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Parla con Me: quando un like può costare il lavoro

Social e dovere di lealtà

Nel mondo del lavoro digitale di oggi, anche un semplice “like” o una battuta sui social possono trasformarsi in fonte di rischio. È ancora possibile distinguere la vita professionale da quella online? E cosa dice il diritto?

A queste domande risponderà la nuova puntata di Parla con Me®, il format ideato e condotto da Simona Riccio, in programma giovedì 12 giugno alle ore 18.00, in diretta su LinkedIn, Facebook e YouTube.

Titolo della puntata: “Social network, dovere di lealtà e diritto alla comunicazione”


Ospite: Avv. Alessia Ledda, Esperta in diritto del lavoro e tutela aziendale | Consulente ed esperta in materia di parità di genere UNI/PdR 125:2022 | Founder Galilex Studio Legale Associato

La diretta affronterà casi concreti e attuali: dal dipendente che commenta ironicamente un post aziendale su LinkedIn, fino a chi pubblica contenuti polemici su policy interne non ancora ufficiali.


Si parlerà dell’articolo
2105 del Codice Civile, di licenziamenti confermati dai tribunali e dell’importanza di una social media policy chiara anche nelle PMI.


Non mancherà uno sguardo costruttivo sull’
employee advocacy e sulla formazione integrata tra marketing, privacy e diritto.

I social non sono più strumenti privati. Sono spazi visibili, pubblici e intrecciati con la reputazione aziendale. Serve consapevolezza, ma anche cultura organizzativa”, sottolinea l’Avv. Ledda.

Una puntata fondamentale per imprenditori, responsabili HR, consulenti, comunicatori e chi lavora nella gestione della reputazione aziendale.

📌 DIRETTA SU:

  • LinkedIn – profilo Simona Riccio
  • Facebook – Simona Riccio
  • YouTube – urly.it/3144rz

Ragazzo cade nel canale e muore affogato

Un giovane di 29 anni è caduto in un canale a Cerano nel Novarese ed è annegato. Nonostante l’intervento dei sanitari del 118 non è stato possibile salvarlo. I vigili del fuoco che hanno recuperato il corpo senza vita. Le indagini sono state avviate per capire  la dinamica dei fatti.

Mirafiori, più di 600 operai in esubero incentivati a lasciare il posto

Se il buongiorno si vede dal mattino… il nuovo ad di Stellantis, Antonio Filosa, aveva annunciato il rilancio di Mirafiori. Ma la notizia delle scorse ore è di oltre 600 operai in esubero nello storico stabilimento. L’azienda ha comunicato l’avvio di una procedura di licenziamento collettivo, con incentivi all’esodo. Riguarda 250 operai delle Carrozzerie, 19 del reparto Presse e a 31 della Costruzione Stampi. Sono 212 a doversene andare dagli enti centrali, 20 lavoratori al Services, 16 al Centro Ricerche Fiat. Sono invece 53 gli operai in esubero alla PCMA di San Benigno e 9 alla ex Tea a Grugliasco. Il  polo produttivo torinese di Stellantis conta circa 12mila dipendenti.

