ilTorinese

Gravel: si corre sull’altopiano delle Rocche

Da Rocca di Mezzo a Rocca di Cambio: circa 50 km il percorso all’interno del Parco naturale del Sirente-Velino. Un centinaio i corridori attesi al via in Abruzzo. Iscritti 13 Comitati rappresentativi di 7 regioni italiane per contendersi le maglie tricolori

Il ciclismo del CSI fa 13! Tanti sono i traguardi nazionali dei campionati in bicicletta, organizzati nel 2025 dall’ente arancioblu. Il penultimo appuntamento stagionale valido per la conquista delle maglie tricolori è fissato in Abruzzo sull’altopiano delle Rocche, all’interno del paesaggistico Parco naturale regionale Sirente-Velino.

Domenica 19 ottobre, con partenza da Rocca di Mezzo e arrivo a Rocca di Cambio, si svolgerà il Campionato nazionale di Gravel, organizzato dalla Polisportiva Icaro, in collaborazione con il CSI L’Aquila e il CSI Lazio, con il patrocinio dei due Comuni di Rocca di Mezzo e Rocca di Cambio. Il percorso di gara pianeggiante è costituito da un circuito di 13 km da ripetere tre volte che prevede tratti asfaltati, bosco e sterrato. Un tratto turistico e 3 giri agonistici per circa 50 km complessivi. Partenza da Via delle Pezzelle, a Rocca di Mezzo ed arrivo a Rocca di Cambio, dove dopo il pasta-party ci saranno le premiazioni. Velocità ed efficienza su strada sono le caratteristiche delle bici “gravel”, robuste nel telaio ed assai stabili, con gli pneumatici più larghi, adatti a percorrere terreni misti. Al via sono attesi un centinaio di corridori da 7 regioni CSI (Lazio, Abruzzo, Marche, Umbria, Toscana, Puglia, Campania). A contendersi il podio saranno le due ruote di 13 Comitati (Bari, Napoli, Roma, Livorno, Perugia, Viterbo, Latina, Frosinone, Fermo, Chieti, Ascoli Piceno, Macerata, Foligno).

Sicurezza dei presidi sanitari, firmato protocollo tra Prefettura,  Asl Città di Torino e Regione

