CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 317

A Coassolo, toccante retrospettiva dedicata a Domenico Riccardo Peretti Griva

“Il mondo fotografico di Riccardo”, illustre magistrato e fotografo coassolese

Fino al 31 agosto

Coassolo (Torino)

A sessant’anni dalla scomparsa, avvenuta l’11 luglio del 1962, il Comune di Coassolo (dove nacque il 28 novembre del 1882) torna a ricordare il suo figlio più celebre ed indimenticato, Domenico Riccardo Peretti Griva, attraverso una ricca retrospettiva fotografica curata da Giovanna Galante Garrone, storica dell’arte e nipote delle stesso Peretti Griva, in cui si presentano fotografie facenti parte della collezione privata di famiglia (furono più di 25mila gli scatti a sua firma), riproduzioni da originali del “Museo Nazionale del Cinema” di Torino (che custodisce il fondo donato dalla figlia Maria Teresa) e del Comune di Lanzo Torinese, che già ospitò la mostra nel luglio scorso. Tutte riunite in un’unica esposizione, fino al prossimo mercoledì 31 agosto, presso la “Sala Consigliare” del Comune, “si tratta di opere – sottolinea Giovanna Galante Garrone – realizzate nella prima metà del secolo scorso e che restituiscono una preziosa sintesi delle predilezioni tematiche e delle scelte estetiche di Riccardo Peretti Griva”. “Le sue fotografie in bianco-nero – prosegue – testimoniano una forte attenzione al chiaroscuro che nel procedimento di stampa, assume caratteri pittorici di particolare liricità”. Magistrato, giurista, fervente antifascista e provetto alpinista – come l’amico magistrato Umberto Balestrieri, che lo iniziò alla passione per la fotografia – in magistratura Peretti Griva rimase per 43 anni, partendo come pretore di Morgando e arrivando (in una carriera per molti “scomoda”, da “magistrato del vecchio Piemonte” come ebbe a definirlo il genero Alessandro Galante Garrone) fino a ricoprire la carica di primo presidente della “Corte d’Appello” di Torino”. Sua costante compagna di strada, l’inesauribile passione per la Fotografia. Formatosi nella “Scuola Piemontese di Fotografia Artistica”, è nel 1905, sull’onda dell’“Esposizione Internazionale” tenutasi a Torino che inizia la sua incalzante avventura artistica, che lo porterà, fra il 1920 ed il 1950, ad essere considerato uno dei principali esponenti del cosiddetto “pittorialismo” italiano, attratto in particolare dal tema della natura, cristallizzata in poetiche atmosfere romantiche, attraverso la sofisticata tecnica al “bromolio”, con l’utilizzo di interventi manuali in grado di conferire alle foto le sembianze di un disegno a carboncino, e meno frequentemente con quella al “bromuro d’argento”. Nel 1923 viene premiato alla “Prima esposizione internazionale di fotografia, ottica e cinematografia” e da allora partecipa costantemente ai “Salons d’arte fotografica internazionale di Torino”, nonché a numerose altre manifestazioni in Italia e all’estero. Molte anche le mostre dedicategli in seguito.

Le più recenti, fra le postume, al “Museo Nazionale del Cinema” e al Museo “Arnaldo Tazzetti” di Usseglio (2018), a cura di Daniela Berta e di Giovanna Galante Garrone. Nel febbraio del 1962, gli venne assegnata l’onorificenza di “eccellenza” da parte della prestigiosa “Féderation internationale de l’art photographique”. E’ l’occhio della poesia, della semplicità e della sincerità che guidavano e guidano ancor oggi la vita dei contadini e dei suoi montanari, dall’Alpe Vaccarezza alla Cima dell’Angiolino fra le Valli Tesso e Malone, a “marchiare” in ogni angolo e prospettiva la sua opera. Dalla dolcezza compiaciuta della “madre” di Gubbio alla meravigliata curiosità della piccola di “Purità”fino ai due vecchietti intenti a leggere e a commentare un giornale in due sulla panchina posta davanti alla Chiesa del paese e al silente tappeto di neve, promessa generosa di frutti buoni che verranno. In ogni opera l’insegnamento delle radici.

L’onestà che guidò ogni gesto, ogni decisione, ogni attimo della sua vita. Congedandosi dalla Magistratura, il 19 aprile del 1953, Peretti Griva scriveva in un “Discorso ai Coassolesi”: “Io voglio bene a Coassolo…E’ qui che sono sempre accorso a rinfrancarmi…Qui mi rinfrescavo l’anima coi ricordi gentili nella grande pace non profanata dalle contese cittadine” . E ancora, ricordando il giorno in cui vi salì (“nelle limpidezze del piano di Coup”) quando a Torino arrivò il Duce: “Trovai un contadino che mi chiese ‘Come mai Riccardo si trova quassù mentre Mussolini è a Torino?’. Mi fu facile rispondere che ero lassù, nell’aria pura, proprio per liberarmi dall’aria asfissiante delle adunate forzate”.

Gianni Milani

“Il mondo fotografico di Riccardo”

Sala Consigliare Comune di Coassolo, via Capoluogo 198, Coassolo (Torino); tel 0122/45617 o www.comune.coassolo.to.it

Fino al 31 agosto

Orari: nei giorni feriali, 9/12

Nelle foto:

–       “Purità”, stampa alla gelatina ai sali d’argento, 1930 ca.

