ilTorinese

Finisce in manette per aver rubato tre biciclette

 

29 novembre: nel corso della nottata, i Carabinieri del nucleo radiomobile del comando provinciale di Torino hanno arrestato un 44enne senza fissa dimora, noto alla polizia, sorpreso nei pressi di via Cellini (borgo san Salvario) mentre tentava di fuggire a seguito di un furto.
I militari operanti hanno recuperato la refurtiva (3 biciclette e materiale da lavoro) che l’uomo aveva appena rubato da un garage in quella via, dopo averne forzato la saracinesca.
Il presunto autore è stato arrestato in quanto gravemente indiziato del reato di “furto aggravato” e tradotto in carcere presso la locale casa circondariale.

Arturo, fascista pentito

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Le discussioni con Arturo, fascista tutto d’un pezzo, erano spesso animate e a volte molto dure. Lui era convinto della bontà delle scelte del Duce, entusiasta del regime e profondamente legato alla politica nazionale e autarchica. Non era mai stato un violento anche se non ammetteva nessun tipo di errore per quanto veniva imposto in quegli anni ed era pronto a giustificare quasi tutto. Quasi perché su un punto s’incrinavano le sue certezze: chi non la pensava come i fascisti andava convinto, ragionando con tutta la passione necessaria ma mai si doveva usare la violenza. Le squadracce e le loro bravate, non godevano del suo plauso. S’arrabbiava, diventavano rosso in volto. Tutta quella violenza, le botte e le bevute d’olio di ricino imposte ai dissidenti, andavano non solo criticate ma anche condannate. Arturo sosteneva che il vero fascismo non fosse quello. La rivoluzione sociale non poteva degenerare e il riscatto del popolo non doveva affermarsi con imposizioni e discriminazioni. Le nostre discussioni, all’osteria davanti all’imbarcadero di questo piccolo paese sul lago Maggiore, assumevano toni molto forti ma non degeneravano mai in uno scontro vero e proprio. Arturo portava rispetto per chi non condivideva il suo punto di vista e concludeva i suoi ragionamenti con una frase precisa, sempre la stessa: “Sei più testardo di un mulo e non vuoi vedere più in là del tuo naso. Ti convincerai che le cose andranno per il verso giusto. E chi sgarra, come questi matti che interpretano le direttive del partito con arroganza e violenza, pagherà per i suoi torti”. In realtà era lui, povero Arturo, a non persuadersi di ciò che stava accadendo attorno a noi, al clima sempre più pesante e opprimente, alla paura che induceva al silenzio, al clima di sospetto. Eravamo agli inizi ma già si intuiva che le cose sarebbero peggiorate, che il regime avrebbe mostrato il suo volto peggiore anche nei piccoli centri, nella provincia più profonda. Ogni dissenso era considerato tradimento, e come tale andava represso. Arturo se ne andò una mattina. Aveva trovato un impiego dalle parti di Castellanza come contabile in una manifattura tessile. Sembrava invecchiato precocemente. Parlava poco, non mostrava più l’ardore di un tempo. Qualcuno disse che un giorno, sul finire del 1938, ebbe uno scontro durissimo con alcune camicie nere che avevano prelevato dalla fabbrica due giovani operai accusandoli di essere ebrei e che, come tali, dovevano essere allontanati dalla produzione. Arturo li difese, gridando che il fascismo era nato per difendere il popolo e i lavoratori, che nessuno doveva essere discriminato, che quei metodi gli facevano schifo, ribrezzo. Venne malmenato e, una settimana più tardi, licenziato dalla direzione del cotonificio. Tornò da sua zia, l’unica parente che gli era rimasta dopo la morte, avvenuta molti anni prima, dei genitori. Era avvilito, provato. Mangiava poco e vagava a lungo, senza meta, tra i boschi e lungo le rive del lago. Un giorno sparì. E di lui non si seppe più nulla. Solo dopo la liberazione, venimmo a conoscenza della sua morte. La delusione profonda verso il tradimento dei suoi ideali l’aveva portato ad aggregarsi ad un gruppo di partigiani del varesotto e, durante un rastrellamento, era stato catturato e fucilato dai suoi ex camerati. Ci dissero che non aveva armi per sua precisa scelta: la violenza gli faceva orrore e si occupava solo di tutto ciò che poteva consentire alla banda di resistere tra quei monti, dal recupero del vettovagliamento alla logistica. Morì senza aver mai sparato un colpo. Vittima di quel regime che gli aveva acceso in cuore una speranza per poi spegnerla con l’arbitrio e la violenza.

