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Il bollettino Covid di martedì 25 gennaio

COVID PIEMONTE: IL BOLLETTINO DELLE ORE 16

LA SITUAZIONE DEI CONTAGI

Oggi l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato 18.656 nuovi casi di persone risultate positive al Covid-19 (di cui 16.132 dopo test antigenico), pari al 14,9% di 125.106 tamponi eseguiti, di cui112.190 antigenici. Degli 18.656 nuovi casi gli asintomatici sono 16.066 (86,1%).

I casi sono così ripartiti: 15.400 screening, 2.606 contatti di caso, 650 con indagine in corso.

Il totale dei casi positivi diventa 819.564, così suddivisi su base provinciale: 67.343 Alessandria, 37.893 Asti, 30.827 Biella, 113.891 Cuneo, 63.788 Novara, 429.709 Torino, 28.963 Vercelli, 30.154 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 4.007 residenti fuori regione ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 12.999 sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono144(-9 rispetto a ieri)

I ricoverati non in terapia intensiva sono 2.115 (-25 rispetto a ieri)

Le persone in isolamento domiciliare sono 167.505

I tamponi diagnostici finora processati sono 13.807.823 (+ 125.106rispetto a ieri).

I DECESSI DIVENTANO 12.504

Sono 23, 6 di oggi, i decessi di persone positive al test del Covid-19 comunicati dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte (si ricorda che il dato di aggiornamento cumulativo comunicato giornalmente comprende anche decessi avvenuti nei giorni precedenti e solo successivamente accertati come decessi Covid).

Il totale diventa quindi 12.504 deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi per provincia:1.645 Alessandria, 764 Asti, 475 Biella, 1.544 Cuneo, 1.005 Novara, 5.973 Torino, 574 Vercelli, 404 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 120 residenti fuori regione ma deceduti in Piemonte.

637.296 GUARITI

I pazienti guariti diventano complessivamente 637.296 (+22.163 rispetto a ieri), così suddivisi su base provinciale: 54.950 Alessandria, 31.441 Asti, 23.312 Biella, 91.254 Cuneo, 53.248 Novara, 329.471 Torino, 22.540 Vercelli, 24.726 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 2.298 extraregione e 4.056 in fase di definizione.

Muore il “re” delle discoteche: da lui i più noti cantanti

Era  uno dei «re» della ristorazione e delle discoteche, Giacomino  Tomatis, 65 anni, conosciuto da tutti come Mino

Il titolare del ristorante – discoteca «La Pagoda» di Caraglio (Cn) è morto all’ospedale Santa Croce di Cuneo, dove era ricoverato da prima delle vacanze di Natale, per un malore seguito da  un grave peggioramento delle condizioni di salute. Nel 1968 i suoi genitori edificarono  il locale sulla strada provinciale per Cuneo, che negli anni vide protagonisti i cantanti più noti dell’epoca.  E nel  1985, in un  capannone vicino, Tomatis realizzò  il «Galaxy Pagoda», allora la discoteca più grande d’Europa, che poteva ospitare oltre 3000 persone.

Bambino di 10 anni muore per Covid Non era vaccinato per “precauzioni di salute”

Oggi un bambino di dieci anni è morto  per Covid nella Terapia intensiva del Regina Margherita di Torino.

Il ragazzino, affermano fonti sanitarie non era vaccinato per “precauzioni di salute in una famiglia di vaccinati”. Secondo le prime informazioni da piccolo era stato soggetto ad epilessia.

Ieri era stato trasferito a Torino  dall’ospedale di Mondovì (Cuneo) in gravi condizioni.

E’ giunto in ospedale con  ipotermia, rabdomiolisi, dolori muscolari agli arti inferiori e sospetta miocardite a causa del virus, ed  è iniziato immediatamente il trattamento specifico contro il Covid, fino alla dialisi. I tentativi di  salvare il bambino si sono rivelati inutili. si tratta del primo minore a morire per Covid in Piemonte.

Il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e dell’assessore alla Sanità Luigi Genesio Icardi :

“È una notizia che non avremmo mai voluto apprendere, una tragedia per la famiglia a cui ci stringiamo forte, ma anche per la nostra regione che sta mettendo in campo ogni forza per proteggere da questo maledetto virus ogni cittadino, a cominciare dai più piccoli. Sappiamo dall’ospedale Regina Margherita che i genitori sono entrambi vaccinati, ma che non avevano ancora potuto richiedere la vaccinazione del bambino per ragioni legate al suo stato di salute. Una circostanza drammatica e profondamente dolorosa, che speriamo con tutto il cuore possa far riflettere chi invece non ha impedimenti per vaccinare subito i propri figli. Pur nelle preoccupazioni comprensibili di ogni genitore, è fondamentale capire l’importanza di vaccinare i nostri bambini”.