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«L’iniziativa che oggi sottoscriviamo realizza un programma di interventi volti a venire sempre più incontro alle esigenze di sicurezza e serenità di chi quotidianamente è impegnato in prima linea per la salute dei cittadini».  
Lo ha sottolineato il Prefetto Donato Cafagna, firmando  insieme al Direttore Generale dell’ASL Città di Torino Carlo Picco e agli Assessori Regionali alla Sanità e alle Politiche Sociali e all’Integrazione Socio-Sanitaria, Federico Riboldi e Maurizio Marrone, il Protocollo di Intesa per la sicurezza dei presidi sanitari che prevede percorsi condivisi, con modalità d’azione prestabilite, concordate ed efficaci, per affrontare, e possibilmente prevenire, un’aggressione o atteggiamenti violenti all’interno delle strutture sanitarie e dei servizi sanitari.
L’attenzione sarà maggiormente rivolta alle strutture ritenute ad alto rischio, come i Pronto Soccorso, i punti di primo intervento – i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura, i Centri di Salute Mentale, i Servizi Dipendenze Patologiche e gli altri servizi delle strutture sanitarie. Sarà implementato l’utilizzo di strumenti di videosorveglianza, e/o dei sistemi di teleallarme e di vigilanza diurna/notturna.
«C’è una richiesta di maggiore presenza delle Forze dell’Ordine da parte degli Ordini, delle Organizzazioni sindacali, delle Asl – ha spiegato il Prefetto ­- e l’obiettivo è quello di corrispondere a questa richiesta in maniera dinamica e coordinata, potenziando la presenza all’interno dei presidi e implementando i sistemi di videosorveglianza, ma anche consolidando quelle forme di collaborazione tra mondo sanitario e mondo della sicurezza in modo da rendere più incisivi possibili gli interventi. Grazie a questo protocollo, inoltre, alla prevenzione e alla deterrenza, si affiancheranno iniziative di formazione e comunicazione, volte a rinsaldare il dialogo e il rapporto di fiducia che deve intercorrere tra sanitari e pazienti.  
«Al fine di contrastare le aggressioni  – ha spiegato il Direttore Carlo Picco – l’ASL Città di Torino ha messo in atto una serie di azioni, tra cui la vigilanza armata, i pulsanti antipanico, le telecamere e i video collegamenti, la collaborazione con la Prefettura e la Questura, le convenzioni con il “Nucleo Associazione Nazionale Carabinieri di Protezione Civile della Provincia di Torino” e “Capitano Ultimo Volontari di Protezione Civile Piemonte” nei Pronto Soccorso degli Ospedali Maria Vittoria e San Giovanni Bosco. Con la firma del Protocollo siglato oggi, per il quale ringrazio il Prefetto, le Forze dell’Ordine e gli Assessori Regionali alla Sanità e alle Politiche Sociali e all’Integrazione Socio-Sanitaria, si intende rafforzare la collaborazione tra l’ASL Città di Torino e le Forze dell’Ordine per tutelare gli operatori sanitari da aggressioni o atti di violenza, definendo le modalità di attivazione delle Forze dell’Ordine per garantire il loro tempestivo intervento in caso di episodi di violenza che coinvolgano il personale sanitario».
L’Assessore Regionale Federico Riboldi ha tenuto a sottolineare che: «Il protocollo per la sicurezza nei Pronto Soccorso firmato oggi a Torino è il secondo in Piemonte dopo quello sottoscritto ad Asti nel mese di aprile. Ringrazio il Prefetto di Torino Donato Cafagna, il Direttore Generale ASL Città di Torino Carlo Picco e tutti coloro che si sono impegnati per raggiungere questo obiettivo che è una priorità assoluta per l’assessorato alla Sanità. La Regione Piemonte continuerà ad investire nella sicurezza per garantire agli operatori la serenità di poter svolgere il proprio lavoro senza dover temere per la propria incolumità personale e ai pazienti e alle famiglie di essere curati in ambienti dove non si verificano fatti incresciosi. È in svolgimento una gara d’appalto per la presenza di guardie armate in tutti i Pronto Soccorso aziendali, con prevista aggiudicazione entro la fine dell’anno. Fino a pochi anni fa il personale del Pronto Soccorso era rispettato e anche ringraziato: si vede che alcuni schemi nella società sono saltati. Per questo motivo, la Regione ha avviato quest’anno un monitoraggio in tutte le aziende sanitarie sulla presenza di misure di sicurezza e la prevenzione della violenza a danno degli operatori sanitari. Infine, un ringraziamento alle Forze dell’Ordine che ogni giorno lavorano per la nostra sicurezza e che sono certo daranno il loro fondamentale contributo anche in questo ambito».
Per l’Assessore regionale alle Politiche sociali Maurizio Marrone: «La vera sicurezza in luoghi sempre aperti e accessibili come gli ospedali la si garantisce solo rafforzando la presenza delle Forze dell’Ordine e questo stanno facendo le Istituzioni unendo le energie. Grazie anche alle associazioni d’Arma, come l’Associazione Nazionale Carabinieri, per la loro disponibilità a garantire la loro presenza rassicurante. Siamo orgogliosi di sostenerli con le risorse regionali per l’Invecchiamento Attivo».
Alla firma del documento erano presenti i vertici provinciali delle Forze dell’Ordine e i presidenti dell’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri della provincia di Torino, dell’Ordine delle Professioni infermieristiche e dell’Ordine delle Professioni Sanitarie tecniche.

Il pellerossa e il day-glo

CALEIDOSCOPIO ROCK USA ANNI 60

 

Citazione letteraria d’obbligo in apertura di articolo, oggi che parliamo dell’etichetta di Los Angeles “Chattahoochee Records”, attiva tra 1962 e 1966 e saltuariamente tra 1972 e 1979. La cromia piuttosto ricorrente sui 45 giri in questione vedeva l’accostamento viola chiaro e arancio, che nella mia mente rimanda subito ai colori “DayGlo” tanto cari a quei pionieri del movimento psichedelico che furono i “Merry Pranksters”, le cui vicissitudini e il cui viaggio “coast to coast” vennero narrati e storicizzati nel celebre libro del 1968 di Tom Wolfe “The Electric Kool-Aid Acid Test”, vero manifesto della “Psychedelia” a stelle e strisce. Colori che avevano la tipica pigmentazione rilucente e autoriflettente alla luce solare (“glowing in daylight”) dei primi psichedelici della “West Coast” tra San Francisco e Los Angeles, che pareva accendersi ulteriormente sulla pelle abbronzata di quei liberi vagabondi sognatori; quei colori saranno poi ben visibili per esempio nei successivi celeberrimi manifesti rock di Victor Moscoso e di innumerevoli locandine ed annunci di eventi della “Summer of Love” del 1967. Ecco che “Chattahoochee Records”, proprio negli anni 1963-1964 delle scorribande “Pranksters”, iniziava a proporre quella cromia suggestiva e iconica, accompagnata da un logo in cui campeggiava un pellerossa con copricapo e tamburi. Possiamo segnalare inoltre che, sebbene la discografia “Chattahoochee Records” non fosse incentrata sul garage e sul surf rock, tuttavia nelle “compilations” attuali si rileva un interessante ritorno di questa etichetta, così come nei cataloghi di settore e tra i cultori del genere. Qui di seguito si elencano esclusivamente i 45 giri di surf, garage e psychedelic rock del periodo 1963-1966:

