ilTorinese

Debito e nuvole  

IL PUNTASPILLI di Luca Martina 

Le due crisi economiche innescate dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina hanno provocato un massiccio intervento di sostegno da parte dei governi e, con questo, un ulteriore aumento del già elevato livello del debito mondiale.

Ma ad essere indebitati non sono solo i governi ma anche le famiglie e le aziende e a fare il punto della situazione, mettendo a confronto i debiti diversi paesi, ci ha pensato il recente rapporto, il Global Debt Monitor, dall’ Institute of International Finance.

La, piccola, buona notizia è che sebbene il debito globale rimanga, sia in valore assoluto che in rapporto al PIL, enorme (305.000 miliardi di dollari, il 333,2% del PIL) il suo valore è sceso nel 2022 di 4.000 miliardi ed è la prima volta dal 2015.

La cattiva notizia, sottolineata dal sibillino titolo del rapporto dell’IIF “Crepe nelle fondamenta”, è che quest’anno il trend di crescita è ripreso con forza con 8.300 miliardi aggiunti nei soli primi tre mesi del 2023 ed è ora 45.000 miliardi più alto del livello pre-pandemico.

Proviamo allora a comprendere come il debito sia diventato una costante presente in tutti i settori dell’economia mondiale e come potrebbe evolversi la situazione futura.

Cominciamo con il dire che il nostro pianeta ha da sempre offerto nuovi territori e nuove popolazioni da esplorare, conoscere e, qualche volta sfruttare (con i rischi che tocchiamo ormai con mano ogni giorno).

L’ingegno dell’uomo ha contribuito al progresso generando costanti, e nell’ultimo secolo in particolare, accelerate innovazioni.

Così facendo, nuove risorse, popolazioni e tecnologie hanno fatto progredire l’economia ed il benessere (in particolare in quella parte del mondo, l’occidente, che prima si è attrezzata per questa avventura).

Ma in un contesto che offriva così grandi opportunità perché accontentarsi di quanto si ha a propria disposizione? Perché limitarsi ai propri, spesso scarsi, mezzi?

Il debito è stato così una delle innovazioni che più hanno plasmato il mondo nel quale oggi viviamo.

Il fuoco, la ruota, la scrittura sono state invenzioni che hanno avuto un impatto sull’umanità ben più evidente (e risaputo) ma la possibilità di fare leva sulle proprie idee e sulla lungimiranza (non priva, spesso, di cinici calcoli) di chi fornisce un capitale per poterle sviluppare, ha costituito un prepotente acceleratore di crescita e di opportunità.

L’origine del debito si può fare risalire ai mercanti che nell’antica Mesopotamia, 3.500 anni prima di Cristo, pochi secoli dopo la comparsa della scrittura, scrivevano su tavolette di argilla, marchiate con il sigillo del debitore, i loro crediti.

Ma la nascita del debito nella sua forma “organizzata” (con persone ed istituzioni dedicate a farne una vera e propria attività: le banche) ci riporta all’epoca del Rinascimento e guerre, conquiste ed esplorazioni si sono succedute grazie, anche, ad esso per secoli.

Negli ultimi 60-70 anni, però, il gioco, riservato in passato ad “élite” (Stati, teste coronate, nobili, avventurieri e qualche geniale e convincente inventore) ha fatto un salto di qualità ed è diventato fruibile a tutti.

Non a caso negli anni ’50, negli Stati Uniti, cominciano a comparire le prime carte di credito: è finalmente possibile spendere quello che non si ha.

La democratizzazione del debito è stata certamente un apprezzabile sottoprodotto della fine dei totalitarismi e del dilagante entusiasmo per il libero mercato.

Grazie ad esso non servivano più capitali accumulati dalle generazioni precedenti per acquistare la casa dove abitare o, più modestamente, la nuova automobile.

Idee e opportunità, ampiamente disponibili, diventavano finalmente raggiungibili grazie alle banche, prima, e, successivamente, all’universo in continua espansione degli investitori pronti a prestare il loro denaro (a governi e società) per una adeguata remunerazione.

E, sia detto chiaramente: non è certo un problema contrarre un debito per perseguire un progetto che genererà (per sé o per il Paese) una ricchezza ben maggiore del suo costo.

