Erano centinaia i ragazzi che nella zona industriale di La Cassa, la scorsa notte, in mezzo a capannoni abbandonati si sono dati appuntamento con musica techno a tutto volume. Poi nel pomeriggio, le forze dell’ordine hanno cercato di sgomberare la zona occupata illegalmente. Si sono registrati scontri con feriti, almeno 14, tra gli agenti e tra i partecipanti al rave.
E’ stata sospesa per 30 giorni, ai sensi dell’art. 100 TULPS, la licenza di un attività di commercio di alimenti e bevande presso un esercizio situato a Torino in zona Barriera Milano, con contestuale chiusura al pubblico.
Il provvedimento nasce a seguito di una complessa attività di indagine svolta dal Commissariato di P.S. Centro che aveva portato nel decorso mese di marzo, al deferimento della titolare dell’esercizio e all’arresto dei due avventori per i reati di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente in concorso e di ricettazione.
In tale occasione gli operatori avevano trovato una quantità significativa di sostanza stupefacente, oggetti utilizzati per il taglio e lo smistamento della stessa, una cifra pari a circa 8.000 euro in denaro, oltre a 12 telefoni cellulari e 1 computer Mac Book.
Successivamente, nel corso di un servizio di controllo straordinario del territorio finalizzato al contrasto dell’attività di spaccio, i poliziotti del Commissariato di P.S. Barriera Milano notavano uscire dal medesimo locale uno dei due soggetti arrestati nel precedente controllo che alla vista degli operatori tentava di disfarsi della sostanza stupefacente, svuotandola in una canna fumaria e provando in parte a deglutirla, ma bloccato dagli agenti lo trovavano in possesso di crack e di cocaina e della somma di 400 euro.
Considerato che l’esercizio veniva utilizzato come punto di ritrovo per coloro che vogliono acquistare o consumare della sostanza stupefacente, costituendo fonte di concreto e attuale pericolo per la sicurezza dei cittadini, dei consociati e degli avventori, con indubbi riflessi negativi sull’ordine pubblico, è stata, ai sensi dell’art. 100 del Testo Unico leggi Pubblica Sicurezza, la sospensione per 30 giorni dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande.
“Shisha bar”, sequestro di melassa per narghilè
A Torino, durante la scorsa settimana, nell’ambito dei controlli disposti da Comando Gruppo Tutela Salute Milano, i Carabinieri del N.A.S. di Torino, unitamente a personale dell’A.D.M. e ai militari delle Stazioni Carabinieri territorialmente competenti, Torino Monviso e Torino San Salvario, hanno eseguito diverse verifiche presso gli esercizi pubblici denominati “shisha bar”.
I militari del N.A.S. di Torino hanno sequestrato complessivamente Kg 1,230 di melassa per narghilè, poiché detenuta, priva di autorizzazione rilasciata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (A.D.M.) di Torino.
Due i titolari delle attività segnalati all’Autorità Amministrativa.
Rapina alle Poste: individuato uno degli autori
I Carabinieri di Torino hanno individuato uno degli autori della rapina all’ufficio postale di Caselle, avvenuta lo scorso 16 gennaio. È un 44enne del luogo che è stato indagato a piede libero per rapina aggravata in concorso. Secondo la ricostruzione degli investigatori, sarebbe una delle due persone che sono entrate nelle Poste a volto coperto e armate di pistola e coltello a serramanico. Bottino, meno di duemila euro.
Il termovalorizzatore del Gerbido ha accolto una numerosa delegazione dell’ente Nazionale Sordi (ENS) di Torino, confermando la sua vocazione all’inclusività e all’apertura di tutti i tipi di pubblici.
La visita, resa possibile grazie al supporto di un interprete LIS, ha coinvolto oltre cinquanta partecipanti che hanno potuto seguire l’intero percorso, dalla presentazione introduttiva al sopralluogo negli spazi degli impianti in modo chiaro e partecipato. L’esperienza è stata arricchita da materiali visivi e infografiche che hanno facilitato la comprensione del processo di termovalorizzazione.
TRM si conferma così un punto di riferimento per la trasparenza e il dialogo con il territorio, offrendo visite su misura per scuole, enti, associazioni, con particolare attenzione però alle esigenze di ogni interlocutore. A testimoniarlo anche i numeri. Nel solo 2024 l’impianto ha infatti ospitato circa 2900 persone per visite didattiche a scuole di ogni ordine e grado, associazioni, professionisti, stakelholder territoriali.
Mara Martellotta
Dove sono gli scrutatori?
L’approssimarsi dei referendum del prossimo mese di giugno (e delle elezioni amministrative in alcuni Comuni) ripropone l’annoso problema delle defezioni di quanti vengano incaricati di svolgere la funzione di scrutatori (e Presidenti) nei seggi elettorali.
