CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 266

I “cento anni” dalla nascita di Mario Lattes

Conclusasi alla Reggia di Venaria la retrospettiva dedicata al grande artista ed editore torinese, proseguiranno in autunno le celebrazioni del “Centenario”

Con la chiusura, il 7 maggio scorso, dei “Teatri della Memoria”, la retrospettiva (oltre 50 opere, una decina mai esposte) dedicata a Mario Lattes (Torino, 1923 – 2001), con la curatela dell’incisore Vincenzo Gatti, proseguiranno con il prossimo autunno i nuovi appuntamenti messi in pista dalla “Fondazione Bottari Lattes” – nata nel 2009 a Monforte d’Alba per volontà della moglie Caterina Bottari Lattes, -atti a celebrare il “Centenario” della nascita del grande artista torinese, che fu anche indimenticato editore e scrittore, nonché promotore culturale ed intellettuale fra i più singolari del Novecento italiano. Partito sicuramente con il piede giusto, il primo capitolo delle celebrazioni ha fatto registrare alla “Venaria” un notevole successo di pubblico che, nella ricca rassegna espositiva, ha potuto approfondire l’attività artistica di Lattes, pittore ma anche “maestro” dì incisione, per lui “frontiera estrema, senza ritorno – come si è scritto – e senza colore, per celebrare il definitivo elogio dell’ombra”. Solo nelle ultime settimane, alla “Reggia di Venaria” sono stati 22.000 gli ingressi registrati a Pasqua , quasi 26.200 per la “Festa della Liberazione” e poco meno di 11.000 nel ponte del 1° maggio: tra questi, numerosi visitatori si sono soffermati nella Sezione Accademia delle “Sale delle Arti” per visitare la mostra “Teatri della memoria”. E per la ricorrenza, è stato anche pubblicato un volume monografico edito da “Silvana Editoriale” e a cura di Vincenzo Gatti, con Alice Pierobon. Il testo offre una retrospettiva sull’intera produzione artistica di Lattes, di cui la mostra ha presentato una significativa selezione ed è introdotto da un saggio critico a firma di Claudio Strinati.

prossimi appuntamenti con le celebrazioni per il “Centenario” si terranno in autunno.

Sabato 16 settembre inaugura a Monforte d’Alba, presso la sede della “Fondazione Bottari Lattes” (via Marconi, 16), la mostra “I mondi di Mario Lattes #2”, seconda tappa di un viaggio attraverso il quale il pubblico potrà ammirare per la prima volta opere raramente esposte. L’iniziativa prende avvio dalla rilettura dell’intero fondo della “Pinacoteca Mario Lattes” alla luce del suo notevole ampliamento.

Sabato 14 ottobre ad Alba, si terrà la cerimonia conclusiva della XIII edizione del “Premio Lattes Grinzane”, il riconoscimento internazionale intitolato a Mario Lattes. In questa occasione verrà annunciato il romanzo vincitore di quest’anno e il “Premio Speciale”, lo statunitense Jonathan Safran Foer, terrà una libera e personale “lectio magistralis”.

Nel 2023 si celebrano anche i 130 anni della “Casa editrice Lattes”, realtà storica torinese che, dalla fondazione nel 1893 (da parte del nonno di Mario, Simone Lattes) a oggi, ha accompagnato e formato con i propri testi scolastici intere generazioni di studenti italiani.

Da non dimenticare, infine, che (accanto alla rassegna venariese) si è recentemente conclusa a Torino – lungo gli storici Portici della città – anche la mostra “Lattes Editori, 130 anni di libri e di Scuola da Torino all’Italia”, attraverso cui si è raccontato un pezzo di storia della città e il suo riflesso sull’Italia, curata da Marta Sironi sotto la supervisione della “Casa editrice Lattes” e in collaborazione con la “Fondazione Bottari Lattes”, la “Fondazione Tancredi di Barolo” e il “MUSLI – Museo della Scuola e del Libro per l’Infanzia”.