Senza debito occorre accontentarsi di quanto si ha a disposizione e la crescita tecnologica procede a ritmo modesto per mancanza di adeguate risorse finanziarie.

Il debito crea nuovi consumi (di risorse e di prodotti) e nuova occupazione (per produrre e sviluppare prodotti e servizi).

Tutto bene dunque? Per un po’ di tempo abbiamo certamente potuto ammirare, rilassati nelle nostre poltrone, solo il lato illuminato della luna.

L’indebitamento è andato accumulandosi alimentando così la crescita dell’economia, dell’occupazione e, in ultima analisi della prosperità.

Negli Stati Uniti il debito complessivo (pubblico e privato) è salito dal 160% del PIL (più di una volta e mezza la ricchezza prodotta nell’anno) del 1979 a circa il 350% attuale.

In Europa siamo arrivati a livelli superiori al 365% ed in Giappone al 610%: tra le 4 e le 6 volte il prodotto di questi Paesi.

Ma, si dirà, poco male: il debito genera ricchezza e prosperità… o no?

Il problema del debito è che fino a che se ne fa un utilizzo avveduto, generando, con il suo utilizzo, risultati superiori a quanto si dovrà restituire (comprensivo degli interessi pagati) il circolo è virtuoso.

L’equilibrio diventa precario quando il debito viene utilizzato in modo poco efficiente: è come se il corpo (l’economia) si fosse assuefatto al suo effetto stimolante e ne chiedesse sempre di più senza però riuscire a tornare più in piena forma.

Questa situazione si verifica perché le opportunità di investimento col tempo e la scomparsa di nuovi territori e popolazioni da sfruttare, e, quel che è peggio, la stagnazione della crescita demografica, tendono a diventare meno abbondanti ed una certa quantità di debito, accumulato quando le condizioni erano più favorevoli (e per questo con minore prudenza), diventa più difficile da rimborsare.

Se non si è iniziato a ripagare il proprio debito quando se ne aveva la possibilità diventa più difficile quando la situazione è meno propizia.

Il ciclo del debito è ritenuto per questo da molti economisti come una delle principali cause dei “cicli economici” (le oscillazioni da situazioni di estremo benessere a quelle di crisi).

Si arriva periodicamente ad un punto dove i creditori chiedono di riavere i denari che avevano prestato e questo riduce le possibilità di spesa e di investimento dei debitori, complica la vita alle banche che, non essendo in grado di rientrare delle somme prestate, smettono di concedere credito e ci si trova, senza quasi capirne il motivo, nel mezzo di una recessione. 

L’allarme rosso scatterebbe, secondo alcuni economisti, quando il debito complessivo supera il 250% del Pil.

Nel 2008 il meccanismo sembrava essere sul punto di generare una crisi simile a quella del 1929 ma le banche centrali, acquistando le obbligazioni (il “debito”), evitando così che perdessero valore o che portassero al fallimento i debitori, e concedendo denaro a basso costo al sistema bancario, hanno reso possibile un riassestamento ordinato della situazione.

L’indebitamento si è così, per qualche anno, stabilizzato ma non, ridotto (ad eccezione, per un breve periodo, degli Stati Uniti).

Il debito ha cambiato, dunque, nel tempo la propria natura: da lievito in grado di fare crescere economie e benessere (passando attraverso sanguinosi conflitti) a una zavorra che oggi rappresenta un potente freno alla crescita futura.

Non è detto che tutto ciò condurrà, alla fine, al baratro (come pensano i più pessimisti) ma potrebbe venire a mancare nei prossimi anni quel propellente che ha consentito all’economia mondiale, per molti decenni, di crescere al di sopra delle proprie possibilità.

Il noto investitore e filantropo Ray Dalio ha descritto molto bene quanto potrebbe avvenire nei prossimi 10 anni (più complesso e frutto del caso è fare previsioni di più breve termine).

Nel suo studio “Productivity and Structural Reform: Why Countries Succeed & Fail, and What Should Be Done So Failing Countries Succeed” effettua una attenta ed acuta disamina dei fattori di successo (e di insuccesso) dei principali Paesi mondiali delineando così quali saranno, anche dal punto di vista degli investimenti, quelli che con maggiori probabilità raccoglieranno i frutti, sempre più rari e meno succosi, della crescita.

