A Corio un’auto stamane è uscita di strada schiantandosi contro un albero. Il conducente, di 64 anni, ha probabilmente avuto un malore. È morto all’ospedale di Ciriè. Sul posto il 118, i vigili del fuoco del distaccamento di San Maurizio Canavese e i carabinieri di Venaria.
8 febbraio 1975, quel gol di Tardelli
Accadde oggi
È una data importante, da ricordare per tutti gli amanti del calcio e, soprattutto, per Marco Tardelli che, sette anni dopo, luglio 1982 segnerà la storica rete del 2-0 (parziale) alla Germania Ovest nella finale di Spagna ’82, con la mitica corsa e l’urlo Liberatorio entrato nella leggenda. Il giovane 21enne si mette in luce con un gol nella partita Verona-Como.
La rete è importante perché è il suo primo gol che viene commentato in TV. Tardelli è stato uno dei centrocampisti più forti al mondo,nella storia del calcio mondiale. Quel giorno, però, giocava come terzino destro. A fine stagione, dopo tante ottime prestazioni in Serie B, il presidente della Juventus, Giampiero Boniperti, grande esperto e conoscitore di calcio,lo acquistò dal Como per 950 milioni di lire.Da allora cominciò il mito Tardelliano nella squadra bianconera.
Enzo Grassano
La madre della minorenne fermata dai carabinieri con altri quattro suoi amici per il lancio della bici dai Murazzi che ha ferito gravemente un giovane ha dichiarato di non sapere nulla della vicenda ma che se sua figlia ha sbagliato è giusto che paghi. Sui giornali trapelano alcune frasi scritte sul diario personale della giovane, dopo quel gesto irresponsabile: “avevamo bevuto”. Sono 5 i ragazzi tra i 15 e i 18 anni, fermati a Torino dai carabinieri e già interrogati, con l’accusa di aver lanciato dalla strada sopra i Murazzi la bici elettrica di 15 chili che ha ferito, mandandolo in coma, lo studente palermitano Mauro Glorioso. Ora sta recuperando ma è in prognosi riservata. I giovani, due 18enni e tre minorenni, sono stati fermati con l’accusa di tentato omicidio per i fatti avvenuti il 23 gennaio scorso. I giovani fermati non sono appartenenti ad alcuna baby gang ma ragazzi comuni, amici da anni, residenti nel quartiere di Madonna di Campagna.
Elogio della cravatta
IL COMMENTO Di Pier Franco Quaglieni
Non ho mai avuto ne’ affinità’ ne’ buoni rapporti con un consigliere comunale di Torino che dice di essere radicale , dimenticando che l’unico radicale nella Sala “rossa“ fu l’on. Bruno Villabruna, un vecchio gentiluomo liberale, seguito da Marco Pannella eletto nel 1985 che rinunciò alla carica appena eletto.
Quel consigliere “radicale” si è distinto per le sue polemiche spesso astiose, quasi sempre abbastanza irrilevanti , anche se i giornali gli danno spazio e un rilievo non corrispondente alla serietà dei lavori del Consiglio comunale che non viene più seguito dalle Cronache della “Stampa” dai tempi di Bona Alterocca e di Giuseppe Sangiorgio, cronisti esemplari del bel tempo che fu.
E’ il consigliere che ossessivamente da anni vuole togliere il Crocifisso dall’Aula del Consiglio comunale e adesso propone di eliminare l’obbligo della cravatta per partecipare ai lavori del Consiglio Comunale, considerandola un segno di arretratezza e addirittura di discriminazione di genere. Il Consiglio comunale ha respinto la sua proposta, forse avanzata solo per essere ad ogni costo più visibile. Infatti ci sono tante fotografie di quel consigliere con giacca e cravatta anche fuori dal Consiglio comunale che contraddicono la proposta di potersi scravattare.
In questa società sempre più sciatta il portare la cravatta e’ diventato un optional sempre più raro. Le magliette hanno sostituito le camicie e la camicia con il collo aperto e’ diventata una regola. A Torino i negozi dell’eleganza maschile, forse salvo uno, hanno chiuso da parecchi anni e nessuno ricorda più il mitico Ruffatti. Oggi tutti vogliono l’abbigliamento comodo: un individualismo accettabile in casa o all’osteria, ma non compatibile con altri luoghi.
