ilTorinese

Mercoledì una veglia in Duomo per papa Francesco

L’Arcivescovo Roberto  Repole  mercoledì 23 aprile alle ore 20.30 presiederà nella Cattedrale di Torino una Veglia di preghiera in suffragio di Papa Francesco.

Le parole di cordoglio dell’Arcivescovo Repole: 

Il Papa se n’è andato nell’Anno della Speranza, il Giubileo che aveva tanto desiderato. Ora è davanti al Signore ed era questa la sua grande speranza, che Francesco ha cercato di condividerci: la notizia che un giorno saremo tutti nell’abbraccio di Dio.

Siamo nei giorni della Pasqua, che ieri Francesco ha ancora celebrato con noi. Nel grande dolore per la morte, ma anche nella fiducia dell’abbraccio tenerissimo di Dio le Chiese di Torino e Susa, la Chiesa piemontese dove il Papa aveva le sue radici, pregano per Francesco con affetto e tanta riconoscenza per aver speso la vita, tutta la sua vita lunga e generosa, ad annunciare la gioia del Vangelo.

È una gioia senza eguali, «Evangeli gaudium»: viene dalla notizia che Gesù è risorto e perciò il mondo, questo nostro mondo così difficile e violento, non sarà sconfitto dal male.
Il Papa Francesco ha cercato di comunicare l’amore di Dio con ogni mezzo e ad ogni latitudine, l’ha fatto con parole semplici che tutti potevano comprendere: ha spiegato ai potenti della Terra e agli ultimi, ai poveri, alle persone scartate, che il volto di Dio è innanzi tutto Misericordia e questo volto è in grado di cambiare il nostro cuore, può addirittura cambiare il corso della storia.

Speranza, Misericordia. Come suonano diverse, queste parole, di fronte alle regole imperanti della guerra e della sopraffazione! Basta prenderle sul serio. Credo che sia per questo messaggio mite e sorridente che il Papa è stato tanto amato dagli uomini e dalle donne del nostro tempo, anche da chi non crede; per questo messaggio è stato riconosciuto come riferimento fondamentale negli equilibri internazionali.
Nelle ore dell’addio, vorrei che raccogliessimo le parole che il Papa ci ha lasciato in consegna. Le terremo nel cuore.

Porterò, io personalmente, il ricordo grato dell’amicizia che mi ha legato a Papa Francesco, la coscienza delle responsabilità che mi ha affidato, l’immagine – a me carissima – del giorno in cui volle incontrare i miei genitori e la mia famiglia con tanto affetto e semplicità.
Soprattutto porterò, spero che porteremo tutti, il ricordo di un uomo che ha creduto e ha testimoniato il Vangelo.

+ Roberto Repole, Arcivescovo di Torino
e Vescovo di Susa

Da La Voce e il Tempo

MAO, la mostra sugli “Haori. Gli abiti maschili del primo Novecento narrano il Giappone

Dal 12 aprile al 7 settembre prossimo è ospitata e aperta al pubblico presso il MAO, Museo di Arte Orientale, la mostra intitolata “Haori. Gli abiti maschili del primo Novecento narrano il Giappone”, che offre una singolare esplorazione della cultura materiale giapponese attraverso circa 50 haori e juban ( le giacche sovrakimono e le vesti sotto kimono maschili) nonché alcuni abiti tradizionali da bambino, provenienti dalla collezione Manavello, in dialogo con installazioni di artisti contemporanei.

La mostra non ha precedenti né in Italia né in Europa e si pone come una novità assoluta nel panorama delle proposte aventi come tematica l’arte dell’Estremo Oriente.

Le raffigurazioni che decorano gli abiti presentati non solo sono esempi di preziosa manifattura, ma documenti e testimonianze che approfondiscono il Giappone del primo Novecento, un periodo cruciale segnato da trasformazioni sociali, culturali e politiche , tra una modernizzazione accelerata e tensioni interne imperialiste.

