ilTorinese

Trascinato in auto a firmare un finanziamento per uno smartphone: tre arresti per estorsione

Lo hanno costretto a salire in auto da via Bologna fino a un negozio di telefonia di via Roma, obbligandolo a firmare un finanziamento per l’acquisto di uno smartphone di fascia alta, destinato poi alla rivendita. È questo il quadro delineato dagli agenti del commissariato Barriera Milano e dai pm della procura di Torino, che il 18 novembre hanno arrestato tre uomini italiani di 38, 40 e 41 anni. Su di loro gravano le accuse di estorsione, lesioni aggravate e porto abusivo di strumenti atti a offendere.

La vicenda è emersa dopo la denuncia di due fratelli, che hanno raccontato alle autorità di essere da tempo vittime di pressioni e minacce. I tre avrebbero preteso la restituzione di un presunto debito legato alla droga e, per questo, avrebbero più volte costretto il maggiore a firmare finanziamenti per acquistare smartphone costosi. Negli ultimi giorni la situazione sarebbe peggiorata, con il pestaggio del minore e nuove minacce di morte.

Dopo la denuncia, gli agenti hanno avviato un servizio di sorveglianza, monitorando i movimenti dei tre. Il giorno dell’arresto, i poliziotti hanno assistito alla scena in cui la vittima veniva fatta salire sull’auto, diretta verso il negozio di via Roma per la firma della pratica.

L’intervento è scattato subito dopo: i tre sono stati fermati in flagranza di reato. Durante la perquisizione del veicolo, gli agenti hanno rinvenuto un taglierino, come probabile strumento di intimidazione. Durante l’udienza di convalida, i tre hanno dichiarato di dover riavere dalle vittime qualche migliaio di euro, sostenendo che si trattasse del saldo di una presunta partita di droga mai pagata.

VI.G

Islanda: il respiro della terra, il respiro dell’anima

Informazione promozionale

Alcuni luoghi si attraversano come portali, si vivono come metamorfosi. L’Islanda appartiene a questa categoria rara, forse sacra, di territori che non si limitano a ospitare il viaggiatore, ma lo costringono a guardarsi dentro.

È un’isola che non concede intermediari. Qui la natura non parla: ruggisce, sibila, crolla, erutta, si apre, si placa, si rigenera. È potenza pura, potenza originaria. E per questo, profondamente educativa. L’Islanda ti obbliga al Rispetto prima ancora che alla contemplazione.

Si arriva sull’isola con un lento disvelarsi: l’oceano sotto, una linea di nuvole a mezz’aria, un chiarore lattiginoso. Poi, improvviso, il primo vulcano nero come carbone, i ghiacciai scintillanti, le nuvole spostate dal vento artico come sipari in continua apertura. È un’anteprima che già prepara al primo archetipo: la Meraviglia.
Una meraviglia che non è infantile stupore, ma consapevolezza adulta di trovarsi davanti a qualcosa che precede l’uomo e sopravviverà a lui. Il Respiro si fa immediatamente più lento, come se il corpo tentasse di sincronizzarsi con quello della Terra.

Quando si percorrono i campi di lava del sud, tutto assume un ritmo primordiale. Il muschio verde fluorescente sembra una pelle che ricopre un gigante addormentato. I geyser soffiano acqua bollente e vapore come se la Terra stessa inspirasse ed espirasse sotto i piedi del viaggiatore – un ricordo continuo che qui, l’energia, non è metafora ma materia viva.

E poi c’è il Silenzio. Non un silenzio assenza, ma un silenzio presenza. Un silenzio abitato.
Nei deserti di sabbia nera, il vento porta suoni che non appartengono al mondo umano. Nei fiordi occidentali, l’immobilità ha la densità di una preghiera, persino per chi preghiere non ne ha mai avute. Il mondo sembra più grande, e l’essere umano più vero, più sincero nella propria fragilità.

Il ghiacciaio Vatnajökull, con la sua superficie che pare il dorso di un dio addormentato, incarna l’archetipo della Potenza Naturale. Ti ci avvicini e senti il suono basso, cavernoso, del ghiaccio che si muove, si incrina, vive. È impossibile restare indifferenti: la coscienza si allarga fino a toccare l’Imménsità.

E l’immensità cambia tutto.

Cambia la misura del tempo.
Cambia il peso delle preoccupazioni.
Cambia il valore delle parole, perché molte diventano insufficienti.

È qui che il viaggio si capovolge: non sei più tu che osservi l’Islanda. È l’Islanda che osserva te. Ti scruta, ti misura, ti invita a riconoscere quanto del suo gelo conservi, quanto dei suoi vulcani bruci ancora dentro, quanto dei suoi silenzi tu abbia nascosto sotto il rumore quotidiano.

Ed è in quel preciso istante, quasi sempre inaspettato – davanti a una cascata che vibra come un organo celeste, o in un bagno caldo sotto una tempesta di neve – che arriva l’archetipo più profondo: il Rispetto.
Il rispetto verso la Terra, verso il viaggio, verso il tempo, verso la nostra stessa interiorità.

Perché l’Islanda non è una destinazione.
È un maestro.

Un maestro severo, ma generoso.
Un maestro antico, ma incredibilmente attuale.
Un maestro che ti ricorda che il mondo è molto più grande di noi, e proprio per questo, merita ascolto.

Chi torna dall’Islanda, non torna mai lo stesso.
Torna con un cuore più lento, più vero, più nitido.
Torna con un nuovo Respiro.

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Torino, Luiss e Confindustria: “Nuove prospettive per imprenditori e studenti”

Torino, 1 dicembre 2025 – Giovani, formazione e imprese si incontrano a Torino, città simbolo della tradizione industriale italiana e oggi laboratorio di nuove competenze e imprenditorialità. È qui che ha fatto tappa il roadshow nazionale “Luiss & Confindustria: nuove prospettive per imprenditori e studenti del territorio”, promosso da Università Luiss e SFC – Sistemi Formativi Confindustria, in collaborazione con Unione Industriali Torino.

All’incontro, aperto dai saluti istituzionali di Rita Carisano, Direttore Generale Luiss e di Angelo Cappetti, Direttore Generale Unione Industriali Torino, hanno preso parte i rappresentanti del mondo accademico, delle imprese e numerosi studenti, in un confronto dedicato ai temi dell’innovazione e delle competenze per la crescita.