Vi sono appositi elenchi, nei quali ci si può iscrivere ma che vengono solitamente alimentati in autonomia dai Comuni, ai quali si attinge poi per formare gli equipaggi dei vari seggi.
Soprattutto negli ultimi anni si assiste al fenomeno dell’astensionismo (o dell’assenteismo, se preferite) mettendo così a rischio la formazione delle singole sezioni; malattie improvvise e assenze ingiustificate obbligano il Ministero dell’Interno a correre ai ripari reclutando in fretta i sostituti necessari, anche precettando dipendenti comunali.
Facciamo un passo indietro: negli anni 80, quando cominciai a votare, gli scrutatori erano designati dai vari partiti cosicché ogni partito, se non altro per vigilare che non venissero lesi i propri interessi, proponeva il numero necessario di componenti.
Successivamente vennero istituiti gli elenchi comunali, nei quali potevano iscriversi tutti i cittadini dai 18 anni in su.
Qualche anno fa, almeno a Torino, la precedenza nell’incarico di scrutatore venne data ai disoccupati pensando in tal modo, l’Amministrazione, di risolvere un minimo i problemi economici dei designati.
Fu l’inizio della fine: defezioni enormi, abbandoni durante le operazioni di voto misero in luce la difficoltà di coniugare senso civico, possibilità di guadagno e organizzazione di un diritto-dovere.
Vedremo quest’anno come andrà: certamente si nota, ogni giorno di più, la mancanza di senso civico e di voler partecipare, anche in un aspetto collaterale al voto, alla vita politica del Paese.
Vigilare sul corretto svolgimento del voto e, soprattutto, sullo spoglio delle schede significa garantire al Paese il rispetto della volontà degli elettori; io fin dal 1981 (appena diciottenne, in concomitanza col primo voto) ho sempre prestato servizio come scrutatore tranne durante il servizio militare, quando non mi chiamarono e con la riforma dei disoccupati descritta sopra. Ora si assiste ad una diserzione di massa, inspiegabile da qualsiasi parte la si guardi.
A chi presti servizio come scrutatore (o segretario) viene riconosciuto un compenso di 120 euro per 2 giornate di lavoro; nel caso si svolgano anche elezioni amministrative il compenso è notevolmente superiore. Se consideriamo, dunque, l’aspetto economico rinunciare a tale possibilità significa rinunciare a permettersi una cena per due, un week end da solo o un libro di testo universitario.
Se, guardando all’aspetto civico, pensiamo che è dovere di ognuno di noi garantire la democrazia, il regolare svolgimento delle elezioni, e svolgere incarichi amministrativi allora, a maggior ragione, non si comprende il perché di tale defezione di massa.
E’ vero che l’assenteismo ai seggi si osserva tanto tra gli elettori quanto fra i componenti dei seggi e, dunque, pare essere un fenomeno sociale ancora da studiare; di certo è che occorre arginare, se non sia possibile risolverlo, il fenomeno.
Perché continuiamo a usare schede cartacee e matite, anziché consultare un monitor e apporre una scelta digitale? Sarebbe sufficiente avere due sistemi separati, uno che verifichi se l’elettore ha titolo per votare e l’altro che raccolga il voto, non connessi tra di loro per evitare di abbinare l’elettore al suo voto, con sistemi che ormai qualsiasi azienda informatica può realizzare.
Così facendo si potrebbero unire due sezioni rendendo sufficienti 3-4 componenti, anziché 10, ed il problema sarebbe arginato.
Siamo sicuri di voler risolvere la questione? A chi non conviene?
Sergio Motta
Caro direttore,
come associazione Amici di Lazzaro di Torino, che da 25 anni lotta contro la tratta di esseri umani e la liberazione di centinaia di donne vittime della prostituzione per sfruttamento ma anche per fragilità e disperazione riteniamo che l‘introduzione di un codice ATECO per i presunti “servizi sessuali a pagamento”, anche se formalmente motivata dall’esigenza di allinearsi ai codici europei, rappresenti un segnale culturale profondamente sbagliato e inaccettabile.
Tale codice non è applicabile in Italia, poiché il favoreggiamento della prostituzione continua a essere un reato. Tuttavia, il solo fatto che la prostituzione venga classificata come attività economica legittima all’interno di un sistema di codici ufficiali costituisce già di per sé una forma di normalizzazione di uno sfruttamento inaccettabile. La prostituzione non è un lavoro e non può essere equiparata ad esso.
Trasformarla in un’attività “registrabile” equivale a riconoscerla come lavoro, ignorandone le radici di disuguaglianza, violenza e marginalizzazione. Le persone che si prostituiscono – nella stragrande maggioranza dei casi donne – sono spesso vittime di fragilità economiche, sociali o personali. Definire questa realtà come un “servizio” è offensivo e pericoloso.
