ilTorinese

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

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SOMMARIO: I professori gabbati e difesi dalla CGIL – Giù le mani dalla Lancia – La vivandiera delle Br – Lettere

I professori gabbati e difesi dalla CGIL
È stato finalmente firmato il contratto collettivo di lavoro per i docenti con aumenti poco significativi e in ritardo di un triennio. Chiuso il contratto, si dovrebbero subito riaprire altre trattative. Hanno firmato tutti, salvo la CGIL. Snal e Gilda si sono allineati a UIL e CIsl, tradendo il sindacato autonomo. I professori non sono mai stati nelle corde dei sindacati confederali che sono sempre partiti dal fatto che i docenti non lavorano. Fu la CGIL a chiedere 36 ore per i docenti come per gli impiegati, senza neppure capire cosa significhi insegnare, un mestiere atipico e non confrontabile con quello di un impiegato. La CGIL volle anche la bollatrice per i professori per equipararli ai bidelli, promossi ad operatori scolastici. Ebbene, questa volta è la CGIL di Landini a non firmare il contratto che certo non è entusiasmante. I docenti sono considerati a destra degli irrecuperabili sinistroidi, una vera enclave di faziosità.
In parte è così, ma mettersi contro i docenti non è una politica giusta ,capace di guardare al futuro. Molti docenti – pensiamo ai fanatici proPal – sono intollerabili, ma non costituiscono la totalità della categoria. Solo quando i professori di rifiutarono per mesi di svolgere gli scrutini, ottennero un trattamento decoroso degno del loro ruolo professionale. Era  ministro della Funzione pubblica l’andreottiano Pomicino che dovette cedere ai docenti per una volta uniti, malgrado la fronda dei presidi della CGIL. Eravamo alla fine del secolo scorso. Poi la CGIL prese il sopravvento, avendo anche ministri alla PI  comunisti come Berlinguer  e De Mauro e  che fecero il bello e il cattivo tempo alla Minerva, esercitò un’egemonia soffocante nella e  sulla scuola di ogni ordine e grado, esclusa l’ Università di cui si occuparono  direttamente  il partito, le sue cellule, i diversi compagni professori che fecero terra bruciata del dissenso. Adesso che la CGIL  non firmi il contratto è un fatto nuovo e contraddittorio perché quel sindacato è stato la rovina della classe docente italiana.
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Giù le mani dalla Lancia
Ho letto che Stellantis cerca di mettere,  a livello museale, le mani sulle auto Lancia che non ha mai prodotto perché ai vertici  c’era il grande Vincenzo Lancia, non un battilastra qualsiasi. E’ incredibile. Aprilia, Ardea, Aurelia, Appia, Flaminia  sono auto prodotte quando la Lancia era una temibile concorrente di  Fiat che faceva  orribili Topolino e Mille cento. Mio padre, finché le Lancia non passarono nelle mani della Fiat, ebbe sempre quelle macchine che erano anche un segno di distinzione.
Quando volle portarmi a inaugurare l’Aurelia, mi portò al famoso ristorante “il Muletto “ in corso Casale. Al parco Michelotti era in corso la festa del’ “Unità “All’ uscita dal locale si trovò il cofano rigato e con una sigaretta accesa che ne compromise la vernice. Vedere auto Lancia dava fastidio anche agli operai dell’Avvocato impegnati a cuocere salamelle. Io comprai solo una Lancia  Prisma ormai costruita da Fiat. Una macchina maledetta. Dovettero sostituirgli il motore dopo due mesi perché l’olio circolava male e dopo due fermi, uno dei quali in autostrada e un altro nella salita di Superga, la vendetti. La vendetti di corsa e comprai una BMW che non mi diede mai il più piccolo problema. Stellantis non metta le mani sul passato Lancia. Persino il figlio di Vincenzo Lancia, trasferito all’estero a fare la bella vita,  fu tutto sommato meglio di certi successori dell’avvocato perché non pretese di fare l’imprenditore e non vendette a stranieri.
