ilTorinese

Quella “grande arte” che, in Italia, sdoganò il “Contemporaneo”

Dalla “Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea” di Roma ai “Musei Reali” di Torino, oltre 70 opere della prima avanguardia

Fino al 2 marzo 2025

Anni ’50 – ’70. Signori miei, che anni quegli anni! Per il Paese (a maniche in su per la benefica ricostruzione post-bellica che avrebbe portato agli anni del boom economico ma anche alle inquietanti avvisaglie dei terribili “anni di piombo”), un ventennio di sovvertimenti burrascosi e totali. Nel bene e nel male. Che non mancarono di travolgere anche il mondo dell’arte, trasformatosi in un vero e proprio “movimento artistico tellurico”, portato avanti da un gruppone solido e coraggioso di “protagonisti germinali, oggi identificati come gli interpreti internazionali dell’allora contemporaneità”.

A sottolinearlo è Luca Massimo Barbero, curatore con Renata Cristina Mazzantini (direttrice della “GNAM-Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea” di Roma) dell’inedita rassegna “1950-1970. La Grande Arte Italiana” ospitata, fino a domenica 2 marzo, nelle “Sale Chiablese” dei “Musei Reali” di Torino. 79 le opere esposte, provenienti dalla “GNAM” e riunite, per la prima volta, al di fuori del “Museo” di appartenenza, in una mostra prodotta dai torinesi “Musei Reali” e da “Arthemisia”, nonché fortemente voluta e resa possibile da Mario Turetta, “Capo Dipartimento per la Attività Culturali” del “Ministero della Cultura” e direttore delegato dei “Musei Reali” di Torino. 21, gli artisti rappresentati in un iter che coinvolge 12 Sale“La mostra vuole porre – afferma la direttrice della ‘GNAM’ Renata Cristina Mazzantini – l’attenzione sul ruolo da protagonista che la Galleria romana rivestì nella costituzione del patrimonio artistico italiano moderno e contemporaneo, grazie soprattutto al rapporto attivo che, nei suoi tre decenni al vertice della Galleria, la soprintendente Palma Bucarelli seppe intrecciare con gli artisti più significativi e innovativi di quella così alta stagione”. Stagione irripetibile. Annunciata in rassegna da due opere che subito ti avvertono delle dirompenti visionarie “bizzarrie” che ti aspettano nel lungo percorso espositivo: un astratto-materico “Rilievo con bulloni” del ’58-’59 del parmigiano Ettore Colla e “L’arco di Ulisse” del ’68 realizzato dal pugliese Pino Pascali (con lana d’acciaio su struttura in legno), cui si deve anche quel rosso fuoco “Primo piano labbra” del ’64, sarcastico rimando all’aggressività massmediale di certa pubblicità rivolta al pubblico femminile di allora.

In entrambe le opere, colpiscono l’invenzione e la capacità di trasformare il ludico esercizio manuale in opere di indubbia matrice artistica. Varcato l’ingresso, ecco i lavori di Giuseppe Capogrossi, fra cui la grande “Superficie 207” con quel caratteristico “segno” (“pettine” o “forchetta” per i critici) che il romano Capogrossi seppe elaborare e trasformare in tutte le maniere possibili. E, a seguire, un focus su quegli anni ’50, in cui l’arte amava palesarsi nell’utilizzo di materiali non convenzionali, da quelli di riciclo (sacchi di juta, plastiche, catrami o metalli) firma inconfondibile di  Alberto Burri, fino al gesto estremo della “lacerazione dei manifesti pubblicitari” del calabrese Mimmo Rotella, che in mostra firma anche una “realista” silhouette nera del presidente Kennedy, di spalle, al telefono. Sala monografica, a seguire, per il friulano Afro Basaldella e il suo, meno irruento e vagamente memore dell’immagine, “lirismo astratto”, cui s’oppongono le fluttuanti e vivide (verticali o orizzontali) fasce di colore di Piero Dorazio, così come i celebri “Concetti Spaziali” (concretizzazione del suo “Manifesto Blanco”) di Lucio Fontana. Fra le donne, meritano uno spazio speciale la romana Giosetta Fioroni fortemente ispirata (non meno di Sergio Lombardo e Tano Festa) alla “nuova mitologia” creata dai “nuovi media” (tv, cinema e rotocalchi) e la siciliana Carla Accardi, artista dal segno “auto generativo” e figura fra le più rappresentative dell’“Arte Povera”.