– THE MURMAIDS “Wild And Wonderful / Bull Talk” (CH 641-1) [1964];

– THE CONTENDERS “The Dune Buggy / Go Ahead” (CH-644) [1964];

– THE CONTENDERS “Johnny B. Goode / Rise ‘n’ Shine” (CH 656) [1964];

– THEE MIDNITERS “Land Of A Thousand Dances (Part 1 – 2)” (CH-666) [1964];

– THE CONTENDERS “The Toughest Band Around / Drag Slot” (CH-671) [1965];

– DANNY WARNER & THE SESSIONS “Big Boss Man / Tramway” (CH 675) [1965];

– THEE MIDNITERS “Whittier Blvd. / Evil Love” (CH-684) [1965];

– THE BOSTWEEDS “Simple Man / Little Bad News” (CH-689) [1965];

– THEE MIDNITERS “Empty Heart / I Need Someone” (CH-693) [1965];

– THEE MIDNITERS “That’s All / It’s Not Unusual” (CH-694) [1965];

– THE PASTEL SIX “I Can’t Dance / Red River Valley” (CH 696) [1965];

– TY WAGNER & THE SCOTCHMEN / TY WAGNER & THE ONES “I’m A No-Count / Walking Down Lonely Street” (699) [1965];

– THE BOSTWEEDS “She Belongs To Me / Lisa” (CH-701) [1965];

– THEE MIDNITERS “Land Of A Thousand Dances / Ball O’Twine” (CH 666; RE-1) [1965];

– BOB LINKLETTER “The Out Crowd / The Final Season” (CH 702) [1966];

– MOSS & THE ROCKS “There She Goes / Please Come Back” (CH-703) [1966];

– THE ANGLO-AMERICANS “The Music Never Stops / Are You Ready For This?” (705) [1966];

– THEE MIDNITERS “I Found A Peanut / Are You Angry” (CH-706) [1966];

– DEE CEE CORD “Ya Know / Kind Words” (CH-707) [1966];

– DOW JONES AND THE AVERAGES “Bring It On Home / Chim Chim Cher-ee” (CH-709) [1966];

– THE CHYMES “Quite A Reputation / He’s Not There Anymore” (CH-715) [1966];

– THE END RESULT “A Bird In The Hand / Never Ask Again” (CH-717) [1966];

– THE SURVIVORS “Midnight Mines / Quoth The Raven” (CH-718) [1966].

Gian Marchisio

Dal comunismo al consumismo

A grandi linee tutti sappiamo cosa sia o, per meglio dire, sia stato il comunismo. Ispirato al “Manifesto del partito comunista” di Marx e Hengels, ha portato avanti tesi che hanno permesso la nascita ed il governo per 70 anni dell’Unione Sovietica, con annessi Paesi del Patto di Varsavia, di governare Stati come Jugoslavia, Laos, Vietnam, Cuba e Cina, per citarne solo alcuni, e che hanno giustificato interventi armati degli USA in Paesi come il Vietnam.

In Italia, dopo anni di monocolore democristiano e qualche Governo pentapartito, si giunse al famoso “compromesso storico” che avrebbe dovuto portare i comunisti al Governo; l’idea, nata all’indomani del Golpe Pinochet in Cile ad opera di Berlinguer, di fatto non si realizzò mai.  Quegli anni, successivi all’ autunno caldo, in concomitanza con la stagione del terrorismo (Italicus, 1974 per dirne una) video da un lato l’affermarsi dell’ideologia comunista e dall’altro, ipso facto, molti cittadini prenderne le distanze.

