ilTorinese

Dalla Vuelta al Twirling: i grandi eventi sportivi rilanciano turismo, hotel e ristoranti

 

Il dato dei flussi turistici per il mese di agosto potrebbe allinearsi a quello del 2023 superando certamente quello dello scorso anno. Confermato il trend positivo del primo semestre 2025 che chiude al 70% di occupazione. +30% di ristoranti aperti tutto agosto rispetto al 2024.

Il Mondiale di Twirling a inizio mese (2-10 agosto), la “Salida Oficial” della Vuelta il 23 agosto, la prima giornata di Serie A il giorno successivo e a fine mese la FIPAV Cup Men Elite di pallavolo (dal 29 al 31) regaleranno a Torino un agosto diverso da quelli cui siamo abituati con un tasso di occupazione delle camere che, stando alle prime impressioni, potrebbe avvicinarsi a quel 55%, dato eccezionale già raggiunto nel 2023. Un incremento notevole rispetto all’agosto 2024 quando il tasso si fermò al 45%. Dati che, se confermati a consuntivo, potrebbero contribuire a tenere alta la percentuale media di occupazione che nel primo semestre 2025 si è stabilizzata al 70%. Lo rivelano le elaborazioni di Federalberghi Torino. 

La destagionalizzazione, a lungo invocata dagli operatori della filiera turistico ricettiva, da Federalberghi Torino, Epat (Associazione di Pubblici Esercizi di Torino e provincia), Fiavet (Federazione Italiana Associazioni Imprese di Viaggi e Turismo), G.I.A. (Associazione Guide Interpreti Accompagnatori Turistici Piemonte) – tutte aderenti ad Ascom Confcommercio Torino e provincia – unita alla capacità di attrarre e gestire grandi eventi di respiro internazionale si confermano gli elementi fondamentali per assicurare alla destinazione flussi pressoché costanti di turisti lungo tutto l’anno e non più in alcuni specifici periodi.  

«Quest’anno agosto si afferma come uno dei mesi a maggior crescita turistica per Torino e si profila come tra i più godibili per i visitatori – sottolinea la presidente di Ascom Confcommercio Torino e provincia, Maria Luisa Coppa -. Meno affollata e con poco traffico, Torino ad agosto offre musei e attrazioni aperti, alcuni anche gratuiti, servizi turistici qualificati, ristoranti, locali e negozi attivi. Gli eventi sportivi di richiamo internazionale stanno dando un impulso decisivo, sostenuto anche dall’aumento dei voli Ryanair che facilitano i collegamenti con nuove città, scelte con cura per la loro affinità con Torino. Anche il clima, più fresco rispetto a luglio, rende piacevoli le giornate e le serate, sia in città sia fuori. Questa estate sta affermando un nuovo modello per Torino e auspichiamo che possa consolidarsi e crescere ulteriormente nei prossimi anni».

L’agosto 2025 segna un punto di svolta rispetto agli anni precedenti, grazie a un calendario di grandi eventi sportivi internazionali che si affiancano all’offerta culturale e al patrimonio cittadino. 

“Le prime sensazioni su questo mese di agosto dimostrano che la destagionalizzazione da noi più volte invocata produce risultati incoraggianti ed è senza dubbio un modo per generare flussi di turisti e appassionati pressoché costanti lungo tutto l’anno – dichiara Fabio Borio, presidente di Federalberghi Torino, aderente ad Ascom – il mix perfetto continua a essere quello che vede un’attenta programmazione degli eventi spalmata su dodici mesi, la capacità di essere attrattivi per i grandi eventi internazionali e una sapiente comunicazione del patrimonio culturale ed eno-gastronomico di cui le nostre destinazioni dispongono”

Sia le agenzie di viaggio incoming che le guide turistiche professioniste confermano che il turismo straniero si sta muovendo lungo tutto l’anno e rappresenta il flusso più importante in estate, in particolare ad agosto. «Assistiamo alla prima vera destagionalizzazione del turismo – evidenzia Laura Audi, presidente di Fiavet Piemonte, aderente ad Ascom -. Inizia una nuova era di un turismo, voluta e curata da più parti, che va oltre i canonici autunno e primavera. È stato fatto un marketing del territorio interessante, che, con i turisti, ha portato anche lavoro per molte categorie. Forte l’impulso dato dal ‘turismo delle radici’, abbinato, in questi ultimi anni, agli eventi internazionali: molti gruppi arrivano, infatti, a Torino per assistere agli eventi sportivi e poi si fermano per andare a scoprire i luoghi dei propri parenti o degli antenati. È un turismo di qualità, medio alto spendente, fortemente interessato a programmi di visita tailor made. Per attrarre sempre di più questo tipo di visitatore ci orientiamo verso un allungamento del tempo del turismo, pensando, ad esempio, a tour serali e notturni per visitare la città in maniera curiosa».

