CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 539

“Transiti”, testimonianza di solidarietà e muri abbattuti

Nelle opere in mostra a Palazzo Lascaris

Si intitola “Transiti” l’impegnativa e lodevole mostra organizzata, fino a lunedì 8 luglio, nelle sale della “Galleria Carla Spagnuolo” di Palazzo Lascaris (via Alfieri, 15) a Torino, in collaborazione fra il Consiglio Regionale del Piemonte e l’AMMP-Associazione Maria Madre della Provvidenza Onlus, di corso Trapani 36, a Torino. “Transiti” come passaggi. “Transiti” come migrazioni. Spesso come annullamento di radici. Di corpi e di anime. “E’ ‘transito’ – scrive Raffaella A. Caruso, curatrice della mostra – l’attraversamento dei mari, è ‘transito’ l’essere accolti da una mensa solidale, è ‘transito’ l’uscita dal bisogno materiale e dal disagio interiore”. Il tema, di assoluta e (a tutti ben chiara) attualità, è stato preso a soggetto – secondo interpretazioni e cifre stilistiche le più diverse e variegate – da un nutrito numero di artisti, tutti di primo piano in ambito nazionale ed internazionale, che con gesto di encomiabile solidarietà, hanno inteso sostenere attraverso la donazione di loro opere (una trentina, quelle esposte a Palazzo Lascaris) le attività di AMMP Onlus, volte a liberare dai bisogni primari le fasce più deboli della popolazione. La mostra vuole riflettere – sottolinea ancora la curatrice – su come un drammatico ‘noli me tangere’ abbia anestetizzato i sentimenti, rendendo il dolore di tutti un lontano dolore di altri, e su come l’opera d’arte, in virtù di un sentire universale a essa connaturato, sia necessario tramite alla consapevolezza di come la conquista della libertà sia una vittoria del singolo per tutti”. E fil rouge che unisce uno per uno gli artisti selezionati è proprio quella ricerca di libertà, quel confronto fra popoli (diversi ma tutti uguali nella comune appartenenza al genere umano) che attiene alla convivenza civile e che troviamo in tutte le opere esposte. Frequente il tema del viaggio. Da alcuni, vissuto concretamente sulla propria pelle, “non solo come metafora, ma come esperienza reale alla ricerca della libertà. Sono “Gli artisti del mondo”, rappresentati nella prima sezione della rassegna con lavori a firma del colombiano Juan Eugenio Ochoa, di Josè Demetrio Pena (Repubblica Dominicana), dell’istriano (emiliano d’adozione) Graziano Pompili, di Shinya Sakurai (giapponese, oggi operante fra Tokyo e Torino), dell’albanese Arjan Shehaj e dell’austriaco Jorrit Tornquist. A questi, nella seconda sezione titolata “Le scritture del mondo”, s’affiancano altri undici artisti impegnati in una particolare ricerca segnica, “vicina alla tematica di una moderna Torre di Babele, simbolo di nuove energie e auspicio di unione”. I loro nomi: Gianni Asdrubali, Ezio Bruno Caraceni, Marcello De Angelis, Feofeo (Federica Oddone), Reale Franco Frangi, Mimmo Iacopino, Giovanni Lombardini, Marco Nereo Rotelli, Mario Surbone, Telo e Caterina Tosoni. Richiama infine il titolo generale della mostra, “Transiti”, la terza sezione, più ampia e fortemente giocata sul contrasto astratto-figurativo, in cui il “passaggio” appare “come necessario momento di rinnovamento e spiritualità”. Decisamente suggestivi nel vigore geometrico delle forme e nell’intensa magia del colore, oltreché per il messaggio che se ne trae, “I bambini costruiscono ponti” del lombardo di Limbiate Dario Brevi; così come quel “Vortice bianco”, lieve ma spettacolare giravolta di barchette bianco su bianco (dove il dramma del viaggio assume miracolosamente i contorni poetici della favola che spesso favola non é) del veneto – naturalizzato milanese – Riccardo Gusmaroli. Accanto, altre opere di Davide Benati, Max Bi, Amanda Chiarucci, Antonio Ciarallo, Paolo Conti, Erk14 (alias Valerio Sarnataro), Theo Gallino, Pietro Iori, Umberto Mariani, Sandro Martini, Fernando Picenni e Teso.

La mostra è realizzata con il sostegno di Banca Generali Private (main sponsor) e Chiusano & C. Immobiliare, media partner Espoarte.