All’interno del percorso espositivo sono presentate opere di artisti contemporanei come strumenti d’analisi e di riflessione, invitando il pubblico a orientarsi in un’epoca storica di relazioni complesse tra Giappone, Cina e Corea, ancora poco conosciuta in Italia.

Il progetto espositivo si avvale della consulenza curatoriale di Silvia Vesco, docente di Storia dell’Arte Giapponese presso l’università Ca’ Foscari di Venezia, Lydia Manavello, Yu Mi (curatrice indipendente e attualmente docente di Arte ed Economia all’Università di Kassel), in collaborazione con il direttore del MAO, Davide Quadrio, e la curatrice Anna Musini, con l’assistenza di Francesca Corrias.

Svelare, non esibire, suggerire senza palesare. A questi principi si ispira la millenaria cultura giapponese che, sull’equilibrio in perenne divenire tra pieni e vuoti e sul senso dell’armonia, tesse ancor oggi la propria esistenza.

L’abbigliamento concorre a definire i ruoli e gli spazi in cui si configura e si muove la complessa società nipponica; in questo contesto grande interesse ha sempre destato il kimono femminile, mentre l’ambito degli indumenti maschili è stato ancora poco indagato.

Meno appariscenti ma assai interessanti, le vesti da uomo costituiscono, in realtà, una parte consistente del ricco apparato tessile giapponese.

Nell’eleganza austera del completo cerimoniale o nella sobrietà di un abito da vivere tutti i giorni, i kimono da uomo racchiudono e definiscono un universo che si rende accessibile solo nel contesto domestico o nel segreto di un incontro amoroso. A rivelare l’anima di chi li indossa sono i soggetti che impreziosiscono gli interni delle giacche o l’intera superficie dei sotto kimono: immagini seduttive o narrative, sempre sofisticate, abilmente tessute o dipinte, elaborate con minuzia o appena suggerite da qualche tratto di inchiostro, raccontano la cultura del Sol Levante con riferimenti alla letteratura e all’arte della guerra, al mondo naturale e alla sfera divina.

Tradizionalmente considerati espressione dell’intimità quotidiana, gli haori e le juban presentati in mostra assumono un nuovo significato e diventano un’occasione per affrontare temi di grande attualità, tra cui le questioni legate all’espansione giapponese del XX secolo in Asia e alle implicazioni politiche e sociali che ne caratterizzarono il contesto storico. Tra queste anche la propaganda, affidata non solo ai tradizionali mezzi di comunicazione, ma in modo tanto sorprendente, quanto pervasivo, proprio agli abiti tra i quali anche quelli da bambino, cui è dedicata un’apposita sezione della mostra.

L’esposizione esplora, dunque, l’immaginario comune del Giappone in Occidente, ancora legato a una visione tradizionale e romantica, in contrapposizione alla percezione di un Giappone diverso, a tutt’oggi poco conosciuto che è quello che trapela dagli abiti maschili; le immagini che li caratterizzano da un lato celebrano il mito dell’Occidente, dai plurimi volti, dall’altro mirano ad enfatizzare l’orgoglio nazionale nipponico, entrambi culminanti nell’evoluzione tecnologica e nella strenua difesa della propria identità, prima e durante il secondo conflitto mondiale.

Questa eredità, lungi dall’essere cancellata dal tempo, sopravvive ancor oggi in Paesi e realtà al di fuori del Giappone, ma allora coinvolti, e di essa le installazioni ei video contemporanei in mostra offrono una tangibile testimonianza, arricchendo il racconto con riflessioni sul tempo passato e presente.

Con il patrocinio del Consolato Generale del Giappone a Milano

MAO Museo di Arte Orientale

Via San Domenico 11

Orari martedì- domenica 10-18. Lunedì chiuso.

