ilTorinese

Inter-Torino 5-0: umiliazione granata a San Siro

 

Disastro totale per il Torino di Baroni, travolto 5-0 da un’Inter brillante e spietata. I granata regalano tre dei cinque gol con clamorose palle perse al limite dell’area, consegnandosi di fatto agli uomini di Chivu.
L’Inter domina senza nemmeno dover spingere troppo: il Toro è molle, confuso, mai in partita. A un quarto d’ora dalla fine i nerazzurri smettono di attaccare per gestire le energie, ma i granata non riescono comunque a costruire nulla.
Una sconfitta pesante non solo nel punteggio, ma anche nella prestazione: una figuraccia difficile da dimenticare.

Enzo Grassano

La Vuelta, ultima tappa piemontese

8 comuni piemontesi attraversati

L’ultima tappa piemontese della Vuelta a España 25 prende il via da Susa, città dalle origini antiche e ricca di testimonianze storiche come la Porta Savoia e la collegiata di San Giusto. Situata nella Valle di Susa, Susa è da secoli un punto di passaggio strategico tra Italia e Francia, con un patrimonio che riflette la lunga storia di scambi e incontri tra culture diverse.

Il percorso attraversa un paesaggio alpino di grande fascino, toccando i comuni di Gravere, Chiomonte, Exilles, Salbertrand, Oulx, Cesana Torinese e Claviere. Da qui, la corsa sale al Colle del Monginevro, valico che segna il confine con la Francia. Il tratto piemontese si sviluppa in un ambiente naturale vario e impegnativo, tra vette maestose, vallate aperte, fitti boschi e strade di montagna che offrono scenari spettacolari.

Le difficoltà altimetriche metteranno alla prova la preparazione fisica e la tecnica dei corridori, chiamati ad affrontare salite lunghe e discese complesse. Il tracciato, però, non è solo gara: rappresenta anche un passaggio dentro una cultura montana che conserva ancora oggi tradizioni radicate, come la pastorizia, l’artigianato e il legame forte con il territorio.

Il superamento del confine ha anche un valore simbolico: racconta la continuità tra territori vicini, l’apertura alla collaborazione tra regioni storicamente connesse. In questo contesto, il Piemonte si conferma terra di frontiera e di scambio, capace di unire natura, storia e sport in un’unica narrazione. La Valle di Susa, con i suoi paesaggi e il suo significato storico, offre così una cornice ideale per chiudere la parte italiana della Vuelta a España 2025, prima dell’ingresso in territorio francese.

La Vuelta, rubate 18 “super bici”. Danno oltre i 300mila euro

Brutta sorpresa alla Vuelta: nella notte 18 biciclette professionali della Visma Lease a Bike sono state rubate.  Il furto è avvenuto nei pressi del Novotel di corso Giulio Cesare a Torino, dove alloggia il team ciclistico. Si stima un danno oltre i 300 mila euro. Ma soprattutto ora servono nuove bici per correre. Un brutto episodio che offusca l’immagine del Piemonte che ospita la gara.

“Dalla disciplina del PCI all’inneggiamento all’illegalità: la parabola della nuova sinistra”

