ilTorinese

La Telaccia by Malinpensa, Paola Arrigoni: “I colori delle emozioni” In mostra fino al 25 febbraio

Paola Arrigoni è protagonista della mostra personale in corso alla galleria d’arte Malinpensa by la Telaccia a Torino.

Autodidatta, i suoi quadri sono di impianto astrattistico, materico e sono realizzati con l’uso della resina e acrilico su tela o legno. Si dedica anche alle sculture e utilizza materiali riciclati per attenuare la sofferenza nell’osservare il degrado ambientale. La sua ricerca coinvolge lo spessore morale e risulta vissuta con profondo rispetto per la vita e l’ambiente, nella speranza di trasmettere sentimenti, pensieri, riflessioni, suscitando un’interazione con chi guarda le sue opere.

La ricerca nel recupero dei materiali riciclati e poi riutilizzati da parte dell’artista rivela un operare che sviluppa una dimensione altamente suggestiva di contemplazione. La fusione armonica dei colori e l’equilibrio materico si trasformano in un puro estro creativo, che mostra una carica di lirismo notevole, capace di sviluppare una dimensione di contemplazione.

La carica costruttiva, di pulsione onirico-fantastica, si avvia verso un’elaborazione della materia altamente scenografica e a contatto con il fruitore. L’arte di Paola Arrigoni rivela una particolare intensità coloristica di pura e autentica sensibilità, all’insegna di una ricca inventiva, di un linguaggio originale e di una realizzazione della materia di particolare aspetto, sia estetico sia contenutistico. Le doti di colorista sono evidenti nella sua attività artistica. Le emozioni, gestite dal colore vibrante, si vestono di libertà interiori e di spiritualità in cui l’artista Paola Arrigoni cerca di dare, attraverso le sue opere, il senso della vita, in piena  vigoria di accensioni cromatiche. Queste opere fanno riflettere perché stabiliscono legami, significati ambientali, umani e sociali intensi, ma anche metafore ironiche.

Diverse le opere in mostra, tra cui una scultura. Tra i titoli sono presenti “Settembre”, “Nascere non basta”, “Fluidità”, “La ballerina”, “L’opulenza”, “Loro siamo tutte noi”, “Amori tossici”, “Mordi la mela”, “Incantesimo”, “Il Dodo rivive”, “Aperta mente”.

È  stata già protagonista di una mostra collettiva presso la galleria d’arte Malinpensa by la Telaccia a Torino, dal 18 al 29 maggio del 2021.

“Si tratta di un’artista nel più profondo del cuore ed è lì che risiede il suo essere con la sua forza creatrice”.

MARA MARTELLOTTA

Malinpensa Galleria d’Arte by La Telaccia, Corso Inghilterra 51 Torino. In mostra fino al 25 febbraio 2023

Spacciava droga su Telegram e in casa nascondeva 180 mila euro

Non mancavano gli studenti tra la clientela di un pusher che vendeva droga attraverso chat su Telegram.

Lo spacciatore, italiano, è stato arrestato a Torino dai carabinieri della compagnia di San Carlo che nella sua abitazione hanno trovato 180 grammi di hashish e 180 mila euro in contanti.

Nell’ambito del servizio antidroga i militari hanno anche arrestato un albanese che in casa aveva nascosto 14 kg di eroina, 5  di marijuana e 8 di hashish.

Guancia brasata al barbera con Filippo

LE CENE DI BEATRICE

In una Torino che indossa ancora i guanti e non telefona mai agli orari dei pasti, si snoda la rubrica “Le cene di Beatrice”. Recensioni eno-gastronomiche dai toni umoristici. Luoghi di punta e luoghi nascosti faranno da sentiero di mattoni dorato alla ricerca di “quello giusto”. In questo connubio di piatti, vini e appuntamenti torinesi, la voce della scrittrice Elena Varaldo tratterà le farfalle nello stomaco in un modo del tutto nuovo.  

Il cuore ha le sue ragioni, che la pancia conosce bene

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Torino mi sorprende. Due minuti di ricerca e trovo parcheggio in San Salvario nel cuore della movida. La telefonata di Anna, mio oracolo personale, lo aveva chiaramente predetto:

Ti porta da Scannabue? Paolo Fox lo diceva che oggi al leone gira bene”

Dai primi passi mossi all’interno del bistrot, la fama e il carattere forte di questa trattoria gourmet rivelanoimmediatamente un’aria calda e accogliente.

Legno scuro, quadri appesi e qualche tocco di verde lungo le pareti che richiama la mise en place. Le sedie d’una volta abitano un contesto curato e gentile dove ci si sente subito a proprio agio.

Su una di queste, Filippo mi attende ispezionando il menu e strizzando gli occhi attraverso due grossi fondi di bottiglia. Charles Dickens, che sul tema era assai ferrato,lo avrebbe descritto meglio. Mi servirò dunquedella sua bravura ricalcando i bordi di quello che è un evidente revival di Ebenezer Scrooge nel “Canto di Natale.

Curvo e solcato come la fuga di un pavimento a spina francese, si alza e si presenta. Certo sarebbe maleducato dire che appare come un foglio di carta da stencilstropicciato da anni di bugiardini medici, ma noi lo diciamo lo stesso.  

