurimento posti disponibili.

g.m.

E questi i prossimi appuntamenti in calendario:

 

Mercoledì 12 dicembre

Esercizi di lettura. Libri, album, cataloghi

Presentazione del volume di Paolo Mussat Sartor: “Industrial Sanctuaries”, Maschietto editore 2018

Interviene Pier Giovanni Castagnoli

 

Mercoledì 9 gennaio 2019 – Wunderkammer

Come nascono le mostre. Ricerche, archivi, confronti

Presentazione della mostra “Apollinaire e l’invenzione ‘surréaliste’. La grazia sur-reale: vita e miracoli d’arte di Guillaume Apollinaire”. 

Un racconto parlato e cantato di Luca Scarlini

 

Mercoledì 23 gennaio 2019

Vivere di (storia dell’) arte. Professioni, temi, strumenti

“La cornice come ornamento e decorazione”

Orso Maria Piavento: “Decorazioni barocche per altari rinascimentali”

Aurora Laurenti: “Funzione e modelli delle cornici rococò”

 

Mercoledì 30 gennaio 2019

Esercizi di lettura. Libri, album, cataloghi

Presentazione del volume di Dieter Roth: “Pages”, a cura di Elena Volpato, FLAT 2018

 

Mercoledì 6 febbraio 2019

Come nascono le mostre. Ricerche, archivi, confronti

Presentazione della mostra “Madame Reali: cultura e potere da Parigi a Torino. Cristina di Francia e Giovanna Battista di Savoia Nemours (1619-1724)”

Intervengono: Clelia Arnaldi di Balme e Paola Ruffino con Alessandra Giovannini Luca

 

Mercoledì 13 febbraio 2019

Vivere di (storia dell’) arte. Professioni, temi, strumenti

“Gli oggetti d’arte dalle botteghe al museo”

Giampaolo Distefano: “Gli smalti medievali: uso e riuso”

Luca Giacomelli: “Le ceramiche ottocentesche di Palazzo Madama”

 

Per informazioni: amicibibliogam@gmail.com

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Foto

– Cristiano Banti: “In via per la chiesa”, olio su tavola, 1865

– Giovanni Fattori: “Soldati francesi del ’59”, olio su tavola, 1859
-Silvestro Lega: “Una veduta in Piagentina”, olio su tavola, 1863
– Odoardo Borrani: “Il 26 aprile 1859 in Firenze”, olio su tela, 1861