Gianni Milani

“Transiti”

“Galleria Carla Spagnuolo” – Palazzo Lascaris, via Alfieri 15, Torino; tel. 011/5757378 o www.cr.piemonte.it

Fino all’8 luglio

Orari: dal lun. al ven. 9/17

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Nelle foto

– Un particolare di “Transiti”
– Dario Brevi: “I bambini costruiscono ponti”, acrilico su MDF, 2018
– Riccardo Gusmaroli: “Vortice bianco”, tecnica mista su tela”, 2015

 

Un open mic a Torino

Sbarca a Torino l’OPEN MIC di StorieDistillate, la pagina di Instagram tutta torinese che unisce poeti, scrittori ed artisti grafici emergenti

Al Bunker di Torino, ogni giovedì dal 13 giugno fino al 18 luglio avranno luogo delle serate all’insegna dell’arte a 360°. Ogni evento inizierà verso le 7 di sera con una mostra d’arte dedicata, ogni volta, ad un artista emergente di Torino. Chi avrà l’occasione di partecipare alla serata, subito dopo l’aperitivo, assisterà alle performances poetiche e musicali di artisti sempre diversi; il tutto presentato dal poeta Alessandro Burbank. A seguire un concerto live di un cantautore, anch’egli emergente, che condurrà il pubblico fino al dj set notturno che avrà inizio verso le 23.30. Insomma: qualcosa di nuovo.Il nome della serata? Più estivo di così: COCCO. Dove l’acronimo sta per ” Cantautori Originali Con Canzoni Originali”. Il fondatore della pagina: Francesco Tosco, intervistato dal nostro quotidiano, invita chiunque voglia esibirsi con scritti propri ad iscriversi all’OPEN MIC, che letteralmente significa ” Microfono Libero”, per provare, almeno un volta a trovarsi sul palco. In un clima di festa ed allegria le sorprese non finiscono qui: presenti alla serata ci saranno anche varie realtà artistiche come riviste letterarie, produzioni animate, ballerini, attori ed artisti di strada. Un’opportunità in più per assistere a qualcosa di diverso, nata sull’onda della riscoperta recente delle performance live che sembrano attrarre sempre più pubblico, sarà un’estate tutta da scoprire.

Roberta Barisone

 

 

Un libro dedicato all’artista Francesco Franco

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Alla GAM di Torino presentazione del volume dedicato al grande incisore e pittore piemontese

Fu artista raffinato, pittore “squisito” e incisore sicuramente fra i più grandi e prestigiosi nel panorama artistico internazionale del Novecento. A Francesco Franco (Mondovì, 4 ottobre 1924 – Torino, 30 gennaio 2018), la Società di Studi Storici Archeologici ed Artistici di Cuneo, fondata nel lontano 1929, ha dedicato – per celebrarne la memoria – l’intero volume del suo 159° prezioso Bollettino, affidandone la cura a Giovanna Galante Garrone, affiancata da Roberto Goffi e Alexandra Wetzel. Arricchito dalle suggestive testimonianze di allievi, colleghi, amici e studiosi, il volume verrà presentato martedì 11 giugno alle ore 18, nella Sala Uno della GAM-Galeria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea , in via Magenta 31, a Torino. Allievo in gioventù dei corsi di pittura tenuti da Felice Casorati e da Francesco Menzio all’Accademia Albertina, dove seguì anche le lezioni di incisione di Marcello Boglione e di Mario Calandri – cui subentrò come indimenticato docente di Tecniche incisorie – Franco è presente con le sue opere in numerosissime Istituzioni, pubbliche e private, nonché in alcuni dei Musei più importanti a livello nazionale e internazionale: a partire dalla stessa GAM di Torino fino al Gabinetto degli Uffizi a Firenze e alla Calcografica di Roma, per continuare (solo per citarne alcuni) con il Museo di Stato di Malbork (Polonia), con la Biblioteca dell’Accademia di Belle Arti di Bucarest e con il Puskin Museum di Mosca. Alla presentazione del volume “A Francesco Franco”, interverranno: Riccardo Passoni (Direttore GAM), Rinaldo Comba (Presidente Bollettino della SSSAA di Cuneo), Giovanna Galante Garrone (già Direttore presso la Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici del Piemonte), Franco Fanelli (Incisore, docente dell’Accademia Albertina e giornalista) e Piergiorgio Dragone (Storico e critico d’arte). Ingresso libero, fino ad esaurimento posti. Per info: tel. 011/4429518 o www.gamtorino.it

g. m.

