ilTorinese

Porno etico

Ho già scritto, e molto, a proposito di pornografia, dei danni che questa può provocare negli individui, specie se in tenera età.

Non si tratta di un problema unico: modalità di rapporto possibili solo per attori e attrici allenati, montaggio cinematografico che rende alcune scene consequenziali mentre dal vivo non potrebbero mai esserlo, palesi finzioni dove la matrigna ha all’incirca l’età del figliastro sono solo alcuni degli aspetti possibili solo nel cinema.

Ultimamente si sta, tuttavia, facendo avanti il c.d. porno etico. Due parole che, associate, sembrano antitetiche indicano, invece, la tendenza che si sta sviluppando in quel mondo.

Cosa può esserci di etico nella mercificazione del corpo, della persona? Come può, anche in minima parte, il porno essere etico?

Innanzitutto, partiamo dall’etimologia del termine.  Porno deriva dal greco antico pornè (femmina) o pornòs (uomo) che si prostituisce, che vende il proprio corpo.

Vista così’, il temine pornografia sembrerebbe più adatto alla prostituzione pura e semplice che agli spettacoli cinematografici hard.

Inoltre, la pornografia come la intendiamo noi può anche essere svolta a titolo totalmente gratuito rendendo, dunque, ulteriormente errato il termine.

Ma andiamo avanti: chiunque abbia visto anche solo ½ ora di film a luci rosse si sarà reso conto di alcuni capisaldi delle cinematografia hard: l’uomo è sempre dominante, fisicamente prestante; la donna è sottomessa, schiavizzata, a qualsiasi tecnica la si sottoponga (spanking, doppia penetrazione, frusta, aghi, ecc). L’uomo mostra eiaculazioni modello idrante, la donna non è dato di sapere se abbia raggiunto il piacere, tanto non importa.

In quanti non abbiano gli strumenti culturali per comprendere la finzione (legge della domanda e dell’offerta) questo stato di cose sembrerà la regola, sembrerà l’abc cui ispirarsi quando ripeteranno le stesse scene nell’intimità di casa propria.

Il porno etico, invece, vuole proprio demolire questi stereotipi, queste convenzioni a favore di un’etica del sesso, di un’etica dei rapporti sessuali da chiunque messi in atto.

Ecco, dunque, che non assisteremo più a erezioni da baraccone, ma l’attore di turno sarà una persona normalissima, con i pregi ed i difetti che ogni maschio può avere, commisurato alla sua età anagrafica; lo stesso dicasi per le donne, non più femmine ninfomani che nel giro di 2 minuti si trasformano da agenti immobiliari in macchine del sesso ma donne normali che, a determinate condizioni, possono fare sesso con il potenziale acquirente (anche se di etica qui ce ne sarebbe poca).

Alcuni film, poi, meriterebbero l’oscar per la fantasia del regista, perché sfido chiunque a trovare una situazione simile nella realtà: paziente in sala d’attesa dal medico che decide di masturbarsi nonostante ci sia una suora di fronte a lei e la suora che, smettendo di occuparsi delle anime e iniziando con i corpi, lo aiuta nell’impresa; oppure hostess di volo che, volendo mettere a proprio agio un passeggero al suo primo volo, decide di praticargli una fellatio mentre, ça va sans dire, nessuno nell’aereo si accorge di nulla.

Non dimentichiamo che l’industria del porno ha fatturato, nel 2018, circa 100 miliardi di dollari escludendo, è ovvio, ciò che sfugge al controllo, i siti di content creator, le produzioni amatoriali e quelle pedopornografiche, per fortuna illegali.

Considerando che è impossibile bandire la pornografia (si veda l’esempio del proibizionismo negli USA negli anni ’20) dalla nostra società, appare evidente come modificare l’approccio che si ha con essa possa risultare la soluzione vincente.

Sesso si (se no che pornografia sarebbe?), BDSM ok per i cultori del genere, ma intanto eliminare le scene palesemente impossibili, non credibili; poi, non meno importante, evitare di reiterare quasi ad ogni film che l’uomo può e la donna deve, che l’uomo propone e la donna dispone.

Forse, se così andrà, avremo qualche possibilità in più di avere nuove generazioni di maschietti che non pretenderanno di essere serviti da mamma e sorella perché “si è sempre fatto così” o che considereranno le donne come cuoche e cameriere con benefit.

Sergio Motta

Torino tra architettura e pittura. Felice Casorati

Torino tra architettura e pittura

1 Guarino Guarini (1624-1683)
2 Filippo Juvarra (1678-1736)
3 Alessandro Antonelli (1798-1888)
4 Pietro Fenoglio (1865-1927)
5 Giacomo Balla (1871-1958)
6 Felice Casorati (1883-1963)
7  I Sei di Torino
8  Alighiero Boetti (1940-1994)
9 Giuseppe Penone (1947-)
10 Mario Merz (1925-2003)

 

6) Felice Casorati (1883-1963)

Lungi da me sostenere che esistono periodi artistici di facile e immediata comprensione, ogni filone, ogni movimento e ogni tipologia d’arte necessita di un’analisi approfondita per penetrarne il senso, tuttavia mi sento di affermare che da una certa fase storica in poi le cose sembrano complicarsi.