 

Mara Martellotta

 

 

Papa Francesco e la “munia quacia”

ACCADDE NEL 2014

Il Santo Padre, che non ha mai fatto mistero dell’attaccamento alle proprie radici, nel giugno del 2014 usò il dialetto della sua antica terra di origine per colpire quegli ipocriti che si mascherano dietro una facciata umile ma che, in realtà, non è tale

Si stima che in Argentina siano addirittura 6 milioni gli abitanti di origine piemontese, giunti in cerca di fortuna nell’America del Sud uno o due secoli fa e, successivamente, là stabilitisi con le proprie famiglie da intere generazioni.

 Non dovrebbe stupire, ma fa tanto “cool” per chi è  piemontese,  il fatto che Papa Francesco abbia usato, in una udienza generale di ormai più di 10 anni fa  l’espressione dialettale “munia quacia”,  (si pronuncia più o meno “mugna”) traducibile con “aspetto da acqua cheta”, prostrata e dimessa almeno all’apparenza. Il santo padre, che non ha mai fatto mistero dell’attaccamento alle proprie radici,  ha usato lo “slang” della sua antica terra di origine per attaccare quegli ipocriti che si mascherano dietro una facciata umile ma che, in realtà, non è tale.

Un grande comunicatore, bisogna riconoscerlo. In fondo anche in quell’occasione fu (inconsapevole?) testimonial del Piemonte e della sua cultura.

Cristiano Bussola

 

Quante uova di Pasqua vi sono avanzate?

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PENSIERI SPARSI  di Didia Bargnani
Per qualche giorno ancora dopo Pasqua ci piace mangiare le uova di cioccolato ma arriva il momento in cui vorremmo non averle più in casa o perché ci hanno stufato, si sa, anche l’aragosta mangiata tutti i giorni, che barba, che noia o semplicemente perché non vogliamo più avere la tentazione di cedere alla golosità.
E allora finiamola una volta per tutte: una torta tenerina meravigliosa, fondente, umida e cioccolatosa è la soluzione perfetta.
Per uno stampo di circa 18/20 cm. mi serviranno:
200 gr. di cioccolato, 70 gr. di olio di semi, 3 uova, 90 gr. di zucchero a velo, 20gr. di farina o fecola.
Accendo il forno a 180 in modalità ventilato, sciolgo il cioccolato a bagno maria, faccio raffreddare, aggiungo l’olio.
In un’altra ciotola monto con le fruste elettriche le uova con lo zucchero e unisco la farina setacciata. Aggiungo il cioccolato precedentemente sciolto e mescolo il tutto.
Verso l’impasto nello stampo foderato con carta forno e possibilmente un po’ imburrato.
La Tenerina è pronta per essere infornata; il forno deve essere già a temperatura.
Dopo circa 30 minuti il dolce sarà pronto, se desidero una consistenza meno umida lascerò cuocere qualche minuto in più, cospargo di zucchero a velo e con una tazza di tè o un caffè dico addio alle uova di Pasqua, almeno fino al prossimo anno.

E il Piemonte presentò in Vaticano il Tour de France

23 GIUGNO 2024 – La Regione Piemonte fu ricevuta in delegazione in Vaticano con il direttore della Giunta Paolo Frascisco per un incontro con Papa Francesco al quale fu presentata la partenza in terra piemontese della celebre gara ciclistica. Presenti con il Piemonte, Emilia Romagna e Toscana,  protagoniste della Grande partenza dall’italia de Le Tour de France.

Le confessioni religiose torinesi in lutto per Papa Francesco

Comunicato stampa del Coordinamento Interconfessionale Regionale “Noi Siamo con Voi” :