La “formula della felicità” della crescita dipenderebbe da due fattori: il livello di indebitamento e la crescita della produttività.

Il debito influenzerebbe di più il futuro immediato (ma nel tempo gli effetti positivi e quelli negativi dovrebbero compensarsi) mentre la produttività ha effetti più duraturi, nel lungo termine. 

Ray Dalio ha stimato in questo modo la crescita economica dei principali Paesi nei prossimi 10 anni ed il nostro Paese si trova al penultimo posto (peggio di noi solo la Grecia).

Ad essere favoriti saranno i Paesi che hanno un minor debito in rapporto al loro reddito ed una sua crescita inferiore a quella del prodotto nazionale (il PIL).

Ma questo non basta: nel tempo entrano in ballo altre variabili fondamentali come la popolazione in età lavorativa e la produttività.

Una minore disponibilità di persone in grado di dare il loro contributo ai processi produttivi limita la crescita economica (il lavoro è uno dei “fattori di produzione”) ma d’altro canto non è sufficiente disporre di una forza lavoro abbondante se questa non è adeguatamente preparata e pronta a rispondere alle richieste delle imprese, se non è, in altre parole, “produttiva”.

Il debito, dunque, è solo la punta di un pericoloso iceberg che minaccia la navigazione dell’economia mondiale e, in particolare, dell’Italia.

Proprio in questi giorni, per finire in bellezza, oltreoceano crescono le preoccupazioni legate al raggiungimento del tetto del debito *.

Occorrerà un non semplice accordo bipartisan tra il partito del Presidente e l’opposizione repubblicana, per potere elevare il livello della spesa, spazzando via le nuvole che si sono accumulate negli ultimi mesi.

Il cielo tornerà probabilmente presto azzurro ma le nubi in lontananza non potranno essere per sempre ignorate. E neanche le crepe che si intravedono nelle fondamenta…

*    https://iltorinese.it/2023/05/16/il-tetto-che-scotta/

A Santena si costruisce gentilezza

Il sindaco Roberto Ghio, l’assessore con deleghe alle Politiche sociali e volontariato Alessia Perrone e la consigliera comunale Debora Dello Monaco, con cariche alle pari opportunità, hanno firmato il “Patto di Partecipazione a Costruiamo Gentilezza” insieme al presidente dell’associazione “Cor et Amor” Luca Nardi e alla vicepresidente Livia Saltetto. È in piazza Martiri della Libertà durante l’evento di chiusura della asparisagra, viene consegnato anche il primo riconoscimento al “santenese più gentile”

Sempre Verdi con le voci del Trio Lirico del Teatro Regio di Torino

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Osteria Rabezzana, via San Francesco d’Assisi 23/c, Torino

Mercoledì 24 maggio, ore 21.30

Paola Lopopolo, soprano, Andrea Antognetti, tenore e Marco Tognozzi, baritono, le voci del Trio Lirico del Teatro Regio di Torino, accompagnati al pianoforte dal M° Andrea Turchetto presentano mercoledì 24 in Osteria Rabezzana “Sempre Verdi! (Opere, non fiori!)” arie, romanze, duetti, terzetti e cori tratti dalle più belle opere di Giuseppe Verdi: La Traviata, Rigoletto, Don Carlo, Otello, Un Ballo in Maschera, Giovanna d’Arco e, per finire, l’immancabile Nabucco.

Mercoledì 24 maggio

Sempre Verdi! (Opere, non fiori!)

Paola Lopopolo, soprano

Andrea Antognetti, tenore

Marco Tognozzi, baritono

Maestro accompagnatore: Andrea Turchetto

Ora di inizio: 21.30

Ingresso:

15 euro (con calice di vino e dolce) – 10 euro (prezzo riservato a chi cena)

Possibilità di cenare prima del concerto con il menù alla carta

Info e prenotazioni

Web: www.osteriarabezzana.it

Tel: 011.543070 – E-mail: info@osteriarabezzana.it

Il Salone del Libro è di tutti. Discussione in Sala Rossa

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Come richiesto da cinque Gruppi consiliari (Lista Civica per Torino, Torino Libero Pensiero, M5S, Fratelli d’Italia e Forza Italia), nella seduta del Consiglio Comunale del 22 maggio  il sindaco di Torino Stefano Lo Russo ha concesso le comunicazioni in aula sulle contestazioni avvenute al Salone del Libro sabato scorso, in occasione della presentazione del libro “Una famiglia radicale” della ministra del Lavoro, Eugenia Roccella.