Gianni Milani

Nelle foto:

–       Mario Lattes: “Autoritratto”, olio su tela, 1990

–       Mario Lattes

–       “Fondazione Bottari Lattes”, Monforte d’Alba

“Carlo Alberto Dalla Chiesa. Il papà dei carabinieri”

Il primo libro per bambini dedicato alla storia del Generale dei carabinieri  Carlo Alberto dalla Chiesa, ucciso dalla mafia il 3 settembre 1982 a Palermo. Con la introduzione di Simona Dalla Chiesa. Di Maristella Panepinto (Navarra Editore). In uscita il 2 maggio

In uscita in tutte le librerie “Carlo Alberto Dalla Chiesa. Il papà dei carabinieri” (Navarra Editore, pp. 58, € 12,00, ISBN 9788832055917, età di lettura 6+), il nuovo lavoro della giornalista siciliana Maristella Panepinto, primo testo per bambini dedicato al grande Generale dei carabinieri ucciso dalla mafia a Palermo il 3 settembre 1982. Una storia esemplare che trasmette ai più piccoli valori civili e morali. Il libro ha l’introduzione di Simona Dalla Chiesa, figlia del Generale, e la prefazione del magistrato Fernando Asaro. Le illustrazioni del libro sono state realizzate dai piccoli alunni della scuola dell’infanzia dell’Istituto palermitano Sant’Anna, mentre la copertina é firmata dal giovanissimo studente liceale Gabriel Romano.

Quando un famoso giornalista chiese a mio padre come avrebbe raccontato la sua vita ai nipotini, lui, con gli occhi divenuti improvvisamente tristi, rispose che ai bambini si raccontano le favole, e la sua vita non era stata certamente una favola. – scrive nell’introduzione al testo Simona Dalla Chiesa – Ecco, oggi, grazie a questo libro intessuto di dolcezza, l’impegno e il coraggio di papà si sono trasformati proprio in una favola da dedicare ai lettori più piccoli. […] Anche i tanti momenti difficili, che papà ha dovuto affrontare, trovano spazio nella favola, ma Maristella Panepinto, è lei che con mano gentile traduce la vita in favola, riesce a non interrompere la delicatezza del racconto”.

Voce narrante della storia è il papà carabiniere del piccolo Emanuele: passeggiando mano per la mano per la Caserma palermitana intitolata a Carlo Alberto Dalla Chiesa, il bimbo incuriosito dal busto del Generale chiede al padre di raccontargli la storia di quell’uomo dallo sguardo austero. E così, da Saluzzo, cittadina del Piemonte dove è nato, fino a Palermo e a quel 3 settembre 1982, la vita di Dalla Chiesa scorre come un film sotto gli occhi di chi legge. Gli studi, la Resistenza, l’incontro con la prima moglie Dora Fabbo, gli incarichi sempre più impegnativi, la famiglia che si allarga con l’arrivo dei tre figli, i continui trasferimenti, il rapporto con la grande famiglia dell’Arma. Poi le sfide più difficili, il terrorismo e la mafia.

Accompagnati da un martellante BOOM BOOM BOOM, in questa favola moderna arrivano i colpi di pistola. Maristella Panepinto non risparmia ai suoi piccoli lettori neanche i momenti più duri della storia, ma con un linguaggio sempre vicino ai bambini e rispettoso dei loro sentimenti racconta dei tanti uomini giusti caduti per mano della mafia: Placido Rizzotto, Boris Giuliano, Mauro De Mauro, Pietro Scaglione, Pio La Torre.

