Importante raccolta per il 10° Natale Solidale della Associazione SILAVORO fondata da Mino Giachino, la associazione che ha organizzato la grande Piazza SITAV del 2018. Il raccolto verrà consegnato a una delle 12 Mense dei Poveri che opera a Torino a testimoniare l’aumento della povertà e del bisogno nella nostra Città. In giornata alcune famiglie bisognose sono venute a ritirare personalmente una borsa settimanale con pasta olio tonno e pandoro. “Sono molto commosso e ancora più determinato a portare avanti l’impegno per rilanciare economia lavoro e benessere a Torino” conclude Mino Giachino.
Il nuovo asilo comunale di Piobesi
Venerdì 12 dicembre, è stato inaugurato ufficialmente il nuovo asilo nido comunale, un servizio pienamente operativo da settembre 2025 e pensato per offrire, per la prima volta, un nido pubblico strutturato, stabile e di alta qualità. Un risultato che risponde ai bisogni educativi dei bambini e a quelli organizzativi delle famiglie, evitando spostamenti fuori paese.
Il traguardo è il frutto di un percorso avviato negli anni scorsi con la riqualificazione dell’edificio dell’ex scuola elementare: tra 2021 e 2022 sono stati eseguiti interventi di adeguamento sismico e funzionale per circa 400.000 euro, in larga parte finanziati dallo Stato tramite il programma “Scuole sicure”. Successivamente, tra 2023 e 2024, grazie a fondi PNRR, è stato ristrutturato il primo piano, ricavando gli spazi del nido e quelli destinati a UNITRE. Al piano terra si trova la scuola dell’infanzia, già rinnovata: un vero polo dell’educazione nel cuore del paese, dai 3 mesi all’età adulta.
Per la gestione del nido, il Comune ha scelto una procedura pubblica aperta, non su inviti, per valorizzare le migliori progettualità. La gara, condotta dalla Città Metropolitana di Torino, si è conclusa con l’affidamento a Frasi S.r.l., realtà nazionale specializzata nei servizi per l’infanzia. Il progetto educativo proposto si ispira all’approccio “Reggio Children”, con il bambino al centro come soggetto attivo, grande attenzione agli ambienti e numerosi laboratori. Tra gli elementi qualificanti anche il bilinguismo, con italiano e inglese che convivono in modo naturale attraverso il “Giving Approach”.
Il nido può accogliere fino a 24 bambini (dai 3 mesi ai 3 anni) con frequenza part-time o full-time e, in presenza di un numero sufficiente di richieste, è prevista la possibilità di prolungamento fino alle 18.00. I pasti, preparati esternamente, seguono un menù equilibrato elaborato con il supporto di nutrizionisti. Grazie alla piattaforma digitale KidsApp, le famiglie possono seguire la giornata dei bambini, ricevere aggiornamenti e gestire in modo semplice comunicazioni e documenti.
Le tariffe per i residenti sono calcolate in base all’ISEE, con l’obiettivo di garantire equità e accessibilità. Per i non residenti sono previste rette mensili definite: 388 euro per il part-time e 630,50 euro per il full-time. Nel primo anno educativo, le iscrizioni sono state riservate con priorità ai bambini residenti fino al 30 giugno, per poi aprirsi anche ai comuni limitrofi fino al raggiungimento dei 24 posti disponibili.
«Con questo nuovo asilo nido – dichiara l’assessore all’istruzione Stefania Arnaudo – compiamo una scelta concreta sul futuro: offriamo un servizio pubblico moderno e di qualità, sosteniamo le famiglie e valorizziamo un edificio storico trasformandolo in un luogo vivo, aperto e utile alla comunità. Nido comunale, scuola dell’infanzia e UNITRE nello stesso stabile raccontano una visione: un paese che investe nella crescita, nell’educazione e nelle relazioni tra generazioni».
Il Polo Le Rosine di Torino presenta Un passo in più, l’evento culturale in programma domenica 14 dicembre alle ore 16 e dedicato alla valorizzazione del genio femminile piemontese attraverso il racconto di tre figure straordinarie: Rosa Govone, Anna Maria Vietti e Olivia Caramello.
Tre epoche diverse, tre secoli di storia femminile piemontese, tre ambiti distinti accomunati da un’unica traiettoria: l’impegno civile, umano e scientifico che ha contribuito in modo determinante alla crescita del territorio piemontese.
Il racconto è curato dall’attrice e drammaturga Sara D’Amario e dal regista François-Xavier Frantz, autore della mise en espace, e attraversa tre secoli di storia, intrecciando le biografie delle protagoniste con i luoghi che le hanno viste nascere e operare: Mondovì, Lanzo Torinese e Torino.
•Rosa Govone (1706–1776)
Fondatrice dell’Istituto delle Rosine, anima illuminata del Settecento piemontese, dedicò la sua vita all’educazione e al sostegno delle donne. La sua Opera, nata nel 1742, è viva ancora oggi nel cuore di Torino: una testimonianza unica di quanto il suo esempio sia ancora attuale e concreto.