I referendum abrogativi

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Per espressa dichiarazione di Landini e di altri leaders politici i referendum abrogativi sono stati usati contro il governo per dare spallate e addirittura fomentare “rivolte sociali“ . I risultati sono stati molto deludenti perché il quorum non è stato raggiunto e quindi sia gli scopi abrogativi che quelli secondari e impropri in una democrazia normale sono andati in fumo. Landini ha dichiarato che siamo in presenza di una “crisi democratica” perché gli Italiani non hanno accolto i suoi quesiti referendari e sono rimasti a casa o hanno votato no. Landini ha un’idea strana della democrazia, forse anche per carenza di cultura politica e non soltanto. In realtà perdere o vincere è sempre un fatto altamente democratico se i contendenti rispettano la Costituzione e non trasformano gli avversari in nemici come tende a fare Landini.
Non votare in un referendum manipolato politicamente non è assenteismo, ma è un preciso atto politico.  Il qualunquismo non c’entra.  Già il giurista Galante Garrone vedeva la possibilità di un uso distorto del referendum che fu tenuto per la prima volta nel 1974, malgrado la Costituzione fosse del 1948. La sinistra alla Landini non sa, ma il referendum fu attuato su richiesta degli antidivorzisti e molti giuristi videro nel referendum abrogativo pur limitato ad alcuni temi un pericolo alla democrazia parlamentare e un modo per inserire in modo surrettizio una forma di  antiparlamentarismo come il plebiscito che non è proprio l’esempio della democrazia sia nella storia italiana sia nella storia francese e non soltanto.  Landini e i suoi amici mancano di quello che Adolfo Omodeo definiva il “Senso della storia” , come ricordava spesso Galante Garrone. Nessuno può essere costretto a votare in un referendum abrogativo, altrimenti si lede la Costituzione. I perdenti dovrebbero chiedersi se i quesiti referendari sono stati convincenti oppure no, fermo restando che il quorum  stabilito dalla Costituzione offre la possibilità, costituzionalmente sacrosanta, di non votare.
Aggiungo un mio modesto parere: io non potrò mai stare dalla stessa parte di Landini e dell’attuale CGIL senza tradire il mio essere liberale e democratico. La politica per me non è fatta di spallate e di rivolte sociali. Credo di essere un democratico laico “adulto”, parafrasando Prodi, per poter decidere del mio voto in libertà, secondo scienza e coscienza. Chi ha perso adesso propone l’abolizione del quorum e dimostra di non capire il legislatore costituente. È un bambino che, avendo perso,  frignando, dice : “E adesso io con te non gioco più” . Povera Italia, anzi Italietta. Quella di Giolitti era una grande Italia!

Le ragioni del pappagallo

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Arsenio era un pappagallo cinerino dal piumaggio prevalentemente grigio, con tonalità più scure sulla testa e sulle ali, e un bel becco nero e ricurvo.

Giorgio lo ricevette in regalo dallo zio Arialdo che a sua volta l’aveva portato con se a Torino al termine di un lungo viaggio in Africa equatoriale. Il piccolo pennuto, originario delle foreste pluviali nel cuore del continente nero, aveva una caratteristica particolare che lo distingueva dagli altri volatili e da gran parte degli animali: l’eccezionale intelligenza, secondo alcuni esperti paragonabile a quella di un bambino di tre anni. Perfettamente in grado di associare alle parole ripetute l’esatto significato, con gli anni e adeguatamente istruito, aveva imparato ad esprimersi con brevi frasi compiute, interloquendo nelle conversazioni. Ghiotto di frutta e semi, Arsenio era diventato a tutti gli effetti un membro della famiglia di Giorgio, scapolo impenitente. La strana coppia filava d’amore e d’accordo, condividendo l’appartamento in Corso Casale che offriva una suggestiva vista sul verde del parco Michelotti e sul Po. Giorgio, progettista di una nota azienda, si era formato al dipartimento di ingegneria meccanica e aerospaziale del Politecnico torinese. La sua attività gli consentiva di passare buona parte del tempo lavorando da casa, condividendo le giornate con il fedele Arsenio. Appassionato di calcio, era cresciuto nel mito del Grande Torino, la compagine degli “invincibili” capitanati da Valentino Mazzola che persero tragicamente la vita nell’incidente aereo del 4 maggio 1949, schiantandosi sulla collina di Superga. Trasmettere quel sentimento d’affetto al pappagallo non fu per nulla difficile, tant’è che Arsenio imparò a ripetere con infallibile memoria l’esatta sequenza della storica formazione, imitando la voce del suo padrone con un lieve timbro nasale: Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola. Un bel giorno l’azienda chiese a Giorgio la disponibilità  di recarsi per un periodo di sei mesi all’estero, in America del Sud, allo scopo di contribuire all’avvio di un nuovo sito produttivo a Montevideo, la capitale dell’Uruguay. Era un’occasione davvero importante e quasi unica per la sua carriera ma occorreva risolvere il problema del pappagallo, abituato a convivere con il suo padrone. Tra l’altro a Montevideo avrebbe dovuto dividere l’appartamento con un collega.