Il Salone è un luogo bipartisan – ha affermato il primo cittadino – dove trovano spazio tutte le opinioni, anche quelle scomode: è un luogo in cui si produce cultura. La contestazione – ha rimarcato – è sempre legittima e chi fa politica è obbligato a tollerarla. Se però travalica, si sconfina in una dimensione antitetica al concetto stesso di libertà.

Le idee si possono anche non condividere – ha spiegato Lo Russo – ma vanno sempre rispettate. Io non condivido la maggior parte delle opinioni della ministra Roccella, in particolare sui figli delle coppie omogenitoriali e sul matrimonio egualitario, ma come sindaco le esprimo la mia solidarietà per l’episodio increscioso che le ha impedito di esprimere la sua opinione.

Il sindaco ha quindi ribadito che la ministra, così come qualsiasi altro esponente del Governo, è sempre la benvenuta a Torino.

ll Salone – ha ribadito – è da sempre pluralista, nei fatti. E il programma dimostra che tutte le idee hanno cittadinanza e così deve continuare a essere.

La miglior risposta alle critiche – ha concluso Lo Russo – la sta dando la città, affollando la fiera letteraria, che non deve avere colore politico.

Il sindaco ha anche aggiunto che occorre investire nelle infrastrutture e nei grandi eventi e che in città servirebbero altre 4 o 5 strutture come l’Oval.

Nel dibattito in aula, nelle parole del consigliere Domenico Garcea (Forza Italia) la condanna della protesta e del rifiuto al dialogo dei contestatori – come dichiarato da Luciano Violante – e l’auspicio che la ministra Roccella possa essere ospite in Sala Rossa per presentare il libro che non ha potuto presentare al Salone del Libro.

Enzo Liardo (Fratelli d’Italia), presente al momento dell’episodio al Salone, ha definito “gruppo di mascalzoni” i contestatori che non hanno interloquito con la ministra per poi augurarsi di rivedere Roccella a Torino a presentare il suo libro.

Per Giuseppe Catizione (Lega) è opportuno ribadire che la libertà di parola deve essere un punto fermo di questo Paese. Dispiace maggiormente che sia capitato in una città solitamente d’esempio per l’accoglienza – ha detto – e dispiace che la contestazione metta in secondo piano la rilevanza di una manifestazione di livello internazionale.

Giuseppe Iannò (Torino Libero Pensiero) considera inopportuna tutta la vicenda, per i toni usati e la violenza verbale che si è innescata. Anche quando non si è d’accordo – ha affermato – il dissenso deve sempre essere pacato e si può contestare anche in modo vibrante senza oltrepassare i limiti democratici del confronto. E poi – ha aggiunto – si usino altri spazi per protestare, evitando di mettere in cattiva luce una delle manifestazioni culturali più importanti d’Europa.

Andrea Russi (M5S), ricordando come il centrosinistra a suo tempo abbia rischiato di perdere il Salone, ha stigmatizzato l’episodio avvenuto, definendo però retrograde le politiche espresse dalla ministra, la quale ha diritto di parola, anche se le contestazioni politiche sono normali. Il direttore Lagioia ha invitato al dialogo – ha dichiarato – e gli attacchi rivoltigli da parte di esponenti della maggioranza di Governo sono inaccettabili, così come le dichiarazioni di chi ha parlato di costruire una “egemonia culturale” dell’area governativa sul Salone del Libro, che deve essere indipendente.

Secondo Nadia Conticelli (PD), la cultura non si ingabbia né si etichetta: la democrazia – ha affermato – prevede il diritto di parola, ma anche la critica e la contestazione, purché non violente. Ha quindi espresso apprezzamento per le attività del direttore Lagioia, attaccato per attaccare il Salone stesso, e ha spiegato che le contestazioni nascono laddove si cerca di mistificare la verità sulla legge 194 e sui consultori. Dissentire pacificamente è un diritto – ha aggiunto – ma preoccupa la deriva della maggioranza di Governo: se oggi si deve lottare ancora per diritti acquisiti dalle generazioni precedenti significa che c’è un problema. Amministrare è anche ascoltare il dissenso e il Governo attacca il Salone perché sul tema dei diritti gioca in difesa e non sa dare risposte alla società – ha concluso.