“Wildlife” diretto con grande maturità da Paul Dano eletto miglior film

Premiando (con una cifra di 18.000 euro) Wildlife, opera prima del trentaquattrenne Paul Dano – sinora attore: Little Miss Sunshine, Il petroliere, Youth di Sorrentino, tra gli altri -, la giuria presieduta dal regista cinese Jia Zhangke ha accomunato i temi del lavoro e soprattutto dello sgretolamento familiare, che visti sotto più forme e vicende sono state le voci più importanti di questa 36ma edizione del TFF. Addentro agli anni Sessanta, in un Montana fatto di piccole cittadine, di solitudini, di vallate verdi e di montagne, di esistenze che si trascinano ormai giorno dopo giorno, Dano analizza con singolare partecipazione, con un’attenzione che scava negli animi e nelle ferite, nelle crisi e nelle ribellioni, con la bravura davvero di un regista maturo e navigato, eleggendo la direzione degli attori a suo punto di forza. Per cui, inevitabile, salta fuori la domanda dell’esclusione di Carey Mulligan, moglie (e madre) chiamata a combattere contro l’assenza dello sposo Jake Gyllenhaal e disposta a cercare un riparo sotto la casa del datore di lavoro sotto lo sguardo del figlio Ed Oxenbould, testimone muto. Il premio alla migliore attrice è così andato a Grace Passô del brasiliano Temporada firmato da André Novais Oliveira. Il premio Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (per il valore di 7.000 euro) è stato vinto da Atlas del tedesco David Nawrath, crudele vicenda di soprusi e di speculazioni, con al centro il personaggio di Walter, uomo duro e solitario, che lavora con una compagnia di recupero crediti in affari con la malavita, obbediente a far da intruso nelle case altrui che vanno sgomberate fino al giorno in cui qualcuno dai modi troppo spicci entra nella squadra di lavoro e Walter deve bussare alla porta di un alloggio che mai avrebbe voluto sgomberare. Un’opera eccellente nei suoi ritmi narrativi, le atmosfere noir, la descrizione delle facce, con un protagonista, Rainer Bock, giustamente vincitore del premio per il miglior attore, ex aequo con Jacob Cedergren, al centro degli 85’ del danese The Guilty diretto da Gustav Möller, l’immagine fatta acuta tensione, nel chiuso di una stanza del pronto intervento telefonico a ricevere richieste d’aiuto e a tentare di indirizzare il risultato di un’indagine interna cui è sottoposto, un assolo dentro cui modulare ogni sentimento e questo attore, finora lontano da noi, lo fa con una ricchezza davvero invidiabile di voci, rassicuranti e rabbiose, di sguardi, di gesti. Il film, scritto da Möller e da Emil Nygaard Albertsen, si porta a casa anche il Premio per la migliore sceneggiatura: speriamo che qualche distributore italiano abbia voglia di importarlo. A completare il successo del film, va aggiunto il significativo Premio del pubblico da dividere con Nos batailles del francese Guillaume Senez, ancora il mondo del lavoro visto attraverso gli occhi di un padre, capo reparto e sindacalista, obbligato a reiventare per sé e per il figlio una vita nuova dopo che la moglie, inspiegabilmente, un giorno lo ha lasciato. Avevamo detto nei giorni scorsi come, in mezzo al mare magnum delle storie grondanti disperazione, violenza, solitudine, disillusioni, attraverso il panorama odierno fatto di uomini e donne e dei loro problemi, eccetera eccetera, ci fosse qualcuno in fondo al tunnel con il desiderio di ribaltare – nonostante un’idea iniziale di abbandono, sotto i cieli parigini, da parte di un’innamorata verso il proprio ragazzo – con un sorriso, di reinventare pure lui i contorni di una adolescenza e di una giovinezza, andando a rovistare tra i ricordi o inventandone di nuovi, rabberciati e più o meno consolanti, nell’intento di comprendere le ragioni della malinconia che da sempre lo affligge. La storia ha per titolo Bad Poems, diretta e interpretata da Gàbor Reisz, un’autentica boccata d’aria e di sorrisi, di divertimento, piaciuto alla giuria che gli ha decretato il suo Premio Speciale. I titoli da eleggere sotto varie forme erano questi, il cilindro racchiudeva una scelta più o meno ristretta da cui tirar su i titoli migliori, tralasciando quel che di risaputo o già troppo visto o alla lunga di insignificante ci potesse essere all’interno di certe storie (forse si è dimenticato Marche ou crève della fotografa francese Margaux Bonhomme). Le debolezze in varie pellicole non mancavano: e la giuria è andata a colpo sicuro nella distribuzione dei vari premi.

 

 

Elio Rabbione

 

 

Nelle immagini, momenti tratti dai film vincitori: nell’ordine “Wildlife” di Paul Dano (Stati Uniti), “The guilty” diretto da Gustav Möller (Danimarca), “Atlas” di David Nawrath (Germania) e “Bad Poems” di Gàbor Reisz (Ungheria).