Erano due locali più i servizi nel quartiere della città vecchia, a poca distanza dalla piazza dell’Indipendenza. Uno spazio abbastanza angusto e per di più l’altro tecnico pareva fosse allergico al piumaggio degli uccelli. Non vi era dubbio sul fatto che Arsenio non potesse seguirlo nella missione. A chi lasciarlo in custodia, allora? Parenti non ne aveva più, avendo perso i genitori in tenera età e morto da un anno anche il vecchio zio Arialdo. Era un cruccio enorme, un tormento da togliere il sonno. Ad un certo punto maturò un’idea. L’unico vero amico che aveva, un compagno di università con il quale trascorreva talvolta le serate e qualche fine settimana, era stato sfrattato e stava cercando una sistemazione. Lo chiamò spiegando il suo problema e chiedendogli la cortesia di occupare il suo alloggio per il tempo della missione. Non avrebbe avuto nessuna spesa e l’unico obbligo di prestare cura al ciarliero pappagallo. L’amico, che si chiamava Giulio, invitato a cena accettò con entusiasmo la proposta. Arsenio, con le sue spiccate capacità intuitive, colse dai discorsi dei due amici seduti a tavola nell’alloggio di corso Casale dei frammenti di discorso che non gli piacquero,  e si chiuse in un ostinato mutismo. Ma ben presto dovette fare buon viso alla situazione che si venne a creare con la partenza del padrone di casa, accettando la novità. Il pennuto, superato l’imbarazzo delle prime giornate dove prevalse una lieve malinconia, considerando che il nuovo inquilino gli dava regolarmente da mangiare, gli parlava e qualche volta canticchiava dei motivi di suo gradimento, al punto che ne ripeteva qualche parola, accettò la presenza di Giulio. Anzi, con il passare dei giorni, gli si affezionò. L’uomo raccontava all’uccello storie e confidenze quasi avesse a che fare con una persona e decise anche  di fare un piccolo scherzo all’amico. Tifoso sfegatato della Juventus, la vecchia signora antagonista del Torino, oltre a insegnare al pappagallo parole e proverbi in piemontese, gli ripeté una frase che avrebbe certamente fatto colpo su Giorgio: “Viva la  goeba”. Ai bianconeri juventini era stato incollato addosso   anche questo curioso soprannome, riservato tanto ai giocatori quanto ai tifosi, di “gobbi”. Pareva che il termine risalisse a un curioso episodio degli anni ’50 quando per una intera stagione, durante le corse dei giocatori, le loro maglie trattenendo l’aria,  si gonfiavano creando una specie di gobba. Una malignità, probabilmente creata ad arte dai rivali, tifosi dei granata. Fatto sta che quel “viva la Gobba” in piemontese piacque molto ad Arsenio che lo ripeteva di continuo come un mantra, accompagnandolo con altri spezzoni del dialetto subalpino.

Un giorno, dopo l’uscita di Giulio per delle compere, un fattorino si presentò sull’uscio per consegnare un pacco. Dopo aver suonato il campanello udì una voce gracchiante rispondere dall’interno: “Chi è?”. “Devo farle una consegna, signore!”, disse l’uomo. “Chi è?” rispose Arsenio, ripetendo l’invito più volte. “Sono il fattorino. Ho qui un pacco per lei. Mi può aprire, per favore?”, replicò il dipendente della ditta spedizioniera, tradendo un certo fastidio. Il pappagallo, per tutta risposta, inanellò una serie di frasi mescolando il piemontese con l’italiano: “Cosa fai daré ëd la pòrta?”, “Va via, fafioché d’un fafioché” ( in pratica dandogli del buono a nulla, di colui che parla tanto e non conclude niente), “Gavte la nata, balengo” (l’equivalente dell’invito a togliersi il tappo, un modo come un altro per suggerire di farsi furbo). Spazientito, il fattorino rispose con un epiteto che provocò la furibonda reazione di Arsenio che alzò ancor di più la sua stridula voce. Offeso l’uomo ridiscese le scale, visibilmente infuriato. Incontrando il portiere dello stabile gli chiese chi fosse quel maleducato che abitava al terzo piano. L’addetto alla custodia, stupito, rispose a sua volta non gli risultava nessuno in casa, avendo visto uscire una mezz’ora prima il signor Giulio. Bastò questa risposta perché il fattorino gli sbattesse tra le braccia il pacco urlandogli un seccatissimo “Visto che ci sono i fantasmi, allora a consegnare questo ci pensi lei!!”, infilando il portone e andandosene per la sua strada con un diavolo per capello. Passarono i giorni, le settimane, i mesi e il pappagallo sviluppò un attaccamento morboso nei confronti di Giulio, manifestando episodi sempre più costanti di gelosia.