•Anna Maria Vietti (1923–2017)
Nata a Lanzo Torinese, tre volte sindaco della sua città. Pioniera della politica sociale, impegnata nella sanità e nella salute mentale, unì rigore e umanità, radicamento e visione, lasciando un segno profondo nella vita democratica piemontese e nazionale.
•Olivia Caramello (1984)
Matematica e scienziata di rilievo internazionale, nata a Mondovì, fondatrice dell’Istituto Grothendieck e titolare di cattedra all’Università dell’Insubria. La sua ricerca esplora connessioni inedite tra diverse aree della matematica, aprendo prospettive che potrebbero influenzare l’informatica del futuro, l’intelligenza artificiale e le teorie della mente.
Il pubblico presente all’appuntamento del 14 dicembre potrà ascoltare non solo il racconto delle loro vite ma anche la testimonianza diretta di Olivia Caramello, che condividerà con i presenti la propria esperienza umana e professionale, il legame profondo con il territorio piemontese e la visione di una scienza capace di connettere discipline diverse e immaginare nuovi futuri.
Anche la scelta del Polo Le Rosine come sede dell’iniziativa non è casuale: è qui che, quasi tre secoli fa, Rosa Govone diede vita alla sua Opera Sociale ed è qui che ancora oggi si custodisce e rinnova la sua missione.
“Un passo in più” nasce con l’intento di riportare alla luce figure femminili di eccellenza spesso poco note, restituendo al Piemonte un’immagine attuale e inclusiva della propria storia” dichiara Massimo Striglia, direttore generale dell’Istituto delle Rosine.
“L’evento vuole parlare a tutti, donne, giovani, famiglie, educatori, studiosi, offrendo un’occasione di riflessione collettiva sull’emancipazione, sull’educazione e sul contributo fondamentale delle donne alla costruzione della comunità” sottolinea l’attrice e drammaturga Sara D’Amario.
“Anna Maria Vietti ci lascia un’eredità preziosa: la sua umanità autentica, la sua integrità e la sua vocazione al servizio pubblico, radicata nella Dottrina sociale della Chiesa. È stata una donna democratica e cristiana nel senso più profondo e ha percorso con coraggio e dedizione tutte le tappe della vita politica, dal Comune, alla Regione, al Parlamento. Iniziative culturali come queste contribuiscono a mantenere viva la memoria delle donne che hanno segnato la storia del nostro territorio e del Paese, offrendo modelli indispensabili per le generazioni future” conclude Michele Vietti, nipote di Anna Maria.
L’appuntamento ha anche un valore solidale: l’ingresso è a offerta libera per sostenere il Punto di Ascolto per Donne in Difficoltà, una delle Opere Sociali avviate dall’Istituto delle Rosine, che consiste in cicli di colloqui individuali gratuiti con una psicoterapeuta.
L’evento del 14 dicembre è prenotabile via mail all’indirizzo: eventi@lerosine.it.
Si parte con Vertigo (La donna che visse due volte, 1958) di Alfred Hitchcock e con le musiche di Bernard Herrmann, un autore che ha trasformato la colonna sonora in un vero linguaggio psicologico. Herrmann, nato nel 1911, direttore d’orchestra prestato alla radio e scoperto da Orson Welles, debutta al cinema con Citizen Kane e trova in Hitchcock il suo alleato ideale. In Vertigo, film costruito come una spirale di desiderio e ossessione, la musica non si limita a seguire le immagini: le precede, le spinge, le interpreta. Fin dai titoli di testa, la spirale grafica di Saul Bass trova un equivalente perfetto nella spirale sonora: archi ipnotici, cromatismi in continua rotazione, armonie che sembrano sempre sul punto di cedere. La Suite proposta dall’OSN raccoglie i momenti più intensi: il Prelude vorticoso, l’aura sospesa dei temi legati a Madeleine, il crescendo quasi wagneriano di Scène d’Amour, le sezioni finali dove i motivi dell’inseguimento ritornano come un’ossessione ricorrente. Valčuha, che di Herrmann coglie la forza drammatica e la sorprendente autonomia sinfonica, guida l’orchestra con gesto chiaro e senso narrativo.