Ilaria Salis, in merito allo sgombero del centro sociale Leoncavallo, ha dichiarato: «Il Leoncavallo sta venendo sgomberato. Nessun rispetto per 50 anni di storia dei movimenti, controcultura, aggregazione giovanile, politica dal basso». Parole che, se lette fuori contesto, sembrano celebrare una continuità storica di impegno giovanile e partecipazione sociale. Tuttavia, l’analisi dei fatti mostra una realtà ben diversa.
Il Leoncavallo, così come molti altri centri sociali nati negli anni ’70 e ’80 in tutta Italia, opera da decenni in un contesto di illecito permanente: occupazione abusiva di spazi pubblici e privati, gestione autonoma priva di regolamentazione, rivendicazione sistematica di una presunta autonomia contro lo Stato. Gli sgomberi, lungi dall’essere meri atti repressivi, sono l’applicazione di norme fondamentali di legalità che regolano la convivenza civile.
A Torino, il sindaco Lo Russo ha addirittura cercato di promuovere e legittimare Askatasuna, altro centro sociale con una lunga storia di occupazioni e attività fuori dalle regole, quasi trasformando l’abuso in un modello da tutelare. Questo approccio segnala una deriva culturale: l’idea che l’illegalità sistematica possa essere valorizzata come espressione di “politica dal basso” rischia di sovvertire il principio stesso di cittadinanza e rispetto delle istituzioni, fondamento di ogni democrazia consolidata.
La distanza tra questa visione e la tradizione della sinistra storica italiana è netta. Il Partito Comunista Italiano, pur essendo stato protagonista di una radicale trasformazione sociale, non ha mai fatto dell’illegalità una bandiera politica. La disciplina e il rispetto delle istituzioni erano cardini imprescindibili: Enrico Berlinguer, segretario dal 1972 al 1984, poneva la questione morale e il rigore etico al centro della politica, richiamando i militanti a un comportamento irreprensibile anche al di fuori della scena pubblica.
Storicamente, figure come Palmiro Togliatti e Berlinguer incarnarono una sinistra rispettata anche dagli avversari. Togliatti visse e operò coerentemente con i suoi ideali senza ricorrere a privilegi personali, mostrando rigore e rispetto delle istituzioni fino alla fine della sua vita, mentre Berlinguer guidava manifestazioni di massa senza incitare alla violenza o al disordine. Il PCI si poneva come forza popolare ma responsabile, capace di governare, di influenzare la società civile e di esercitare il potere senza compromettere la legittimità delle istituzioni.
Oggi, osservando la retorica e le azioni di alcuni esponenti della nuova sinistra, emerge un distacco crescente tra politica e realtà concreta. Schlein, ad esempio, ha trasformato il privilegio di essere parlamentare in uno strumento di propaganda, facendo passare come normalità per tutti comportamenti riservati solo a chi occupa una posizione istituzionale. Il caso del suo tagliare fila all’imbarco a Messina, presentato come se fosse un’esperienza condivisa da tutti i cittadini, è emblematico: un gesto personale viene elevato a simbolo politico, generando un distacco tra la retorica della sinistra e la realtà vissuta dai cittadini comuni.
Difendere occupazioni abusive e centri sociali sgomberati, unito a gesti simbolici come quelli di Schlein, contribuisce a sostituire il progetto politico con la retorica della ribellione permanente e dell’eccezionalismo personale. La nuova sinistra sembra aver smarrito quella classe e quella signorilità che consentivano al PCI di essere considerato credibile anche da chi ne contestava le idee.
È necessario promuovere una politica sana, che non alimenti rivolte popolari fuori legge e fuori controllo. Solo quando questo modello di politica della trasgressione cesserà di dettare l’agenda, la sinistra potrà tornare a rappresentare una forza rispettabile e radicata nella società. Fino ad allora, ogni voto che arriverà non sarà il frutto di adesione a un progetto politico attuale, ma di un attaccamento nostalgico a un partito e a una storia che guardano al passato e non al presente.
A chi osserva e decide con lungimiranza e spirito di comunità, come me che scrivo, convinto degli ideali di una destra moderna e moderata, spetta auspicare il ritorno a un confronto politico fondato su legalità, responsabilità e rigore, capace di attrarre consenso reale senza ricorrere alla propaganda o all’eccezionalismo.
PIETRO RUSPA

Flibco: da Porta Nuova all’Aeroporto di Torino in soli 25 minuti senza fermate

Inaugurato oggi il collegamento bus diretto che permette di raggiungere l’aeroporto dalla stazione di Porta Nuova senza tappe intermedie.

Le corse sono in programma tutti i giorni nelle due direzioni,
dalle 3:45 alle 23:40, ogni mezz’ora.

Flibco, il servizio di shuttle aeroportuali scelto da migliaia di passeggeri torinesi, annuncia l’attivazione di una nuova fermata strategica nel cuore di Torino, in piazza Carlo Felice, angolo via Roma, a pochi passi dalla stazione di Porta Nuova. Grazie a questa novità, il collegamento diretto tra il centro cittadino e l’Aeroporto di Torino diventa ancora più comodo, veloce e accessibile.

I bus Flibco, conosciuti e apprezzati proprio perché non effettuano fermate intermedie, garantiscono un tragitto diretto per l’Aeroporto di Torino in soli 25 minuti. Le corse sono disponibili ogni 30 minuti, tutti i giorni dalle 3:45 alle 23:40.