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La vivandiera delle Br
E ‘ morta la vivandiera delle Br che portava il cibo nel carcere di Moro e che freddò il prof. Bachelet. Non la nomino neppure, ma credo di dover dire con fermezza che i giornali non debbono dedicare una pagina intera ad una persona spregevole che non merita la minima attenzione.
Il figlio di Bachelet come il figlio del Commissario Calabresi, l’ha perdonata. Io resto dell’idea del mio amico Massimo Coco che ebbe il padre magistrato ucciso delle Br e che non ha mai perdonato agli assassini. Quello è un passato che non passa e chi scrive sui giornali dovrebbe almeno andarci più cauto.
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
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Iniziative culturali “fuori casa”
L’assessore Purchia è un assessore alla cultura forse simile  al faziosissimo maestro elementare Balmas, che seguiva le regole di partito per sostenere solo iniziative legate ai partiti di maggioranza? Non risponde neppure alle lettere. Quasi fosse una funzionaria  di partito messa a vigilare davanti a un bidone di benzina. Adesso segnala una proposta di finanziamento della Fondazione San Paolo che riguarda “iniziative culturali  fuori casa e  fuori dai luoghi convenzionali,  diversificando la base sociale e favorendo un maggior accesso per tutte e tutti“( sic!) Cosa significa?   Ettore Vincenzi
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Cosa significhi non so.  La cosa mi puzza. Con me è in debito, dopo due colloqui, di una risposta che non è mai venuta. Silvia Croce che la conosceva al “San Carlo” di Napoli, mi mise in guardia su questa “stakanovista prestata alla cultura”.  Mi sembra una follia da parte del San Paolo finanziare chi fa iniziative fuori delle sedi deputate  e non finanziare neppure con un centesimo chi svolge con regolarità e successo manifestazioni frequentate, oggetto di facile riscontro. L’eredità del presidente – rettore e ministro e quant’altro prof.   Profumo e di certi “scagnozzi” del Polo del 900 è rimasta viva. Forse sono io che non capisco, ma in compenso ricordo la loro faziosità inutile e offensiva.
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Emanuele Filiberto e il Principe Aimone
Sono un ragazzo di 17 anni che ama profondamente la storia del proprio paese e ne vede in Casa Savoia la protagonista. Ho letto con attenzione il commento che il Professor Pier Franco Quaglieni ha rilasciato su iltorinese.it riguardo il Principe Emanuele Filiberto di Savoia e il Principe Aimone e non posso essere d’accordo con quanto ha scritto. Cosa c’è di male nell’essere cordiale con degli inviati di Striscia la Notizia? Trovo anzi che la confidenza che Emanuele Filiberto ha con le persone sia meravigliosa perché le fa sentire subito a loro agio, senza ergersi su un piedistallo solo perché portatore di un cognome importante. Dovrebbe essere diffidente? Snobbare? Anche in quel caso ci sarebbero critiche. Emanuele Filiberto guida gli Ordini Dinastici, visita ogni anno venti tra le loro delegazioni, sia italiane che estere, che, grazie alla loro associazione raccolgono ogni anno un milione di euro per progetti di beneficenza. È molto impegnato anche con i giovani, visitando scuole e parlandoci vis-à-vi per raccontare la sua storia, quella della sua famiglia e, soprattutto, avendo creato un gruppo