Secondo quel combattivo Consigliere anche il Consiglio comunale dovrebbe adeguarsi all’andazzo di quella che in passato era considerata la “società civile”. Chi scrive porta la cravatta da quando era alunno della IV elementare. Non ho mai modificato la mia vita. In casa mia anche d’estate si andava a cena con la giacca e la cravatta, anche in campagna sotto il pergolato. Uno stile del vecchio Piemonte a cui non ho mai voluto rinunciare, anche se i rigori paterni si sono via via allentati.
Infatti da tempo, appena entro in casa, tolgo subito la cravatta, ma solo d’estate al mare non metto la cravatta se esco. Quando alla sera vado a fare una conferenza in Riviera, mi rimetto la cravatta .Non sono solo io a fare così. Ricordo che Giovanni Spadolini, direttore del “Corriere”, chiese ad un giornalista in maniche di camicia perché si fosse messo in mutande in redazione. Certo, oggi già la sola giacca e’ diventata un’ eccezione quasi snob. Ricordo con orrore che negli Anni Settanta in una scuola torinese i professori erano in maglietta o in giacca a vento, quella che allora si usava solo in montagna per sciare.
Ho conosciuto dei professori, si fa per dire, che non hanno mai indossato una giacca e non sanno neppure cosa sia una cravatta. Dei prof. sempre in jeans sono piene le scuole anche oggi, quelli che il mio amico Beppe Lodi definiva ironicamente i rappresentanti del “baracchinaggio scolastico”. Ricordo che al liceo d’Azeglio un’avvenente professoressa cinquantenne si presentò in settembre per far lezione in reggiseno striminzito e pantaloni attillati a vita bassa come se fosse a Saint – Tropez e volesse far rivivere il mito di Brigitte.
Il mio amico preside di quel liceo, il pur grande Giovanni Ramella, non osò obiettare nulla alla professoressa che forse sarebbe stata felice di far lezione magari anche in topless, con grande godimento visivo degli allievi sicuramente più attenti alla docente che alla materia insegnata.
Per altri versi, le ascendenze del consigliere “radicale “ si ritrovano proprio nel clima infuocato e contemporaneamente rilassato di quei maledetti anni di piombo in cui si giunse putroppo alle violenze più inaudite, oltre che al modo di vivere del “libero amore“ all’insegna di un libertarismo sessuale molto individualistico. Non c’è’ bisogno di essere l’”inutile“ Conte Giovanni Nuvoletti che scrisse un libro sulla cravatta per capire il valore simbolico di un certo modo di vestire. Nuvoletti era entrato nella famiglia degli Agnelli dove gli eredi sono spesso molto disinvolti come il prode Lapo, ad esempio, nel modo di vestire.
Anche l’Avvocato amava un abbigliamento sportivo, ma era rigorosamente rispettoso delle istituzioni e delle forme. La cravatta spesso nera di Gianni Agnelli era la norma. Al contrario penso che nelle cravatte ci si possa un po’ sbizzarrire, magari scegliendo le cravatte di Marinella, un gusto napoletano amato in tutto il mondo. La cravatta e’ sicuramente inutile, ma e’ l’unica cosa un po’ fantasiosa che può essere consentita ad un uomo elegante. Capisco che parlare oggi di eleganza sia quasi una bestemmia. Mario Soldati con i suoi celebri papillons francesi oggi inorridirebbe camminando in via Roma. Capisco che, scrivendo queste cose, mi candido ad una condanna a morte per snobismo, ma credo che le regole nei luoghi pubblici vadano rispettate.
Quella “Sala rossa” va considerata anche per la sua storia. In quell’ aula sedettero tanti uomini e donne di alto livello, da Cavour a Fusi, da Peyron a Castellani, da Magnani Noya a Frida Malan. Le istituzioni vanno rispettate perché il pubblico non può coincidere con il privato. Giustamente alcuni comuni balneari hanno vietato di girare per le vie in costume da bagno. Una delle poche regole che sopravvive al diluvio della banalità libertina o libertaria nel vestire va difesa perché appartiene allo stile Torino.