Cambio d’atmosfera con Le baiser de la fée, il balletto composto nel 1928 da Igor Stravinskij per i Ballets Russes e rielaborato prima in una suite (1934), poi in una seconda versione nel 1949. Una storia semplice e inquietante: una fata bianca e glaciale bacia un bambino, lo “segna” per la vita e torna a riprenderlo il giorno delle nozze. Un racconto di Hans Christian Andersen che Stravinskij trasforma in un omaggio al balletto romantico e soprattutto a Čajkovskij, suo nume tutelare. Non a caso, l’archetipo è quello classico dell’artista-poeta, figura sospesa tra realtà e fantasia, tra la quiete domestica e l’irresistibile richiamo dell’altrove. È il mondo delle Willi di Giselle, delle creature eteree che seducono e annientano, delle figure in bilico tra bellezza e morte. Qua e là affiora persino un’eco lontana di Petruška: sberleffi ormai filtrati, quasi un ricordo di gioventù. Valčuha mette in rilievo la brillantezza della scrittura orchestrale, ricchissima di colori, e l’orchestra risponde con morbidezza e slancio.
Dopo l’intervallo, la scena cambia nuovamente. L’orchestra torna in formato romantico, minime le percussioni e assenti le tastiere richieste nella prima parte del programma: è il segno che si entra nel territorio della Sesta Sinfonia Patetica di Čajkovskij, la più celebre e la più enigmatica del compositore russo. Valčuha sceglie un approccio che scava nella partitura senza indulgere al melodramma. L’incipit del primo movimento, tenue e cupo, appare particolarmente desolato, con dinamiche trattenute e una tavolozza sonora di grande sobrietà. Il successivo Allegro non troppo, con i suoi continui cambi di tempo, crea una sensazione di instabilità emotiva quasi patologica che il direttore rende con grande lucidità.
I due movimenti centrali, un valzer apparentemente rasserenante e un terzo tempo costruito su un tema di marcia sempre capace di strappare applausi anticipati (puntuali anche questa volta), non dissolvono del tutto la tensione sotterranea. E quando arriva il finale, l’Adagio lamentoso, la sinfonia rivela tutta la sua radicalità: un lento conclusivo che è quasi un addio al mondo, scritto da Čajkovskij appena nove giorni prima di morire. Valčuha evita i toni tragici estremi e sceglie una linea più moderna, fatta di trasparenze, dinamiche sottili, colori pastello e un’attenzione particolare alle pulsazioni ritmiche. Ottima la prova del timpanista Biagio Zoli, essenziale nel dare corpo alla drammaturgia interna del pezzo.
A cura di Elio Rabbione
L’anno nuovo che non arriva – Drammatico. Regia di Bogdan Muresanu, con Adrian Vancica e Nicoleta Hâncu. Premio Orizzonti a Venezia 2024 come miglior film. La rivoluzione che mette fine al dispotismo di Ceausescu, sei vite e sei storie che s’incrociano nella giornata del 20 dicembre 1989, le repressioni della polizia e il popolo che insorge. Un regista deve salvare il suo show di Capodanno dal momento che l’attrice principale se n’è fuggita via e la soluzione potrebbe essere l’impiego di un’attrice teatrale, il figlio che tenta di fuggire in Iugoslavia attraverso le acque del Danubio, un ufficiale della Securitate che deve trasferire la madre in una nuova che lei odia, il trasloco da parte di un operaio terrorizzato alla notizia che suo figlio abbia potuto scrivere la lettera a Babbo Natale confessandogli che il padre vuole la morte del dittatore. Ma la rivoluzione avrà inizio. “Un film molto politico ma anche un thriller del quotidiano perché l’autore ci rende complici di tutte queste storie arrotolate tra loro, grazie alla perfeytta compagnie di attori, finendo con la scintilla della grande manifestazione popolare: all’insurrezione si addice il documento reale”, ha scritto Maurizio Porro su Corsera. Durata 138 minuti. (Centrale V.O., Fratelli Marx sala Chico e Groucho)
Attitudini: Nessuna – Documentario. Regia di Sophie Chiarello. Aldo Baglio e Giovanni Storti e Giacomo Poretti celebrano i trent’anni di collaborazioni e amicizia e indimenticabile comicità sui palcoscenici e sugli schermi italiani, un viaggio emozionante di risate e ricordi. Durata 117 minuti. (Massaua, Due Giardini sala Nirvana, Eliseo, Ideal, Lux sala 1, Reposi sala 1, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)
Breve storia d’amore – Commedia. Regia di Ludovica Rampoldi, con Pilar Fogliati, Adriano Giannini, Andrea Carpenzano e Valeria Golino. Lea incontra Leo in un bar e ne diventa l’amante. La loro relazione clandestina, consumata in una stanza d’albergo, prende una piega sinistra quando lei inizia a infilarsi nella vita di lui, sino a consultare la moglie di lui. E c’è ancora l’altro coniuge su cui puntare l’attenzione. “Una piacevole digressioni sulle manovre sentimentali, in mano ai battiti di cuori femminili ma con responsabilità maschili. Ben scritta e recitata, la commedia è divertente ma non innocua, tira fuori dal cilindro un finale a doppia lettura, coinvolgendoci nella rincorsa del traditore. Rampoldi s’inventa una storia poco italiana nelle cadenze quasi esistenziali che coinvolgono le famose ragioni del cuore che il cervello ignora” (Maurizio Porro, Corriere della sera). Durata 100 minuti. (Nazionale sala 4, Reposi sala 5)
Bugonia – Commedia / Fantascienza. Regia di Yorgos Lanthimos, con Emma Stone, Jesse Plemons e Alicia Silverstone. Due giovani ossessionati dalle teorie del complotto che decidono di rapire l’influente CEO di una grande azienda, convinti che sia un’aliena decisa a distruggere la terra. Convinti della sua natura extraterrestre, passano alla cattura e a un serrato interrogatorio. La situazione si complica quando la ragazza del giovane rapinatore, l’imprenditrice e un investigatore privato coinvolto nella vicenda si ritrovano intrappolati in una battaglia mentale ad alta tensione. La Stone nuovamente musa ispiratrice del regista di origini greche. Presentato a Cannes. Durata 120 minuti. (Greenwich Village V.O.)