Dopo una primissima e tenue stretta di mano risulta subito chiaro che lui la vita la attraversi spettrale, anche quando si tratta di un appuntamento per pranzo con una fanciulla.

Accompagnata da un brivido di freddo mi tolgo il cappotto con una certa riluttanza.

Ma Scannabue, è Scannabue.

Lo dice Anna e lo confermano la pioggia di giornalisti ed esperti del settore gastronomico che han tenuto in mano le forchette da queste parti.

Sotto il tiepido sole d’ottobre sistemarsi al suo interno ed ordinare un Nebbiolo di Giaccone Piemonte, non può che rinvigorire anche il più aspro dei farmacisti.

Da uno sguardo al menù, scopro con gioia che la proposta culinaria sarà indiscutibilmente l’aspetto migliore. Tajarin di soli rossi salsiccia e porri di Cervere, Ravioli al latte con bottarga di Muggine, Agnello della Bisalta con erbe aromatiche.

Per i fedelissimi alla tradizione dei piatti piemontesi non esiste elenco migliore.

La cucina si sa, è solita colorare guance e conversazioni, salvo rari casi, dove commensali pallidi come la tintapastello di un soggiorno, si divincolano fra convention farmaceutiche e commenti sulle allergie al polline.

Mentre lui avanza nella coltre di noia, io convengo con me stessa che il vitello tonnato di Scannabue è qualcosa di magico.

Arrivato nei caratteristici piatti bordati di verde, ogni fetta è lasciata cadere su stessa creando a livello visivo una studiata entropia.

La sua scelta, da alchimista dei sapori quale si dipinge essere, ricade sul tonno di coniglio a cubetti presentato dentro un vasetto.

Buono, Interessante.

Mentre Scrooge sembra via via  rimuovere l’aspetto Casper che lo contraddistingue, arriva la guancia al barbera abbracciata da un morbido cuscino in memoryfoam di purea di montagna. Insieme alla mia ordinazione, la ragazza porta a Filippo gli agnolotti del plin ai tre arrosti serviti al burro.

Per la prima volta Scrooge accenna un sorriso.

Abbandonata dunque la vestaglia e ammorbidito dalla magia di Scannabue, il mio commensale si decide a cedermi le redini della conversazione. Era ora.

La scelta dei dolci e i discorsi sulla wish list di settembreconcedono un game changing all’incontro. Scegliamo un dolce fuori menù, che pareva esserci, poi non esserci piu, e che infine c’era.

Il suddetto dolce rimarrà segreto per stimolare la golosità e la fantasia dei lettori.

Quale fosse il mio pensiero su uno dei ristoranti più gettonati e buoni di Torino?

Non importa che tu sia accompagnata da uno spettrale farmacista, quello che davvero conta è ciò che nel menu è in lista”

Che fine fece Scrooge? Non nego che smanio dal desiderio di raccontarvi dove lo rincontrai e perché. Posso sbottonarmi di quel tanto che basta nel dire che molto avrà a che fare con una ricetta sbagliata, un misunderstanding e una focaccia con le olive.

Ma questa, cari lettori, è chiaramente un’altra storia.

Elena Varaldo

 

Torino e i suoi musei. Il museo delle Antichità

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Con questa serie di articoli vorrei prendere in esame alcuni musei torinesi, approfondirne le caratteristiche e “viverne” i contenuti attraverso le testimonianze culturali di cui essi stessi sono portatori. Quello che vorrei proporre sono delle passeggiate museali attraverso le sale dei “luoghi delle Muse”, dove l’arte e la storia si raccontano al pubblico attraverso un rapporto diretto con il visitatore, il quale può a sua volta stare al gioco e perdersi in un’atmosfera di conoscenza e di piacere.

1 Museo Egizio
2 Palazzo Reale-Galleria Sabauda
3 Palazzo Madama
4 Storia di Torino-Museo Antichità
5 Museo del Cinema (Mole Antonelliana)
6 GAM
7 Castello di Rivoli
8 MAO
9 Museo Lomboso- antropologia criminale
10 Museo della Juventus

 

4 Museo delle Antichità

Scrivere questa serie di articoli ha in effetti i suoi lati positivi, perché “mi costringe” a venire spesso in centro, cosa che mi fa sempre molto piacere.
Mi trovo di nuovo a cercare la biglietteria di Palazzo Reale, supero prima la cancellata di Palagi, poi arrivo all’altezza del ragazzo musicista che molto spesso si piazza all’ombra di Palazzo Chiablese e suona magistralmente il suo “digiridù”.
Questa volta però il biglietto che compro è per visitare il piccolo e sotterraneo Museo delle Antichità, a cui si accede passando per i Giardini Reali, dalla stessa entrata che porta alla Galleria Sabauda, anche se in ultimo è necessario seguire le indicazioni che portano verso il piano di sotto.
Il Museo è un’istituzione antica, che può vantare nobili origini ed è giunto all’attuale sistemazione attraverso una lunga e spesso travagliata vicenda.
La raccolta mantiene la denominazione storica di Museo di Antichità per sottolineare la continuità di questa istituzione che risale al XVIII secolo, ma comprende raccolte formatesi già in precedenza per volere di Emanuele Filiberto di Savoia (1528-1580) e dei suoi successori.
L’esposizione si articola in tre sezioni: quella del Territorio Piemontese e quella delle Collezioni Storiche, c’è una terza sezione dedicata a Torino, antica Augusta Taurinorum, al piano seminterrato della Manica Nuova del Palazzo Reale, in collegamento diretto con l’area archeologica del Teatro romano e del gruppo episcopale paleocristiano, costituito in origine dalle chiese del Salvatore, di San Giovanni e di Santa Maria (chiese abbattute per volere di Domenico della Rovere, committente del nuovo Duomo dedicato a San Giovanni).