Gli ex agitatori nostalgici dell’ eskimo fanno quasi un po’ di pena. Ciascuno può vestirsi ed oggi anche svestirsi a suo piacimento, ma, se si fa eleggere in una istituzione, deve rispettare le regole. Non vorrei ricordare male ma, se non sbaglio, mi sembra che anche negli anni Settanta qualche consigliere trasgredisse alla regola della cravatta durante l’estate, malgrado il regolamento e l’oppositore e poi sindaco Novelli esibisse il borghesissimo gilet in ogni stagione. Almeno in questo, Novelli , era meglio di tanti altri.
Donne, un percorso di ricerca
Un viaggio, un percorso personale di ricerca e studio offerto a donne desiderose di comprendere e di lottare con e per le altre e gli altri; suggerito a uomini audaci e impazienti di riacquistare un ruolo decisivo nella creazione della società in cui vivono, capaci di costruire senza prevaricazioni e senza arroganza. Spunti di riflessione e pensieri che si intrecciano e si intersecano a formare una ragnatela che tutto collega.
L’autrice
Maria Rita Mottola, nata nel 1956, avvocato e autrice di testi giuridici e non solo, collabora con il prof. Paolo Cendon, presidente di A.L.E.R.A.MO. onlus associazione culturale che offre e promuove la bellezza delle arti nella terra del Monferrato. Collabora con associazioni di volontariato e culturali, a gruppi d lavoro e di studio. Convinta che solo il dubbio possa consolidare la fede.
L’EVOLUZIONE DELLE DONNE
Un lungo viaggio che conduce a una domanda che è anche la domanda da cui è possibile partire: siamo giunti al punto di non ritorno? L’atmosfera che si respira negli ultimi mesi non lascia spazio a dubbi. Stiamo attraversando un guado, andando verso un oltre. Sta a noi scegliere in che direzione andare, se fermarci per pensare e progettare il futuro, affrontarlo a testa alta ma insensatamente, o analizzare con onestà ciò che è stato e ciò che siamo, ciascuno e tutti, per affrontare una sfida che sconcerta e spaventa, emoziona e sprona a procedere, a non fermarsi, a costruire un mondo nuovo, vero e vitale. Questa sfida non può essere affrontata da soli e men che mai uomini contro donne armati, e viceversa. Solo insieme con umile consapevolezza, vestiti di coraggio e determinazione, forti della conoscenza di storia e pensiero filosofico, armati degli strumenti del diritto e della scienza potremmo procedere, insieme verso la cima della montagna. Il saggio che presento è un viaggio e un percorso personale di ricerca e studio offerto a donne desiderose di comprendere e di lottare con e per le altre e gli altri, senza voltarsi indietro e senza prescindere da ciò che è stato; suggerito a uomini audaci e impazienti di riacquistare un ruolo decisivo nella creazione della società in cui vivono, capaci di costruire senza prevaricazioni e senza arroganza. Spunti di riflessione, brani di testi e saggi, giurisprudenza e sociologia, pensiero filosofico e religioso, raccontando si intrecciano e si intersecano a formare una ragnatela che tutto collega. Il puzzle piano, piano si perfeziona e l’immagine si fa più nitida e chiara. Non vuole essere la fine di un lungo e complesso lavoro ma un inizio e una provocazione per i lettori. Una agorà, un luogo di incontro e confronto.
Una premessa (Per chi, perché e come Incontri Letture Ricerche) e 14 capitoli.
Suddiviso in Parti (sei) a loro volta suddivise in capitoli e alla fine di ogni capitolo un paragrafo “Tiriamo le fila” che fa il punto per riassumere e preparare la lettura successiva.
Gli argomenti:
PARTE I La politica; PARTE II La famiglia; PARTE III La cosmesi dei diritti; PARTE IV La salute; PARTE V l’evoluzione e il progresso; PARTE VI DonnaDonne
IL CERCHIO Iniziative editoriali
I tre porcellini Favole a merenda
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La Reggia di Venaria chiude un mese per lavori
CHIUSURA DELLA REGGIA DI VENARIA, DEI GIARDINI E DELLE MOSTRE
DA LUNEDÌ 13 FEBBRAIO A SABATO 11 MARZO COMPRESO.