Anche le guide turistiche professioniste GIA confermano un agosto vivace e sempre più internazionale: «Se in passato – sostiene Barbara Sapino, presidente delle guide GIA Piemonte, aderente ad Ascom – agosto era sinonimo di bassa stagione per la città, oggi rileviamo richieste in crescita, soprattutto da parte di turisti stranieri che scelgono Torino prima o dopo un soggiorno nelle montagne, colline e laghi piemontesi. I numeri più interessanti arrivano dal turismo individuale: famiglie e coppie cercano esperienze personalizzate, tra classici come Museo Egizio e Cinema e itinerari insoliti come visite ai borghi, alle abbazie e ai piccoli musei, con attenzione crescente per le proposte serali e i tour fuori città, tra cui Val di Susa, Chieri, Moncalieri, Ivrea e il Canavese. Tra le curiosità di questa estate, spiccano i city tour dedicati a gruppi di camminatori, soprattutto svizzeri e tedeschi, visite tematiche a sfondo culturale religioso, e la scoperta ‘slow’ dei borghi, magari dove hanno vissuti gli avi, attività molto amata dalle famiglie americane attratte dalla cultura locale e dal patrimonio storico».

Aumentano del 30% rispetto allo scorso anno le attività di ristorazione aperte tutto il mese di agosto, per consentire a turisti e cittadini di vivere la città senza rinunce: dalla cucina tradizionale alle nuove proposte gourmet, dai bar storici ai locali più innovativi. In centro, ad esempio, sono aperti per tutto agosto il Pastificio Defilippis, Porto di Savona, Ristorante Arcadia, Gatsby, Costadoro Social Coffee, gelateria +di Un Gelato, il bar storico Mokita, bistrot Dal Bugiardino, Lagrange Pizza Mare Terra. In San Salvario e Crocetta ci si può sbizzarrire tra La Dieta Domani, Rugantino, Smashers, Savurè, e la gastronomia Baudracco. Anche fuori dal centro, in Vanchiglia, Borgo Po, Precollina la presenza continua è assicurata da nomi di forte richiamo, come Antica Trattoria Con Calma, Shizen, Bacalhau Osteria, Crudo fa la Pizza, Orma. Anche negli altri quartieri si segnalano sempre più aperture e non sono poche le attività che hanno scelto di tenere aperto nelle settimane centrali, spostando le chiusure tra luglio e fine agosto o, decisamente, a settembre.

«Torino in agosto si distingue per la sua capacità di rinnovarsi e sorprendere anche nell’offerta serale e notturna – commenta Vincenzo Nasi, presidente di Epat Ascom, Associazione di Pubblici Esercizi di Torino e provincia -. Sono numerosi i nuovi locali che animano la città, soprattutto nell’area del Valentino, che torna finalmente a essere punto di riferimento per il tempo libero, il divertimento e la socialità, dall’aperitivo fino a notte fonda. La ristorazione torinese conferma il suo dinamismo grazie a una proposta che spazia dai ristoranti storici alle nuove sperimentazioni gastronomiche, in grado di soddisfare ogni gusto e fascia di prezzo. I nostri imprenditori sono pronti ad accogliere turisti, visitatori e cittadini, offrendo un servizio di qualità e un’esperienza autentica in occasione dei grandi eventi che quest’anno rendono l’estate torinese particolarmente vivace e attrattiva».

