La GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino si prepara a voltare pagina. È stato proclamato oggi, 18 dicembre 2025, al Collegio Carlo Alberto, il vincitore del Concorso Internazionale di progettazione per il grande Piano di riqualificazione, rilancio e valorizzazione del museo: il team guidato dallo studio MVRDV, BALANCE Architettura, EP&S Group,dott. Michelangelo Di Gioia e il prof. Filippo Busato. Il concorso, promosso dalla Fondazione Torino Musei e dalla Fondazione Compagnia di San Paolo, in collaborazione con la Città di Torino e con il supporto della Fondazione per l’Architettura / Torino, ha premiato una proposta capace di coniugare visione contemporanea, qualità progettuale e rispetto della storia dell’edificio. Alla proclamazione erano presenti Marco Gilli, Presidente della Compagnia di San Paolo e della giuria, il Sindaco Stefano Lo Russo e il Presidente della Fondazione Torino Musei Massimo Broccio.
La Fondazione Compagnia di San Paolo sosterrà l’intero intervento, dal valore complessivo di 27,5 milioni di euro, accompagnando tutte le fasi della realizzazione accanto alla Fondazione Torino Musei: un investimento che si configura come uno dei più rilevanti in Italia per ambizione e impatto nel campo dei musei.
Collegati in diretta, i progettisti vincitori hanno illustrato l’idea guida del progetto: preservare e valorizzare gli elementi storici della GAM, aprendola però in modo deciso alla città. Infatti giardino e piazza diventeranno spazi attraversabili, parte integrante di un museo concepito come luogo vivo e inclusivo, capace di estendere la fruizione a tutti i livelli dell’edificio e di offrire grande flessibilità per le future esposizioni.
«La GAM è stata la prima galleria d’arte moderna d’Italia e continua ad avere un ruolo strategico per Torino», ha sottolineato il Sindaco Stefano Lo Russo, evidenziando come il concorso internazionale rappresenti un passaggio fondamentale per rilanciarne il prestigio nazionale e internazionale e aprire una nuova fase della sua storia. Per Massimo Broccio, Presidente della Fondazione Torino Musei, si tratta di «una giornata storica» per la città: «Grazie al supporto decisivo della Compagnia di San Paolo prende avvio il progetto più importante del nostro Piano Strategico». Un intervento che raccoglie lo spirito innovativo che ha segnato la nascita della GAM e lo proietta nel futuro, affrontando le sfide della sostenibilità, dell’innovazione tecnologica e dei nuovi modelli di fruizione museale, con una forte attenzione all’inclusione e al ruolo sociale del museo.
Con questa scelta, Torino affida il futuro della sua galleria più antica a una visione che intreccia memoria e innovazione, rafforzando il ruolo della GAM come punto di riferimento culturale della città e del panorama internazionale.
Valeria Rombolà
Tutti i democratici torinesi, anche quelli non iscritti al Pd, gioiscono per lo sgombero del centro sociale Askatasuna. Il Governo in carica ha finalmente fatto quello che i governi precedenti non hanno avuto il coraggio di concretizzare. Lascio da parte il tentativo del Sindaco Lo Russo che ha tentato di trovare un compromesso con i contestatori occupanti, ponendo come condizione la rinuncia alla violenza da parte del centro sociale e dei contestatori cresciuti e invecchiati in corso Regina Margherita. Il consenso allo sgombero di Lo Russo dimostra la sua buona fede. Anche la Valle di Susa era diventata terreno prediletto di violenza in supporto ai no Tav. Una società democratica non può tollerare queste sacche purulente di violenza che creano danni, feriti, confusione, blocchi stradali, vandalismo. Possono diventare dei covi ideali per i terroristi e lupi solitari islamici. Questi contestatori devono finalmente capire che rompere le regole sociali minime anche solo con gli spray che devastano vie e piazze non è più consentito: questi signori devono riporre i cartelli, le catene, le armi proprie e improprie e cercare un lavoro, anche se i rivoluzionari professionali, sedicenti leninisti, non sanno lavorare come gli operai e gli impiegati. Sanno solo “cazzeggiare”. Il megafono è il loro strumento, quando non usano bombe- carta o armi ancora più dannose. I feriti delle Forze dell’Ordine sono ormai un numero patologico. Vorrei sapere i commenti degli intellettuali “democratici” che si troveranno a celebrare il




Qualcosa prende ad agitarsi alla notizia del suicidio di una paziente, la bionda Paula, quando l’attività muta del tutto e da psichiatra si passa comodamente a giocare all’investigatore privato, con un’area di ricerca che altalena tra i toni drammatici a quelli (quasi) divertenti, allorché alla zelante Poirot s’affianca quel Watson di marito (di professione oculista, un Daniel Auteuil ancora innamorato e pronto di risate e carezze) trascinato allo svelamento di indizi e prove, essendosi convinta la nostra che di omicidio si tratti e che il colpevole vada ricercato tra le fredde mura domestiche della defunta. Anche il buon vecchio Hitchcock sobbalzava con momenti “divertenti”, inventava gag, incollava sui visi di Stewart o di Grant insuperabili intervalli di leggerezza dopo averli spremuti e terrificati a dovere: e qui, finché percorre i binari della descrizione dei caratteri e degli ambienti, finché inquadra l’avvio e il primo procedere della vicenda la regista Rebecca Zlotowski (franco-polacca, quarantacinquenne, anche sceneggiatrice qui con Anne Berest) non se la cava troppo male. Snella, veloce, essenziale, precisa: anche se l’indagine investigativa vera e propria vanta altri sapori, più profondi, più maturi.