Mirabilmente – scrive il dott. Asaro nella prefazione – l’autrice in queste pagine racconta al piccolo Emanuele quegli anni da noi vissuti: La mafia figlio mio è una delle cose più brutte che ci siano sulla faccia della terra; perché toglie la libertà e semina sangue; è quando la prepotenza vince sull’intelligenza; è come quando va via d’improvviso la luce e non troviamo una candela a portata di mano. […] Era quella Palermo una città spenta, buia, priva di sogni, rassegnata, piegata dalla violenza più becera, che contava i numeri di morti ammazzati senza distinzione di ruoli, di sesso, di età. In quegli anni, ti poteva capitare di incontrare per strada, mentre percorrevi le vie della città girando in motorino, il corpo di una persona appena uccisa. E si potevano sentire gli spari della mafia, il boom, boom, boom di paura, buio, dolore espresso da Maristella Panepinto scuotendo Emanuele e tutti noi.

E alla fine cade anche l’eroe della storia: Dalla Chiesa viene ucciso nella sua auto con la seconda moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo nel 1982.

Muore il papà di tutti i carabinieri? chiede sconvolto Emanuele quasi alla fine del libro. Sì, figlio mio. Quel giorno però il nostro Generale diventa immortale, perché da quel sangue finito per strada, nascono prima uno, poi due, poi cento e quindi mille germogli di coscienza.

Malinpensa by Telaccia, in mostra Gianalberto Righetti: “Quattro alberi”

 Opera fotografica ispirata alla magica poesia di Emily Dickinson

 

Si intitola ‘Quattro alberi’ la mostra fotografica personale dell’artista Gianalberto Righetti, ospitata dal 16 al 27 maggio prossimo alla galleria d’arte Malinpensa by Telaccia.

La rappresentazione fotografica dell’artista Gianalberto Righetti vive di un processo dialettico particolarmente espressivo, che comunica una carica emotiva e una coerenza interpretativa ricca di sensibilità intimistica, che va oltre la resa formale. Il gioco di luci, di colori, di linee e di forme costituisce una dimensione altamente suggestiva e dirompente.

L’evoluzione dinamica della natura, che muta al mutare del soggetto, sviluppa una profonda analisi e un pensiero capace di sorprendere il fruitore con una potenza introspettiva e con un linguaggio vibrante di simbolismo.

La tematica che ci propone l’artista Gianalberto Righetti, ispirata dalla poesia di Emily Dickinson, si rivolge al rapporto tra l’uomo e l’ambiente, in cui gli alberi sono assoluti protagonisti e occupano un ampio spazio di indagine sull’ energia e di chiarezza evocativa e lirica, raggiungendo risultati notevoli sia dal punto di vista estetico sia da quello contenutistico. Le sue sono opere che raggiungono l’anima, suscitando immediate sensazioni perché la veridicità fotografica, l’autenticità poetica e l’aspetto scenografico evidenziano un percorso autonomo, in cui l’artista presentato in mostra ne conosce l’importanza espressiva.

“Natura è tutto ciò che vediamo – affermava la poetessa Emily Dickinson – il colle, il pomeriggio, lo scoiattolo, l’eclissi, il calabrone, o meglio la natura è il paradiso”.

Una gamma incantevole di alberi e di taglia compositivi dalla magistrale capacità tecnica e dal sapiente dinamismo cromatico regalano un’atmosfera ben definita dove i mille riflessi dei valori tonali si specchiano in un’immagine di assoluta potenza narrativa con immediatezza visuale all’insegna di una vera padronanza del mezzo fotografico utilizzato.

La descrizione degli alberi, imponenti nell’atto della loro tensione espressiva, si movimenta di un’essenza intima e di un’eleganza dei volumi; dimostra un valore artistico di tipo concettuale e intellettuale che si pone in relazione ad un impianto personale e originale sia di ideazione sia di realizzazione.

È per l’artista Righetti di estrema importanza convertire l’immagine in sentimento; nel silenzio della natura i suoi alberi parlano di una propria verità interiore dove la memoria tra spazio e tempo e i ricordi del vissuto si stabilizzano nelle opere con un descrittivismo attento e originale.