–       “La madre”, Gubbio, bromolio trasferto, 1939 ca.

–       “Il giornale”, bromolio trasferto, 1925-‘30

–       “La lunga attesa”, gelatina ai Sali d’argento, 1930-‘40

Piemontesi a Lepanto. La flotta sabauda nella battaglia del 1571

Tre galee e due giganti della storia subalpina, l’ammiraglio Andrea Provana di Leinì e il duca Emanuele Filiberto di Savoia.
Anche i piemontesi fecero la loro parte, si distinsero e combatterono come leoni nella battaglia di Lepanto. Quel giorno, il 7 ottobre 1571, oltre 400 galee e quasi 200.000 uomini si scontrarono nella più grande battaglia navale dell’Era moderna, 200 galee cristiane contro 200 galee turche, 90.000 cristiani contro 90.000 turchi. Come gran parte dei principi italiani, anche i Savoia inviarono navi e soldati per combattere i turchi e respingere la minaccia ottomana nel Mediterraneo e in Europa. Nella seconda metà del Cinquecento gli Ottomani erano una grande potenza e una grande minaccia per l’Europa cristiana. I ciprioti ne sanno qualcosa: l’isola veneziana, baluardo cristiano nel Mediterraneo orientale, fu conquistata dalla flotta turca e gli abitanti di Famagosta furono massacrati. L’eccidio provocò una tale ondata di sdegno in Europa che spinse i sovrani a rispondere con la forza per frenare l’espansione turca verso occidente. La vittoria cristiana a Lepanto fu forse sopravvalutata perché bloccò solo temporaneamente i piani del sultano ma fu anche la prima e più importante vittoria di un’armata cristiana contro i musulmani. La gloria di Lepanto si protrasse per secoli e la data del 7 ottobre 1571 viene ancora oggi ricordata e commemorata nei Paesi europei. Su Lepanto sono stati scritti numerosi libri ma nessun testo finora ha messo bene in risalto il ruolo dei sabaudi e la partecipazione alla battaglia navale della piccola ma coraggiosa flotta piemontese comandata dall’ammiraglio Andrea Provana di Leynì e inviata nel Golfo di Patrasso da Emanuele Filiberto. Una lacuna che il libro “Lepanto, i piemontesi combattono”, di Massimo Alfano e Giorgio Enrico Cavallo, Pathos Edizioni, ha provveduto a colmare. “Un volume che, scrive nell’introduzione Paolo Thaon di Revel, narra con dovizia di particolari l’inizio della marineria di Casa Savoia svelando episodi e notizie curiose spesso ignorate o sottovalutate”. I Savoia dunque si fecero valere anche sul mare con una propria marina, piccola ma potente ed efficiente, temuta e rispettata dalle altre potenze marinare. Con la spedizione di Lepanto i Savoia si sedettero per la prima volta al tavolo delle grandi potenze, vincitori della guerra contro il sultano ottomano insieme alle forze della Lega Santa voluta da Pio V. Lepanto non fu solo un episodio importante nel quadro del secolare scontro tra Oriente e Occidente ma, scrivono Alfano e Cavallo, “fu piuttosto un passo fondamentale per enfatizzare la potenza dei Savoia che divennero indispensabili attori dello scacchiere europeo, anche per quanto riguarda la geopolitica marittima”. La fama di Lepanto per i Savoia fu però quasi nascosta dalla storiografia che certamente esaltò le gesta del Provana e di Emanuele Filiberto ma, lamentano gli autori del libro, “mancò di sottolineare che proprio da quella campagna navale il Piemonte sabaudo si candidò ad entrare da protagonista nelle complesse vicende mediterranee”. Pertanto gli eventi di guerra sul mare non furono solo “periferiche scaramucce prive di importanza”. Due uomini aiutarono in modo determinante il duca Testa di Ferro nella sua opera di modernizzazione della politica marittima: Andrea Provana di Leynì, governatore di Nizza e consigliere tecnico del duca di Savoia e Giovanni Moretto, consulente per la costruzione e l’utilizzo delle galee. La flotta sabauda mostrò tutto il suo valore prima nell’assedio ottomano di Malta del 1565 e poi con la Lega Santa nel 1571 a Lepanto dove si batterono tre galee, la Capitana, la Piemontesa e la Margarita. Malta e in modo particolare Lepanto, osservano gli autori del libro, significarono molto per i Savoia ed esaltarono “quello che fu probabilmente il primo eroe del moderno Piemonte sabaudo, l’ammiraglio Andrea Provana di Leynì”, nominato da Emanuele Filiberto capitano generale delle flotta sabauda e Grande ammiraglio dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Ottenne inoltre il Collare dell’Ordine supremo della Santissima Annunziata. Durante la battaglia il Provana fu colpito alla testa ma si salvò grazie al “morione”, un tipo di elmetto, che ammortizzò il colpo di un archibugio. Un capitolo è dedicato a papa Pio V, il domenicano alessandrino Antonio Ghislieri, l’unico Papa piemontese, alla cui figura è legata la costituzione della Lega Santa, voluta fortemente dal pontefice per difendere la fede e la civiltà cristiana, senza la quale non sarebbe stato possibile sconfiggere i turchi a Lepanto. Pio V istituì un giorno festivo per ricordare l’evento sotto il nome di festa della Madonna del Rosario e celebrò in San Pietro una grande Messa di ringraziamento per la vittoria di cui parlava tutta la cristianità. Anche a Torino ci furono grandi festeggiamenti per la vittoria di Lepanto. La notizia giunse in città solo il 19 ottobre e fu un tripudio generale con feste popolari, fuochi di artificio, spari di artiglieria e solenni celebrazioni in duomo e in tutte le chiese di ogni piccolo paese.
                                                                                      Filippo Re

