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L’obbiettivo comune di tutti gli organizzatori del convegno è quello di lavorare convintamente e instancabilmente per la Pace e Giustizia (che per noi sono realmente inscindibili). Quindi cercare di salvare ogni vita umana, ma anche il diritto delle persone di vivere nella dignità e nella libertà.
Nella guerra decisa unilateralmente da Putin contro l’Ucraina e nella speranza che ci si sieda presto intorno a un tavolo per negoziare, è tempo di riflettere sulla nuova geopolitica che ne scaturirà. Niente sarà più come prima, schieramenti e alleanze subiranno profonde mutazioni, avremo blocchi di nazioni ancora più contrapposti mentre incomincia ad incombere per i paesi più poveri lo spettro della carestia per la crisi del grano. E proprio su questo “Mondo che Verrà” cercheranno di dare risposte Lucio Caracciolo, direttore di Limes, e Francesco Marino responsabile del TG RAI Piemonte, martedì 17 maggio alle ore 20,00, nel luogo simbolo dell’Arsenale della Pace di piazza Borgo Dora 61 a Torino. L’incontro è stato organizzato dal Comitato dei Diritti Umani della Regione Piemonte e dal Coordinamento interconfessionale “Noi siamo con Voi” per ribadire, oggi più che mai, che solo chi semina pace raccoglie giustizia.
Il convegno ha avuto il sostegno della Regione Piemonte e del Consiglio Regionale del Piemonte e il patrocinio della Città di Torino e del “Comitato Interfedi”.
Alla serata è prevista la presenza di diverse personalità, fra cui – particolarmente significativa – quella dei presidenti di “Senzatomica” e di “Rete Italiana disarmo” e del Console di Ucraina. Sarà possibile seguire i lavori oltre che in presenza (la sala sarà alle h 19.15, fino ad esaurimento dei posti) anche in diretta streaming: live.sermig.org/17maggio.
Giampiero Leo (portavoce del Coordinamento interconfessionale “Noi siamo con voi”), a nome di tutti gli organizzatori.
Con grande entusiasmo le classi 5 A AFM (Amministrazione Finanza e Marketing) e la 5 D SIA (Sistemi Informativi Aziendali) dell’I.I.S. “G. Cena”, di cui è Dirigente Scolastico il prof. Ing. Enrico Bruno, hanno partecipato al viaggio di istruzione a Roma. Palazzo Montecitorio, Piazza di Spagna, Piazza Navona, Foro Romano del Palatino, Galleria Borghese, sono stati i luoghi visitati dagli studenti accompagnati dai docenti Grazia Villani, Luigi Tallarico e Davide Meli. Questa uscita didattica ha permesso ai giovani di conoscere da vicino il funzionamento delle Istituzioni democratiche tracciando le tappe salienti del percorso storico, giuridico, culturale e politico del popolo italiano che ha portato Palazzo Montecitorio a diventare la sede del Parlamento Italiano. La visita si è snodata attraverso la Sala Aldo Moro, la Sala del Cavaliere, la sala della Lupa, il Corridoio dei Busti, la Sala della Regina, la Sala delle Donne, il Transatlantico, la Galleria dei Presidenti, l’Aula e il suo Velario. I Musei Vaticani e la Cappella Sistina sono stati apprezzati nel tour notturno trasferendo ai giovani studenti la magia che solo la “città eterna” sa conferire. “L’esperienza vissuta – affermano i docenti referenti e accompagnatori – è stata dal punto di vista culturale molto stimolante, in quanto gli allievi, dopo aver appreso in aula la parte teorica relativa alle origini storiche e al funzionamento delle Istituzioni democratiche, hanno avuto modo di vivere per un giorno gli stessi luoghi. I ragazzi hanno dimostrato interesse e grande maturità rispettando le misure di contenimento che ancora sono in vigore. Inoltre -proseguono i docenti – dal lato umano è stata un’esperienza indimenticabile in quanto, dopo gli anni di lockdown, i ragazzi prima dell’Esame di Stato hanno finalmente potuto vivere anche un momento di ritrovata socialità al di fuori delle mura scolastiche”.
