“Nursing FOC”. Tre reparti coinvolti nel 2023, altri sette nel 2024, l’intero ospedale entro il 2025. Presentati i primi risultati ottenuti con la sperimentazione: «Favorisce il benessere della persona curata e dei professionisti che la curano», spiega la dottoressa Graziella Costamagna (Direttore del Dipsa del Mauriziano) L’infermiere che riscopre i fondamenti delle cure rivolte ai pazienti attraverso un modello di assistenza che favorisce il benessere della persona curata e dei professionisti che la curano. Il Mauriziano è il primo ospedale in Italia e secondo al mondo ad adottare il modello “Nursing FOC (Fondamentals of Care)” e, ad un anno dall’avvio del progetto, ne ha presentato i primi risultati. «Nel corso del 2023 – spiega la dottoressa Graziella Costamagna (Direttore del Dipsa (Direzione professioni sanitarie) del Mauriziano) – in tre reparti dell’ospedale si è sostanzialmente rivisitato il modello di assistenza infermieristica, di presa in cura e di essere nella relazione con le persone assistite ed i loro familiari». Una metamorfosi concettuale che in quei tre reparti ha portato ad avere un infermiere ogni sei assistiti («Così come consigliato a livello internazionale per la sicurezza delle cure», sottolinea la dottoressa Costamagna), a contare su una rinnovata documentazione infermieristica («Per garantire una pianificazione assistenziale personalizzata») ed a dotarsi di nuovi e più efficaci strumenti di comunicazione all’interno delle équipes. «Inoltre, è stato sensibilmente allungato l’orario di visita riservato ai parenti, sono stati creati ambienti colorati e ricchi di verde nelle sale soggiorno, sono stati aumentati i presidi assistenziali (carrozzine, comodoni e paraventi) ed è tornato in corsia il personale volontario dell’AVO». Nell’anno in corso altri sette reparti del Mauriziano hanno abbracciato “Nursing FOC” ed entro il 2025 sarà l’intero ospedale a pregiarsi di questo importante modello. «È un obiettivo molto ambizioso che va a misurare, attraverso macro indicatori di riferimento scientifico, il grado di qualità, efficienza, appropriatezza ed equità con cui viene erogata l’assistenza infermieristica nelle strutture ospedaliere» puntualizza ancora la dottoressa Costamagna. Intanto una ricerca scientifica, realizzata in collaborazione con l’Università di Genova, valuterà già entro la fine del 2024 i risultati dell’impatto che “Nursing FOC” ha avuto sulla degenza media, sulle dimissioni a domicilio, sulla capacità di risposta ai bisogni di alimentazione, eliminazione e mobilità, sull’educazione terapeutica garantita dagli infermieri, sulla soddisfazione delle persone assistite e sulla cosiddetta “intention to leave” degli infermieri, quel malessere diffuso nelle realtà ospedaliere che ha portato la professione infermieristica a non essere più così attrattiva (come conferma lo studio nazionale “BeNE” promosso dal CERSI_FNOPI). Il progetto “Nursing FOC” trae le sue basi dal framework internazionale “FOC”, promosso dalla professoressa australo-britannica Alison Kitson, e dalle professoresse Loredana Sasso ed Annamaria Bagnasco dell’Università di Genova, che hanno diffuso il modello in Italia, prima a livello formativo ed oggi a livello organizzativo e con le quali l’ospedale Mauriziano ha avviato una significativa partnership in tema di formazione, consulenza e ricerca scientifica. «Era tutt’altro che facile, ma con impegno ed entusiasmo è stato avviato quel processo di cambiamento che ha coinvolto da subito i colleghi infermieri, guidati dai responsabili di Area assistenziale, dai coordinatori e dai facilitatori con un processo di scambio continuo, – precisa ancora la dottoressa Costamagna – Il cambiamento è stato realizzato da tutti loro, noi li abbiamo sostenuti a livello organizzativo, creando le condizioni affinché potessero lavorare al pieno della competenza. Oggi, con orgoglio, posso dire che insieme stiamo ridando luce all’infermieristica ed al valore della stessa nei percorsi di cura per il bene degli assistiti e degli stessi professionisti». Questo il parere di altre figure direttamente coinvolte nella sperimentazione: il dottor Claudio Norbiato, Direttore del Dipartimento medico del Mauriziano, ha testimoniato del cambiamento di clima all’interno dei reparti coinvolti, nonché il Direttore della Programmazione sanitaria regionale dottor Franco Ripa («Chiamarlo progetto è riduttivo, lo avete messo in pratica e lo avete fatto diventare realtà», ha sottolineato), il Presidente dell’OPI (Ordine delle professioni infermieristiche) di Torino dottor Ivan Bufalo («Si tratta di un’esperienza straordinaria che vi invito a raccontare al più presto anche al di fuori del Mauriziano») ed il Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano dottor Maurizio Gaspare Dall’Acqua: «Gli elementi colti e migliorati dal Nursing FOC sono di fondamentale importanza perché favoriscono in modo palese il benessere delle persone curate».