E che dire della maestosa imprevedibile “Superficie lunare” di Giulio Turcato o del “Poetry Reading Tour” in cui Gastone Novelli riesce a fondere pittura e scrittura e segni, in un’azione (molto diversa da quella simile in partenza di Toti Scialoja) di bizzarro collante fra realtà e immaginazione. Un altro inedito confronto si sviluppa, infine, fra un intenso monocromo nero di Franco Angeli ed alcuni importanti “Achrome” di Piero Manzoni, fra le più rivoluzionarie figure dell’arte italiana. A conclusione, le sale dedicate all’iconico quadro specchiante del ’68 di Michelangelo Pistoletto, insieme alle celebri “Cancellature” di Emilio Isgrò, all’“Incidente D662” di Mario Schifano e all’ironico (fin dal titolo) e dissacrante “Bachi da setola” del già citato Pino Pascali. Fra le Sale si cammina e si osserva incuriositi. Dentro la consapevolezza di non incontrare limiti all’ingegno dei “nuovi” (in allora) artisti.

Gianni Milani

“1950-1970. La Grande Arte Italiana”

Sale Chiablese-Musei Reali, piazzetta Reale, Torino; tel. 011/1848711 o www.museireali.beniculturali.it

Fino al 2 marzo

Orari: Da mart. a dom. 10/19. Lunedì chiuso

Nelle foto: Pino Pascali “Primo piano labbra”, tela smaltata tensionata su struttura lignea con camere d’aria, 1964; Giuseppe Capogrossi “Superficie 207”, olio su tela, 1957; Lucio Fontana “Concetto spaziale. Teatrino”, idropittura su tela con buchi e legno laccato, 1965; Mimmo Rotella: “Senza titolo”, Décollage, 1962

Rifllessioni su Babbo Natale

Nonno, come mai sul 25 Dicembre c’è scritto solo Natale e non il nome intero, Babbo Natale?”

La domanda di mio nipote mi ha lasciato di stucco…

Il 25 Dicembre è la festa principale per tutti i bambini, che la attendono con ansia soprattutto per un motivo: ricevono regali dai genitori, dagli zii, dai nonni; e la cerimonia dell’apertura dei pacchio dono sotto l’albero è uno dei momenti magici dell’anno…

Che tensione nei giorni precedenti, che timore di non meritare giochi, bambole, scatole multicolore perché non si è stati abbastanza buoni durante l’anno…

Che gioia scartare la carta e scoprire, oh sorpresa, proprio quello che sognavano e che avevano chiesto in letterine accorate…

Che felicità passare ore liete a giocare con i fratelli, i cugini, gli amici mentre i “grandi” intrecciano conversazioni e programmano l’ormai prossima festa di Capodanno…

Per i piccoli da decenni i regali sono portati da Babbo Natale, un personaggio inesistente creato dalla Coca Cola per reclamizzare la sua nota bibita gassata.

 

Nel 1931 Coca‑Cola commissionò all’illustratore Haddon Sundblom il compito di disegnare Babbo Natale per le pubblicità natalizie. Queste raffigurazioni hanno cambiato il modo in cui Babbo Natale veniva rappresentato: il primo Babbo Natale infatti era verde e si legava alla tradizione nordica di Odino, che immaginava il personaggio che regalava dolciumi. La sua origine peraltro può essere ascritta ancor più indietro nel tempo, legata ad un personaggio realmente esistito nel IV secolo a.C, e cioè il vescovo Nicola di Mira, che ancora sopravvive nei paesi nordici con il nome di Santa Klaus..

Potenza del marketing: in pochi decenni un’immagine pubblicitaria ha cancellato non solo secoli di tradizioni radicate, ma (e questo è l’aspetto più triste nella domanda del mio nipotino) la vera essenza del 25 Dicembre, che non è la festa di Natale Babbo, ma è la festa che ricorda la nascita di Gesù!

Nei calendari più attenti e precisi, il 25 Dicembre è infatti descritto come “Natale N.S.G.C.”, sigla misteriosissima per tutti i nipotini e per la stragrande maggioranza degli adulti, che, per esteso, significa “Natale di Nostro Signore Gesù Cristo”.