I catto – comunisti di ieri e di oggi, sempre comunque illiberali

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

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Furoreggia su Facebook questo post che attribuisce un pensiero a Papa Leone  XIV che difficilmente corrisponde ad una parte, sia pure decontestualizzata, di un  discorso del pontefice  che abitualmente legge i suoi discorsi magari  preparati dai suoi  collaboratori più fidati.  Papa Leone non è Papa Francesco che era imprevedibile improvvisatore anche con battute diventate storiche. Papa Leone è uomo colto e non si lascia andare alle frasi eclatanti. Ciò detto, la riflessione sul comunismo  merita comunque attenzione, anche se non è parola di Leone XIV, ma di un falsario Leone… da tastiera.
In effetti la parola magica solidarietà ha attratto molti cattolici nel partito comunista, anche se la solidarietà cristiana, fondata sull’amore, non ha nulla da imparare dal marxismo ateo nelle sue diverse incarnazioni politiche. Il PCI è risultato essere una calamita per molti cattolici anche per l’abile politica seduttiva portata avanti da Togliatti, a partire dalla costituzionalizzazione dei Patti Lateranensi  con l’articolo 7.Ovviamente furono ignorati la Chiesa del silenzio, l’ateismo di Stato e la persecuzione del clero in Urss. L’esempio più significativo  nella storia italiana fu il movimento dei cristiani comunisti nel secondo dopoguerra a cui aderì anche un filosofo di un qualche valore come Felice Balbo di Vinadio  – l’erede del  moderato Cesare Balbo risorgimentale – il quale, quando Pio XII scomunicò i comunisti, abbandonò il PCI. Anche nella sinistra democristiana personaggi ambigui come Dossetti e lo stesso Moro subirono il fascino del PCI fin dai tempi della Costituente, per non citare il compromesso di Berlinguer che trovò  Moro disponibile a portare i comunisti al governo. Paradossalmente lo fermarono i brigatisti rossi nelle cui file alla Facoltà di sociologia di Trento erano cresciuti  anche dei giovani catto-comunisti sedotti dal terrorismo armato.
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Eletti  nel PCI in Parlamento ci furono anche i catto – comunisti Raniero La Valle e Adriano Ossicini. Chi scrive ha avuto come compagno di Liceo tal Mauro  Barrera che passò dal cattolicesimo alla contestazione, per poi finire in qualche gruppuscolo catto – comunista. Pio XI e Pio XII avevano denunciato in modo chiaro ed inequivocabile  il comunismo, considerato  profondamente  anticristiano. Da papa Giovanni XXIII in poi la politica di apertura verso il mondo comunista e il clima conciliare creò le condizioni per distinguere l’errante dall’errore che non  fu più oggetto di nette condanne. Io ricordo che il peggiore dei miei  professori di ginnasio ebbe il coraggio – si fa per dire- di definire il comunismo un “Cristianesimo impazzito“. Poi la parola impazzito venne eliminata e ci fu chi ritenne perfettamente conciliabili comunismo e Cristianesimo, anzi ci fu chi ritenne che il logico sviluppo del Cristianesimo fosse il comunismo, magari non quello stalinista, ma maoista o terzomondista di Fidel Castro. Augusto Monti teorizzò follemente che l’evoluzione logica del liberalismo era il comunismo, altri teorizzarono il passaggio al catto-comunismo avendo più  seguaci. Il gobettiano Monti giunse a giustificare l’invasione dell’Ungheria del 1956! Nacquero come esempi paradigmatici anche in Europa  i preti guerriglieri dell’ America Latina  che io dovetti studiare in un esame a Scienze  politiche, quasi fosse già storia, mentre era  solo l’esaltazione di una mitologia politica destinata a fallire. Nel ‘68 nacquero le Comunità di base dell’ Isolotto a Firenze e del Vandalino a Torino, per non dire dell’abate benedettino di San Paolo fuori le Mura dom Franzoni che, dopo un breve rapporto con Pannella per il divorzio, divenne anche lui catto- comunista. Persino due cardinali di rango come Lercaro e Pellegrino “strizzarono  l’occhio” ai comunisti.
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Un prete di Pinerolo – punto di incontro e di scontro tra valdesi e cattolici – passò il Rubicone e divenne un militante filocomunista. Lo incontrai in un dibattito sul diavolo- incredibile a dirsi –  alla festa dell’Unità, dove venni invitato a interloquire con lui e rimasi esterrefatto dal  suo piccolo comizio che scavalcava il PCI a sinistra  e si rivolgeva ai gruppuscoli eredi del ‘68. Il ‘68 fu infatti devastante anche sul terreno religioso e rivelò come le aperture conciliari non fossero state, a parere di molti, sufficienti. Paolo VI si accorse in ritardo degli errori commessi, ma ormai era impossibile rimediare. La confusione delle idee era prevalsa. A riportare ordine e chiarezza sul comunismo fu la storia dell’URSS  e papa Giovanni Paolo II che aveva vissuto sulla sua pelle nazismo e comunismo. Il pontefice ebbe un ruolo determinante nel favorire la caduta del comunismo e riportò ordine nella chiesa cattolica dopo il ciclone della contestazione. Sopravvisse don Gallo a Genova con una comunità che ancora oggi esiste. Don Gallo difese persino il giovane che voleva uccidere un carabiniere con un estintore. Forse anche oggi in nome della solidarietà  “travestita“ sopravvivono ampi margini di ambiguità, anche se il tramonto delle ideologie di cui scriveva Lucio Colletti, ha un po’ mitigato le distinzioni, ma in qualche modo ha  anche creato ulteriori ambiguità. L’era degli scontri campali sembra finita e oggi gli scontri su spostano sulla Palestina e su Putin. Le ideologie settarie  sembravano sepolte ,in effetti sono risorte sotto altre bandiere. C’è un discorso che dovrebbe accomunare tutti ed è quello della pace che è idea tipicamente se non esclusivamente Cristiana, malgrado le Crociate  potrebbero dimostrare  il contrario.