20 NUOVI CONDOMINI A TORINO, PINEROLO, RACCONIGI, MORETTA E CAVOUR: PILATRI PER UNIRE I VARI PUNTI E DARE COMPIMENTO ALLE COMUNITA’ ENERGETICHE TERRITORIALI RINNOVABILI DEL FUTURO
A un anno esatto dal debutto sulla scena nazionale del primo Condominio Autoconsumatore Collettivo d’Italia a Pinerolo, l’azienda pubblica pinerolese, Acea Energie Nuove, ha festeggiato oggi, il “compleanno delle comunità energetiche condominiali”.
Sono stati presentati, nel corso della conferenza, tenutasi presso il Campus ONU di Torino, i 20 nuovi condomìni, realizzati nell’ambito del Progetto Energheia, vere e proprie Comunità Energetiche su scala condominiale, dove i singoli condòmini possono autoconsumare la quasi totalità della produzione fotovoltaica, abbattendo in modo considerevole la quantità di energia elettrica prelevata dalla rete, riducendo quindi il costo della bolletta.
Una sede significativa quella del Campus delle Nazioni Unite e, non a caso, scelta per la stretta correlazione tra le tematiche delle Comunità Energetiche con i punti dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.
“Il traguardo raggiunto con questi 20 nuovi condomini illustrati questa mattina – afferma Francesco CARCIOFFO AMMINISTRATORE UNICO di Acea Energie Nuove– ci dà la misura della concretezza e della attuabilità di una progressiva autonomia energetica che parte dai singoli utenti e offre una risposta concreta al bisogno di smarcarsi dalle fonti fossili tradizionali e dalle dipendenze energetiche. Prepara inoltre il territorio a unire i vari punti di produzione e consumo di rinnovabili che saranno la base per le Comunità Energetiche territoriali su vasta scala del futuro dove condomini, aziende, privati, enti pubblici, a distanze notevoli, condivideranno le energie messe in comune e autoprodotte”
Un esempio delle 20 Comunità energetiche condominiali: il condominio Pinerolo Alliaudi
L’idea del Progetto Energheia, joint venture nata dalla collaborazione delle due ESCo, ACEA Pinerolese Energia e Tecnozenith, è quello di sfruttare l’energia rinnovabile ottenuta tramite produzione fotovoltaica per il riscaldamento dell’edificio e per il fabbisogno elettrico.
L’obiettivo è quello sia di ridurre il consumo energetico dell’edificio, grazie alla realizzazione di cappotti, pareti ventilate o insuflaggio, l’utilizzo di infissi a doppio vetro, ma anche quello di sfruttare l’energia fotovoltaica; tale energia viene infatti utilizzata per alimentare una pompa di calore ad alta efficienza ed abbattere l’utilizzo del gas naturale attualmente largamente usato, oltre che a livello industriale, anche per il riscaldamento residenziale.
La produzione fotovoltaica viene infatti utilizzata per alimentare una pompa di calore aria-acqua, con conseguente sfruttamento dell’energia aerotermica, a servizio dell’intero condominio. L’impianto è inoltre dotato di un sistema di accumulo, con capacità di 22,08 kWh al fine di aumentare l’autoconsumo della produzione fotovoltaica. Tale produzione verrà altresì utilizzata per alimentare i servizi ausiliari nella centrale termica, nonché i servizi comuni del condominio (ascensore e luci scale). Ci si aspetta una riduzione del fabbisogno energetico da fonte fossile almeno dell’81% ed una percentuale di consumo della produzione fotovoltaica da parte della pompa di calore di almeno 37%.
I condomini potranno quindi condividere l’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico, minimizzando i prelievi dalla rete e massimizzando l’autoconsumo in loco.
La forza del Progetto Energheia è, anche, quella di essere facilmente replicabile in qualsiasi contesto urbano e residenziale.