Uno dei casi più frequenti si manifestava quando Giulio era costretto a uscire. Era sufficiente che indossasse la giacca o un cappotto perché Arsenio strillasse con sofferenza, roso dal tormento: “Non andare via! Stai qui! Non uscire!”. Per ingannare l’intelligentissimo volatile era arrivato al punto di calare dalla finestra, con la complicità del portinaio, la giacca o il soprabito, fugando il sospetto di una imminente fuga. Al termine dei sei mesi, al ritorno di Giorgio, il pappagallo raggiunse l’apice della possessività gridando disperatamente: “Giulio non andare via.. A l’è mej n’amis che des parent (è meglio un amico che dieci parenti).. Non mi lasciare, non abbandonarmi.. A basta ‘n to soris! (basta un tuo sorriso). Erano scenate davvero strazianti, a riprova di un amore che spezzava il cuore. Un diluvio di parole che Arsenio, rifiutandosi di mangiare, emetteva con una voce acuta e stridente che pareva sul punto di spezzarsi in pianto. I due amici, non potendo restare indifferenti davanti a tanta sofferenza, considerato che l’appartamento era abbastanza grande e che Giulio un alloggio per se non l’avevo ancora trovato, decisero di condividere l’abitazione di corso Casale. Il pappagallo ascoltò con attenzione il discorso che gli fecero, quasi si stessero rivolgendo a un bambino. E come un marmocchio davanti ai doni trovati sotto l’abete la mattina di Natale, Arsenio dimostrò tutta la sua felicità svolazzando per le stanze, pur senza rinunciare ad avere l’ultima parola: “I papagal l’an sempre rason”. I pappagalli hanno sempre ragione. E come si poteva dargli torto?

Marco Travaglini

Roddi, da 500 anni legati alla famiglia Pico della Mirandola

Domenica 8 giugno 2025 l’Associazione Internazionale Regina Elena Odv ha organizzato a Roddi (CN) una commemorazione del 500° anniversario del legame del Comune con la Nobile famiglia Pico della Mirandola.

Hanno concesso il patrocinio all’evento: il Consiglio Regionale del Piemonte, la Regione Emilia Romagna, la Provincia di Cuneo ed i Comuni di Roddi (CN), Maddaloni (CE) e Mirandola (MO).
Il 5 dicembre 1525 la Marchesa Anna d’Alençon, reggente al trono del Monferrato per il figlio il Marchese Bonifacio IV, per far fronte alle ingenti risorse economiche richieste dall’Imperatore dei Romani Carlo V ai feudatari che come lei avevano appoggiato il suo avversario il Re di Francia Francesco I, sconfitto nella Battaglia di Pavia, cedette il feudo e il Castello di Roddi, citato per la prima volta nel X secolo come casaforte di proprietà dell’Abbazia di San Pietro di Breme, a Giovanna Carafa, consorte di Gianfrancesco II Pico, Signore di Mirandola e Conte di Concordia, nonché nipote del celebre filosofo Giovanni Pico della Mirandola, dalla prodigiosa memoria.
La commemorazione di questo importante atto, che segnò la storia del Comune langarolo, è iniziata alle ore 11 con una Santa Messa celebrata da Don Massimo Scotto nella Chiesa Parrocchiale di Maria Vergine Assunta.