L’immobilità, lo spazio, la solitudine e l’essenza del reale evocate dall’immagine dei “Quattro alberi” – spiega l’artista Gianalberto Righetti – fanno eco ai versi della poesia della Dickinson e mi regalano una forte energia creativa. Da sempre volgo lo sguardo e l’obiettivo della mia fotocamera agli alberi e all’ambiente in cui sono immersi e io con loro. Radicato nel campo, nel bosco o nella grande foresta, l’albero apre uno spazio di esistenza reale sia per sé stesso sia per ciò che lo circonda e con cui interagisce. Crea un suo mondo in cui si pone in connessione con l’uomo che osserva la natura, gli esseri che passano o stazionano nei suoi pressi, tutte cose di cui è testimone.

Nel realizzare questo tipo di relazione l’albero è cosa viva e, pur radicato e stabile, alimenta uno slancio generatore di vita”.

“In questa esposizione personale – aggiunge l’artista – il mio intendimento è quello di restituire questa essenza dinamica dell’albero evidenziandone la connessione con le cose. A tal fine ho definito i titoli delle opere connotandone, oltre al luogo e anno di scatto, ciò di cui l’albero è testimone, nel tentativo di creare un’opera significativa di questo poetico messaggio”.

Mara Martellotta

 

Galleria d’arte Malinpensa by Telaccia, corso Inghilterra 51. 10138 Torino

Tel 5628220

Sito web www.latelaccia.it

“Chi ha fatto il turno di notte”. Izet Sarajlic tra poesia e impegno civile

 

L’ANGOLO DELLA POESIA

Di Gian Giacomo Della Porta e Mara Martellotta

 

 

Izet Sarajlic, nato a Doboj nel 1930, è stato uno dei più importanti poeti bosniaci del Novecento.

Si trasferì a Sarajevo nel 1945 dove conseguì la laurea in Lettere presso la Facoltà di Filosofia.

Fondò nel 1954 un’originale movimento di innovazione poetica chiamato “Giornate poetiche di Sarajevo”.

Il suo impegno civile emerse in tutta la sua bellezza e tragicità durante l’assedio di Sarajevo in cui perse le due sorelle Nina e Raza. Fu una delle pochissime personalità a rimanere in città per rinfrancare lo spirito dei suoi concittadini per i quali, nelle buie notti di guerra, tra il frastuono delle bombe, organizzava letture di poesia.

Da questa circostanza nacque un suo modo di dire che, una volta terminata la guerra, propose al pubblico per rimarcare l’importanza che ebbe la poesia in quei tragici momenti: ”Chi ha fatto il turno di notte per impedire l’arresto del cuore del mondo? Noi, i poeti”.

Sarajlic dimostrò quanto la musica e il potere di una parola consapevole potessero accendere un lumicino nell’oscurità portata dalla disperazione generale. Ebbe molti rapporti con l’Italia, Paese che amò intensamente, nonostante gli avesse portato via l’amato fratello durante la seconda guerra mondiale.

Sarajlic dichiarò : ”Mio fratello non fu ucciso dalle camicie nere italiane, ma dalle camicie nere del mondo”.

Infatti ebbe molte collaborazioni soprattutto nella città di Salerno con il grande poeta italiano Alfonso Gatto e, successivamente, con la Casa della Poesia di Baronissi, della quale fu nominato presidente onorario.

Dal 2002 la Casa della Poesia organizza a suo nome un Festival internazionale nella capitale bosniaca.

Ricevette il suo ultimo premio, il Moravia, proprio in Italia.

Morì nel 2002 a Serajevo.

La sua poetica si esprime, oltre che nell’impegno civile, anche nell’amore per sua moglie, di cui rimase vedovo. La sua perdita lo relegò a una vecchiaia malinconica, segnata dalla sensazione di non essere più un essere completo in se stesso, e ricercando continuamente la figura amata.

Molto rappresentativi sono i versi “Magari fosse ancora quel terribile/ quel tante volte maledetto anno 1993!/ Avrei ancora cinque anni pieni/da poterti guardare/e da tenerti per mano”.