Quinta coppa C

“cosa vuoi più di così? Quinta coppa C… vedrai ti faccio innamorareeeee”

Non la trovate su wikipedia, Scritta ed interpretata da un grande autore, Luca Sala, (Non è l’inferno –Emma Marrone vincitrice del Sessantaduesimo Festival della Canzone Italiana di Sanremo) e dalla mia voce, questa canzone è nata per gioco, vive per gioco e si nutre della vostra preferenza, della vostra voglia di ascoltarla e farla ascoltare ai vostri amici, fosse anche solo per ridere, o per dire “guarda che tette!” che, per quanto riduttivo, è oltremodo realistico; di tette si parla, ma in modo scherzoso, perchè a due giorni dai 47 anni è assolutamente impensabile, per me, uscire con qualcosa di troppo serio, nemmeno mi ha sfiorato la mente. Sarebbe come mettere sulla mia carta di identità il volto di una donna che non sono io. Una sera incontri un collega, ci lavori ad un progetto per Sanremo, e quando esci da lì, dopo poche ore, su whatsapp ti arriva una bozza di questo brano che, ci auguriamo non smetta in fretta di piacervi. Allora gli telefono e gli dico: “Luca, facciamola per bene, mettiamo su un video e vediamo che succede!!” E lui, tanto professionale quanto folle, come me lancia un SI che è una spada dritta al cuore di una come me che vive borderline, di sfide, in generale, figurarsi nella musica. Nasce cosi “Quinta coppa C” senza troppo rumore senza nemmeno troppa fretta, ma con una gran voglia di far sorridere in un momento storico cosi difficile. Nasce come un fiore tra le pietre più dure, viene pubblicato senza una etichetta che “spinga”, perchè il tuo livello di soddisfazione, dipende dal tuo livello di coraggio, che a me non è mai mancato; nasce in mezzo alle critiche di chi ti vede e non esita a dirti che sembri una battona che perde il suo sex appeal aspettando un cliente al pianoforte, ma si sa, quei bordelli li, dove si suonava anche (ed io li ho vissuti musicalmente n.d.r.) purtroppo non ci sono più, oggi le puttane le vedi anche travestite da suore , con le ballerine ai piedi e capaci di celarsi dietro brani tecnicamente fighi…ma non è necessario dare un senso a tutto, il bello è anche questo, che chi non ha occhi ed orecchi colmi di ironia, quell’ironia non la veda, magari non merita di vederla, chi può dirlo!? Non ci aspettavamo niente da questo brano e “toccare” certi numeri non ci porterà nulla, ma ci riempie il cuore, ci fa sorridere e avere ancora più voglia di fare questo mestiere!!!! Grazie a chi lo ha visualizzato, ascoltato, condiviso, amato, disprezzato…grazie a tutti voi…ascoltatelo se potete, magari vi strapperà un sorriso…o un pelo di rabbia.

Siamo soldati, andiamo avanti.

“Questo è il vero segreto della vita – essere completamente impegnato con quello che si sta facendo qui e ora. E invece di chiamarlo lavoro, rendersi conto che è un gioco.”

(Alan W. Watts)

Buon ascolto

Chiara De Carlo

https://www.youtube.com/watch?v=_nRV92XG71s

Chiara vi segnala i prossimi eventi …mancare sarebbe un sacrilegio!

 

L’isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria

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Olga Tukarczuk “I vagabondi” – Bompiani. Euro 20,oo