Bob Sinclar, Mario Biondi, Ivana Spagna, al Foro Festival di Carmagnola

Tutto il programma dei concerti dal 2 – 11 settembre: sul palco  decine di altri artisti

Il Foro Festival si svolge in concomitanza con la 73^ FIERA NAZIONALE DEL PEPERONE: 10 giorni ricchi di eventi gastronomici, culturali e artistici che propongono intrattenimenti ed esperienze coinvolgenti per tutti i sensi e per tutte le fasce di età

Nato nel 2018 da un’idea dei ragazzi della Consulta Giovanile Carmagnolese come evento musicale collaterale alla frequentatissima Fiera Nazionale del Peperone, Il Foro Festival dal 2018 porta a Carmagnola (TO) molti dei protagonisti della scena musicale italiana.  L’evento prende vita in una grande arena all’interno del Foro Boario di Piazza Italia, da cui il nome del festival. Tra i grandi nomi sino ad ora ospitati dal festival, nel 2018 Ermal Meta, nel 2019 gli Eiffel 65 e i Pinguini Tattici Nucleari, pochi mesi prima della loro “esplosione” al Festival di Sanremo. Nel 2021 invece è stata la volta di Giusy Ferreri e Noemi.

E che succede nel 2022, in concomitanza con la 73^ edizione della Fiera Nazionale del Peperone, in programma dal 2 all’11 settembre 2022? Il programma è definito nel dettaglio, per un livello del festival è decisamente alto. L’organizzazione è a cura della Kontakt Agency di Francesco Andrisani, agenzia che organizza grandi eventi a livello internazionale, in collaborazione con Langhewood Records.

Ecco il programma:

Venerdì 2 settembre Il Foro Festival a Carmagnola (TO) inizia con l’evento “Vivere” by Stay Club”. E’ una cena in bianco  animata a cura dello Stay Club di Carmagnola, in collaborazione con la Consulta Giovanile Carmagnolese

Verranno aperte le porte alle ore 20:30 e dalle 21 inizierà la cena, che sarà condita da spettacoli circensi, ottima musica e tanto divertimento. Il Dress Code richiesto è totalmente in bianco ed elegante. Info & Prenotazioni: tel.  331 335 5931 ; info@staycarmagnola.it

Sabato 3 settembre Il Foro Festival continua con una scatenata Dagma Night. Protagonisti sono artisti piemontesi che sanno come far scatenare i più giovani e non solo loro. In console, sul palco, l’energia di Molinhero, ovvero la musica e lo show Roberto Molinaro, Greta Tedeschi, Visco, Juno O (vocalist)  e Danilo El Paris (MC) (ingresso libero).

Domenica 4 settembre Il Foro Festival propone invece un evento in grado di mettere d’accordo generazioni diverse di spettatori. La serata inizia con un doppio concerto, quello della Special Guest Cristina D’Avena, voce amatissima di mille sigle di cartoni animati e quello di Ivana Spagna, voce simbolo della dance italiana anni ’80 e non solo. Più tardi si balla con il format “Mania ’90”. Le voci sono quelle di Kim Lukas e Nathalie Aaarts from Soundlovers, interpreti di tanti successi di quel decennio e pure quella di Haiducii, celeberrima per la sua versione della hit “Dragostea din tei”. Il sound invece è quello di Emanuele Caponnetto e di Dj Jump. (posti in piedi 12 € + ddp, posti a sedere 15 € + ddp).

Lunedì 5 settembre a Il Foro Festival di Carmagnola (TO) la musica è quella di Ogni Istante, tribute band che interpreta il repertorio di Elisa, senz’altro una delle artiste italiane più amate di sempre.  Ingresso Libero. Inizio Concerto ore 21.

Martedì 6 settembre alle 21 a Il Foro Festival di Carmagnola (TO) invece ecco sul palco il Sunshine Gospel Choir, una formazione di ben 40 elementi diretta da Alex Negro. Con il loro repertorio sono in grado di emozionare chiunque. L’ingresso per il concerto è gratuito, con posti a sedere a disposizione fino ad esaurimento. Ingresso libero, dalle 21. Info Whatsapp 3277928137.

Mercoledì 7 settembre con ingresso libero dalla 21 ancora live music a Il Foro Festival di Carmagnola (TO): sul palco vanno gli Oronero, scatenata tribute band che interpreta le canzoni di Luciano Ligabue.

Giovedì 8 settembre a Il Foro Festival di Carmagnola (TO) arriva poi una superstar del mixer, ovvero il francese Bob Sinclar. E’ un top dj che da decenni sta a metà tra pop e house music. Celeberrimo anche in tv (è stato super ospite a Sanremo) e non solo nei e nei festival musicali di tutto il mondo, Bob Sinclar è semplicemente una rockstar della console e brani come “World Hold On” o “Love Generation” fanno emozionare e non solo ballare il mondo.