Tragedia nel Torinese, neonato morto in culla
Potrebbe trattarsi di un caso della cosiddetta morte in culla (“Sids”), quello verificatosi stamane a Nole, nel Torinese. La vittima è un neonato di poche settimane: lo hanno trovato senza vita i genitori che si sono accorti che il piccolo non respirava e hanno immediatamente chiesto i soccorsi. È intervenuto anche l’elisoccorso ma purtroppo per il bimbo non c’è stato nulla da fare.
Una donna di 85 anni di Rubiana è deceduta e una 73enne di Moncalieri è stata ricoverata in codice rosso all’ospedale di Rivoli a causa dell’incidente avvenuto ieri pomeriggio sulla variante alla ex statale 24 a Pianezza. Lo scontro frontale si è verificato tra una Chevrolet Matiz che stava viaggiando in direzione di Torino e una Fiat Panda nel senso opposto.
La 107^ edizione del Giro d’Italia partirà sabato 4 maggio ma già da oggi il dispositivo che curerà la sicurezza della circolazione sulle strade del meraviglioso percorso ciclistico si è riunito ed organizzato per raggiungere la città da dove è prevista la grande partenza.
Quasi 60 centauri accompagnati da operatori a bordo di sei autovetture seguite da ben tre furgoni attrezzati ad officine mobili raggiungeranno infatti Torino provenienti dal compartimento della Polizia Stradale di Milano.
Da sempre la Polizia di Stato affianca e garantisce la sicurezza dei trasferimenti lungo tutto il territorio del bel paese. Anche quest’anno per tutti i 3400 km, le venti tappe, attraversando 12 regioni 49 province, la carovana dei ciclisti in rosa sarà scortata dagli uomini e le donne della Polizia Stradale che giungeranno a Roma il prossimo 26 maggio.
Quest’anno l’organizzazione della scorta ha raggiunto una complessità particolare; infatti, al Giro d’Italia si affianca, oltre all’edizione del 6° giro E-bike riservato alle biciclette elettriche, anche una pedalata amatoriale denominata “Mediolanum” condotta dallo storico campione di ciclismo Francesco Moser che percorrerà quasi tutte le tappe del giro. La pedalata sarà seguita dagli operatori del Compartimento di Polizia Stradale di Bologna.
Durante tutte le tappe sarà previsto anche un momento di promozione della sicurezza stradale per la diffusione della cultura della guida responsabile e consapevole, attraverso incontri con classi di alunni e studenti nell’ambito del noto progetto “BiciScuola” promosso dalla RCS in collaborazione con la Polizia di Stato. Confermata la presenza del Pullman Azzurro, aula multimediale mobile in cui gli operatori della Polizia Stradale illustrano praticamente il rispetto delle regole della circolazione stradale.