Mi spiego meglio: siamo abituati a considerare “belle opere” le architetture classiche, così come le imponenti cattedrali gotiche o ancora i capolavori rinascimentali e gli spettacolari chiaroscuri barocchi; il comune approccio alla materia rimane positivo ancora per tutto il Settecento, ma poi, piano piano, con l’Ottocento le questioni si fanno difficili e lo studio della storia dell’arte inizia a divenire ostico. I messaggi di cui gli artisti sono portavoce diventano maggiormente complessi, entrano in gioco le rappresentazioni degli stati d’animo dell’uomo, del suo inconscio, si parla del rapporto con la natura e d’improvviso l’arte non è più quel “locus amoenus” rassicurante a cui ci eravamo abituati. La sensazione di spiazzante spaesamento raggiunge il suo apice con le opere novecentesche, le due guerre dilaniano l’animo degli individui e la violenza del secolo breve si concretizza in dipinti paurosi che di “bello” non hanno granché. I miei studenti, giunti a questo punto del programma, sono soliti lamentarsi e addirittura dichiarano che “potevano farli anche loro quei quadri” o che “sono lavori veramente brutti” e ci vuole sempre un lungo preambolo esplicativo prima di convincerli a seguire la lezione senza eccessivo scetticismo.
Nel presente articolo vorrei soffermarmi su di un autore che si inserisce nel difficile contesto del Novecento, un autore le cui opere sono cariche di inquietudine e rappresentano per lo più immote figure silenziose, come imprigionate in atemporali visioni oniriche.  Sto parlando di Felice Casorati, uno dei protagonisti indiscussi della scena novecentesca italiana, attivo a Torino, dove si circonda di ferventi artisti volenterosi di proseguire i suoi insegnamenti.


Ma andiamo per ordine e, come mi piace sempre ribadire in classe, “contestualizziamo” l’artista, ossia inseriamo l’artista in un “contesto” storico-culturale ben determinato per meglio definire il senso e il portato dell’opera.
Nei primi anni Venti del Novecento, grazie all’iniziativa della critica d’arte Margherita Sarfatti, si costituisce il cosiddetto gruppo del “Novecento”, di cui fanno parte sette artisti in realtà molto differenti tra loro: Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Gian Emilio Malerba, Piero Marussig, Ubaldo Oppi e Mario Sironi. Le differenze stilistiche sono più che evidenti poiché alcuni sono esponenti vicini al Futurismo, altri invece si dimostrano orientati verso un ritorno all’ordine, altri ancora hanno contatti con la cultura mitteleuropea. La definizione di “Novecento”, con cui tali pittori sono soliti presentarsi, allude all’ambizione di farsi protagonisti di un’epoca, di esserne l’espressione significativa. Il gruppo si presenta alla Biennale di Venezia del 1924 come “Sei pittori del Novecento”(Oppi presenzia all’avvenimento con una personale). L’esposizione viene felicemente acclamata dalla critica, tanto che, sulla scia del successo ottenuto a Venezia, la Sarfatti si impegna ad organizzare in maniera più incisiva il movimento, quasi con l’intento di trasformarlo in una “scuola”. I risultati si manifestano chiaramente: nel 1926 al Palazzo della Permanente di Milano viene organizzata un’esposizione con ben centodieci partecipanti. Il movimento “Novecento” si è ormai allargato tanto da comprendere gran parte della pittura italiana: fanno parte della cerchia quasi tutti gli artisti del momento, da Carrà a De Chirico, da Morandi a Depero, da Russolo allo stesso Casorati.  Tra i soggetti prediletti rientrano la figura umana, la natura morta e il paesaggio. Presupposti comuni sono il totale rifiuto del modernismo e un continuo riferimento alla tradizione nazionale, soprattutto a modelli trecenteschi e rinascimentali.

Con il passare degli anni il gruppo si fa sempre più numeroso e l’organizzazione del movimento si trasforma, la direzione delle iniziative artistiche ricade anche nelle mani di artisti di prima formazione quali Funi, Marussing e Sironi, insieme a personalità conosciute come lo scultore Arnolfo Wildt e i pittori Arturo Tosi e Alberto Salietti. Diventano via via numerosi i contatti con centri espositivi internazionali; alcuni artisti italiani trasferitisi all’estero si fanno appassionati organizzatori di “mostre novecentesche”, come dimostra ad esempio l’iniziativa di Alberto Sartoris, architetto torinese residente in Svizzera, il quale si occupa di organizzare nel paese di residenza un’ampia esposizione artistica del gruppo. Nel 1930, addirittura, il “Novecento” espone a Buenos Aires, avvenimento doppiamente importante, poiché grazie a tale iniziativa la critica Sarfatti riesce a ricapitolare nel catalogo della mostra le molteplici tappe del movimento. Espongono in Argentina ben quarantasei artisti, tra cui Casorati, De Chirico e Morandi.

 


Come è evidente, l’eterogeneità del gruppo manca di direttive e connotati chiari e univoci. Il tedesco Franz Roth conia appositamente per gli artisti di “Novecento” l’espressione “realismo magico”, che indica una rappresentazione realistica –domestica, familiare- ma al tempo stesso sospesa, estatica, come allucinata. Esemplificativo per esplicitare tale concetto è il dipinto di Antonio Donghi, “Figura di donna”, opera in cui domina una straniante immobilità incantata, la scena è immobile e l’osservatore percepisce che nulla sta per accadere e nulla è accaduto precedentemente.
Ed ecco che di “realismo magico” si può parlare anche per Felice Casorati (1883-1963), artista attivo nella prima metà del Novecento e docente di Pittura presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino.
Egli nasce a Novara, il 4 dicembre del 1883; il lavoro del padre, che è un militare, comporta che la famiglia si sposti spesso. Felice trascorre l’infanzia e l’adolescenza tra Milano, Reggio Emilia e Sassari, infine la famiglia si stabilisce a Padova, dove il ragazzo porta avanti la sua formazione liceale. A diciotto anni inizia a soffrire di nevrosi, ed è costretto a ritirarsi per un po’ sui Colli Euganei; proprio in questo periodo, Felice inizia a dedicarsi alla pittura. A ventiquattro anni -siamo nel 1907- si laurea in Giurisprudenza, ma decide di non proseguire su quel percorso, per dedicarsi all’arte, nello stesso anno parte per Napoli per studiare le opere di Pieter Brueghel il Vecchio, esposte presso il Museo Nazionale di Capodimonte.