Iren, il Consiglio di Amministrazione approva i risultati semestrali

Iren, il Consiglio di Amministrazione approva i risultati semestrali al 30 giugno 2025 con una solida crescita di tutti i principali indicatori economici: +14% di EBITDA grazie al contributo di tutte le linee di business e al consolidamento di Egea Holding, +24% di Utile netto e oltre 900 milioni di investimenti, con investimenti tecnici in crescita del +14% 

Principali indicatori economico-finanziari

  • Ricavi pari a 3.486 milioni di euro (+29% vs. 30/06/2024). L’incremento dei ricavi riflette l’aumento dei prezzi delle commodities e i maggiori volumi energetici venduti
  • Margine Operativo Lordo (EBITDA) pari a 726 milioni di euro (+14% vs. 30/06/2024). L’incremento è supportato dal consolidamento di Egea Holding, dai maggiori margini e volumi di produzione energetica (BU Energia) e dalla crescita organica dei business regolati (BU Reti e Ambiente)
  • Utile Netto di Gruppo attribuibile agli azionisti pari a 184 milioni di euro (+24% vs. 30/06/2024). L’andamento positivo è sostenuto dalla crescita dell’EBITDA e dal minore utile netto di terzi per effetto dell’acquisto della quota di minoranza della società Iren Acqua
  • Indebitamento finanziario netto pari a 4.228 milioni di euro (+4% vs. 31/12/2024). Il lieve incremento del periodo è attribuibile principalmente al pagamento dei dividendi 
  • Investimenti tecnici pari a 393 milioni di euro (+14% vs. 30/06/2024) destinati principalmente all’ammodernamento delle reti di distribuzione elettrica (+31%), allo sviluppo della filiera dei rifiuti e all’estensione della rete di teleriscaldamento. Gli investimenti del periodo sono stati più che coperti dal flusso di cassa operativo
  • Investimenti finanziari pari a 522 milioni di euro. L’acquisto della quota di minoranza di Iren Acqua per 283 milioni di euro, l’esercizio della call e il consolidamento dell’indebitamento finanziario netto di Egea Holding, per circa 238 milioni di euro complessivamente, sono stati finanziati con l’emissione, a gennaio 2025, di un bond ibrido

Principali indicatori di sostenibilità

  • Investimenti sostenibili (ammissibili alla Tassonomia europea) pari al 72%, in linea con il Piano Industriale
  • Intensità carbonica pari a 312 gCO2/kWh, in linea con lo scorso anno, come da Piano Industriale
  • Raccolta differenziata pari a circa il 70%, grazie all’estensione delle best practice in tutti i territori serviti
  • Incremento della volumetria teleriscaldata del +12% vs. 30/06/2024 grazie anche al consolidamento di Egea Holding
  • Incremento della customer base che raggiunge i 2,4 milioni di clienti (+200 mila clienti vs. 30/06/2024) 
  • Incremento del +7% della capacità di depurazione delle acque reflue vs. 30/06/2024
  • Il numero complessivo dei dipendenti del Gruppo supera le 11.860 persone   

Niente ferie per il “Re dei Vini”

Con “Aperti per ferie”, l’Enoteca Regionale del Barolo propone, anche in pieno agosto, “assaggi”, “tour guidati” e una curiosa “Barolo experience”

Dal 7 al 17 agosto

Barolo (Cuneo)

Il Comune stesso rientra con la “Langa del Barolo” tra i “Patrimoni dell’Umanità”. E il suo “oro rosso”, il “Re dei vini” non può certo permettersi qualche giorno di ferie proprio nel periodo in cui potrebbero rispettosamente addivenire al suo cospetto congrui numeri di “fedeli” e, soprattutto, appassionati “assaggiatori” a rendergli il dovuto omaggio. Così, da giovedì 7 a domenica 17 agosto, tutti i giorni dalle 10,30 alle 18,30, la “boutique” dell’“Enoteca Regionale del Barolo” (ingresso via Collegio Barolo) a Barolo, resterà “aperta per ferie”, con possibilità di assaggi senza prenotazione fino alle 18. L’invito è altamente interessante. Non foss’altro per immergersi nello “scrigno paesistico” mozzafiato in cui nasce il nobile vino, fra colline di Langa coltivate ad uve Nebbiolo (fu Giulia Falletti che per prima, nel 1864, sperimentò il metodo di vinificazione di quel “Barolo” che oggi conosciamo) e un delizioso capoluogo costruito nella sua prima fase intorno all’anno Mille, con quel criptico nome che deriverebbe dal celtico “bas reul”, luogo basso, com’é di fatto rispetto ad altri paesi della zona. Ma c’è di più!