 

L’isola del libro

Panoramica settimanale sul mondo dei libri

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Alessia Gazzola “Il ladro gentiluomo”  Longanesi- Euro 18,60

Ottava avventura per Alice Allevi, l’anatomopatologa più simpatica d’Italia creata da Alessia Gazzola, autrice inarrestabile (800.00 copie vendute solo nel nostro paese) e reduce anche dallo strepitoso successo della fiction tv ispirata alla sua “Allieva”, che ha fatto man bassa di share su Rai 1, interpretata da Alessandra Mastronardi e Lino Guanciale. Questa volta la giovane anatomopatologa -pasticciona ma intuitiva che risolve casi intricati- è finalmente diventata specialista in Medicina Legale. Un punto segnato sul piano professionale; mentre su quello affettivo è ancora nebuloso il rapporto con l’affascinante medico legale Claudio Conforti. Dopo un altalenante corteggiamento sembrava cosa fatta e invece, in un momento di sconforto, Alice chiede il trasferimento. Detto fatto…. eccola dirottata a Domodossola dove non ha certo il tempo di annoiarsi. Un nuovo caso l’attende e inizia con il ritrovamento di un prezioso diamante nello stomaco del cadavere a cui ha fatto l’autopsia. Peccato che ingenuamente lo consegni a un finto ufficiale giudiziario….

 

Antonio Caprarica “Royal baby”–Sperling&Kupfer – Euro 18,50

Con l’annunciata gravidanza di Megan Markle è più attuale che mai il provocatorio “Royal Baby”, ultima fatica letteraria del giornalista Antonio Caprarica che, sulla scorta di 30 anni di reportage televisivi dall’estero, inclusa una lunga corrispondenza da Londra, è voce autorevole in materia di faccende regali, in primis quelle anglosassoni. Il libro-pamphlet uscito quasi in contemporanea con la nascita di Louis Arthur Charles Principe di Cambridge, 3° erede di William e Kate, lancia una tesi very hard. Secondo Caprarica è un paradosso che molte società decidano di affidare il loro futuro a una guida che è il frutto di una sorta di lotteria genetica. Sostiene che di solito gli eredi designati in realtà sono degli alieni: disadattati, convinti della loro superiorità ed ossequiati in modo servile, tanto che faticano spesso a venire a patti con il mondo reale. Rivelandosi per lo più estranei alle emozioni, ai sentimenti e alle passioni dei loro sudditi. Leggere per credere.

 

Antonella Boralevi “La bambina nel buio” –Baldini +Castoldi- Euro 20,00

La giornalista, scrittrice, saggista e sceneggiatrice è tornata in libreria con un thriller che si legge tutto d’un fiato (nonostante le 587 pagine) e gronda introspezione psicologica dei vari personaggi, descritti con la consueta bravura dell’autrice. L’avvio della storia, nella campagna veneta, è datato 1985 quando i coniugi parvenu (modeste origini ma grande riscossa economica) Paolo e Manuela Zanca danno una festa per i 20 anni di matrimonio nella loro sontuosa villa, circondati da nobili e buona società veneziana. Appuntamento nefasto col destino perché proprio quella sera scompare la loro unica figlia ed erede, l’undicenne Moreschina, di cui non si saprà più nulla. Salto temporale 32 anni dopo, nel 20017, a Venezia con l’arrivo della trentenne inglese Emma Thorpe che cela un segreto e finisce ospite nel palazzo sul Canal Grande di un conte più misterioso ancora di lei. Introspezione e antichi misteri da svelare la fanno da padroni in questa seconda parte del libro. Risolutivo sarà l’incontro di Emma con il commissario di polizia sciupa femmine, Alfio Mancuso, sullo sfondo di una Venezia memorabile, in un crescendo di suspence e colpi di scena …fino all’epilogo che finalmente mette un punto fermo e tragico al mistero di tanti anni prima. Da segnalare: l’editore ha da poco riportato in libreria il primissimo romanzo della Boralevi “Prima che il vento”. Un felice ritorno per chi ama questa scrittrice o per chi vuole conoscerla meglio.

