ilTorinese

Comincia il girone di ritorno con la prima giornata (20esima totale)

Venerdì 29 gennaio ore 20.45
Torino-Fiorentina
Sabato 30 gennaio ore 18
Sampdoria-Juventus

Qui Juve: con quasi tutta la rosa a disposizione,ad allenamento odierno finito,il tecnico Andrea Pirlo è tornato a parlare della squadra e gli è stato fatto notare che è  stato bravo nel saper trovare la quadra con questi uomini che la società gli ha dato,ma secondo autorevoli esperti di calciomercato, lui vorrebbe di più ed avrebbe espressamente richiesto alla dirigenza uno sforzo per arrivare a Manuel Locatelli. Non è un mistero che la Juventus abbia già provato ad acquistarlo dal Sassuolo, proprio perché pallino del Maestro. Al termine della stagione, è lecito aspettarsi un nuovo assalto da parte della società campione d’Italia nei confronti di un centrocampista che completerebbe, almeno sulla carta, un reparto in via di sviluppo.
Intanto nessuna novità per quanto riguarda la quarta punta:la Juve ce l’ha già in casa: è Kulusevsky.A Pirlo va bene così.L’investimento,come scritto poco fa,va fatto a centrocampo.

Qui Toro:il neo tecnico granata Davide Nicola sta lavorando a testa bassa per preparare al meglio i suoi giocatori granata nella sfida salvezza,quasi decisiva,contro la Fiorentina venerdì sera.I 3 punti diventano un obbligo per uscire dal pantano dei bassifondi dell’attuale classifica.Qualche miglioramento, soprattutto caratteriale e di concentrazione si è visto nell’utile pareggio,fuori casa, contro il Benevento.
La mano del nuovo Mister già si vede.
È rientrato in gruppo il difensore centrale N’Kolou ma si ferma Izzo.
Ancora fuori l’altro terzino Vojvoda.Per il resto tutti disponibili.Nessuna novità dal mercato.Arriveranno un centrocampista ed un attaccante richiesti espressamente da Nicola.Almeno una decina i nomi in ballo,tutti di buona qualità.

Vincenzo Grassano

Pluripregiudicati arrestati per rapina e sequestro di persona

Nella mattinata di ieri personale della Squadra Mobile della Questura di Torino, in via Condove di Collegno, ha arrestato due pregiudicati per rapina aggravata e sequestro di persona.

In dettaglio: i pluripregiudicati  attendevano il fine settimana (giorno in cui le giacenze di denaro sono superiori rispetto gli altri giorni)  e, all’atto dell’apertura dell’ufficio, quando giungevano gli impiegati per entrare, con un violenta spinta e con la minaccia di un’arma, riuscivano a far irruzione nell’agenzia postale sita in corso Francia 317 di Collegno (TO). A quel punto, i malviventi, sequestrati gli impiegati e con la minaccia di un coltello e della pistola (poi rivelatasi una riproduzione di un’arma semiautomatica), intimavano che la cassaforte temporizzata venisse sbloccata quindi, con assoluta calma, attendevano tanto l’arrivo degli altri dipendenti (che venivano a loro volta privati della libertà) , quanto l’apertura del mezzo forte, che avveniva circa venti minuti più tardi. La permanenza dei rapinatori all’interno dell’Ufficio Postale si protraeva per circa mezz’ora; quindi, dopo essersi appropriati del denaro contenuto nella cassaforte, ammontante a oltre 38.000,00 Euro, i due malfattori si davano alla fuga, venendo fermati dopo poco dagli investigatori mentre cercavano di dileguarsi nel cantiere posto dinnanzi all’ufficio postale e di confondersi con gli operai, indossando dei gilet ad alta visibilità che i due rapinatori portavano sotto i giubbotti, durante la rapina. La refurtiva veniva interamente recuperata.

Crisi di governo e crisi della politica

A naso, la crisi di governo ha solo due possibili soluzioni. O Conte trova la quadra con Renzi o si va a votare.