Torino è un esempio di come un territorio possa rigenerarsi, trasformando una grande tradizione industriale in un ecosistema di innovazione, formazione e impresa. Qui la collaborazione tra università e aziende è diventata un motore di crescita sostenibile e di attrazione di talenti – ha dichiarato Rita Carisano, Direttore Generale Luiss, che ha aggiunto – Come Luiss, vogliamo contribuire a questo percorso mettendo in connessione la nostra rete di competenze con le realtà produttive del territorio, per costruire insieme nuove opportunità per i giovani e per il Paese”. 

 

In un mondo del lavoro che cambia sempre più rapidamente, è elevato il rischio per scuola, università e formazione professionale di costruire competenze già obsolete. Si può evitare tale rischio solo grazie all’aggiornamento dell’offerta formativa, che tuttavia richiede un confronto reciprocamente rispettoso tra gli attori del sistema di istruzione e formazione, e gli attori economici che presidiano le frontiere del cambiamento, a partire dalle imprese. Favorire tale confronto, se si preferisce, costruire i “ponti” di cui parla il programma, è un compito al quale lavoriamo quotidianamente” spiega Angelo Cappetti, Direttore Generale Unione Industriali Torino.

A seguire, il keynote speech di Livia De Giovanni, Prorettore per Rankings, Accreditamenti e Qualità e Professore Ordinario di Statistica, Luiss. Nel corso del suo intervento dal titolo: “La bussola per il futuro – analisi dei megatrends per imparare, guidare, crescere” sono stati analizzati i grandi trend globali che stanno ridisegnando le traiettorie economiche e sociali, offrendo una chiave di lettura per orientarsi in un contesto in continua trasformazione. Tra le tendenze più attuali il ruolo dell’intelligenze artificiale, destinata a incidere non solo sull’economia e sull’organizzazione del lavoro, ma anche sui processi di apprendimento e sulle modalità con cui le persone costruiscono conoscenza.

In questo quadro, la Luiss si posiziona tra le università che meglio anticipano le trasformazioni generate dalle nuove tecnologie, con l’obiettivo di coniugare eccellenza accademica e innovazione didattica. L’Ateneo intitolato a Guido Carli, infatti, è tra le prime università ad aver introdotto un Prorettore all’AI e alle Competenze Digitali – che guida anche il Centro di Ricerca AI4Society, dedicato a valorizzare l’impatto sociale, manageriale ed etico dell’AI – e ad aver creato un Dipartimento di AI, Data & Decision Sciences. A garanzia di una formazione che integri competenze digitali e responsabilità nell’uso delle nuove tecnologie, la Luiss ha, inoltre, introdotto due certificazioni obbligatorie per tutti i suoi studenti: AI Literacy per i corsi triennali e AI Readiness per quelli magistrali.

Infine, gli Alumni Luiss Enrico CavatortaChief Financial & Corporate Officer, Luigi Lavazza S.p.A., e Roberta ZerbiCEO Lancia  parte di una rete che conta oggi 66.000 laureati nel mondo – hanno condiviso la propria esperienza di ex studenti dell’Ateneo con il pubblico presente, offrendo una testimonianza concreta sul valore della formazione universitaria come leva di crescita personale e professionale.

Con la presentazione dell’offerta formativa, delle novità sui percorsi di studio e sulle opportunità di specializzazione e sviluppo professionale dell’Università romana si è concluso l’incontro.

Gli studenti torinesi interessati a entrare a far parte del mondo Luiss potranno partecipare alle prove di ammissione per l’Anno Accademico 2026/2027. Le iscrizioni al primo test per le Lauree Triennali e la Magistrale a Ciclo Unico in Giurisprudenza sono aperte fino al 16 febbraio 2026. Per i Corsi di Laurea Magistrale, invece, sarà possibile iscriversi alla sessione unica di test fino al 9 aprile 2026.

Tutte le informazioni sono disponibili sul sito: luiss.it/ammissione

 

Torino e i suoi teatri: il Medioevo e i teatri itineranti

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Torino e i suoi teatri

1 Storia del Teatro: il mondo antico
2 Storia del Teatro: il Medioevo e i teatri itineranti
3 Storia del Teatro: dal Rinascimento ai giorni nostri
4 I teatri torinesi: Teatro Gobetti
5 I teatri torinesi :Teatro Carignano
6 I teatri torinesi :Teatro Colosseo
7 I teatri torinesi :Teatro Alfieri
8 I teatri torinesi :Teatro Macario
9 Il fascino dell’Opera lirica
10 Il Teatro Regio.

 

2  Storia del Teatro: il Medioevo e i teatri itineranti

Cari lettori, il caldo e l’afa di questi giorni hanno notevolmente limitato le mie energie, di conseguenza non ho “escamotage” letterari da proporvi per l’abituale introduzione discorsiva che è solita precedere l’argomentazione vera e propria dei miei pezzi. Non mi attarderò dunque oltre, al contrario vi propongo di entrare subito “in medias res”, nel vivo del nostro discorso sulla storia del teatro, iniziato la settimana scorsa con una premessa sulle radici antiche di tale fenomeno rappresentativo.
L’unico augurio che mi preme rivolgervi è che possiate leggere questo mio scritto in un luogo strategico, magari su una panchina ombrosa e leggermente ventilata, oppure a casa, seduti sulla vostra poltroncina preferita, mentre il ventilatore vi fa roteare i pensieri estivi.
Lo ribadisco, la materia che mi sono proposta di trattare è pressoché infinita e alquanto complessa, ma vedrò di proseguire per sommi capi, proponendovi un racconto organico ma non eccessivamente specifico, tale da rispecchiare le caratteristiche delle letture che solitamente si fanno sotto l’ombrellone.
Oggi ci occupiamo delle forme teatrali tipiche dell’epoca medievale, uno dei momenti storici maggiormente estesi e variegati che compongono le vicende dell’Europa.
Solo per rispolverare nozioni che sicuramente già avete e per rendere accetta quell’attitudine da docente che ormai è parte integrante del mio essere, vi ricordo che stiamo prendendo in considerazione quell’esteso periodo di circa mille anni che va dal 476 d.C. (caduta dell’Impero Romano d’Occidente), al 1492 (scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo).
Il termine Medio Evo deriva dal latino “media aetas” o “media tempestas”. Per lungo tempo i dotti hanno considerato tale periodo come un’ epoca “buia”, priva di quegli ideali alti e luminosi tipici dell’Umanesimo e del Rinascimento. Bisognerà attendere l’Ottocento affinché l’atteggiamento degli studiosi cambi, e si inizi a considerare con attenzione i molteplici avvenimenti importanti che si susseguono a partire dalla caduta dell’Impero Romano fino all’inizio dell’epoca moderna.