Lo stile utilizzato da Sarajlic è quello del verso libero, uno stile che gli garantiva la possibilità di arrivare alle emozioni della gente senza essere vincolato o ingabbiato dalla metrica. La sua è una poesia semplice, comprensibile a tutti e che tratta argomenti universali. Ognuno di noi può riconoscersi, all’interno delle personali e particolari esperienze, tradotte in versi da Sarajlic.

“Quei due abbracciati sulla Riva del Reno a Gotlieben/ potevamo essere anche tu e io/ ma noi due non passeggeremo mai più/ su nessuna riva abbracciati/Vieni, passeggiamo almeno in questa poesia”.

 

 

Every Brilliant Thing Le cose per cui vale la pena vivere 

Martedì 16 maggio, ore 21

Teatro Concordia, Venaria Reale (TO)

 

Una pièce partecipativa che tocca con sensibilità un tema delicato e complesso come la depressione

 

 

Con Every Brilliant Thing Filippo Nigro porta in scena un racconto di autofiction scandita da “liste di cose per cui vale la pena vivere” nel tentativo di fornire alla madre un inventario di possibilità per cui valga la pena vivere. Una lista che si allunga con il tempo, dall’infanzia alla vita adulta, fino ad enumerare un milione di valide ragioni. La lista che ne esce – e che il protagonista condivide con chi lo ascolta, con tono confidenziale, coinvolgente, intimo – è imprevedibile, emozionante e personalissima, fatta di episodi e aneddoti catturati al volo dal protagonista a margine di libri, scontrini e sottobicchieri del pub. Un racconto/confessione umano e informale di momenti speciali, illuminazioni, piccole manie, incontri, emozioni e attimi indimenticabili, durante il quale mette sempre più a fuoco il rapporto con il padre, con il suo primo amore, il fallimento del suo matrimonio, la ricerca di aiuto nei momenti di difficoltà. Alla fine, la lista, più che alla madre, sarà stata utile a sé stesso almeno a comprendere che “…se vivi tanto a lungo e arrivi alla fine dei tuoi giorni senza esserti mai sentito totalmente schiacciato, almeno una volta, dalla depressione, beh, allora vuol dire che non sei stato molto attento!”. Con la complicità di alcuni spettatori, chiamati a dare un piccolo contributo per far sì che i ricordi del passato prendano vita, e attraverso una scrittura dal ritmo sempre serrato e divertente, lo spettacolo riesce a toccare con sensibilità e con una non superficiale leggerezza un tema delicato e complesso come la depressione.

Every Brilliant Thing è un’opera teatrale dello scrittore britannico Duncan Macmillan scritta nel 2013 assieme a Jonny Donahoe (che ne è stato il primo interprete). La pièce è stata presentata in versione originale con grande successo al Festival di Edimburgo e al Barrow Street Theatre di New York e in tour internazionale fra Inghilterra, Australia e Nuova Zelanda. Nel 2021 viene messo in scena in Italia, nella traduzione di Michele Panella con la regia a quattro mani di Fabrizio Arcuri e Filippo Nigro, anche attore protagonista dello spettacolo, per la coproduzione di CSS Teatro stabile di innovazione del FVG e Sardegna Teatro.

 

Martedì 16 maggio, ore 21

Every Brilliant Thing (Le cose per cui vale la pena vivere)

Con Filippo Nigro e Fabrizio Arcuri

Biglietti: 10 euro – in abbonamento

 

La distanza del cuore

La distanza sarà sempre e solo quella del cuore. Barbara Perucca, scrittrice fiorentina, torna a presentare a Torino (il 30 gennaio 2020 era alla Feltrinelli di piazza Castello con il suo romanzo d’esordio), questa volta il suo secondo romanzo La distanza del cuore – Edizioni Helicon. Sarà al Salone di Torino domenica 21 maggio dalle ore 16 nel padiglione Oval nello stand della Regione Toscana U149, Toscana Libri, a presentare, in scaletta con altri autori della sua casa editrice Edizioni Helicon, il suo secondo libro La distanza del cuore.