Successivamente i numerosi partecipanti e i gruppi storici hanno raggiunto in corteo il castello, dove nel Salone d’onore si è tenuta una solenne cerimonia, aperta dai discorsi di Roberto Davico, Sindaco di Roddi; Flavio Borgna, Sindaco di Cerreto Langhe; Silvia Molino, Assessore alla Cultura di Castelvecchio di Rocca Barbena (SV); Alessandra Arlorio, Assessore alle Politiche Giovanili di La Morra (CN); Christian Rocco, Consigliere di Novello (CN); Pierangela Castellengo, Consigliere di Alba (CN) e del Senatore Marco Perosino.
In modo particolare, il Sindaco di Cerretto Langhe nel suo intervento ha annunciato l’ingresso del suo Comune nell’ Associazione Siti storici Grimaldi di Monaco in Italia, reso possibile grazie alle ricerche storiche effettuate dallo scrivente, il quale, nella sua qualità di Vice Segretario Amministrativo Nazionale dell’Associazione Internazionale Regina Elena Odv nel 2025 con la sua consulenza ha permesso l’ingresso nella sopraccitata associazione legata ai Grimaldi anche dei Comuni di Novello e Zuccarello (SV).
Riccardo Corino, Presidente del Centro Studi Beppe Fenoglio di Alba, insieme alla Dott.sa Laura Della Valle, Presidente dell’Associazione Culturale Premio Roddi, ha fatto scoprire al pubblico il legame tra Roddi e la Nobile famiglia Pico della Mirandola, iniziato, come sopraccitato, il 5 dicembre 1525, quando Giovanna Carafa, figlia di Giovanni Tommaso, Conte di Maddaloni e moglie del sopraccitato Gianfrancesco II Pico, acquistò con fondi propri il feudo dalla Marchesa reggente del Monferrato.


Nel 1533, Gianfrancesco II e il suo settimogenito Alberto vennero assassinati nel Castello di Mirandola dal nipote Galeotto II e così Giovanna Carafa insieme agli altri figli si trasferì a Roddi, dove morì il 4 agosto 1536. Suo figlio Paolo fu il primo Conte di Roddi; gli succedette la figlia Eleonora, avuta dalla seconda moglie Costanza Del Carretto di Millesimo, che sposò il nobile mantovano Ascanio Andreasi, dei Conti di Ripalta, portandogli in dote il feudo paterno. Il loro figlio Paolo ottenne il titolo marchionale e alla sua morte senza eredi nel 1630 i suoi beni passarono alla sorellastra Costanza Biandrate di San Giorgio, la quale aveva sposato Antonio Maria Tizzone, Conte di Desana.
Roddi diventò quindi feudo dei Tizzone, i quali dimoravano raramente nel maniero, preferendo alloggiare nel loro palazzo di Torino e nel Castello di Desana, dove era attiva una zecca. Nel 1675

Maria Camilla Tizzone sposò Francesco Filippo Della Chiesa, portandogli in dote Roddi. Il loro discendente Saverio cedette il maniero nel 1836 a Re Carlo Alberto, il cui figlio Re Vittorio Emanuele II lo alienò a sua volta al Regio Economato Generale Apostolico. Dal 2001 il castello è di proprietà del Comune.
Lo scrivente nel suo discorso ha illustrato il legame tra i Savoia e le tre dinastie che si succedettero per via ereditaria alla guida del Marchesato del Monferrato: gli Aleramici, che vi regnarono dalla sua fondazione nell’XI secolo fino al 1305, quando alla morte di Giovanni I, che dalla consorte Margherita di Savoia, figlia del Conte di Savoia Amedeo V non aveva avuto figli, il trono passò al nipote Teodoro I Paleologo, figlio di sua sorella Violante e dell’Imperatore di Bisanzio Andronico II; i Paleologi, i quali vi  regnarono dal 1305 fino al 1533, quando al decesso senza figli del Marchese Giangiorgio il trono andò al Duca Federico II Gonzaga di Mantova, che aveva sposato sua nipote Margherita Paleologa e i Gonzaga, i quali governarono queste terre con il loro ramo principale fino al 1627 e poi fino al 1708 con ramo cadetto dei “Nevers”.