ALLA RIAPERTURA, IL 12 MARZO, I VENARIESI POTRANNO VISITARE I GIARDINI TUTTO L’ANNO CON UN ABBONAMENTO A 5 EURO
La Reggia di Venaria con i suoi Giardini e le mostre chiude i battenti per un mese per eseguire lavori di manutenzione straordinaria e si trasforma, nel contempo, in un set cinematografico.
Alla sua riapertura, domenica 12 marzo, i residenti venariesi potranno avvalersi dell’abbonamento annuale, valido per i Giardini, ad un costo agevolato di 5 euro, usufruibile dal martedì alla domenica (compresi le festività ed eventuali aperture straordinarie), valido per tutto il 2023.
L’iniziativa è frutto della mozione presentata nella seduta del Consiglio comunale del 21/03/2022 e votata all’unanimità dall’assemblea consiliare.
L’abbonamento è acquistabile presso la biglietteria della Reggia di via Mensa negli orari di apertura, presentando la carta d’identità o il certificato di residenza.
Si ricorda, inoltre, l’iniziativa “La Reggia e la Città ti fanno gli auguri”. Nel giorno del proprio compleanno i cittadini venariesi residenti (insieme ad 1 solo eventuale accompagnatore) potranno beneficiare di ingresso gratuito al complesso della Venaria (Reggia e Giardini), mostrando la carta d’identità, sempre alle casse della biglietteria, che attesti data di nascita e luogo di residenza (qualora il giorno del compleanno dovesse coincidere con un giorno di chiusura, si potrà fruire della promozione esclusivamente il primo giorno utile successivo a tale giornata di chiusura).
Per altre informazioni: www.lavenaria.it – tel. +39 0114992333
Dichiara Guido Curto, Direttore generale del Consorzio delle Residenze Reali Sabaude «La conferma anche per il 2023 dell’accordo con il Comune che prevede l’ingresso ai Giardini della Reggia per i venariesi tramite abbonamento dedicato con un costo simbolico, rientra in una serie di azioni congiunte volte alla valorizzazione reciproca dell’unicum Reggia-Città di Venaria Reale, in questo caso per consentire di apprezzare tutto l’anno le bellezze dei nostri Giardini rafforzando anche il sentimento di identità e appartenenza dei cittadini nei confronti del loro straordinario patrimonio storico e paesaggistico. Per questi motivi non posso che essere soddisfatto per aver colto la proposta del sindaco Fabio Giulivi e dell’assessore Marta Santolin, auspicando che possa essere fruita dal maggior numero possibile di venariesi».
PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione
Una sceneggiatura e una regia perfette, due attori pronti per gli Oscar
C’è un’immagine suggestiva quanto emblematica ad aprire “Gli spiriti dell’isola” di Marrtin McDonagh – nato a Londra ma di origini irlandesi, drammaturgo, cui già lo Stabile genovese prestò negli anni a cavallo del nuovo millennio una precisa attenzione, prima che sceneggiatore e regista ormai consacrato che qui rischia di appropriarsi delle maggiori statuette ai prossimi Oscar (sono ben nove le candidature), ma già premiato per la miglior sceneggiatura originale ai Golden Globe, come era accaduto per “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” ormai cinque anni fa. Una tavolozza dove campeggia un bel verde compatto, una distesa di terreno ripresa dall’alto, immersa in un paesaggio quasi irreale di scogliere e rocce e sentieri impervi, un unicum che potrebbe dare al primo sguardo il senso della singolarità se non fosse per quella spezzettatura, per quei solchi neri e avvallati che la attraversano e che la rendono lo specchio della frammentarietà. Come frammentario è quel minuscolo villaggio sparso a guardare il mare della immaginaria isola di Inisherin, di fronte a quell’Irlanda del 1923 da cui arrivano come una eco le ultime esplosioni e gli spari della guerra civile; come frammentari, disuniti, lontani gli uni dagli altri sono quei personaggi (una bellezza di raffinata scrittura) che vivono nel chiuso delle proprie case, il cui unico ritrovo è il pub per una pinta di birra e un po’ di musica, che aspettano come la proprietaria della drogheria i pettegolezzi e le notizie che possono arrivare dai simili e dal mondo esterno.