Pillola anti Covid, il Piemonte tra le prime regioni

Sono 144 i trattamenti nell’ultima settimana. Il dato indica che  il “Piemonte si posiziona tra le prime tre regioni italiane per utilizzo della terapia”.

Lo comunica il presidente della Regione, Alberto Cirio, a proposito dell’uso della nuova pillola anti Covid.

  “E’ una terapia in cui abbiamo creduto fin dall’inizio – dice il governatore  – e che dimostra l’impegno costante della nostra regione nel cercare e utilizzate ogni arma a disposizione nella lotta contro il Coronavirus”.

Dopo un incidente non va in ospedale Muore diciottenne

Ieri a Sauze d’Oulx  è morto un ragazzo di 18 anni, in seguito ad un incidente avvenuto sabato

Il giovane la notte di sabato, dopo uno scontro tra auto in cui è rimasto coinvolto è tornato a casa senza andare in ospedale, ma continuando ad avere dolore. Ieri  i genitori lo ha portato in ospedale a Susa dove immediatamente è stata riscontrata la gravità della situazione ed è stato trasferito a Rivoli, dove è morto. Ora stanno indagando i carabinieri.

Pellegri è un giocatore del Torino!

Arriva dal Monaco in prestito per 18 mesi con diritto di riscatto.  

Ritrova Il tecnico granata Ivan Juric, che lo lanciò al Genoa quando non aveva ancora compiuto sedici anni, facendolo entrare al posto dell’ex granata Rincon, nel campionato di Serie A. Da allora il calciatore è cresciuto e solamente alcuni brutti infortuni ne hanno impedito l’esplosione definitiva.Una crescita immediata a cui ora il Torino spera di assistere, con Pellegri (da non dimenticare che si tratta ancora di un ragazzo ventenne) che oggi è a Torino per le visite mediche e per firmare il contratto.Un gran bell’acquisto da parte dei granata non solo in prospettiva ma anche nell’immediato:centravanti possente,gran colpo di testa e piedi buoni,ama svariare su tutto il fronte offensivo creando spazi importanti per l’inserimento dei centrocampisti in zona goal.Fglio del team manager granata Marco Pellegri,il neo attaccante granata dovrà garantire non solo in prospettiva futura ma già nell’immediato un buon numero di gol per concretizzare l’enorme mole di gioco prodotta dal Toro.

Enzo Grassano

Merlo: adesso una nuova ‘costituente’ di centro. Anche in Piemonte

“Dopo il lancio del partito a livello nazionale e, soprattutto, a livello regionale e provinciale come ‘Noi Di Centro’, adesso è il momento di costruire la cosiddetta ‘costituente’ di centro.

Anche a livello piemontese. Cresce, infatti, la necessità e la domanda di dar vita ad un polo di centro –
riformista, democratico, di governo e plurale – che sia in grado di raccogliere le istanze e le
richieste di un elettorato che non trova più, ormai da tempo, una adeguata e coerente
rappresentanza politica nel massimalismo della sinistra, nel populismo di 5 stelle e nel sovranismo
di alcuni spezzoni della destra. Un luogo di centro che non potrà che essere una federazione –
una sorta, appunto, di ‘Margherita 2.0’ – in grado di raccogliere sotto lo stesso tetto le varie
esperienze centriste già presenti nello scenario politico nazionale e locale. Da ‘Noi Di Centro’ con
Mastella a quello di Renzi, dal movimento di Toti a quello di Brugnaro e a tutti coloro che, dopo
l’elezione del Capo dello Stato, intendono raccogliere e far propria una scommessa politica che
ormai quasi si impone nella geografia politica italiana dopo il fallimento del populismo grillino e la
precarietà, per non dire della visibile fragilità politica, degli attuali schieramenti in campo. Tanto sul
versante della destra quanto su quello della sinistra.
Una ‘costituente di centro’ che non può che essere inclusiva e aperta e che, quasi sicuramente,
sarà la vera novità politica, culturale e programmatica delle prossime elezioni politiche generali. E
anche, e soprattutto, nelle varie consultazioni locali e comunali che si terranno già nel 2022 in
varie città del Piemonte”.