 Il libro è stato appena pubblicato e presentato sabato 6 maggio a LibrExpo a Livorno e lunedì 8 maggio da Libraccio a Firenze. Il romanzo è molto più complesso e lungo rispetto al suo primo perché affronta, attraverso le vite e le storie dei diversi personaggi, molte più tematiche: dai matrimoni interreligiosi allo Ius Soli, dall’Islam alla tematica LGBT+ (un personaggio gay), dai matrimoni combinati al tema della violenza sulle donne … anche una breve storia tra teenager (una storia nella storia). Una trama di fantasia con una parte ambientata in India dove l’autrice è stata nel 2017: tanti personaggi e colpi di scena con ambientazione anche a New York e in Belgio. Il romanzo entrerà in distribuzione in tutte le librerie tra una decina di giorni, essendo stata appena pubblicato. Tutto ruota intorno all’amore e alla distanza del cuore anche partendo dalla copertina con il Taj Mahal che è simbolo ed emblema dell’amore assoluto. La vera distanza tra le persone sarà sempre e solo quella del cuore.

Il percorso musicale di Attilio Zanetti, il “profeta” Zeta

 

(*28-6-1944 +19-12-1986), il singolare personaggio monferrino che ha soggiornato a Cereseto negli anni 1974-’78. Di professione musicista e compositore dilettante eclettico e versatile, faceva parte di una categoria di artisti rimasto fuori da un professionismo che avrebbe limitato il suo progetto. Con l’intelligenza e la personalità stravagante e anticonformista che lo distinguevano, costruiva quotidianamente il suo mito personale che si sarebbe stabilizzato nel tempo senza un programma specifico, attorniato da molti seguaci in Monferrato.
Sui muri del piccolo borgo medievale erano apparse scritte come  “è arrivato il profeta, il re serpenzio, viva il nibbio”. Ad una vigilia elettorale casalese degli anni ’70 furono appese delle locandine sui muri della città con le scritte “vota per me coccodè, vota il partito tropicale, il partito che non sta né in cielo né in terra”. Mi confidò che alcuni politici che si erano presentati nelle liste elettorali gli chiesero collaborazione, anche perché i voti che avrebbe consegnato loro erano circa 5000. Questo numero importante era derivato dalle copie vendute nelle edicole monferrine per le sue due pubblicazioni di fine ’76 dal titolo “Zeta il mensile del profeta”, numero zero composto da quattro fogli in omaggio e “Il nuovo Zeta giornalibro del profeta”, numero unico formato da otto fogli al costo di L. 250, entrambi subito andati a ruba.
I due mensili, molto dissacratori, contenevano storie delle nostre genti e interviste ad importanti musicisti come Fausto Leali, l’antidivo e al jazzista Chet Baker, il cacciatore di foche. Naturalmente le pubblicazioni successive furono sospese, dato che l’autorizzazione del tribunale di Casale non arrivò mai. Partecipò come l’ospite più originale ad una serie di trasmissioni televisive locali che venivano trasmesse durante il pranzo serale del fine settimana. La nostra curiosità ci aveva spinti ad assistere a spettacoli di varia natura, il concerto del sassofonista Gerry Mulligan purtroppo molto ubriaco, la grande tecnica del quintetto del pianista Bill Evans, il Mistero Buffo di Dario Fo dove, attratto dalla sua grande teatralità, non esitò a salire sul palco per offrirgli da bere.
Dario, stupefatto, interruppe il suo monologo in grammolot con accento inglese, si accordò con Attilio per una birra e dopo aver acquistato la bevanda al bar Pavia risalì sul palco dalla scaletta posteriore e gli disse “ma lei è troppo bravo, arriva forse dalla luna?”. Ricordo la nostra incredulità durante l’esibizione del Living Theatre, famoso spettacolo anarchico messo in scena nella sala del mercato Pavia da Julian Beck, attore scelto da Pasolini per il suo film Edipo re, dove noi spettatori venivamo aggrediti e provocati dagli attori in scena, eliminando così ogni soluzione di continuità tra il  palcoscenico e la platea. L’amore secondo il sig. G, spettacolo di Giorgio Gaber, spinse Attilio alla pubblicazione di “Olio sesso”, una enciclica antifemminista contenente i nostri malumori e fallimenti sentimentali dell’epoca.
Numerosi i suoi viaggi in Florida, Spagna, Venezuela, Germania e Sud Africa dove conobbe una ragazza e scrisse su una cartolina “ho incontrato una bionda talmente bella che per guardarla devo mettere gli occhiali da sole”. La sua eredità musicale è composta da una ventina di brani registrati su nastro di bassa qualità ma pieni di poesia.
Era stato influenzato dal jazz di Thelonious Monk e dalla bossanova di Antonio Carlos Jobim, definito da Frank Sinatra il Beethoven a ritmo di samba.
Queste influenze musicali si avvertono nei piccoli intervalli, appoggiature, dissonanze e gusto armonico dei suoi brani anche se non era a conoscenza della teoria musicale, ma il suo orecchio sensibile gli permetteva di trasmettere le note trasognate sulla tastiera accompagnate da momenti di tristezza e allegria.
Nel 1974 aveva riscosso successo a Key West esibendosi con alcuni brani al piano solo, presentandosi in pigiama nella TV nazionale della Florida e rifiutando un contratto. Si era esibito anche a Monaco di Baviera il 20-2-1982 con il suo pianoforte Seidler. Il nostro beat monferrino fu il protagonista per eccellenza di un movimento culturale e popolare che ha segnato un’epoca, uno sciamano che, rifiutando ogni tipo di condizionamento o forse per proteggersi, non gliene importava proprio nulla. Chissà quali invenzioni ci avrebbe regalato se avesse incontrato sognatori visionari e surreali come Federico Fellini e Renzo Arbore.
Il sogno della generazione anni ’60 era giunto al termine, unico e destinato a non ripetersi.
Jack Kerouac era ormai lontano.
Armano Luigi Gozzano 

