ilTorinese

“Un posto nella storia”, a Palazzo Lascaris la docuserie su Giorgio Amendola

Mercoledì 4 maggio ore 16 Sala Viglione di Palazzo Lascaris – via Alfieri 15, Torino

È “Un posto nella storia” il titolo del primo episodio della docuserie su Giorgio Amendola realizzato dalla Fondazione Giorgio Amendola e Arret Film.

La docuserie, che intende rivolgersi principalmente a un pubblico di giovani e che utilizza tecniche innovative, si inserisce all’interno del progetto “Sulle vie del Pensiero”, che nasce nel 2020 tramite la partecipazione al bando Educare promosso dal Dipartimento per le Politiche della famiglia. È un progetto pensato per offrire ai bambini e ai ragazzi delle scuole primarie e secondarie e alle famiglie del quartiere torinese di Barriera di Milano attività di tipo artistico e culturale, percorsi laboratoriali sull’empatia, sul riconoscimento e sul rispetto delle proprie e altrui differenze, proposte innovative di didattica civica sui temi dei diritti umani e civili, sulla democrazia, sulla pace e sulla pacifica convivenza come beni comuni da preservare.

La conferenza stampa di presentazione si terrà mercoledì 4 maggio 2022 alle ore 16.00 presso la Sala Viglione del Consiglio regionale del Piemonte a Palazzo Lascaris, in via Alfieri 15 a Torino, con il patrocinio del Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale.

Interverranno:
Il vicepresidente del Consiglio regionale del Piemonte, delegato al Comitato Resistenza e Costituzione
Nino Boeti, Presidente dell’Anpi Provinciale di Torino
Cecilia Bergaglio, Dottore di ricerca in studi storici, componente del comitato scientifico QSC Isral
Domenico Cerabona, Direttore della Fondazione Giorgio Amendola

L’obiettivo del progetto è contribuire alla crescita intellettuale e morale delle nuove generazioni sviluppando il pensiero critico, la capacità di analisi e la consapevolezza sull’importanza dei propri e altrui diritti, concorrendo alla crescita armoniosa e responsabile dei cittadini di domani

Il male che ci accompagna Un convegno sulle radici religiose e filosofiche

A Torino dal 5 al 7 maggio al Centro Culturale Protestante di Torino

“Sappiamo ancora riconoscere il male?” in un mondo che in questi tempi caratterizzati da grandi prove dalla pandemia alla guerra l’interrogativo è d’obbligo e non può essere eluso o affrontato con superficialità o rassegnata consapevolezza della sua ineludibilità.

Nel mezzo di una tempesta come quella attuale, il tema del male si manifesta ancora una volta con forza devastante, ponendo questioni – sul piano teologico, ma anche su quello etico, filosofico e scientifico – per discutere delle quali il Centro Culturale Protestante di Torino propone un incontro a più voci che, senza la presunzione di affrontare il tema in tutta la sua complessità, privilegerà alcune linee-guida le quali, per altro, si intersecano fra loro.

Il convegno si svolge a Torino dal 5 al 7 maggio presso la casa Valdese di Corso Vittorio Emanuele II 23 e si articolerà in quattro sessioni con l’intenzione di sottoporre alla riflessione collettiva alcuni aspetti delle manifestazioni del male ben presenti nell’esperienza individuale e della società nel suo complesso.

Tra i partecipanti interverranno illustri ospiti italiani e stranieri tra i quali i teologi Enzo Bianchi e Maria Bonafede, i filosofi Federico Vercellone e Simona Forti, il semiologo Peppino Ortoleva e l’epidemiologo Paolo Vineis.

 

  • La prima sessione sarà dedicata a Il dolore. È il male che si manifesta come potenza estranea e nemica, oscura e poco intellegibile, che, come stiamo sperimentando – con la pandemia, con la guerra – ci aggredisce, ci invade, di fronte alla quale siamo spesso disarmati.
  • La seconda sessione sarà dedicata a Il male e le religioni. Rappresentanti di alcune del le grandi religioni e specialisti nelle materie bibliche aiuteranno a chiarire la visione delle religioni su questo tema.
  • La terza sessione sarà dedicata a La violenza. In questa sessione si intende esaminare il male di cui l’essere umano è direttamente responsabile, esaminando gli aspetti giuridici, politici ed economici delle disuguaglianze e delle ingiustizie, l’incombere della crisi ambientale, la violenza che, in modi sempre più pervasivi, viene esercitata tramite i media.
  • La quarta sessione dal titolo Un male, molti mali, infiniti mali? tirerà le fila della discussione sintetizzando e organizzando le prospettive emerse.