Ha quindi preso la parola Manuela Massola, del “Filo della Memoria” de “Il Colibrì Aps” di Buttigliera Alta, la quale ha illustrato il legame tra Roddi e il suo paese, attraverso le nozze nel 1698 tra Carlo Giuseppe Antonio Della Chiesa e Delfina Carron di San Tommaso, figlia di Carlo Giuseppe Vittorio, terzo Marchese di San Tommaso e Conte di Buttigliera Alta. Manuela ha annunciato una sua scoperta storica: Gaspare Della Chiesa, Marchese di Roddi, rimasto vedovo di Seyssel d’Aix intorno al 1754, nel 1755 si risposò con Maria Maddalena Ruffino dei Conti Diano D’Alba e dalla loro unione nacquero tre figlie, tra le quali Luigia che nel 1781 sposò il Marchese Paolo Luigi Guasco di Bisio di Alessandria e fu madre di Enrichetta Guasco di Bisio, colei che nel 1806 impalmò Alessandro Carron, Marchese di San Tommaso e Conte di Buttigliera Alta.

Il Comitato per la tutela del patrimonio e delle tradizioni piemontesi dell’Associazione Internazionale Regina Elena Odv ha conferito uno speciale attestato di benemerenza al Comune di Roddi e all’Associazione Culturale “Premio Roddi” e lo speciale attestato creato in occasione del Giubileo 2025 a Don Massimo Scotto e Don Renato Oggero Norchi.
L’Associazione Internazionale Regina Elena Odv è stata rappresentata dal Vice Segretario Nazionale Amministrativo, dal Fiduciario di Chivasso Silvano Borca con la consorte e dalla Dama Maria Vittoria Pelazza.
La giornata è stata impreziosita dalla presenza dei seguenti gruppi storici:
“La Corte del Conte Rosso” di Avigliana; “Conte Occelli” di Nichelino; “Il Filo della Memoria” de “Il Colibrì Aps” di Buttigliera Alta e “I Signori di Rivalba” di Castelnuovo Don Bosco.
Nel maniero di Roddi fino al 29 giugno sarà allestita la 32ª Esposizione del Maestro Francesco Paula Palumbo dal titolo: “Vintage 70s collection by Francesco Paula Palumbo at Roddi Castle” visitabile ogni sabato e domenica con orario continuato dalle 10 alle 19.

ANDREA CARNINO

Primo concerto della Stagione 2025 dell’Orchestra Polledro, “Viaggio sinfonico nel ‘700 europeo”

Sul podio il direttore stabile dell’Orchestra Federico Bisio

La stagione 2025 ha inizio per l’Orchestra Polledro, diretta dal maestro Federico Bisio, con un concerto che si terrà al teatro Vittoria mercoledì 11 giugno prossimo alle 20.30.

Il concerto è intitolato “Viaggio sinfonico nel ‘700 europeo” e si riferisce ad un periodo di straordinaria trasformazione culturale e musicale. Il barocco lascia spazio a nuovi ideali estetici, nasce lo stile galante, si affermano i principi del classicismo e il genere sinfonico, che da semplice ouverture operistica diventa una forma indipendente, capace di raccontare emozioni e visioni attraverso l’orchestra.

Protagonisti del concerto “Viaggio sinfonico nel ‘700 europeo” sono figure celebri come Mozart, ancora adolescente, ma pienamente consapevole della struttura orchestrale, e Luigi Boccherini, raffinato innovatore capace di fondere grazia italiana e spirito iberico. Accanto a loro riscopriamo la voce solida ed energica di Michael Haydn, esponente autorevole della scuola salisburghese, e quella sorprendente ma purtroppo dimenticata di Giovanni Battista Miroglio, compositore piemontese oggi riproposto per la prima volta al pubblico moderno.

Ogni Sinfonia rappresenta  una tappa di questo viaggio, ognuna con un’identità distinta, dalla brillantezza classica alla cantabilità italiana, dalla chiarezza formale alla ricerca timbrica, il pubblico sarà  accompagnato in un’esperienza d’ascolto che unisce conoscenza, scoperta e bellezza.