Con Sinclar, per una serata decisamente internazionale, i bergamaschi The Cube Guys, anche loro attivi in tutto il mondo a ritmo di house. Protagonista anche anche B Jones, una delle artiste simbolo della scena musicale di Ibiza e non solo.  Non mancano il francese Rawdolff, l’italiano Ayko, il belga Hoax, la slovena Dj Xenia, il monegasco TMP Dj, l’italiano Alex Pizzuti ed il violino dell’ucraina Helinxy Violinist. Ingresso 15€+3€ Diritti di Prevendita. Info & Prevendite Whatsapp 3277928137

Venerdì 9 settembre a Il Foro Festival di Carmagnola (TO) prende invece vita uno scatenato Urban Show – Latin Night. In console e sul palco, per una festa reggaeton e urban, Dj Chama e Ricky Jo e un vero corpo di ballo. Ingresso libero.

Sabato 10 settembre ecco poi la voce unica di Mario Biondi, per una data del suo “Romantic Tour”. In molti, ascoltando per la prima volta alla radio la sua “This is what you are”  nel 2006 immaginavano che a a interpretarla fosse un robusto cantante afro-americano di mezza età. Invece a cantare era Mario Biondi, catanese (città che da sempre ha un rapporto speciale con la musica italiana) che aveva allora trentacinque anni e la pelle bianca… da allora la sua carriera è in costante crescendo (posti in piedi 20 € + ddp; posti a sedere 30 € + ddp).

Domenica 11 settembre, per una conclusione del festival piena di divertimento, sul palco va la Royal Party Band, che propone un vero e proprio revival delle canzoni più amate della musica dance. Con loro anche la dj Jay C.  (ingresso libero).

I biglietti degli eventi a pagamento de Il Foro Festival sono acquistabili in vari punti prevendita del territorio, presso le casse del Festival nelle serate dei concerti a partire dalle ore 18:30 (se ancora disponibili), via Whatsapp al numero 3277928137 e online su ticketone.it, youticket.net e ciaotickets.com. Media Partner: Radio Vida  Network.

Il Foro Festival 2022 si svolge in concomitanza con la 73^ “Fiera Nazionale del Peperone di Carmagnola”, dal 2 all’11 settembre 2022: 10 giorni ricchi di eventi gastronomici, culturali e artistici che propongono intrattenimenti ed esperienze coinvolgenti per tutti i sensi e per tutte le fasce di età.

“E così, io ti guardo buttare l’amore…”

MUSIC TALES, La rubrica musicale

E così, io ti guardo buttare l’amore

resto qui e finisco per farmi del male

passerà, serviranno altre mille persone

e va bene così”

Oggi Davide si è presentato a lezione con questo brano.

Lui, come me, è amante delle cose belle e della regia di Ferzan Özpetek, nello specifico de “le fate ignoranti”.

 

Una donna, affranta dalla prematura perdita del marito, scopre che questi aveva un amante, Michele. Questo nuovo trauma la porta a conoscere un mondo per lei ignoto, popolato di una umanità viva e lontana dal perbenismo. Niente è come sembra, quasi mai. Mai. Se posso azzardare.

Le fate ignoranti sono tutti quelli che vivono allo scoperto, che vivono i propri sentimenti, e non hanno paura di manifestarli. Sono le persone che parlano senza peli sulla lingua, che vivono le proprie contraddizioni e che ignorano le strategie.

Io sono una fata ignorante, mi ci rivedo in quel film, per il suo significato, per la concezione di vita che mi appartiene.

 

La canzone: “buttare l’amore” che nasce dalla penna di Gianni Bindi e Matteo Mancini e ci viene interpretata da una Mina che (non me ne vogliate) vocalmente non riesco più ad apprezzare come un tempo, parla dell’incapacità e impossibilità di continuare un rapporto, una relazione, con chi canta impegnata a guardare l’altra persona “buttare via l’amore” mentre non si riesce ad impedire che ciò avvenga. E la passione appare mancare proprio a causa dell’assenza di un elemento esterno mentre si osserva, inermi, il declino e il decorso del rapporto.

 

buon ascolto, vi piacerà …almeno spero

 

https://www.youtube.com/watch?v=1HIJdd69ha8&ab_channel=MinaMazziniOfficial

Chiara De Carlo 

Bisognerebbe numerare ogni centimetro del nostro cuore, come si fa con un inventario, perché quando arriverà il giorno, che prima o poi verrà, sia più facile rimettere insieme i pezzi rotti.”

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

Ecco a voi gli eventi da non perdere!

Sabato 17 settembre 2022

ore 21.30

10HP – reimmaginando Lucio Battisti

Prandi’s Corso Savona 17 – Moncalieri TO

***

Martedi 20 settembre 2022

ore 19.00

The Slaves – Repertorio internazionale

OGR – https://ogrtorino.it/

Corso Castelfidardo, 22 Torino

Spirito geniale. Scrittori, ispirazione e alcol

Penne e drink, capolavori e banconi dei bar, centinaia di righe scritte in compagnia di cocktail che hanno ispirato la creatività e donato leggerezza a molti scrittori, indiscussi talenti della letteratura

 

Alcuni ne hanno abusato, ne hanno fatto uno stile di vita non sempre benefico, altri sorseggiando meravigliosi cocktail e istaurando con l’alcol un rapporto affettivo più equilibrato, di equa e sobria distanza, hanno dato vita a opere letterarie altresì straordinarie.