Lungi da me propinarvi in questa sede una lezione di storia, sarebbe davvero troppo complesso e non opportuno, quello che posso invece fare è – per semplificare la questione- proporvi di richiamare alla mente immagini simboliche e, se vogliamo, stereotipate, di quei secoli, in modo da immedesimarci il più semplicemente e velocemente possibile in quel “guazzabuglio medievale”.
Vi invito dunque a pensare al capolavoro bergmaniano de “Il settimo sigillo” (1958), in cui il contrastato bianco e nero avvolge le melanconiche vicende dei personaggi, primo fra tutti Antonius Block (Max von Sydow), cavaliere di ritorno dalla Crociate, accompagnato dal fedele servo Jöns. Il film incarna con magistrale maestria la comune visione che si ha dell’epoca medievale: impregnata di religiosità opprimente, in cui la fede nella magia e nell’ultraterreno prendono il sopravvento sul raziocinio e in cui la violenza delle guerre si affianca alla povertà dilagante.
Iconiche e indimenticabili sono le emblematiche scene della processione dei guitti e dei flagellanti e quella finale, in cui le sagome dei protagonisti “danzano solenni allontanandosi dal chiarore dell’alba verso un altro mondo ignoto”. Ed ora che siamo pronti per proseguire, ormai pienamente contestualizzati in questi secoli lontani ma pur sempre affascinanti, prima di tutto occorre dimenticarci del concetto di teatro greco e latino. Con il crollo dell’Impero Romano l’antica istituzione teatrale viene surclassata da un’idea di teatro imprecisa e nebulosa e dai confini decisamente più labili rispetto all’antico. Rientrano infatti nel generale concetto di spettacolo teatrale svariati fenomeni, dai riti liturgici alle feste popolari, dall’esibizione di giullari e saltimbanchi, alle sacre rappresentazioni.
La memoria del teatro classico sopravvive grazie agli amanuensi, come testimonia la monaca Hroswita (935-973), la quale riporta che nei monasteri autori come Terenzio vengono ancora letti e trascritti, tuttavia si tratta appunto di semplici letture e non di rappresentazioni a tutti gli effetti.
In epoca medievale si parla di “teatralità diffusa”, espressione che si riferisce alla nascita e alla diffusione di diverse figure che differenziano i numerosi professionisti dello spettacolo, comunemente chiamati “histriones”. Accanto agli attori comuni, troviamo “joculatores”, “mimi”, “scurrae”, “menestriers” o “troubadours”; tra questi il ruolo più diffuso è sicuramente quello dello “joculator”, ossia “colui che si dedica al gioco”, ma lo “joculator” è anche – in senso lato- il chierico o il monaco incline al vagabondare, – il “gyrovagus”- che è senza fissa dimora e conseguentemente privo di un ruolo stabile all’interno della società.

La figura del teatrante, sia esso un “histrione” o un giullare, è da subito considerata negativamente, tant’è che la storia degli attori può considerarsi parimenti come la storia della loro condanna.
Certo, anche nell’antichità gli attori non godevano di particolari riconoscimenti, ma è proprio in epoca medievale che la situazione si inasprisce.
Se tra voi lettori vi è qualche disneyano convinto, avrà sicuramente presente, ne “Il gobbo di Notre Dame”, il disprezzo che prova il malvagio giudice Frollo nei confronti non solo del popolo gitano, ma degli umili parigini che partecipano alla “Festa dei Folli”. Il cartone del 1996 altro non fa che sottolineare quel lunghissimo conflitto che nasce proprio in epoca medioevale, tra il mondo ecclesiastico e i teatranti. Di tale dissidio oggi chiaramente non si percepisce più nulla, ma fateci caso: quanti tendoni viola avete visto ancora adesso all’interno dei teatri? (il viola è il colore dei paramenti liturgici usati in Quaresima). Per comprendere appieno questo contrasto è opportuno pensare alla rivoluzione culturale attuata dal Cristianesimo, i cui primi scrittori, gli apologisti, pur accogliendo la tecnica letteraria e la retorica della civiltà classica, rifiutano la società pagana e la sua concezione della vita. Della cultura classica in genere il teatro era considerato l’espressione più terrena e diabolica. I giullari e i teatranti sono visti come “instrumenta damnationis” e condannati senza pietà per le turpitudini a loro attribuite. Moltissimi sono i documenti che attestano le accuse mosse contro gli uomini di spettacolo, ma sono proprio tali condanne a essere le migliori fonti a cui attingere per studiare l’attività giullaresca di tale periodo.
Le motivazioni di biasimo sono riducibili a tre termini specifici: l’attore è “gyrovagus”, “turpis” e “vanus”. Con il primo termine si sottolinea il “porsi ai margini” e lo stare al di fuori dell’organizzazione sociale; in seconda istanza l’arte del giullare è priva di contenuto, cioè “vana”, ma ciò che è vano è mondano e ciò che è mondano è diabolico; infine, l’attore è “turpis”, perché è colui che stravolge (“torpet”) l’immagine naturale delle cose, intervenendo e modificando la natura, così come Dio l’ha creata, sublime e perfetta.