Nel primo caso si troverà un agnello sacrificale che probabilmente sarà Bonafede.  Ministro della giustizia che non ha più nessuno che lo difende.  Persino il suo mentore , ex magistrato Pier Camillo Davigo non può più fare niente.

Il termine ex lo ha portato al più totale oblio. In altre parole non conta più nulla. Anche il mitico Tabacci butta la spugna : caro Conte non ci sono più i numeri. Ed appunto Conte salirà al Colle dal Presidente della Repubblica. Il pd lo pressa. Un pd in doppia difficoltà. Ripete, è colpa di Renzi ma poi, praticamente, sa che se si va al voto ne esce massacrato. Soprattutto ora che Conte vuole farsi il suo Partito ascoltando ciò che gli ha suggerito Massimo D’Alema: sei o non sei l uomo più popolare d’Italia? Allora fatti valere. Io, oramai non ci credo più che il leader Maximo non faccia più politica attivamente. Diciamolo in altro modo: fa politica…. “in altro modo”. La sua è una generazione che non molla e non mollerà mai. Come Goffredo Bettini. Inizia la sua carriera politica inizio anni 70 nella fgci romana.
Trova sintesi tra il pensiero di Pietro Ingrao e Pier Paolo Pasolini  Eclettico fin dalla nascita. Amicone di Walter Vertroni. Romani di Roma. Maestro ed amico di Nicola Zingaretti. Francamente Zingaretti mi sembra decisamente stanco ed ecco che il suo maestro ed amico ne fa le veci. Non ci vedo quel gran problema.  Va bene, Bettini non è stato eletto da nessuno. E che sarà mai… Virginia Raggi toglie deleghe ad assessori e vicesindaco. Mi sa che è un vizio pentastellato quello di far fuori i propri vice.  Chiaretta ne è maestra. In fondo quando ce vo, ce vo. Ed il marasma PD, a Torino, è un fiume in piena che ormai ha esondato da tutte le parti. Scelta del candidato.  Tutto in alto mare. Chi conosce bene Mauro Salizzoni rassicura : andrà fino in fondo. Matteo Salvini, viceversa ha imparato l’arte della politica. Viene, incontra  Da Milano e soprattutto benedice l’ ipotesi di lista civica di destra. I Berlusconiani insistono su Porchietto, il tutto senza particolari complicazioni come le primarie. In fondo ci penserà Roma nel decidere. Comunque aria di mediazione tra e nella destra. Una destra che non ha saputo, o voluto liberarsi della tradizione fascista. Il 27 è la Giornata della memoria. Ovviamente silenzio, neanche poi imbarazzato, di quelli di forza Italia. Magari tiepide condanne con la solita e stucchevole giustificazione che anche Stalin ha fatto i campi di concentramento. La comunità ebraica ha respinto al mittente le scuse di Emanuele Filiberto di Savoia. Arrivate fuori tempo massimo. I monarchici si presentarono alle elezioni ottenendo tiepidi consensi e confluirono nel Movimento Sociale. Partito non di ispirazione fascista.  Partito fascista,  decisamente direi.  Giorgia Meloni in una intervista in inglese sosteneva che non poteva giudicare negativamente o positivamente il fascismo perché non era ancora nata. In compenso ha cominciato la sua militanza nelle organizzazioni di estrema destra romana. Non a caso tra i suoi  più grandi sponsor il La Russa che non non ha mai fatto mistero il suo essere di “estrazione” fascista.
Non è solo di loro che parlo. Vorrei sapere che ne pensa chi a destra convintamente democratico è costretto nel conviverci. Il re Vittorio Emanuele III letteralmente spianò la strada a Benito Mussolini per paura dei comunisti. Ora non ci sono più i comunisti e dunque non sono un pericolo. Vorrei viceversa che sia a Roma come Torino, per tutte le forze politiche l’antifascismo fosse un discrimine. Ma non sarà così. Non mi faccio alcuna illusione. Anzi in questo ultimi tempi, molti eletti sia a Torino come a Roma,  hanno un loro personale programma: l’ignoranza. Così si è passati dal sapere e dal conoscere un valore ad un disvalore. Brutta cosa avere una classe politica ignorante. Ora in Italia ne stiamo pagando le nefaste conseguenze. A Roma e a Torino.