Furbissima novità di quest’anno, nelle stesse date l’“Enoteca” propone anche “Il Barolo consapevole”, una sorta di Barolo experience”su prenotazione, alle 12 e alle 15, con il direttore dell’“Enoteca”, Cristiana Grimaldi. Alla base dell’evento, la domanda Come si assaggia e si sceglie un Barolo?; i partecipanti saranno accompagnati in un assaggio guidato di tre “Barolo DOCG 2021” provenienti da zone diverse, l’occasione perfetta per approfondire in modo semplice e piacevole alcune curiosità legate a questo “signor vino”. Del tipo: quando aprire una bottiglia? come e perché decantarla? quale bicchiere scegliere? come valutare il tappo? e, soprattutto, come leggere correttamente un’etichetta di Barolo?

L’iniziativa, della durata di circa un’ora, è su prenotazione obbligatoria sul sito www.enotecadelbarolo.it“Torniamo a proporre ‘Aperti per ferie’ – sottolinea Cristiana Grimaldi – nel segno della continuità del lavoro di promozione e divul-gazione portato avanti nel tempo. Durante le esperienze su prenotazione, inviteremo i partecipanti a scoprire insieme cosa significhi ‘Barolo consapevole’, secondo un percorso pensato per lasciarsi guidare dal proprio palato, che si conclude con un brindisi speciale al ‘Barolo Chinato’. Il tutto nella cornice suggestiva e naturalmente fresca del ‘Castello di Barolo’, dove il fascino della storia incontra la piacevolezza di un clima perfetto, senza bisogno di aria condizionata”.

E dopo l’estate, qualcosa già bolle in pentola o, meglio, “in calice”?

Una sola novità al momento. In vista dell’autunno, si sta pensando ad “Autunno straordinario”, in programma dal 15 settembre al 10 novembre, quando l’“Enoteca” resterà aperta dal giovedì al lunedì, dalle 10,30 alle 18,30, aggiungendo un giorno in più al tradizionale periodo di apertura al pubblico. Insomma, “aperti per ferie” e “straordinari in autunno”! Spiega ancora Cristiana Grimaldi: “Aprire anche il lunedì significa intercettare un flusso turistico sempre più ampio. E’ una scelta che risponde all’esigenza di valorizzare il territorio in un periodo ricco di eventi e colori, offrendo un’accoglienza continua e di qualità a chi sceglie di visitare le Langhe anche fuori dal weekend”.

Per info: “Enoteca Regionale del Barolo”, via Collegio Barolo, Barolo (Cuneo); tel. 388/6262864 o www.enotecadelbarolo.it

g.m.

Nelle foto: Una degustazione condotta da Cristiana Grimaldi e immagine di repertorio  

Ucciso a coltellate in corso Giulio Cesare

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Omicidio nei pressi di Porta Palazzo a Torino. Un uomo sui 30 anni nella sera di mercoledì 30 luglio, è stato ucciso a coltellate in corso Giulio Cesare, all’angolo con Lungo Dora Savona. La vittima è di nazionalità nigeriana, ed è  morta al San Giovanni Bosco, alcune ore dopo il suo arrivo in codice rosso. L’uomo è stato colpito all’altezza del torace e della gola con un’arma da taglio. L’assassino è in fuga. Numerose le liti tra spacciatori nella zona.

Commenta a caldo Patrizia Alessi, capogruppo Fdi alla Cicoscrizione 7, che da tempo denuncia le violenze nel quartiere: “Come detto più volte nella zona di Corso Giulio Cesare tra Porta Palazzo e Corso Novara e vie limitrofe la violenza latente scoppia da un attimo all’altro. In Lungo Dora Savona la situazione da anni è inaccettabile nell’indifferenza della Città. Forse il Sindaco Lo Russo invece di pensare alla trascrizione dei figli con due mamme farebbe bene pensare alle criticità di alcune zone in Aurora. I cittadini da tempo sono spaventati dalla violenza che aleggia nelle strade. Le risse violente sono all’ordine del giorno….e purtroppo non è il primo È ora di dire basta”.