In collaborazione con Autostrade per l’Italia durante cinque tappe del Giro d’Italia verranno premiati gli “Eroi della Sicurezza”: poliziotti distintisi per dedizione e professionalità nelle attività di soccorso e nei compiti istituzionali meritevoli di un dedicato momento di riconoscimento.
Sugli schermi “Confidenza”, ultima opera di Daniele Luchetti
PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione
C’è una sorta di filo doppio ormai a legare le esistenze e le storie di Domenico Starnone, scrittore, e Daniele Luchetti, regista, un filo doppio iniziato trent’anni fa con “La scuola” e continuato con “Lacci” (2020), oggi approdato sulle coste di “Confidenza”. Per l’ultimo titolo lo scrittore si è chiuso nella sua pagina scritta (Einaudi editore) e ha lasciato il compito di cosceneggiatore – con il regista – a Francesco Piccolo, a tratteggiare un percorso lungo la vita intera di un uomo rinserrato in due antiche parole, amore e paura, scritte un giorno sulla lavagna e capaci di muovere e condizionare un’esistenza, un professore amato dagli allievi, pronti a omaggiarlo e a dirne tutti i pregi ancor dopo che lo hanno abbandonato nel percorso dei loro studi, un professore che è anche capace di non seguire alla lettera le direttive ministeriali ma che appellandosi alla “pedagogia dell’affetto” spreme un gran bel sorriso se gli allievi lasciano la classe sotto l’ombra di una interrogazione, “tanto professore manca solo più un quarto d’ora”.
Pietro Vella trova l’amore negli occhi belli di un’ex allieva, Teresa, che un giorno gli ha scritto su un foglio “l’amore non è mai alla pari, è sempre sopraffazione”. Il che dovrebbe già essere un bel campanello d’allarme se la passione, la sicurezza di sé, l’azzardo non avessero il sopravvento e nel comportamento diviso in due di Pietro non innescassero una relazione. Difficile, altalenante, fatta di luci e di zone buie, di affetti e di ripicche, di sfide (il casuale incontro a cena con un gruppo di amici del professore, forse tra loro siede anche una ex fiamma). Di scommesse per continuare un rapporto, in un qualsiasi modo: rivelarsi l’un l’altra un segreto, di quelli veramente scomodi, “un segreto così orribile che se si sapesse ti distruggerebbe la vita per sempre”. La relazione troverà una propria conclusione, le zone buie sopraffacendo gli squarci di luce, ma Teresa, dopo anni nome famoso nel mondo per i suoi studi in campo matematico, si ritroverà sempre a due passi da Pietro, non importa il luogo, non importa l’occasione, fisicamente e nel pensiero, nelle conferenze che Pietro, ormai affermato studioso di didattica, beniamino del mondo editoriale e enfant prodige da tenersi ben stretto del ministero, tiene, complice anche una responsabile editoriale (isabella Ferrari) con cui non sarebbe male correre il rischio di un’altra sfida: ma ci si ferma in tempo. Nei pensieri di morte, anche, che Pietro giunto in tarda età culla tra sé, intervallati ai teneri giochi con i nipotini: Teresa è sempre là, a ricordare, a intimorire, a sconvolgere. Non la ferma certo neppure la nuova figura femminile accanto all’ex amante, Nadia, la moglie, la madre di sua figlia, la collega di lavoro, la donna in cui Pietro ha sperato di ritrovare un’isola di serenità, di vita normale. Senza scommesse e senza sfide. Non la ferma neppure un’ultima occasione, quella preparata davanti ad un pubblico scelto di invitati.