E’ un libro di viaggio, inteso però nel senso più ampio delle tante traiettorie di vita; non ci sono mete precise, piuttosto molteplici storie di viaggiatori anomali, uomini e donne particolari. Non c’è una trama, ma si procede a piccoli, medi e lunghi capitoli che sono tasselli di un magnifico affresco a spasso nei secoli. Difficile incasellare queste 374 pagine della scrittrice polacca, nata a Varsavia nel 1962, studi di psicologia, che con “I vagabondi” ha vinto l’International Man Booker Prize nel 2018.Fin da piccola, osservando lo scorrere del fiume Oder, sognava di essere una barca in eterno movimento: è proprio questa la parola chiave, muoversi nei meandri del mondo e della vita. Dunque stiamo parlando di romanzo, memoir, vagabondaggio messo nero su bianco o libro di eco Baudelairiana? Difficile dirlo, molto meglio leggerlo a piccoli sorsi, poi ognuno ne darà la versione che preferisce. Alcuni capitoli sono di struggente bellezza, altri di una profondità di pensiero che ci impone riflessioni. L’autrice rivela il lato che spesso ci sfugge dell’immenso mondo racchiuso negli aeroporti, crocevia di vita e tangenti infinite, emblema per eccellenza del viaggio. Li definisce “..categoria speciale di città-nazioni, con una posizione fissa mentre i loro abitanti cambiano sempre…”. E’ li che, tra un aereo e l’altro, ci si imbatte in una miriade di persone e nelle loro storie. Oppure nelle comode hall dei grandi hotel dove le reception sono il punto di approdo dell’umanità più eterogenea, un vortice di vite il cui centro è nelle porte girevoli. Poi ci sono pagine che arrivano dal passato, vi afferrano e catapultano in mondi e tempi lontani. Come la vicenda, raccontata dal suo assistente, dell’anatomista olandese Philiph Verheyen che nel 1600 usò il proprio corpo per scoprire il tendine d’Achille. Oppure la figlia di un cortigiano che scrive una lettera all’Imperatore d’Austria Francesco I chiedendo di restituirle il corpo del padre che è stato scorticato, impagliato ed esposto tra le meraviglie della natura alla corte di Sua Maestà; e disquisisce sul diritto a una dignitosa sepoltura anche per persone dalla pelle scura. C’è poi l’affascinante viaggio della sorella di Chopin che, per rispettare la volontà del musicista defunto, in gran segreto gli fa espiantare il cuore per andare a seppellirlo a casa, a Varsavia; lasciando il resto del corpo in un cimitero parigino dove è stato sepolto con tutti gli onori. Ecco, queste sono solo alcune tessere del puzzle di vita messo insieme dalla Tokarczuk…

 

Michele Serra “Le cose che bruciano” – Feltrinelli –   euro 15,00

Lo scrittore romano ci regala un’altra storia e ci fa entrare nella testa di un personaggio che fugge in primis da se stesso, poi dalla politica, dai social e fondamentalmente dal mondo vorticante e superficiale. Desiderio che almeno una volta si sarà affacciato nella mente di molti di noi, nei momenti di crisi e collisione con l’affannosa rotta del mondo così com’è diventato. 171 pagine scritte con la sua solita bravura e condite da dosi massicce di ironia. Protagonista è il 48enne Attilio Campi che abbandona la carriera politica poco dopo essere stato nominato presidente della Commissione Educazione e Cultura. La sua prima ed ultima proposta di legge voleva reintrodurre l’uniforme obbligatoria nelle scuole di ogni ordine e grado, ma …apriti cielo…è stata bocciata sul nascere, senza neanche essere approdata e discussa in parlamento. Ad affondarla è stato fin da subito il suo partito politico. Diciamo che Attilio tanto bene non la prende: rassegna le dimissioni, si eclissa dall’agone politico e si rifugia in uno sperduto nugolo di case in montagna, a Roccapane, tra boschi, campi e vita agreste, dove provvede al suo sostentamento bucolico, ma di fatto facendosi mantenere dalla moglie sempre in viaggio per lavoro. Aria pulita e sana fatica fisica sono gli antidoti al suo male di esistere; ma anche in alta quota, ricordi, passato e ferite sono duri da metabolizzare. Così ripensa agli affetti irrisolti del suo passato, ma soprattutto si trova a dover smaltire la moltitudine di oggetti ereditati alla morte della madre e della zia. In teoria dovrebbe aiutarlo la bellissima sorella Lucrezia, troppo presa però dal suo terzo matrimonio e dalla scia di fascino che lascia dietro di sé. Subissato dall’accumulo di cose pensa bene di smaltirle con un gran bel falò: modo abbastanza drastico per viaggiare più leggeri e liberi da inutili orpelli che rallentano il cammino. Ovviamente la cosa non finisce qui….gustatevi ironia e intelligenza fino all’ultima pagina.