Nel 1915, si arruola volontario nella Prima Guerra Mondiale, lo stesso fanno molti suoi contemporanei come Mario Sironi, Achille Funi Filippo Tommaso Marinetti, Carlo Carrà, Gino Severini, Luigi Russolo e Umberto Boccioni.
Nel 1917, dopo la morte del padre, Felice si trasferisce a Torino, dove attorno a lui si riuniscono artisti e intellettuali della città. Tra questi vi è Daphne Maugham, che diventerà sua moglie nel 1930 e dalla quale avrà il figlio Francesco, anche lui futuro pittore.
Casorati a Torino ha molti allievi nella sua scuola e presso il corso di Pittura dell’Accademia Albertina. Gli artisti più noti legati al suo insegnamento sono riuniti nel gruppo “I sei di Torino”, tra questi Francesco Menzio, Carlo Levi, Gigi Chessa e Jessie Boswell.
La sua ascesa artistica è sostenuta da diverse amicizie, tra cui il critico d’arte Lionello Venturi, la critica milanese Margherita Sarfatti, gli artisti di Ca’ Pesaro, il mecenate Riccardo Gualino e l’artista di Torinese Gigi Chessa insieme al quale partecipa al recupero del Teatro di Torino.
L’artista non lascerà più il capoluogo piemontese, e qui morirà il 1 marzo del 1963 in seguito ad un’embolia.
L’autore è da considerarsi “isolato”, con un proprio personalissimo percorso, pur tuttavia incrociando talvolta le proprie idee con altre ricerche artistiche di gruppi o movimenti a lui contemporanei.
Secondo alcuni critici, le opere di Casorati sono intrise di intimità religiosa. Lo stile pittorico dell’autore si modifica nel tempo, i primi lavori sono infatti decisamente realistici e visibilmente ispirati alle opere della Secessione Viennese; negli stessi anni si può notare l’influenza di Gustav Klimt, che porta Felice ad abbracciare per un breve periodo l’estetica simbolista. L’influsso klimtiano è particolarmente evidente in un’opera del 1912, “Il sogno del melograno”, in cui una donna giace dormiente su un prato fiorito. Il prato intorno alla fanciulla è cosparso di una moltitudine di fiori di specie differenti, mentre dall’alto pendono dei grossi grappoli di uva nera. I riferimenti all’artista viennese sono concentrati nella figura della ragazza, con chiari rimandi ai decorativismi delle “donne-gioiello” protagoniste di raffigurazioni quali “Giuditta” (1901), “Ritratto di Adele Bloch-Bauer”(1907) o il celeberrimo “ll bacio” (1907-08).
La figura del soggetto ricorda inoltre le opere preraffaellite, nello specifico l’ “Ofelia” di Sir John Everett Millais.


Negli elaborati degli inizi del Novecento, invece, sono evidenti i riferimenti a capolavori italiani del Trecento e del Quattrocento; nello stesso periodo l’autore si concentra su una generale semplificazione del linguaggio e sullo studio di figure sintetiche. Intorno agli anni Venti del secolo scorso impronta il suo stile a una grande concisione lineare, anche se è nel primo dopo-guerra che egli definisce il suo stile peculiare, caratterizzato da figure immobili, assorte, rigorosamente geometriche, quasi sempre illuminate da una luce fredda e intensa. Appartengono a questi anni alcuni dei suoi capolavori, come “Conversazione platonica” o “Ritratto di Silvana Cenni”. Per quest’ultima opera Casorati si rifà al celebre capolavoro rinascimentale “Sacra Conversazione” di Piero della Francesca, di cui riprende l’atmosfera sospesa, quasi metafisica, ottenuta grazie alla rigidità con cui Felice ritrae la donna  –seduta, assorta e immobile-  alla resa scenografica del paesaggio e alla fittizia disposizione degli oggetti all’interno della stanza. Le figure di Casorati sono volumetriche, solide e immote, come pietrificate, l’artista ne esalta i valori plastici grazie al sapiente uso del colore tonale. Nelle ultime tele, le fanciulle ritratte risulteranno quasi geometrizzate, esito di una notevole sintesi formale.
L’illuminazione risulta artificiale e per nulla realistica, effetto sottolineato dal fatto che Casorati non mostra quasi mai il punto di provenienza della luce; il risultato finale è quello di un mondo sospeso, raggelato e senza tempo.
Negli anni Trenta Casorati si dedica a dipingere nature morte con scodelle o uova, soggetti che ben si prestano ad interpretare il suo linguaggio plastico semplificato; egli esegue inoltri diversi nudi femminili in ambienti spogli e alcune tele che presentano disturbanti maschere, tema a lui già caro, come testimonia l’opera “Maschere” del 1921.
Davanti ai lavori di Felice Casorati non possiamo che rimanere attoniti e pensosi, intrappolati nel suo mondo metafisico.
L’arte è così, lo vedo con i miei studenti, non finisce mai di metterci alla prova, continua a incentivare pensieri e confronti e per quanto possa essere “lontano da noi” essa è capace di stimolare discussioni su tematiche sempre inesorabilmente e meravigliosamente attuali.

Alessia Cagnotto 

Ma qual è oggi il ruolo del sindacato?