Marco Travaglini

Ambrogio (Fdi): “scontri violenti con la polizia: la misura è colma”

SCIOPERO GENERALE RIDOTTO A SOLITA GUERRIGLIA ANTAGONISTA

 

“Pugni, calci, uova, torce di segnalazione, aste di bandiere e fumogeni scagliati contro le Forze dell’Ordine dai Pro Pal che, già in mattinata, avevano preso parte al corteo dei sindacati per lo sciopero generale. Tutto ciò è semplicemente intollerabile, la misura è colma. Ho sempre massimo rispetto per gli scioperi e per il dissenso democratico, ma qui siamo di fronte a uno sciopero generale permeato dall’odio e dall’antisemitismo, ridotto alla solita guerriglia antagonista e alla lotta armata tanto cara ai centri sociali”. Ad affermarlo Paola Ambrogio, Senatore di Fratelli d’Italia.

“Penso – continua la Ambrogio – che gli stessi sindacati dovrebbero condannare l’accaduto e prendere le distanze da certe dinamiche, ma il fatto che i centri sociali, ora travestiti da Pro Pal, abbiano sfilato per ore al loro fianco senza che nessuno battesse ciglio, mi porta a dire che, con ogni probabilità, ciò non avverrà. E’ un grande peccato che il lavoro e i lavoratori vengano immolati dalla sinistra sull’altare della strumentalizzazione politica, tutto viene fatto contro il Governo e contro la premier Meloni, della sostanza e dei temi sociali manco l’ombra”.

Allo sciopero anche gli antagonisti: agenti feriti. Università e Porta Susa occupate dai precari

I sindacati Cgil e Uil hanno manifestato  a Torino  contro la precarietà, i tagli alla spesa e le liste d’attesa infinite  in sanità.

Il corteo svoltosi pacificamente ha avuto un epilogo violento alla stazione di Porta Nuova  dove si sono verificati scontri tra gli agenti di polizia e gli antagonisti. La stazione di Porta Suda è stata occupata per mezz’ora da qualche decina di manifestanti che hanno invaso i binari.

Bruciate in piazza le immagini di Giorgia Meloni e Matteo Salvini.

Davanti al Campus universitario, invece, all’insegna dello slogan  “Contro i tagli e la precarietà blocchiamo l’Università” i  lavoratori universitari precari hanno bloccato le entrate del Campus universitario Einaudi.

Ieri era sato presidiato Palazzo Nuovo.

 

Riceviamo e pubblichiamo l’intervento dei sindacati di polizia  Coisp, SIAP e Fsp:

Sei agenti feriti, escalation violenza 

“Offese e aggressioni continue ai poliziotti: non ce la facciamo più”. Così  Domenico Pianese, segretario generale del sindacato di polizia Coisp, in seguito agli scontri tra Polizia e Antagonisti  avvenuti questa mattina a Torino nel corso della manifestazione dello sciopero generale.
“Stiamo assistendo a un’escalation di violenza contro le forze dell’ordine – continua – e il bilancio in questo momento è di 6 poliziotti feriti. Questi estremisti, aggressivi e violenti, non hanno esitato a scagliarsi rabbiosamente contro gli agenti, intonando cori offensivi e definendo ‘servi’ i nostri colleghi, in un chiaro tentativo di delegittimare il loro ruolo e il loro impegno al servizio della collettività”. “Non è immaginabile – continua Pianese – che i poliziotti debbano continuare a subire attacchi e insulti di questo genere, spesso promossi da una matrice ben definita che trova legittimazione in chi, irresponsabilmente, inneggia alla rivolta sociale. Questo atteggiamento non solo mette a rischio la sicurezza degli agenti, ma compromette anche la tranquillità delle città e la sicurezza dei cittadini”. “È indispensabile – aggiunge – che la politica, in modo trasversale, condanni con fermezza questi comportamenti criminali. Non ci devono essere ambiguità né atteggiamenti giustificazionisti: la violenza non può e non deve mai essere tollerata. Ora più che mai tutte le forze sane del Paese devono prendere posizione per rigettare qualsiasi forma di violenza per sostenere con forza il lavoro delle forze dell’ordine. Siamo stanchi di contare i feriti, siamo stanchi di vedere le città trasformarsi in un campo di battaglia in cui una minoranza violenta tenta di tenere in scacco la stragrande maggioranza dei cittadini perbene”, conclude.

Il  Segretario Generale Provinciale SIAP Pietro Di Lorenzo ha commentato:

“ Anche oggi Torino maglia nera in Italia a causa delle violenze dei soliti pseudo studenti e pacifinti che approfittano di ogni occasione per scagliarsi contro le forze di Polizia. Ancora feriti, se ne contano già sei, e ingenti danni ai mezzi della Polizia in un crescendo di aggressività, provocazioni e violenze favorite da impunità e coperture politiche.
E’ la prova a nulla servono manifestazioni, slogan e vittimismo invocando chissà quale comprensione da parte di chi odia le divise.
L’unica cosa che può essere utile è la rapida approvazione definitiva del DDL sicurezza che contiene molti degli strumenti per contrastare la deriva a cui stiamo assistendo e per restituire autorevolezza a chi rappresenta lo Stato e presta la propria opera nell’interesse
della Nazione ”

 

Luca Pantanella Segretario Provinciale FSP Polizia di Stato di Torino:

Lo sciopero generale si è trasformato in un’occasione per gli estremisti di Askatasuna per scatenare la violenza in città. Gruppi organizzati, con il chiaro intento di provocare disordini, hanno attaccato le forze dell’ordine, cercando di occupare la stazione di Porta Nuova e vandalizzando un supermercato. È inaccettabile che un sindacato nazionale permetta che il proprio nome venga strumentalizzato da chi ha come unico obiettivo quello di seminare il caos. Chiediamo alla CGIL, alla UIL e a tutti gli organizzatori di prendere le distanze da questi atti di violenza e di condannare fermamente chi li ha commessi. Il Sindaco Lo Russo, invece di cercare di legalizzargli l’Askatasuna, dovrebbe agire con fermezza e chiudere il centro sociale che funge da base per questi gruppi violenti. È lì che si organizzano e pianificano le loro azioni, e togliere loro questo punto di appoggio è fondamentale per riportare l’ordine in città.Non possiamo permettere che Torino diventi una piazza di guerra. Chiediamo alle istituzioni di intervenire con decisione per fermare questa escalation di violenza. A farne le spese, in primis, c’è sempre chi sta in prima linea: le Forze dell’Ordine.

 

Foto: copertina Lori Barozzino; piazza Castello lineaitaliapiemonte.it

Lega Giovani Torino: “In università si va per studiare, basta violenti!”

 

“Stamattina per l’ennesima volta abbiamo assistito a scene di ordinaria follia a cui i collettivi di estrema sinistra purtroppo ci hanno abituato, con l’università bloccata a causa dei soliti facinorosi che occupano e devastano le aule, negando il diritto allo studio a chi in università ci va per studiare, non per compiere atti di violenza” dichiarano Manolo Maugeri e Gian Marco Moschella, rispettivamente coordinatore provinciale e coordinatore cittadino della Lega Giovani Torino.