L’arrivo a Porta Nuova rappresenta un passo importante per essere ancora più vicini ai nostri passeggeri. Con questa nuova tratta, rendiamo il nostro servizio accessibile direttamente dal cuore di Torino, rispondendo alle esigenze di chi cerca un’alternativa semplice, comoda ed economica per raggiungere l’aeroporto” – ha dichiarato Giuseppe Martino, Country Manager di Flibco.

Un supporto concreto per i viaggiatori, anche in occasione dei lavori ferroviari

Fino al 7 settembre il servizio ferroviario tra Torino e Caselle è sospeso per lavori: ecco quindi che Flibco rappresenta l’alternativa più comoda, diretta e affidabile per tutti i viaggiatori che necessitano di un collegamento con l’aeroporto senza stress. Infatti, grazie alla nuova fermata di Porta Nuova, il servizio diventa ancora più accessibile per chi parte dal cuore della città.

cs

Le grange dei marchesi Cavour e Gozzani

Le grange vercellesi costituivano già nei tempi antichi un vasto territorio compreso tra Crescentino, Livorno Ferraris, Trino e 
Fontanetto Po, rappresentando fonte di ricchezza per la presenza di abbondante acqua.
Continuamente contese dalle comunità e abbazie di San Genuario e Lucedio, erano considerate le fattorie dei monasteri. L’abbazia di Santa Maria di
Lucedio fu costruita nel 1109 al tempo di Guglielmo I° di Monferrato, passata ai monaci cistercensi provenienti dalla Francia con atto del 1123 redatto dal marchese Rainero. La tenuta di Lucedio era costituita dalle attuali grange di Castel Merlino, Montarolo (Montis Auriolo), Montarucco, Ramezzana, Darola ovvero la Versailles delle risaie (Corte Auriola), Leri (Alerii) e con altri appezzamenti del Canavese e Monferrato rappresentò la massima espansione della risicoltura.
Leri, una delle grange più antiche, comprendeva una fortificazione oggi inesistente e fu bonificata dai monaci per la coltivazione del riso, acquisita dal monastero di San Genuario nel 1179. Lucedio era una posizione strategica lungo la via Francigena, motivo di scontro tra le dinastie Gonzaga, Savoia e Napoleone, rappresentando un centro di potere economico, politico e religioso. Con l’occupazione francese del Piemonte, la tenuta di Lucedio venne divisa con Decreto della Commissione Esecutiva del 1801 in seimila azioni del valore di 500 lire ciascuna, obbligandone l’acquisto ai cittadini più facoltosi, ma nel 1804 ritornò al demanio. Nel 1807 Napoleone cedeva Lucedio e le sei grange al cognato Camillo Borghese, governatore generale del Piemonte prima della restaurazione, per tre milioni di lire quale quarta parte del prezzo delle 322 opere formanti la galleria d’arte romana del valore di dodici milioni di lire, da lui venduta al governo francese.
Caduto Napoleone, Borghese voleva vendere le sette grange ai privati, ma i Savoia ne sequestrarono i beni dalla Magistratura. Ritenuto illegale il sequestro dal protocollo di Parigi del 1816, le grange furono vendute  dal Borghese nel 1818 al marchese Michele Benso di Cavour, al marchese Carlo Giovanni Gozzani di San Giorgio (figlio di Carlo
Antonio e Sofia D’Oria) e a Luigi Festa, direttore di una società immobiliare di affitti proprietà di Giuseppina Gattinara e Marco Antonio Olivero, già tenutaria delle grange concessa dal demanio nel 1807. La spartizione della tenuta avvenne nella misura di 24/24: 6/24 al Festa con Darola, Montarolo e 1/2 Ramezzana, 6/24 al Cavour con Leri e Montarucco, 12/24 al Gozzani con Lucedio, Castel Merlino, 1/2 Ramezzana e la tenuta S. Bernardino di Trino. La spartizione effettiva avvenne solo nel 1822. All’Ordine Mauriziano furono restituite prima le tenute di Montonero nel 1818, quindi Gazzo e Pobietto nel 1827, già passate al demanio e poi vendute alle Regie Finanze dello Stato nel 1854.