Di Luigi Boccherini verrà eseguita la Sinfonia n. 16 in Mi bemolle maggiore Op. 35 n. 2. G 510

Composta intorno al 1782, questa Sinfonia è un esempio splendido  dello stile maturo di  Boccherini, compositore lucchese stabilitosi in Spagna. La Sinfonia G510 si distingue per la sua scrittura chiara e ben strutturata, con una particolare attenzione all’equilibrio tra le sezioni orchestrali. Boccherini, pur essendo noto per la sua musica da camera, dimostra in questa composizione una notevole capacità  di adattare il suo stile alla forma Sinfonica, mantenendo un linguaggio elegante e accessibile.

L’opera si articola in tre movimenti Allegro con spirito – Un movimento vivace e brillante, un tema principale energico e ritmicamente incisivo, che mostra la maestria di Boccherini nel trattare  le dinamiche e le sonorità  orchestrali – Andante, movimento più lirico e meditativo in cui la melodia si sviluppa in modo fluido e cantabile, evidenziando la sensibilità melodica del compositore – Allegro giusto, il tema deriva da uno utilizzato nell’Andante precedente e contribuisce  a sviluppare un finale energico e ritmicamente incisivo, che chiude la Sinfonia con un senso di coesione e completezza.

Il sesnndo brano del concerto sarà la Sinfonia in re maggiore P 42 di Michael Haydn, fratello minore del più celebre Joseph, figura centrale della musica sacra e sinfonica a Salisburgo. Questa sinfonia, vivace e incisiva, evidenzia un linguaggio orchestrale compatto e diretto. Concepita con chiarezza formale e un gusto per il contrasto tematico, l’opera riflette il classicismo nascente, ma conserva una certa espressività barocca, specie nei movimenti lenti. La brillantezza del tono, in re maggiore, e l’equilibrio tra i movimenti, fanno di questo movimento una gemma austrotedesca di fine secolo. La Sinfonia è conservata solo in parte in manoscritti dell’epoca della sua composizione, poiché le parti portano alla data del 1778, dobbiamo concludere che l’opera sia stata composta prima di quella data. La strumentazione prevede due oboi, due corni, primo e secondo violino, viola da basso. Inizia con una introduzione lenta affidata agli archi. L’introduzione sfocia in una Allegro molto con l’intera orchestra all’unisono, motivi brillanti di terzine e accordi enfatici di triadi, che segnano le misure di questo movimento. Come spesso accade in Haydn, ai fiati è assegnato un ruolo di supporto, senza che vi sia una sorta di indipendenza idiomatica. L’Adagio è ricco di sentimento, il Finale Presto mostra la mano di un compositore il cui campo principale era la musica sacra. Gli archi dominano il movimento e si abbandonano a fughe e imitazioni.

Di Giovanni Battista Miroglio (1725-1785), verrà eseguita la Sinfonia in Fa maggiore op.2, che rappresenta la prima esecuzione dei tempi moderni. Miroglio, piemontese, attivo nella seconda metà del XVIII secolo, realizzò questa bellissima Sinfonia, che era un brano quasi dimenticato. La partitura, ricostruita dal Maestro Federico Bisio, mostra un linguaggio elegante con tratti italiani nello stile cantabile dei temi. È una struttura tripartita tipica della prima fase sinfonica. La scrittura orchestrale è significativa e rivela un autore da scoprire. Tre delle sue prime quattro  opere pubblicate sono dedicate a parigini, che a quanto pare erano suoi mecenati o allievi. Nel 1765 iniziò un’impresa che sarebbe stata molto più importante delle sue composizioni e insegnamenti: insieme al pittore tedesco Johann Anton De Peters, fondò il il Bureau d’Abonnement de musique. Per due anni, la Chevardière e altri editori, combatterono il nuovo Bureau in tribunale, coinvolgendo un centinaio di musicisti da una parte e dall’altra. La decisione della Corte fu a favore del Bureau, che continuò a operare fino al 1789. Miroglio è citato come compositore e insegnante almeno fino al 1785. Le sue composizioni presentano caratteristiche francesi, italiane e Mannheim, tipiche della Parigi di quel periodo.