“La morte fa un po’ paura ma, attraversata la porta, c’è la festa del Regno di Dio!”.
Era il 24 agosto del 2022 e così ragionava Papa Francesco intervenendo nell’aula Paolo VI, al termine di un ciclo di lezioni dedicato alla vita. Raccontava che l’uomo nella morte non perde la memoria, non abbandona la propria storia, non scioglie le relazioni in cui è vissuto sulla terra. Diceva che l’essenziale della vita, in prossimità del nostro congedo, ci appare definitivamente chiaro perché il meglio della vita è ancora tutto da vedere.
In queste parole c’è forse il senso profondo dell’impegno di noi credenti del Coordinamento Interconfessionale del Piemonte. È la grande eredità spirituale che ci lascia Francesco, l’uomo venuto “dalla fine e dalle periferie del mondo” per denunciare la cultura dello scarto, della globalizzazione dell’indifferenza, di non aver più lacrime per gli emarginati, i poveri, gli ultimi.
Noi espressione di numerose Fedi che convivono nell’armonia del dialogo, facciamo tesoro di queste parole, certi che soltanto la “filosofia” degli uomini ha dato mille nomi allo stesso Padre.
Aderiamo quindi alla veglia di preghiera indetta dal Cardinale Roberto Repole per Mercoledì 23 P.V. alle ore 20:30 nel Duomo di Torino.

 

Il Comitato Interfedi della città di Torino si unisce al dolore di tutti i cattolici per la morte di Papa Francesco.

Un profeta di Pace, un protagonista di autentico dialogo interreligioso, una perdita per tutta l’umanità. La sua attenzione ai più deboli, i suoi insegnamenti sulle grandi sfide della contemporaneità sono stati una testimonianza profonda del Vangelo.

Per le politiche giovanili 4,8 milioni di euro

Per le politiche giovanili uno stanziamento complessivo di 4,8 milioni di euro, di cui 3,7 milioni di fondi statali e 941 mila di fondi regionali, oltre a 244 mila di cofinanziamento mediante valorizzazione di risorse umane, beni e servizi regionali: il Consiglio regionale, presieduto da Davide Nicco, ha approvato a maggioranza il Piano triennale regionale per l’utilizzo del “Fondo nazionale 2024-2026 per le politiche giovanili”, in seguito all’intesa Stato-Regioni del 17 ottobre 2024.
La proposta di deliberazione è stata presentata per la Giunta dall’assessore Marina Chiarelli e licenziata a maggioranza il 9 aprile scorso dalla Commissione Cultura.
La somma a disposizione, ha spiegato Chiarelli, “servirà a finanziare almeno 90 progetti di inclusione sociale presentati da Comuni, singoli o associati, che aderiranno all’avviso pubblico della durata di tre mesi che verrà bandito dalla Regione. I progetti dovranno mirare ad accompagnare i giovani nel tessuto sociale e lavorativo, a svilupparne la partecipazione attiva sul territorio, a coinvolgerli nell’adozione di corretti stili di vita, ad avvicinarli alla pratica sportiva e alla difesa dell’ambiente”.
Per realizzare i progetti, destinati a coinvolgere circa 1.800 giovani e impegnarne almeno 20 a progetto, i Comuni singoli o associati potranno avvalersi della collaborazione di soggetti pubblici e del Terzo settore che si occupano di politiche giovanili.
“Qualora dovessero risultare risorse non assegnate – ha concluso – verranno riaperti i termini del bando”.
Il dibattito generale è stato aperto dalla presidente della sesta Commissione Paola Antonetto (Fdi) che ha dichiarato di “accogliere con favore la delibera, che sancisce l’impegno del Piemonte per incentivare politiche a favore dei giovani e della loro crescita: un passo concreto verso una programmazione sempre più efficace e trasparente della Regione”.
Federica Barbero (Fdi) ha evidenziato “l’importanza di diffondere sul territorio regionale progetti di inclusione sociale per i giovani, coinvolgendoli attivamente nel tessuto lavorativo, culturale e sociale”.
Silvio Magliano (Lista Cirio) ha sottolineato che “soprattutto dove ci sono meno opportunità, le politiche giovanili, grazie anche al coinvolgimento degli enti del Terzo settore, devono mirare a rendere i giovani protagonisti dei propri sogni, del proprio futuro e del futuro del nostro Paese”.
Emanuela Verzella (Pd) ha rilevato “la necessità di tenere in considerazione, nei progetti, due aspetti fondamentali: un adeguato supporto soprattutto alle realtà più isolate e a rischio marginalità e stimolare la presenza delle Consulte giovanili nella coprogettazione degli interventi”.