La comunità di Lucedio fu così soppressa e aggregata al comune di Trino nel 1818 e ancora oggi ne forma una frazione. Michele Benso era in effetti l’amministratore di Lucedio, ma il Borghese voleva inserire al suo posto Evasio Gozzani di San Giorgio, già amministratore, con il figlio Giuseppe, del Borghese e della moglie Paolina Bonaparte nelle segreterie di Roma. Non trovando accordo economico, Evasio (definito il marchese pazzo) propose l’acquisto di Lucedio al nipote Carlo Giovanni, il quale era già in affari con il Benso per la creazione della prima società di navigazione del lago Maggiore con una società di Locarno. Evasio riuscì ad inserire in casa Borghese il nostro architetto Luigi Canina, dove ebbe inizio la propria fortuna. Carlo Giovanni nel 1827 lasciò in eredità il suo enorme patrimonio, costituito in sette milioni di lire, al cugino d’Austria Felice Carlo Gozani.
Con il proprio fallimento dichiarato dal tribunale di Casale nel 1861, in parte dovuto al gioco d’azzardo, Felice Carlo fu costretto a vendere le grange di Lucedio a Raffaele de Ferrari duca di Galliera, insignito nel 1875 del titolo principe di Lucedio per i servizi resi alla patria dai Savoia con Regio Decreto. Le stazioni ferroviarie genovesi furono intitolate ai coniugi de Ferrari, Genova Principe di Lucedio de Ferrari e Genova Brignole dal nome della moglie Maria Brignole Sale. Tramite l’acquisto del conte Paolo Cavalli d’Olivola nel 1937, oggi Lucedio è proprietà della figlia contessa Rosetta, pronipote della contessa Paolina Gozani sepolta a Casale nella tomba gentilizia del marito Alessandro Cavalli d’Olivola, legale del padre Felice Carlo sepolto a San Giorgio nella tomba gentilizia del conte Umberto Cavalli d’Olivola. Il marchese Carlo Giovanni e i suoi genitori sono sepolti nel sotterraneo, da loro acquistato, della chiesa parrocchiale di San Giorgio edificata dal nonno di Carlo Giovanni, marchese Giovanni Battista Gozzani.
Titus Gozani, ultimo marchese di San Giorgio vivente della linea austriaca e la moglie Eva Maria Friese, abitanti in Germania, nel 1998 fecero visita alla cugina Rosetta nella tenuta di Lucedio e nel 2019 ritornarono, su nostro invito, nelle proprietà dei loro antenati, i palazzi Treville e San Giorgio Gozzani di Casale e il castello Gozzani di San Giorgio. Il padre di Titus, marchese Leo Ferdinando III°, incontrò nel 1937 il cugino conte Paolo Cavalli d’Olivola nel castello Gozzani di San Giorgio. La grangia di Leri proprietà di Michele Benso, vicario e sovraintendente generale di polizia e politica di Torino, venne affidata nel 1835 al secondogenito Camillo e alla contessa di Clermont-Tonnerre, società che si sciolse con la morte del marito.
La nuova società formata dal conte Camillo Benso di Cavour, dal fratello primogenito marchese Gustavo e dall’agricoltore Giacinto Corio portò una forte innovazione all’azienda applicando i nuovi principi dell’agronomia, confermando quanto Camillo aveva manifestato nella valorizzazione delle
Langhe. Da pochi anni è in corso un progetto di recupero per tutelare e valorizzare il Borgo Leri Cavour, luogo di riposo dello statista, promosso dall’associazione L.E.R.I. Cavour ODV presieduta da Roberto Amadè. Il Borgo ha organizzato domenica 11-12-2022 il primo concerto di Natale sul piazzale della chiesa, ospitando il Casale Coro diretto dal maestro Giulio Castagnoli.
Armano Luigi Gozzano 