 

 

Louise Penny “Case di vetro. Le indagini del commissario Armand Gamache”    

– Einaudi – euro 15,00

Louise Penny, nata a Toronto nel 1958, è l’autrice di 14 romanzi della serie dell’ispettore Armand Gamache. Scrittrice prolifica e decisamente di successo, dal momento che ha collezionato una nutrita serie di premi letterari, tra i quali 7 Agatha Awards per il miglior crime dell’anno. Ha creato il personaggio vincente del commissario Armand Gamache, capo della Sȗreté du Québec: uomo distinto, mite, abbastanza anonimo, spalle larghe e completo di taglio raffinato, capelli brizzolati, viso rasato di fresco e una profonda cicatrice sulla tempia. C’è chi lo definisce il Maigret canadese, che non si scompone facilmente, e arriva sempre alla risoluzione del rebus criminale che si trova sulla strada. Lavora a Montreal, ma appena può si rifugia nella quiete di Three Pines (ad un passo dal Vermont, porta d’accesso agli Stati Uniti) dove lo attendono l’amata e placida moglie Reine-Marie, la quiete dei boschi, il suo bistrot preferito e gli amici più cari. Ma è proprio in questa sua oasi di pace che s’imbatte in un bel caso. Three Pines viene sconvolta dall’inquietante apparizione di un personaggio paludato in tunica nera, con cappuccio e maschera a coprirne il volto, evidente emblema della Morte. E fin qui sarebbe tutto spiegabile perché si presenta ad un party di Halloween, in cui mascherarsi è d’obbligo. Però l’estraneo, anche a festa finita, continua ad aggirarsi in paese, lo sguardo fisso sulle case, poi si ferma in pianta stabile nel bel mezzo del parco del paesino. E li resta immobile e silenzioso tutto il giorno, gran parte della notte e pure il giorno dopo. Tutti lo vedono, ma nessuno sa cosa fare, tanto più che quando Gamache gli si avvicina e gli parla… è come se fosse davanti ad un muro impenetrabile e muto. La trama si infittisce con la scoperta di cadaveri, traffici di droga, criminalità organizzata che si contende il confine a colpi di delinquenza serrata. Un’intrigante ragnatela e un’atmosfera che è chiave del successo dei gialli della Penny. Anticipo solo che intorno a Gamache si muovono anche i poliziotti della sua squadra, tra i quali l’ispettore capo della Omicidi, Isabelle Lacoste, (che Gamache ha designato come suo successore), che anziché torchiare e basta i sospetti, cerca di capirne a fondo la psicologia. Un interessante personaggio femminile che ha fatto una carriera lampo, e a fine giornata torna da marito e figli piccoli ma porta con sé anche il bagaglio del suo lavoro e non smette mai di pensare alle vittime e agli assassini ancora in agguato nella giungla.

 

 

 

 

La voce “nera” di Anastacia e David Van De Sfroos

Gli appuntamenti musicali della settimana

Martedì. Al Jazz Club suonano i Calembour.

Mercoledì. All’Osteria Rabezzana, il quartetto della cantante Susanna Massetti ,propone un viaggio nelle colonne sonore più famose della storia del cinema, riarrangiate in chiave jazz. Al Jazz Club si esibisce l’Orchestra Stravagante diretta da Antonino Salerno, con ospite il sassofonista Claudio Bonadè. Al Blah Blah è di scena il duo degli Ariadne.

Giovedì. Al Phenomenon di Fontaneto d’Agogna suona il chitarrista Eric Gales. Al Whitemoon si esibisce Lazza. Al Jazz Club è di scena il quartetto Icefire. Al Blah Blah suonano gli OBN III’s.

Venerdì. Al Bunker per “CreativAfrica” si esibisce Seun Kuti (figlio di Fela Kuti) ,accompagnato dagli Egypt 80. Anastacia inaugura il Gru Village di Grugliasco. Al Blah Blah è di scena il trio Papazeta. A Saint Marcel in Val d’Aosta,suonano i Bluebeaters. Alle OGR si esibiscono gli Apparat.

Sabato. Al Phenomenon è di scena il cantante David Van De Sfroos. A Lauriano per “Jazz Around You” suona il duo Tione- Mandarini. Al Jazz Club si esibisce il Flower Trio. Al Blah Blah suona il quartetto Wide Hips 69. A Biella debutta il “Cistaerna Festival” con i Rovere, Cecco e Cippo, e Clavdio. A Ivrea il rapper Ketama 126 inaugura “Orange Park”.

Domenica. Sempre per “Orange Park”, si esibisce il vocalist Venerus. Al Blah Blah suonano i californiani Radio Moscow.