Il riconoscimento fiscale attraverso un codice ATECO:
- contraddice i valori costituzionali e i principi di tutela della dignità umana;
- legittima un immaginario che banalizza la compravendita del sesso, incentivando la domanda da parte dei clienti (quasi esclusivamente uomini);
- ostacola la lotta alla tratta, offrendo una parvenza di legalità allo sfruttamento;
- compromette il ruolo dello Stato come garante della giustizia e dei diritti, in particolare quelli delle donne.
Chiediamo al Governo di intervenire con chiarezza e responsabilità, revocando o ridefinendo questo codice, dissociandolo esplicitamente da qualsiasi forma di riconoscimento o accettazione della prostituzione come attività lavorativa.
L’unico intervento normativo sensato è quello che:
- riduce la domanda, punendo i clienti;
- persegue chi sfrutta o favorisce la prostituzione;
- offre alternative concrete a chi ne è coinvolto.
La prostituzione non è un lavoro: è una ferita sociale. Legalizzarla o normalizzarla rappresenta una resa culturale, giuridica e politica.
Paolo Botti
presidente Ass. Amici di Lazzaro Odv
www.amicidilazzaro.it
A Volpiano nasce “Autonomo e Connesso”
Per favorire l’autonomia delle persone con disabilità in una abitazione confiscata alla mafia
Un immobile confiscato alla criminalità organizzata è pronto a ospitare un cohousing per persone con disabilità. Si tratta dell’abitazione di via Trento 12 a Volpiano. Nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – Missione 5 “Inclusione e Coesione”, Componente 2 “Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore”, è stato avviato sul territorio dell’Unione dei Comuni Nord Est Torino (Unione NET) il progetto “Autonomo e Connesso”, finanziato attraverso l’investimento 1.2 “Percorsi di autonomia per persone con disabilità” in partnership con la Cooperativa sociale Il Màrgine e in collaborazione con il Comune.
Il progetto “Autonomo e Connesso” mira a favorire percorsi personalizzati di autonomia e inclusione sociale per persone con disabilità lieve, attraverso la co-progettazione del progetto di vita, l’accompagnamento verso soluzioni abitative condivise e il rafforzamento delle competenze personali, relazionali e digitali.
Tra le principali azioni previste:
· la co-costruzione del progetto individuale con il coinvolgimento attivo di famiglie, operatori e professionisti;
· il potenziamento delle autonomie domestiche e personali;
· il supporto psicologico alle famiglie;
· l’attivazione di percorsi di vita indipendente in appartamenti dedicati nei Comuni di Volpiano e Settimo Torinese;
· il sostegno all’inserimento lavorativo e lo sviluppo di competenze digitali, anche attraverso strumenti di domotica.
Il progetto, di durata pluriennale, si avvale della collaborazione di un’équipe multidisciplinare composta da educatori, assistenti sociali, psicologi e altri professionisti del settore socio-sanitario. Sono inoltre previsti laboratori, attività sul territorio e momenti di confronto strutturati con famiglie e comunità. L’obiettivo è creare condizioni favorevoli per un’autonomia crescente delle persone coinvolte, attraverso un approccio integrato che valorizzi le competenze individuali e promuova l’inclusione sociale.
Per maggiori informazioni sul progetto è possibile rivolgersi agli uffici dell’Unione dei Comuni o alla Cooperativa sociale Il Màrgine, partner operativo dell’iniziativa.
Alberto Fabris, 58 anni, chirurgo oncologo presso la Città della Salute e della Scienza di Torino, è il nuovo segretario generale della Cisl Medici Piemonte. L’ha eletto il Consiglio generale della Federazione al termine del congresso che si è svolto nella serata di venerdì 11 aprile 2025 nella sede Cisl Piemonte di via Sant’Anselmo 11, a Torino. Fabris succede a Mariasusetta Grosso che ha guidato la federazione negli ultimi anni. Ad affiancare Fabris in segreteria regionale saranno Paola Anna Silvaplana e Claudia Di Santo. All’assise regionale hanno preso parte il reggente della Cisl Medici nazionale e segretario confederale, Ignazio Ganga, e il segretario generale Cisl Piemonte, Luca Caretti. Fabris, che si è laureato in Medicina e Chirurgia presso la facoltà di Medicina dell’Università di Torino nel 1991, è padre di 4 figli e sin dagli esordi ha svolto attività sindacale nella sua azienda ospedaliera. Fino a qualche settimana fa ha ricoperto il ruolo di segretario generale della Cisl Medici Torino-Canavese. Impegnato nel mondo del volontariato, pratica l’apnea e il kayak ed ama i viaggi in camper. “La parola chiave – ha detto Fabris dopo la sua elezione – è ‘insieme’. Solo così potremo lavorare con profitto e sinergia nel difficile e complicato ambito del sistema socio-sanitario regionale, continuando a confrontarci sulle questioni di merito e sui problemi del personale medico e della dirigenza sanitaria all’interno di tutte le strutture della nostra regione”.