giovanile molto affiatato all’interno dei suoi Ordini. Non scordiamoci che è anche Presidente Onorario dell’Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon, partecipandovi a tutte le manifestazioni ed è considerato da tutti il Capo della Real Casa. Con tutto il rispetto per Aimone, ma sembra che pubblicamente sia poco partecipativo, se non comparendo in qualche foto ogni tanto con le forze dell’ordine. Questo certamente non è un male, ma se si vuole far conoscere la storia italiana e tramandare quella di Casa Savoia, beh, forse è la strategia sbagliata. Ciò non deve andare certamente a penalizzare Emanuele Filiberto che invece fa tutto il possibile per essere presente e tramandare la storia del suo retaggio. Emanuele Filiberto non è potuto nascere e crescere in Italia, non ha potuto neanche prestarvi il servizio militare, richiesto esplicitamente dal padre per fargli servire il proprio paese. Dunque il fatto che, invece di rimanere chiuso nella “bolla dell’alta società”, abbia scelto di stare con le persone, conoscerle, aiutarle ed essere presente quanto possibile per l’Italia, non è solo un qualcosa che reputo meraviglioso, ma anche un grande motivo d’orgoglio. Quanto al fatto dei gossip, raccontare delle proprie situazioni sentimentali non dovrebbe essere certamente motivo di vergona o imbarazzo ma anzi, rivela la propria umanità. Motivo di imbarazzo dovrebbe essere invece, a parer mio, cercare di screditare qualcuno su questo argomento in favore di qualcun altro che invece appare di rado sulla scena. Per tutte queste motivazioni rispetto le opinioni del Professor Quaglieni ma non posso condividerle.   Mattia Novelli
Quaglieni e re Umberto II
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Ringrazio il giovane Novelli di cui ammiro l’entusiasmo e la pacatezza. Io alla sua età avevo solo l’entusiasmo. Le cose che scrive sono condivisibili. Io mi sono limitato a commentare due interviste giornalistiche. Il Principe ereditario Emanuele Filiberto l’ho conosciuto sia pure superficialmente in più occasioni, il Duca d’Aosta non l’ho mai incontrato, mentre conobbi suo Padre. Resto da sempre dell’idea che il passaggio della Corona al ramo Aosta sia qualcosa di  illegittimo e  di forzato, come ho avuto in più occasioni modo di esprimere. Io che all’età di Novelli conobbi Umberto II a Cascais, non posso che essere lieto che oggi esistano dei giovani intelligenti e colti che amano la Patria. Per alcuni è retorica, per me no.
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Torino come Vienna
Ho letto che l’assessore all’Urbanistica Mazzoleni vede come città modello di riferimento di Torino, Vienna. Che senso ha questa scelta? A me sembra assurda  e del tutto infondata.  Bruna Actis
Non so il perché di questa scelta di Vienna dove sono vissuto qualche tempo nella mia giovinezza e sono tornato molte volte. E’ quindi una città che conosco bene. Non vedo dei riferimenti validi per Torino. A Vienna esiste da tempo immemorabile una metropolitana molto funzionale che Torino si sogna. Vienna capitale asburgica distacca di molto Torino capitale sabauda, ma soprattutto è molto lontana dalla Torino attuale in decrescita infelice. Questa è una città di camerieri e di osti che ha perso il valore dell’impresa. Vienna ha un’attrattiva non comparabile. Qui dobbiamo adattarci al piccolo gioco senza futuro, alla rincorsa di emigratati per rimpolpare il numero degli abitanti caduto ad 850 mila. Si è realizzato il sogno sinistro di Diego Novelli che voleva che la città andasse sotto il milione di abitanti. Tra l’altro Vienna è invece oltre i 2 milioni di abitanti.