A distanza di 50 anni circa, se vogliamo fare un bilancio, possiamo dire che tale dottrina sia stata completamente soppiantata da altre due altrettanto incisive: il qualunquismo ed il capitalismo, con la sua emanazione peggiore: il consumismo.

Mentre per il primo avevamo manifestazioni già ottant’anni fa, e la rivista “L’uomo qualunque” ne era portavoce, il secondo è nato con la complicità di tutti noi, vuoi per aderire alle smanie di progresso esterofile, vuoi per pigrizia, assecondando decisioni prese ad alti livelli.

Si assiste, quindi, alla nascita degli ipermercati a cavallo tra anni ’70 ed ’80 che permettono di comprare anche ciò che non ti serve(vedi il mio articolo https://iltorinese.it/2023/08/19/usa-e-getta-no-grazie/), convinti di risparmiare e non accorgendosi che, per una serie di implicazioni, veniamo a spendere molto di più.

I presunti sconti, le promozioni, i saldi, le fidelizzazioni consentono di ottenere merce scontata che, presumibilmente, va ad integrare, anziché sostituire, analoga merce che già possediamo: quanti di noi hanno fatto riparare un TV o un lettore di CD negli ultimi anni? Meglio prenderne uno in più, così è sempre nuovo ed in garanzia, tanto sull’altro qualcosa funziona ancora. Ovviamente, al momento di riparare l’oggetto, preferiamo gettarlo in discarica contribuendo, in misura minima, all’aumento della TARI, al problema dello smaltimento dei rifiuti speciali ma contenti di aver contribuito all’occupazione (quella cinese).

Io stesso, dovessi cercare un radioriparatore, così come un ciabattino, avrei difficoltà non vedendone uno in strada da anni.

La maggior parte di noi ha una TV in camera da letto, non potendo fare a meno della puntata 6000 della fiction preferita; se sei a letto è per dormire, magari leggere, soddisfare i doveri coniugali e, eventualmente, riprodurti; non puoi mantenere separate le due cose, ritornando a ritmi umani?

Quanti di noi hanno almeno un doppione negli elettrodomestici (due taglia barba, due tostapane di modello diverso, vestiti che hanno le piaghe da decubito a forza di stare chiusi nell’armadio perché usiamo sempre gli stessi 4 o 5) e magari otto tra eau de toilette e dopobarba che diventeranno modernariato perché non li usiamo mai?  Certo, forse ci sono stati regalati, ma ciò sposta solo il problema: qualcuno effettua regali non pensando se sia utile a chi lo riceverà o aumenterà solo i profitti del venditore.

Non parliamo delle autovetture: lo spauracchio dell’”Euro qualcosa”, che ogni tot anni renderà le vetture di quel tipo non-ecologiche, fa si che molti, quasi tutti, cambino le auto dopo 5-6 anni, a meno della metà del chilometraggio percorribile, perché “così ho sempre un’auto ecologica”.

Naturalmente fa parte del pacchetto consumistico anche la non refusione del danno da grandine da parte di alcuni assicuratori, che obbliga i possessori di auto costose ad acquistare un box o, quantomeno, pagare l’affitto in un’autorimessa.

Se ci addentiamo nella sanità, poi, ne usciamo sconfitti: siamo tutti malati, molti di ignoranza. Su un tema importante qual è la salute, ci si aspetterebbe che un soggetto consulti almeno 3-4 medici per avere pareri diversi, a volte discordanti tra di loro, si documenti su testi di provata affidabilità scientifica per giungere alla determinazione che Big Pharma abbia un ruolo nelle modifiche continue ai valori massimi degli esami ematochimici o, al contrario, si adatti ai mutati parametri della sanità.

Quanti lo fanno?

Diventa, dunque, evidente che le dittature non si manifestino più con proclami dal balcone, attraverso l’organo di stampa giornale ufficiale del partito ma, semplicemente, ti convincano che stanno lavorando per te, per risolvere i problemi che non sapevi di avere, soprattutto che non hai ancora o non avresti mai.

Il lockdown?  Consideriamola una prova generale.