Scandaloso Pitigrilli

Si può dire che tra gli italiani più “scandalosi” della sua epoca, l’Europa fra le due guerre, ci sia stato lo scrittore e giornalista torinese Dino Segre, in arte Pitigrilli ( Torino, 9 maggio 1893-Torino, 8 maggio 1975).
Leggendo in questi giorni il saggio del semiologo Umberto Eco nel suo ” Il superuomo di massa Retorica e ideologia del romanzo popolare ” vado per curiosità al saggio intitolato “Pitigrilli: l’uomo che fece arrossire la mamma”. Lo sentivo citare da bambino, da mia nonna paterna e mi ha ingenerato una qualche curiosità.
E allora leggo e scopro che Pitigrilli, fu un anticipatore di “un Lenny Bruce alla amatriciana” o di un “Quentin Tarantino un po’ di maniera”, per lo stile trasgressivo e la denuncia dei vizi e del malcostume del suo tempo ( e del nostro previo adeguamento dei tempi ). Trasgressivo lui che scriveva. Trasgressivi gli altri, che leggevano.
Col regime fascista che storceva il naso, ma lo tollerava, perché in fondo i suoi libri erano scritti e ambientati a Parigi. Un po’ come dire a nuora, perché suocera intenda. O far degli sposi manzoniani, un dramma ispanico, per non disturbare il conducente: l’occupante austroungarico.Tanto che lo stesso Benito Mussolini, lo definì uno scrittore francese che scriveva in italiano. A Parigi infatti dedicò lunghe permanenze della sua vita, di scrittore e giornalista.
A chi ricorda la scena dell’overdose di cocaina di Uma Thurman in “Pulp fiction”,( ma anche per chi non la ricorda) cito dal testo, edito nel 1921:
« (…) L’ uomo, con una stretta vivace, si liberò e aspirò voluttuosamente il resto. Allora la donna gli prese il capo fra le palme (oh, quelle dita esangui incurvate come artigli su quei capelli neri!) e con le labbra bagnate, vibranti, palpitanti gli si gettò sopra la bocca e gli leccò ghiottamente il labbro superiore, gli introdusse la lingua nelle nari, per raccogliere le poche briciole trattenute sull’orifizio. “Mi soffochi!” mugolava l’uomo col capo arrovesciato all’indietro, tenendosi con le braccia distese alla spalliera (…) ».
(Cocaina 22-23)
Quanto alla “filosofia delle donne” Eco cita una non meglio precisata autobiografia’, e qui viene fuori la parola icastica e demolitrice, ‘alla Lenny Bruce’ e una marcata misoginia, per usare un eufemismo:
« tutte le donne sono prostitute, meno nostra madre e la donna che amiamo in questo momento. In ogni donna c’è una prostituta come in ogni uomo c’è un soldato. Le donne virtuose sono i casi sporadici come i riformati e i renitenti » .
Non fosse che il nostro fu l’ amante di Amalia Guglielminetti, una delle più belle donne della Torino del suo tempo, poetessa e intellettuale di fine e acutissima sensibilità, dal fascino e dalla sensualità infinitamente seducente e ingannatrice. Amico di Gozzano. Deuteroantagonista di Gabriele d’ Annunzio. Lui il vate, che lo vide da cronista il Pitigrilli, durante i moti di Fiume, dissentire dei suoi ideali irredentisti. Sempre in direzione ostinata e contraria.
Come e’ attuale oggi penso, questo personaggio trasformista e camaleontico, nell’Italia che combatte con i fumi del suo passato, melmoso e al contempo trasparente. E che come disse Woody Allen: “assomiglia a un film dei fratelli Marx”. O come scrisse Ennio Flaiano degli Italiani: “un popolo con i piedi ben piantati sulle nuvole”.
Se ne deduce che i concittadini (torinesi) cercavano di fargli una fama di pederasta, di mantenuto dalle donne e lui di risposta :
« la prima accusa è quella che mi offende di meno perché più conosco le donne più amo i pederasti ». E qui ci leggo in pieno, Oscar Wilde.
Riguardo alla politica il “credo” era:
« Non capisco niente di politica. Qualche volta leggo l’articolo di fondo del mio giornale, per sapere come la pensa il mio direttore, e quindi quale dev’essere la mia sincera e spontanea convinzione politica ».
Fu un epigono del decadentismo e del nichilismo, ma non si prendeva troppo sul serio. Non è vero che lo scettico non crede in nulla. Egli crede nelle capacità critiche della ragione.
Così era Dino Segre. E oggi dobbiamo esserlo anche un pò noi. Laicamente, spiritualmente, come vogliamo. Nell’interpretare e vivere questo tumultuoso presente storico sociale, un file compresso del secolo breve.
Capì presto fin da bambino di avere un buon talento per la scrittura e che poteva trasformare tutto ciò, in uno strumento per il successo e il denaro.
Collaborò con la “Gazzetta del Popolo” e fu inviato per L’epoca diretto da Tullio Giordana. Tradotto nei cinque continenti, letto di nascosto dalla media borghesia taurinense, benestante è un po’ bigotta.
Si fece eroe della dis-identitá, si direbbe oggi. Uno Zelig del suo tempo, tattico ed efficace, nel suo “fuggire da se” e dai rischi del vivere.
Antifascista temperato, ma talpa dell’Ovra, o almeno così si disse, senza prove certe.
Lo si ritenne delatore di Norberto Bobbio e Massimo Mila, azionisti di prima genesi.Seppe non inimicarsi il regime fascista. Con padre industriale ebreo e madre cattolica, che poco dalla nascita, lo fece battezzare di nascosto. Arrivarono le infami leggi razziali del 1938 a “metterlo con le spalle al muro” e a costringerlo all’errare, come un novello Ahasvero. A divenire magicamente, colui che combattè con Dio e rimase vivo: così significa la parola Israele.
Si convertí in tarda età al cattolicesimo, per amore e non per forza. Così si disse. Ma rimase tutta la vita un disincantato anarco-conservatore. Forse oggi si direbbe un
“eroe del pensiero debole”. La dove possono emergere per contrasto, ‘le verita forti’. Nel rispetto di tutti. In questa terza guerra mondiale a pezzetti.