In epoca rinascimentale si evidenzia, da parte dei Savoia, il desiderio di eguagliare la dignità e lo splendore delle altre corti italiane ed europee. Tra le sculture antiche pervenute sono state identificate opere già appartenute alle collezioni dei Gonzaga, di Gerolamo Garimberti e di Bindo Altroviti.Dal Settecento in avanti il settore delle antichità greco-romane si accresce continuamente, a seguito dell’acquisto di cospicue raccolte private e per i ritrovamenti effettuati nei territori del Piemonte e della Sardegna.Per molti anni la storia della collezione del Museo di Antichità viaggia in parallelo con quella del Museo Egizio, fino al 1940, anno in cui la collezione di antichità e quella egizia vengono definitivamente separate. La collezione di antichità rimane al pianterreno del palazzo dell’Accademia delle Scienze fino al 1963, quando viene individuata la sede definitiva nelle Serre dei Giardini di Palazzo Reale, il cui recupero viene curato dall’architetto Caterina Fiorio. Una volta discesa mi ritrovo in una zona dalle volte a botte in cui prevale l’uso del mattone, interessante è il gioco delle luminarie, taglienti raggi di luce cadono netti sui reperti, facendoli risaltare dall’ombra quasi richiamando alla mente la tecnica pittorica caravaggesca. Sono rimasta molto colpita dalla collezione, oggetti e reperti che molto spesso passano in sordina e che anche io non avevo ancora avuto l’occasione di conoscere o di approfondire. Subito richiamano la mia attenzione due lastre marmoree lavorate a rilievo e raffiguranti delle menadi danzanti. Le donne seguono il dio Dioniso nella frenesia dell’”entusiasmo” bacchico, e sono copie fedeli dei modelli creati alla fine del V secolo a.C. dallo scultore greco Callimaco: recano i tipici attributi del corteo del dio della vite, torce, tirsi (bastoni con infiorescenze) e strumenti musicali. Vi sono nella composizione anche altre figure, come la menade che regge un cesto colmo di frutti e quella che urla scarmigliata brandendo due torce e con le braccia avvolte da serpenti, che non sono tipiche del “thiasos” dionisiaco ma rimandano all’iconografia di una portatrice di offerte o di un’Hora (stagione) oppure di una Erinni (personificazione della vendetta soprattutto nei confronti di chi colpisce la famiglia), temi comunque che si adattano a un ambito funerario. I due grandi rilievi con figure di menadi danzanti sono noti da tempo nelle collezioni sabaude, forse già verso la metà del Seicento, come dimostrano numerosi disegni e tavole incise del periodo.

Nel piccolo Museo mi muovo piano, per una volta non mi trovo ad avere paura di non riuscire a vedere tutto e mi godo ogni singolo oggetto, dai rilievi, agli esempi di “autoctona”, ai ritrovamenti musivi della Domus romana di via Bonelli 11, al grande mosaico policromo fino ai bei gioielli della cosiddetta “Dama del Lingotto”. Il cuore della collezione è tutto contenuto in teche vicine e fortemente illuminate, si tratta del “Tesoro di Marengo”. Il tesoro è costituito da un sontuoso complesso di argenti, decorati a sbalzo e in alcuni casi dorati, che originariamente dovevano costituire lamine di rivestimento di mobili e arredi di legno, oltre all’eccezionale busto-ritratto dell’imperatore Lucio Vero (161-169 d.C.), forse anticamente montato al centro di uno scudo ornamentale (clipeo), oppure esposto su un supporto in legno o innalzato sui vessilli militari dell’esercito. Gli altri elementi sono costituiti da una tabella con iscrizione votiva alla dea Fortuna Melior, un disco con i simboli dello zodiaco, cornici, fregi decorativi con motivi figurati, geometrici, floreali e un rarissimo esemplare decorato con una catasta di armi.  Notevole è anche la  fascia di rivestimento (di un altare o della base di una statua) decorata con tredici figure di divinità in altorilievo, tutte ispirate a celebri modelli statuari del mondo greco.
Credo sia un mio inconscio tentativo di rielaborazione del trauma del Liceo Classico, ma mi scopro a giocare a riconoscere i vari personaggi mitici e ricordarne le vicende.
L’insieme si distingue da altre argenterie antiche note, sia per l’assenza di vasellame da mensa, sia per la rarità del ritratto imperiale di grandi dimensioni in metallo prezioso, oltre che per la peculiarità di alcune tipologie di oggetti, come i due elementi decorativi di una spalliera laterale di letto (kline).