Un film che è la radiografia di un triangolo amoroso e sfacciato, “Confidenza”? Un thriller più o meno assopito che ti conduce verso il finale del “vediamo un po’ come va a finire”? La storia di un uomo con troppe qualità e di nessuna qualità, troppo grandioso, troppo sicuro, troppo pronto a scommettere? Sentieri individuati, accennati: ma soprattutto l’introspezione e lo sguardo da vicino dei sentimenti, degli universi maschile e femminile, delle grandi azioni e dei momenti di poco conto, degli oggetti che buttano nuove luci e nuove ombre in un percorso già controverso, delle riprese di una macchina da presa che guarda nell’intimo e ti sbilancia con gli sguardi dall’alto, del montaggio che mescola presente e passato a raccogliere i frantumi di tre esistenze. È il film, “Confidenza”, del segreto mai svelato allo spettatore ma pure detto in faccia al mondo: e allora è disperazione e sconfitta, e allora è l’urlo dell’Uomo che ricorda Munk, è la fine per Pietro dall’alto di un palazzo e per la figlia che ha preparato l’ultimo riconoscimento per papà, è il netto frantumarsi di una vita.
Materia complicata, sottile, distorta, a tratti difficile da decifrare, un percorso non facile da trasportare dalla pagina scritta alla scena, quella che è nelle mani di Daniele Luchetti, che accompagna il suo protagonista sino al suo rifugio/nascondiglio (immaginato) dei titoli di coda, narrandocelo in ogni piega con estrema sicurezza, e trovando in Elio Germano ancora una volta la conferma – e la grandezza – di quel camaleontico attore che abbiamo fino a qui conosciuto. Un ruolo non semplice “sofferto” nelle sue pieghe più intime. Come sono eccellenti – anche se forse non chiarite sino in fondo nelle loro apparizioni e nel loro percorso – le interpretazione di Federica Rosellini e di Vittoria Puccini. Tuttavia, pur conservandone il giudizio positivo, ti viene da chiederti, negli ultimi momenti della vicenda, se “Confidenza” non accusi una certa debolezza, non sopporti un peso troppo gravoso, non si perda in una storia formulata a tavolino, con quella sfida a farla troppo da padrone, a essere il centro incontrastato di una intera esistenza, con quel rincorrersi nel tempo dei personaggi che si portano dietro un segreto, anzi “il segreto”, che ha il dubbio di chiudersi (troppo) in quel momento accaduto per caso all’inizio di una storia di un amore. Che è sopraffazione.
In trasferta al “MIIT” di Corso Cairoli, a Torino, ventisei artisti dell’Associazione “Amici di Palazzo Lomellini”
Fino a sabato 4 maggio
Un dipinto che è “favola pura”. Racconto improbabile, poetico, surreale. Tanto immaginario da apparire, nella nitidezza della cifra stilistica, più reale del reale. Un infinito cielo blu, appena mosso da morbidi sipari di nubi bianche da cui fa breccia, occhi socchiusi e bella sorridente, una vispa bimbetta, sciarpa al collo e pantaloncini scuri, in volo – redini in mano – sul dorso di un agile fenicottero rosa con becco nero, diretto non si sa dove e per raggiungere chi o sfuggire chi o che cosa. L’unica certezza è la gioia di quella cavalcata in cieli amici, forse verso nuove, imprevedibili ma certo desiderate, più che mai, libertà. “Portami via” è il titolo del dipinto, olio su tela del torinese Giacomo Gullo. Sicuramente è questa la tela che, in maniera più esplicita, risponde al tema “imposto” (meglio, “suggerito”) dalla Collettiva ospitata, fino al prossimo 4 maggio, dal “MIIT – Museo Internazionale Italia Arte” di corso Cairoli, a Torino, con la curatela ed il solito impegno, di Elio Rabbione, “architetto” di molti degli eventi espositivi tenuti in quel di Carmagnola, negli storici spazi del “Palazzo Lomellini”, oggi – e per almeno un anno – inagibile per improcrastinabili interventi di restauro.