 

Pier Luigi Fuggetta

I mondi di Riccardo Gualino

Musei Reali Torino, Sale Chiablese. Da venerdì 7 giugno a domenica 3 novembre 2019

Un’altra mostra eccellente sarà esposta ai Musei di Palazzo Reali di Torino per ricordare un grande personaggio a cui il Piemonte e Torino, in particolare, devono molto

Riccardo Gualino, industriale biellese, fondatore della Snia Viscosa, di Unica (Industria dolciaria) e Unione Cementi e anche insigne mecenate e collezionista. Quasi tutta la sua antica collezione è conservata alla Galleria Sabauda di Torino. La parte più recente è stata venduta a seguito di un tracollo finanziario. Dopo l’ultima mostra a lui dedicata nel ’82 è la volta di quella a Palazzo Reale.

Dopo la conferenza stampa di giovedì 6 giugno 2019 alle 11,30 ai Musei Reali di Torino apre i battenti, il giorno successivo, la mostra I mondi di Riccardo Gualino. Collezionista e imprenditore” dedicata al grande collezionista e alla sua storia straordinaria.

In mostra oltre 150 capolavori tra cui opere di Botticelli, Duccio da Boninsegna, Veronese, Manet, Monet, Casorati e altri ancora. Arredi, reperti e raccolte suntuarie, corredate da immagini d’epoca e da ricco apparato biografico e documentario.

Nelle diciotto Sale di Palazzo Chiablese le opere e gli spazi rimandano a quelli originali, un’osmosi continua che rimanda al passato . Fra le opere esposte La Madonna in Trono di Duccio da Boninsegna, la Venere di Botticelli, Venere e Marte di Veronese, la Negresse di Edouard Manet, il Paesaggio Campestre di Claude Monet e del nucleo orientale e ancora i Gualino che si fanno ritrarre da Felice Casorati in pose auliche stile signori rinascimentali e …altro ancora. Un connubio perfetto fra passato e presente.

La mostra è a cura di Annamaria Bava e Giorgina Bertolino ed è progetto realizzato dai Musei Reali di Torino in collaborazione con Banca d’Italia e Archivio Centrale di Stato. Al convegno gli interventi di

www.musei reali.beniculturali.it; email:mr-to@beniculturali.it ; tel. 0115211106

Tommaso Lo Russo

(foto M. Martellotta)

La nuova stagione di MiTo Settembre Musica

Edizione numero tredici per MiTo Settembre Musica. La nuova Stagione si svolgerà dal 3 al 19 settembre. Gli appuntamenti saranno 128. Il tema di quest’anno è “Geografie”. Il cartellone presentato dal direttore artistico e compositore Nicola Campogrande, si presenta molto corposo. Inaugurazione il 3 settembre alla Scala di Milano e il 4 al Teatro Regio di Torino, con la Israel Philharmonic Orchestra diretta da Zubin Mehta e con la pianista Martha Argerich. Eseguiranno il “Concerto n.2 per pianoforte e orchestra” di Beethoven e la “Symphonie fantastique” di Berlioz. Il concerto di chiusura il 19 settembre all’Auditorium Rai, con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai diretta da John Axelrod, con il soprano Rachel Harnisch e di Tine Thing Helseth alla tromba. Verranno eseguite musiche di Debussy, Qigang Chen, Mahler. Grandi protagonisti tra i direttori: Myung Whun Chung, Yuri Temirkanov, Marin Alsop, Zubin Metha, Daniele Rustoni. Tra i solisti Katia e Marielle Labeque, Alexander Romanovsky., Martha Argerich, Giovanni Sollima, Mario Brunello, Rachel Harnsich. MITo ha commissionato un brano a Philip Glass composto per un gruppo di sole percussioni dal titolo “Perpetulum”, verrà eseguito dal Third Coast Percussion. Riconfermato il giorno dei Cori. Il 7 settembre nel pomeriggio si esibiranno 10 cori, vi sarà anche Mario Brunello con il Coro del Friuli Venezia Giulia mentre alla sera alle OGR, il pubblico è invitato a cantare diretto da Michael Gohl. Repertorio da Puccini a Oscar Peterson. Vi sarà anche la prima esecuzione assoluta di “La terra dei cachi” di Elio e le storie tese nella versione per coro di Raffaele Cifani.

 

Pier Luigi Fuggetta

Alla scoperta dei tesori del Duomo

Uno spaccato sulla vita della Chiesa e poi la salita per godere di una delle più belle viste panoramiche su Torino

In una città come Torino, che vanta un Duomo contenente la preziosa reliquia della Santa Sindone, custodita all’interno della Cappella della Sacra Sindone, capolavoro indiscusso del Guarini, non poteva mancare un museo capace di illustrare la storia della Chiesa torinese.