Il sogno americano dei lucani Covello e Marcantonio

AL SALONE DEL LIBRO

Accolti con sospetto, sfruttati e sottopagati, stipati in case malsane e fatiscenti, cacciati finanche dalla loro chiesa, gli italiani arrivati a fine Ottocento a East Harlem, in gran parte dalle regioni povere del sud, diventarono in pochi decenni la più grande comunità italo-americana di New York. Una comunità forte, dignitosa, gelosa della propria identità ma aperta al confronto con altri popoli e altre culture, guidata da leader illuminati e visionari. Contrariamente a tanti italiani di successo, Leonard Covello, educatore e sociologo, e Vito Marcantonio, avvocato e uomo politico, pur avendone la possibilità, decisero di non lasciare mai il ghetto dei migranti, di condividerne la vita e le speranze. Il loro “sogno americano” non era quello di salvarsi da soli, ma di crescere insieme alla comunità, guidandola verso importanti conquiste: il riconoscimento della lingua italiana, la scuola di comunità, alloggi dignitosi, i diritti di cittadinanza, una rete di protezione sociale, condizioni migliori di vita e di lavoro. Un’amicizia per tutta la vita, due destini indissolubilmente legati a quello del popolo di Harlem, dove i “lazzaroni indesiderabili” provarono, e riuscirono, a diventare buoni cittadini americani senza rinnegare la propria identità.
***
Il libro “Harlem – Italia, Covello e Marcantonio due visionari nel ghetto dei migranti” edito da Rubettino verrà presentato dall’autore, il giornalista Rai Renato Cantore, in dialogo con il presidente del Circolo Giustino Fortunato, Roberto Placido, e Luigi Scaglione venerdì alle 17,30 al Salone del Libro di Torino – Stand T89 all’Oval.