Buon viaggio, Marie – Commedia drammatica. Regia di Enya Baroux, con Hélène Vincent. Malata terminale stanca di curarsi, l’ottantenne Marie ha scelto di recarsi in Svizzera per sottoporsi alla procedura del suicidio assistito. Incapace di dire la verità al figlio Bruno, volenteroso ma inconcludente e senza una lira, e alla nipote adolescente Anna, si confida invece con il rude ma gentile assistente sanitario Rudy, il quale si ritrova suo malgrado alla guida del camper che porterà tutta la famiglia verso la Svizzera, dopo che Marie ha raccontato la bugia di eredità da riscuotere. Riuscirà la donna, amorevole ma inflessibile nella sua decisione, a dire la verità alle persone che ama e Rudy a dare una direzione alla sua vita? Durata 97 minuti. (Greenwich Village)
Bus 47 – Drammatico. Regia di Marcel Barrena, con Eduard Fernàndez e Clara Segura. In fuga dai fascisti spagnoli, il giovane Manolo si rifugia nei pressi di Barcellona, fondando e costruendo con altri membri di una stretta comunità il quartiere di Torre Barò. Vent’anni più tardi Manolo guida gli autobus giù in una città difficilmente raggiungibile per via delle rapide stradine montuose che la separano da Torre Barò, dove l’uomo continua a vivere assieme alla moglie Carmen e alla figlia Joana, diventata ormai adulta. Mal visti dalla polizia locale e ignorati dalla burocrazia di Barcellona nelle loro richieste di trasporto pubblico che arrivi fino alla cittadina, gli abitanti covano un certo malcontento. Quando la situazione precipita, sarà Manolo a farsi carico di un gesto di protesta simbolico, sequestrando il “suo” autobus numero 47 e portandolo in cima alla montagna. Durata 110 minuti. (Classico)
C’era una volta mia madre – Commedia drammatica. Regia di Ken Scott, con Leïla Bekhti. Nel 1963 Esther partorisce Roland, il più giovane di una numerosa famiglia. Roland è nato con un piede torto che gli impedisce di alzarsi in piedi. Contro il parere di tutti, Esther promette al figlio che che camminerà come gli altri e che avrà una vita favolosa. Da quel momento in poi, la madre non smetterà mai di fare tutto il possibile per mantenere questa promessa. Durata 102 minuti. (Romano sala 1)
Cinque secondi – Drammatico. Regia di Paolo Virzì, con Valerio Mastandrea, Valeria Bruni Tedeschi e Galatea Bellugi. Chi è quel tipo dall’aria trascurata che vive da solo nelle stalle di Villa Guelfi? Passa le giornate a non far nulla ed evitando il contatto con tutti. E quando si accorge che nella vita si è stabilita abusivamente una comunità di ragazzi che si dedicano a curare quella campagna e i vigneti abbandonati, si innervosisce e vorrebbe cacciarli. Sono studenti, neolaureati, agronomi e tra loro c’è Matilde, che è nata in quel posto e da bambina lavorava la vigna con il nonno Conte Guelfo Guelfi. Anche loro sono incuriositi da quel signore misantropo dal passato misterioso: perché sta lì da solo e non vuole avere contatti con nessuno? Mentre avanzano le stagioni, il conflitto con quella comunità di ragazze e ragazzi si trasforma in convivenza, fino a diventare un’alleanza. E adriano si troverà ad accudire nel suo modo brusco la contessina Matilde, che è incinta di uno di quei ragazzi… Durata 105 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, Eliseo Grande)
I colori del tempo – Commedia drammatica. Regia di Cédric Klapisch, con Suzanne Lindon. Nella Francia di oggi, un gruppo di sconosciuti viene riunito in quanto discendente di Adèle, donna di fine Ottocento che dalla Normandia era partita alla volta di Parigi in cerca della madre che l’aveva abbandonata. Dovendo ispezionare la casa in rovina di Adèle per decidere che cosa fare della proprietà, gli emissari del pubblico mettono insieme pezzo dopo pezzo il lontano passato della loro famiglia. Parallelamente, durante la Belle Epoque, Adèle si avventura nella grande città assieme ai nuovi amici Lucien e Anatole, scoprendo una capitale nel vortice del cambiamento, tra zone ancora rurali e salotti della borghesia moderna, e tra le arti figurative e l’avvento della fotografia. Durata 124 minuti. (Nazionale sala 2)