“A molti studenti è stato impedito l’accesso alle aule del Campus Einaudi con conseguente sospensione delle lezioni, in un periodo di lauree come questo vuol dire anche rovinare uno dei giorni più importanti per la vita di una persona che ha raggiunto quel traguardo con sacrificio e dedizione.

Chiediamo una presa di posizione immediata al Rettore dell’Università di Torino affinché vengano presi provvedimenti nei confronti dei protagonisti di queste azioni.

Torino deve essere un polo di eccellenza per la formazione e l’innovazione, non un campo di battaglia per proteste sterili e violente.”

Pil Piemonte, la crescita del turismo estero compensa (in parte) le difficoltà dell’automotive

In anteprima, il Comitato Torino Finanza presso la Camera di commercio di Torino diffonde le sue stime sull’andamento dell’Economia Piemontese nel terzo trimestre dell’anno. Si registra un significativo incremento del turismo estero. In rallentamento le esportazioni a causa della crisi del settore auto e dell’economia tedesca.

Dopo il rallentamento registrato dal PILNOW nel secondo trimestre, l’economia del Piemonte torna al segno positivo, con un +0,5% rispetto al terzo trimestre del 2023. Le difficoltà dell’automotive, che è stato il principale responsabile del rallentamento delle esportazioni, in calo dell’1,2%, sono state compensate dai settori del turismo, dei servizi e delle costruzioni (per merito del Pnrr).

Sono queste le stime del PILNOW, un modello di valutazione dell’economia regionale, elaborato dal Comitato Torino Finanza presso la Camera di commercio di Torino, in grado di aggiornare l’andamento del PIL piemontese su base trimestrale con un anticipo di sette trimestri rispetto ai dati ufficiali Istat.

Nel terzo trimestre 2024, il PILNOW ha raggiunto un valore di 155 miliardi di euro a prezzi correnti, pari a 135 miliardi di euro a prezzi costanti del 2015, con un incremento di 0,9 miliardi di euro in termini reali rispetto al trimestre precedente.  La crescita del Pil regionale ha superato leggermente la media nazionale (+0,4%), ma è stata inferiore al valore medio dell’UE a 27 (+0,9%), essenzialmente per l’esposizione regionale all’economia tedesca e al settore dell’auto.

Questo dato positivo, seppur in un contesto economico nazionale e internazionale complesso, conferma la tenuta dell’economia piemontese, con una crescita acquisita per il 2024 pari allo 0,4%, in linea con il valore nazionale.

Grazie al favorevole andamento del periodo estivo, il turismo estero ha fatto registrare un +11% su base annua, confermandosi come un nuovo motore di sviluppo per l’economia regionale. Le costruzioni, con un aumento del 17% dell’occupazione correlata, si risollevano dalla fine del superbonus e beneficiano dell’avvio degli investimenti legati al Pnrr, che stanno accelerando. Anche i servizi (+5% la loro occupazione annualizzata) dovrebbero aver avuto come base per il loro spunto gli stessi fattori causali. Si riduce, invece, l’occupazione nel commercio e nella manifattura (-1%).

Soffre l’export. La flessione dell’1,2% rispetto allo stesso periodo del 2023, seppur inferiore alla media nazionale (-5%), evidenzia la correlazione del sistema produttivo piemontese con l’andamento dell’economia tedesca, in particolare per quanto riguarda il settore automotive. Nonostante ciò, il valore complessivo annualizzato dell’export piemontese è ancora forte e si attesta a 62,6 miliardi di euro, pari al 40,4% del PIL regionale, 9 punti superiore alla media nazionale, grazie al traino dei beni strumentali e del settore alimentare, che si sono irrobustiti nella regione. Tuttavia, il settore dei beni strumentali è il primo per esportazioni verso gli Usa e in futuro potrebbero esserci timori per i possibili dazi.