Pierlucio Firrao (Torino Bellissima) ha ribadito la solidarietà alla ministra Roccella: è un diritto costituzionale – ha rimarcato – manifestare il dissenso, ma non lo è censurare il pensiero altrui.

Giovanni Crosetto (Fratelli d’Italia) ha apprezzato le parole di solidarietà alla ministra Roccella da parte del sindaco, che si è espresso in modo diverso da quanto dichiarato dalla capogruppo del Pd, che ha difeso invece – ha sostenuto – la posizione politica assunta dal direttore Lagioia.

Alice Ravinale (Sinistra Ecologista) ha espresso preoccupazione per la tenuta del dialogo, visto che i detentori del potere – ha affermato – lo possiedono, a differenza di chi al potere non c’è e va tutelato. Ha poi definito grave la denuncia di ventinove persone per violenza privata, con il rischio di condanne a quattro anni di carcere.

Silvio Viale (Lista Civica per Torino) ha ricordato che è la prima volta che salta una conferenza al Salone del Libro per una contestazione: una forma di violenza grave, da condannare, a differenza di quanto non ha fatto la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein.

Per Valentina Sganga (M5S) quando si parla di dissenso e disobbedienza civile, è sconfortante sentire che qualcuno pretenda di insegnare come farlo. Il dissenso – ha dichiarato – non sarà mai educato: smettiamo di pretenderlo. Si è detta poi preoccupata dalle denunce per chi protesta contro un Governo che sta smantellando i progressi fatti sui diritti civili e sui diritti delle donne.

Secondo Paola Ambrogio (Fratelli d’Italia) è stata una pagina buia del Salone del Libro, la più triste che ricorderanno i torinesi. Un brutto modo del presidente del Salone di accomiatarsi – ha sostenuto – con modalità che non si possono condividere.

Tiziana Ciampolini (Torino Domani) ha approvato le parole del sindaco, nonché delle colleghe Ravinale e Conticelli, e ha segnalato come il pensiero emergente su donne e famiglie sia gravissimo. Preoccupata per la tenuta della democrazia e per i modi del confronto, Ciampolini si è rammaricata del fatto che la politica sia auto-referenziale e poco si occupi di educare a una politica democratica e non narcisistica.

Paolo Damilano (Torino Bellissima) ha espresso la condanna del Gruppo per quanto avvenuto al Salone, che costituisce una delle eccellenze della città, aggiungendo che contestare è un diritto, ma non bisogna superare certi limiti. Ha quindi invitato ad abbassare i toni e a sdrammatizzare la situazione, sottolineando come non vi siano buoni o cattivi, ma persone per bene che con posizioni diverse cercano di amministrare le città e il Paese.

È un vanto della città – ha replicato infine il sindaco Stefano Lo Russo – essere un luogo che consente a tutti di poter esprimere liberamente e pacificamente le proprie opinioni e a tutti di poter dimostrare pacificamente il dissenso alle opinioni.

Il Salone – ha concluso – è un patrimonio di tutti, è un patrimonio della Città. Tocca ai politici difenderlo, valorizzarlo e svilupparlo.

“Rosa, la vita da romanzo della nonna di papa Francesco”

(Mediano Editore), di Marilù Simoneschi.
Il volume è stato presentato al Salone Internazionale del Libro di Torino, durante un incontro ospitato presso lo spazio espositivo della Regione Calabria (terra d’origine dell’autrice), cui hanno partecipato, tra gli altri, il presidente della Pontificia Accademia di Teologia, monsignor Antonio Staglianò , e l’arcivescovo della Diocesi di Torino , monsignor Roberto Repole”. Al centro del libro NONNA ROSA, LA RADICE UMANA E CRISTIANA DI PAPA FRANCESCO, come titola l’articolo di Famiglia Cristiana che ne parla, a firma di #lorenzomontanaro: nata in Liguria, cresciuta in Piemonte, emigrata in Argentina, rocciosa nella fede e negli affetti, Rosa Margherita Vassallo (1884-1974) la nonna paterna del Pontefice, è quella di cui Francesco disse già nel 2013 “Ho ricevuto il primo annuncio cristiano da una donna: mia nonna.”