Il torinese Silvio Fasano Patron del concorso di bellezza maschile ad Alassio

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Silvio Fasano è uno dei personaggi più conosciuti e stimati di Alassio  ormai da tanti anni. E’ il fotografo e giornalista principe del Ponente, corrispondente storico del Secolo XIX, testimone della storia di Alassio e del suo territorio con un  archivio preziosissimo  di fotografie che dovrebbero essere esposte e conservate in qualche museo perché testimoniano la vita del Ponente nei momenti lieti e tristi , importanti e quotidiani. Il sindaco Canepa lo ha insignito dell’Alassino d’oro, la più alta onorificenza alassina. Fasano per tanti turisti e residenti è famoso  almeno come il bacio di Alassio. Da tanti anni egli organizza il concorso nazionale   “Il più bello d’Italia“, raccogliendo ad Alassio  la meglio gioventù italiana. La manifestazione che riempie di pubblico la grande piazza partigiani, ieri sera è stata aperta dal suono dell’inno di Mameli di fronte a cui il pubblico non si  è subito alzato in piedi, seguendo il generale Odello e chi scrive: un brutto segno dei tempi che viviamo: “patriai tempore iniquo”, avrebbe detto il poeta Lucrezio. Ma  il colto e patriota Fasano aveva scelto di iniziare con il suono di un Inno, scritto da un giovane e cantato da tanti giovani nel Risorgimento  imparato da Fasano alla scuola dei Salesiani di Torino che abbiamo frequentato insieme. Ho visto sfilare una gioventù diversa, quasi nessun cappellone  e pochi tatuaggi, una gioventù sportiva che fa ben sperare per il futuro d’Italia. La presentatrice ha detto più volte giovani “ belli dentro e fuori “. Ed aveva ragione. Giovani anche in giacca e cravatta, oggi una rarità.
Avrei dovuto dire quattro parole al pubblico su invito di Fasano. Mi ero preparato in mente un discorsetto in cui avrei voluto dire semplicemente che auguravo a questi giovani di avere una vita di pace come ha avuto la mia generazione e non ha avuto quella di mio padre che ha servito l’Italia in guerra. Poi, attorniato da tre splendide ragazze che erano insieme con me sul palco, mi sono un po’ perso e mi sono  limitato a dire che a me piacciono solo le donne. Bene i baldi e pettoruti ragazzi concorrenti, ma le  belle donne restano per me l’unico oggetto di desiderio, come anche a Silvio Fasano che con il suo concorso sfida il politicamente corretto e altri luoghi comuni d’oggi che lascio immaginare. Ci vorrebbe tanta gente come Fasano che sa premiare una gioventù non afflosciata su se’ stessa che non ha già perso il piacere della vita  come tanti smidollati “fragili” ed ama la natura e l’amore come Dio comanda, anche se non  credenti.

“Torino non riesce a svoltare, troppe occasioni perse” Giachino: “no a chi ci ha fatto perdere le Olimpiadi 2026 e voleva farci perdere la TAV”