Natale è un aggettivo, non un nome! Indica il giorno “natale” (cioè della nascita) del Redentore.

Una festa intrinsecamente religiosa, staccata da ogni contenuto gaudente legato a regali, feste, cenoni, pacchi dono.

Una festa che dovrebbe far riflettere sui contenuti spirituali, sull’importanza di staccarsi dai valori materiali e meditare sui valori spirituali; altro che regali, trenini, tablet, bambole, cellulari…

E la cosa più triste è che (riflettete!) passate poche ore o pochi giorni i rutilanti giocattoli giaceranno in un angolo, dimenticati ed inutili, perché il tempo corre in maniera sempre più veloce, bruciando anche le cose più belle e desiderate e lasciando un triste, amaro vuoto nell’anima.

GIANLUIGI DE MARCHI

 

Tornano i cattolici professionisti?

LO SCENARIO POLITICO  di Giorgio Merlo

È un vecchio vizio che era addirittura già presente nella lunga e feconda esperienza della
Democrazia Cristiana. Parliamo, cioè, dei cosiddetti cattolici professionisti o, come li chiamava
con una punta di sarcasmo l’indimenticabile Carlo Donat-Cattin, “ i cattolici doc”. Si tratta, cioè,
di quei cattolici impegnati in politica che semplicemente si ritengono più cattolici degli altri in virtù
di una coerenza, di una dirittura morale e di una lungimiranza politica e culturale che erano e
restano tutte da dimostrare. Perchè, com’è evidente, in politica tutto è opinabile anche se non
tutto è lecito e permesso.

Ma, per entrare nel merito di questa categoria, si tratta appunto di una deriva, e di una
degenerazione, che non si è affatto esaurita anche nella stagione contemporanea. Neanche con
l’avvento della cosiddetta seconda repubblica. Anzi, si è ulteriormente accentuata. Ora, con la Dc
era francamente difficile sottolineare le ragioni di questa diversità, anche se gli esempi sono
talmente evidenti che non si possono nascondere. Basti pensare allo stile e al comportamento
concreti di Oscar Luigi Scalfaro e di altri cattolici, come gli intellettuali che parteciparono alla
famosa ‘Assemblea degli esterni’ della Dc nel 1981 che aveva come obiettivo prioritario ed
esclusivo quello di rinnovare e di rifondare la Dc stessa, per rendersene contro. Ma si tratta di una
deriva che si è affinata e perfezionata proprio in questi ultimi anni. E l’ultimo esempio, per
concentrarsi sull’attualità, riguarda proprio la “non discesa in campo” – almeno così pare di capire
ma è sempre comunque molto difficile decifrare il comportamento di alcuni cattolici – dell’ex
Direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini.

È bastato, cioè, che un personaggio del genere con un curriculum noto e collaudato e benedetto
da esponenti autorevoli come il sempreverde Romano Prodi e da altri segmenti dell’universo
cattolico italiano, per arrivare alla conclusione che Ruffini è ufficialmente il vero cattolico che
scende in campo e che, di conseguenza, può essere il punto di riferimento dell’area cattolica
italiana. A prescindere, come ovvio e scontato, dai consensi reali che, secondo costoro, è una
variabile del tutto indipendente rispetto alla cosiddetta e presunta autorevolezza del nuovo
protagonista.

Ora, senza nulla togliere – come ovvio – al profilo e alla personalità politica e culturale di Ruffini,
quello che non si può non rilevare è che, purtroppo, persiste questa vulgata secondo la quale ci
sono dei cattolici più cattolici degli altri. In virtù di misteriose motivazioni che non sono mai
trasparenti ed oggettive ma che sono il frutto di considerazioni che la cultura del “politicamente
corretto” legittima e certifica. Pertanto, sin quando i Ruffini di turno non scenderanno in campo
dovremmo di nuovo prendere amaramente atto che i cattolici nella politica o sono irrilevanti o
sono ininfluenti o, peggio ancora, non sono affatto credibili e nè, tantomeno, capaci di incidere
attraverso la loro azione concreta nella cittadella politica italiana.