Non a caso le 20 realizzazioni si inseriscono a Torino nel quartiere Mirafiori con numerosi condomìni (e il coinvolgimento di circa 240 famiglie), a Pinerolo, a Moretta (CN), a Racconigi, a Cavour. Tempo medio di realizzazione degli interventi: 4 mesi
I condomini di queste 20 Comunità Energetiche Condominiali utilizzeranno le fonti energetiche tradizionali, quali gas metano ed energia elettrica solo per sopperire ai picchi di richiesta energetica, che si verrebbero a determinare nelle stagioni più fredde e non particolarmente soleggiate. Gli edifici così realizzati avranno un’autonomia energetica che si attesta mediamente tra il 70% e il 90%, in funzione del tipo di tecnologia adottata.
Triplice il beneficio. Ambientale, economico e sociale:
1) si favorisce l’uso di fonti rinnovabili, quella solare, per produrre energia elettrica con cui alimentare una pompa di calore per il riscaldamento degli ambienti;
2) si abbattono i consumi, grazie all’efficientamento energetico di vecchi edifici;
3) si abbattono significativamente i costi delle bollette dei cittadini, grazie all’autoconsumo.
Ed ecco alcuni numeri di questo anno trascorso:
- 20 Comunità energetiche condominiali o Gruppi di autoconsumatori collettivi realizzati tra Pinerolo, Torino, Cavour, Moretta e Racconigi. I Condomini a Torino si trovano nel quartiere Mirafiori Sud
- 55% di risparmio di energia termica dopo l’efficientamento, grazie all’isolamento effettuato sull’involucro
- Riduzione dell’88% dell’uso di fonti fossili, rispetto alla condizione ante intervento, con conseguente riduzione delle emissioni in atmosfera (e circa 460 t di CO2 evitate).
- Mediamente il 75% dell’energia ancora necessaria al riscaldamento dell’edificio efficientato, proviene da fonti rinnovabili, tramite l’alimentazione di pompe di calore con energia elettrica fotovoltaica.
- Coinvolte oltre 700 famiglie
L’appuntamento di oggi si è inserito negli eventi di avvicinamento al Festival Nazionale dell’Economia Civile 2022 che si terrà a Firenze dal 16 al 18 settembre 2022, nel corso del quale, nel 2021, Acea Energie Nuove era stata scelta come azienda Ambasciatrice dell’Economia Civile 2021.
Leonardo Becchetti Direttore del Festival Nazionale dell’Economia Civile è proprio intervenuto sulle ricadute sociali, economiche e imprenditoriali delle comunità energetiche come strumento per accelerare la transizione energetica in seguito alla guerra.
Tante le personalità di spicco che hanno partecipato a questo “compleanno” delle Comunità Energetiche Condominiali promosso da Acea Energie Nuove: Antonio Giangregorio (Facility Manager del Campus ONU), Gianni Pietro Girotto (Presidente X Commissione Industria Commercio Turismo del Senato), Leonardo Becchetti (Direttore del Festival Nazionale dell’Economia Civile e Co-Fondatore di Next Nuova Economia per Tutti), Ezio Chiaramello (Direttore Operativo Acea Energie Nuove) Katiuscia Eroe (Responsabile Energia di Legambiente), Romano Borchiellini (Referente del Rettore presso l’Energy Center del Politecnico di Torino), Sergio Olivero (Responsabile Business&Finance Innovation dell’Energy Center del Politecnico di Torino).
Primo appuntamento: “What has Happened?” (2022) del famoso fumettista Hugleikur Dagsson
Inaugurazione in presenza > Mercoledì 18 maggio, alle ore 18.30
Torino, Barriera di Milano, Piazza Bottesini
L’ottava edizione di Opera Viva, il Manifesto, che anticipa la fiera d’arte Flashback di novembre, guarda lontano e arriva fino alle coste dell’Islanda con la sensibilità e lo sguardo del visionario artista islandese Jon Gnarr, nuovo curatore del progetto artistico ideato da Alessandro Bulgini che, dal 2015, ha portato in Barriera di Milano a Torino più di 40 artisti, italiani e stranieri, interpreti dello spazio pubblico di 6×3 metri in piazza Bottesini.
La scelta di un nuovo curatore per Opera Viva, il Manifesto nasce dalla volontà – sottolinea l’ideatore del progetto artistico Alessandro Bulgini – di lavorare ad un’edizione che insistesse sull’importanza di fornire soluzioni alternative alla nostra incapacità di risolvere i conflitti e che sottolineasse l’importanza del ruolo degli artisti nella società.