Il bevitore per eccellenza fu Hernest Hemingway, “bevo da 15 anni e nessuna cosa mi ha dato più piacere” affermava. Genio della forma scritta, coraggioso nei reportage di guerra, Premio Nobel per la Letteratura con Il vecchio e il mare, non si vergognò mai della sua debolezza terrena, del suo amore per il vino anzi “un uomo intelligente a volte è costretto a ubriacarsi per passare il tempo tra gli idioti” diceva. Tra i sui cocktail preferiti il Mojito, foglie di menta, lime, zucchero bianco di canna, ghiaccio spezzato, rum e soda e il Daiquiri, da egli stesso reso celebre, fatto con una miscela di rum, limone, zucchero, ghiaccio tritato e maraschino. Tra le sue preferenze pare ci fosse anche il whisky, assolutamente senza ghiaccio. Oscar Wilde, eccezionale scrittore e drammaturgo irlandese, era un tradizionalista e amava moltissimo lo Champagne. In seguito, dopo il suo trasferimento a Parigi in seguito a vicende giudiziarie che biasimarono la sua moralità, si dedicò all’Assenzio che considerava poetico, incline all’amore e per cui “è necessario il silenzio, la meditazione, la dolce pazzia”.

L’autore del mistero e del terrore Edgar Allan Poe amava invece il Brandy. L’alcol è spesso protagonista delle sue opere come ne Il gatto nero dove colui che narra la storia è proprio un bevitore ostinato. A causa del suo vizio ebbe problemi già ai tempi dell’università, la sua vita fu difficile, ma il suo animo tormentato diede vita a opere incredibili, poetiche e passionali. “Ciò che non cura il brandy è incurabile” dichiarava, riferendosi molto probabilmente al dolore per la morte della moglie, un evento che lo fece sbandare ma che non gli impedì di scrivere magnifiche e indimenticabili capolavori del brivido.

La birra, signora alcolica morbida ma decisa, “scoperta più grande del fuoco” come affermava Wallace è stata magnificata da molti scrittori. Charles Bukowsky la mischiava con qualsiasi altra bevanda, Goethe affermava che sapere dove si “spilla” la birra aiuta a conoscere la geografia, Poe le dedicava poesie, Rimbaud scriveva che “giugno sa di vigne e birra” e Milan Kundera: “Non è la birra una santa libagione di sincerità? La pozione che dissipa ogni ipocrisia, ogni sciarada di belle maniere?”. Il nostro Gabriele D’annunzio, poeta esuberante e trasgressivo, fu testimonial dell’Amaro Montenegro e Amaretto di Saronno, ma il suo rapporto con il vino rimane ancora un mistero, “non bevo vino dall’infanzia” diceva, “Iersera bevvi una certa “malvasìa” a me donata dai Càlabri! E tu sai che io son quasi astemio”.

Forse, come scriveva Euripide, ”bevendo gli uomini migliorano” e sicuramente l’alcol avrà favorito momenti di pura creatività e attutito periodi bui di dolore esistenziale, ma bere non può essere una condotta abituale, una consuetudine giornaliera che diventa indispensabile, una terapia o una automedicazione. Un bicchiere con gli amici, un drink dopo il lavoro, una concessione saltuaria per rilassarsi un po’ e distendere le tensioni che la quotidianità ci procura, solo questo può essere, un piacere effimero. Bere responsabilmente invece può anche aiutare l’organismo infatti l’alcol può funzionare come antiossidante, grazie al polifenolo contenuto nella buccia dell’uva, e come antinfiammatorio, maggiormente attivo nel vino rosso.
Insomma, come dice un anonimo è molto probabile che l’alcol sia un propellente che fa andare lo spirito in orbita, ma rimanere ben ancorati e sobriamente a terra è molto più salutare.

 

Maria La Barbera

Domenica al Castello di Marchierù

Fra le Dimore Storiche del Pinerolese, domenica 28 agosto sarà aperto al pubblico il castello di Marchierù ( Villafranca Piemonte)

Una giornata con visite guidate dagli stessi proprietari, discendenti dei primi feudatari di questo maniero che conserva l’impianto medioevale, pervenuto dal 1220 ai giorni nostri senza alcuna vendita ma tramandato sempre per eredità o per dote.


Domenica 28 agosto sarà aperto al pubblico
CASTELLO DI MARCHIERU’
(Fraz S.Giovanni 77)
Villafranca Piemonte
Il castello si racconterà con passeggiate nel parco, ricordi di matrimoni in cappella, le scuderie settecentesche del Maresciallo d’ Austria Filippi di Baldissero, le sale storiche ammobiliate con la scrivania della prima guerra d’indipendenza, la tavola imbandita con servizi d’epoca in sala da pranzo, i suoi rituali, il fumoir… ed il cugino Camillo di Cavour, i ricordi dei familiari francesi Richelieu e Galliffet, la ghigliottina e l’incontro con il boia, la vicenda di Teresa Canera di Salasco prima Dama di Corte della Regina di Sardegna….
La storia di uno dei più antichi Casati piemontesi raccontata dai discendenti diretti che dal 1220 tuttora abitano il castello.
visite ore 10/11*15/16/17
adulti € 8 * bimbi gratis fino a 10 anni
Prenotazione obbligatoria al 3394105153/3480468636 * segreteria@castellodimarchieru.it