Diego Conti ci parla di Sanremo Giovani

Aldo Grasso, sul Corriere della Sera anni fa disse: ”Sanremo è una festa popolare, la sconfitta delle élite culturali, delle minoranze autocompiaciute, di quelli che soffrono di mal di metafora, almeno da quando Ennio Flaiano, posando il suo sguardo sul Festival, ebbe a dire: «Non ho mai visto niente di più anchilosato, rabberciato, futile, vanitoso, lercio e interessato». Sanremo è una grande festa sgangherata e insieme una fiction che ogni anno racconta lo stato di salute del Paese, senza l’ambizione di rispecchiarlo. È una memoria che tutte le volte celebra il suo perpetuarsi. Avere paura del Festival di Sanremo significa avere paura della propria ombra: ombra di un rito fondativo, di una canterina sventatezza nazionale, di una coscienza identitaria. Se, pur fra mille polemiche, Sanremo resiste da più di cinquant’anni, qualcosa significherà pure.” Beh io credo che resista da più di cinquant’anni perchè il Festival è come una spugna: raccoglie tutto ciò che c’è sul pavimento e quando vai a spremerla esce fuori il succo della società. Quest’anno, tra i giovani, tutti meritevoli (chi lo sa) spicca un volto a me caro, di cui già parlai tempo fa in un altro articolo. Ragazzo talentuoso sì, ma, a parer mio, la dimostrazione che Il talento non basta: occorre tenacia. Tra una persona talentuosa senza tenacia e un’altra tenace, ma senza talento, sarà quest’ultima a ottenere i risultati migliori. Ed eccoli i risultati, che noi ci auguriamo aumentino sempre più.

Ho fatto qualche domanda a Diego Conti riguardante il suo ingresso a Sanremo Giovani ed eccovi l’intervista.

D – “Ciao Diego, sei arrivato a Sanremo con il brano dal titolo “3 gradi” Dicono che il 3, numero palindromo, sia un numero fortunato ma anche malvagio ( successione di Prouhet-Thue-Morse).

Vorrei sapere se lo è stato anche per te facendo riferimento al tuo brano.”

R – “In raltà tutti i numeri a una cifra sono palindromi (ovviamente) e il 3 non fa certo eccezione e non lo trovo nemmeno un numero malvagio, nella successione di Thue-Morse, essendo dispari, è vittima di un gioco di parlole che per assonanza, “odd”, ovvero dispari viene associato alla parole inglese “odious”. Per me invece quest’anno il 3 è il numero perfetto mi ha portato a Sanremo!”

D – “Hanno usato questo numero altri musicisti/autori (de Andrè, 3Prozac+ dei Prozac+, Tabula Rasa Elettrificata (acronimo: T.R.E.) e molti altri) è stata una scelta “mirata” o il brano è nato così, di getto?”

R – “Il brano è nato di getto, quando scrivo non ragiono mai con la testa. Un anno fa, durante la settimana del Festival di Sanremo, ho conosciuto una ragazza bellissima; ci siamo innamorati. La passione e il desiderio erano talmente forti e folli che ci siamo trovati per strada e nonostante facesse freddissimo, non abbiamo resistito a tutta quella attrazione. La mattina seguente ho scritto 3 Gradi.”

D – “Pensare che l’orchestra sanremese suonerà il tuo brano, che effetto fa?
Nel senso: un po’ infastidisce (con l’accezione positiva del termine) il fatto che possa venire alterato oppure inorgoglìsce semplicemente?”

R – “Purtroppo quest’anno per i giovani non è prevista l’orchestra, ma sicuramente sarebbe stato motivo di orgoglio per me condividere la mia musica con l’orchestra del Festival sarebbe stato qualcosa di emozionante, emozionare è il senso stesso della musica. So che quel giorno ci sarà un’energia incredibile, al Festival di Sanremo Giovani a cantare una canzone nata e vissuta a Sanremo, non capita tutti i giorni, ma per l’orchestra…bisogna sperare di andare nei “Big”…”

D – “3 gradi hai dichiarato essere uno dei brani più importanti tra quelli che hai scritto, però io so che hai scritto molti brani e ne ho trovati altri altrettanto interessanti, che cosa rende questo speciale, fatto salvo l’essere passato tra i finalisti?”