Attore, scrittore, comico e drammaturgo, autodefinitosi anarco-surrealista, Gnarr, nel 2009, ha sentito la necessità di mettersi a disposizione degli altri creando un nuovo partito politico Besti flokkurinn (dall’islandese: Il Partito Migliore) nel quale ha coinvolto tantissimi artisti islandesi nella convinzione che solo l’arte possa, in determinate occasioni, fornire un reale spunto per il cambiamento. Sorprendentemente, la lista di Jón Gnarr ha vinto le elezioni comunali di Reykjavík così dal 2010 al 2014 Gnarr è stato Sindaco della capitale dell’Islanda.
Sulla base di queste premesse, per Opera Viva, il Manifesto, Gnarr, attraverso il coinvolgimento di altri 6 artisti islandesi, ha lavorato per creare un capolavoro corale, come per il Partito Migliore, fornendo una visione pluralistica e unica grazie alla capacità visionaria della comunità di artisti coinvolti. Tutti, ognuno con le proprie peculiarità, collaborano per creare un organismo complesso, un’idea che Gnarr definisce “A new hope”.
Una nuova visione, quindi, – continua Bulgini – per uno spazio pubblico che, da otto anni, si propone di connettere, con opere diverse mese per mese, l’arte e la vita nello scorrere della sua quotidianità, e per il quale è stato scelto come nuovo curatore Gnarr che per primo ha legato indissolubilmente la propria arte alla vita.
Il primo artista con il quale parte Opera Viva, il Manifesto è un famoso fumettista islandese Hugleikur Dagsson, dall’umorismo urticante, più feroce di South Park, più scorretto di Borat, e conosciuto in Italia per il libro “Cazzo Ridi?”, una sorta di meraviglioso esorcismo contro le insidie del perbenismo e del politically correct. Il manifesto di Dagsson, che viene inaugurato mercoledì 18 maggio alle ore 18.30 in piazza Bottesini, non ha bisogno di ulteriori parole a commento perché possiede una chiarezza e immediatezza schiaccianti con il suo fondo giallo, i suoi tratti semplici e le sue tre parole: “What has Happened?”
Questo disegno – commenta l’artista – è qualcosa a cui ho pensato quando mi sono reso conto di essere diventato, dal nulla, un uomo di mezza età. Mi sono sempre sentito come se avessi vent’anni, ma poi ne ho compiuti quaranta e poi cinquanta e non me ne sono nemmeno accorto. La vita è la cosa più lunga che puoi sperimentare, ma è anche breve da morire. Dovremmo godercela finchè possiamo e, allo stesso tempo, non pensarci troppo. Questa è la condizione umana.
“L’atteggiamento del Comune di Torino circa presunte molestie ai volontari dell’ eurovision lascia allibiti. Solo grazie alla nostra richiesta di comunicazioni il sindaco si è degnato di venire in aula a riferire. Ogni molestia non va mai sottovalutata e d’altra parte comportamenti dei singoli non possono infangare un intero evento” a dichiararlo è il vice capogruppo di Fdi in Consiglio comunale Enzo Liardo, che prosegue: “E’ certo però che abbiamo assistito in questi giorni a due pesi e due misure non accettabili. Un Pd a Rimini che crea un caso Alpini e fa dimettere propri esponenti dai propri ruoli e un Pd a Torino che sta in silenzio davanti accuse pensante e tentativi di minimizzare o addirittura negare. Forse i ballerini non erano Alpini. Per noi non esistono distinguo: il grido di allarme delle donne molestate va affrontato e al contempo vanno sostenuti eventi come Eurovision senza generalizzazioni pericolose. La nostra solidarietà alle volontarie ed a chi ha voluto raccogliere le loro testimonianze”.
Causa giusta, modo sbagliato
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Questa fotografia dimostra una solidarietà che anche noi condividiamo perché ogni causa umanitaria di giustizia va difesa.