Quando è il sindaco (di Torino) a gridare che “il re è nudo” osservando la classe dirigente

A cura di Electomagazine.it

Il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, comincia a fare i conti con una città che – giorno dopo giorno – lo considera un estraneo. Non che lui faccia qualcosa per smentire la sensazione. Il problema è che ha ragione lui, anche se pare brutto ammetterlo.

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Steve Della Casa racconta Dario Argento

È un percorso individuale e soggettivo la visione di un film e parallelamente lo è ancor di più la visita a una mostra, che penso presto diverrà anche parte integrante, con alcune sue componenti, del più vasto Museo che attualmente la ospita. Una mostra sull’opera di Dario Argento, nella sua amata Torino, al Museo Nazionale del Cinema.

Posticipata per la pandemia. Durata quattro anni per allestirla. Un unicum per un regista italiano. Per di più nella cornice dei luoghi delle riprese, che da torinese ho scoperto visivamente interessanti nella loro ordinarietà, ma che conoscevo solo superficialmente e non apprezzavo sufficientemente, nel loro valore fotografico e di scena prima di apprezzare il suo cinema.
Che poi si dica, che proprio i torinesi conoscono poco la loro città lo si pensi, va tutto bene. Nella esposizione temporanea, che mi ha visto girare tra stand, memorabilia, manifesti, video e reminiscenze d’umori adolescenziali, tutto sortisce un effetto alla ” mi ritorni in mente”. Il critico Steve Della Casa con ” Dario Argento, due o tre cose che sappiamo di lui” ( Electa Cinecittà , pag. 159, 2021, €. 26,60) ce lo restituisce in un ritratto a tutto tondo. Opera di lettura e consultazione, con il raro dono della sintesi. Per chi è digiuno di tutto e vuole solo sapere qualcosa dell’ autore o è agito dalla passione smisurata per l’argentologia. Per chi ha già visitato la mostra, la deve ancora visitare o non la vedrà mai.
Per noi tifosi granata che come Steve, nel 1976 fummo Campioni d’Italia e si era a un anno dall’uscita nelle sale italiane de ”La tigre dai denti a sciabola” (cambiato nel definitivo Profondo Rosso) è associare poeticamente il calcio alla cinefilia.
Si dice (o almeno si mormora) che il titolo divenne tale dal nome del gruppo rock inglese dei Deep Purple, all’ epoca in trattativa con la produzione per la composizione della colonna sonora del capolavoro argentiano, ma a giochi quasi fatti sul filo di lana, la spuntò la band italiana prog dei Goblin, più adatti con le loro sonorità, alle necessità dell’autore. Un libro tutto di aneddoti, interviste, contributi critici e rarità di foto di scena. Tutto da scoprire. Come Argento che più racconta di se, più ha da raccontare. Il genere giallo dei primordi muta in seguito più marcatamente nel gore e nell’ horror con il thrilling come costante, come vuole sottolineare la traccia semantica del percorso espositivo della Mole Antonelliana. Dario ha sdoganato in Italia concetti psicoanalitici e culturali come rimozione del trauma, complesso d’Edipo e d’Elettra o inconscio filmico. In un Paese di impronta idealistico crociana e gentiliana, dove ancora oggi Sigmund Freud e le sue teorie sono viste come il fumo negli occhi, con le dovute eccezioni, anche dalla critica più engagé Argento ha dimostrato grande coerenza e originalità intellettuale.
Si narra che ha sublimato i bollori giovanili della lotta di classe, nella violenza delle scene delle sue opere. Che fu accusato per contro di fascismo, misoginia e pornografia emotiva. Ma lui resta in piedi piaccia o no tra i grandi del cinema italiano e mondiale nel suo genere, come i suoi amici e omologhi d’oltreoceano, John Carpenter, Wes Craven, David Cronenberg o Sam Raimi, alla faccia di tutti i censori morali e reali. A più di ottant’anni finito il lockdown pandemico, ha partecipato da attore per l’argentino naturalizzato francese Gaspar Noé in ” Vortex” e girato un film subito dopo, ”Occhiali neri ”. Progetto da tempo abbandonato nel cassetto. Spronato dalla figlia Asia, in un ritorno alle riprese nella capitale. Le location dei film argentiani europee o americane che siano (tra gli altri Suspiria, Opera, Phenomena ) divengono un non luogo cognitivo per lo spettatore. E lui nel 1999 si fa intervistare con John Carpenter al cinema Reposi per il Film Festival. La Rosa Purpurea di Torino. Tutto riportato dal testimone oculare Stefano Della Casa.