Die my Love – Drammatico. Regia di Lynne Ramsay, con Jennifer Lawrence, Robert Pattinson, Sissy Spacek e Nick Nolte. Grace, da poco tempo madre e scrittrice, sta lentamente scivolando nella follia. Si trasferisce da New York e si chiude in una vecchia casa in Montana, diventa sempre più nervosa e imprevedibile, mentre il suo compagno Jackson assiste impotente. Ha scritto Maurizio Porro nel Corriere: “il film ci parla della sofferenza della mente, portata ai limiti estremi, della terra di mezzo tra realtà e incubo, è affascinante e disturbante, poetico e molesto, nella eleganza delle inquadrature, nel fascino della natura la cui solitudine non è d’aiuto.” Durata 118 minuti. (Massimo, Nazionale sala 4)
Eternity – Commedia. Regia di David Freyne, con Elizabeth Olsen, Miles Teller e Callum Turner. Film che ha inaugurato felicemente il 43° Torino Film Festival. C’è voluto una manciata di anni perché la sceneggiatura di Pat Cunnane trovasse un posto sul tavolo di qualche produttore di Hollywood, perché l’irlandese David Freyne, con un paio di lungometraggi alle spalle, fosse accreditato in veste di regista, il cast fosse composto e finalmente “Eternity”, con cui si è ieri sera inaugurato il Torino Film Festival numero 43 e che dal 4 dicembre arriverà sugli schermi, venisse girato. Commedia romantica, 115’ di piacevolezze e divertimento venati da qualche pizzico di toni drammatici che non impensieriscono più di tanto, di quelle che si potrebbero ripensare legate agli anni Quaranta o Cinquanta, affidate alle coppie Powell/Mirna Loy o Hepburn/Spencer Tracy, di quelle per cui vedresti facile facile dietro la macchina da presa quel gran genio di Frank Capra, un carico di amori e languori, di affanni e di finali lieti, di script svolti sempre con garbo e gusto e girandole che certo non t’annoiano – anche se per qualche strada secondaria degli ultimi minuti è difficile mantenere chiarezza e ritmo, ma comunque uscendo più che convinti che “the end” arriva con tutte le carte in regola. Tutto parrebbe naturale, solo che qui siamo nell’aldilà, in un mondo “altro” circondato da un cielo fatto di teli dalle nubi colorate, di quelli che già abbiamo visto anni fa in “Truman Show”, un mondo dove una giovane Joan, arrivata dopo aver lasciato in terra una donna anziana consunta dal cancro, ha la possibilità lunga una settimana di tempo per decidere con chi voglia trascorrere l’eternità: la scelta dovrà essere pensata tra Larry, che lì l’ha da poco preceduta essendosi strozzato con un assaggio di biscotti durante una riunione di famiglia che avrebbe preteso di essere felice, e il primo suo sposo Luke, bello e perfetto agli occhi di tutti, costretto tuttavia un giorno a partire per combattere in Corea e là morire. Con il risultato che da 67 anni l’eterno innamorato la sta aspettando tra l’arrivo di un treno e l’altro che trasportano defunti nelle praterie celesti, con un solerte CA o Consulente dell’Aldilà, tra una sala d’aspetto e un’altra di smistamento, tra una nuvola qua e l’altra là. C’è il tempo per ripercorrere il lungo tunnel dei ricordi, per gite in montagna o ombrelloni in riva al mare, pensieri d’un tempo e chiarimenti sulle doti di questo o di quello, finché il trio amoroso non s’ingarbuglia più del dovuto. Senza dimenticare che una soluzione va comunque presa. Non è certo il caso di raccontare i tanti sviluppi di cui la storia, felicemente surreale, si alimenta né definire con chi Joan deciderà di trascorrere “il resto dei suoi giorni”, se l’espressione non sapesse altresì di troppo terreno: sarà sufficiente dire degli ingranaggi perfetti stabiliti tra i tre interpreti, Elizabeth Olsen e i suoi pretendenti di egual misura, Miles Teller (Larry) e Callum Turner (Luke), cui s’aggiunge una vaporosissima e davvero brava Da’Vine Joy Randolph, che già si conquistò l’Oscar quale miglior attrice non protagonista un paio d’anni fa con “The Holdovers – Lezioni di vita” di Alexander Payne. Un applauso in più va alle scenografie di Zazu Myers, eccezionali, qualcosa che sa di Ziegfield degli anni d’oro. Durata 114 minuti. (Centrale V.O., Fratelli Marx sala Harpo, Ideal V.O., Lux sala 3)
Gioia mia – Drammatico. Regina di Margherita Spampinato, con Marco Fiore e Aurora Quattrocchi. Nico è un bambino di oggi, dipendente dal telefono e con lo smalto sulle unghie. All’improvviso viene strappato al suo mondo “del nord” per passare un mese d’estate in Sicilia, in compagnia di un’anziana zia, Gela. A casa della donna non c’è il wifi né l’aria condizionata, e si mangiano prelibatezze a cui il suo palato non è ancora pronto. Ci sono solo i giochi di carte, l’adorabile cagnolino Franck, e un condominio intero popolato di nonne e nipoti, più forse qualche spirito che abita gli appartamenti dell’ultimo piano ed è causa di strani rumori. Nico e Gela, ognuno radicato nelle proprie certezze ma con dolori simili nel cuore, dovranno pian piano cercare un linguaggio comune. Durata 90 minuti. (Romano)