Quasi tutti gli elementi che compongono il Tesoro si possono datare tra la seconda metà del II secolo e i primi decenni del III secolo d.C. La scoperta avvenne casualmente nel 1928, durante i lavori agricoli condotti presso la Cascina Pederbona di Marengo (Alessandria): gli argenti furono rinvenuti in una grossa cassa di legno ancora visibile in tracce, lacerati, schiacciati e deformati per essere più facilmente trasportati, forse a seguito di un saccheggio avvenuto in antico.
La mancanza di precisi confronti, l’assenza di dati circa la giacitura originaria e la dispersione di parte dei reperti dopo la scoperta rendono problematica l’interpretazione del ritrovamento: forse gli argenti furono saccheggiati in un sacello privato o forse in un santuario pubblico dedicato all’Imperatore oppure a un culto solare tra il III e l’inizio del V secolo d.C. Occultato in un luogo isolato e ritenuto sicuro, con l’intendimento di recuperare i beni per la loro rifusione, non fu poi più recuperato. Apprezzo davvero le dimensioni ridotte dell’esposizione, perché prima di “tornare a riveder le stelle” posso soffermarmi sui reperti che più mi hanno incuriosito, in questo caso il gusto femminile prevale e mi ritrovo a guardare nuovamente i preziosi gioielli longobardi che sfavillano all’interno della teca. Costituiscono l’eccezionale corredo funebre della “Dama del Lingotto” una coppia di orecchini in oro del tipo “a cestello”, con lunghi pendenti mobili e gocce di ametista, una collana a catena con maglie d’oro, una raffinata spilla (“fibula”) circolare a cloisonné con granati del tipo almandino e paste vitree colorate.
In effetti sì, devo ammettere che quelle preziosità antiche incontrano proprio i miei gusti: non c’è che dire, la vanità è donna.

Alessia Cagnotto

Confartigianato imprese, migliora il clima di fiducia ma i valori economici non rassicurano

La prima indagine trimestrale congiunturale del 2023, redatta dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Piemonte, rileva un trend uniforme negli indicatori del clima di fiducia delle imprese artigiane piemontesi: i valori, seppur in lieve miglioramento rispetto all’ultimo trimestre dell’anno, mantengono dati ampiamente negativi.

Il dato relativo all’andamento occupazionale, nonostante il leggero miglioramento rilevato, mantiene un valore negativo, passando dal -4,78% al -2,02%.

Si osserva analoga dinamica nell’ipotesi di assunzione di apprendisti, dove il saldo passa da -21,82% a -18,82%.

 

Per quanto riguarda le previsioni di produzione totale, diventa meno marcata la negatività del saldo, variando da -17,27% a -5,88%.

Un andamento non dissimile riguarda il saldo relativo all’acquisizione di nuovi ordini, che cala dal -17,04% al -5,55%.

 

Passando invece all’analisi delle previsioni di carnet ordini sufficienti per meno di 1 mese, il dato cala da 38,41% al 34,96%; quelle di carnet da uno a tre mesi diminuiscono dal 44,09% al 41,01%; quelle di carnet superiore ai tre mesi compensano le precedenti dinamiche, salendo dal 17,50% al 24,03%.

 

Le proiezioni di investimenti per ampliamenti aumentano dal 7,95% al 10,23%; quelle per sostituzioni salgono lievemente dal 15,91% al 16,36%; infine, gli intervistati che non hanno programmato investimenti calano di più di 2 punti percentuali, passando dal 76,14% al 73,41%.

 

Per quanto riguarda le previsioni di acquisizione di nuovi ordini per esportazioni, la proiezione conferma il timido miglioramento rilevato nelle variabili sopracitate, con il saldo che passa dal -35,68% al -30,93%, confermando la prevalenza di imprese artigiane che non prevedono un aumento nell’acquisizione di nuovi ordini per esportazioni nell’immediato futuro.

 

Infine, le stime di regolarità negli incassi aumentano dal 64,32% al 68,07%, le previsioni di ritardi negli incassi diminuiscono dal 35,45% al 31,09%, mentre le previsioni di anticipi negli incassi permangono vicine allo 0% del campione, passando dallo 0,23% allo 0,84%.

 

“Il 2023 ci pone davanti a diverse sfide che dobbiamo assolutamente vincere – commenta Giorgio Felici, Presidente di Confartigianato Imprese Piemonte. – L’anno passato ha infatti lasciato aperti molti punti interrogativi, strettamente legati alle dinamiche sovranazionali: la guerra in Ucraina, la crisi energetica e l’inflazione galoppante sono solamente alcune delle problematiche che il nostro Paese sta affrontando. Spesso, tuttavia, nelle crisi si annidano delle opportunità da saper cogliere e sfruttare per accelerare l’innovazione, il progresso e l’affrancamento dalla dipendenza esterna, soprattutto in materia energetica”.

“Nonostante gli interventi messi in campo negli ultimi mesi abbiano mostrato i primi timidi risultati – continua Felici – certificati da una revisione al rialzo delle stime sull’andamento del PIL rispetto a quanto prospettato a novembre 2022, è ad esempio necessario considerare che dobbiamo abituarci a dei prezzi del gas che rimarranno strutturalmente più elevati. Nella prospettiva di medio-lungo termine sarà quindi essenziale programmare un efficace piano fiscale di legislatura che sia strettamente legato al piano delle riforme, con una prospettiva strutturale e non più emergenziale. A questo dovrà essere senz’altro accompagnata una razionalizzazione della spesa pubblica a sostegno della produttività delle imprese e della crescita economica, con interventi volti alla crescita reale senza un ribaltamento sui prezzi”.