Presentato al Salone del Libro il progetto di realtà aumentata “Haina e il Ghul”

 

E’ promosso in collaborazione con Brixel e la Fondazione torinese Giorgio Amendola

 

Di Mara Martellotta

Lunedì 22 maggio scorso è stato presentato presso il Salone del Libro di Torino il progetto “Haina e il Ghul”, realizzato da Luca Porru e Riccardo Gagliarducci in collaborazione con Brixel e la Fondazione Giorgio Amendola.

Erano presenti con Luca Porru Domenico Cerabona, presidente della Fondazione Giorgio Amendola di Torino,  e Souad Maddahi.

“Questo progetto va al di là del semplice racconto – spiega Riccardo Gagliarducci – ma è volto a realizzare dei libri per una realtà aumentata.  Il primo è stato realizzato in lingua sloveno moldava, il secondo in lingua cinese, il terzo,  quest’ultimo, in lingua araba, finalizzato ad un progetto di inclusione dei bambini che vivono nei quartieri Aurora e Barriera di Milano, spesso nati in Italia e stranieri soltanto di seconda o terza generazione.

Questo progetto si è sviluppato a 360 gradi coinvolgendo molte biblioteche del territorio comunale e metropolitano, come quella di Settimo, con la quale si sta realizzando anche il progetto in lingua spagnola.

Ciò  facilita la diversificazione delle biblioteche e la dimensione di interculturalità, fondamentale per i bambini che frequentano le scuole di arabo aperte anche il sabato”.

Nella fiaba si racconta della figlia dello sceicco, Hsina che, rapita da Ghul, il mostro di farina, riesce a fuggire e ritornare a Palazzo. Sulla scena il cuoco prepara un sontuoso cous cous per festeggiare l’evento, danza e canta tra tegami e coperchi e racconta la mirabolante vicenda. Vengono utilizzati degli ortaggi, peperoni, zucchine, patate, cipolle, che via via diventano i protagonisti di questa grande avventura, finendo in pentola.

“Questo progetto è  stato realizzato – spiega Luca  Porru- grazie a un collettivo, Bibliobabel, Brixel e il portale dei migranti.

Significativo è  il fatto che questo libro risulti in doppia lingua eabbia utilizzato una applicazione web, illustrazioni marker  e modelli in 3D. Il ghul è una figura che appare nella tradizione marocchina, si può considerare simile all’orco, a metà tra il mondo dei vivi e quello dei morti.

Il prossimo libro bilingue che verrà  realizzato sarà una storia azteca di due innamorati e coinvolge anche la biblioteca di Beinasco. Un libro come  “Haina e il Ghul” consente ai bambini di entrare in una realtà aumentata, di riflettere su vari personaggi e imparare a dialogare nella lingua nativa dei propri genitori”.

“Haina e il Ghul” è ispirata a una storia della tradizione araba e rappresenta appunto una delle tre fiabe, una cinese una romena e una marocchina, raccolte in libri realizzati sia in lingua italiana sia in lingua originale.  Sono tre magiche storie che hanno preso vita con le illustrazioni e l’utilizzo della realtà aumentata, resopossibile grazie  a un sapiente lavoro del collettivo Brixel.

Le Sale della Fondazione  Amendola hanno ospitato, lo scorso settembre, la mostra dal titolo “Bibliobabel, tre fiabe in realtà aumentata”.