LO SCENARIO POLITICO  di Giorgio Merlo

Dunque, il segretario del più grande sindacato italiano, Landini, invita tutti i cittadini alla “rivolta
sociale” contro questo Governo che viene accusato di qualsiasi nefandezza possibile. Un invito, è
inutile negarlo, che arriva da un sindacato che ormai è un partito del ‘campo largo’ o, meglio
ancora nel caso specifico, del ‘Fronte popolare’ contro un nemico ideologico giurato. Un appello,
quello del segretario generale della Cgil, che ricorda una stagione tristemente nota nel nostro
paese. Ovvero, quella della fine degli anni ‘60 e gli interi anni ‘70. Perchè quando una
organizzazione sindacale incita alla “rivolta” è di tutta evidenza che non si può escludere nulla.
Anche perchè, è bene non sottovalutarlo, questa “rivolta sociale” coincide anche con l’accusa,
persin violenta a livello verbale e sbandierata quotidianamente da Landini, contro un Governo,
una Presidente del Consiglio e una coalizione politica, cioè il centro destra, che secondo la Cgil
nega le libertà, riduce la democrazia, prepara una svolta autoritaria e quindi una semi dittatura e
che, infine, sfregia la stessa Costituzione repubblicana. Insomma, una lotta senza quartiere contro
un neo fascismo ormai alle porte. E la violenza verbale di Landini, lontana anni luce dal
comportamento e dal linguaggio di un grande dirigente della Cgil, Luciano Lama, conferma che il
profilo e l’identità dello storico sindacato rosso sono ormai squisitamente politici e partitici e del
tutto avulsi ormai dal ruolo che storicamente può e deve svolgere un sindacato. Del resto, l’attuale
corso della Cgil è un progetto politico e partitico. Interviene su qualsiasi provvedimento del
Governo: dalla riforma istituzionale all’autonomia differenziata, dalla separazione delle carriere ai
compensi milionari dei “martiri” dell’informazione che migrano dalla Rai ad altre emittenti
televisive; dalla politica estera del nostro paese alla gestione dell’immigrazione e via elencando.
Come ormai tutti sanno, Landini interviene su tutto e su tutto lo schema della Cgil è quello di
invitare gli italiani a scendere in piazza. C’è solo un tema, come dice magistralmente e
ripetutamente Calenda, su cui Landini misteriosamente – si fa per dire – non dice una parola.
Ovvero, la politica industriale, la prospettiva e la strategia del gruppo Stellantis. Cioè quando
vengono toccati gli interessi degli editori della Repubblica e della Stampa cala il silenzio del capo
del sindacato rosso. Un silenzio che evidenzia una palese contraddizione della Cgil da un lato e
una eccessiva furbizia tattica di chi attualmente la guida dall’altro.

Ma, al di là di questo elemento che, lo ripeto, ormai non fa neanche più notizia talmente è nota e
conosciuta, quello che semmai va evidenziato è che storicamente, istituzionalmente e
costituzionalmente il sindacato svolge un altro ruolo. Che, al momento, non dovrebbe essere
quello di trasformarsi scientificamente e strutturalmente in un partito politico a tutti gli effetti ma,
al contrario, di difendere e di tutelare gli interessi, le esigenze, le domande e i bisogni dei
lavoratori italiani. Di tutti i lavoratori italiani con qualsiasi contratto e che svolgano qualsiasi
mansione professionale.

Per queste semplici ragioni, verrebbe quasi da dire – anche e sopratutto nell’attuale contesto
politico – che per fortuna esiste ancora un sindacato nel nostro paese che svolge il suo antico
ruolo. Un’affermazione, questa, quasi banale se non addirittura scontata. Eppure proprio oggi
appare di una modernità straordinaria. Ecco perchè, in conclusione, per fortuna che oggi esiste la
Cisl. Ovvero un sindacato che semplicemente fa il suo mestiere. E cioè sintetizzando, centralità
della contrattazione; no a pregiudiziali politiche e partitiche; esaltazione del dialogo e del
confronto con le altre parti sociali, compreso il Governo; priorità al merito delle questioni e difesa
dei lavoratori, di tutti i lavoratori. Tasselli che portano ad un solo obiettivo: il sindacato non è un
partito perchè il partito appartiene al campo della politica e degli schieramenti politici. Ecco
appunto, un sindacato – quello della Cisl – che è l’esatto contrario dell’attuale strategia della Cgil
di Landini.

Rocchi, Lista Cirio: “Buon lavoro alla Consulta femminile”

“Lavoriamo insieme perché l’uguaglianza di genere sia punto di partenza e non di arrivo”

Ho partecipato con entusiasmo all’insediamento della Consulta femminile regionale, avvenuto a Palazzo Lascaris. Ringrazio e auguro buon lavoro alla Presidente Ornella Toselli, alle Vicepresidenti Fulvia Pedani Rossella Calabrò e a Silvia Ramasso e Beatrice Rinaudo, segretarie dell’Ufficio di presidenza e a tutte le rappresentanti del mondo associativo piemontese e non soltanto che fanno parte della Consulta.

La Consulta svolge un lavoro decisivo nel perseguimento della parità di genere nei processi decisionali, ma anche nella promozione di attività di contrasto alla violenza e ai femminicidi, di promozione della salute e prevenzione dei tumori femminili e di sostegno alle donne, in particolare alle giovani, nella scelta e perseguimento dei propri obiettivi lavorativi, in special modo nell’ambito scientifico.

Il loro prezioso impegno sarà di stimolo anche a me come Consigliera regionale nel mettermi orgogliosamente al servizio di politiche rivolte all’uguaglianza di genere, finché questa non diventerà un prerequisito in ogni ambito della nostra società e sarà finalmente un punto di partenza per noi donne e non un obiettivo da conquistare ogni giorno.

Elena Rocchi, Consigliera regionale Gruppo Lista Civica Cirio Presidente Piemonte Moderato e Liberale

Piccolo Urbanista, piccoli progettisti per un grande cambiamento

Si è svolta presso l’Istituto Comprensivo Giovanni Cena in Strada di S. Mauro 32 la presentazione del progetto “Piccolo Urbanista – piccoli progettisti per un grande cambiamento” che coinvolge 10 istituti scolastici torinesi, 30 classi e 600 studenti.
 