Tale condanna riguarda tutti i tipi di travestimenti, attività specifiche anche di altri contesti, quali la festa popolare e la grande festa carnevalesca.
Non di meno i giullari sono un elemento costante della vita quotidiana, come ben dimostrano le arti figurative: essi compaiono numerosi, raffigurati con sembianze animalesche e bestiali in particolar modo nei codici miniati e nei capitelli delle chiese. La figura del giullare è tuttavia molto complessa e ricopre diversi ruoli. Uno degli incarichi a lui affidabili, ad esempio, è quello di diffamare determinati individui, di qui la “satira contro il villano”, – il contadino è sempre il bersaglio più gettonato – particolarmente diffusa dall’anno Mille nelle “chouches” aristocratiche e borghesi. Egli è però anche un narratore, un cantastorie, autore sia delle amate “Chansons de geste”, sia di favolette o “fabliaux”, brevi storie in cui i protagonisti si muovono nella sfera del quotidiano, avvicinandosi alla “farsa”. L’acerrimo dissidio tra Chiesa e Teatro non si esaurisce nel solo svilire e condannare la figura dell’attore, vi è anche un altro aspetto da tenere in considerazione: il rito purificatore e spirituale che si contrappone alla festa mondana.
Il rito cattolico è in effetti ricco di elementi spettacolari e trova il suo culmine nella Santa Messa, in quanto rappresentazione simbolica di un avvenimento: “Fate questo in memoria di me”. Nell’assistere al rito, inoltre, il fedele non si limita alla mera contemplazione del mistero che lo trascende ma partecipa attivamente al rituale che lo coinvolge.
Rimanendo in ambito religioso, si diffonde nel Medioevo il “tropo”, una particolare cerimonia ottimamente esemplificata dal “Quem quaeritis?”, le cui battute sono tratte direttamente dai testi evangelici. In questo caso specifico la vicenda rappresentata descrive la visita delle pie donne al sepolcro di Gesù, esse lo trovano vuoto e subito assistono alla discesa di un angelo che annuncia loro l’avvenuta resurrezione.

Dal “tropo” si sviluppa il dramma liturgico, che può svolgersi in una piccola parte della chiesa o investirla totalmente, avvalendosi in questa circostanza di allestimenti scenici ben determinati e con precisi valori simbolici. Nel dramma liturgico troviamo per la prima volta l’idea della scena “simultanea”, caratteristica prima dei “misteri”. Si tratta di particolari sacre rappresentazioni allestite fuori dalle mura delle chiese e prive di connessioni con il cerimoniale liturgico ma dirette da chierici o preti, la rappresentazione era solitamente accompagnata da didascalie in latino, vero e proprio elemento che fa da “trait d’union” con il recinto sacrale. Uno dei “misteri” più tipici e apprezzati è lo “Jeu d’Adam” – spettacolo composto da un autore normanno, e particolarmente diffuso nel XII – secolo in cui per la prima volta vengono allestiti dei “luoghi deputati”, atti a rappresentare la globalità dell’Universo, costituito da Terra, Paradiso e Inferno.
I luoghi deputati, anche chiamati “mansiones” (case), sono costruzioni in legno e tela che delimitano zone circoscritte in cui avviene una determinata azione.
Tali spettacoli – dramma liturgico e “misteri”- vengono realizzati e allestiti da laici, ma appartengono nondimeno alle diverse forme di teatro cristiano, poiché il tutto è incentrato sulla visione, semplificata e drammatizzata, delle Sacre Scritture e della vita dei Santi, o in altre parole, sull’eterna lotta tra Bene e Male.
Vi sono poi i “grandi misteri”, che si svolgono in più giornate ma che non differiscono di molto dalle rappresentazioni più semplici.
Queste manifestazioni sono essenziali per il credente, poiché rappresentano e sintetizzano con semplicità tutto ciò che il buon cristiano deve sapere, la funzione culturale dei “misteri” non differisce poi molto da quella della “Biblia pauperum”, ossia la “Bibbia dei poveri”, una raccolta di immagini che rappresentano scene della vita di Gesù e le figure e le vicende dell’antica storia di Israele.

Siamo dunque arrivati al termine, vi ho grossomodo raccontato delle principali manifestazioni teatrali che fioriscono in epoca medioevale; esse nascono in quei secoli lontani ma perdurano nel tempo, soprattutto laddove gli spettacoli assumono cadenza annuale e finiscono per tramutarsi in ricorrenze tradizionali.
Sottolineo ancora che gli spettacoli religiosi non sono altro che il rovescio cristiano degli antichi riti carnevaleschi e pagani della fecondità, tanto che a volte si fondono con essi.
Ancora una volta spero di avervi invogliato ad approfondire l’argomento, magari cercando qualche festività o ricorrenza tradizionale a cui partecipare. Il teatro ha molti volti, dall’aspetto tradizionale dello spettacolo in prosa fino alla festa popolare, tale sua peculiare natura ci offre l’opportunità di scegliere quale tipologia di stupore vogliamo vivere, qualcosa di più intimo o un’esperienza condivisa con la comunità, sta a noi decidere che maschera indossare.

Alessia Cagnotto

Torna il Festival Bardomont per conoscere la montagna

Sono i cinque sensi il filo conduttore della seconda edizione del Festival BardoMont, la manifestazione dedicata a far conoscere, far vivere e raccontare la montagna, organizzata dal Comune di Bardonecchia insieme all’associazione Star, con il sostegno del Consiglio Regionale del Piemonte, il patrocinio della Regione Piemonte e della Città metropolitana di Torino, sostenuta dalla Compagnia di San Paolo e sponsorizzata dall’Enel. Tanti gli appuntamenti, che si svolgeranno nelle quattro giornate al Palazzo delle Feste e al Palazzetto dello Sport di Bardonecchia, pensati per pubblici di diverse età.

L’evento, presentato ufficialmente giovedì 27 novembre nella sala panoramica al 15° piano della sede della Città metropolitana di Torino, prenderà il via venerdì 5 dicembre con una mattinata rivolta alle scuole e agli studenti universitari e con alcuni incontri sul tema dei cambiamenti climatici e sull’impatto che hanno sui ghiacciai, realizzati in collaborazione con il Dipartimento di Scienza della Terra dell’Università di Torino, con il Comitato Glaciologico del CNR e con il Parco Alpi Cozie. Sarà anche possibile sentire il suono dei ghiacciai, grazie all’artista e musicista Sergio Maggioni.

Sempre il 5 mattina aprirà l’escape room dedicata alla transizione ecologia e al tema dei rifiuti, a cura di “Xchè? Il laboratorio delle curiosità”. Si tratta di un progetto Interreg Alcotra Francia-Italia, di cui è capofila la Città di Chambery, insieme a Città metropolitana di Torino, Uncem e Galerie Eureka. Nei giorni seguenti al Palazzo delle Feste si succederanno incontri con studiosi, ricercatori, alpinisti, atleti, giornalisti e scrittori: da Piero Bianucci allo scienziato Nicola Pugno, da Roberto Mantovani al bardonecchiese Ian Matteoli, la nuova stella dello snowboard italiano, tre volte sul podio in Coppa del Mondo e medaglia di bronzo nei Mondiali Juniores del 2023. Presenti anche i campioni dello sci alpinismo Matteo Eydallin, capace di vincere sia nei Mondiali che in Coppa del Mondo, ed Ilaria Veronese, più volte protagonista nei campionati italiani e in Coppa del Mondo. La passione per lo sport e per la montagna sarà testimoniata anche da Andrea Lanfri, primo atleta con disabilità a scalare l’Everest nel 2023. Gli altri nomi illustri presenti a BardoMont sono quelli dell’alpinista Francois Cazzanelli, degli scrittori Franco Faggiani ed Irene Borgna, del campione olimpico di Slalom nei Giochi Invernali di Innsbruck 1976 Piero Gros, dell’allenatore bardonecchiese della Valanga Azzurra Gino Senigagliesi, del collega Dario Borsotti e dell’ex azzurro, valtellinese di nascita ma bardonecchiese d’adozione, Fabio De Crignis, capace di salire per due volte sul podio negli Slalom di Coppa del Mondo.