Giorgio Merlo, Presidente Nazionale ‘Noi Di Centro’.

Da 20 a 30 km i limiti di velocità nei controviali?

Il Consiglio comunale ha approvato una mozione sottoscritta dal primo firmatario Silvio Viale (Lista civica per Torino) e dalla consigliera Lorenza Patriarca (Pd) che impegna il sindaco e la giunta a portare il limite di velocità nei controviali cittadini da 20 a 30 km/h.

Il testo della mozione ricorda che un’Ordinanza della Città impose la riduzione del limite di velocità da 50 a 20 km/h per tutti i veicoli ammessi alla circolazione per poi affermare che se la decisione può comportare la riduzione sia della frequenza degli incidenti e la loro severità “bisogna ammettere che la riduzione a 20 km/h sia puramente ideologica e non attuabile nella realtà, come è confermato da qualunque monitoraggio temporale.”

La mozione impegna inoltre la giunta a predisporre un progetto complessivo sulla circolazione nelle vie cittadine che rispondendo alle molteplici esigenze – prima fra tutte la sicurezza dei cittadini – definisca caratteristiche e limiti di velocità 30 km/h – 50 km/h e altre soluzioni per le vie di maggiore percorrenza.

La votazione dell’atto è stata preceduta da un dibattito in Aula dopo la presentazione del consigliere Viale. Sono intervenuti i consiglieri: Tronzano, Castiglione, Ravinale, Cerrato, Sganga, Ledda, Damilano, Catizone e Liardo.

L’atto di indirizzo è stato approvato dalla Sala Rossa con 34 voti favorevoli e 3 voti contrari.

Su 4mila detenuti in Piemonte oltre mille sono stati positivi al Covid

“Su 3700 posti e una presenza reale di oltre 4000 persone, sono stati più di 1000 i positivi da Covid nelle carceri piemontesi. Oggi sono 188 a Torino in lieve calo, 44 a Vercelli, 2 ad Asti con una forte discesa, 13 ad Alessandria, 20 a Biella, 33 a Ivrea. La maggior parte sono asintomatici o paucisintomatici”.

Sono questi i numeri che il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della regione Piemonte, Bruno Mellano, ha fornito durante l’audizione in Commissione Legalità della Regione (presidente Giorgio Bertola). “La questione sanitaria è un’utile cartina di tornasole per capire come stanno andando le carceri piemontesi – ha proseguito – che hanno avuto più difficoltà a fare il salto di innovazione fatto in altri settori della società. Registriamo una difficoltà di dialogo tra ministero della Giustizia e ministero della Sanità, tra amministrazione carceraria e Asl. Torino, con le sue difficoltà strutturali, è stato tra i luoghi italiani con più problemi, come riportato anche dalle cronache. Nelle strutture più chiuse e ad alta sicurezza, come Asti, Saluzzo e Cuneo, sono esplosi i primi focolai. Non c’è stata una vera ristrutturazione del servizio e a questo va aggiunta, in particolare per il capoluogo, la necessità di profonde ristrutturazioni degli ambienti. Queste difficoltà sono state riscontrate anche nella campagna di vaccinazione: abbiamo chiesto di intervenire per aumentare la consapevolezza dell’importanza dell’immunizzazione. Fino al 31 dicembre non avevamo un quadro definitivo della copertura, oggi abbiamo un report ogni 15 giorni e dati in crescita”.
La Commissione ha audito anche la Garante della Città di Torino, Monica Gallo, che ha sottolineato come “siamo arrivati a questa seconda grande ondata che non ha fatto tesoro dell’esperienza passata. Il padiglione adibito a reparto Covid non ha una presenza costante di un medico, per cui quando i contagi sono aumentati bruscamente le persone sono rimaste in sezione in cella chiusa per tutta la durata della malattia, con conseguente paura e disagio per il malato e la famiglia. Rispetto al caso del Sestante, che è arrivato alle cronache locali e nazionali dopo l’articolo di Susanna Marietti, ho più volte sollecitato la chiusura della struttura. Adesso è cominciata la ristrutturazione, ma il problema si è spostato in un’altra sezione: è la gestione dei detenuti con disturbi comportamentali o psichiatrici che va rivista completamente”. “La maggior parte dei problemi segnalati – ha aggiunto – sono relativi a problemi legati alla gestione sanitaria all’interno dell’istituto penitenziario: lunghissime attese per visite ed esami, errori, 250 persone che aspettano una protesi dentaria. L’11% della popolazione, circa 160 persone, sono giovani con problemi di tossicodipendenza, a cui talvolta si aggiungono disturbi comportamentali, che necessitano di percorsi dedicati”.