Patrizio Tosetto

Disagio lavoratori, proroga termine 600 euro

Lavoro, Piemonte: prorogato al 29 gennaio il termine per la richiesta del contributo individuale di 600 euro ai lavoratori in disagio economico

È stato posticipato al 29 gennaio il termine per la presentazione della domanda per contributi individuali una tantum di 600 euro ai lavoratori in disagio economico. L’Assessorato al Lavoro della Regione Piemonte, guidato da Elena Chiorino, si sta adoperando per intercettare i destinatari del bando, in particolare quelli che provengono da aziende in fallimento. Complice anche il periodo festivo, si sono infatti verificati dei ritardi nella presentazione delle domande. Parallelamente al prolungamento, l’intenzione è di rafforzare maggiormente le informazioni relative al bando, in modo da raggiungere tutta la platea dei destinatari.

Il contributo individuale una tantum di 600 euro è a favore delle lavoratrici e dei lavoratori in disagio economico e senza ammortizzatori sociali. Il bando è stato realizzato dall’Assessorato regionale al Lavoro, in collaborazione con Finpiemonte, Csi e parti sociali.

Il fondo, da 10 milioni di euro, per i lavoratori in disagio economico senza ammortizzatori si rivolge a chi abbia visto il proprio rapporto di lavoro sospeso o cessato dopo il 23 febbraio 2020, senza percepire retribuzione da marzo a maggio 2020 a causa dell’emergenza Covid19, nonché sia privo di prestazioni previdenziali o assistenziali. I beneficiari sono lavoratori dei fallimenti, domestici conviventi, lavoratori della ristorazione di imprese che hanno continuato a lavorare nel periodo da marzo a maggio 2020 con riduzione di orario, impiegati nella fornitura di pasti preparati e nei servizi di ristorazione in self-service. Inoltre sono inclusi i collaboratori coordinati continuativi con contratto sospeso o cessato da marzo a maggio 2020. La misura intende fornire un sostegno anche a quei lavoratori “dimenticati” dal decreto legge del 17 marzo 2020, convertito poi in legge il 24 aprile, che aveva ampliato in modo straordinario il ricorso agli strumenti di sostegno al reddito come la cassa integrazione ordinaria e in deroga.

Un elenco completo delle tipologie di beneficiari, insieme alle informazioni specifiche sulla misura è disponibile alla pagina https://www.regione.piemonte.it/web/temi/istruzione-formazione-lavoro/lavoro/contributi-favore-lavoratrici-lavoratori-disagio-economico-senza-ammortizzatori

Il “Giorno della Memoria” dedicato alle donne nella Shoah

“Come rane d’inverno” Allestimento alla “Soms” di Racconigi, visitabile online dal 27 gennaio