Ecco il romanzo della prossima Guerra mondiale

‘2034 – Il romanzo della prossima guerra mondiale’, edito per i tipi della Feltrinelli nel 2021, non è un libro che guarda ad un futuro prossimo ma quasi al presente. Scritto prima dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ‘fotografa’ quasi una situazione di alta tensione internazionale (che sfocerà in una guerra con tanto di opzione nucleare) molto simile a quella che attualmente si sta vivendo al di fuori dell’Europa. Anzi l’Europa nel romanzo gioca un ruolo davvero marginale perché la partita vede in campo da un lato gli Stati Uniti, dall’altro la Cina, l’Iran e una Russia guidata dall’ottuagenario Vladimir Putin

A scriverlo, con dovizia di particolari tecnici, sono Elliot Ackerman, scrittore bestseller pluridecorato con 8 anni di servizio nei marinee nelle forte speciali, operativo in Iraq, Afghanistan e Medio oriente e Jamew Stavridis, già a capo dell’US European Comand e delle forze nato, oggi analista internazionale per NBC News ed editorialista di Time.

Teatro di guerra sono il Mar Cinese Meridionale, lo stretto di Hormuz, il Mare di Barents e il ruolo di potenza capace di mediare è affidato ad un’India tecnologicamente avanzata, mentre l’Europa, e nello specifico l’Unione Europea, non è mai nomionata.

Il lavoro di Ackerman e Stavridis dipana la sua trame e i suoi scenari in neanche trecento pagine  ma i suoi contenuti, frutto dell’esperienza maturata in tutti gli anni di servizio dagli autori, non può non portare il monito sulla pericolosa china che il mondo sta prendendo in questo anno. L’auspicio è che non ci sia un altro 1914 quando, e cito il bel saggio di Margaret MacMillan ‘Come si spense la luce sul mondo di ieri’.

Massimo Iaretti

 

I Templari invadono Alessandria

Storici e scrittori, cantanti e attori, musicisti e cantastorie fanno rivivere la storia e la leggenda dei Templari, i famosi e misteriosi monaci-guerrieri del Medioevo che ancora oggi affascina milioni di persone in tutto il mondo.
Dopo il successo della prima edizione torna il Festival internazionale dei Templari diretto dalla storica Simonetta Cerrini, storica e studiosa dei Templari, e da Gianpiero Alloisio, cantautore e drammaturgo. Incontri, lezioni di storia, spettacoli serali, teatro e canzoni racconteranno il mito dei Templari dal 26 al 29 agosto sul palco di piazza Santa Maria di Castello ad Alessandria. Interverranno gli storici Michel Balard, Philippe Josserand, Julien Théry e Simonetta Cerrini e gli artisti Massino Bagliani, Elisabetta Gagliardi ed Emanuele Dabbono. Gianfranco Cuttica di Revigliasco, Luca Pier Giorgio Isella e Giulia Quarantini tratteranno i temi dell’arte medievale ad Alessandria e della presenza dei Templari in Piemonte. Gli storici Franco Cardini e Alessandro Barbero parteciperanno attraverso alcune video-interviste. Sul palco saranno presenti i ricostruttori della “Mansio Templi Parmensis 1275” che illustreranno l’abito e le armi dei Templari. L’Ordine del Tempio nacque a Gerusalemme nel 1118-1119 per iniziativa di un gruppo di cavalieri provenienti da varie regioni europee.            fr

Dario Argento e il fascino misterioso di Torino

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La grande mostra dedicata a Dario Argento sta riscontrando un grande successo al Museo Nazionale del Cinema, ospitato alla Mole Antonelliana di Torino.

 

Un evento che sarà aperto al pubblico per nove mesi sino a lunedì 16 gennaio 2023. L’omaggio torinese a uno dei maestri del cinema italiano più conosciuti e apprezzati a livello internazionale è quasi un atto dovuto che ricompensa il rapporto speciale che il regista ha sempre avuto con la prima capitale d’Italia. Come ha più volte sottolineato Enzo Ghigo, presidente del Museo Nazionale del Cinema, è dagli esordi “dietro la macchina da presa con L’uccello dalle piume di cristallo fino all’ultimo film Occhiali neri, spaziando con talento visionario tra giallo, thriller e horror” che Dario Argento ha scelto Torino per le ambientazioni dei suoi film restituendo della città “un’immagine inedita e perturbante che arricchisce di fascino e mistero lo sguardo che le viene rivolto”. L’esposizione Dario Argento-The Exhibit propone un percorso cronologico attraverso tutta la carriera del regista e sceneggiatore, costruita sul confine tra cinema di genere e d’autore. Un antico sodalizio all’insegna della paura e del mistero si potrebbe definire lo speciale feeling che lega il maestro del brivido, il regista che è stato definito “l’Hitchcock italiano” con la città magica, fascinosa e austera, tanto da guadagnarsi da parte del grande Le Corbusier il titolo di “città con la più bella posizione naturale del mondo”. Dario Argento, nella sua autobiografia ( “Paura”, Einaudi 2014) aveva confessato come  Torino  fosse il luogo dove i suoi incubi stavano meglio, rendendo esplicito l’amore per la città all’ombra delle Alpi.“ Ero giovanissimo, un bambino – raccontava — e venni a Torino con mio padre, che doveva andarci per lavoro. Arrivammo di sera, pioveva e subito la trovai una città bellissima. Aveva appena piovuto, le strade riflettevano le luci di questi lampioni, queste luci gialle… le strade luccicavano. Mi piaceva molto, aveva un’aria malinconica e al tempo stesso inquietante. Non pensavo che avrei mai fatto il regista, ma ero sicuro che Torino sarebbe stata una città ideale per girarci dei film ; anche se non conta la città in se stessa per rendere più o meno pauroso il film, perché dipende da come la si inquadra, da come la si illumina”.