Sono intervenuti per chiarimenti i consiglieri Monica Canalis e Diego Sarno (Pd), Sarah Disabato (M5s), Francesca Frediani (M4o), Marco Grimaldi (Luv).

Il mondo delle immagini: il ruolo dell’arte nelle scuole torinesi e oltre

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Vado ancora dallo stesso parrucchiere che mi acconciava i capelli a chignon per i saggi di danza quando ero piccola. È una piacevolissima scusa per tornare nei “miei” luoghi, vicino a quel segmento di Lungo Po, perpendicolarmente tagliato da via Gassino. Lascio l’auto là, su quella salitina perennemente ghiacciata, dove tentavo di parcheggiare la pesantissima Dedra di mio padre, prima che mi venisse regalato Bolide I – così io e le mie amiche avevamo battezzato la mia piccola e sfrecciante Opel corsa del ’98. –

Tutte le volte che mi ritrovo a camminare per quelle vie mi guardo attorno, percepisco quel quadrato cittadino come il più bello di Torino e mi ritrovo a desiderare ardentemente di ritornare ad abitare in quei paraggi. Guardo i palazzi non nuovi ma ben tenuti, i marciapiedi sbrecciati, la cartoleria dall’insegna sempre più sbiadita e il dirimpettaio dehor del bar ancora pullulante di caffè. C’è la copisteria dove ho stampato la tesi, a fianco alla quale sono spuntati un Sushi e un Kebap. Gli alberi alti filtrano il riverbero del sole sull’acqua verdastra del fiume e il sentiero non asfaltato sembra una lattea vena del prato brinato. Il tempo di arrivare dal parcheggio al negozio e c’è sempre qualche inaspettato dettaglio adolescenziale che riaffiora: la libreria Luxemburg, dove andavo talvolta a studiare, piazza Borromini e il suo minuscolo mercato, le Cantine Risso, dove si andava con i compagni di classe e, dall’altra parte, andando verso San Mauro, il drago di legno su cui ancora mi piacerebbe arrampicarmi. Non so se ora sarebbe così divertente abitare lì, a due passi dal centro eppure immersi nel verde della precollina, chissà se i ritmi odierni mi permetterebbero di godermi il panorama come facevo allora? Torino è la città di tutti, ma ognuno ha il suo angolino ritagliato, ognuno racconta la nostra città attraverso i propri occhi e i propri vissuti, ciascuno con una cartolina diversa da conservare nell’album dei ricordi. Guardo in giro ed è come se osservassi attraverso una lente magica che distorce la realtà: le immagini che si creano nella mia mente sono impregnate di passato e quella felicità sentita tempo fa mi impedisce di vedere il panorama con oggettivo distacco.

Siamo esseri visivi. Diverse aree della superficie corticale del cervello partecipano al trattamento delle immagini e svolgono un ruolo fondamentale nell’elaborazione del pensiero. Un’immagine è quindi una costruzione del mondo che si definisce nella testa e rappresenta ciò che noi definiamo “reale”. Lungi da me approfondire con taglio scientifico tale argomentazione, vorrei solo sottolinearne la complessità ed evidenziare la centralità che le immagini ricoprono nel nostro presente. Va da sé che il rapporto tra “immagine” e “realtà” è diretto e assai complesso.
Se costruiamo il mondo che ci circonda a partire da percezioni che divengono raffigurazioni, è dunque opportuno prestare attenzione a tali icone: una personale riflessione su cui credo sia giusto soffermarsi, soprattutto in questo preciso periodo storico, in cui si pensa e si vive “per” e “attraverso” le immagini.
Mai come in questo momento le iconografie hanno giocato un ruolo tanto essenziale nella comunicazione e nelle interiezioni. Lo dimostra soprattutto l’ormai più che diffuso uso dei social, considerati determinanti nella quotidianità, così come lo smartphone è un effettivo prolungamento dei nostri arti, mezzi in cui la componente visiva ha una rilevanza senza precedenti.
Siamo nella “società dell’immagine”, definizione in cui la parola “immagine” va intesa nella sua accezione più ampia, non solo in quanto “apparenza”, ma come “linguaggio di comunicazione”, e si pensi alla grafica, all’infografica, all’uso di foto e video. Le icone sono dunque preponderanti nei microblogging come Instagram o Pinterest, ma anche largamente utilizzate sui magazine online istituzionali, caratterizzati appunto dall’utilizzo di strumenti di comunicazione legati all’uso delle infografiche.