Il maestro – Drammatico. Regia di Andrea Di Stefano, con Pierfrancesco Favino, Roberto Zibetti, Edwige Fenech e Tiziano Menichelli. Felice Milella ha 13 anni, un talento per il tennis e un padre pronto a sacrificare ogni cosa per fare di lui un campione – che il ragazzo voglia o no. Raul Gatti è un ex tennista un tempo arrivato agli ottavi di finale al Foro Italico, ma al momento in cura presso un centro di salute mentale. Raul pubblica un annuncio offrendosi come insegnante privato e il padre del ragazzo, ingegnere gestionale della SIP privo di grandi disponibilità economiche ma non di sogni di gloria, vede in lui l’uomo ideale per aiutare suo figlio a passare dai tornei regionali a quelli del circuito nazionale, facendogli da maestro accompagnatore. Felice si rende però presto conche che Raul potrebbe non aver nulla da insegnargli su un campo da tennis, ma forse qualcosa su come liberarsi dell’ingerenza paterna. Durata 125 minuti. (Fratelli Marx sala Chico, Greenwich Village sala 1)
L’ombra del corvo – Drammatico. Regia di Dylan Southern, con Benedict Cumberbatch. Dopo la morte improvvisa della moglie, un giovane padre comincia a perdere il contatto con la realtà. Una strana presenza inizia a perseguitarlo dai recessi più oscuri dell’appartamento che l’uomo condivide con i due figli. Questa misteriosa creatura, nota come Crow, ha preso vita dalle illustrazioni che il padre realizza per lavoro e diventa una parte concreta di tutte le loro vite, guidandoli infine verso la nuova forma che la famiglia deve assumere. Durata 98 minuti. (Eliseo, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)
Springsteen – Liberami dal nulla – Drammatico/Biografico. Regia di Scott Cooper, con Jeremy Allen White e Stephen Graham. Il film segue il cantante nella realizzazione dell’album “Nebraska” del 1982, anno in cui era un giovane musicista sul punto di diventare una superstar mondiale, alle prese con il difficile equilibrio tra la pressione del successo e i fantasmi del suo passato. Inciso con un registratore a quattro piste nella sua camera da letto in New Jersey, l’album segnò un momento di svolta nella sua vita ed è considerato una delle sue opere più durature: un album acustico puro e tormentato, popolato da anime perse in cerca di una ragione in cui credere. Durata 112 minuti. (Greenwich Village sala 2 V.O.)
Un crimine imperfetto – Thriller. Regia e con Franck Dubosc, con Laure Calamy e Benoît Poelvoorde. Ambientato in un remoto villaggio del Giura, dove Michel e Cathy tirano avanti vendendo alberi di Natale. Con il figlio dodicenne Doudou, ragazzino con difficoltà, vivono in una vecchia fattoria tra montagne innevate, conti in rosso e sogni ormai sbiaditi. La coppia è allo stremo: troppe rate da pagare, troppe delusioni e un inverno che non sembra finire mai. Una sera, sulla strada del ritorno, Michel inchioda di colpo per evitare quello che sembra un orso sulla carreggiata. La manovra azzardata lo fa schiantare contro un’auto sul ciglio della strada, i cui passeggeri a bordo muoiono sul colpo. Preso dal panico, Michel chiama Cathy. Dopo un breve, gelido silenzio, decidono insieme di nascondere tutto. Mentre tentano di far sparire i corpi, nel bagagliaio dell’auto incidentata scoprono una borsa con oltre due milioni di euro in contanti. Quello che inizialmente sembra un miracolo natalizio si trasforma in un incubo a occhi aperti, innescando una serie di eventi caotici e assurdi. Ha scritto Maurizio Porro nelle colonne del Corriere della Sera: “Il problema è l’accumulazione dei fatti, tanti da sembrare un sogno, indagini e rimorsi, euro ed etica, un’alta tensione che si stempera in osservazioni di colore umoristico ma in un panorama notturno tenebroso, come se fosse tutto una paurosa favola per grandi.” Durata 109 minuti. (Greenwich Village sala 3)