C’è in questo rarefatto alveare il mandriano Pàdraic, uomo semplice e buono, che vive con la sorella Siobhàn pronta a sognare la fuga da quell’angolo scomposto di mondo, c’è il violinista Colm pronto a rivelarsi avaro di gesti e di parole, ci sono gli animali che vivono quelle case e quelle stesse strade, l’asina e il cane, le vacche e i vitellini che negli occhi sembrano commentare la stupidità dell’uomo, come pure i gabbiani che arrivano in volo. Senza dispute o fattacci che facciano presagire una tempesta, all’improvviso, Colm cessa quell’amicizia che da sempre nutre con Pàdraic, non vuole avere più a che fare nulla con lui, si chiude in un mutismo assoluto, motivando la decisione con la noia derivata dalle chiacchiere e dall’andazzo superficiale di ogni giorno e il tempo da utilizzare nel migliore dei modi, per esempio nella composizione di musiche nuove. Motivi futili, inspiegabili, che soprattutto non riportano il sorriso. Ci sono i dialoghi scarni, reiterati, le frasi stupidamente raddoppiate ma anche ripronunciate per darsi una ragione se possibile di quanto sta succedendo, le parole calibrate, dette con severità, a tratti rimbalzando contro un’ironia che McDonagh controlla con rara bravura. Colm minaccia di tagliarsi un dito della mano se Pàdraic gli rivolgerà ancora la parola: mentre il racconto, esempio chiarissimo di un assurdo che solo in una Irlanda patria di Samuel Beckett poteva trovare le proprie radici, continua a scavare nei silenzi che soltanto il cocciuto e amareggiato Pàdrain tenta di scardinare. Sino ad avanzare in una tragedia che vede altre mutilazioni, incendi, uccisioni.
Un fatto minimo e un’evoluzione sconcertante, addirittura un’opera quasi concepita e costruita nel nulla ma che al contrario, scena dopo scena, offre una vita più che convincente ai sentimenti, alla ricerca di amicizia e di solidarietà, al rifiuto degli altri e alla noia che con un cammino opposto dà spazio alla solitudine, alla volontà di guardare essenzialmente al presente o di gettare lo sguardo verso un futuro in cui lasciare qualcosa di se stessi: la guerra non è soltanto quella che si combatte là dove si perde l’orizzonte, è qui in mezzo a noi, ormai incapaci – e non è soltanto un discorso morale, parliamo anche di necessità fisica – di costruire rapporti duraturi, lontani del tutto dal rancore e dalla raddolcita franchezza umana.
Colin Farrell e Brendan Gleeson (bravissimi entrambi, per entrambi preparate le candidature che potrebbero portarli alle agognate statuette: del primo da sottolineare il lavoro sul corpo, la poesia e la rabbiosa determinazione, i piccoli gesti del quotidiano, il rapporto con gli animali che lo accompagnano, la perdita di ogni certezza nell’abbandono dell’amico, la scena nel pub con la tirata intorno alla bellezza antica della “gentilezza” per eleggerlo immediatamente a miglior attore dell’anno, dell’altro tutta l’asprezza, contrapposta alla dolcezza delle musiche e delle canzoni che l’attore stesso ha composto per il film) tornano a lavorare con McDonagh a circa quindici anni da “In Bruges”, storia di due sicari diversamente colpiti dalla noia e dai percorsi artistici della città belga. “Gli spiriti dell’isola” è una favola aspra e grottesca da segnare convintamente tra le pellicole da vedere in questo periodo, è una favola di insano realismo ai bordi della magia. Il titolo originale suona “The Banshees of Inisherin”, laddove le “banshees” sono le streghe che circolano tra quella nature, pronte ad apparire quando qualcuno deve morire.