“…Considerate se questa è una donna/ Senza capelli e senza nome/ Senza più forza di ricordare/ Vuoti gli occhi e freddo il grembo/ Come una rana d’inverno…”: da questi versi, ispirati all’antica preghiera della liturgia ebraica dello “Shemà” e parte della poesia introduttiva alle pagine – le più celebri dedicate all’inferno di Auschwitz- di “Se questo è un uomo”, scritte da Primo Levi e pubblicate per la prima volta nel ’47 dall’editrice “De Silva”, deriva l’allestimento prodotto dall’Associazione Culturale “Progetto Cantoregi” e visitabile online in occasione del “Giorno della Memoria” dal 27 gennaio prossimo. Allestito alla “Soms”, ex Società Operaia di Mutuo Soccorso di Racconigi ( oggi sede della stessa Associazione ), il lavoro scenico sarà visitabile grazie al video pubblicato sul sito web progettocantoregi.it, sulla pagina Facebook di Progetto Cantoregi e sul sito del Comune di Racconigi. A muovere il racconto sarà, in tutto e per tutto, la figura femminile. Le donne della Shoah cui il progetto è specificamente dedicato. Esseri umani, privati dalla pazzoide ferocia nazista d’ogni umanità e identità, che Primo Levi equiparava nelle sfatte forme alle “rane d’inverno”, vittime di una prigionia fatta di fame, freddo, percosse, violenze e umiliazioni. Cose. Oggetti. Stracci. Rifiuti. Destinati allo sterminio, all’impietosa eliminazione. Senza colpe, se non quella di rappresentare la “diversità”. L’essere “altro” dalla nobile, e destinata a dominare il mondo, stirpe ariana. Le toccanti e drammatiche testimonianze di donne, spesso ancora bambine o giovani ragazze, che sono state internate nei campi di concentramento, o di intellettuali, che hanno urlato e urlano contro gli orrori dell’Olocausto, scorreranno sullo schermo della “Soms” e, ancora oggi, saranno un grido silenzioso contro i soprusi dell’uomo sull’uomo.

Urla. Parole che bruciano i cuori. Prive d’odio. Lanciate al vento come forte messaggio di memoria. Per non dimenticare. Quelle, tra le altre, di Anna Frank, Etty Hillesum, Edith Bruck, Liliana Segre, Hannah Arendt, Irène Némirovsky, Nelly Sachs, Gitta Sereny, Simone Weil, Elisa Springer, Joyce Lussu e Lidia Rolfi.
“L’installazione – spiega il presidente di ‘Progetto Cantoregi’ Marco Pautasso – trae ispirazione dai versi della nota poesia di Primo Levi, ed è dedicato alle donne nella Shoah, alla condizione femminile all’interno dei lager, alla specificità del loro vissuto. Non c’è volontà di guardare la Shoah da una prospettiva di genere, perché non esiste una gerarchia nella sofferenza. Ma queste testimonianze hanno contribuito ad allargare e arricchire l’ambito della nostra riflessione, la visione e comprensione di quanto è accaduto, anche nelle sue atrocità più efferate”.

In scena, tra il palco e la platea, si stagliano gli oggetti tristemente simbolici dell’inferno concetrazionario, che rappresentano gli effetti personali o domestici sottratti all’identità e alla dignità di tante donne: scarpe, indumenti, cappotti, sciarpe e foulard, libri, pettini, valigie, bambole, posate e anche capelli. Memorie di vite annullate. Memorie da non cancellare. Perché “questo è stato”.
Info: 335.8482321 – 338.3157459 – www.progettocantoregi.it – info@progettocantoregi.i Fb Progetto Cantoregi – Tw @cantoregi – IG Progetto Cantoregi.

 

Nelle foto (dal sito “encyclopedia.ushmm.org“):
– Prigioniere nelle cave del lager di Plaszow  (Polonia), 1944
– Donne sopravvissute al lager, dopo la liberazione di Auschwitz, 1945
– Anna Frank
– Etty Hillesum

(Prc-Se): “maxisentenza dimezzata per i No Tav”

“In ogni caso con la repressione non si ferma una lotta giusta”

Concordiamo con l’avvocato Gianluca Vitale che la riduzione drastica delle pene, l’assoluzione e l’annullamento di sanzioni amministrative per buona parte degli  imputati No Tav deciso dalla Corte d’appello di Torino nella seduta di ieri in riferimento agli scontri avvenuti alla Maddalena del 2011  dimostra che “l’impianto accusatorio iniziale era un minestrone”. Un minestrone posto in dubbio dalla Cassazione due anni fa.  In ogni caso noi continuiamo a pensare che sia ingiusto colpire unilateralmente chi tenta di resistere alla distruzione di una Valle. I veri responsabili di violenza e vandalismo sono i fautori di un’opera inutile, distruttiva, la cui realizzazione danneggia irreparabilmente una intera valle e non solo.  Sta di fatto che nei loro confronti così come delle forze dell’ordine che in non pochi casi si sono contraddistinte per interventi brutali  non è mai  stata presa in considerazione sanzione alcuna. Con la repressione non si ferma una lotta giusta. Avanti con la lotta NaTav