Il rallentamento industriale e l’automotive stanno facendo crescere (+13%) la Cig, pari a 37 milioni di ore annualizzate, contro un aumento del 10% a livello nazionale. Per quanto si tratti di un impatto temporaneo, esso produce una riduzione di occupazione attiva standardizzata di circa 20 mila ULA (un valore pari all’1,1% della forza lavoro), che porterebbe a un tasso di disoccupazione non ufficiale in salita dal 6,2% al 7,3%. Il rientro di questi valori nella norma dipende tuttavia non solo dagli investimenti locali.

Si registra una certa stabilità dei consumi, influenzata dall’incertezza economica e dalla perdita di potere d’acquisto dei mesi scorsi. Questa dinamica si riflette anche sul fronte del credito, con una flessione della domanda di prestiti del 5% in Piemonte e del 4% a Torino.

La stima del PIL regionale per l’intero 2024 è di una moderata crescita, che potrebbe rivelarsi pari allo 0,6% sulla base della tenuta degli stessi motori della parte iniziale dell’anno.

“Per ambire a tassi di crescita decisamente superiori – commenta il Presidente del Comitato Torino Finanza, Vladimiro Rambaldi – occorrono una ripresa più vigorosa delle attività di investimento e delle esportazioni del settore manifatturiero, oggi rallentato dal contesto europeo e internazionale. Siamo comunque in presenza di un’economia regionale resiliente, nonostante l’indebolimento dell’economia nazionale e le difficoltà che registra il settore dell’auto. Certo il quadro generale è molto incerto ed è difficile fare previsioni a medio/lungo termine. C’è anche l’incognita dei dazi statunitensi sui prodotti europei. Torino Finanza, anche grazie a PILNOW, continuerà a monitorare l’andamento dell’economia piemontese, fornendo analisi puntuali e strumenti di supporto alle decisioni di imprese e istituzioni”.

“Quello che questa analisi ci fotografa è un Piemonte in bianco/nero – dichiara Gian Paolo Coscia, presidente di Unioncamere Piemonte – Mentre il settore automobilistico ha subito un rallentamento a causa del più ampio contesto economico europeo, la diversificazione dell’economia piemontese, soprattutto nei settori del turismo e dei servizi, ha contribuito a mitigare questi effetti. Il significativo aumento del turismo estero sottolinea la crescente attrattività della regione come destinazione, contribuendo positivamente alle economie locali. Tuttavia, non si possono sottovalutare le sfide poste dal contesto economico globale e dalle tensioni geopolitiche in corso, nonostante il Piemonte abbia sempre dimostrato un’importante capacità di adattamento. La collaborazione tra le istituzioni, l’innovazione e la sostenibilità ambientale possono rappresentare la chiave di volta per garantire uno sviluppo economico duraturo e inclusivo”.

Ruba tablet nello studio medico: arrestato

Il 27 novembre sera, a Mappano (TO) attorno alle 21, i carabinieri della stazione di Leini’ hanno arrestato un quarantenne della zona, noto alle forze dell’ordine,  perché poco prima aveva rubato un tablet in uno studio medico di quel comune, previa effrazione della porta di ingresso.

La refurtiva è stata restituita alla legittima proprietaria, medico di base, mentre l’interessato è stato tradotto agli arresti domiciliari in attesa del rito direttissimo.