Ma non si può usare una sede istituzionale come la Sala rossa del Consiglio Comunale per manifestazioni che stridono con le regole. Giustamente i commessi di Montecitorio e del Senato impediscono ai parlamentari di esibire cartelli. Nella Sala rossa e’ invece stato consentito che si occupasse la parte riservata a sindaco e giunta comunale da parte del consigliere Viale noto per i suoi esibizionismi anche recenti, quando si è presentato alla manifestazione del 25 aprile con una bandiera della NATO con l’intento sicuro di ottenere una fotografia sui giornali come e’ accaduto. Cominciò tanti anni fa in via Po ad esibirsi in “Lotta continua”. In quel periodo venne arso vivo uno studente nel bar “Angelo azzurro”, anche se lui venne scagionato, al contrario del suo compare Della Casa. E poi se la prese con il crocifisso in Sala rossa e in tante altre occasioni tento’ inutilmente di imitare Pannella che non lo considerava affatto uno dei suoi, come mi disse e non volle farlo parlare per i suoi ottant’anni festeggiati a Torino per mia iniziativa al Circolo della Stampa insieme al presidente Gianni Romeo. Ci sarebbe chi deve vigilare e applicare i regolamenti che non dovrebbe lasciar fare nell’Aula del Consiglio comunale a Viale ciò che vuole, come se fosse a casa sua. Le sedi istituzionali vanno salvaguardate. Non vogliamo dei nuovi pannellini in sedicesimo che non hanno nulla a che fare con il grande Marco. La forma è anche sostanza. Sempre.
“Il misantropo” di Molière sino al 22 maggio al Carignano
Leonardo Lidi (classe 1988, anche attore che piace, dopo i successi di “L’incredibile storia dell’Isola delle Rose” e del televisivo “Noi”) non è uno di quei tranquilli registi che s’affiancano buoni buoni alle indicazioni di un autore, alle strade percorse, mansueti, pazienti, educati, obbedienti: lui fa lo scavezzacollo, lui ribolle, lui ha necessità di afferrare quel testo e di pararglisi davanti, di affrontarlo, di lottare, di usare il bisturi come pochi, di tagliare e di mescolare, di scandagliarlo a fondo, pur anche di sovvertirlo (“o non vale la pena di metterci mano”). Con risultati a tratti discutibili (all’indomani della prima, avevo coltivato una profonda aria di sospetto con “La casa di Bernarda Alba”, ovvero l’originalità ad ogni costo, disordinata, sfacciata), o con una rilettura come si usa inevitabilmente oggi che – all’insegna dell’est modus in rebus – convince, che ti spinge ad abbracciare i salti mortali che Lidi ti mette davanti agli occhi. E dico rilettura, non (forzata) attualizzazione, tanto è il soppesato scavare con cui Lidi compie il proprio lavoro. Nel 400mo dalla nascita di Molière si mette a inventariare il corpus del Grande Francese, pensa e ripensa e scarta, per scegliere “Il misantropo” (per la stagione dello Stabile torinese che lo produce in solitaria, 80’ minuti tesi e avvincenti, grandi applausi finali, sino a domenica 22 maggio sul palcoscenico del Carignano), ne sbandiera tutta la vita pulsante e la modernità e butta in scena il protagonista, quell’Alceste che, con dolori e spirito autobiografici, don Chisciotte senza se e senza ma, intransigente sino allo spasimo, infaticabile raisonneur, rifugge dalle convenienze e dai falsi abbracci, dai fabbricanti di smancerie e dai collezionisti di parole inutili per innalzare inascoltato monumenti alla verità e alla rettitudine, all’amicizia senza tornaconto, alla franchezza e alla stima e alla sincerità. Un gioco di maschere che portate dinanzi alla corte di Versailles dovevano far inorridire più di un notabile. Accanto a lui, l’amico Filinte, la parte accomodante di ogni individuo, la “sua” più che ipotetica parte accomodante, colui che conosce il mondo e le sue leggi; accanto a lui Celimène, amata e di lui innamorata, ma ventenne allegra, con la civetteria nel sangue e certo non pronta a rifuggire dai tanti corteggiatori che le ronzano intorno, specchio di quella Armande Béjart che faceva sanguinare il cuore del povero Poquelin.