L’autunno di Alberto Marchetti propone quattro novità

 

La robiola di Cocconato, l’uva fragola, lo Zabasù e la panna cotta

Con l’arrivo dell’autunno, cresce la voglia di sapori morbidi e rassicuranti: Alberto Marchetti ha scelto di accompagnare questo periodo dell’anno con due gelati al gusto di uva fragola e robiola di Cocconato, che celebrano la semplicità dei prodotti stagionali, che non hanno stagionalità e possono essere vissuti tutto l’anno. Accanto a nuovi gusti, Marchetti ha preparato altre due golose novità, lo Zabasù e panna cotta. Due dolci che rappresentano una coccola autentica e preparata a regola d’arte. Con il suo sguardo appassionato verso il territorio, Marchetti per questo autunno ha voluto dar spazio alla qualità delle materie prime e la semplicità degli ingredienti, convinto che un buon gelato nasca da pochi elementi, ma perfetti. Ogni novità è un racconto del Piemonte, di artigianalità e di gusto puro. Un gelato che è un vero omaggio a un borgo del Piemonte, e che Alberto Marchetti ama, Cocconato, in provincia di Asti, è quello alla robiola di Cocconato. Formaggio “pat”, dal sapore delicato e leggermente acidulo, che si trasforma in una crema vellutata, elegante e avvolgente, capace di raccontare la storia e le tradizioni di un territorio antico. Ogni cucchiaio è un viaggio tra le colline tra profumi di erbe e latte appena lavorato, un’esperienza che unisce semplicità e raffinatezza. L’uva fragola, dolce, aromatica, sorprendentemente intensa, diventa protagonista di un gelato che parla da sé. I sentori di fragola e uva fresca si intrecciano in armonia. Un gusto che evoca vigneti soleggiati e il lento scorrere dell’autunno in ogni assaggio. Zabasù, rivisitazione del classico italiano tiramisù, è interpretato da Marchetti come dolce a cucchiaio. Uova da galline allevate a terra, montate a mano, mascarpone fresco, zucchero e caffè espresso si fondono in una crema vellutata e avvolgente. I savoiardi, provenienti dal prestigioso biscottificio Giovanni Moro, di Fonni, e lavorati secondo una ricetta tramandata da tre generazioni, aggiungono una nota fragrante e armoniosa, completando un dessert elegante e autentico. Ogni cucchiaio è un minuto di piacere puro. Per questa stagione autunnale, Alberto Marchetti presenta la novità Zabasù, dove il tiramisù incontra lo zabaione, creando un dolce al cucchiaio ancora più ricco e seducente. Il dolce al cucchiaio preferito da Marchetti è la panna cotta al caramello, una ricetta che incarna la filosofia della bontà autentica: panna fresca, zucchero, latte e un caramello dorato che avvolge ogni assaggio di note calde e leggermente tostate. La panna cotta al caramello è un inno alla tradizione piemontese, resa attuale da una consistenza perfettamente liscia e da un equilibrio raffinato tra dolcezza e intensità. Naturale, senza glutine, è pensata per tutti gli amanti dei sapori genuini. Un classico della pasticceria piemontese.

Mara Martellotta

Studenti, boom di adesioni per la tessera trasporti gratuita

Superata la quota di 60.000 adesioni alla tessera «Piemove: Piemonte, viaggia, studia», l’iniziativa che consente agli studenti universitari under 26 di effettuare gratuitamente viaggi illimitati su tutta la rete urbana di Torino, Alessandria, Asti, Biella, Cuneo, Novara, Vercelli e, nelle ultime settimane, anche di Verbania.

La misura è finanziata dalla Regione Piemonte con oltre 37 milioni di euro tra risorse proprie e del Ministero dell’Ambiente, con il contributo di Politecnico di Torino, Università di Torino, Università del Piemonte orientale, Compagnia di San Paolo e Fondazione CRT.

In tutto sono 60.503, al momento, le adesioni a Piemove sulla piattaforma. A trainare sono gli studenti dell’Università di Torino con 38.553 adesioni, seguiti da quelli del Politecnico di Torino con 19.291 e dell’Università del Piemonte Orientale, che ne ha registrate finora 2.659.