Aldo Colonna

I cattolici e la pace

La guerra russo/ucraina ha sconvolto il mondo. Certo, molti sanno che ci sono molti conflitti in
altri paesi che vengono sistematicamente censurati dai grandi organi di informazione. E, sotto
questo versante, è inutile fingere che non esistono e concentrare l’attenzione solo e soltanto su
alcune guerre. Ovvero, quelle che riscuotono maggior scandalo mediatico e su cui si vuole
richiamare maggiormente l’attenzione. Una contraddizione che non può non farci riflettere…

Ora, però, al di là delle motivazioni – misteriose sino ad un certo punto, come tutti sappiamo… –
sulle guerre che vengono descritte ed analizzate a fondo e in tutti i dettagli e quelle che vengono
sistematicamente taciute, è indubbio che uno dei temi che merita di essere approfondito lungo
questo versante è il rapporto che intercorre tra la guerra e i cattolici. O meglio, come i cattolici,
seppur nella loro multiforme e pluralistica espressione e composizione, pensano, vivono e
affrontano il capitolo drammatico e complesso dello scontro bellico. Un rapporto difficile perchè,
purtroppo, continuiamo ad assistere ad una radicale dissociazione tra ciò che predicano il Papa, i
vescovi, i sacerdoti, la stampa cattolica, i movimenti ecclesiali e religiosi e ciò che, invece,
concretamente pensano e decidono i cattolici impegnati nelle istituzioni. Locali come nazionali.

Certo, nella politica come nelle istituzioni democratiche esiste l’assunzione di responsabilità
personale dei cattolici impegnati nel pubblico. Frutto di una concezione che affonda le sue radici
nella laicità dell’azione politica, nel rispetto delle istituzioni democratiche e nelle decisioni
autonome che prescindono dal condizionamento – diretto o indiretto – delle autorità
ecclesiastiche. E questo perchè il clericalismo e il confessionalismo sono due derive che restano
estranee ed esterne alla lezione conciliare e allo stesso insegnamento della Chiesa Cattolica.

Detto questo, comunque sia, non possiamo non rilevare che esiste ormai una divaricazione
politica crescente e profonda tra ciò che sta predicando oggi la Chiesa – in particolare gli
interventi ripetuti di Francesco e di molti alti prelati – e ciò che decidono concretamente i cattolici
impegnati in politica. Sia quelli che sono impegnati nei partiti governisti e di potere come il Partito
democratico e sia quelli che, storicamente, si collocano all’opposizione e si riconoscono più in
una prospettiva politica populista o sovranista. Una dissociazione, però, che non può non fare
riflettere. Anche perchè se questa divaricazione tra ciò che si professa e poi come si agisce
concretamente e laicamente cresce progressivamente e addirittura si consolida attorno ad un
tema peraltro decisivo per la comune convivenza e per lo stesso ordine nazionale, europeo ed
internazionale come la guerra o i rapporti tra i popoli, è di tutta evidenza che si corre il rischio che
una politica di ispirazione cristiana si inaridisca sempre di più e forse anche definitivamente. Un
rischio, cioè, che mette in discussione la stessa specificità della presenza politica e culturale dei
cattolici. In questo caso dei cattolici italiani. Certo, anche nel passato non mancavano questa
dicotomia e questa difficoltà di relazione. Se non addirittura di sostanziale incomunicabilità. Ma il
contesto storico era molto diverso e meno conflittuale. Oggi, invece, si è preso tranquillamente
atto che tutto ciò che arriva dal magistero della Chiesa si rispetta ma, al contempo, si può farne
tranquillamente a meno. Ovvero, una sorta di grande rispetto per un insegnamento che, però, non
può che essere un mero richiamo testimoniale. E poco più.