La partecipazione alla presentazione è stata molto alta con diverse classi e centinaia di bambini, motivati nel creare la loro città ideale. Sogni e immaginazioni che sono state ben accolte dal Presidente della Circoscrizione 6, Valerio Lomanto, che rivolgendosi direttamente agli studenti ha detto: “Voi affronterete il progetto con la vostra passione e le vostre idee, ma la promessa che vi vogliamo fare è che almeno una delle vostre idee prenderà vita e forma, e che in futuro la vedrete con i vostri occhi, e la toccherete con le vostre mani. Questa è la nostra promessa”.
 
Il Piccolo Urbanista è un progetto creato da MOBA – Movimento per i Bambini ODV, in partenariato con OPES ITALIA – Ente di Promozione Sportiva e Fondazione Educatorio della Provvidenza ETS, in collaborazione con la Regione Piemonte e il contributo del Ministero del Lavoro.
Il progetto nasce dall’esigenza di sensibilizzare gli studenti nello sviluppo del proprio territorio e del contesto sociale. Avere un ruolo attivo all’interno del proprio ambiente di vita è fondamentale per il benessere psico-fisico delle persone e consente di vivere più liberamente le proprie scelte e motivazioni.
I giovani hanno idee meravigliose ed innovative su come concepire il proprio quartiere in modo sostenibile e inclusivo.
Il Piccolo Urbanista è un percorso di crescita per loro, ma anche per i comuni e utilizza le strategie migliori e consolidate per far emergere il loro punto di vista, attraverso un progressivo engagement dei giovani utenti con attività stand alone.
Nei prossimi giorni gli utenti delle V° elementari e della I° media di 8 Circoscrizioni di Torino e di alcuni Comuni Montani verranno coinvolti in un progetto sul quartiere con le possibilità che offre, i problemi esistenti, come/dove vederli e come eventualmente risolverli, grazie agli enti che lavorano sul territorio e che il progetto farà loro conoscere.
Si tratta nello specifico delle circoscrizioni 1,2,3,4,5,6,7,8, del Comune di Roure – Frazione Balma “CIRILLO GOUTHIER”, Scuola Circoscrizione 1, I.C. “TOMMASEO”, Scuola Circoscrizione 2, I.C. “EZIO BOSSO”, Scuola Circoscrizione 3, I.C. “BARICCO”, Scuola Circoscrizione 4, I.C. “PACINOTTI”, Scuola Circoscrizione 6, I.C. “CENA”, Scuola Circoscrizione 7, I.C. “Marconi-Antonelli” e Scuola Circoscrizione 8, I.C. “SANDRO PERTINI”.
Sono state individuate 6 aree di “Consapevolezza cittadina” sulle quali i giovani protagonisti focalizzeranno la loro attenzione su:
 
  • Piazze virtuali VS Piazze Reali di Socializzazione
  • Inclusione
  • Barriere Architettoniche
  • Economia Circolare
  • Energie Rinnovabili
  • Biodiversità
  • a cui si aggiunge lo Storytelling come area di formazione specifica per gli insegnanti e gli studenti. 
In particolare la CPD – Consulta per le Persone in Difficoltà ETS ODV è incaricata di curare il filone dell’inclusione sociale e dell’accessibilità, temi fondamentali per guardare alla città di oggi e di domani affinchè siano sempre di più gli ambienti accoglienti per tutte le persone, a prescindere dalle loro condizioni particolari e adatti ad ogni stagione della loro vita, dai primi anni fino alla terza età.
Nel concreto gli studenti saranno guidati in una serie di passeggiate all’interno del proprio quartiere e attraverso foto, disegni e appunti personali inizieranno a delineare come immaginano una città a misura di bambino secondo il proprio punto di vista.
Alla fine dell’esplorazione dello spazio urbano realizzeranno un elaborato dove descriveranno il “quartiere dei loro sogni”. In questo modo oltre alla consapevolezza di ciò che c’è, si cercherà di aggiungere una componente attiva e progettuale.
Ma non solo: i migliori elaborati verranno esaminati e selezionati da una giuria composta da personalità della cultura piemontese, e i migliori saranno premiati il 15 dicembre 2024 durante l’evento finale che si terrà in occasione di XMAS COMICS a Torino.
 
Il Piccolo Urbanista è un progetto di MOBA – Movimento per i Bambini ODVOPES ITALIA – Ente di Promozione SportivaFondazione Educatorio della Provvidenza ETS, in collaborazione con la Regione Piemonte, con il contributo del Ministero del Lavoro e con il patrocinio della Circoscrizione 1 oltre agli enti collaboratori CPD – Consulta per le Persone in Difficoltà ODV ETSCSV Vol.To ETSAssociazione Solidarietà Insieme 2010 ODVUNICEF – Comitato Provinciale di Torino per l’Unicef Fondazione OnlusINTESA SANPAOLO Innovation CenterExperior e WeGlad.
 

Ogni sabato tra Torino e il Castello di Rivoli la linea treno e navetta

Buone notizie per i collegamenti di trasporto pubblico da Torino al Castello di Rivoli: a partire dalla prima settimana di dicembre, il servizio della linea 36n Rivoli-Alpignano verrà potenziato nelle giornate di sabato, con un nuovo percorso e orario. Questa iniziativa, frutto di una collaborazione tra la Città di Rivoli e la Città Metropolitana di Torino, garantirà collegamenti ogni ora tra la stazione ferroviaria di Alpignano e il Castello di Rivoli negli orari di apertura del Castello (dalle 11 alle 18), in coincidenza con i treni da Torino.