«Questi numeri in continuo aumento confermano che Piemove funziona e che abbiamo compiuto un’operazione innovativa, la prima di questo tipo in Italia, davvero capace di saldare insieme diritto allo studio, politiche giovanili e tutela dell’ambiente – evidenzia il presidente della Regione Alberto Cirio, con il vicepresidente con delega al Diritto allo studio universitario Elena Chiorino e gli assessori ai Trasporti Marco Gabusi e all’Ambiente Matteo Marnati – Con Piemove, il Piemonte e i suoi atenei diventano sempre di più attrattivi e accoglienti per chi li sceglie per il proprio percorso accademico e formativo. Unendo mobilità sostenibile, diritto allo studio e tutela ambientale la misura guarda al futuro, perché spinge i più giovani a scegliere il trasporto pubblico per i propri spostamenti in città».

La rettrice dell’Università di Torino, Cristina Prandi, quello del Politecnico Stefano Corgnati e il rettore dell’Università del Piemonte Orientale Menico Rizzi ribadiscono che Piemove è «uno strumento concreto per agevolare gli spostamenti e ridurre l’impatto ambientale, unendo università, istituzioni e studenti in un progetto comune che oggi conferma un indice di gradimento molto alto da parte degli studenti».

A questi obiettivi contribuisce in modo determinante anche il sostegno delle Fondazioni bancarie. Il presidente della Compagnia di San Paolo, Marco Gilli, sottolinea come «Piemove rappresenti un esempio virtuoso di cooperazione tra istituzioni, università e sistema filantropico riuscito a fare breccia nei ragazzi, che hanno risposto positivamente cogliendo un’opportunità importante che mette insieme il diritto ad una mobilità sostenibile dal punto di vista economico e ambientale e il diritto a studiare negli atenei piemontesi».

La presidente della Fondazione CRT, Anna Maria Poggi, sottolinea che «Piemove rappresenta un segno tangibile di attenzione verso la sostenibilità, la coesione e la responsabilità condivisa e la crescita costante delle adesioni conferma la forza di questa visione comune tra Regione, Atenei e popolazione studentesca: costruire insieme un territorio più accessibile, più equo e più aperto al mondo».

Le adesioni

Le adesioni arrivano da ogni angolo del Piemonte. In particolare, 30.565 quelle di chi vive a Torino e provincia, di cui 23.485 da studenti iscritti a UniTo, 6.663 da studenti PoliTo e 417 da ragazzi iscritti all’Università del Piemonte orientale.

Dal Cuneese sono arrivate 4.344 adesioni, di cui 3.578 da iscritti a UniTo, 720 da iscritti a PoliTo e 46 da iscritti a UPO.

Dall’Astigiano sono giunte 1.621 adesioni, di cui 1.228 da iscritti a UniTo, 256 da iscritti a PoliTo, 137 da iscritti UPO.

Dall’Alessandrino ne sono pervenute 1.350, di cui 683 da iscritti a UniTo, 276 da iscritti a PoliTo e 391 da iscritti UPO.

Dal Biellese ne sono state inviate 1.067, di cui 716 da iscritti UniTo, 163 da iscritti PoliTo, 188 da iscritti UPO.

Dal Novarese le adesioni sono 1.042: qui a trainare le richieste di studente dell’Università del Piemonte orientale, 704, seguite da 266 adesione di studenti iscritti a UniTo e 72 da iscritti a PoliTo.

Dal Vercellese sono arrivate 802 adesioni, di cui 457 da iscritti a UniTo, 112 da iscritti a PoliTo, 233 da iscritti UPO.

Dal Verbano Cusio Ossola, infine, ne sono state inoltrate 192, di cui 112 da iscritti UniTo, 22 da iscritti PoliTo, 58 da iscritti UPO.

A conferma della capacità di attrazione delle università regionali per gli studenti di altre zone d’Italia, sono significativi anche i numeri delle richieste in arrivo da fuori Piemonte: spiccano le province di Lecce (720), Aosta (629), Imperia (589), Ragusa (567), Savona (528), Milano (423) e Trapani (406).

Continuano poi a crescere le adesioni degli studenti internazionali che non posseggono carta d’identità elettronica o Spid, a cui è dedicato un percorso specifico sulla piattaforma https://bip.piemonte.it Ad oggi sono 3.700.