ATC Piemonte: la Corte dei Conti assolve tutti

La Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale per la Regione Piemonte ha deciso, con la sentenza 198/24 la questione relativa alla responsabilità amministrativa di 11, tra Direttori Generali e Dirigenti dell’Agenzia Territoriale Piemonte Centrale (ATC), per presunta incuria nella riscossione dei canoni di edilizia popolare per un totale di circa 21 milioni di euro. Più nel dettaglio, secondo gli inquirenti, la mancanza di indicazioni da parte della dirigenza sul recupero di tali crediti avrebbe avuto come conseguenza la perdita per prescrizione di ingenti somme, a titolo di canoni locativi non riscossi. Il danno sarebbe stato dolosamente occultato a livello contabile. La Corte dei Conti, all’esito del giudizio, ha respinto integralmente la ricostruzione della Procura, ritenendo le contestazioni in parte prescritte e in parte infondate nel merito, rilevando una grave carenza di prova e una erronea ricostruzione della presunta responsabilità erariale. Gli avvocati Carlo Merani e Roberto Serventi, difensori di 6 convenuti in giudizio, hanno espresso grande soddisfazione per l’accoglimento delle tesi difensive, per aver visto scagionati dalle accuse i propri assistiti.

 

Mara Martellotta

“Disegnare un elefante – l’insegnante di liceo come professione” Intervista al Professore Marco Vacchetti

Se provate a disegnare un elefante vi renderete subito conto che non è cosa semplice.  Marco Vacchetti, professore del Liceo Classico Massimo D’Azeglio di Torino, scrittore e pittore, ci è egregiamente riuscito nel suo ultimo libro edito EinaudiDisegnare un elefante – l’insegnante di liceo come professione” fornendo al lettore un’analisi quanto mai veritiera e accurata della scuola di ieri e, soprattutto, di quella di oggi. L’universo scuola è per l’appunto paragonato dal Professor Vacchetti ad un elefante “un animale enorme e, in quanto tale, probabilmente lento nei movimenti” con cui tutti abbiamo dovuto avere a che fare nella vita e su cui ognuno di noi potrebbe raccontare la propria esperienza. Un saggio accurato e mai noioso che mette il lettore di fronte alla maestosità dell’apparato burocratico della scuola- a tratti incomprensibile- alle sue peculiarità, alle contradizioni e agli infiniti luoghi comuni che aleggiano intorno ad essa, tentando di smontarli uno ad uno con oggettività e intelligenza. Nelle sue pagine emerge chiaramente l’importanza del ruolo rivestito dal docente, senza mai essere autocelebrativo, una professione considerata dallo scrittore “ecologica” perché in grado di non dissipare “energia ma di costruire ordine, di non compromette il futuro ma contribuire a progettarlo” riuscendo a sottolineare quanto il modo di intendere e di trattare quell’ enorme pachiderma possa contribuire a mettere le fondamenta del nostro prossimo futuro.

Nel suo libro ha tentato di smontarne parecchi luoghi comuni legati, nell’immaginario collettivo, alla scuola. Ce n’è almeno uno che ritiene veritiero?

Nei luoghi comuni c’è molto di falso, ma c’è anche un fondo di verità: così, anche sulla scuola, qualcosa di veritiero esiste. Mi viene in mente la frase che dice “primo a scuola, ultimo nella vita”: sono convinto che il successo scolastico e quello professionale non siano in alcun modo legati. Nel corso della mia esperienza mi sono reso che non è affatto detto che i primi della classe siano poi quelli che ottengano le migliori posizioni lavorative.

Un’altra idea che aleggia ma è priva di fondamenti è quella per cui “la scuola debba prepara al mondo del lavoro”: questa è una pura illusione. Il mondo del lavoro di oggi è veloce e dinamico, ed è del tutto utopistico pensare che la scuola possa andare di pari passo. Dal mio punto di vista, il compito dell’istruzione è quello di aiutarti a crescere, mettere ordine nelle idee e darti strumenti di comunicazione: le competenze professionali sono un’altra cosa. La scuola dovrebbe lasciare ai ragazzi la voglia di “continuare a studiare”, intendendo con questa espressione la volontà di sviluppare l’intelligenza per risolvere problemi, lo spirito d’intraprendenza e la capacità di essere autonomi nella vita.

La scuola e le università, però, stanno cambiando molto e sempre più si stanno orientando verso una formazione “telematica”. Lei affronta questa tematica nel suo libro dove dice che “si può comprare un diploma, ma non la formazione”: come spiega il dato di realtà che vede ricoprire ruoli istituzionali molto rilevanti da personalità che non hanno un alto grado di formazione?