Sempre al Palazzo delle Feste si potrà partecipare a Workshop del Gusto con i prodotti tipici del territorio, a un momento dedicato ai balli occitani, oltre alle letture per i più piccoli in collaborazione con la biblioteca di Bardonecchia.

Nella giornata di sabato 6 dicembre al Palazzetto dello Sport saranno proposti una lezione di yoga, un workshop teorico e pratico dedicato alla paura di cadere con la freeclimber e mental coach Marta Carminati e prove di arrampicata per bambini e ragazzi con le Guide Alpine Valsusa.

A portare il saluto della Città metropolitana di Torino nella conferenza stampa di presentazione di BardoMont è stata Sonia Cambursano, consigliera delegata alle attività produttive, allo sviluppo economico, alla pianificazione strategica e al turismo, la quale ha sottolineato che “a Bardonecchia, dal 5 all’8 dicembre si parlerà di montagna a 360 gradi, dai temi ambientali al turismo, dagli sport che nelle Terre Alte possiamo praticare 12 mesi all’anno alla ricerca di attività alternative e complementari allo sci, che nell’ultimo secolo ha evitato lo spopolamento di intere vallate. Sono temi su cui la Città metropolitana è fortemente impegnata, con progettualità di respiro nazionale ed europeo, tutte volte a rinsaldare l’alleanza tra le vallate alpine e l’area metropolitana torinese, nel rispetto delle rispettive peculiarità e con l’obiettivo di valorizzare ambiente, cultura e opportunità turistiche”.

“Il Festival BardoMont – ha sottolineato la sindaca di Bardonecchia, Chiara Rossetti -, è un appuntamento a cui la nostra amministrazione comunale crede molto e che indica la nostra visione del vivere questi territori con rispetto, attenzione ai cambiamenti in corso, volontà di accogliere e passione per le nostre bellezze naturali”.

“BardoMont – ha spiegato Riccardo Topazio, coordinatore del Festival -, è un’occasione speciale per vivere la montagna attraverso i cinque sensi. Nelle giornate della manifestazione saranno moltissimi gli ospiti, che racconteranno le Terre Alte, la ricchissima biodiversità alpina, l’appeal che attrae sempre più giovani alla pratica dell’arrampicata e a scegliere questi territori. Vogliamo raccontare varietà e differenze, la connessione emotiva che nasce da un incontro. Tutto questo per noi è BardoMont e vogliamo raccontare e trasmetterlo a molti”.

“In questa manifestazione – ha commentato Roberto Mantovani, giornalista e scrittore -, vogliamo condividere lo spirito che ci guida: la montagna come luogo di inclusione, dove atleti con abilità si incontrano sullo stesso terreno, spinti dalla stessa passione. Le storie che presenteremo non parlano di limiti, ma di modi diversi di interpretarli, trasformandoli in forza. Incontreremo Andrea Lanfri, paralimpico della Nazionale Italiana di Atletica Leggera e oggi alpinista indomabile, e Francois Cazzanelli, guida alpina, astro dell’alpinismo mondiale. Voci diverse unite dal grande amore e rispetto per la montagna”.

“Dal Festival BardoMont – ha svelato Davide Ugetti, esponente della quinta generazione di una nota famiglia di pasticceri bardonecchiesi -, nascerà anche una piccola golosità, dedicata proprio a questo importante appuntamento: il cioccolatino BardoMont, creato con ingredienti locali, pensato per raccontare in un solo assaggio i profumi, le tradizioni e l’energia delle nostre montagne”.

Giachino: “Aeroporto Torino solo 13°, ma quarta città per abitanti”

L’aeroporto di Torino continua a dare un apporto alla economia cittadina e regionale al di sotto delle sue possibilità. Anche nel 2025 solo tredicesimo in Italia mentre la nostra Città è la quarta per numero di abitanti come dimostra il report.
Mancanza di collegamento con le aree economiche più importanti dalle quali potrebbero arrivare una clientela business. Sovente chi viene a Torino per affari e costretto ad arrivare a Malpensa o Linate pernotta a Milano e a Torino ci viene solo per l’appuntamento business. Tutto questo succede sia perché gli azionisti privilegiano altri aeroporti sia per la scarsa attività fieristica di Torino sia per la assenza di iniziativa da parte del Comune di Torino.
Rilanciare le fiere , i congressi e i collegamenti del nostro aeroporto confrontandoci con gli azionisti tra cui il S. Paolo sarà una delle nostre priorità.
Mino GIACHINO 
Commissario torinese UDC

Sant’Anna, PD: “Non è pianificazione, ma confusione mascherata da modernità’”

1° dicembre 2025 – “La delibera che la Giunta sottopone all’esame del Consiglio regionale non rappresenta una semplice riorganizzazione tecnica, né tanto meno un aggiustamento amministrativo. È un’operazione politica che smantella il progetto sanitario più importante per il Piemonte degli ultimi trent’anni, scaricando il peso di questa scelta sulle categorie più fragili: donne in gravidanza e bambini. Il progetto di trasformare l’Ospedale Infantile Regina Margherita (OIRM) in un IRCCS autonomo, a cui si aggiunge l’incomprensibile accorpamento con l’Ospedale Sant’Anna, scorporandolo dal futuro Parco della Salute, è un’operazione che solleva gravi criticità economiche, cliniche e organizzative” dichiarano il Consigliere regionale del Partito Democratico Mauro Salizzoni e la Presidente del Gruppo PD in Consiglio regionale Gianna Pentenero.