Caricamento e spedizione delle tessere

Come è noto Piemove può essere caricato su una carta Bip, qualora già in possesso degli studenti: finora questa possibilità è stata utilizzata da 38.009 ragazzi.

Sono invece 18.636 le tessere Piemove spedite a casa. Questo il dettaglio per provincia: 11.154 Torino, 1.711 Cuneo, 866 Asti, 766 Alessandria, 735 Novara, 503 Biella, 418 Vercelli, 102 Verbano Cusio Ossola.

Da segnalare anche 433 tessere inviate a domicili indicati in Liguria (178 Savona, 153 Imperia, 102 Genova), 273 in provincia di Aosta, 254 in provincia di Milano.

Da gennaio coinvolti anche Conservatori e Accademie

In queste settimane la Regione sta proseguendo i colloqui con i Conservatori, le Accademie e altre realtà accademiche che hanno sede nei Comuni capoluogo e che hanno manifestato la volontà di aderire a Piemove, in modo da offrire pari opportunità a tutti gli studenti che scelgono il Piemonte per il proprio percorso di formazione. A breve saranno stipulati i relativi protocolli in modo che i loro studenti possano usufruire della misura da gennaio 2026.

Vento sul lago e onde vagabonde

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A volte, di notte, soffiava un vento che lustrava le stelle e rendeva il cielo talmente chiaro e nitido che ogni cosa prendeva forma anche col buio. I contorni delle barche che dondolavano all’ormeggio, i pali scuri degli attracchi dei battelli della navigazione governativa, i pontili ed i moli lasciavano dietro di sé delle ombre lunghe.

 

Si vedevano bene i profili delle montagne e bastava andare un po’ in alto, sulla scalinata della chiesa, che si potevano distinguere le alpi svizzere. E l’altra sponda? Un gioco di luci a rincorrersi sul lungolago tra Suna e Pallanza fino alla punta della Castagnola, dove la riva ridiventava scura e si poteva solo intuire che c’era Intra, nascosta dietro la curva dell’Eden. Verso Laveno e Santa Caterina del Sasso altre luci, altre strade, altre case e altra gente. Lì, sulla sponda lombarda, avrebbero potuto quasi intravedermi se qualcuno, puntando un cannocchiale con delle buone lenti d’ingrandimento, si fosse preso la briga di curiosare verso l’imbarcadero di Baveno.  Avrebbe visto una figura, un’ombra seduta lì, sulla panchina dal verde un po’ corroso dal tempo, intenta ad ascoltare il rumore della risacca. A dire il vero, per me, più che un rumore è un suono, quasi un sottofondo musicale. Il ritmare dell’onda che s’infrange, che si ritira per far posto all’altra, apprestandosi a compiere lo stesso gesto secondo il moto dell’acqua e la direzione del vento. E’ come una musica che calmava i nervi, distende l’animo. “ Ecco, vardala lì. A l’è l’acqua stràca. L’acqua che sciùscia i remi dì barch, che la carezza suta al ventar ogni barca e sura la cràpa ogni sàss”, mi diceva il mio amico Angelo Branca, vecchio lupo di lago, commentando le onde che, ormai deboli e provate, s’arrestavano sui muri del vecchio molo. L’ Angiolino, nato e cresciuto sull’isola Pescatori, aveva ormai affidato la sua vecchiaia alla terraferma. Ma non mancava mai, nelle notti di luna buona, di farmi compagnia all’imbarcadero. Insieme guardavamo l’acqua scura, ascoltandone il mormorio. Sembrava quasi lo sgranarsi di un rosario sottovoce. Ogni tanto, quasi a rompere quel ritmo dondolante, arrivava un onda solitaria, più decisa. “ E’ l’onda vagabonda. Ascoltala bene, amico mio. Ogni tanto arriva. Così, di colpo, senza preavviso. E’ diversa dalle altre: a l’é l’acqua che scàpa e che la turna indrèe . A l’è cùma una lèngua che ta diss che l’aria la cambia”. E, infatti,  l’aria cambiava e s’alzava un vento tiepido che muoveva le onde con più decisione. Era l’effetto dei venti di föhn che, scendendo dalle Alpi, asciugavano e riscaldavano l’aria, facendo assaggiare i primi scampoli di primavera. “Ma, attenzione”, ricordava Angiolino. “Non facciamoci fregare. Quest’aria prima è dolce e dopo à ta càgna i vestìi, perché dal Mottarone s’incanala giù anche un venticello che risente ancora dell’ultima neve e che ti legna facendo finta d’accarezzarti. Vedi come fa increspare l’acqua del lago, verso l’isola?”. Parole piene di saggezza. Infatti, passate le prime leggere folat, l’aria diventava più brusca e veniva spontaneo tirarsi su il bavero della giacca per poi infilarsi le mani nelle tasche. Così, salutato il lago e lasciate alle spalle le imbarcazioni dondolanti tra le onde, ci incamminavamo verso la piazza del Municipio. L’Angiolino canticchiava una canzone che aveva imparato alla radio. Gli piaceva perché, diceva “ è fatta giusta per notti come queste, quando il vento porta in giro l’odore del lago”. E attaccava, data l’ora, sottovoce: “Vent cunt’el pàss balòss, quell che vorì mia tiram via da dòss. Slàrga al fiaa e bùfa in giir i stell, lassa al tò disegn in su la mia pell…”. Era tempo d’andare a casa. E la luna si stagliava più lucente che mai nel cielo nitido e trapuntato di stelle.