Per questi motivi, proprio partendo dalla guerra russo/ucraina e tutto ciò che comporta e
determina questo conflitto nell’economia regionale ed internazionale e anche e soprattutto nel
futuro assetto politico mondiale, è indubbio che il rapporto tra i cattolici e l’impegno politico si fa
sempre più difficile e complesso. Nello specifico, cresce la sensazione che ormai i cattolici
impegnati in politica vanno in una direzione e il magistero della Chiesa in un’altra. Una
dissociazione che non può non preoccupare chi crede ancora nella tradizione del cattolicesimo
politico, democratico e sociale e che ha contribuito in modo decisivo a fare crescere e
consolidare la democrazia nel nostro paese. E che non può, al contempo, non suggerire una
domanda profonda e di merito. Sul versante della coerenza, dei contenuti e della lettura della
società.

Giorgio Merlo

In manette per un ordine di carcerazione aveva tentato un furto poco prima

 

Oltre alla pena da scontare è stato denunciato per tentato furto

Giovedì scorso, arrivato in commissariato di un ordine di carcerazione, gli agenti di Barriera Nizza si sono messi alla ricerca del soggetto nei luoghi da lui frequentati abitualmente. Le ricerche sono terminate in Via Ventimiglia, dove l’uomo è stato rintracciato e arrestato.

Simultaneamente, la volante del commissariato era intervenuta presso un supermercato, poco distante dal luogo del ritrovamento, per un tentativo di furto.

Il coordinamento tra le due pattuglie ha così permesso di stabilire come l’uomo, un 38enne italiano, fosse riconducibile all’autore del fatto denunciato dai titolari del market.

Oltre all’arresto per l’Ordine di Carcerazione del Tribunale di Torino, il soggetto è stato quindi denunciato per tentato furto.

Libri: “Caleidoteratoscopio. Torto e ragione del frammento”

Nella meravigliosa Sala Biblioteca del Circolo dei Lettori  di Torino, venerdì  6 maggio prossimo la Società  Dante Alighieri presenterà il libro di Mario Marchisio “Caleidoteratoscopio. Torto e ragione del frammento”

 

Venerdì  6 maggio prossimo, alle 18, nella suggestiva Bibliotecadel Circolo dei Lettori la Società Dante Alighieri presenterà  il libro Caleidoteratoscopio. Torto e ragione di un frammento “, di Mario Marchisio, accompagnato da un saggio di Daniele Caroppo e edito da Puntoacapo Editrice.

Il volume sarà  presentato dal Presidente della Società DanteAlighieri torinese, Giovanni Saccani, e rappresenta una raccolta di aforismi che, egli stesso,  definisce  un “laborioso coacervo di frammenti “.

“Siamo in presenza –  specifica  Daniele  Caroppo nel suo saggio – di una sorta di dilagante summa, di un singolare oggetto di parole, che sarà  anche un acervatio caotica di pensieri e immagini come piace all’autore, ma fatta anche di frammenti che, come appunto accade nel caleidoscopio, il gioco delle speculari simmetrie aggrega subito nel disegno di una discorde armonia”.

Mario Marchisio è  poeta e saggista e, fra i suoi libri, ha presentato “I dialoghi  di Incmaro”, “Il viandante. Poesie d’amore “, “La falena sulla palpebra. Poesie gotiche”, “Mimesis”, “Elogio della pittura” e altri.

L’incontro è organizzato nel rispetto delle normative anticovid e fino a esaurimento dei posti disponibili.