Ezio Locatelli segretario Prc-Se di Torino

“Buona destra alternativa al sovranismo”

Caro Direttore, lo spettacolo offerto dalla crisi di Governo, con le varie manovre per puntellare la maggioranza del premier Conte, non è che l’occasione per dar finalmente voce a coloro che credono in una destra moderata, che ripudia il sovranismo e il populismo, a cui guardano con favore gli italiani che non si identificano nelle urla sterili di Giorgia Meloni e nella fabbrica del cattiverio di Matteo Salvini.

Come ricorda il nostro leader, Filippo Rossi, “Adesso o mai più è il tempo di costruire una Buona Destra”, per aggregare quanti più italiani possibili attorno a un progetto di destra Europea, sana, civile, non estremista. Una destra che vuole costruire futuro con più investimenti e meno spesa. Con più strategia e meno tattica. Con più verità e meno propaganda. Una destra che, come le migliori destre europee, NON SI ALLEA con l’estremismo e, anzi, lo combatte. È un sfida storica. Una sfida di civiltà.

La politica italiana, soprattutto oggi che siamo alle prese con un’emergenza sanitaria che non ha pari nella storia moderna, ha bisogno di questa destra. Della Buona Destra, sul modello dei principali paesi europei dove l’estremismo è relegato ai margini del dialogo politico. Una Buona Destra che sia costruttiva di futuro e non distruttrice di presente, come appaiono i sovranisti ed i populisti nostrani.

L’Italia ha bisogno di un governo che la faccia crescere e la tenga in Europa, non di chi chiede elezioni anticipate o “più soldi per tutti”, come fossimo nel paese dei balocchi.

È per questo che oggi più che mai bisogna lavorare per costruire una Buona Destra, una destra che sappia respingere le sirene di ogni populismo e voglia combattere un estremismo sovranista intriso di antivalori. E’ una questione molto piu’ seria dell’ennesima crisi di governo. È un’esigenza per tutti noi.

Claudio Desirò

Buona Destra Piemonte

Alice Midiri negli USA per il campionato universitario di Softball

Negli Stati Uniti d’America sta per partire la stagione della NJCAA di softball, campionato riservato alle squadre del biennio universitario, dove la nostra Alice Midiri studia e gioca per il McCook Community College del Nebraska.

La squadra delle Indians terrà prima una serie di test match nel mese di febbraio, per poi debuttare fra il 5 e il 6 marzo a Lamar Colorado nella REGION IX NJCAA, girone dov’è inserita.
La ragazza classe 2000 di Condove (Torino), che è tesserata con la squadra di A2 softball dell’Avigliana Rebels, è l’unica europea del roster del college americano, indossa la maglia numero 3 ed è inquadrata nel ruolo di utility.
Qui la sua scheda universitaria di Alice Midiri

Ream, indagati anche Fassino e Quaglia

Gli inquirenti sospettano una gara pilotata per favorire l’ipermercato Esselunga rispetto a Novacoop.

Si torna a parlare dell’area ex Westinghouse e del debito della società Ream, che ha inguaiato la sindaca Chiara Appendino, condannata per falso. La procura  ha notificato quattro avvisi di garanzia per turbativa d’asta all’ex sindaco Piero Fassino, alla funzionaria del Comune Paola Virano, al presidente della fondazione Crt e presidente di Ream Giovanni Quaglia e al consigliere d’amministrazione Antonio Miglio.