Marco Travaglini

Torna allo Stella Café il quinto appuntamento di Intrecci Sonori

Giovedì 13 novembre prossimo torna allo Stella Café, la caffetteria della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, il quinto appuntamento di Intrecci Sonori, una rassegna curata da Siah e da Enrica Fenoglio. Un appuntamento che unisce musica a elettronica e arti visive, trasformando lo spazio in un paesaggio sonoro e unendo idealmente gli spazi dello Stella Café con quelli espositivi della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Protagonisti della serata, durante la quale lo Stella Café proporrà uno speciale servizio di cocktail bar fino alle 23, e di tapas fino alle 22, saranno i Distorted Planet, con una performance che fonde il violino con elementi elettronici. A completare il viaggio sonoro saranno gli artisti e producer Ba§ic e Namera. Durante la serata, a partire dalle ore 20, la galleria della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo sarà aperta gratuitamente al pubblico, con la possibilità di visitare le mostre in corso, che sono “Portrait” di Angharad Williams e “News from the near future”, per celebrare i trent’anni della Fondazione. Il quinto appuntamento di Intrecci Sonori si inserisce al termine di una giornata speciale alla FSRR, quella in cui il Dipartimento Educativo della Fondazione presenta, insieme all’Associazione Volon Wright e al Disability Film Festival , il ciclo di incontri “Enjoy the difference”, dedicato al linguaggio, ai significati e agli immagini legati al tema della differenza. Si tratta di un invito a pensare e dialogare senza etichette, come è capace di fare l’arte, visiva o performativa che sia, e come dimostra Intrecci Sonori, che amplia il significato degli spazi di Stella Café e della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo con i luoghi di relazione ed esperienza condivisa.