“Dall’analisi del testo si evince chiaramente che si tratta di un paradosso economico e gestionale.
Isolato, costretto a duplicare i costi e a pagare per consulenze che oggi sono gratuite: questo sarà il destino del nuovo IRCCS. Ogni consulenza specialistica fornita dal polo per adulti – dalla neurochirurgia alla diagnostica avanzata – non sarà più una collaborazione interna, ma una prestazione da fatturare, con milioni di euro di costi aggiuntivi. A tutto questo si somma la necessità di ricreare da zero l’intera macchina amministrativa e gestionale, duplicando servizi già centralizzati come informatica, gare, manutenzione, ingegneria clinica e farmacia. Un aggravio di spesa non quantificato e difficilmente sostenibile” spiegano gli esponenti dem.

“Come abbiamo ribadito più volte un ospedale pediatrico non può essere un’isola: ha bisogno di contare sugli specialisti dell’adulto. Separare l’OIRM dal contesto integrato della Città della Salute significa spezzare una rete di protezione che oggi salva vite ogni giorno. In caso di emergenza, ogni minuto perso per trasferimenti e procedure burocratiche può costare una vita. Lo stesso vale per il Sant’Anna: scorporarlo significa indebolire la sicurezza delle pazienti, costrette a percorsi più lunghi e rischiosi. Il confronto con gli altri IRCCS pediatrici è impietoso: l’OIRM registra circa 13.000 ricoveri annui, contro i 30.000 del Gaslini e del Meyer e i 75.000 del Bambin Gesù. L’attrattività da fuori regione è ferma al 6%, contro medie che arrivano al 43%. La Regione Piemonte spende 13,6 milioni di euro per ricoveri fuori regione (mobilità passiva), mentre l’OIRM ne attira solo per 1,88 milioni (mobilità attiva). Anche la casistica trattata non è da polo nazionale: solo il 6% dei ricoveri è ad alta complessità. Nonostante ciò, il progetto chiede nuovi posti letto, nuove sale operatorie e più personale, quando già oggi l’occupazione media è bassa e il rapporto ricoveri/medico è superiore ai benchmark nazionali” aggiungono Salizzoni Pentenero.

“La conseguenza più grave di questa operazione è il rallentamento del Parco della Salute e della Scienza, il vero progetto strategico atteso da anni. Le Molinette attuali sono al collasso strutturale e il Parco rappresenta la risposta a questa emergenza. Lo scorporo, invece, paralizza e ostacola il percorso, moltiplicando tavoli decisionali, diluendo responsabilità e allungando i tempi. Si sta frenando il progetto strategico con un’operazione satellite confusa, costosa e clinicamente pericolosa sottolineano i Consiglieri regionali Pd.

“Quella presentata dal centrodestra non è pianificazione sanitaria, ma confusione amministrativa mascherata da modernità. Il Gruppo Pd chiede che delibera sia subordinata alla preventiva presentazione e approvazione di un Piano attuativo completo, corredato da analisi economico-finanziaria e organizzativa. Prima i dati, poi le decisioni: solo così si tutela davvero la sanità piemontese” concludono Salizzoni e Pentenero.

Mauro SALIZZONI – Consigliere regionale del Partito Democratico

Gianna PENTENERO – Presidente del Gruppo Pd in Consiglio regionale

Rivoli e Collegno, sindaci insieme per i lavori della Metro: “si faccia presto”

“Dopo 6 anni di cantiere e vista la situazione che si è venuta a creare con la ditta appaltatrice chiediamo di concentrare fin da subito le risorse e forze per chiudere i cantieri di superficie nel più breve tempo possibile, riducendo gli spazi occupati laddove non si possa eliminarli del tutto, e restituendo, almeno in parte, normalità alla viabilità e al commercio locale”. Lo chiedono in una lettera a Infra.To i due sindaci di Collegno e Rivoli Matteo Cavallone e Alessandro Errigo dopo le notizie di stampa dei giorni scorsi sul precipitare della situazione finanziaria della ditta appaltatrice dei lavori.

Il cantiere aperto dal 2019 grava infatti da oltre sei anni su cittadini e attività di corso Francia. «La viabilità è congestionata, i commercianti vedono calare i fatturati e la manutenzione stradale nell’area è quasi impossibile», scrivono i sindaci. Una situazione che, senza un cambio di passo, rischia di esasperare ancora di più territori che attendono la metro come opera strategica per ridisegnare la mobilità dell’area ovest.

Al centro delle preoccupazioni delle Amministrazioni vi sono lo stato della viabilità e delle principali infrastrutture stradali dei territori di Collegno e Rivoli, insieme alla necessità di ottenere garanzie certe sul completamento del prolungamento della Linea 1 della metropolitana fino a Cascine Vica. Pur confermando la fiducia nella capacità di Infra.To di gestire la nuova situazione, i Sindaci chiedono un maggiore coinvolgimento nei processi decisionali che riguarderanno le scelte operative dei prossimi mesi.

Il sindaco di Collegno ha ricordato che le stazioni di Certosa e Collegno Centro sono realizzate per oltre l’80% e che, con un’impresa solida, «mancherebbe meno di un anno a fine lavori». Se serviranno nuove risorse per i lavori in superficie, ha assicurato, il Comune «farà la sua parte sia a livello economico sia per mantenere alta l’attenzione da parte del Ministero» – dichiara Matteo Cavallone.

«È indispensabile – soprattutto in questa fase – dare continuità al cantiere principale e garantire le lavorazioni, perché dopo oltre cinque anni di cantieri aperti è urgente chiudere e ridurre il più possibile le interferenze in superficie. I residenti, i commercianti e la viabilità di corso Francia stanno vivendo difficoltà significative e prolungate, e per la nostra comunità questo pesa ancora di più: i lavori, partiti da Collegno, hanno lasciato il cantiere di Rivoli in una situazione ancor più arretrata rispetto agli altri tratti. – afferma il sindaco di Rivoli Alessandro Errigo – Per questo chiediamo che venga data priorità assoluta alla chiusura dei cantieri in superficie e alla messa in sicurezza della circolazione stradale. Nel frattempo, come Comune, abbiamo già predisposto il progetto di riqualificazione del tratto di corso Francia tra via Tagliamento e via Pavia, con risorse stanziate e con la recente integrazione della relazione paesaggistica richiesta dalla Soprintendenza.