L’opera omnia di Pitigrilli (al secolo Dino Segre) è pubblicata da Sonzogno (tranne l’ultimo romanzo, del 1974) e comprende una quarantina dí volumi tra romanzi, raccolte di novelle e articoli, memorie, aforismi, un poemetto. Le opere a cui si fa più sovente riferimento in questo saggio (citandole in forma abbreviata) sono: Cocaina, 1921; L’esperimento di Pott, 1929; I vegetariani dell’amore, 1931; Dolicocefala bionda, 1936; Mose e il cavalier Levi, 1948; La meravigliosa avventura, 1948; Lezioni di amore, 1948; Pítigrillí parla di Pítigrilli, 1949; Dizionario antiballistico, 1953.

Aldo Colonna

“Il Robot” di De Marchi: l’uomo è conoscenza e sentimento

In un mondo sempre più all’insegna della tecnica e del tecnicismo – possiamo decisamente definirlo “tecnocratico”, visti i ruoli predominanti dell’ideologia e dell’approccio che enfatizzano la competenza tecnica e l’efficienza della robotica e dell’intelligenza artificiale in molti settori lavorativi e non – Gianluigi De Marchi, giornalista e scrittore, ci consegna, con la sua ultima fatica letteraria intitolata “Il Robot”(Amazon), un’opera fresca, contemporanea e originale nel suo essere visionaria e, contemporaneamente, conservatrice romantica del ruolo che da sempre spetta all’uomo: quello di pensare, creare e superare i propri limiti attraverso la conoscenza e il sentimento, talvolta arrivando a perdere il controllo del suo stesso agire. Questa è proprio la riflessione centrale di De Marchi che, come ogni scrittore consapevole, lancia un messaggio potente attraverso la letteratura, ovvero il tenere alta la guardia rispetto alla superficialità indotta dalla percezione di avere tutto sotto controllo e i possibili rischi di manipolazione umana sulla macchina.

Se in “2001 Odissea nello spazio” (il visionario film di Kubrik che la realtà sta ampiamente superando) vi è un taglio di pura fantascienza, ne “Il Robot” di De Marchi vi è un invito al recupero di un’etica nell’utilizzo della conoscenza scientifica e nella sua applicazione che qui si serve del tema contemporaneo, legato alla robotica e all’intelligenza artificiale, come fosse uno strumento per affermare se stesso: come spesso accade in letteratura, la storia diviene il mezzo per evidenziare un avvertimento. Da sempre l’uomo ha avuto bisogno delle storie per tenere insieme il proprio mondo dopo averlo profondamente trasformato. Qui entra in scena il grande mondo delle connessioni tra uomo e natura, uomo e tradizioni e uomo e anima, il concetto di sacro e di sacralità che oggi va perdendosi a favore di qualcos’altro, che ancora non ha nome in quanto non ancora storicizzato.

Attraverso una serie di avvincenti e inquietanti avvenimenti, viene illustrato il modo in cui la tecnologia abbia superato le barriere dell’immaginazione umana, portando a innovazioni che un tempo erano considerate pura fantascienza. In questa vicenda De Marchi ci propone un interessante rivisitazione di concetti “classici” che hanno interessato l’immaginario del Robot sin dalla notte dei tempi.

Da subito viene percepito il potenziale di autoapprendimento di un umanoide, che va oltre la semplice programmazione scientifica. Il Robot sviluppa aspetti emotivi che lo portano a considerare la sua situazione di macchina assoggettata all’uomo e a percepire la razza umana come malvagia. Questo lo conduce a decidere di sterminare l’umanità, nonostante i tanti tentativi di mediazione tra lui e i suoi programmatori.

Mara Martellotta

Don Romano Fiandra, il prete capace di sognare

A pochi mesi dalla sua scomparsa, la Valle Grana ricorda don Romano con un documentario sulla sua opera pastorale e sociale

Domenica 3 agosto, dalle 21 alle 23

Villa San Pietro – Monterosso Grana (Cuneo)