Foto e video sono protagonisti indiscussi della comunicazione odierna grazie alla semplicità di accesso a software free e al basso costo degli hardware.
Credo sia anacronistico, nonché ormai inutile, inneggiare ad un’esistenza priva di Facebook, Snapchat o simili, non saremmo più certo in grado di rinunciare al social network, tuttavia mi piace pensare che si tratti di “strumenti”, utensili digitali che a seconda del loro utilizzo possono influire positivamente o meno sulle nostre vite. Mezzi che dobbiamo imparare a gestire e comprendere, così come è necessario apprendere un buon metodo di decodifica delle icone a cui quotidianamente siamo esposti. Data la delicatezza e la multiformità dall’argomento, vorrei ribadire che quanto espresso in questo pezzo riguarda il mio personale punto di vista: da sempre sostengo l’importanza del confronto e della mediazione intellettuale come unica possibilità di convivenza sociale tra individui, tuttavia credo anche sia importante e giusto avere delle opinioni ben salde e saper prendere posizione. Quello che sostengo è che non ci sia un adeguato insegnamento dell’approccio critico alle immagini, non siamo sufficientemente preparati ad osservare e comprendere tutti questi stimoli visivi che costantemente ci colpiscono, non siamo abituati ad osservare, a vedere, guardiamo ma senza capire e senza riflettere. Tuttavia, oggigiorno non è pensabile sensibilizzare i giovani su tali tematiche tralasciando il discorso “social network”.
In una “società dell’immagine” non bastano corsi specifici universitari dedicati allo studio della comunicazione visiva, al contrario sono necessari momenti di approfondimento nei livelli scolastici inferiori, ovviamente adeguati all’utenza, dato che già alla scuola primaria gli scolari sono abituati a “smanettare” con smartphone e tablet.
Ribadisco: sono strumenti che se usati con criterio possono aprire mondi interessanti. Internet è un tripudio di informazioni e curiosità che possono aumentare il nostro bagaglio culturale, si possono reperire informazioni e notizie e rimanere costantemente informati sull’attualità. Attraverso i social è possibile conoscere persone che vivono lontano da noi, a supporto dell’ideale del rispetto e della convivenza in quanto noi tutti siamo cittadini del pianeta Terra. Sono infinite le sfaccettature positive legate ad un corretto e intelligente uso di internet e dei social, ma altrettanto numerosi sono i possibili effetti negativi conseguenti ad un utilizzo scorretto degli stessi, come la perdita della concentrazione, una sfalsata percezione di sé, oppure il cadere vittima di cyberbullismo o addirittura contrarre una vera e propria dipendenza da social.

Militando all’interno della struttura, credo sia compito della scuola sensibilizzare i giovani sulla questione, evidenziando l’importanza di vivere la propria vita in maniera “reale”, distinguendo il virtuale dal concreto e ricordando agli adolescenti – ma non solo – che il social non è in grado di offrire le medesime emozioni e opportunità del mondo vero, fatto di risate e pianti, di litigate e amori e di cose che si toccano, pungono e feriscono, riscaldano e avvolgono. Attraverso un opportuno insegnamento del ruolo del social si passa per forza per una riflessione sulle immagini, primario mezzo di comunicazione, molto più complesso di quel che si crede. In una società non solo delle immagini ma anche dei consumi, il marketing è fortemente condizionato dalla dirompente potenziale viralità dei contenuti diffusi attraverso le immagini. Si parla di “consumismo consapevole”, di “shopping experience” di “brand” e di “influencer”, termini portatori di un nuovo approccio, più cosciente, più “green” – per usare una parola “modaiola” – ma comunque legati ad una modalità impositiva della scelta: sono le immagini che ci dicono come vogliamo essere, con che filtro dobbiamo colorare i ricordi, che cosa vogliamo per il futuro, sono le immagini che ci influenzano continuamente e sono proprio tali immagini che dobbiamo imparare a decodificare, affinché la possibilità di scelta sia ancora qualcosa di concreto e di nostro. Vi devo dire la verità, cari lettori, tutto questo sproloquio è dovuto alle recenti chiacchierate che ho fatto a scuola con gli studenti nell’ultima settimana; a causa del Covid molti colleghi si sono ritrovati costretti a casa, mentre chi, come me, per ora superstite dei contagi ha dovuto saltellare da una classe all’altra per assicurare ore di lezione agli scolari. Come rendere giustizia a queste “ore buche”?ì Io credo che una buona idea sia quella di intrattenere i ragazzi facendoli parlare, chiedendo loro opinioni sugli argomenti più disparati, trattandoli come effettivi cittadini del mondo di domani; inevitabile la domanda di rito: “Qual è la materia che meno vi piace?”. Dopo questa settimana non cadrò più nell’errore, poiché la risposta è stata in prevalenza “Arte”. Non solo – ci tengo a specificarlo- la parte di teoria, ma anche quel che riguarda lo svolgimento pratico. Mi ha stupito come proprio la materia che per eccellenza tratta e studia le immagini, sia percepita come l’ora più “odiata” proprio da chi tra le immagini ci vive. Mi ha inoltre sbigottito ascoltare il tono sicuro di chi sosteneva l’inutilità della disciplina e la conseguente noia provata durante l’ora di lezione.