“Come in passato, – conclude Felici – i corpi intermedi dovranno farsi parte attiva nel percorso concertativo per strutturare interventi su misura dei nostri territori, perché non si assista ad una dispersione delle risorse che le imprese e le famiglie hanno messo a disposizione con sacrificio”.

L’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Piemonte ha redatto la prima indagine trimestrale 2023 utilizzando un questionario telematico rivolto ad un campione significativo di 2.250 imprese selezionate nei comparti di produzione e di servizi che rappresentano maggiormente l’artigianato della nostra regione.

Torino impoverita: Giachino scrive a Fornero

“Per la  trasformazione a opera delle Amministrazioni di sinistra. Alta disoccupazione giovanile, stipendi dimezzati e molti poveri in più”

  
Lettera aperta a Elsa Fornero 

Carissima Professoressa,

Le scrivo una lettera aperta perché il suo giudizio positivo espresso su La Stampa a proposito della trasformazione di Torino, e’ generoso e sbagliato.
La sensibilità umana e sociale è una base essenziale per chi in un modo o nell’altro si occupa della cosa pubblica sia esso la Città o il Paese in cui vive e non dipende dalla condizione sociale. Senza arrivare ai grandissimi Santi sociali, Don Bosco, Cottolengo e Cafasso, Giulia di Barolo e il marito erano ricchi ma ebbero una sensibilità sociale altissima che li portò a lanciare una iniziativa importante a favore dei più deboli. Donat-Cattin , con cui ho avuto l’onore di lavorare per sei anni, nella sua azione politica e di governo era mosso da una sensibilità sociale fortissima che stupiva chi gli stava vicino e che determinava e guidava la sua azione di governo. Dopo il fortissimo aumento del petrolio che portò  al raddoppio delle bollette della luce, Donat-Cattin , In soli trenta giorni, promulgò la tariffa sociale della energia elettrica che ne riduceva il costo per una fascia importante della utenza, mettendola a carico dell’Enel.
Questa sensibilità sociale mi pare molto diminuita soprattutto a sinistra e nella area intellettuale che in questi ultimi trent’anni ha amministrato Torino e ne ha governato la trasformazione . Torino da quasi trent’anni non cresce di meno solo rispetto a Milano , Bologna e altre Città da Roma in su ma cresce di meno della media nazionale . Ieri Unioncamere ha aggiunto un altro dato significativo. Gli stipendi a Torino sono la metà di quelli di Milano e sono inferiore a quelli di Città del Veneto e dell’Emilia che negli anni cinquanta e sessanta erano più povere di noi.
Le scrivo perché non concordo con il giudizio che a lei ha espresso stamane su La Stampa laddove scrive “Torino ha alle spalle una crisi da trasformazione produttiva non facile, è tutto sommato la Città ha saputo gestirla bene.”
Come aveva visto bene l’Arcivescovo Nosiglia, Torino ha almeno metà della Città che sta male, con pensioni basse, con tanta disoccupazione, cassa integrazione, con tanto lavoro a tempo determinato e a meno di 1000 euro al mese. A queste condizioni economiche si aggiunga il degrado dei Quartieri svantaggiati o di periferia in cui vivono. Certo che Torino nella sua parte centrale , da quella settecentesca a quella liberty , è molto bella e grazie ai suoi portici, alle sue piazze , ai suoi bei palazzi che piacevano tanto a Nietzsche.
Ma mse da corso Regina invece di voltare a sinistra verso il centro, vai a destra le cose cambiano molto. Non a caso i Parroci , che hanno una dose di sensibilità superiore ai politici di sinistra, a Gennaio 2022 incontrando Lorusso chiesero meno degrado e più sicurezza. 13 mesi dopo la situazione è peggiorata. Torino doveva difendere di più e meglio la propria industria dell’auto come hanno fatto tedeschi, francesi e spagnoli sia perché nell’industria vi è molta ricerca, molti servizi avanzati e stipendi più alti di quelli del commercio e del turismo. L’operaio FIAT riusciva a risparmiare e a far studiare i figli . Oggi con i grandi eventi , si diffonde la immagine della Città ma si genera lavoro a tempo determinato e meno retribuito . Un ragazzo mi ha detto che in tutto ha lavorato 3 mesi in un anno con contributi pensionistici che Lei conosce meglio di me.
Dalla trasformazione a cura delle amministrazioni di sinistra , che non a caso sono forti nella ZTL e in collina, la Città è impoverita e senza la prospettiva di ritornare in testa alle classifiche perchè tutte le cose , anche importanti, messe in moto non riescono a farci crescere più della media nazionale come ripeto ossessivamente dal 2008 quando mi accorsi che anche nel 2006 eravamo cresciuti meno della media nazionale. E ora se le cose non cambieranno Torino pagherà più di altre Città italiane la fine delle auto con motore endotermico e la crisi di tante aziende dell’indotto auto.
E meno male che noi, non altri, abbiamo salvato la TAV che ci potrà consentire,  soprattutto se cercheremo di allearci a Genova , Lione e Milano, di ritornare centrali nell’Europa del terzo millennio. Anche Genova con la trasformazione gestita dalla sinistra si era impoverita ma nel  2017 con la elezione di un nuovo Sindaco, Marco Bucci, ha saputo rilanciarsi partendo dal suo porto che genera direttamente e indirettamente tanti occupati quanto ne generava Mirafiori. A Genova nel porto hanno investito tutti i grandi operatori mondiali , come se nella Mirafiori avessero investito Renault , Volkswagen e Ford. Così oggi Genova si trova alleata ad Amburgo proprio mentre il PNRR le ha assegnato l’opera più importante , la nuova Diga che consentirà il raddoppio della sua potenzialità.
Siccome i suoi colleghi Docenti di Storia hanno insegnato male Cavour , Torino non riesce a capire che più si sviluppa il porto di Genova e più Torino e il Piemonte ci possono guadagnare.
A questo punto Io mi porrei la domanda su cosa vuol dire  definirsi progressista e di sinistra se amministrando la Città la si impoverisce ? Non a caso la gauche caviar parla molto di diritti e non parla più del lavoro, il diritto più grande e importante economicamente e socialmente.
Cara Professoressa, che seguo sempre con interesse, se Lei andasse una volta a Messa alla Domenica alla Madonna della Pace in corso Giulio Cesare 80 si renderebbe conto di come la trasformazione gestita dagli ultimi cinque Sindaci , Lorusso compreso, non sia stata quel successo tanto decantato dai giornali , cosiddetti indipendenti.
Con simpatia,
Mino Giachino
Responsabile Logistica FdI Piemonte
già sottosegretario alle Infrastrutture