R – “Questa canzone è speciale perché parla dell’incontro più vero che abbia vissuto in 23 anni di vita, senza pudore e senza regole. E’ la prima canzone che ho registrato con Mark Twayne, uscita per Rusty Records & Richveel, e rappresenta una mia evoluzione del mio genere musicale, che definirei con il termine di “Cross Pop”, a noi piace fondere i generi, dal Rock al Pop passando per la Trap e non solo, ho tanti altri brani che saranno pubblicati prossimamente, 3 Gradi è stata la scintilla più bella, la più preziosa. Il mio è un Pop bastardo!”

D – “Noi, per scaramanzia, e lo siamo scaramantici, non ci pronunciamo su quelle che potranno essere gli esiti sul palco dell’Ariston, ma se ci fosse un desiderio, al di là di vincerlo il festival, quale sarebbe questo desiderio di Diego Conti?”

R – “Cantare le mie canzoni insieme a tanta gente… questo è il mio unico desiderio.”

D – “Il primo grazie va a?
L’ultimo grazie va a?”

R – “Il primo grazie va alla musica, l’ultimo invece va alla mia famiglia e a tutte le persone che lavorano al mio fianco; Rusty, il mio manager, che insieme a Davide Maggioni hanno creduto in me fin da subito, Mark Twayne e Andrea Rosi di Richveel con i quali è inziata questa nuova e fortunanta avventura e a Giovanni Valle (Thaurus Publishing) artefice di questo nuovo connubio tra Rusty Records e Richveel.” Buon ascolto

https://www.youtube.com/watch?v=pRI1ABX1InM

Chiara De Carlo

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Chiara vi segnala i prossimi eventi … mancare sarebbe un sacrilegio!

Amare una città e raccontarla

di Angelo Petrosino

 

 

Nel mio libro Il Libro Cuore di Valentina a un certo punto ho riportato le parole con le quali Edmondo De Amicis fa una vera e propria dichiarazione d’amore alla città di Torino, che lo accolse quando aveva all’incirca quindici anni

Scrive De Amicis: In nessun’altra città si vede tanto verde, tanto azzurro, tanta bianchezza; in nessun’altra ha un riso così fresco e così splendido la primavera, che qui pare un ricominciamento del mondo. E poi, essendosi in tanti anni trasformata la città sotto i miei occhi, vedo ed amo sempre negli aspetti nuovi gli aspetti scomparsi, m’avvolge un nuvolo di memorie a ogni passo, sento mille voci di persone e di cose passate che mi chiamano, ribevo sorsi d’aria della gioventù della patria e della mia… Per questo io son legato alla città anche dalla gratitudine; legato da tanti vincoli del cuore, del pensiero e del sangue, che non potrei più vivere altrove a nessun patto, neppure a quello di diventar ricco se fossi povero, sano se fossi infermo, e di trovar cento nuovi amici se qui non mi restasse un amico (E. De Amicis, La carrozza di tutti, Aracne, 2011).

Anch’io arrivai a Torino cinquantaquattro anni fa ed ho nei confronti di questa città la stessa gratitudine. A Torino frequentai per alcuni anni l’Istituto Casale per Chimici Industriali. E fu da questa scuola che cominciarono gli incontri torinesi che mi hanno poi profondamente cambiato. Il mio professore di lettere, Mario Passera, insegnava con uguale passione letteratura e storia e le sue lezioni avevano la meglio, per me, su quelle di analisi chimica e di chimica organica. Fu lui che un giorno mi mise tra le mani Politica e cultura di Norberto Bobbio, quasi un biglietto di benvenuto a chi era approdato in una città sconosciuta ricca di storia e di cultura, aperta al mondo più di quanto potevo immaginare. Fu lui che, mentre prestavo servizio militare a Roma, mi aiutò da lontano a preparare gli esami per conseguire il diploma magistrale che mi avrebbe consentito di iscrivermi alla facoltà di Magistero a Palazzo Nuovo. Correggeva i miei temi, mi regalava libri con la generosità che tendiamo a mostrare verso chi si accinge a ricevere il testimone di una cultura nella quale siamo cresciuti e che abbiamo amato.