Sergio Motta

“Territori d’autore 2025”, Simona Vogliano: “Il canto del torrente”

 

Proseguirà il 26 ottobre, alle 17.30, presso i locali del Ricetto di piazza della Fontana, in frazione Muriaglio di Castellamonte, “Territori d’autore”, la rassegna organizzata dalla Società di Mutuo Soccorso Agricola e Operaia. Proprio il 26 ottobre Simona Vogliano presenterà il suo romanzo “Il canto del torrente”, pluripremiata pubblicazione che, negli ultimi mesi, sta regalando molte soddisfazioni all’autrice. Nella cornice selvaggia e affascinante della Valchiusella, Giorgio Invaro, scultore e chimico, lotta per difendere la sua terra da chi vuole sfruttarla senza scrupoli. Dopo anni trascorsi a Londra, è tornato tra le montagne per scolpire la pietra della sua valle e riscoprire se stesso. Il passato lo raggiunge quando Elisabeth, l’amore che ha lasciato dietro di sé, riappare con un progetto rivoluzionario: trasformare la vecchia cartiera in una scuola di mestieri artigiani. Tra battaglie legali, sabotaggi e segreti mai sopiti, l’esistenza della valle si scontra con l’avidità di Cosimo Valli, deciso ad impadronirsi della cava.

Un piccolo momento conviviale concluderà l’incontro. Chiuderà la rassegna “Territori d’autore” Oliviero Cima, con “Due soldi di benessere” (Baima Ronchetti & C. Edizioni), inserito nella biblioteca degli scrittori piemontesi.

Mara Martellotta

Ruffino (Az): “Folle finanziare disabilità con tassa soggiorno”

Commneta l’on. Daniela Ruffino (Azione): “Fa bene il ministro Giorgetti a tenere stretta la borsa della spesa e mettere in sicurezza la finanza pubblica. Fa male – e molto – se pensa di scaricare sui Comuni il peso di finanziare il fondo comune per il sostegno ai minori e ai disabili imponendo di fatto un incremento della tassa di soggiorno. L’idea presenta profili rilevanti di incostituzionalità. Lede, infatti, l’autonomia dei Comuni, già sotto pressione per i tagli dei trasferimenti. Scorpora il finanziamento del fondo dalla fiscalità generale mentre è ad essa che la Costituzione assegna l’onere di sostenere i soggetti più deboli (artt. 3 e 38). Con una nota a margine: che succede quell’anno che dovesse rallentare il flusso turistico e diminuiscono le entrate della tassa di soggiorno? Altra riflessione: città altamente turistiche dovrebbero finanziare la disabilità dei Comuni senza attrazione turistica? Trattandosi di entrate aleatorie e non prevedibili, ai Comuni verrebbe impedito di fare la benché minima programmazione. Non voglio credere che le politiche sociali di sostegno siano considerate uno sperpero da questo governo”.