Italia Liberale Popolare, una proposta fiscale per il ceto medio

Il nostro Paese sta affrontando un contesto economico e sociale sempre più preoccupante: i dati economici disegnano una piramide sociale che si allarga verso la base, confermando un impoverimento generale e, per questo motivo, risulta ancora più urgente mettere mano ad una profonda Riforma Fiscale, per ridare fiato e capacità di spesa alle Famiglie Italiane.
“Da molti anni, anzi troppi, si parla di possibili proposte di Riforma, senza che vengano mai realmente portate a termine: i dati economici attuali, e la situazione generale tra Inflazione, Aumento di Tassi e Tariffe, Crisi Energetica ed Instabilità Internazionale rendono ancora più urgente la necessità di interventi profondi a sostegno dell’economia del nostro Paese. Primo fra tutti, una Riforma Fiscale che liberi risorse di spesa per tutti gli italiani, a partire da quel Ceto Medio di cui la politica non si occupa da anni”, così Claudio DesiròSegretario di Italia Liberale e Popolare, introduce la proposta di Riforma Fiscale elaborata dall’Associazione.
Stando ai dati estrapolati dalle ultime dichiarazioni dei redditi disponibili, su 41 milioni di contribuenti solo 5 milioni di essi, da soli, si caricano il 60% dell’ Irpef versata.
Inoltre, solo il 13% dei lavoratori dichiara più di 35k all’anno.
Le possibili cause di questa situazione sono due: stipendi che non crescono da 30 anni ed evasione fiscale.
“In uno scenario simile, quali possono essere le soluzioni? Si devono percorrere 2 strade parallele: minor pressione fiscale e lotta all’evasione. Sul primo punto, la nostra idea è quella di 4 aliquote Irpef per tutti i lavoratori: un minimo esente fino a 10 mila Euro, 23% fino ai 28 mila, 27% fino a 50 mila e 40% dai 50 mila in su”, così Yuri BrioschiEsperto di Economia e Finanza di Italia Liberale e Popolare.
“Nella nostra proposta di Riforma dovrebbe essere anche abbassata la soglia della flat tax a 50k per eliminare la sperequazione tra lavoro autonomo e dipendente. A fianco della riduzione della pressione fiscale, risulta evidente la necessità del rafforzamento della lotta all’evasione: il tax gap ad oggi è al 18,5%,mentre l’obiettivo PNRR è di portarlo al 15,8%”, conclude Brioschi.
Italia Liberale e Popolare continua sulla strada delle proposte concrete, sia territoriali che nazionali, con una visione distante dall’approccio demagogico ed ideologizzato per portare avanti soluzioni complesse ai problemi complessi che il nostro Paese affronta.
“Mai come oggi la politica deve tornare ad essere concreta, per occuparsi davvero delle istanze del Paese. Ringrazio Yuri ed il suo gruppo di lavoro per questa ennesima proposta che va nella direzione di una maggior attenzione verso quel Ceto Medio bistrattato, impoverito e di cui non ci si occupa da troppo tempo”, conclude Desirò.

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Anthony Summers “Dea. Le vite segrete di Marilyn Monroe” -La nave di Teseo- euro 22,00

Il mistero della morte dell’infelice diva Marilyn Monroe probabilmente rimarrà senza una soluzione definitiva, oscillando tra le tre ipotesi avanzate: omicidio, incidente come conseguenza del costante abuso di barbiturici, oppure suicidio.

Migliaia di pagine sono state scritte sulla vita e la scomparsa a soli 36 anni della donna più desiderata del pianeta e anche tra le più infelici; ma questa corposa, esaustiva e scorrevole biografia del giornalista investigativo Anthony Summers è forse la migliore di tutte. Circa 600 pagine da leggere come un romanzo, piene di ricostruzioni e testimonianze che contribuiscono a restituirci le verità di una donna dall’infanzia difficile e con una madre pazza.