Mara Martellotta

Le rubano il pc, intervengono gli agenti

 

Dopo un tentativo di fuga, un uomo è stato arrestato per furto

Una donna ha avvicinato gli agenti di una pattuglia del Reparto Prevenzione Crimine “Piemonte” all’incrocio tra Lungo Dora Napoli e Corso Giulio Cesare, lamentando di essere stata vittima di un furto mentre era sul tram.

La donna ha così raccontato di esser stata avvicinata da tre uomini, uno dei quali si era impossessato della sua borsa contente il pc per poi fuggire in direzione C.so Vercelli.

Dopo aver raccolto il racconto della donna, gli agenti si sono messi sulle tracce dei soggetti. Uno di questi è stato rintracciato nel pressi dei Giardini Madre Teresa di Calcutta con ancora al seguito la borsa contente il pc. L’uomo, un trentanovenne cittadino marocchino, ha cercato di fuggire dopo aver abbandonato la refurtiva ma è stato raggiunto e arrestato.

L’energia nucleare e i suoi benefici

 Al centro del volume intitolato “L’Avvocato dell’atomo”, di cui hanno dialogato l’autore, il fisico Luca Romano, e il giornalista Andrea Donna

 

L’energia nucleare è stata protagonista del DF Talk tenutosi venerdì 29 aprile scorso, a partire dalle 19, nella sede di Vol.To, con il fisico Luca Romano, noto come l’”Avvocato dell’Atomo”. A dialogare con lui è stato il giornalista Andrea Donna, presidente dell’Associazione Difendiamo il futuro.
Nato a Moncalieri ma torinese di adozione, Luca Romano ha conseguito la laurea magistrale in Fisica Teorica e è un noto divulgatore scientifico, cui sta molto a cuore il tema del nucleare, tanto da aver partecipato lo scorso gennaio al Forum del futuro del nucleare. In occasione del Df Talk ha presentato il volume “L’avvocato dell’atomo”, che è già disponibile in libreria e sarà disponibile su Amazon dal 16 maggio prossimo.
Da tempo, in particolar modo dall’epoca della pandemia, Luca Romano gestisce la Comunità dell’Avvocato dell’Atomo, un team di ricercatori, divulgatori e sostenitori dell’energia nucleare. Utilizza in modo sapiente i social Network e ha raggiunto 50 mila follower su Instagram, 56 mila su Facebook e 30 mila su Tiktok. La sua passione e la sua missione sono quelle di promuovere informazione e divulgazione sul tema dell’energia nucleare, cercando di sfatare i falsi miti e le fake news.
“La mia pagina Facebook ha raggiunto – spiega il dottor Luca Romano – più like della pagina dell’Agenzia Nazionale dell’Energia Atomica. Ormai la divulgazione scientifica si è rifugiata nel mondo di Internet e si propone di spiegare alcune caratteristiche dell’energia nucleare ancora poco conosciute al grande pubblico. Mi sono proclamato “avvocato dell’atomo” in quanto troppo spesso, parlando di energia nucleare, si cade nell’equivoco di un tipo di energia che si ritiene erroneamente legato alla sismicità del territorio o all’interessamento da parte delle mafie.
Il processo al nucleare deve essere equo e il ruolo dell’avvocato deve essere di garante di modo che la legge sia eguale per tutti”.
“I rifiuti nucleari civili non hanno finora provocato alcuna contaminazione – prosegue il fisico Luca Romano, autore del libro; esistono Paesi in cui vi è stata una maggior contaminazione per l’arsenico. Nel pianeta i combustibili fossili rappresentano la percentuale di energia maggiormente utilizzata ( pari all’82%). I combustibili fossili inquinano ma le persone non paiono averne soverchia paura. Le energie rinnovabili sono molto veloci da implementare, richiedono dei sussidi e sono disponibili anche in certi tempi più ristretti”.
“L’Italia ha una fortissima dipendenza energetica dall’estero – aggiunge l’autore del libro Luca Romano – e la maggior parte di questa dipendenza è legata al gas, dipendendo per circa il 50 per cento del gas dalla Russia. Questa dipendenza si traduce anche nel settore elettrico, visto che da questo Paese riceviamo circa il 55 per cento del nostro fabbisogno elettrico. Questo si traduce in un continuo rischio per le bollette che potrebbero continuare a salire e per le forniture, relative alle utenze domestiche di gas, ma anche a quelle imprese che fanno uso di gas. Se avessimo sviluppato centrali nucleari, oggi la dipendenza dal gas sarebbe inferiore, per lo meno per quanto riguarda l’energia elettrica, come nel caso della Francia, che ha una dipendenza dalla Russia del 24 per cento, contrapposta alla nostra che ne rappresenta il doppio.
“Il nucleare è ancora una forma di energia – aggiunge il fisico Luca Romano – che fa paura perché poche persone la conoscono. I combustibili fossili, a livello inconscio, ci fanno sentire più sicuri del nucleare perché sono conosciuti. L’uranio è un elemento ancora un po’ strano, in quanto i comuni cittadini non lo hanno visto e solo gli esperti sanno come funzioni la fissione. I cittadini hanno anche paura del rischio di una possibile guerra nucleare, anche se si tratta di un rischio ingiustificato in quanto le tecnologie militari e quelle civili sono completamente diverse, tra loro intercorre la stessa differenza che è presente tra automobili e carri armati. Il carbone non può essere una strada adeguata, ma soltanto una soluzione tampone di breve periodo, in grado di arginare la nostra dipendenza dal gas. La vicina Francia vanta ben 56 reattori attivi e la Cina in quattro anni realizza centrali nucleari che in Italia richiedono un tempo addirittura triplo di costruzione. Tutti questi elementi devono concorrere a farci capire che il nucleare quale tecnologia civile può portare alla pace”.