Di qui la mano tesa dal torinese “MIIT” di Guido Folco, che oggi espone una settantina di opere a firma, per l’appunto, di 26 (su più di settanta) artisti appartenenti all’Associazione “Amici di Palazzo Lomellini”, raccolte sotto il tema accomunante (ma “con piena libertà di espressione”, precisa Rabbione) di “Fabbricatori di favole”. Un fil rouge cui le opere in mostra, in modo più o meno visibile, ben s’adeguano, accompagnando l’abilità del “fare” con il gusto del “creare” e del lasciarsi andare a “libere fantasie”. Ognuna a modo suo. Campione assoluto, l’abbiamo detto, il “Portami via” di Gullo, ma non di meno gli sta a pelo di ruota quella “Gioiosa melodia” (un po’ picassiana, fosse un tantino meno “gioiosa”) con “maschere clownesche” e magiche “trottole” – in cui si proiettano astratte visioni oniriche – della maceratese (torinese d’adozione) Anna Branciari.
In molte/i non rinunciano al richiamo di “paesaggi” e “realtà” filtrate attraverso l’ottica del “guizzo” di fantasia: ed ecco allora i meticolosi “grovigli cromatici” di Graziella Alessiato o i deliziosi “Frutti di stagione” di Andreina Bertolini. Anche da qui possono partire le “favole”. Come dalle “sperimentazioni” astratte, travolte dai “Riflessi” di mondi lontani e inaspettati narrati da Maria Brosio o da quella minuta, graficamente perfetta, “Coppia di Germani Reali” pronti a spiccare il volo oltre il Po di Enrica Carbone, promettente allieva di Gasparin. L’iter espositivo prosegue con la maestria a pastello e la nitidezza della grafica di Giorgio Cestari, per poi incontrare le turbolenti “Acque bianche” di Dario Cornero, fino al tripudio dei gialli ocra verdi e rossi dei “fiori” di Giancarlo Costantino e alle informali “pittosculture” di Ezio Curletto, giocate di fantasia e surrealtà come le “Strade di Pesci” di Cristina De Maria. Allieva di Giansone e Lobalzo, Lidia Delloste presenta due suggestivi “acquerelli”, fortemente giocati sul blu, rapidi essenziali, in cui la realtà sembra perdersi in un inquietante groviglio di sensazioni e misteri, che s’acquietano nella composta, ma potente, “Tenerezza” di Mara Destefanis.
Rientra bene nel tema della Collettiva Alessandro Fioraso con “Il guardiano del tempo perso”: mani poderose (e tecnicamente perfette) reggono il barattolo di vetro che custodisce l’orologio del “tempo perso”. Mani senza volto. Lo immaginiamo benevolo. Aprirà o chiuderà per sempre quel barattolo? Pittura aperta alle fantasie fortemente colorate del paesaggio , quella di Franco Goia, cui seguono le tecniche miste di Giorgia Madonno, in brani pittorici “in continua tensione estetica fra astrazione e figurazione, oriente ed occidente”, accompagnati dalle magnifiche nuvole gialle delle “mimose” di Bruno Molinaro e dal “rosso” svolazzante di Luisella Rolle.
A chiudere il percorso le dinamiche linee astratte di Marina Monzeglio accanto ai delicati acquerelli di Annamaria Palumbo, in contrasto con le vocianti realtà “da spiaggia” di Giacomo Sampieri, così lontano dai fiabeschi paesaggi montani di Simonetta Secci e dalle surreali “fantasie” di Magda Tardon, come dai fitti “Notturni” di Eleonora Tranfo o dalle piacevoli “installazioni” e domestiche “pittosculture” di Paola Viola. Menzione speciale per la torinese Adelma Mapelli: eccelsa acquarellista, anche nell’olio fa pesare la sua indubbia alta professionalità con quei colori e contrasti di luce che s’abbattono sulla sua “Vetta innevata”. Non proprio ligia al tema della “favola”, ma troppo brava per meritarsi un rimbrotto. A lei un grande 10 … e con lode!