Grazie a questa soluzione, il tempo medio di viaggio tra la stazione di Torino Porta Nuova e il Castello di Rivoli sarà di soli 35 minuti, offrendo una valida alternativa all’auto privata, e agevolando i turisti già a partire dal periodo natalizio. Il nuovo servizio al sabato permetterà, inoltre, di rilanciare il collegamento tra Rivoli e Torino in un’ottica integrata treno+bus, anticipando la logica intermodale su cui si fonda la futura revisione della rete di trasporto pubblico locale (TPL).

“Uno sforzo anche di coordinamento che Città metropolitana di Torino ha messo in campo con impegno e convinzione – sottolinea il vicesindaco di Città metropolitana di Torino Jacopo Suppo –per agevolare la mobilità e il trasporto pubblico nella zona ovest per promuovere Rivoli sotto il profilo culturale e turistico grazie al fulcro del Castello. L’urgenza del collegamento pubblico con la stazione FFSS di Alpignano era nota da tempo ed è arrivato il momento di avviare la sperimentazione del sabato e festivi, in attesa di estendere la navetta anche nel resto della settimana. Vogliamo valutare con Agenzia della mobilità e Gtt la  possibilità di procedere con rimodulazioni al servizio anche nei giorni feriali, attivando rilevazioni di carico aggiornate sulla linea 36n Rivoli-Alpignano, così da avere una base per le valutazioni relative agli ulteriori interventi possibili da adottare.”

“Questa è una notizia eccellente per Rivoli – aggiunge il sindaco di Rivoli Alessandro Errigo – perché la navetta tra la Stazione di Alpignano e il Castello sarà utile non solo ai turisti, ma anche ai cittadini. In collaborazione con Città Metropolitana e Agenzia per la Mobilità, stiamo finalmente riorganizzando il trasporto pubblico in quest’area della città e della zona ovest. La riduzione del biglietto di ingresso concessa dal Castello rende ancora più inclusiva l’Arte Contemporanea.”

Afferma il Direttore del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea Francesco Manacorda: “Questa magnifica novità è un enorme regalo delle amministrazioni coinvolte per i quarant’anni del Museo che festeggeremo a dicembre. Un importantissimo progetto che permetterà al Castello di essere più vicino al pubblico della Città metropolitana intera”.

L’operazione anticipa il lavoro che sta prendendo forma con la redazione del PAINT (Piano dell’intermodalità e dell’accessibilità), che dà attuazione al PUMS con il ridisegno della rete di trasporto pubblico metropolitano. Questo ridisegno risponde alle esigenze emerse durante le consultazioni con gli Enti e costituirà la base di gara per l’affidamento del servizio TPL dal 2026.

Il biglietto integrato, valido per 100 minuti, costa 3,80€ e include sia il viaggio in treno sulla tratta Torino-Alpignano che il trasferimento in navetta fino a Rivoli. Per l’andata e il ritorno da Torino sono necessari due titoli di viaggio. I biglietti integrati di tipo A sono disponibili presso le rivendite autorizzate. Il Direttore del Castello, Francesco Manacorda, ha annunciato che i visitatori che lo presenteranno riceveranno un rimborso di 4€.

https://www.gtt.to.it/cms/biglietti-abbonamenti/biglietti/biglietti-carnet#integrati

Si sta inoltre lavorando per rinominare la linea 36n Alpignano-Rivoli Castello, per darle un’identità specifica come servizio di collegamento turistico.

“Guarda che storia!”. Dalla pagina scritta alla pellicola cinematografica

Sono sette i romanzi selezionati come possibili candidati a una loro trasposizione cinematografica o televisiva

Il progetto, ormai ben noto, si intitola “Guarda che storia! Racconti per lo schermo”. E’ alla sua IV edizione e porta la firma, come sempre, di “Film Commission Torino e Piemonte” e del “Salone Internazionale del Libro di Torino”. Obiettivo, quello di individuare romanzi adatti a diventare “lungometraggi” o “serie tv”, permettendo alle case editrici di presentare il proprio libro a registi, sceneggiatori, produttori e decision makers del settore.

Le cifre raccontano in concreto il successo ottenuto in questi quattro anni dal progetto, che ha visto la partecipazione di ben 153 editori e la proposta di 339 titoli, dimostrandosi un’interessante vetrina per i produttori cinematografici alla ricerca di narrazioni accattivanti ed originali. Dopo la buona partenza del progetto nel 2021 e i successi del 2022 e 2023, la quarta edizione prosegue sulla strada dei significativi riscontri, con 65 titoli proposti, giunti da 40 case editrici attraverso la “call for application” conclusasi il 15 settembre di quest’anno e rivolta a romanzi e graphic novel pubblicati tra il 2022 e il 2024. L’iniziativa conferma così la sua “mission”“quella di facilitare il dialogo tra il mondo editoriale e quello della produzione cinematografica e audiovisiva”.

E veniamo ai “magnifici sette”. Tra romanzi e raccolte di racconti, gialli e noir, fantasy e volumi di formazione e libri per bambine e bambini, sono sette, infatti, i titoli selezionati (in base a quanto richiesto nel bando, ovvero storie ambientate in Piemonte o in altri luoghi potenzialmente in grado di prevedere la realizzazione cinematografica e audiovisiva in Piemonte) che più hanno suscitato l’interesse per una trasposizione per il piccolo o il grande schermo. Eccoli, in ordine alfabetico per editore: “Crimini in Canavese. Le indagini del viceprefetto Veyrat” di Ilario Blanchietto, Atene del Canavese (Torino), 2023; “Io non uccido” di Manuel Negro, Fazi (Roma), 2024; “I Buonanima” di Ernesto Chiabotto, Neos (Torino), 2024; “Le storie di Selot” (4 volumi) di Perla Giannotti, Parallelo 45 (Piacenza), 2022-2023; “Fuga nella neve” di Sofia Gallo, Salani (Milano), 2024; “Rosso Super-Marta. 14 anni, in 14 mesi” di Marta Costamagna, Atene del Canavese (Torino), 2023; “L’ultimo pinguino delle Langhe” di Orso Tosco, Rizzoli (Milano), 2024.