La sua carriera dietro la macchina da presa iniziò nel 1970 con “L’uccello dalle piume di cristallo”, ma è dal secondo film che il regista scelse Torino come set naturale per dare corpo ai suoi incubi. Ne “Il gatto a nove code” gran parte delle scene vennero filmate nel capoluogo piemontese. I luoghi e i volti della città emersero nel film: da via Vincenzo Vela, 12, dove abitava l’enigmista Franco Arnò (l’attore Karl Malden) con la piccola Lori, al misterioso “Istituto di ricerche genetiche Terzi” che, nella realtà, era il retro della GAM, la Galleria di Arte Moderna, per passare dalla stazione ferroviaria di Porta Nuova, da via Santa Teresa e da piazza Solferino. Altre scene vennero girate ai piedi della collina torinese, a due passi dal Po, in corso Fiume, 2, per finire tra le tombe del cimitero Monumentale in piazzale Carlo Tancredi Falletti di Barolo (già corso Novara). Torino piacque a Dario Argento a tal punto che, nello stesso anno, la scelse anche per il thriller “Quattro mosche di velluto grigio”. Le location, anche in questo caso, furono molte: dal giardino Lamarmora, incastonato tra le vie Cernaia, Stampatori, San Dalmazzo e Bertola, all’Auditorium RAI di piazza Rossaro,angolo Via Rossini; dalla galleria Umberto I all’esterno del Conservatorio Giuseppe Verdi, in piazza Bodoni; dalla galleria Subalpina al Caffè Mulassano,al numero 15 di piazza Castello. Ma Dario Argento raccolse a piene mani l’aurea misteriosa di Torino tre anni dopo, nel 1974, girando le scene più importanti del suo capolavoro, l’inquietante “Profondo rosso” dove si scorgono, oltre alle piazze e alle vie più note del centro, il Teatro Carignano, la Galleria San Federico e piazza CLN, dove si riconoscono le fontane di fronte alle quali Gabriele Lavia e David Hemmings assistono al primo terribile delitto del film, quello della sensitiva Helga Ullman ( l’attrice Macha Méril). Hemmings (che nel film interpretava il pianista inglese Marc Daly ),sulla collina torinese incrociò alcune dimore importanti come Villa della Regina (residenza storica dei Savoia), lungo la Strada Comunale Santa Margherita, per poi raggiungere l’obiettivo della sua ricerca : Villa Scott, in Corso Giovanni Lanza, 57. È quella, infatti, la lugubre “villa del bambino urlante” che si trova in Borgo Po, sulle colline della città: un edificio bellissimo, uno degli esempi più straordinari dell’art decò. “L’avevo scoperta per caso — confessò il regista — mentre giravo in auto in cerca di posti interessanti dove girare il film. La villa era in realtà un collegio femminile diretto dalle monache dell’Ordine delle Suore della Redenzione e, siccome ne avevo bisogno per un mese, offrii alle occupanti una bella vacanza estiva a Rimini, dove si divertirono tantissimo. Con noi restò una monaca-guardiano, che sorvegliò le riprese con austerità”.