L’uovo dell’angelo – Animazione. Regia di M Oshii. Ambientato in un mondo deserto e sospeso, è il racconto dell’incontro tra una giovane ragazza che custodisce un uovo misterioso e un guerriero errante. Durata 71 minuti. (Massaua V.O., Eliseo (rest. in 4K), Ideal (rest. in 4K), The Space Torino (rest. in 4K), The Space Beinasco (rest. in 4K)
Vita privata – Drammatico. Regia di Rebecca Zlotowski, con Jodie Foster, Daniel Auteuil, Virginie Efira, Mathieu Amalric e Aurore Clément. Tra thriller psicologico ed eccentrica commedia familiare (il terreno privilegiato fino a oggi dalla regista, autrice di “Un’estate con Sofia” e “I figli degli altri”), la storia di Lilian, psicanalista razionale e sicura di sé 8una Foster superlativa anche in versione francofona), che comincia a “deragliare” quando una sua paziente muore suicida. Sospettando che si tratti di un omicidio, Lilian comincia a indagare e, ovviamente, a dubitare di se stessa e delle proprie capacità, fino a sottoporsi a una seduta di ipnosi. E qui i mondi si confondono. Dubbi, certezze, insicurezze, il passato, altre vite, sospetti s’inseguono sulla faccia altera e impagabile di Jodie Foster, circondata da Daniel Aureuil (l’ex marito) e da Virginie Efira e Amalric (la vittima e l’ambiguo compagno di lei). Durata 105 minuti. (Eliseo Grande, Nazionale sala 1)
La vita va così – Commedia drammatica. Regia di Riccardo Milani, con Ignazio Mulas, Virginia Raffaele, Diego Abatantuono e Aldo Baglio. Il protagonista, un pastore sardo, abbandonato da moglie e figlia che si sono trasferite nel paese vicino, vive alla fine del millennio solitario in una casa che s’affaccia su una stupenda spiaggia dove le pecore possono pascolare. Non vuole assolutamente abbandonare quella propria casa: neppure quando un prestigioso gruppo immobiliare lo vorrebbe riempire di quattrini, nel progetto di costruire proprio in quel tratto di spiaggia un resort a cinque stelle. Ecosostenibile. Il responsabile del gruppo, al fine di convincerlo, manda sul posto Mariano, il capocantiere in cui ha piena fiducia: da quel momento Francesca, la figlia del pastore, si ritroverà tra la solidarietà nei confronti del padre e l’ostilità dei suoi concittadini. Durata 118 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse)
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A Palazzo Civico la delegazione di Nagoya
In occasione del ventesimo anniversario del gemellaggio tra Torino e Nagoya, ieri il sindaco Stefano Lo Russo ha accolto in Sala Colonne una delegazione proveniente dalla città giapponese.
La delegazione, guidata dal sindaco Ichiro Hirosawa e dal presidente del Consiglio Comunale Hisashi Nishikawa, ha così ricambiato la visita istituzionale compiuta dal Sindaco di Torino lo scorso settembre in apertura della sua missione in Giappone, che aveva dato il via alle celebrazioni dell’anniversario.
La visita consolida ulteriormente il forte legame tra le due città, unite da radici industriali comuni e da un rapporto di lunga durata, avviato e suggellato in occasione dell’Expo Aichi 2005. Vent’anni di amicizia che hanno dato vita, nel tempo, a numerosi scambi, progetti e collaborazioni in diversi settori.
“Festeggiare i primi vent’anni di questo gemellaggio con il sindaco Ichiro Hirosawa – ha dichiarato il sindaco Lo Russo – è un momento che va oltre la semplice ricorrenza. Significa riaffermare il ruolo decisivo che le relazioni tra città hanno oggi, in un contesto internazionale caratterizzato da tensioni e complessità. I legami tra comunità urbane come Torino e Nagoya diventano ponti concreti di cooperazione, amicizia e sviluppo condiviso che consentono di immaginare insieme il futuro”.
“Desidero esprimere la mia sincera gratitudine per il vostro costante sostegno e per la preziosa collaborazione nello scambio tra le nostre due città gemellate – ha dichiarato il sindaco Hirosawa -. La città di Nagoya ha instaurato scambi in molti settori con la città di Torino, e desidero che il nostro legame continui ad approfondirsi negli anni futuri. Esprimo l’augurio che il vostro prezioso sostegno e la vostra collaborazione possano proseguire nel tempo”.
Nel quadro del programma europeo IURC per la cooperazione internazionale tra città e regioni, Torino e Nagoya stanno portando avanti un progetto biennale che prevede scambi, visite studio e condivisione di buone pratiche sui temi dell’innovazione urbana, con particolare attenzione alla ricerca e al trasferimento tecnologico.