Palpabile la soddisfazione da parte di Paolo Manera, direttore di “Film Commission Torino Piemonte”, e di Marco Pautasso, segretario generale del “Salone Internazionale del Libro di Torino”. Dice il primo: “‘Guarda Che Storia!’ continua a rappresentare un punto di forza per la nostra ‘Fondazione’ ed è diventato uno dei momenti più attesi dei ‘Production Days’ all’interno di ‘Torino Film Industry’, con la presentazione di storie innovative e rappresentative che vengono selezionate da esperti ‘story editor’ e sono capaci di esprimere la vivacità dell’editoria moderna e, soprattutto, la sua naturale affinità con il mondo dell’audiovisivo”. E a lui fa eco Marco Pautasso“L’evento, che si collega al progetto ‘Book to Screen’, si conferma iniziativa straordinariamente efficace per promuovere l’incontro tra il mondo editoriale e l’industria audiovisiva, sempre più alla ricerca di storie originali da trasporre per il piccolo e grande schermo, e ribadisce il grande impegno del ‘Salone del libro’ in questo settore”.

sette titoli finalisti per l’edizione 2024 di “Guarda che storia!” sono stati selezionati da un Comitato di “super esperti” composto da: Gino Ventriglia (sceneggiatore e story editor), Graziella Bildesheim (produttrice) e Giacomo Durzi (sceneggiatore). Ora, i “Sette” saranno presentati a una platea di addetti ai lavori, ma anche al pubblico, in una “pitching session” organizzata nell’ambito di “TFI Torino Film Industry – Production Days”, in programma sabato 23 novembrealle 14, al “Circolo dei Lettori” di via Bogino 9, a Torino. A introdurre la loro presentazione saranno gli stessi Paolo Manera e Marco Pautasso.

L’evento è riservato agli accreditati a “TFI – Production Days”, ma il pubblico interessato potrà scrivere a segreteria@salonelibro.it per richiedere di partecipare, lasciando la propria mail e il proprio numero di cellulare. La prenotazione è obbligatoria con ingresso libero fino a esaurimento posti.

Anche quest’anno, infine, tutti i titoli partecipanti entreranno a far parte del “Book Database”, sezione visitabile sul sito di “Film Commission Torino Piemonte”, volta a presentare i progetti finalisti di ogni edizione unitamente a tutti i romanzi che hanno inviato la propria candidatura. Un archivio di storie, idee e personaggi da trasformare in “lungometraggi” o “serie TV” consultabile da chiunque, a disposizione del pubblico e degli addetti ai lavori, vetrina per editori e autori, aperta sul mondo della produzione cinematografica e televisiva.

Per ulteriori info: www.fctp.it o www.torinofilmindustry.it o www.salonelibro.it

g.m.

Nelle foto:

–       Paolo Manera

–       Marco Pautasso

Ivrea, dopo 27 anni torna la Giornata del Ringraziamento di Coldiretti

Dopo 27 anni torna a Ivrea, domenica 17 novembre, la tradizionale Giornata provinciale del Ringraziamento di Coldiretti Torino. L’ultimo festeggiamento a Ivrea risale, infatti, al 1997.

Le Giornate del Ringraziamento degli agricoltori Coldiretti sono state istituite nel 1951 dal fondatore di Coldiretti, Paolo Bonomi, come momento di festa e di ritrovo della comunità dei coltivatori diretti. Si celebra ogni anno dopo la ricorrenza di San Martino (11 novembre) che è ancora oggi considerata la data di chiusura dell’annata agraria che termina con gli ultimi raccolti di mais e le semine del grano prima dell’arrivo dell’inverno. La Giornata del Ringraziamento ha quindi il sapore della tradizione e del legame della vita contadina con le stagioni. Ma ha anche un profondo senso religioso: la comunità contadina si ritrova, appunto, per ringraziare il Signore per i raccolti. Questo legame con la spiritualità è sancito dalla benedizione dei panieri con i frutti della terra portati da ciascuna zona della provincia di Torino contenenti le peculiarità alimentari del proprio territorio.

La Giornata del Ringraziamento di quest’anno ha anche un significato particolare con l’80esimo compleanno di Coldiretti.

Il programma prevede alle ore 10 il ritrovo di fronte alla Cattedrale di Ivrea di Santa Maria Assunta, in piazza Castello 16; alle 11 la S. Messa in cattedrale celebrata dal monsignor Edoardo Aldo Cerrato, vescovo di Ivrea; alle 12.30 la benedizione dei mezzi agricoli e il saluto delle autorità di fronte alla cattedrale; alle 13.30 il pranzo conviviale presso il salone polivalente del Comune di Bollengo in via Biella 1.

È previsto anche un corteo di una ventina di trattori che partirà dalla cattedrale dopo la benedizione e si chiuderà di fronte al salone polivalente di Bollengo.

Ornella Toselli confermata presidente della Consulta femminile

Ornella Toselli è stata eletta presidente della Consulta femminile regionale per il secondo mandato. L’elezione è avvenuta nel corso della seduta di insediamento dell’organismo consultivo per la XII legislatura. Vicepresidenti sono state elette Fulvia Pedani Rossella Calabrò, mentre Silvia Ramasso e Beatrice Rinaudo ricopriranno il ruolo di segretarie dell’Ufficio di presidenza.