 

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Come dimenticare i lunghi pomeriggi trascorsi a sfogliare e leggere libri alla Biblioteca Civica, un luogo meraviglioso dove entrare in contatto affettuoso con testi e autori cercati o scoperti per caso? Accoglievo tra le mani con rispetto e amore libri dal profumo antico, storie che raccontavano il passato, interpretavano il presente e lanciavano uno sguardo fiducioso sul futuro. Ma mi aspettavano altri incontri. All’università conobbi professori di grande levatura morale e intellettuale. Uno per tutti: Vincenzo Ciaffi, grande latinista, già comandante partigiano di Giustizia e Libertà. Assistere alle sue lezioni su Catullo e Petronio era un’avventura dell’anima. L’uomo di cultura, lo storico, l’appassionato ricercatore che nella letteratura antica trovava le tracce di problemi ancora attuali, trascinava chi l’ascoltava verso orizzonti imprevedibili. Non eravamo in tanti a seguire i suoi corsi. Il latino era scelto da pochi, a Magistero la pedagogia prevaleva sul resto. Ma io non persi mai una sua lezione. Ascoltandolo, mi resi conto di una verità che poi feci mia quando cominciai ad insegnare ai bambini. Un insegnante non è un semplice trasmettitore di nozioni. È qualcuno che ha a cuore non solo la materia che insegna, ma soprattutto il dialogo con gli interlocutori ai quali si rivolge. Le sue lezioni diventano perciò anche confronti di vite, scambi di punti di vista, ricerca comune per fare un passo avanti verso verità condivise. Questo era il professor Vincenzo Ciaffi. Un uomo che amava la scuola e che esortava gli studenti contestatori a non distruggerla ma a sentirla come istituzione propria da cambiare e da migliorare. Perciò nelle assemblee rumorose e confuse di quei primi anni Settanta era sempre presente con la sua memoria di partigiano che aveva lottato per la libertà e la democrazia: un patrimonio prezioso da preservare soprattutto per i meno fortunati e i meno garantiti. Poi cominciai ad insegnare alla periferia nord della città. Entrai in una scuola in rapido mutamento, in una città in grande trasformazione. Dal Sud arrivavano tanti bambini insieme ai loro padri futuri operai Fiat. Bambini che avevano vissuto la loro prima infanzia in contesti più aperti e che era difficile ingabbiare per molte ore tra le pareti di un’aula scolastica. Bisognava perciò inventarsi una pedagogia nuova. E in quegli anni Torino fu all’avanguardia. Il Movimento di Cooperazione Educativa, che promuoveva una scuola moderna, che incoraggiava relazioni educative più avanzate, strategie di insegnamento nuove, si diffuse nella città e cambiò la vita di tanti insegnanti, oltre a quella dei bambini arrivati da lontano. Nei confronti di questi bambini Torino fu molto generosa. Gli insegnanti ebbero a disposizione mezzi, sussidi, risorse. Una intera città si mobilitò per dare alla scuola una dignità di cui non godette più in seguito. I bambini poterono attraversare Torino per partecipare a laboratori d’ogni tipo, visitare luoghi storici da scoprire, frequentare teatri. Era tutto un pullulare di iniziative che faceva della scuola il cuore pulsante della Torino di allora. Naturalmente anch’io fui parte attiva di quel fermento culturale che conferiva agli insegnanti una centralità che si sarebbe poi persa nel corso degli anni in tutto il Paese.