Ecco perchè, alla luce di questa strana e singolare anomalia che resiste malgrado la Dc abbia
chiuso i battenti da oltre 30 anni, forse è anche arrivato il momento per affermare con umiltà ma
con forza che non esistono “cattolici di serie A e cattolici di serie B” e che, soprattutto, va
archiviata definitivamente ed irreversibilmente la curiosa tesi che solo alcuni sono più degni e più
titolati di altri a rappresentare ciò che resta dell’area cattolica nella politica italiana. E lo dico per
rispetto dei cattolici, di tutti i cattolici che hanno una spiccata vocazione alla politica e all’impegno
pubblico. E com’è altrettanto ovvio, nel pieno rispetto del pluralismo delle scelte politiche ed
elettorali dei cattolici italiani. Ma il tutto, comunque sia, deve avvenire senza ridicole primogeniture
e grottesche auto investiture politico, culturali ed etiche.

Torna il pattinaggio su ghiaccio naturale a Sauze d’Oulx

Un’idea fortemente voluta dall’Assessore al Turismo Davide Allemand che esprime tutta la sua soddisfazione: “Sono anni che ragioniamo sul pattinaggio su ghiaccio, ma per motivi vari non eravamo mai riusciti a dare corso ai buoni propositi. Quest’estate, non appena si è insediata la nuova Amministrazione Comunale e mi sono state conferite le deleghe al Turismo, mi sono prontamente attivato affinché non passasse un altro inverno senza il ghiaccio. Siamo così riusciti a trovare le risorse, ma soprattutto siamo riusciti a trovare la collocazione idonea per questa pista che è di dimensioni importanti, vale a dire di 160mq. Per noi era strategico collocarla al Parco Giochi “Vincent Hawkins” perché è centrale rispetto al paese e perché qui anche d’inverno si concentrano le famiglie. Proprio alla vigilia di Natale il pattinaggio ha aperto i battenti ed è stato preso d’assalto. Vedere la pista piena conferma che l’idea del pattinaggio era vincente. Ci crediamo ciecamente perché vuole essere un’offerta in più che il nostro Comune offre ai turisti, ma anche ai nostri bambini e ragazzi del paese. È poi un’attrattiva per l’apres ski che piace e serve a socializzare e a godersi appieno la vacanza qui da noi a Sauze”.

La pista di pattinaggio su ghiaccio naturale è aperta tutti i giorni dalle 15 alle 22 sino al 2 febbraio 2025. I costi sono di 8 euro per mezz’ora, con possibilità di continuare le pattinate con un euro ogni 15 minuti supplementari. Il costo dell’”orso” (ovvero il supporto che accompagna i non provetti pattinatori) è invece di cinque euro. Ovviamente vi è la possibilità di affittare i pattini direttamente in loco.

Sauze torna così a pattinare come già faceva in passato. L’Assessore Davide Allemand riprende così la tradizione del pattinaggio: “Sauze d’Oulx nel tempo ha sempre avuto uno stretto rapporto con il pattinaggio su ghiaccio. Già una trentina di anni or sono c’era una pista sotto piazzale Miramonti, poi c’è stata l’esperienza del ghiaccio al laghetto di Grand Villard e in ultimo il pattinaggio era già stato collocato presso il parco giochi. Ma parlo di una decina di anni or sono. Quindi c’è tutta una generazione di sauzini e di turisti che non ha vissuto quegli anni. Con il nuovo impianto in funzione andiamo così a offrire qualcosa di nuovo a loro e torniamo ad offrire anche un servizio a chi saliva a Sauze d’Oulx anche per pattinare”.

Addio al giornalista Ormezzano, grande firma dello sport

/

E’ morto Gian Paolo Ormezzano, figura celebre del giornalismo sportivo italiano. L’ex direttore editoriale di Tuttosport è deceduto a  Torino a 89 anni. Storico tifoso del Toro, Ormezzano ha scritto per anni su  La Stampa e sul Guerin Sportivo. Ha seguito i più grandi eventi sportivi dagli anni 60 ad oggi.  E’ stato opinionista sportivo in tv e ha anche avuto una parentesi politica come consigliere comunale di sinistra a Torino. Una firma di quelle del giornalismo di una volta, di come non ce ne sono e non ce ne saranno più.

Al Palazzo delle Feste di Bardonecchia in mostra quadri e opere di cioccolato

Si intitola “Tracce di gusto” la mostra allestita al Palazzo delle Feste di Bardonecchia, nell’ambito della Stagione Scena 1312 Arte.