Aprendo i lavori Davide Nicco, presidente del Consiglio regionale, ha ricordato che “la Consulta femminile è un organo essenziale che in questi anni ha prestato grande attenzione al miglioramento delle condizioni di vita, di lavoro e di salute delle donne, promuovendo progetti concreti per valorizzare il loro ruolo nella società sia in ambito lavorativo, che politico ed associativo. Il sottoscritto quale presidente, l’Ufficio di presidenza e il Consiglio regionale tutto saranno sempre al vostro fianco, pronti ad accogliere e supportare le vostre proposte per una società più giusta, sensibile e inclusiva”.

“Questa mattina abbiamo conseguito un obiettivo importante per la nostra Regione: l’insediamento della nuova Consulta femminile, uno spazio di confronto e di partecipazione in cui le associazioni del territorio sono le protagoniste”, ha affermato la consigliera regionale segretaria, delegata alla Consulta femminile, Valentina Cera. “Associazioni che quotidianamente si impegnano per promuovere la parità di genere dai centri alle periferie delle città, fino alle aree più interne della provincia. Il lavoro della Consulta è prezioso per la politica che voglia perseguire l’obiettivo di una società più giusta, più inclusiva e più paritaria. Di fronte a noi abbiamo un lungo cammino per abbattere stereotipi e superare le discriminazioni. Un impegno che richiede costanza, unità e una visione condivisa”.

“L’insediamento della Consulta femminile segna un importante passo verso una Regione più inclusiva e consapevole delle sfide che le donne affrontano ogni giorno – ha sottolineato l’assessore alle Pari Opportunità, Marina Chiarelli -. Questo organismo sarà il punto di raccordo tra istituzioni e cittadini, un luogo in cui elaborare proposte concrete per contrastare ogni forma di discriminazione di genere. Oggi celebriamo il valore della partecipazione femminile nelle scelte strategiche della Regione e rinnoviamo il nostro impegno nel sostenere il percorso di empowerment e libertà delle donne piemontesi”.

Ornella Toselli, neoeletta presidente della Consulta, rallegrandosi per l’ampio consenso ottenuto, “sintomo di quell’assenza di conflittualità che ha permesso già nella scorsa legislatura alla Consulta di lavorare proficuamente”, ha illustrato le principali direttrici che orienteranno il lavoro dell’organismo. “Continueremo l’attività di prevenzione e contrasto della violenza, non solo rivolta verso le donne ma anche nei confronti di tutti i soggetti fragili, e saremo attive in materia di problematiche sanitarie femminili, sensibilizzando ad esempio sulla prevenzione oncologica. In futuro poi, se il nostro Ufficio di presidenza e il Consiglio regionale saranno favorevoli, rinnoveremo la richiesta affinché in Piemonte venga istituito un Garante delle anziane e degli anziani, lavoreremo per favorire la parità di genere e il welfare femminile in ambito lavorativo e saremo al fianco delle giovani incentivando le donne che intendono studiare le discipline scientifiche e tecnologiche”.

 

Bonus per il Mezzogiorno, che cosa c’è da sapere

Di Patrizia Polliotto, Avvocato, Fondatore e Presidente del Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori.

Tramite il decreto Coesione, il Governo ha messo a disposizione alcuni incentivi per aumentare l’occupazione di alcune fasce della popolazione che non stanno giovando come altre dell’aumento del numero di occupati degli ultimi anni. In particolare, questi bonus sono dedicati a giovani, donne e persone che abitano nel Mezzogiorno.

Con una circolare, la Fondazione studi consulenti del lavoro ha spiegato quali sono i requisiti e i vantaggi che questi bonus offrono per l’assunzione di persone appartenenti a queste categorie. I vantaggi possono arrivare anche a 650 euro al mese grazie soprattutto allo sconto sui contributi previdenziali. Il primo incentivo citato nel decreto è quello per l’occupazione dei giovani sotto i 35 anni. I requisiti di accesso sono semplici: avere meno di 35 anni; non avere mai avuto un impiego a tempo indeterminato.

Non contano, secondo i consulenti del lavoro, i lavori eseguiti con contratti di collaborazione o in maniera autonoma. Il requisito parla strettamente di contratti da dipendente a tempo indeterminato. In caso un’azienda assuma un lavoratore con questo profilo, avrà un esonero totale dal pagamento dei contributi a carico del datore di lavoro, con l’eccezione di quelli dovuti all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Questa esenzione raggiunge un massimo di 500 euro al mese per ogni assunzione e dura per 24 mesi dal momento della firma del contratto.

Uno dei problemi principali che causano la bassa occupazione in Italia è la minore quantità di donne che partecipano alla vita produttiva del Paese, che hanno un tasso di disoccupazione e di inattività molto più alti di quelli degli uomini. Per ovviare a questo problema il governo ha potenziato il bonus per l’occupazione delle donne con alcuni requisiti precisi. Il primo vale per tutte, ed è l’essere senza un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi.

Il bonus per il Mezzogiorno è invece riservato alle piccole aziende con meno di 10 occupati. La misura, non essendo cumulativa, esclude espressamente le persone con più di 35 anni.

Le agevolazioni sono le stesse del bonus riservato alle donne, con cui questo incentivo non si cumula. Si tratta quindi di uno sconto ai contributi a carico del datore di lavoro per un totale massimo di 650 euro al mese, per un totale di 24 mesi. In questo caso però i contratti devono essere sempre a tempo indeterminato.

Per queste e altre esigenze è possibile contattare dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle 18 lo sportello del Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori, con sede a Torino in Via Roma 366 ed a Pinerolo, in Viale Cavalieri d’Italia n. 14, al numero 0115611800 oppure scrivendo una mail a uncpiemonte@gmail.com, o visitando il sito www.uncpiemonte.it compilando l’apposito format.