Nel gennaio 2027 il Teatro Regio ospiterà un concerto dell’Orchestra Filarmonica di Nagoya, impegnata in un tour europeo. Nel febbraio 2027 al Museo Civico di Nagoya si terrà una mostra itinerante delle opere di Antonio Fontanesi, appartenenti alle collezioni della Gam di Torino; il 2026 segnerà infatti i 150 anni dall’arrivo nel Paese del Sol Levante del grande paesaggista dell’Ottocento italiano.
Curiosa testimonianza dello scambio tra le due città è la presenza, a Nagoya, di un piccolo parco giochi per bambini donato nel 2010 dalla Città di Torino; mentre nel Parco del Valentino si possono ammirare trenta ciliegi Sakura, tipici della città giapponese, donati da una delegazione in visita nel 2011, in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia.
Prima dell’incontro in sala Colonne, la delegazione giapponese ha visitato al Punto Informativo Unificato della Città – PIU la mostra di disegni realizzati dai bambini di Nagoya, realizzata nell’ambito dell’attività di scambio pluriennale con gli studenti della scuola primaria Leone Sinigaglia e della scuola Ada Negri di Torino.
In questi giorni la delegazione giapponese ha fatto visita ad luoghi torinesi legati alla città di Nagoya, come il Teatro Regio, il convitto nazionale Umberto I (che dal 2023 accoglie con continuità gli studenti della città giapponese), il Politecnico di Torino. Nei prossimi giorni visiterà il Museo Egizio e la GAM. Per far conoscere ai giapponesi il fascino della città giapponese sono previsti anche due eventi aperti al pubblico: questa sera alle 18.30 “Degustando Washoku” a Green Pea, e domani alle ore 16 al Polo del ‘900 “MUSUBI Torino e Nagoya: legami tra città e culture”.
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A Natale Porta Palazzo brilla!
A Natale Porta Palazzo brilla!” – un’iniziativa del Comune di Torino che si svolgerà al Mercato Centrale domenica 14 dicembre
Porta Palazzo brilla, e non soltanto a Natale. Porta Palazzo vive, racconta, si anima, grida, gioisce e cresce: Mercato Centrale Torino ha sempre fatto parte di tutto questo, costruendo insieme al luogo in cui si trova un presente e un futuro tutto nuovo, in parte ancora da scrivere e da immaginare.
Non poteva quindi Mercato Centrale Torino non partecipare all’evento di Natale organizzato dal Comune di Torino per celebrare le diverse location di Porta Palazzo, con una giornata di festa domenica 14 dicembre che vedrà questa piazza storica e piena di significati illuminarsi a festa.
Si partirà alle 15.30 dalla Tettoia dell’Orologio, per poi proseguire alle 16 alla Tettoia dei Contadini e ritrovarsi, alle 17.30, alle Antiche Ghiacciaie all’interno di Mercato Centrale Torino, che si trasformeranno per l’occasione, ancora una volta, in un palcoscenico di musica e cultura.
La serata avrà inizio con l’esibizione dei sassofonisti del Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino, con un quartetto composto dal sax soprano di Emma Rotatori, il sax contralto di Stefano Denaro, il sax tenore di Fabian Gherca e il sax baritono di Valeria Bussacchini.
Successivamente, prenderanno la parola gli scrittori Giuseppe Culicchia, Margherita Oggero e Dario Voltolini insieme alla poetessa Elena Varvello per leggere le lettere di Natale in collaborazione con il Circolo dei Lettori.
Una dichiarazione d’amore per Porta Palazzo che, non a caso, si intitola “Porta Palazzo mon amour. Lettere al cuore pulsante di Torino”. E dal cuore di Torino si accende ufficialmente il Natale, con l’allestimento dell’Albero, che prosegue con la presentazione del Calendario di Porta Palazzo 2026 intitolato “In palmo di mano”, nato dalla collaborazione tra la Fondazione Torino Musei -Museo d’Arte Orientale (MAO), Museo del Cinema – Film Commission Torino Piemonte e gli studenti e studentesse del Liceo Passoni di Torino.
Le Ghiacciaie ospiteranno anche laboratori e animazione per bambini a cura dell’Associazione Giovani Genitori, che intratterranno i più piccoli tra letture animate e giochi con le bolle di sapone. L’evento e le attività sono completamente gratuiti.
La serata si concluderà con un Brindisi di Auguri offerto da Mercato Centrale.
Mara Martellotta
Coldiretti chiede provvedimenti per l’agricoltura
Lunedì 15 dicembre Coldiretti organizza una manifestazione sotto la Regione per chiedere un pacchetto di provvedimenti a favore dell’agricoltura piemontese.
Il corteo partirà dal parcheggio di Palazzo a Vela alle 9.30, percorrerà un tratto di via Ventimiglia per terminare sotto il grattacielo in piazza Piemonte.