Riapriamo subito le sale teatrali e che l’Italia della canzonetta non possa vincere

Ah, le canzonette! Che poi, come cantava qualcuno, sono solo canzonette, non dovrebbero disturbare. E invece no, a quelle canzonette si costruiscono piedistalli – seppure con temporanei e fragili basi d’argilla -, tutt’intorno si confezionano serate televisive, per darci divertimento, dicono loro, zeppe dei soliti nomi che di tanto in tanto, gellificati e stratamponati, per esempio in un Sistina ridotto a studio televisivo, spremono la lacrima per quei “colleghi cui l’annus horribilis ha impedito e continua a impedire di lavorare, noi siamo qui anche per loro”.

Mentre un velo sottile sottile di ipocrisia cala sul teleschermo. E i flashmob in piazza si sprecano, inascoltati. Piedistalli intorno ai quali l’Italietta della canzone trova il suo miglior momento, da anni (siamo arrivati al settantesimo appuntamento, tra alti e bassi, tra successoni salva Rai e cali d’ascolto su cui arrabattarsi il giorno dopo), a Sanremo, nelle più o meno tiepide giornate di febbraio, quest’anno slungate ai primi di marzo, non si sa mai. Perché quei piedistalli sono il meccanismo annuale che non si può inceppare né scavalcare, perché su di essi fiorisce un’industria – sponsor docet -, ricca e salvifica,  di cui non si può tacere, in grado di riempire di linfa nuova le casse della tivù. E allora ben vengano Orietta Berti, trasportata lì dalle personali altezze filosofiche alla corte di Fazio, e il rap e il resto della corte dei prescelti a riscattare con le loro ugole questo tempo gramo, ben vengano le performance del signor Lauro De Marinis, “in arte” Achille Lauro, presenza ricercata (imposta?) e insostituibile, capace di scalare inimmaginabili vette con le sue Rolls Royce o i suoi Me ne frego come con le sue tutine trasparenti. Show must go on ci insegnano d’oltreoceano, il carrozzone deve andare avanti diciamo noi.

In questo periodo di ordini e contrordini, di riunioni e di giuramenti del tipo “andrà tutto bene”, di pacche sulle spalle tra gli amiconi Amadeus e Fiorello e di telefonate all’alba a cercare soluzioni dell’ultima ora, di spazi esterni tipo navi da crociera confezionati ad hoc per la salute pubblica, quel che non riusciamo a mandar giù è l’uso del teatro Ariston, che le sue porte si spalanchino – al di là del solito ritornello “dopo aver preso tutte le precauzioni del caso” e del proclama ingannatore e di comodo “noi dobbiamo portare nelle case allegria e leggerezza”- per cinque sere, che s’inventino un circa quattrocento figuranti, contrattualizzati e con tanto di tamponi per ogni tranquillità, e che la galleria se ne resti lì svuotata di tutto e di tutti.

Un panorama triste, diciamo noi, tra attività che cessano, tra le barzellette dei seicento euro tirati a mille che arrivano quando arrivano, con il contagocce (a proposito, anche a quei semisconosciuti canterini – o attori in erba come a quelli che in erba non sono più, che le bollette continuano a pagarle – che non hanno ancora ben chiaro che faccia abbia il successo), tra i vaccini che si macchiano di ritardi e i conti che non tornano, tra le crisi senza fine del governo, tra questo mostro che finirà col mettere troppi in ginocchio. Ah no, Sanremo non si tocca, dicono al contrario in Rai, quel festival s’ha da fare e “senza pubblico e il suo calore”, come ci tiene a precisare Iva Zanicchi, “sarebbe molto triste”. D’accordissimo. Mentre i francesi con tutta la loro grandeur, dopo che hanno fatto della Croisette un deserto lo scorso maggio, pensano di far slittare Cannes e il suo festival a luglio, con ogni gesto scaramantico, decente e no, mentre gli inglesi, azzannati da una brexit che costringe gli artisti a casa loro, hanno per il secondo anno fatto una croce sul festival di Glastonbury, mentre anche il carnevale di Rio rimetterà in soffitta bauli e paillettes.