Gianni Milani
“Fabbricatori di favole”
MIIT-Museo Internazionale Italia Arte, corso Cairoli 4, Torino; tel. 011/8129776 o www.museomiit.it
Fino al 4 maggio
Orari: dal mart. al ven. 15,30/19,30; sab. 10/12,30 e 15,30/1930
Nelle foto: Giacomo Gullo, “Portami via” (2019); Anna Branciari, “Gioiosa melodia” (2017); Alessandro Fioraso, “Il guardiano del tempo perso” (2021); Giorgia Madonno, “Lacrime che ti fanno scudo” (2024); Adelma Mapelli, “Vetta innevata” (2001)
Alla ricerca della sostenibilità: è l’imperativo dei nostri tempi. Arriva così in Piemonte una nuova e importante dotazione finanziaria che si aggiunge a quella già stanziata con il primo bando aperto ad aprile 2023 a sostegno dell’agricoltura biologia, con un finanziamento di 16 milioni e 200 mila euro.
L’Assessorato all’Agricoltura della Regione Piemonte ha pubblicato il bando 2024 per la presentazione di domande di aiuto per la conversione all’agricoltura biologica e il mantenimento delle pratiche di produzione biologica, intervento SRA29 del Complemento di sviluppo rurale 2023-2027. La dotazione finanziaria è di 34 milioni e 950 mila euro per 5 anni, il bando scade il 15 maggio (come indicato dal Ministero dell’agricoltura) ed è pubblicato sul sito della Regione Piemonte al link https://bandi.regione.piemonte.it/contributi-finanziamenti/csr-2023-2027-pagamento-al-fine-adottare-mantenere-pratiche-metodi-produzione-biologica-sra29
E’ il secondo bando aperto a favore del biologico, all’interno della programmazione del Csr del Piemonte.
“Con questo strumento continua l’impegno della Regione nel sostenere le aziende piemontesi che hanno scelto le coltivazionia basso impatto ambientale. Una scelta non sempre facile da parte degli agricoltori che devono rispettare parametri rigidi e affrontare maggiori costi di produzione ma che risponde a un comparto in crescita, dovuto ad un maggiore interesse da parte dei consumatori ai prodotti biologici”, dice l’assessore regionale all’Agricoltura e cibo Marco Protopapa.
‘Italo Cremona nelle collezioni private’ è il titolo della mostra inaugurata il 2 maggio scorso presso la Casa d’aste Sant’Agostino di Torino e curata da Vanessa Carioggia e Andrea Barin, corollario ideale dell’esposizione dedicata allo stesso artista da parte della Gam-Galleria Civica d’arte Moderna e contemporanea di Torino e dal Mart – Museo di Arte Moderna e contemporanea di Trento e Rovereto nell’autunno 2024.
“Il sodalizio del maestro con la casa d’aste Sant’Agostino – spiega Vanessa Carioggia – nasce indietro nel tempo. Consultando i nostri cataloghi d’asta mi sono accorta che già nei primi anni Ottanta compare un’opera di Italo Cremona. Nei primi anni Novanta la moglie Danila Dellacasa ci consegnò un numero consistente di opere. Nel corso degli anni, fino ai tempi più recenti, abbiamo trattato alcuni dei più importanti capolavori ancora disponibili sul mercato.
L’idea di fare una mostra su questo raffinato artista è nata già molto tempo fa, ma la realizzazione si è concretizzata grazie alla spinta della Gam. Il progetto vuole offrire un omaggio non solo al pittore, ma anche ai collezionisti della Sant’Agostino, che sono coloro che hanno contribuito alla memoria storica del pittore. L’esposizione mette in luce la produzione di Italo Cremona dagli anni Venti fino agli anni Settanta, presentando un unicum nella storia espositiva dell’artista.
I collezionisti hanno risposto con entusiasmo alla richiesta di esporre i dipinti, non nego che in qualche caso ho dovuto insistere per avere alcune opere in mostra e questi prestiti permetteranno ai collezionisti e agli amanti di Cremona di poter vedere opere gelosamente custodite nelle case e raramente mostrate”.
L’esposizione si snoda lungo i temi portanti nella poetica dell’artista, ovvero l’autoritratto, i nudi, gli interni e i paesaggi urbani.