Per accelerare gli interventi stiamo valutando di suddividerlo in lotti: questo ci permetterà di partire subito nelle aree già libere dai cantieri, in particolare nel tratto tra via Pavia e via Tevere, restituendo ai cittadini spazi riqualificati e una viabilità più fluida nel più breve tempo possibile»

Le Amministrazioni chiedono di completare l’opera nel minor tempo possibile e di accelerare la chiusura dei cantieri di superficie, garantendo al contempo sicurezza e continuità delle lavorazioni. Dove la chiusura non è immediata, si sollecita una riduzione delle aree di cantiere per contenere l’impatto su viabilità e attività locali.

Nella notte tra domenica e lunedì esercitazione  lungo il Passante Ferroviario

 

Si è svolta nella notte tra domenica 30 novembre e lunedì 1 dicembre un’esercitazione finalizzata a testare il Piano di Emergenza Esterno del Passante ferroviario di Torino. Il Piano sarà aggiornato a seguito del collegamento con la linea Torino-Ceres, al termine di un lavoro durato circa un anno che ha coinvolto la Protezione Civile comunale, la Polizia locale, i Vigili del Fuoco e le altre forze dell’Ordine, sotto il coordinamento della Prefettura.

Il Passante ferroviario cittadino è una infrastruttura sotterranea lunga circa 20,6 km, lungo la quale sono dislocate 60 uscite di emergenza per l’esodo di passeggeri e operatori in caso di emergenza. Nell’area dell’esercitazione è stato simulato il malore del conducente di un convoglio, costretto a fermarsi lungo la tratta sotterranea in corrispondenza di corso Principe Oddone, dopo il transito dalla stazione di Porta Susa.

La simulazione, prevista dalla normativa, è servita a verificare l’efficacia delle comunicazioni fra i vari centri di comando, le procedure operative e le tempistiche di intervento necessarie alla messa in sicurezza dei passeggeri.

All’esercitazione hanno partecipato personale della Prefettura di Torino, della Protezione Civile comunale, della Polizia Locale, del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, dell’Emergenza Territoriale 118, di RFI, della Questura e delle altre Forze dell’Ordine, oltre a circa 50 volontari delle organizzazioni di Volontariato di Protezione Civile convenzionate con la Città, incluso il Gruppo Comunale.

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Inalpi Arena e Teatro Regio, due scenari d’eccezione per il Capodanno di Torino

Un doppio concerto che abbraccia generi e pubblici diversi e luoghi simbolo della città. Quest’anno il Capodanno della Città di Torino si sposta al chiuso, ospite di due spazi iconici e prestigiosi: il 31 dicembre all’Inalpi Arena, per una grande notte di musica con artisti di primo piano della scena italiana e internazionale, il 1° gennaio al Teatro Regio, per il tradizionale concerto di musica classica.“Ci prepariamo a dare il benvenuto al nuovo anno – dichiara il sindaco Stefano Lo Russo – con due grandi spettacoli e una proposta musicale in grado di accontentare un pubblico davvero trasversale. Quest’anno, con il cantiere in corso per la pedonalizzazione di via Roma, non festeggeremo in piazza ma in due luoghi simbolo della nostra città: l’Inalpi Arena, che ha da poco salutato il successo delle Nitto ATP Finals, e il Teatro Regio, che ha fatto da cornice all’apertura del Torino Film Festival appena concluso. Due luoghi e due programmi da non perdere con cui daremo il benvenuto al 2026 insieme alle torinesi, ai torinesi e alle turiste e ai turisti che sceglieranno Torino per festeggiare l’anno nuovo”.

Tutte le informazioni e gli aggiornamenti relativi ai due concerti di Capodanno sono disponibili sul sito della Città di Torino alla pagina eventi.comune.torino.it.

“TORINO TIME”, IL CONCERTO DEL 31 DICEMBRE ALL’INALPI ARENA

Dal pop al rock, dall’urban all’elettronica, tra artisti affermati e nuove voci della scena contemporanea: “Torino Time”, il concerto del 31 dicembre, sarà un racconto musicale collettivo, capace di intrattenere e divertire un pubblico variegato. Una grande festa, ma anche un omaggio alla storia, ricordando gli 80 anni dal referendum del 1946 e il primo voto delle donne italiane.

“Grazie a una proposta musicale ampia e trasversale, che mette in dialogo generi e stili differenti, Torino Time sarà una grande festa aperta a tutta la comunità cittadina – dichiara l’assessore ai Grandi eventi Domenico Carretta -. La scelta dell’Inalpi Arena, la venue indoor più capiente d’Italia, ci permette di accogliere fino a 14 mila persone, accomunate dalla voglia di divertirsi nell’unico modo che ormai Torino conosce: insieme”.

Ad accompagnare il pubblico verso la mezzanotte, una line-up che combina fenomeni musicali amatissimi, icone della scena elettronica italiana e talenti della creatività torinese. Apriranno lo spettacolo le giovani irossa, gruppo nato dal contest Pagella Non Solo Rock e finalista del Torino Music Forum. Seguiranno le Bambole di Pezza, storica formazione rock-pop-punk tutta al femminile, attiva da oltre vent’anni e impegnata sui temi dei diritti e dell’uguaglianza di genere. La festa proseguirà con una delle realtà italiane più conosciute nel mondo, i Planet Funk, collettivo che da 25 anni segna la scena elettronica internazionale con album, collaborazioni e brani entrati nell’immaginario collettivo.

Sul palco sarà presente anche la rapper torinese Beba, in doppia veste di performer e co-conduttrice insieme a Marco Maccarini, figura di riferimento della scena musicale televisiva e radiofonica italiana, già volto dei programmi cult di MTV, conduttore di due edizioni del Festivalbar e protagonista di trasmissioni radiofoniche e format musicali.

Lo spettacolo continuerà anche dopo la mezzanotte, con Deejay Time Live, progetto dal vivo nato dallo storico format radiofonico creato da Albertino con FargettaMolella e Prezioso. Un viaggio nei successi dagli anni ’90 a oggi, con visual, luci e un impatto scenico da grande evento, che celebrerà la storia della dance italiana nel mondo.

“Torino Time” sarà anche un omaggio alla storia d’Italia e della nostra città. Il 2026 non è un anno qualunque per il nostro Paese: segna la ricorrenza degli 80 anni dalla nascita della Repubblica Italiana, avvenuta con il referendum del 2 giugno 1946, il primo voto libero dopo la fine della guerra, a cui parteciparono anche le donne. Una pagina fondamentale della storia italiana, che sarà omaggiata dalle esibizioni di Beba, le Bambole di Pezza e Margherita Anna Ferracini degli irossa, tre voci diverse e contemporanee del protagonismo femminile nella musica.