A fianco della Cattedrale, in piazza San Giovanni, sorge, infatti, il Museo Diocesano, nato più di un decennio fa, nel 2008 per volontà del cardinale Severino Poletto, nella chiesa inferiore del Duomo, a sua volta costruito sui resti di tre preesistenti chiese paleocristiane. Dal Museo Diocesano si può accedere alla Torre campanaria, da cui si gode di uno splendido panorama sulla città.

Il museo è stato voluto e progettato dalla Diocesi torinese ed il suo allestimento vuole valorizzare le opere contenute al suo interno, mostrandone il loro significato e la loro origine. Le aree tematiche in cui si articola l’allestimento sono rappresentate da tre momenti distinti della vita cristiana, il Battesimo, la Comunione e la devozione mariana al culto dei Santi.

Merita una vita il Museo diocesano già solo per poter ammirare il fonte battesimale custodito al suo interno, risalente al Quattrocento, il trattato di architettura di Leon Battista Alberti, la Madonna con Sant’Anna di Antoine de Lonhy, San Nicola da Bari di Girolamo Giovenone ed altri dipinti. La sala principale del museo è quella riservata alla liturgia del Verbo e all’altare, che sono presentati secondo le indicazioni fornite dal Concilio di Trento (1545-1563) e dal Concilio Vaticano II (1962-65). Accanto agli oggetti sacri, che sono parte fondante nella celebrazione dell’Eucarestia, comprendenti anche paramenti e statue di epoca barocca, il visitatore potrà ammirare il complesso ligneo scultureo raffigurante la Crocifissione, risalente alla metà del Seicento, ed il frontale dell’altare in argento del Settecento. Altrettanto interessante risulta la sala dedicata al culto mariano, di cui sono testimonianza non soltanto le sculture e gli ex voto lignei, ma anche l’altare dedicato alla Vergine del Rosario.

Fa ora parte delle collezioni permanenti del Museo Diocesano anche il dipinto dal titolo “Trionfo della morte”, realizzato nel 1627 dall’allora giovane pittore Giovanni Battista Della Rovere. È anche noto come ” Specchio della vita umana”.

Meritano anche una particolare attenzione le sezioni architettoniche che sono state rinvenute durante gli scavi risalenti agli anni Novanta, comprendenti resti risalenti ad epoca romana, un sepolcro medievale e parti del battistero di San Giovanni Battista. Recentemente, infatti, sotto l’edificio dell’attuale Duomo, sono state rinvenute proprio le rovine dell’originario complesso episcopale torinese, comprendente tre chiese risalenti al 500-600 d.C., la prima dedicata al Salvatore, una seconda a San Giovanni Battista (che diede poi il nome al Duomo costruito da Domenico della Rovere) ed una terza a Santa Maria. Di particolare interesse archeologico e storico è stato il rinvenimento di un cimitero risalente all’antichita’, posto davanti alla chiesa del Salvatore. Altre sepolture sono poi state scoperte sotto il pavimento attuale della Cattedrale, accanto a tombe comprendenti resti di uomini e donne, risalenti a un periodo di tempo molto ampio, compreso tra la fine dell’epoca romana e quella del Medio Evo.

Il Museo Diocesano ospita periodicamente delle interessanti mostre, tra cui la più recente, aperta fino al 9 giugno prossimo, si intitola “L’ultima Cena”, e comprende tredici opere pittoriche di artisti di respiro internazionale, ispirate a questo tema universalmente noto. L’esposizione è frutto di una proficua collaborazione tra il Museo Diocesano di Torino ed Parco d’Arte Quarelli di Roccaverano, nell’Astigiano.

Mara Martellotta

 

Orario di visita. Mercoledì 14- 18, ven- sab- dom 10- 18.