Un’ulteriore curiosità merita di essere segnalata. Quando Marc, nel film suonò al campanello di casa del suo amico Carlo, si trovò di fronte la madre di lui (Clara Calamai) che lo fece entrare in un appartamento ricco di cimeli e foto d’ogni sorta. La casa era davvero quella dell’attrice e, quindi, ciò che si vede nel film era probabilmente in gran parte ciò che davvero c’era in quell’appartamento nel 1974, diventato set per l’ultima prova cinematografica della grande interprete del cinema italiano. Il film, quinta prova dietro la macchina da presa per Dario Argento, uscì nelle sale il 7 marzo 1975 e lo consacrò, grazie al successo, come il vero “maestro del brivido made in Italy”. Il ritorno di Dario Argento alle atmosfere tipiche del genere thriller, parecchi anni dopo “Profondo Rosso”, coincise ancora con una pellicola girata a Torino dove la città venne scelta per ambientare praticamente tutte le location di “Non ho sonno”. Anche la colonna sonora, firmata dai Goblin, è un trade-union con il capolavoro del 1975. E come dimenticare l’inquietante filastrocca del fattore, quella che iniziava con “è arrivata mezzanotte, con il letto faccio a botte, ora inizia la mia guerra con le bestie della terra”? Alcune scene furono girate presso i teatri di posa della Euphon Communications, a Mirafiori Sud, mentre per gli esterni il primo ciak avvenne alla stazione Dora di Torino, capolinea della Torino-Ceres. Le immagini del film accompagnano luoghi facilmente riconoscibili dalla Crocetta a piazza della Gran Madre, da San Salvario a piazza Carignano, da piazza Castello al vecchio deposito della SATTI di Lungo Dora Agrigento, al cimitero Monumentale, alla Casa di Riposo ex Poveri Vecchi di Corso Unione Sovietica. Per non parlare di due locali storici come la celebre discoteca “Big Club” di Corso Brescia e il pub “Barbican’s”di piazza Vittorio Veneto. In “Non ho sonno” le analogie con “Profondo rosso” sono molte, come se Dario Argento intendesse citare più volte il suo film più riuscito. Gabriele Lavia, tanto per fare un esempio, interpreta anche in questa pellicola il presunto colpevole e, in una scena importante ,sbotta con un secco “È’ tutta colpa tua” come nell’altro film, recitando con la stessa, identica espressione. La scena dell’omicidio della ballerina venne girata al Teatro Carignano, la medesima location dove la sensitiva Helga tenne la conferenza nelle scene iniziali di “Profondo rosso” e, infine, anche in ”Non ho sonno” si scelse di usare un manichino con le sembianze dell’assassino. Dopo questo ritorno al thriller classico, Argento girò sempre a Torino un film per la televisione: “Ti piace Hitchcock?”. Ai giornalisti, confessò: “Questa città è uno stupendo teatro di posa, quando penso a un film lo immagino qui”. Nelle sequenze la sulfurea capitale dell’auto si vede dappertutto, da via Vincenzo Vela (già nota per aver ospitato la casa di Arnò e l’Istituto Terzi ne “Il gatto a nove code”) al Politecnico di Corso Duca degli Abruzzi, dalla fontana dei Dodici Mesi al parco del Valentino a Corso Francia, per finire nella videoteca, luogo d’incontro di tutti i protagonisti, immaginata al n. 26 di via Cesare Balbo. “La terza madre “, diretto nel 2007 da Dario Argento con la figlia Asia nel ruolo della protagonista (aveva già lavorato con il padre in “Trauma”, “La sindrome di Stendhal” e “Il fantasma dell’Opera”) rappresentò il capitolo conclusivo della saga delle tre madri di cui fanno parte Suspiria (1977) e Inferno (1980), narrazione horror di tre sorelle streghe, madri degli inferi: Mater Suspiriorum, Mater Tenebrarum e Mater Lacrimarum. Anche per questo film Torino prestò se stessa per molte scene, dagli interni della libreria La Bussola di Via Po alla villa abbandonata di viale Thovez dove si trovavano i sotterranei dove si rifugiavano la strega e i suoi discepoli; dalle Molinette di corso Bramante a piazza Emanuele Filiberto, per finire nel Quadrilatero romano, in Via Belleziaall’altezza del noto ristorante Le tre galline. Anche i dintorni della capitale sabauda ospitarono il set del film: dall’Abbazia di Sant’Antonio di Ranverso a Buttigliera Alta alla chiesa dei Batù e al cimitero di Andezeno, da strada Cenasco a Moncalieri, all’aeroporto di Caselle. Nel 2009 Dario Argento ambientò a Torino “Giallo”, un thriller dove una hostess statunitense, accompagnata da un investigatore italiano, segue le tracce della sorella scomparsa, vittima di un serial killer. Il cast aveva in Adrien Brody un protagonista d’eccezione mentre la sua partner era Emmanuelle Seigner, moglie di Polanski, il regista con cui Brody vinse un premio Oscar per “Il pianista”. Dopo vari problemi distributivi il film venne commercializzato direttamente in home video. Anche in quella pellicola le scene conducono gli spettatori tra le vie e i quartieri della città. Da corso Vercelli a via Pietro Egidi, nei pressi del Duomo; dal Conservatorio Giuseppe Verdi, in Piazza Bodoni, al Mastio della Cittadella; dai Portici di via Cernaia al Teatro Regio di piazza Castello e al Caffè San Carlo nell’omonima piazza. S’intravedono anche il palazzo dell’Elettricità in via Bertola e il mercato del pesce di Porta Palazzo. Una citazione a parte merita la macelleria Curletti, ormai “ex” dopo un secolo di onorata attività. E’ lì che, nel film, viene assassinato il macellaio. In corso Moncalieri, ai piedi della collina sulla riva destra del Po, la notissima macelleria venne aperta all’inizio del Novecento da Oreste Curletti che affiancò alla professione svolta con grande competenza la passione per la pittura, arricchendo la sua bottega di una notevole galleria di quadri raffiguranti quarti di bue, costate, bovini d’ogni razza commissionate ad artisti del calibro di Soffiantino, Calandri e Tabusso. L’ultimo film girato in terra piemontese dal maestro del brivido è del 2012 e non venne accolto molto bene dal pubblico e dalla critica. “Dracula 3D” (conosciuto anche come Dracula di Dario Argento) non è certo annoverabile tra le migliori prove del regista, nonostante il cast impegnato sul set (il tedesco Thomas Kretschmann nei panni del più famoso “succhiasangue” della storia, il grande Rutger Hauer come interprete di Van Helsing, il cacciatore di vampiri, e la figlia Asia). Le riprese del film vennero ambientate nella splendida cornice medievale del Ricetto di Candelo, nel biellese, e nel castello di Montaldo Dora, sull’erta del monte Crovero, nell’anfiteatro morenico di Ivrea. Dopo il recentissimo “Occhiali neri” chissà se il maestro del thriller avrà ancora voglia di tornare ancora dietro alla macchina da presa scegliendo come “luogo del delitto” l’amata città dei quattro fiumi?

Marco Travaglini