Immagine guida della comunicazione grafica dell’evento è il Toret, la storica fontanella torinese, reinventata in chiave pop con grandi cuffie da DJ, un omaggio all’identità cittadina e allo spirito festoso della serata.

L’ingresso al concerto sarà gratuito previa cauzione di 5 euro, modalità già sperimentata con successo lo scorso anno, grazie al supporto del partner Satispay. Ai partecipanti all’evento la cauzione sarà automaticamente restituita, mentre in caso di mancata partecipazione la cauzione sarà trattenuta e devoluta alla Fondazione Ricerca Molinette. Ciascun partecipante potrà prenotare il proprio posto nel palazzetto, che sarà assegnato, sia in tribuna sia nel parterre, fino al raggiungimento della capienza massima.

Per favorire un’organizzazione ottimale, la vendita dei biglietti avverrà secondo un sistema a scaglioni. Una prima finestra early bird sarà aperta mercoledì 3 dicembre alle ore 12.30, in collaborazione con Satispay. I restanti biglietti saranno resi disponibili, fino a esaurimento dei posti disponibili, in più tranche nelle date di lunedì 8, lunedì 15 e lunedì 22 dicembre. Ogni partecipante potrà scegliere il proprio posto, che sarà sempre assegnato, sia in platea che nel parterre. Ulteriori informazioni sulle modalità di accesso e di prenotazione saranno disponibili sui canali ufficiali della Città di Torino.

 “Torino Time” è un progetto della Città di Torino, prodotto da Eventi 3 Srl, partner NH Hotels & Resorts e NH Collection Hotels & Resorts, parte di Minor Hotelsvenue Inalpi Arena.

“TORINO SEI REGIO!”, IL CONCERTO DI MUSICA CLASSICA DEL PRIMO GENNAIO

Il nuovo anno si aprirà nel solco della tradizione, con il concerto di musica classica del primo gennaio, giunto alla sua terza edizione e ospitato al Teatro Regio. “Torino Sei Regio!” sarà una serata all’insegna della grande musica, che proporrà alcune tra le pagine più amate dell’opera – da Verdi a Puccini, Rossini, Bizet, Zandonai e Mozart – ma anche un momento per celebrare il Teatro Regio e con esso tutta la città, attraverso una serie di proiezioni che ripercorrono la storia del Teatro, dalle origini settecentesche fino alle più recenti produzioni, passando per i grandi successi del Novecento, il ricordo dell’incendio del 1936 e la rinascita nel 1973.

“Il concerto di musica classica del primo gennaio – dichiara l’assessora alla Cultura Rosanna Purchia – è un appuntamento consolidato e partecipato del calendario culturale della nostra città. Dopo due edizioni in piazza Castello, protagonista l’Orchestra Filarmonica di Torino, la terza edizione coinvolgerà un’altra eccellenza del nostro territorio, il Teatro Regio, e ne omaggerà la sua storia secolare e il suo prestigio, che ne fanno oggi il secondo teatro d’opera in Europa. Una serata ricca di bellissima musica, che abbiamo voluto il più possibile condivisa e inclusiva e che infatti sarà proiettata anche al Teatro Alfieri, in diretta tv grazie a Sky Classica e in differita grazie a Rete 8. Questo evento è il frutto di un grande lavoro di squadra. I miei più sentiti ringraziamenti vanno quindi a tutti i partner che hanno contribuito al valore artistico dell’iniziativa e alla sua realizzazione”.

Accanto all’Orchestra del Teatro Regio si esibirà un cast composto dal soprano Roberta Mantegna, dal mezzosoprano Antoinette Dennefeld, dai tenori Julien Henric e Pablo Martínez, dal baritono Roberto de Candia e dal basso Davide Giangregorio. Sul podio il Maestro Marco Alibrando, chiamato a bissare il successo del concerto dello scorso primo gennaio.

Il programma si aprirà con la sinfonia e l’aria “Mercé, dilette amiche” dai Vespri siciliani di Verdi. Seguirà “Ehi di casa, buona gente” dal Barbiere di Siviglia di Rossini. Dalla Carmen di Bizet sono tratti invece la ”Habanera” e “Je vais danser en votre honneur”, a cui seguirà l’aria “Paolo, datemi pace!” dalla Francesca da Rimini di Riccardo Zandonai, titolo che ha inaugurato la stagione del Regio. Di Puccini saranno eseguiti l’Intermezzo sinfonico da Manon Lescaut e due momenti da La bohème: il duetto “O soave fanciulla” e la romanza “Vecchia zimarra”. Conclude la serata la celebre aria di Leporello “Madamina, il catalogo è questo” dal Don Giovanni di Mozart.

L’accesso all’evento avverrà attraverso una formula che coniuga accessibilità e solidarietà. Il biglietto avrà un costo simbolico di 5 euro oltre commissioni. L’intero ricavato sarà devoluto alla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro. I biglietti saranno acquistabili a partire da martedì 2 dicembre sulla piattaforma Vivaticket.

Una volta esauriti i posti al Regio, sarà possibile prenotare gratuitamente un posto al Teatro Alfieri, dove il concerto sarà trasmesso in diretta streaming e tramite la piattaforma +Classica. Il concerto sarà anche trasmesso in diretta televisiva alle ore 18 su Sky Classica (canale 121 della piattaforma Sky e 125 sugli apparecchi Sky Glass) e in differita alle ore 23.30 su TV8.

In linea con lo spirito di festa e condivisione che caratterizza il Capodanno torinese, il concerto sarà anche un momento di convivialità: grazie alla collaborazione con Confesercenti ed Epat Ascom, a tutti i partecipanti verrà consegnato un voucher che darà la possibilità di gustare una cioccolata calda presso i bar aderenti all’iniziativa.

“Torino Sei Regio!” è un progetto della Città di Torino, realizzato da Fondazione per la Cultura TorinoSky Classica e Teatro Regio, in collaborazione con Turismo TorinoTeatro AlfieriEPAT e Confesercenti, main sponsor Intesa Sanpaolo, con il sostegno di Fondazione CRT, sponsor Enel, charity partner Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro.

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