D’accordissimo con la Iva nazionale. E’ come farsi servire una bella puttanesca e vedersi arrivare una pasta in bianco. E’ l’Ariston in quanto teatro che non mi sta bene. Che la Rai riesca ad imporre il suo diktat. Che per cinque giorni lì dentro esistano le luci, le voci, gli affanni, il sudore, le proposte, i sentimenti, le riuscite e i fallimenti: mentre tutti gli altri teatri italiani, abolita ogni scala di grandezze e di valori, restano polverosamente chiusi. Non mi sta bene che nell’arcobaleno di colori rosso arancione giallo, che nello srotolìo di notturni DCPM, di riunioni nel cuor della notte per salvare la patria, nessuno (ma Franceschini dov’è? ha una voce, qualche proposta al proposito? o lo sentiamo far festa e inneggiare alla cultura dell’Italia soltanto quando a Pompei trovano un galletto dipinto in un thermopolium di duemila anni fa?) si sia per un attimo messo le mani nei capelli e, folgorato, abbia gridato “oddio, abbiamo anche i teatri e i cinema che da un anno non riaprono, abbiamo i set spenti e le compagnie che non si possono formare, abbiamo un enorme pacchettone di film che non possono uscire e che finiscono per la contentezza di pochi su qualche piattaforma, abbiamo gli attori a spasso!”, fregandosene di quanto la sala e il grande schermo siano ancora, alla faccia delle più recenti tecnologie, il mezzo più “bello” (ma ognuno si scelga l’aggettivo che più gli piace) per godersi un film e il palcoscenico, con tutta la sua polvere, trascinata giù da secoli di arte e di storia, di una Vita che non si può far finta che non esista, uno dei luoghi più vitali e significativi che ci possano essere. Gabriele Lavia accusava ieri dalle colonne del Messaggero “la morte del teatro” e definiva “una volgarità” questo affannarsi di troppi intorno all’appuntamento rivierasco. E se non è morte, è una lunga insopportabile agonia. Lo streaming, vabbè, ma è come visitare gli angoli più singolari del mondo standocene stancamente a casa, magari davanti al piattino dei cioccolatini, davanti a qualche sito.

“Latitante” ha definito il ministro “alla Cultura” nei giorni scorsi Emma Dante, regista teatrale e lirica, una delle punte d’eccellenza di casa nostra, dalle pagine dei social, “se si decide di fare Sanremo con il publico, si riaprono i teatri e i cinema. E’ pacifico”. La prosa morta, il cinema affossato, il balletto in solaio, i concerti nella totale ombra, è doveroso, umano, coerente cercare un orizzonte di luce. Con l’Ariston di Sanremo. Dopo l’Ariston di Sanremo. Le ha fatto eco Manuela Kustermann, nome storico del teatro, oggi responsabile del Vascello di Roma: “Se il festival di Sanremo apre al pubblico, mobilitiamoci, scendiamo in piazza. Ci sentiamo mortificati, dimenticati. Si parla di turismo, mai di cultura, mai di teatro. E’ vergognoso che da mesi il ministro Franceschini sia latitante, non dica nulla, non si esponga”. Il teatro deve riprendere vita, con tutte le precauzioni, i teatri e i teatranti devono sentirsi di nuovo vivi, vedere riaffermato quel posto che gli spetta, ben oltre le canzonette. Non è più tempo di panem et circenses, i miseri ristori e il  festival canterino della nostra epoca, non è più tempo di girare la faccia dall’altra parte. Altrimenti non sarà soltanto la morte del Teatro. La Commissione di Vigilanza ha convocato per domani martedì il direttore di Raiuno, Stefano Coletta, vedremo che avrà da dire e quali decisioni verranno prese.

Elio Rabbione