Da un lato c’è un dato burocratico che prevede come requisito necessario il titolo di studio per accedere a determinate posizioni: n quel caso, il cosiddetto “pezzo di carta” è uno step necessario per l’accesso. Sappiamo bene, però, che prendere una laurea in un determinato ateneo, piuttosto che in un altro, comporta una qualità della formazione molto diversa. Per quanto riguarda il fatto che in Italia ci siano dei soggetti che occupino posti importanti senza avere le competenze necessarie è uno dei motivi per cui il nostro Paese arranca. Inoltre, l’Italia è una nazione in cui vige quel costume storico per cui le persone hanno sempre imparato ad arrangiarsi, conferendo loro un forte spirito di adattamento. Dall’altra parte, questo elemento ha come contropartita il fatto che molti individui siano riusciti a occupare ruoli che non meriterebbero. Secondo me, un Paese moderno deve fare attenzione a questo elemento e dovrebbe maggiormente premiare le competenze. Quello che noto è che in Italia si parla spesso di meritocrazia ma “per gli altri”; sul singolo poi vale sempre la raccomandazione. I giovani hanno le energie per lottare contro questo sistema: se vedi che un diritto viene violato devi farti valere per riconquistarlo.

Bisogna farsi sentire lì dove percepisci che vi sia un’ingiustizia insomma.

Sì, per esempio sul tema del complesso rapporto tra il mondo del lavoro e quello delle donne. Se il dato registra che a parità di mansione una donna guadagna il 20% in meno di un uomo bisogna concretamente trovare le strategie giuridiche per affrontare quella situazione. Non bisogna accontentarsi, ma trovare strumenti concreti per arginare il fenomeno. In Italia, spesso, ci si accontenta della mera protesta.

Passando al contenuto del libro, Lei sottolinea l’importanza dello studio del latino, una lingua molto complessa che difficilmente risulta comprensibile ai ragazzi. Che cosa si potrebbe fare per renderla “più fruibile” ai giovani?

Non è facile, perché sono materie difficili e faticose, in cui devi romperti la testa, e per questa ragione molti preferiscono una strada più semplice. In realtà, il latino è una materia splendida perché ha due aspetti: uno culturale e uno tecnico.

Dal punto di vista culturale, quella civiltà ha rimandi straordinari, il cui fascino però non si può imporre ai ragazzi. Infatti, mi dà molto fastidio quando si dice che gli studenti devono “amare la cultura”: non si insegna ad amare niente. Al massimo, gli studenti si possono incuriosire, mentre l’amore nasce spontaneamente. Dal mio punto di vista, è un diritto dell’intelligenza rifiutare le cose. Inoltre, il latino ha un aspetto tecnico che aiuta a capire meglio il linguaggio: quando ti appropri di esso, riesci a esprimere meglio anche il pensiero. Per concludere, penso che per insegnare ai ragazzi una materia del genere bisogna obbligarli. Infatti, l’idea secondo cui la scuola debba essere sempre interessante e “sedurre l’intelligenza” è una chimera. La scuola è fatta un po’ di obbligo e un po’ di passione: se si riesce a mettere insieme i due concetti, allora si può garantire una formazione completa.

E nel percorso di formazione, al giorno d’oggi, non può mancare anche l’utilizzo dell’intelligenza artificiale.

Io lo vedo come uno strumento che può aiutare l’apprendimento perché semplicemente, come tutti gli strumenti, per sfruttarlo al meglio bisogna servirsi dell’intelligenza naturale. Questo è il problema di tutto il mondo digitale che, per citare Umberto Eco, ha creato tre categorie di persone: quelli che non hanno accesso alla rete informatica, una grande maggioranza di utenti e i pochi che sapranno tenere in mano le fila dello sviluppo degli strumenti digitali e saranno al vertice. Come ogni cosa, se la utilizzi al meglio può essere un mezzo di sviluppo potentissimo.