Norma Jean (il suo vero nome) riesce a farsi spazio nel mondo, tra mille difficoltà, insicurezze e contraddizioni, fino a trasformarsi in una bomba di femminilità che ne fa la stella più splendente di Hollywood. A tanto fascino purtroppo farà da contraltare la costante ricerca di affetto, quello più profondo e autentico, rivolto alla donna con la sua sensibilità a fior di pelle… e non al mito.

Il rischio è stato sempre quello di essere un trofeo da esibire, più che da conoscere e amare per quello che era. I suoi matrimoni con il campione Joe Di Maggio e il commediografo Arthur Miller partono con passione e poi si affossano nelle incomprensioni e nella sopraffazione, tra tradimenti e ripicche. Ma la ferita più profonda di tutte è la ricerca disperata di un figlio che ogni volta si infrange contro il trauma dei ripetuti aborti.

Questo libro scava a fondo nella vita e nei buchi neri della Monroe e ricostruisce anche i suoi legami con John Fitzgerald Kennedy che la considerò una conquista come le altre collezionate da impenitente ed egocentrico donnaiolo. Una volta perso l’interesse della conquista, il presidente le volta le spalle e a consolarla arriva il fratello Robert; uomo tendenzialmente fedele e con uno stuolo di figli, ma che per Marilyn rischia parecchio. Come capo del Ministero della Giustizia aveva per nemici lo spietato mafioso Sam Giancana e il controverso sindacalista Jimmy Hoffa, che tentarono di sfruttare la liaison con la Monroe per trascinarlo nello scandalo e rovinargli la carriera politica, oppure per riuscire a renderlo più malleabile e ricattabile.

La Monroe finì così impigliata nelle maglie di qualcosa molto più grande di lei. Mal consigliata da personaggi loschi come Frank Sinatra o ambigui come Peter Lawford, cognato dei Kennedy, e che in tutta la vicenda ebbe un ruolo poco limpido. Gli ultimi tempi della diva saranno all’insegna del senso di abbandono, ricerca insistente dei Kennedy ed un muro di indifferenza da parte loro che si riveleranno discutibili e meschini soprattutto a livello umano.

La Monroe era instabile, beveva sempre di più e parlava troppo vantandosi di essere a conoscenza di parecchi retroscena politici; diventata incontrollabile era un rischio enorme per la Casa Bianca e pare scrivesse tutto su un quaderno rosso mai ritrovato. Di qui i molti dubbi sulla reale dinamica della sua morte, sulle sue ultime ore che saranno abilmente occultate e coperte da versioni contrastanti.

Su questo Summers ha indagato a fondo e la parte forse più struggente del libro è proprio questa. Il mistero che avvolge la scomparsa della Monroe, accompagnata alla tomba dall’unico uomo che le rimase vicino, Joe Di Maggio. Resta la profonda amarezza di una vita apparentemente tanto splendente quanto invece pervasa di dolore, delusioni, abbandoni. Per certi aspetti una vita maledetta per un’icona che la morte precoce ha cristallizzato per sempre e consegnato al mito. Un destino sul quale meditare con infinita tristezza. Un libro assolutamente da leggere.

 

 

Miriam Toews “Notte di battaglia” -Einaudi- euro 19,00

La scrittrice americana nata in una chiusa comunità mennonita ci diletta nuovamente con la sua scrittura profonda e lieve, che sa mettere a nudo interi mondi interiori con ironia e sovrana intelligenza.

Qui ci racconta tre formidabili generazioni di donne, un po’ strampalate, ma fortissime e indimenticabili.

C’è la nonna Elvira: irriverente, scatenata, abituata a trovarsi con le amiche superstiti, con le quali riesce a mettere in leggerezza anche il tema tostissimo della morte che ha già afferrato altre compagne di vita e si appresta a ghermire anche loro.

Poi sua figlia Mooshie: attrice in cerca di fama e parecchio frustrata, single e incinta, sempre sull’orlo di una crisi di nervi e con ricorrenti accessi d’ira.

La sua bambina, voce narrante, è Swiv, 9 anni portati con grinta; è stata espulsa dalla scuola per via di una rissa e non vuole tornare assolutamente sui banchi.

E’ una sorpresa continua il rapporto che lega le tre donne. La nonna, la più combattiva e temprata dalle tante svolte di una lunga esistenza, si occupa dell’istruzione scolastica della nipotina; ma quello che le inculca è soprattutto la capacità di lottare sempre con coraggio e tenacia.

E Swiv è la piccola-grande donnina che ricambia l’affetto occupandosi della nonna che sta perdendo colpi, ma resta il faro principale che le indica la via.

Tra loro due e un po’ defilata è la giovane Mooshie, alle prese soprattutto con le sue difficoltà, a partire dai contrasti con l’ottuso regista della pièce teatrale in cui recita. Inoltre si ritrova ad affrontare quella gravidanza giunta al terzo mese, si porta dentro un non meglio precisato Gord, come lo chiamano in famiglia, e chissà se sarà maschio o femmina.

Gli eventi, piccoli e grandi, si susseguono nelle loro vite fino all’epilogo finale che è semplicemente strepitoso. Restiamo col fiato sospeso mentre seguiamo il barcamenarsi della giovane Swiv che si rivela matura oltremisura. Scopriamo la sua capacità di gestire in contemporanea i due eventi principale dell’esistenza: un nuovo inizio e una fine. Davvero un romanzo magistrale.