L’intervento di Mino Giachino*

Caro Direttore,
Dopo alcuni giorni di vacanza tra la Liguria e Bardonecchia, corroborato dal grande esempio di S. Bartolomeo che per non rinunciare alle proprie idee di lasciò scorticare vivo, riprendo a parlare di Torino che sembra proprio non aver voglia di rilanciare economia e lavoro serio perché i lavoretti sono poveri e non danno nessuna garanzia di futuro. Oggi viviamo ancora in una Città e in un Paese dove la quota dei pensionati aumenta e una buona parte di questi con una pensione discreta ma Tu te la immagini Torino tra trent’anni con meno giovani e una quota di pensionati con pensioni più povere ? Perché il lavoro a tempo parziale di oggi purtroppo dara pensioni povere . Ci sono due dati che ci debbono preoccupare. Essere la capitale dei cassaintegrati vuol dire che quasi centomila famiglia stanno vivendo da tempo e ancora così per qualche anno con uno stipendio falciato del  40% ; secondo siamo la prima Città in Italia per numero di auto che viaggiano senza assicurazione perché il proprietario non è in condizione di pagarla.
.
La metà della Città che non se la passa bene secondo la famosa frase dell’Arcivescovo Nosiglia, oggi sta peggio rispetto a 4 anni fa, quando venne eletto Lorusso, e non gli cambieranno la vita gli alberi e i disegni immaginati dall’Architetto Carlo Ratti, che sta lavorando al progetto di rinnovo urbano dell’area di corso Palermo sino al centro di Barriera. Ascolto sempre con interesse Carlo Ratti ma questa volta mi pare che il suo lavoro sul nuovo Piano Regolatore manchi di una Visione strategica di Torino. Lui che prima aveva immaginato di unire Torino a Milano , col che Torino sarebbe diventata la periferia più bella e storicamente interessante della Città del panettone ora, dalla intervista a La Stampa di sabato scorso, vede la stazione di Porta Susa come il semplice collegamento all’Alta Velocità e non vede come Torino con il collegamento con Lione e Parigi potrà diventare una nuova Capitale internazionale con una Storia industriale, sociale e culturale unica?  Torino dopo la vendita della Iveco che segue alla perdita di altre decine di sedi aziendali e di marchi prestigiosi degli ultimi venticinque anni, inizia a mordersi le mani per la occasione persa delle Olimpiadi 2026 di Milano Cortina . Le Olimpiadi avrebbero potuto vederci primattori perché mentre di là alcuni impianti non saranno pronti qui noi avevamo impianti pronti e collaudati. A Febbraio per tre settimane Milano, la Valtellina , Cortina e le Dolomiti oscureranno le nostre montagne grazie alla cultura della decrescita dei cinque stelle.
Ma Lorusso si preoccupa già della alleanza con cui vincere tra diciotto mesi alle prossime elezioni comunali. Quelli che volevano farci perdere la TAV e che ci hanno fatto perdere le Olimpiadi del 2026 saranno determinanti per la nuova coalizione di Lorusso. Siamo matti? Una Città di ristoranti come l’ha definita la Signora Tiziana, italiana che vive a New York da venticinque anni e qui per alcuni giorni di vacanza.
.
La Torino che produce, la Torino che dà servizi di qualità alla nostra Città, la Torino cattolica che aiuta le tante Istituzioni di carità non può star ferme di fronte a un campo largo pericolosissimo per il futuro della Città di Cavour, di Don Bosco, della Fiat e della Lancia, del Cottolengo e dello Juvarra .
Certo la politica ha bisogno di un anima ma ha anche bisogno del grande valore aggiunto dei cattolici impegnati nel sociale. Partendo dai grossi problemi di oggi e riprendendo là lezione dei grandi Sindaci DC del dopoguerra come Peyron e Grosso , utilizzando la esperienza e la alta preparazione di Docenti e imprenditori di centro ,  dobbiamo preparare un programma che dia una speranza alla metà della Città che sta male e una certezza di futuro alla metà della Città più fortunata. Ne parleremo a settembre in un bel convegno che terremo a Bardonecchia perché alla montagna dei torinesi ci teniamo.
* già Sottosegretario alle Infrastrutture
leader SITAV SILAVORO 

Treni, in Piemonte settembre inizia con un altro sciopero

A settembre 2025 in Piemonte è previsto un importante sciopero ferroviario che si svolgerà dalle 21 del 4 settembre alle 18 del 5 settembre, coinvolgendo sia i treni passeggeri come regionali, Intercity e Frecce sia il trasporto merci e il trasporto pubblico locale. Saranno garantite solo alcune fasce orarie, dalle 6 alle 9 e dalle 18 alle 21, mentre il resto del servizio potrà subire cancellazioni e ritardi con conseguenti disagi per i pendolari e chi viaggia per lavoro o studio. Le ripercussioni si estenderanno anche in ambito urbano, dato che il TPL sarà fermo per l’intera giornata del 5 settembre, e la riduzione dei convogli merci potrà incidere sulla logistica. Negli ultimi dodici mesi i piemontesi hanno già affrontato diversi scioperi ferroviari: a settembre 2024 un blocco nazionale ha creato rallentamenti diffusi, a gennaio 2025 un’altra agitazione ha interessato tutto il weekend, in aprile e maggio ci sono state due interruzioni di quasi 24 ore che hanno colpito direttamente Piemonte e Valle d’Aosta, mentre il 23 maggio si è svolto uno sciopero nazionale che ha fermato l’intero gruppo FS. A questo si aggiungono proteste minori, talvolta revocate all’ultimo momento, che però hanno contribuito a rendere incerta la mobilità. Le testimonianze dei pendolari raccontano viaggi saltati, autobus sostitutivi arrivati dopo ore e una crescente frustrazione, segno che la frequenza di queste agitazioni ha un impatto diretto e pesante sulla vita quotidiana di studenti e lavoratori.