Il progetto Bibliobabel  (www.bibliobabele.it) ha l’obiettivo di promuovere il dialogo interculturale tra le tre principali comunità linguistiche presenti sul territorio metropolitano di Torino, la comunità cinese, quella romeno-moldava e quella araba. Il progetto ha vinto la prima edizione del bando “Cultura futuro urbano. Biblioteca casa di quartiere “, promosso dal Ministero deiBeni ed delle Attività Culturali; è capitanato dalla Fondazione Giorgio Amendola in partnership con le biblioteche dei Comuni di Moncalieri  e Beinasco, le cooperative sociali Mirafiori e Solidarietà & Lavoro, l’Ufficio per la pastorale dei Migranti, il collettivo Iperurbana e le associazioni italaocinese Zhi Song, rumena e moldava Primo Passo e maghrebina islamica delle Alpi.Il progetto si propone di dare vita a tre laboratori interculturali permanenti, arricchendo  l’offerta dei servizi sulle biblioteche. Grazie al contributo ministeriale sono state create sezioni in lingua mandarina, rumena  e araba. Sono anche stati installati  dei prodotti multimediali per narrare in modo innovativo fiabe tradizionali,  promuovendo il dialogo Interculturale.

MARA MARTELLOTTA

Un Salone mai così grande visitato da 215 mila appassionati lettori

La XXXV edizione del Salone Internazionale del Libro si è chiusa con risultati da record: 215.000 visitatori hanno attraversato lo specchio per tuffarsi tra i libri e incontrare scrittori, divulgatori, sportivi, musicisti, intellettuali italiani e internazionali, grandi e piccoli editori, incuranti della pioggia battente dei giorni passati e barcamenandosi tra gli innumerevoli eventi off e party in giro per la città.

In conferenza stampa sono intervenuti con grande entusiasmo Silvio Viale, Presidente dell’Associazione Torino, La Città del Libro; Giulio Biino, Presidente della Fondazione Circolo dei lettori; Vittoria Poggio, Assessore alla Cultura della Regione Piemonte; Rosanna Purchia, Assessore alla Cultura della Città di Torino; Piero Crocenzi, Amministratore delegato di Salone Libro s.r.l.; Nicola Lagioia, Direttore editoriale del Salone Internazionale del Libro di Torino che è stato salutato con commozione e grandi dimostrazioni di affetto nel passaggio di testimone ad Annalena Benini, Direttrice editoriale del Salone Internazionale del Libro di Torino 2024.

 

È già stato annunciato che la prossima edizione si terrà dal 9 al 13 maggio 2024 e si prevede di ampliare gli spazi che ospiteranno la fiera per un pubblico sempre più numeroso. Quest’anno ad esempio la Pinacoteca Agnelli si è aggiunta come nuova location per accogliere alcuni eventi ed è stato un successo.

Rispetto all’anno passato i visitatori provenienti dalla Lombardia sono aumentati del 96%, quelli dall’Emilia Romagna del 93%, dalla Liguria del 92%, hanno raggiunto il Lingotto il 120% di toscani e il 130% di veneti in più rispetto al 2022, mentre dalle isole Sicilia e Sardegna sono arrivati circa 3.000 lettori e lettrici.

GIULIANA PRESTIPINO

 

Juventus, -10 punti in classifica

La Juventus è stata penalizzata di 10 punti in classifica

Lo anticipa l’agenzia ANSA, a proposito della sentenza della Corte federale d’appello della Figc a seguito della nuova udienza del processo sulle plusvalenze. La Procura federale aveva chiesto una penalizzazione di 11 punti oltre all’inibizione di 8 mesi per i dirigenti coinvolti. Nel primo processo, a fronte della richiesta di -9 punti, ai bianconeri erano ne stati tolti 15.

Le rubano il libretto dell’auto e tentano di svaligiare la casa

Una donna di Moncalieri era  al centro commerciale quando, uscita, ha trovato la propria auto scassinata. I ladri avevano rubato il libretto di circolazione per sapere dove abitasse. Lei  è tornata a casa e ha trovato malviventi davanti all’abitazione. Vista la donna sono fuggiti.  Le vetture parcheggiate nei supermercati  sono utili ai ladri per reperire indirizzi e agire rapidamente finché  la casa è incustodita.

(Foto archivio)

Una discussione per pochi spiccioli finisce a colpi di bottiglia sulla testa: due feriti

Ciò  che era iniziato come una lite per questione di un debito di pochi euro si è rapidamente trasformato in una violenta rissa. La disputa, in centro città a Novara,  ha visto coinvolte due persone che, impiegate bottiglie come arma, hanno causato lesioni a entrambi.  I carabinieri sono stati chiamati ad intervenire per porre fine alla furiosa lite. Entrambi i contendenti sono stati fermati e successivamente soccorsi.
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