 

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Come, dunque, non amare questa città? Come non ripagarla nel modo più degno con i mezzi a mia disposizione? Questi mezzi, qualche anno dopo, diventarono i miei libri per l’infanzia. Perciò quando, nel 1995, creai il personaggio di Valentina, decisi senza esitazione di collocare la protagonista in un contesto torinese preciso e circostanziato. Valentina è nata in barriera di Milano, comincia a muoversi presto nella città che ama, ad esplorarla prima con il maestro, poi con i genitori, infine da sola. Con lei, Torino diventa lo sfondo di decine e decine di avventure, che si snodano tra vie, piazze, parchi, centro e periferia. Nacque così, per esempio, Difendi la natura con Valentina, un giallo ambientato nel parco della Confluenza dove per anni ho portato a giocare i miei alunni arrivando da via Botticelli ed entrando da Piazza Sofia. Conosco bene la storia di quel parco e nel libro ho voluto raccontarla, perché mi ero reso conto che molti torinesi la ignoravano. Ma anche Valentina è sparita è la storia di un rapimento che prende avvio nella farmacia Centrale di via Roma e si conclude a Mirafiori. Buon Natale, Valentina è una storia dai molti sviluppi che nasce a Porta Palazzo, mentre Grandi novità in arrivo si snoda nei luoghi del centro, quelli percorsi dalla futura sorella adottiva di Valentina quando da sola vagabondava senza meta nella città. E potrei continuare citando decine di libri che hanno come sfondo questo o quel luogo di Torino che ho conosciuto bene: dal Valentino ai Murazzi, da Borgo San Paolo a Piazza Statuto, dall’ospedale Regina Margherita a Piazza Carlina, ossia Piazza Carlo Emanuele II, della quale ho parlato in Una mamma per Irene

 

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Con i miei libri e la mia Valentina ho contribuito a far conoscere Torino a migliaia di bambini italiani per i quali la città era solo un nome geografico tra gli altri. Tanti di loro, durante le visite in città con le rispettive classi, chiedono agli insegnanti di mostrar loro i luoghi che Valentina cita nei suoi libri: da Via Garibaldi a via Po, da Piazza San Carlo a Piazza Vittorio. Me lo dicono, me lo scrivono, vogliono condividere con me le emozioni provate nel passeggiare dove ha passeggiato e la loro eroina. Infine Il libro Cuore di Valentina, il mio più recente omaggio alla città. Un libro nel quale si sono depositati memorie giovanili e ricordi più vicini, come le panchine dei Giardini Lamarmora, dove ho sostato a leggere, riflettere, scrivere. Ma anche le bancarelle di libri usati di Corso Siccardi, che ormai sono soltanto un ricordo e che costituiscono una triste perdita per Torino. Quando avevo pochi soldi, su quelle bancarelle trovavo i libri che non potevo acquistare. Quando ne ho avuti di più sono andato a cercare delle rarità che illuminano gli occhi dei bibliofili e riscaldano loro il cuore. E penso ancora al Museo della Scuola e del Libro per l’Infanzia, allogato nel Palazzo Barolo, tra Piazza Savoia e via Corte d’Appello. Il libro è dedicato proprio al suo fondatore, Pompeo Vagliani, che cura con amore e passione di storico e di studioso le memorie della scuola torinese di fine Ottocento, quella immortalata nelle pagine del Cuore di De Amicis e negli altri scritti di questo autore spesso a torto bistrattato. Continuo a seguire con attenzione i cambiamenti di Torino, le sue aspirazioni ad essere sempre più una città che sa preservare il passato senza però negarsi al futuro, del quale ha fame. Una città che ha sempre saputo accogliere con generosità, equilibrio, intelligenza. Una città di uomini e di donne che hanno saputo dare molto al nostro Paese. E a me tra gli altri.