Prima della votazione del provvedimento il Consiglio ha approvato tre ordini del giorno. All’unanimità i due presentati rispettivamente da Valentina Cera (Avs) per impegnare la Giunta a istituire in tempi rapidi il Registro delle Associazioni giovanili piemontesi e da Giulia Marro (Avs) per impegnare la Giunta a valorizzare la partecipazione delle Consulte provinciali degli studenti, delle Consulte giovanili comunali e dei Consigli comunali dei ragazzi e delle ragazze. A maggioranza quello di Fabrizio Ricca (Lega) per impegnare la Giunta a sostenere la prosecuzione del progetto “Ogni giorno è il Giorno della Memoria” e dei progetti legati al Giorno del Ricordo mediante appositi bandi rivolti a enti locali e soggetti del Terzo settore.

Francesco a Ernesto Olivero: “Amici del Sermig, non stancatevi!”

8 gennaio 2023 – In 300 in rappresentanza del popolo del Sermig a Roma per raccontare a Papa Francesco la cinquantennale bellissima storia di un gruppo che continua alla grande nel mondo di oggi il grande lascito dei Santi Sociali piemontesi che si sporcarono le mani aiutando i poveri e i ragazzi senza scuola e senza da vivere.
Prima la Santa Messa celebrata in San Pietro poi tutti nella Sala Clementina a incontrare il Santo Padre accompagnati dai due Arcivescovi, Cesare Nosiglia e Roberto Repole.
I Ragazzi nelle  prime due file. Molte ragazze e signore, stile composto, nessuno sfoggio di eleganza  perché al Sermig ci si sporca le mani con le difficoltà sociali più pesanti. Ho avuto il privilegio di essere invitato da Ernesto Olivero insieme a  Monica  Canalis e all’ex assessore provinciale Campia e abbiamo così vissuto una emozione unica.
Poi si passa il Portone di Bronzo , scaloni grandi, cortile di S.Damaso sino alla bellissima Sala Clementina. Arriva il Papa e sembra stupirsi a vedere un gruppo così folto. Grande applauso. Il Papa da’ una carezza ai i bambini in prima fila.  Infine un emozionantissimo  Ernesto Olivero legge tre pagine, contro la pagina  consentita dal cerimoniale, la storia del Sermig e la sua grande attività nei confronti degli ultimi, dei senza tetto a Torino, in Giordania e a S. Paolo del  Brasile. Pensate come è bello per i disperati sapere che c’è un posto , come il Sermig, dove non si girano dall’altra parte e ti aprono le braccia e le porte 24 ore su 24 tutti i giorni tutto l’anno.
Il SantoPadre ha capito perfettamente lo spessore del servizio svolto dai ragazzi del Sermig, 24 ore su 24, con gli aiuti economici della gente comune . Sul 100 per cento dei fondi raccolti meno del 5% arriva da Banche e Istituzioni. Il SantoPadre capisce la genuinità e la grande generosità dei ragazzi del Sermig e risponde a tono chiedendo alla gente del Sermig di “non stancarsi mai”.  Ma il SantoPadre ha colto un secondo aspetto della vita del Sermig, l’aver trasformato l’Arsenale della Guerra in Arsenale della Pace è stato lo stimolo per Papa Francesco di chiedere ai Paesi in guerra di trasformare le azioni della guerra in azioni per la pace. Al termine dell’incontro  prima di salutarci  uno ad uno il Papa ci ha chiesto di pregare per lui.
Una giornata indimenticabile che rimarrà nei nostri cuori e che ci da’ la carica ad essere ancora più  attenti e attivi con i fratelli più sfortunati e emarginati.
E Torino sia più riconoscente con chi dedica la propria vita in tutto o in parte a favore dei più deboli.
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MINO GIACHINO