“Di don Romano ricordo le liturgie e soprattutto le omelie forti, e se mi è ammesso dire trattandosi di un uomo di chiesa, ‘guerriere’. Ricordo due interviste che gli feci, una a San Pietro di Monterosso Grana, in occitano. Stessa determinazione, stessa forza, stessa capacità di modellare la lingua per esprimere concetti di cui apparentemente, solo apparentemente, la lingua non aveva strumenti e parole per dire. Penso che quest’intervista sia da conservare come un documento importante, non solo linguistico, ma come esempio di un uomo che mai si è arreso, che ha perseguito i propri progetti per il bene della gente con inesauribile coraggio. Quel coraggio che io, ormai vecchio militante occitano e uomo di cinema, vorrei animasse le nuove generazioni”. Così racconta il regista e sceneggiatore cuneese, originario di Sampeyre (San Pèire in piemontese e occitano), Fredo Valla, in un passaggio del documentario “Don Romano Fiandra – La costruzione di un sogno” (regia di Andrea Fantino) che verrà proiettato domenica 3 agostodalle 21 alle 23, a Villa San Pietro di Monterosso Grana in doverosa memoria dell’indimenticato don Romano Fiandra (parroco di San Pietro in Vincoli e di Santa Lucia di Coumboscuro tra il 1974 e il 1982), nel contesto della “Festa patronale” di San Pietro in Vincoli, “Lou Pais senso témp” e dei “Babaciu”, pupazzi di ferro e fieno nati nel 2003 da un’idea di Graziella Menardo.

La visione del documentario è gratuita e fa parte del Progetto “Valle Grana Cultural Village” promosso dai Comuni di Monterosso Grana e Pradleves, finanziato tramite fondi “NextGenerationEU” e gestito dal “Ministero della Cultura” nell’ambito del “PNRR”. In caso di maltempo, la proiezione si terrà in Chiesa a San Pietro o in un locale attiguo.

Don Romano Fiandra, nato nel 1936 nel piccolo Comune di Pietraporzio nella cuneese Valle Stura, figura carismatica e lungimirante, ha lasciato a Monterosso Grana e in tutta la Valle un’impronta indelebile, affrontando soprattutto l’isolamento degli anziani nelle borgate, accogliendoli inizialmente in canonica e poi realizzando il “Pensionato Casa Vittoria” con il supporto della comunità locale, attualmente punto di riferimento per tutta la Valle Grana. Contribuì anche al restauro del Campanile e del Battistero della parrocchiale di San Pietro. Dal 1982, lasciati San Pietro in Vincoli e Santa Lucia di Combouscuro, è stato parroco a Limone Piemonte, fino alla recente scomparsa, avvenuta il 16 febbraio 2025.

Il documentario a lui dedicato è uno dei tre prodotti nell’ambito della ricerca storico-antropologica su alcuni personaggi determinanti nella storia recente della Valle Grana, dopo quelli dedicati ad altre due figure che hanno segnato a fondo la storia, quella più vera e umanamente indimenticabile, della Valle, quali Gianni Dematteis – storico sindaco di Castelmagno – e Margherita (“Margherito” in occitano) Molinengo, donna straordinaria vissuta in solitudine fino a 94 anni nella piccola Borgata di “Colleretto di Monterosso Grana”.

Tre figure che hanno umanamente segnato quella piccola striscia di terra (nella piccola “Occitania d’Italia”) chiusa fra la Valle Maira a nord e la Valle Stura di Demonte a sud, e che resteranno per sempre nei cuori e nella memoria della loro gente quali esempi di grandi “storie di vita”  capaci di indicare i passi giusti, i più sinceri ed onesti, per “traghettare” il futuro.

Racconta ancora Fredo Valla, a proposito dell’amico sacerdote don Romano: “Conobbi don Romano Fiandra negli anni in cui frequentavo Coumboscuro. L’incontro con lui rappresentò per me una piccola rivoluzione. Ero abituato a preti e parroci che nei confronti dell’‘occitano’ (a Coumboscuro si preferiva dire ‘provenzale’) e della nostra cultura avevano (praticavano) un rapporto paternalistico, nostalgico della tradizione, non rivolto al futuro. Incapaci di sognare… don Romano, come un altro grande, don Ruffa, parroco a Blins/Bellino in Val Varaita era ispirato da un sentimento diverso. Grandi comunicatori entrambi, preti volitivi, determinati, pronti a sporcarsi le mani, che vedevano nella tradizione uno scrigno di sapienze da conservare e da quelle ripartire per la rinascita di una lingua e di un popolo che al loro tempo (gli anni Sessanta) parevano destinati a scomparire in quel rinnovamento epocale che fu lo sviluppo industriale dell’Italia”. Che anche per la Valle portò certo ad una micro-migrazione, che, toccò i luoghi di don Romano e don Ruffa. Ma, forse, alla fin fine, senza troppo infierire. E senza disperderne i primitivi caratteri. Quest’è certo.

Per ulteriori info: “Associazione La Cevitou/Ecomuseo Terra del Castelmagno”; tel. 329/4286890

G.m.

Nelle foto: don Romano Fiandra e Anfiteatro a San Pietro in Vincoli, luogo di aggregazione e convivialità