Nell’ultima parte del libro fa degli accenni anche al suo percorso di formazione che l’ha visto abbondare “le lusinghe di un lavoro creativo” (quello da pubblicitario) per addentrarsi nella carriera da insegnante. Che cosa la motiva di più di questo lavoro?

Le motivazioni sono tante ma prima di tutte penso che il lavoro faccia parte della persona e ne determini in parte la personalità. Ancora di più, penso che quello che conti davvero è come svolgi una determinata mansione, anche quella più umile: se lo fai bene, quello ti dà una gratificazione. Il lavoro del docente è vario, libero nei modi, hai a che fare con la cultura, hai il vantaggio di stare con i giovani. Un’altra grande motivazione è che la scuola, da pachiderma, sembra immobile ma in realtà ti obbliga ad essere sempre aggiornato, cosa che in altri lavori non succede.

Per chiudere, il suo modo di insegnare e il libro che ha scritto sono ricche di collegamenti e citazioni. C’è una frase iconica per la sua carriera?

Forse quella di Vico che dice che “la curiosità è madre della scienza”. In realtà sono convinto che queste forme di sapere tramite aforismi spesso siano dei gusci vuoti: il sapere non può essere fatto di tre parole. Piuttosto sono quei tremila collegamenti, di cui mi rendo responsabile durante le lezioni, a fare cultura e che possano accendere la curiosità degli studenti anche su argomenti molto lontani dalla loro zone di confort.

Valeria Rombolà

Foto Federico Solito

“I territori montani sono in crisi climatica e demografica”, richiesta di aiuto alla Regione

“Le Regioni possono fare molto per le aree montane: occorre agire sui servizi ecosistemici ambientali, sulla decarbonizzazione, sulla strategia forestale, sulla telefonia e sulle connessioni”. È l’appello lanciato in terza Commissione in Regione, presieduta da Claudio Sacchetto, che ha audito la delegazione di Uncem Piemonte composta da Roberto ColomberoMaurizio GiacolettoLoris Emanuel e Bruno Mandosso. L’obiettivo è rilanciare l’impegno per le politiche della montagna, non senza un’incisiva azione nazionale.

Gli auditi hanno sostenuto che è necessario mettere in campo tutte le forze politiche, economiche, sindacali, istituzionali, “per il futuro della strategia delle Green Communities – come ha ribadito Colombero – perché c’è bisogno di definire un percorso virtuoso per i territori montani, che stanno affrontando in primo luogo le crisi climatica e demografica”.

Altro tema centrale del ragionamento in Commissione è stato l’organizzazione del sistema istituzionale, dopo la soppressione delle Comunità montane: “c’è bisogno di una cornice normativa sulle Unioni di Comuni, sulle Unioni montane che sia più solida a livello nazionale. Oggi purtroppo, come evidenziato, le Unioni sono fragili, occorre una riforma seria delle Autonomie nel quadro delle riforme nazionali che tocchino anche il Testo unico degli Enti locali”.

“Senza voler essere esterofili, la vicina Francia cala i vari progetti su una solida organizzazione istituzionale” ha sottolineato Uncem.

In Piemonte ci sono 550 Comuni montani, 52 Unioni montane di Comuni, dopo aver avuto per 40 anni prima 48 e poi 22 Comunità montane.

Come è stato ribadito, occorrono norme nazionali per rafforzare le stesse Unioni, per renderle solide, forti, capaci di generare sviluppo, di riorganizzare la Pubblica amministrazione, di dare servizi alle comunità, diritti di cittadinanza, scuole, trasporti e sanità.

Per delucidazioni sono intervenuti: Alberto Avetta (Pd), Pasquale Coluccio (M5s), Marco Protopapa (Lega), Monica Canalis (Pd), Mauro Fava (Fi) e  Mauro Calderoni (Pd).