“Per i sogni non ci sono segreti”, un racconto ispirato alla via Francigena

Incontro con l’autore

Nella settimana dell’edizione 2023 del Salone Internazionale del Libro, Torino e’ pronta ad ospitare eventi ed incontri con gli autori.
Il 18 maggio lo scrittore romano Claudio Chiavari incontrera’ i lettori presso il centro commerciale Lingotto per presentare “Per i sogni non ci sono segreti” un racconto scaturito dal percorso della Via Francigena che attraversa il suo territorio.

 

“Per i sogni non ci sono segreti.
Bisogna solo farli volare sulle ali del condor” Cit.

“Erano solo due amanti Seduti nell’auto…”

Music Tales, la rubrica musicale 

“Erano solo due amanti

Seduti nell’auto, mentre ascoltavano Blonde, innamorandosi l’un l’altro

Cieli rosa e arancio, sentendosi bambini, non Donald Glover

Chiamate perse da mia madre

 “Dove sei stanotte?”

Niente alibi, ero completamente da solo”

Jvke, pseudonimo di Jacob Dodge Lawson (Providence, 3 marzo 2001), è un cantautore statunitense.

Quando sento certi brani, e guado la fdata di nascita di chi li ha immaginati, scritti e realizzati fino a cantarli, mi penso alla loro età e dico:”quanto sono avanti questi ragazzi rispetto a me…sempre”.

Un mio allievo me l’ha fatta ascoltare e poi l’abbiamo catata in chiave acustica (non vi so dire l’emozione, sembra scritta per lui n.d.r.) e subito mi ha fatto venire il sorriso e la voglia di un amore cosi romantico, cosi puro.

Non troppo da dire di questo ragazzo cosi giovane ma il web ci dice essere nato da un’insegnante e un pastore protestante,che  fin da bambino inizia a cantare in un coro religioso ed a prendere lezioni di pianoforte, oltre a comporre alcune canzoni da eseguire con il coro.

Intraprende successivamente la carriera universitaria, decidendo tuttavia di interrompere gli studi per intraprendere la carriera musicale a livello professionistico. (mi ricorda giusto qualcuno).

 Nel 2020, durante la pandemia di Covid-19, inizia a dedicarsi alla pubblicazione di video su TikTok e pubblica il suo singolo di debutto “Upside Down”.

 In questo periodo, l’artista ottiene una notevole popolarità sul social spingendo così il già noto Charlie Puth a prendere parte a un remix di “Upside Down”.

Nel 2021 pubblica il singolo Dandelion con il DJ Galantis, seguito dal brano da solista “This Is What Falling in Love Feels Like”. Con quest’ultimo ottiene un disco d’oro negli Stati Uniti. Nel 2022 pubblica il suo album di debutto “This Is What  Feels Like” (Vol. 1–4), progetto che raggiunge la posizione 40 della Billboard 200.

Uno dei singoli estratti dall’album, “Golden Hour”, diventa il suo primo successo internazionale raggiungendo la posizione 10 nella Billboard Hot 100 e la 19 in Regno Unito e Canada.

 Sempre nel 2022 collabora con Martin Garrix nel singolo Hero.

 Successivamente, annuncia un tour nordamericano previsto per l’estate 2023.

Lunga vita a questo ragazzo meraviglioso, spero piaccia a voi quanto a me.

“Le vere storie d’amore non hanno mai fine. ”

Buon ascolto

https://www.youtube.com/watch?v=PEM0Vs8jf1w&ab_channel=JVKE

CHIARA DE CARLO

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Ecco a voi gli eventi da non perdere!

 

Alieno offre in premio la produzione di un brano a chi sarà il vincitore di questo concorso. Iscriviti subito!