Sotto la Mole: la Torino segreta che non tutti conoscono

SCOPRI – TO ALLA SCOPERTA DI TORINO

Torino è una città che si concede lentamente, come se custodisse gelosamente la propria anima dietro una facciata di eleganza discreta. Chi la osserva solo in superficie ne coglie l’ordine sabaudo, i portici, la monumentalità della Mole Antonelliana. Ma basta deviare di poco dai percorsi turistici per accorgersi che esiste un’altra Torino, fatta di sotterranei, passaggi dimenticati e leggende che si intrecciano alla quotidianità. È la Torino segreta, quella che vive sotto la Mole e che continua a esercitare un fascino silenzioso e persistente.
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Le gallerie sotto la città
Pochi sanno che sotto le vie del centro storico corre una rete di gallerie e cunicoli che risalgono all’epoca barocca. Scavati a partire dal Seicento per motivi militari, questi passaggi collegavano le caserme e le fortificazioni che circondavano la città. Oggi alcuni tratti sono visitabili e offrono una prospettiva del tutto diversa: una Torino sotterranea, dove l’umidità delle pareti e il profumo della terra raccontano storie di soldati, di fughe e di segreti.
Le visite guidate, organizzate da associazioni locali, conducono i visitatori attraverso percorsi che alternano storia e suggestione. Si entra da una botola anonima e ci si ritrova immersi in un silenzio antico, lontano dal traffico e dalle luci. È un viaggio nel tempo, ma anche una metafora perfetta della città stessa: un luogo che conserva sotto la superficie i segni di ciò che è stata, e che non ha mai smesso di trasformarsi.
Alcuni dei cunicoli più antichi si trovano nei pressi di Palazzo Madama e del Mastio della Cittadella, dove secondo alcune cronache si rifugiarono i soldati durante l’assedio del 1706. Lì la storia ha lasciato impronte visibili: graffi sui mattoni, incisioni, simboli che testimoniano un passato di resistenza e di ingegno militare.
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Tra esoterismo e curiosità
Torino è da sempre considerata una delle capitali mondiali dell’esoterismo. La leggenda vuole che la città sia uno dei vertici sia del triangolo della magia bianca, insieme a Lione e Praga, sia di quello della magia nera, con Londra e San Francisco. Un doppio volto che ha alimentato racconti, superstizioni e curiosità.
Passeggiando per Piazza Statuto, ad esempio, si incontra la statua dell’“Angelo caduto”, un monumento dedicato ai caduti del Frejus ma che molti torinesi identificano con Lucifero stesso. Il punto, dicono, coincide con il “cuore oscuro” della città, dove si concentrerebbero energie negative. All’opposto, in Piazza Castello e lungo Via Garibaldi, si troverebbero invece i luoghi della “magia bianca”, custodi di armonia e protezione.
Al di là delle credenze, resta il dato più affascinante: Torino ha sempre convissuto con il mistero senza mai farsene travolgere. Forse è proprio questo equilibrio tra razionalità e simbolismo, tra fede e leggenda, a renderla così unica nel panorama europeo. Non a caso, la città è stata spesso scelta come ambientazione per film e romanzi noir, dove le sue luci e le sue ombre diventano parte della narrazione. Camminare di notte per le vie del Quadrilatero Romano, tra i lampioni fiocamente illuminati e i palazzi barocchi, significa immergersi in una scenografia che sembra costruita per il racconto del mistero.
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Cortili nascosti e memorie quotidiane
Ma la Torino segreta non è fatta solo di mistero. È anche quella che si nasconde dietro i portoni dei palazzi ottocenteschi, dove cortili interni e scalinate in pietra raccontano un passato domestico e borghese. In via Po, in via della Consolata, o nei vicoli di Vanchiglia, capita spesso di intravedere, tra un portone socchiuso e l’altro, piccoli giardini nascosti, fontane, vecchie botteghe artigiane sopravvissute al tempo.
Sono luoghi che non finiscono mai sulle guide turistiche, ma che custodiscono il ritmo autentico della città. È lì che il torinese autentico beve il caffè, scambia due parole con il vicino o si ferma a leggere il giornale seduto su una panchina. È una quotidianità che resiste, anche in un contesto sempre più internazionale, e che rappresenta forse la vera anima di Torino: quella di una città che sa rinnovarsi senza perdere il contatto con le proprie radici.
Chi arriva da fuori spesso rimane colpito dal contrasto tra la compostezza delle facciate e la vivacità che si scopre all’interno. È una caratteristica che i torinesi portano anche nel carattere: riservati all’apparenza, ma capaci di grande accoglienza una volta varcata la soglia.
Oggi, mentre Torino si presenta come città dell’innovazione e del design, la sua identità profonda rimane legata proprio a questa duplicità. Da un lato la modernità delle architetture post-industriali, dall’altro la memoria silenziosa dei cortili, delle strade acciottolate, dei racconti tramandati di generazione in generazione. È un equilibrio fragile ma vitale, che contribuisce a rendere Torino diversa da qualsiasi altra città italiana: più riservata, forse, ma anche più autentica.
Sotto la Mole, insomma, non c’è solo la storia dei re e delle fabbriche, ma un intreccio di luoghi e voci che continuano a parlare a chi sa ascoltare. Una città che si lascia scoprire piano, con la stessa eleganza con cui nasconde i suoi segreti.
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NOEMI GARIANO

Petrenko alla Rai: quando la bacchetta diventa linguaggio

Di Renato Verga

Non serve cercare un filo rosso tra i brani del secondo concerto della stagione sinfonica Rai: il vero
tema della serata era uno solo, Kirill Petrenko. È per lui che l’Auditorium Toscanini di via Rossini
si è riempito in ogni ordine di posti. È per lui che il pubblico torinese, da giorni in fermento, si è
lasciato trascinare in una nuova, magnetica lezione di direzione orchestrale. Otto volte sul podio
dell’Orchestra Sinfonica Nazionale Rai in più di vent’anni, Petrenko ha con questa formazione
un’intesa speciale, costruita sulla fiducia reciproca e su un linguaggio condiviso che non ha bisogno
di parole.

Il pubblico sarebbe accorso anche se in programma ci fosse stato Fra Martino campanaro. Ma, per
fortuna, la serata offriva ben altro: un viaggio nel Novecento mitteleuropeo e un ritorno luminoso al
classicismo di Beethoven.