 

 

Francesco Costa “California. La fine del sogno” -Mondadori- euro 18,50

Francesco Costa è un giovane autore sotto i 40 anni, vicedirettore della testata online “Il Post” ed un mago della comunicazione che declina in più forme: articoli giornalistici, libri, ma soprattutto podcast come il suo “Morning”; una rassegna mattutina ragionatissima in cui analizza con cognizione di causa gli avvenimenti del giorno.

E’ anche un attento osservatore della realtà americana, un esperto a tutti gli effetti e lo dimostra con il suo ultimo libro “California”. Una sorta di reportage sullo Stato americano più mitico e ambito di tutti. Scopriamo così che non tutto brilla nella Gold Coast. Molti sono i segnali di derive e aspetti che ne segnano la decadenza; principalmente per tutta una serie di problemi interni che però sono anche paradigma delle difficoltà che stanno attraversando le democrazie avanzate.

Costa, con il suo occhio acuto, ripercorre la storia californiana, soprattutto di San Francisco e Los Angeles.

Si addentra in pagine che partono dai primi insediamenti agli sviluppi successivi, passa per terremoti e incendi devastanti, distruzione e ricostruzione, mito di un clima favorevole, sviluppi ed involuzione dell’economia, sistema scolastico, mecca del cinema, agricoltura e innovazione tecnologica.

Mette in luce anche le ragioni più profonde dei vari problemi che oggi investono la California. Tra le tante difficoltà: i costi proibitivi delle case e della vita, il rischio continuo di scivolare nella povertà, crescenti disuguaglianze e discriminazioni, crisi climatiche e stuoli di homeless e baraccopoli ai margini delle aree urbane.

Senza anticipare l’analisi documentata e approfondita dei vari aspetti dei cambiamenti in atto, queste pagine svelano come e perché l’immagine della California uguale a terra promessa, Golden State, vada ridimensionata al giorno d’oggi.

 

 

Patricia Cornwell “Livore” -Mondadori- euro 22,50

L’anatomopatologa più famosa che ci sia questa volta è impegnata nella testimonianza in un caso di omicidio mediatico e di complessa risoluzione. La sua comprovata esperienza professionale la trasforma nella testimone chiave nel processo dell’anno che cerca di far luce sull’omicidio dell’ex reginette di bellezza April Tupelo, il cui cadavere sfigurato è stato ritrovato su una spiaggia della Virginia. Imputato è il fidanzato Gilbert Hooke; ma quello a cui assistiamo non è un processo facile.

Giudice è Annie Chilton, amica di lunga data di Kay Skarpetta e sua coinquilina ai tempi dell’università. Ma è proprio l’atteggiamento della Chilton ad apparire subito strano, incomprensibile.

A complicare tutto poi c’è l’omicidio della sorella della giudice. La bellissima Rachael Stanwyck, 47enne griffata e addetta stampa della Cia, in fase di divorzio dal marito miliardario e ancora innamoratissimo di lei.

Rachael è stata trovata senza vita in casa della sorella che la stava ospitando mentre il divorzio procedeva. Ad un primo sopralluogo sembra sia stata vittima di una violazione di domicilio sfociata in tragedia. Ma nulla sarà come sembra. E a complicare il quadro ci si mette anche una nuova arma capace di uccidere: raffiche di intensa energia a microonde che cuociono le persone come farebbe un forno a microonde.

Dell’autopsia si occupa Kay Scarpetta.

E’ anche l’occasione per fare luce sui controversi rapporti tra le due sorelle che mal si sopportavano ed erano parecchio in competizione per accaparrarsi l’affetto del padre. Emergono dinamiche familiari e d affettive complicate e poi…..Kay riuscirà ovviamente a risolvere il delitto inusuale in cui compare un’arma mai vista prima. Pathos e colpi di scena sono assicurati.

 

 

Nicolò Castellini Baldissera “Inside Milan” -Vendome Press- euro 95,00

E’ un libro prezioso con i testi del designer di fama mondiale Nicolò Castellini Baldissera e le immagini del fotografo Guido Taroni, specializzato in moda e interni, ispirato dal famoso zio Giovanni Gastel al quale il libro è dedicato. Ci conducono nelle case di una Milano esclusiva e un po’ nascosta, dove dimore antiche convivono con il più moderno design.

Ad aprire le loro lussuose case sono stati 40 proprietari di alto livello, tra i quali Barnaba Fornasetti, Martina Mondadori, Veronica Etro e Lapo Elkann.

Castellini Baldissera, erede di una dinastia milanese di raffinati architetti e designer, ha saputo sviluppare un suo stile.

Il colore la fa da padrone nelle case fotografate, declinato in svariate tonalità in pareti, mobili, tessuti e oggetti, anche con accostamenti audaci e decisamente innovativi. Nelle oltre 300 pagine del prestigioso volume spicca anche l’alchimia dosata e vincente che accosta antico e moderno, sempre con gusto e raffinatezza.

E’ il secondo libro nato dalla cooperazione tra i due, dopo il successo del precedente “Inside Tanger”. Una sinergia vincente. Non vi resta che ammirare le foto, gettare lo sguardo sui particolari che più vi colpiscono, o trarre anche spunti e ispirazione da questi interni di una città sempre glamour.