Mara Martellotta

Derby della Mole senza reti: Juve e Torino si annullano allo Stadium

Undicesima giornata serie A
Juventus -Torino 0-0

 

Finisce senza gol il derby della Mole allo Stadium, con Juventus e Torino che si dividono la posta in palio dopo novanta minuti combattuti e intensi.
Avvio energico dei bianconeri, che provano subito a mettere pressione alla retroguardia granata con Vlahovic e Thuram, ma Paleari si fa trovare pronto. Dall’altra parte, Simeone ha la chance per sorprendere Di Gregorio e trova anche il gol, annullato per fuorigioco.
Nel finale di primo tempo Conceição sfiora il vantaggio con un tiro a giro, mentre nella ripresa la Juve alza i ritmi: Adams chiama Di Gregorio a un grande intervento, e McKennie, nel finale, trova ancora Paleari decisivo.
Il Toro, solido e concreto, ha anche avuto le occasioni per vincerla, ma alla fine lo 0-0 premia l’equilibrio e lascia tutto com’era nella sfida cittadina.

Enzo Grassano

Un errore censurare D’Orsi: se le idee discordano, le idee crescono

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

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Sembra quasi un fatto di cannibalismo in famiglia perché il Polo del ‘900 è  da sempre settario a senso unico verso le idee liberali, moderate, considerate in modo censorio di destra. Il divieto a tenere una conferenza al Polo del ‘900 ha scatenato quindi  la giusta ira di Angelo d’Orsi, esponente di rango della cultura marxista e gramsciana torinese e candidato sindaco della estrema sinistra contro Lo Russo. D’Orsi è un militante di estrema sinistra coerente con sé stesso: la sua coerenza lo porta spesso all’intolleranza, ma per il professore il liberalismo è proprio  un’eresia impraticabile e forse… intollerabile. Gli hanno annullato la conferenza perché accusato di essere un  filoputiniano. Avrebbe dovuto presentare un libro sulla Russofilia. Il divieto appare del tutto immotivato perché il professore ha tutti i titoli per essere di casa al Polo. Io sono almeno 10 anni che non vengo invitato a parlare al Polo e me ne sono fatta una ragione. Ma d’Orsi ha  ragione da vendere per lamentarsi: è un compagno obbediente, un militante e financo un attivista. Non l’ho più seguito, ma penso che negli ultimi tempi si sia immolato per la Palestina e abbia criticato aspramente Israele, come è di norma tra i veri comunisti da sempre, perché a perseguitare e deportare gli ebrei fu  ci fu anche Stalin e non solo. Chiedo che diano la parola al professore, altrimenti gli offro piena e totale l’ospitalità al Centro Pannunzio dove venne una sola volta  25 anni fa a ricordare Massimo Mila che, in verità, fu solo un compagno strada. E ovviamente potrà dire tutto ciò che vuole, in assoluta libertà. Perché il Centro Pannunzio è una libera agorà  aperta a tutti i dissensi e a tutte le eresie. Anzi , le idee di d’Orsi non sono eresie, sono semplicemente  idee che vanno rispettate. Meglio, diceva Gobetti, se le idee discordano perché così crescono le idee. Un Gobetti un po’ ostico per il professore e adesso anche un po’ scomodo  per il Polo che ospita il settario centro Gobetti  e tende a distinguersi, nel caso di equivoci, con il defunto Polo delle libertà.
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Foto Facebook Angelo D’Orsi

Teli climatici sul monumento a Cavour

Questa mattina Extinction Rebellion ha ricoperto la statua di Camillo Cavour in piazza Carlina, con teli termici e grandi cartelli che recitano “Tassare i ricchi, fermare il collasso climatico”. Alla vigilia della COP30 a Belem, in Brasile, il movimento denuncia “le responsabilità dei super-ricchi nell’aggravarsi della crisi climatica e il sostegno politico e fiscale che Governo e Regione continuano a offrire a chi inquina di più”. Quegli stessi teli che vengono solitamente utilizzati per soccorrere la popolazione in seguito a eventi catastrofici, come le alluvioni, o durante i soccorsi in mare, afferma Extinction Rebellion “vengono posti sul monumento simbolo dell’Italia unita, laica e costruita sul diritto. Un’Italia tradita da chi ora la governa, a livello nazionale e locale, dove a pagare sono le persone e le popolazioni più fragili e più esposte a inquinamento e disastri climatici”.