Atena Ferraris e la rivoluzione della diversità: sveglie, enigmi e ironia

TORINO TRA LE RIGHE

Per “Torino tra le righe” oggi vi parlo di un romanzo che mescola suspense e ironia, portandoci alla scoperta di un personaggio davvero fuori dal comune.
Con Le ventisette sveglie di Atena Ferraris, Alice Basso fa nuovamente centro. Dopo il successo delle serie dedicate alla ghostwriter Vani Sarca e alla dattilografa Anita Bo, l’autrice dà vita a un nuovo personaggio esilarante e originale che conquisterà senza dubbio i lettori. Non c’è da stupirsi: Alice Basso, con mezzo milione di copie vendute, si conferma una delle scrittrici più amate e apprezzate della scena letteraria italiana contemporanea.
Alice Basso, milanese di nascita, ha lavorato per diverse case editrici come redattrice, traduttrice e valutatrice di proposte editoriali. Quando non scrive, ama cimentarsi in passioni creative come il canto, il sassofono e il disegno. Confessa però di cucinare male e di guidare peggio, con l’ironia che la contraddistingue anche sulla pagina. Il suo percorso letterario è costellato di successi, tra cui la serie dedicata a Vani Sarca, iniziata con L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome (2015), e quella che vede protagonista Anita Bo, con titoli come Il morso della vipera (2020) e Il grido della rosa (2021).
Anche questa volta, Alice Basso dimostra una straordinaria capacità di coinvolgere il lettore fin dalle prime righe. L’incipit di Le ventisette sveglie di Atena Ferraris è potente e originale: “Mi chiamo Atena Ferraris e mi sa che non sono come gli altri, inutile girarci intorno.” Con queste parole, l’autrice ci introduce Atena Ferraris, un personaggio che non teme di mostrarsi in tutta la sua complessità.
Atena, trentenne torinese, è una donna straordinariamente bizzarra. Imbranata, scoordinata e goffa, Atena soffre di iperlessia, un disturbo che comporta una lettura compulsiva e una memoria sorprendente, e ha una passione per l’enigmistica che la rende unica. La sua vita è scandita da ventisette sveglie quotidiane, che regolano ogni aspetto della sua giornata: lavoro, appuntamenti, la telefonata quotidiana al fratello Febo, il momento di riposare, mangiare e persino pensare. Questi allarmi costanti sono fondamentali per lei, senza i quali perderebbe facilmente il filo delle sue giornate, divagando, spinta dalla curiosità e dall’insaziabile sete di novità.
Atena trova conforto nella sua rivista di enigmistica, una “bolla” di ordine e logica che le permette di rifugiarsi da un mondo spesso imprevedibile e caotico. Odia le sorprese e vive secondo regole ben definite, dove ogni enigma conduce a una soluzione unica, rassicurante, immutabile. La sua enciclopedica conoscenza e il suo modo diretto di comunicare la rendono una sfida continua per chiunque dialoghi con lei, creando situazioni tanto comiche quanto imbarazzanti.
Accanto ad Atena, il romanzo introduce una serie di personaggi vivaci e imprevedibili, come suo fratello Febo, costantemente coinvolto in avventure bizzarre, e un gruppo di amici della scuola di magia da lui frequentata: Jacopo, Gemma, Marina e il Prof. Gluck. Saranno loro a trascinare Atena in una gradevole e simpatica avventura in stile giallo, dove il cozy crime si mescola a situazioni esilaranti e battute sagaci.
Con Le ventisette sveglie di Atena Ferraris, Alice Basso regala ai lettori un racconto divertente e intelligente che affronta anche temi importanti, come la diversità e l’accettazione di sé. La narrazione in prima persona, ricca di citazioni culturali italiane, giochi di parole e riferimenti letterari e scientifici rende il romanzo non solo un piacere da leggere, ma anche un brillante esercizio di intelligenza.
Alice Basso si conferma una maestra nel mescolare ironia, cultura e profondità emotiva. Le ventisette sveglie di Atena Ferraris è una lettura imperdibile per chi cerca divertimento, riflessione e un personaggio indimenticabile.
MARZIA ESTINI
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