Mara Martellotta

Referendum Giustizia La posizione di Rifondazione Comunista

Il quesito che riguarda le modalità di presentazione delle candidature dei magistrati per l’elezione al Consiglio superiore della magistratura, eliminando il requisito della lista di presentatori, è assolutamente irrilevante.

Ugualmente irrilevante è il quesito che stabilisce che i membri laici dei Consigli giudiziari possano partecipare alla redazione delle pagelle professionali dei magistrati. 

Più difficile è mascherare il quesito che ha ad oggetto l’abolizione della legge Severino. Esso viene presentato come frutto dell’esigenza di evitare la sospensione di sindaci e amministratori locali condannati con sentenza non definitiva, che potrebbero poi essere assolti. Ma il quesito non riguarda, secondo me, l’abolizione di questi aspetti problematici della legge, bensì l’abrogazione di tutta la disciplina, che prevede anche la decadenza e l’incandidabilità dei parlamentari condannati, con sentenza definitiva, a una pena superiore a due anni di reclusione (si veda il caso di Silvio Berlusconi). Dal quesito traspare evidente l’insofferenza del ceto politico per il controllo di legalità.

 Il quesito più sconcertante a mio avviso è quello che i promotori qualificano come «limiti agli abusi della custodia cautelare», che la Corte di Cassazione ha correttamente denominato «limitazione delle misure cautelari». Infatti il quesito non interviene sui possibili abusi, bensì opera una drastica riduzione del campo di applicazione della custodia cautelare e delle altre misure cautelari, coercitive e interdittive. Esclusi i delitti di mafia e quelli commessi con l’uso delle armi, l’effetto sarebbe quello di precludere la possibilità di applicare, nei confronti delle persone imputate di gravi reati, misure cautelari di alcun tipo, non solo la custodia in carcere e gli arresti domiciliari, ma anche l’allontanamento dalla casa familiare (nel caso del coniuge violento), oppure il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (nel caso di atti persecutori), così come non sarebbero più possibili le misure interdittive, come il divieto temporaneo di esercitare determinate attività imprenditoriali (nel caso delle società finanziarie che truffano gli investitori).

I problemi che pone il quesito sulle misure cautelari sono molteplici.

Qui mi interessa soltanto rilevare quanto sia ingannevole e menzognera la campagna dei partigiani della “giustizia giusta”. Smantellando gli strumenti di contrasto alla criminalità, non si opera una riforma della giustizia, bensì una riforma contro l’amministrazione della giustizia, contro l’eguaglianza e i diritti delle persone.

 

Alberto Deambrogio

Segretario Regionale Piemonte

Partito della Rifondazione Comunista