Queste le colonne portanti, o quasi. Diciamolo subito, con il piacevolissimo dubbio da parte di chi scrive queste note che il lavoro migliore di Lidi stia proprio nelle rinvenzioni, nella riscrittura, nei sovvertimenti, nei tratti e nei caratteri approfonditi, nel gioco calibrato di allontanamento che spreme i frutti migliori. Denunciando la parte più “fedele” del lavoro una certa sembianza sfocata, non tracciata a fondo, che finisce col coinvolgere anche il protagonista interpretato da Christian La Rosa, troppo perennemente itinerante, o l’oggetto dei suoi ardori, che è Giuliana Vigogna. Niente più sale sfarzose e candelabri e boiserie, luci cupe e una faticosa distesa di pietrisco a riempire il palcoscenico, un’alta e scura parete sullo sfondo, semicircolare, una stretta e bassa porticina da cui si accede nel mondo di Alceste (la scena è di Nicolas Bovey, allucinata prigione non solo fisica ma della mente), una distesa lunare attraverso cui s’arrabatta e fugge e fatica il protagonista, e soffre, come Lidi sottolinea, non soltanto con le parole che portano alla moderna depressione e alla solitudine, ma pure avanzando con l’aiuto di un bastone e con la gamba sinistra chiusa in un tutore ortopedico. In un tale mare (e male) oscuro, Lidi ci offre il suo “atrabiliare innamorato”. Proponendo a Orietta Notari, attrice come sempre appassionata ed emozionante, il ruolo di Filinte, ecco che il personaggio (al) femminile deve imboccare strade nuove e esplorare una omosessualità che in Molière nessuno caverebbe mai fuori: ma l’invenzione non è che ci trovi seduti in poltrona con il pollice verso, l’invenzione lavora appieno sull’intero terreno della commedia che ha contorni di dramma (l’eterna questione: Alceste è comico o drammatico? è un cammino lungo e graduale quello che il regista compie: “vero che Alceste cade in un baratro sempre più profondo di autocommiserazione: se nelle prime scene si sforza di combattere le mode malate del momento, battuta dopo battuta, si tappa sempre più le orecchie desiderando soltanto un eremo dove dettare le regole della propria società.”) e le profferte amorose tra “la” femminile Filinte e la dolcissima Eliante conducono senza fatica lo spettatore alla quotidianità che stiamo vivendo.
Nella riscrittura di Lidi il personaggio più bello e completo, spinto in certi momenti a ritagliarsi una singolarità e una eccellenza che credo abbia mai avuto, è quello di Arsinoè. Tratteggiata quasi con affetto dal regista. Non più l’amica pettegola di Celimène, attenta alla sua reputazione e pronta a riferire tutto quanto si dice nei salotti del suo disinvolto vivere: è innamorata di Alceste, è la donna che ama un uomo più giovane di lei, è la donna frustata, che il successo letterario non lo ha mai afferrato, dove ormai coabitano la nostalgia e il viale del tramonto e la bellezza che ogni giorno vede venire meno (“Dite che sono vecchia? Non dite quella parola, vi prego. Non vecchia, vi prego. Grande”). Ne dà un ritratto doloroso, tutto raccolto nelle più raccolte intimità, una eccellente Francesca Mazza. E poi ancora, l’invenzione di “Lui” (Riccardo Micheletti), l’alter ego, un volto magrittiano senza sembianze, ricoperto da una grigia calzamaglia, un altro se stesso in cui guardare, un confessore a cui affidarsi. E Oronte (Alfonso De Vreese), da poeta a stornellatore con doverosa chitarra, con l’ossessivo e straniante “Guarda che luna”. Li vedremo tutti allineati in proscenio, immobili a ripresentarsi al termine dello spettacolo al pubblico preso a testimone, inondati da una pioggia che è sinonimo di pulizia, di cancellazione di quelle maschere che sinora hanno indossato e che lasceranno il posto all’autenticità dei sentimenti. Al di fuori di ogni retorica, motore al centro di ogni cosa e di ogni soluzione, la ricerca dell’amore, quello che, taumaturgicamente, potrà mettere in salvo l’uomo, l’amore “che deve tornare al centro del nostro pensiero intellettuale”.
Elio Rabbione
Le immagini dello spettacolo sono di Luigi De Palma