Janáček e Bartók, il folklore senza confini

La prima parte del concerto accosta due autori lontani solo in apparenza. Leoš Janáček e Béla
Bartók guardano entrambi alle radici popolari, ma senza indulgere nei colori pittoreschi o nel
nazionalismo accademico di Smetana e Dvořák. Per loro il folklore non è cartolina, ma linguaggio:
una grammatica nuova con cui ridisegnare la musica dopo la crisi della tonalità.
Nelle Danze lachiane, Janáček distilla il canto moravo fino a renderlo struttura viva. Petrenko lo
accompagna con una delicatezza sorprendente, come se accarezzasse le pieghe di una lingua
arcaica. Il tono pastorale della prima danza, il lirismo tenero della seconda, la rude energia della
terza — il “martellare del fabbro”, come lo chiamava il compositore — vengono disegnati con
precisione millimetrica, ma mai fredda. L’orchestra risponde con un suono terso e flessibile, i legni
chiacchierano come in una scena di villaggio, gli archi danzano con leggera ironia. Nella sesta
danza, la musica esplode in un tripudio di ritmo e luce: Petrenko la fa vibrare con gioia quasi fisica,
trasformando la sala in un paesaggio sonoro di colline e vento.

Poi, di colpo, il quadro bucolico svanisce. Con la suite da Il mandarino meraviglioso di Bartók, il
direttore ci trascina in un’altra dimensione: quella oscura e febbrile della città moderna. Il racconto
di Melchior Lengyel – sesso, denaro, morte – trova nella musica un corrispettivo visivo e viscerale.
Petrenko dirige con lucidità chirurgica: ogni dissonanza, ogni contrazione ritmica ha un senso
preciso. Il suono è barbarico ma non brutale, illuminato da una tensione interiore che ne svela la
logica. Il clarinetto seduce, gli ottoni esplodono, le percussioni feriscono. E poi, nel finale, la
trasfigurazione: le dissonanze si sciolgono in una luce impalpabile, quasi un perdono. Petrenko
riesce a rendere questo passaggio con una spiritualità rarefatta, sospesa tra dolore e redenzione.

Beethoven: la chiarezza come emozione

Dopo tanta energia tellurica, serve un intervallo per respirare. Ma il ritorno in sala è una rivelazione:
la Seconda Sinfonia di Beethoven, che sotto la bacchetta di Petrenko diventa un inno alla vitalità,
alla costruzione lucida, alla gioia come forma di resistenza.

Il direttore ridisegna la partitura come un prisma di luce. L’introduzione lenta è un respiro
trattenuto, l’Allegro con brio un turbine di idee. Tutto è controllato ma mai ingessato: le
modulazioni insolite, tanto criticate dai contemporanei, diventano per Petrenko un terreno di

scoperta. Il dialogo fra le sezioni è un esercizio di equilibrio miracoloso: legni che cantano come in
Mozart, timpani che punteggiano con eleganza, archi che respirano insieme, come un organismo
unico.

Lo Scherzo è un piccolo prodigio: ironico, leggero, ma sempre sotto tensione. Petrenko lo
costruisce con mani d’orafo, misurando ogni dinamica come un regista della parola musicale. E
quando arriva il Finale, la sinfonia diventa un’esplosione di energia controllata: un gioco ritmico in
cui la chiarezza si fa emozione, e la gioia non è mai superficiale.

Il gesto del direttore – asciutto, preciso, magnetico – traduce il pensiero in suono con una
naturalezza che dovrebbe essere studiata nei conservatori. Ogni movimento delle mani ha un senso,
ogni sguardo accende una risposta immediata nell’orchestra. Alla fine, il pubblico esplode in un
applauso al calor bianco, ma sono gli stessi musicisti, con il loro sorriso riconoscente, a dire la
verità più profonda: con Petrenko sul podio, suonare è un atto di felicità.