Museo Diocesano di Torino

Piazza San Giovanni, Torino

Gli acciacchi di Bonaventura e i ricordi di Antonio Latella

Come ultimo spettacolo della stagione dello Stabile torinese, Antonio Latella recupera dal proprio bagaglio del tempo che fu L’isola dei pappagalli con Bonaventura prigioniero degli antropofagi, un testo che Sergio Tofano portò sulle scene, con le musiche di un Nino Rota appena diciannovenne, nel 1936. Recupera perché quel testo – rimesso in scena per il cinquantenario, ancora per lo Stabile, da Franco Passatore, scomparso poco più di un mese fa – lo vedeva muovere i primi passi come attore, con due ruoli piccolissimi (era “il cliente che ha sonno” e “l’aiutante de re negro”); e reinventa, a suon di tradimenti, coadiuvato in questo dal pirotecnico adattamento di Linda Dalisi.Perché, innanzitutto, il suo (o il loro) Bonaventura non è qui quel buffo, allampanato ed elegante personaggio, presenza domenicale immancabile (e sempre attesa da chi viveva la propria infanzia nella metà degli anni Cinquanta) del “Corriere dei piccoli”, che al termine di ogni avventura stringeva felice tra le mani il suo bel milione: adesso è un signore non più certo di primo pelo, che viaggia in sedia a rotelle, affaticato, che accusa malanni e confida in quel Bassotto che lo segue ovunque, che preferisce ricordare, non essendo più in grado le avventure di viverle sul campo e in prima persona. Ecco che allora, con la sua bella bombetta rossa in testa, ciarliero, grande affabulatore, un po’ pedante come ogni vecchio, sull’onda dei ricordi (e senza che qualcuno si prenda il mal di pancia di sforbiciare qua e là), il Nostro si dilunga per circa una mezz’ora iniziale a dipanare fatti e rime baciate in un resoconto che non sempre è di facile comprensione giù in platea. Mentre il Bassotto si produce in ogni sorta di diversivo comico e fisico, finalmente Latella s’affida al movimento e ai colori e all’intreccio: e allora lo spettacolo sul palcoscenico del Carignano assume sapore, prende quota, diverte, s’affida senza se e senza ma ad una compagnia a tratti geniale, in autentico stato di grazia, multiforme, eccentrica, indiavolata. Attori che non “sono” lo spettacolo, ma certamente sì la spina dorsale, quello spettacolo lo vivono e lo fanno vivere e lo scaraventano felicemente tra gli spettatori come raramente si vede fare sui nostri palcoscenici. C’è una alta parete grigia nella scena firmata da Giuseppe Stellato, con un oblò da cui entrano ed escono i vari personaggi, ci sono quattro musicisti ai lati del palcoscenico (Federica Furlani, Andrea Gianessi, Alessandro Levrero e Giuseppe Rizzo), davvero bravi a far da commento ad ogni azione, c’è un tesoro ed un pappagallo rosso, c’è una spiaggia persino inquietante con quei suoi fitti manichini grigi pronti ad essere smantellati a vista, c’è l’apporto e la volontà di Latella e Dalisi a contaminare modernamente il testo, facendo spazio a canzoni sanremesi o delle estati di decenni fa (si va dalla Cinquetti di Non ho l’età al Vianello dei Watussi) per spingersi anche su un terreno più colto e abbordare Money Money del Joel Grey di Cabaret. È una comicità fuori delle regole, sconosciuta all’autore, di cui tuttavia conserva il fascino surreale e vitale allo stesso tempo, il linguaggio poetico, la banalità intelligente che già un tempo non voleva abbracciare soltanto il pubblico giovanile ma aspirava tra mille scommesse a qualcosa di più. C’è intatto lo spirito di Sto. C’è la negazione del milione, forse ad indicare la fine di un’epoca o il suo completo ripensamento, c’è Bonaventura che è pronto a lasciare la sedia a rotelle (un ritorno al personaggio di sempre?), a mettersi a lato della scena a far da spettatore e a prodursi poi in un tango con il fido Bassotto che nemmeno i maestri di Ballando saprebbero far meglio.

Uno spettacolo che è scrittura e autobiografia, costruzione e ripensamento, divertimento e pensieri in libertà. Dicevamo degli attori/cantanti, tutti da citare. Francesco Manetti che è Bonaventura, Alessio Maria Romano spericolato Bassotto, Michele Andrei e Caterina Carpio, i falsetti di Leonardo Lidi dal quale tutto ti aspetti meno che vedertelo nei pani del bel Cecè, il Capitano dell’aitante Isacco Venturini, Barbara Mattavelli che è Giuiuk dalla risata facile. Lascio per ultima Marta Pizzigallo, che mi è parsa la più brava del gruppo: abbandonata la tuta rossofuoco del primo tempo, s’è sprigionata in occhioni tondi tondi, in parole e frasi sbocconcellate, in ralenti e in sospiri divertentissimi che mi pareva la diretta erede del metodo Marchesini, pronta a dar vita corposamente ad ogni attimo del proprio lavoro. Da vedere, repliche sino al 16 giugno.

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Elio Rabbione

Le foto dello spettacolo sono di Brunella Giolivo