Nativo di un piccolo paese in provincia di Pavia, ma trasferitosi molto presto a Torino nel 1911, dopo la laurea in Giurisprudenza, l’artista iniziò ad occuparsi di pittura, passione che coltivava fin da ragazzo presso l’Accademia Albertina di Belle Arti e la società degli Amici dell’Arte. Ebbe come maestri Mario Gachet e Vittorio Cavalieri, conobbe la famiglia Casorati a Rubiana e divenne un allievo sui generis di Felice Casorati.
La città dipinta è quasi sempre Torino, con vedute di tetti, piccole architetture, mai una rappresentazione sontuosa. Un’altra città frequentata è stata Firenze, sventurata, bombardata, che fa da quinta compositiva nel celebre “Autoritratto su rovine’ del 1946, esempio delle opere realizzate a Firenze nel periodo ’46-’48 e testimonianza biografica del soggiorno dell’artista nell’immediato dopoguerra. I quadri fiorentini di Italo Cremona costituiscono un crocevia nella vita dell’artista tanto dal punto di vista psicologico quanto da quello pittorico. Si tratta di una pittura densa su cui campeggia il volto dello scrittore, reso nudo dal contesto, ma circondato dalla brutalità delle rovine. Entrambi i soggetti sono circondati dalla brutalità delle rovine, testimoniata dalla violenza espressionistica del colore.
L’intima visione del pittore è condensata in “Specchio sferico” del 1943 , dove l’autoritratto è restituito distorto dalla sfera, ed è presente l’interno dello studio, mille volte raffigurato con gli oggetti del quotidiano, il sofá, la sedia a dondolo, il cavalletto e la composizione scenografica data dalle stoffe colorate e dalla piccola scultura in primo piano.
Cremona è essenzialmente pittore di interni, di un interno particolare, quello della sua casa e dei suoi studi.
Di studi ne ebbe diversi, dal primo in corso Dante, a quello molto amato in via Po, sopra il caffè Nazionale distrutto dai bombardamenti del ’42, a quello di piazza Cavour sopra la chiesa ortodossa, fino a quello di via Maria Vittoria, che era una casa-studio.
In mostra sono anche presenti celebri Nudi di Cremona, dipinti tra gli anni Venti e gli anni Settanta. Citando Italo Cremona afferma Giovanni Arpino : “ Se tornassi a disegnare e dipingere, farei soltanto più nudi, è il massimo della sfida “.
All’inizio degli anni Trenta risale “Nudi nello studio”, che presenta i temi cari a Cremona, quali l’interno dello studio, la prospettiva che si rincorre nelle stanze che si aprono una dietro l’altra e le due modelle, una di schiena, come spesso accade, l’altra appoggiata al sofà.
In “Nudo con le scarpe rosse in un interno” del 1947 e “Nudo in un interno barocco” del 1950 vengono rappresentate le scene di un interno, che indicano una pittura autobiografica. La sua partecipazione ad allestimenti per il teatro e per il cinema crea il gusto di una composizione capace di comunicare stati d’animo. Si può parlare per Italo Cremona di “scenografie domestiche”, in cui lo sfondo, come in una scena di teatro, suggerisce l’apertura verso l’interno, verso il suo mondo quotidiano e intimo.
L’Esposizione presso la Casa d’aste Sant’Agostino durerà fino al 24 maggio prossimo.
Mara Martellotta
Oggi vi proponiamo uno scatto notturno inviatoci dal lettore Antonello Peroglio
A un anno circa dai fatti, sei ultras della Juventus sono stati arrestati in quanto ritenuti presunti responsabili della rapina ai danni di un tifoso del Siviglia. Secondo gli investigatori, l’11 maggio 2023, prima dell’incontro Juventus-Siviglia, giocato a Torino le sei persone avevano circondato e aggredito un tifoso andaluso che si trovava nelle vicinanze dello stadio, strappandogli la maglia della sua squadra che indossava. Attualmente, gli ultras si trovano agli arresti domiciliari.