Il nuovo flagship store di Galup in via Andrea Doria 

Nel pomeriggio di giovedì 16 ottobre si è svolta l’inaugurazione del nuovo flagship store Galup, in via Andrea Doria 7, a Torino. L’evento, accolto con entusiasmo  e una significativa partecipazione, ha visto la presenza di rappresentanti delle istituzioni.
“Galup cresce ancora nel cuore di Torino con un ampliamento del locale che è un segno di forza e fiducia per portare ancora più in alto una delle più grandi eccellenze piemontesi. Una vetrina importante della nostra tradizione dolciaria per i torinesi e per i tanti turisti che scelgono Torino e il Piemonte” hanno dichiarato il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e l’Assessore alle Attività produttive Andrea Tronzano.
“Torino si arricchisce con una nuova eccellenza che è quella storica, radicata nel territorio piemontese dal lontano 1922, che coniuga tradizione, modernità  e innovazione, in un contesto esteticamente accattivante, in una delle vie commercialmente iconiche della città “ ha affermato l’assessore al Commercio della Città di Torino Paolo Chiavarino.
“Questa inaugurazione rende noi e la Città  di Pinerolo estremamente orgogliosi. Galup rappresenta l’eccellenza e la tradizione del Pinerolese e l’apertura di questo nuovo negozio è  un segno concreto di come il nostro panettone sappia narrare il territorio e le sue eccellenze nel mondo” ha dichiarato Francesca Costarelli vice Sindaca della Città di Pinerolo e assessora al Turismo e Attività produttive.

L’inaugurazione non è stata soltanto un momento celebrativo , ma anche un’occasione simbolica per festeggiare I primi dieci anni di una gestione che ha dato nuovo impulso e una visione rinnovata al marchio; era il 2015, quando Giuseppe Bernocco e Sebastiano Astegiano  portavano a termine l’acquisizione di Galup. Da allora, affiancati dai soci Mariano e Piero Costamagna, i due imprenditori cuneesi hanno saputo tracciare nuove strade e sviluppare progetti innovativi, restituendo nuova vita non solo all’iconico panettone creato da Pietro Ferrua nel 1922, ma a tutta la produzione firmata Galup.

“Il nuovo flagship store Galup nasce da un’idea molto chiara, dare forma concreta all’evoluzione del brand, unendo autenticità, ricerca e cura in ogni dettaglio. Questo spazio rappresenta la sintesi della nostra visione , quella di valorizzare le radici storiche di Galup guardando al futuro con creatività,  mantenendo l’eccellenza artigianale e un’estetica  distintiva che da sempre ci contraddistinguono. Non è solo Galup a volersi raccontare in questo modo, abbiamo voluto portare nel cuore di Torino anche l’identità di altri nostri marchi, Streglio, Golosi e Tartufo Regale, quest’ultimo nato dalla collaborazione con lo chef Ugo Alciati, offrendo un’esperienza completa e coerente, che esprime la forza del nostro gruppo.
Chi entra nel nostro store  può gustare un caffè o una cioccolata abbinata a una dellle nostre storiche specialità, oppure scoprire una reinterpretazione originale del toast firmata Galup. È  molto più  di un punto vendita. È  un luogo in cui vivere il nostro mondo, attraverso sapori, storie  e dettagli che parlano di territorio e di passione” commnta l’AD di Galup Stefano Borromeo.

Mara Martellotta

“Il Treno dei Desideri” in scena a Rivara

Domenica 19 ottobre, alle ore 16, presso il teatro di Rivara, andrà in scena lo spettacolo “Il Treno dei Desideri”, scritto e interpretato dalla bravissima Roberta Belforte, che sta riscuotendo data dopo data un importante successo.

Alle 15.30, mezz’ora prima dell’inizio, il pubblico è invitato a partecipare a una dedica, da parte del teatro di Rivara, a una persona speciale.
“Il Treno dei Desideri” accompagna Linda, interpretata dalla Belforte, in un viaggio tra ricordi, incontri inattesi e soste sorprendenti. Tra partenze e ritardi, ogni tappa della pièce invita a scegliere, a confrontarsi con il passato e a guardare dritti verso il futuro con coraggio e un pizzico di follia.
Linda, come ognuno di noi, cerca risposte: salirà su un treno diretto a Napoli per ricucire con un amore ormai prigioniero del passato. Ogni tappa lungo il tragitto andrà a simboleggiare il carico emotivo che il futuro chiede per trasformarsi in realtà, ogni incontro determinerà nuove consapevolezze lungo il suo cammino.
Roberta Belforte, attrice, autrice e voce versatile, intreccia energia e sensibilità in ogni scena, portando esperienza teatrale, cinematografica e televisiva in un racconto che resta nel cuore.
Teatro di Rivara – via Bartolomeo Grassa 9, Rivara
Info e prenotazioni: 371 1420624
Gian Giacomo Della Porta