Riceviamo e pubblichiamo
“La nostra rabbia è energia rinnovabile”
Anche in Italia, in tutte le città, Fridays For Future chiama una giornata di mobilitazione per la giustizia climatica.
Fridays For Future lancia per venerdì 3 marzo un nuovo sciopero globale per il clima in tutto il mondo. <la crisi climatica è arrivata nelle nostre città, dobbiamo gridare nelle piazze di tutto il mondo che l’azione per la giustizia climatica non è rimandabile>> spiega il movimento nato nel 2019 e divenuto famoso per gli scioperi oceanici organizzati in questi anni.
Nel 2022 in Italia si sono verificati 310 eventi estremi, per la maggior parte siccità, grandinate, trombe d’aria e alluvioni. Sono morte 29 persone a causa dei disastri ambientali. Quella del 2022 è stata l’estate più calda della storia Europea, che nel sud Italia ha fatto registrare temperature record.
A novembre 2022 la media di CO2 nell’atmosfera si aggirava attorno a 420 ppm (parti per milione). Soli 10 punti sotto il limite indicato dagli esperti (climatewatchdata.org) per mantenere l’aumento della temperatura globale sotto gli 1.5°C.
Mentre nella maggior parte dei comuni italiani aumenta il costo dei trasporti pubblici con nuove tariffe record, le compagnie energetiche vantano miliardi in extra-profitti.
Aumentano anche le bombe climatiche, progetti di esplorazione ed estrazione di combustibili fossili ad alte emissioni che da soli basterebbero a far surriscaldare il pianeta oltre il limite.
Mai come oggi si sente forte la necessità di dare nuova voce alla scienza.
<> denuncia Marco Modugno, portavoce di Fridays For Future Italia: <
Dati scientifici, energia e partecipazione sono le loro sostitute.
Le politiche climatiche italiane sono gravemente insufficienti e si manifestano con totale incoerenza: tempistiche tardive, mancanza di un legame tra visione di lungo periodo e obiettivi di medio termine, scarsa implementazione e monitoraggio degli obiettivi raggiunti e disallineamento delle politiche nei diversi livelli dell’amministrazione pubblica.>>
Nonostante il costo degli impianti rinnovabili diminuisca di anno in anno, l’Italia sceglie di soddisfare l’80% della propria energia primaria con le fonti fossili, creando ostacoli burocratici alle alternative sostenibili e partecipative, come le comunità energetiche.
In un panorama di generale sfiducia verso le istituzioni rispetto alla capacità di affrontare la sfida climatica, Fridays For Future invita chiunque senta l’urgenza di agire a scendere in piazza, per una nuova giornata mondiale di mobilitazione.
<prima che la situazione diventi irreversibile>> afferma Michela Spina, portavoce del movimento: <rinnovare la nostra rabbia ancora e ancora, e manifestare insieme Venerdì 3 marzo. Scenderemo nelle piazze di tutto il mondo per trasformare quella rabbia in proposte concrete verso un mondo decarbonizzato.>>
La nostra rabbia è energia rinnovabile.
Per maggiori informazioni sullo sciopero, le rivendicazioni e le richieste contattare l’ufficio stampa di Fridays For Future Italia
- La diastasi dei muscoli addominali, che può affliggere numerose donne anche in seguito ad una gravidanza, è uno dei criteri previsti per poter essere sottoposti ad un intervento di addominoplastica.
Marrone ha spiegato che “non vengono presi in considerazione criteri esclusivamente quantitativi, come l’ampiezza in valore assoluto della diastasi (2 cm) ma si richiede una valutazione clinica rapportata al singolo caso, essendo il danno proporzionato alla costituzione della paziente. Quando la patologia risulta di grado elevato – ha infine specificato – le strutture chirurgiche della Regione Piemonte possono effettuare regolarmente, tra le varie terapie, l’intervento di addominoplastica.
Frediani ha replicato che “manca nella risposta la parte della presa in carico del paziente e delle informazioni alle donne sulle conseguenze che può avere una maternità. Queste informazioni potrebbero essere inserite nell’Agenda di gravidanza, su questo farò magari delle proposte in merito”.