Esposti quadri e sculture di cioccolato per illustrare l’attività pasticcera della famiglia Ugetti, da 70 anni presente sul territorio di Bardonecchia. Un percorso iniziato nel 1954 con l’arrivo a Bardonecchia di Teresio e Luciana Ugetti e l’apertura della prima pasticceria in via Medail, proseguito con l’attività del figlio Franco con la moglie Marina e che, ora, con l’arrivo della terza generazione, con Davide ed Andrea Ugetti, continua.

Tra le opere anche riferimenti alla storia di Bardonecchia, come la riproduzione del traforo del Frejus, una scultura di 28 chili, la cui realizzazione ha richiesto un tempo di 60 ore.

Un video racconta, invece, la storia della famiglia Ugetti, le sue creazioni, il suo impegno “sul piacere di fare dolci” ed il suo legame con Bardonecchia.

“Questa esposizione – raccontano Franco, Andrea e Davide Ugetti – nasce dall’idea e dal desiderio di guardarsi indietro e vedere le orme lasciate sul nostro sentiero lungo questi 70 anni”.

 

Il Sindaco Lo Russo sta prendendo il toro per le corna

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

Pier Franco Quaglieni

L’opposizione alla maggioranza al Sindaco di Torino Lo Russo sembra non esserci più. A parte “Torino bellissima” e il suo fondatore  che non ha quasi mai  fatto sentire la sua voce, sembra non esistere una opposizione nel suo complesso che esprima una qualche strategia. Forse è colpa dei giornali che trascurano ed ignorano, preferendo dedicare ampi  articoli al nuovo “matrimonio” molto chic  dell’assessore Foglietta  o forse è doveroso cogliere una immagine  (che si sta consolidando) del Sindaco Lo Russo che lo rende in sintonia con la città, malgrado alcuni assessori piuttosto carenti. Balza evidente infatti  un  forte impegno del Sindaco a rilanciare una città che rischia la marginalizzazione per le note vicende di “Stellantis” e non solo. Si coglie nel silenzio di tanti la volontà del Sindaco che non si arrende alle difficoltà. Stiamo vivendo una crisi che è peggiore di quella del 1864, provocata dal trasferimento della capitale a Firenze. Gli sciocchi che dalle Olimpiadi in poi hanno pensato ad una città turistica al posto di quella industriale sono ormai al capolinea perché si è dimostrata un’utopia velleitaria puntare tutto sulle mummie egizie. Il sindaco Lo Russo sta prendendo il toro per le corna, cercando di rimettere in moto una città in affanno come non mai. Lo Russo si sta rivelando l’uomo giusto al posto giusto anche perché privo di quell’ideologismo  intellettualistico che ha rovinato Torino. I tempi di Appendino sono davvero lontani e credo che si possa dar fiducia ad un sindaco pragmatico che è l’ultima ancora di salvezza.

Orbassano in lutto per i due coniugi che si sono tolti la vita insieme

/
E’ ancora sotto shock la comunità di Orbassano per i due coniugi che i sono tolti la vita insieme. Due anni fa anni si era suicidata la loro figlia, ventottenne,  impiccatasi dicendo di non riuscire più a sostenere il peso delle violenze subite da un parente quando era bambina.
Alessandro G., 64 anni, medico, e Cristina M., 59 anni, farmacista avevano raccontato la storia della figlia al giornale Eco del Chisone il 9 dicembre. Poi li hanno trovati nella loro auto chiusa nel garage di casa, in condizioni disperate; la donna è morta nove giorni dopo, l’uomo il 23 dicembre. Una loro vicina ha detto alla Stampa che i coniugi hanno lasciato tutti i loro averi in beneficenza.

La polizia salva 45enne che tenta di lanciarsi da ponte della tangenziale

Un uomo  di 45 anni avrebbe tentato di togliersi la vita lanciandosi dal ponte della Tangenziale di Biella. L’allarme è stato dato da alcuni automobilisti che hanno  chiamato la polizia. Gli agenti lo hanno fino all’arrivo del 118 che lo ha portato in ospedale. L’uomo è apparso in stato confusionale. Avrebbe lasciato anche un biglietto per spiegare le ragioni del suo gesto.

NOTIZIE DAL PIEMONTE