Al di là dell’ovvia insoddisfazione personale, vorrei provare a dare qualche motivazione per contrastare questo pensiero dilagante. Non mi soffermerei sul ruolo centrare che investe l’arte sul nostro territorio, né sul fatto che l’Italia possieda il maggior numero di siti riconosciuti dall’UNESCO, così come eviterei il discorso sul Rinascimento e quello sul patrimonio artistico costituito da architetture e opere d’arte che il resto del mondo ci invidia. Mi soffermo invece su altri aspetti. Conoscere la storia dell’arte significa essere in grado di interpretare monumenti e opere, e di conseguenza saper comprendere ciò che ci circonda, avere un pensiero critico è il primo passo verso la comprensione della necessità della salvaguardia dei nostri beni artistici; chi non conosce infatti svaluta e disprezza, la non conoscenza supporta lo sviluppo dell’ignoranza da cui scaturiscono odio e paura nei confronti di ciò – o di chi- ci appare diverso e strano. Non mi stancherò mai di sottolineare la fortuna di poter insegnare una materia interdisciplinare come questa: l’arte consente di approfondire e affrontare molte argomentazioni da diversi punti di vista, non solo le materie letterarie, ma anche gli ambiti scientifici. L’arte è disciplina centrale per superare le diversità, poiché le attività manuali permettono di collaborare e sostengono la socializzazione, l’uso della creatività favorisce l’integrazione perché quello a cui si fa ricorso è un linguaggio universale. Negli ultimi tempi anche l’Italia ha approvato la sfaccettatura terapeutica dell’attività artistica, che, attraverso modalità attive, permette di superare barriere comunicative, aiuta a sentirsi capaci di creare e stimola la conoscenza e l’accettazione del proprio Io interiore.

Salvatore Settis, storico dell’arte, sostiene che la storia dell’arte “aiuta a vivere”, e in numerosi articoli sottolinea il ruolo sociale e civile che la materia ricopre; Tommaso Montanari, altro studioso non meno noto, dimostra che lo studio della storia dell’arte allena al senso critico e al libero giudizio; molti neuroscienziati appoggiano la tesi secondo cui l’educazione artistica migliora l’attenzione e le funzioni cognitive. Aggiungerei che l’arte è proprio quella materia che esplica il linguaggio visivo, forma di comunicazione che assolutamente i giovani – oggi più che mai- devono essere in grado di padroneggiare. Lo studio del passato ci costringe a confrontarci con modelli differenti di abitudini e canoni e rammenta che non tutto ciò che sembra “farina del sacco del contemporaneo” sia in realtà una novità. Le immagini sono testimonianza di ciò che è stato, memoria indelebile di una storia che proprio attraverso tale linguaggio arriva a tutti. Saper descrivere e commentare un’opera sviluppa una particolare sensibilità critica assai utile oggi, nel mondo delle immagini, e libera chi sa decodificare i messaggi dal giogo della non scelta voluta dal consumismo. L’arte contemporanea ci sfida a riflettere e a mettere in gioco i principi dettati da una società che ci impone l’omologazione, pungola l’osservatore, lo induce a confrontarsi sulle più disparate tematiche, sul doppio, sull’identità, sull’appartenenza, sull’uguaglianza. Mai come ora l’apprendimento della storia dell’arte è chiamato ad essere svolto attivamente, in prima linea, perché l’arte ci mostra la realtà attraverso la finzione, e sono gli insegnanti che hanno l’arduo compito di aprire le menti e rendere i giovani individui in grado di comprendere il mondo che li circonda.
Ma, prima, bisogna (re)imparare a vedere.

Alessia Cagnotto