Ultimo brano del concerto è la Sinfonia n.11 in re maggiore K 84 di Mozart. Attribuita a Mozart, che l’avrebbe composta all’età  di circa quindici anni, questa Sinfonia rientra nella produzione giovanile del compositore, probabilmente scritta durante il soggiorno in Italia nel 1770. L’opera è breve e brillante, strutturata in tre movimenti, e riflette l’influenza dello stile italiano appreso durante i viaggi. Il primo movimento si apre con una vivacità dell’Opera Buffa, il secondo propone un Andante dal tono lirico e raccolto, mentre il finale è un Allegro di chiusura. Nonostante la giovane età del compositore, si percepiscono già il talento melodico e l’intelligenza formale che caratterizzano tutta la sua opera.

A dirigere l’Orchestra Polledro è il direttore Federico Bisio che, parallelamente agli studi umanistici, ha frequentato i corsi di Composizione Sperimentale presso il Conservatorio Verdi di Milano. Si è dedicato allo studio della direzione d’orchestra, e ha completato i suoi studi con il Maestro Gilberto Serembe. Dal novembre 2012 è direttore stabile dell’Orchestra Polledro.

Concerto a ingresso libero.

info@orchestrapolledro.eu

Mara Martellotta

L’Ambasciatore del Belgio in Italia in visita al Choco-Story di Torino

Torino, 9 giugno 2025 – Lo scorso 4 giugno, l’Ambasciatore del Belgio in Italia, Pierre-Emmanuel De Bauw, ha fatto visita al Museo del Cioccolato e del Gianduja Choco-Story di Torino, primo museo della rete internazionale Choco-Story inaugurato in Italia. Ad accompagnarlo, il neo Console Onorario del Regno del Belgio a Torino, Giovanni Vittorio Giunipero di Corteranzo.

La visita ha rappresentato un’occasione per celebrare l’incontro tra due eccellenze dolciarie: la lunga tradizione belga del cioccolato e il patrimonio piemontese rappresentato dal gianduja.

Ad accogliere la delegazione, Alberto Molinari, general manager di Puratos Italia – filiale italiana del gruppo belga Puratos, con sede a Parma – insieme a Pierangelo Rossetto, direttore di Puratos Rossetto, e Beatrice Cagliero, direttrice del museo. Situato in via Paolo Sacchi 38, il Choco-Story Torino, aperto da meno di un anno, è il quindicesimo museo della rete Choco-Story nel mondo.

Il progetto nasce dalla visione di Eddy Van Belle, azionista ed ex presidente del gruppo Puratos, che ha fatto della valorizzazione della storia del cioccolato una missione personale. I musei Choco-Story, già presenti in Paesi come Belgio, Francia, Repubblica Ceca, Libano e Messico, offrono un percorso divulgativo che va dalla pianta di cacao fino alle moderne creazioni dolciarie.

A Torino, il museo assume un’identità ancora più locale, diventando Museo del Cioccolato e del Gianduja. Una scelta che riflette l’importanza del capoluogo piemontese nella storia del cioccolato: dalla prima licenza per la vendita della bevanda al cacao, concessa nel 1678 da Madama Reale Giovanna Battista di Savoia Nemours, alla nascita del Gianduiotto a metà Ottocento, primo cioccolatino incartato al mondo, oggi riconosciuto come prodotto IGP.

Particolarmente suggestiva la sezione dedicata alle macchine storiche della prima metà del Novecento, ancora perfettamente funzionanti. Questi macchinari, un tempo nascosti nei laboratori della Pasticceria Pfatisch – Locale Storico d’Italia – sono oggi finalmente visibili al pubblico.

«In me questa visita suscita un sentimento di orgoglio, orgoglio per i legami tra il Belgio e il Piemonte resi possibili tramite il cioccolato, e orgoglio perché vedo il gruppo Puratos così attivo nella promozione del cioccolato qui in Italia», ha dichiarato l’Ambasciatore De Bauw.

Anche Alberto Molinari ha sottolineato l’importanza della giornata: «È un grande onore e orgoglio avere qui oggi l’Ambasciatore del Belgio in Italia e poter mostrare il grande lavoro realizzato in questi mesi per creare questo posto unico in Italia. Questo Museo del Cioccolato esprime il profondo legame tra il cioccolato e la città di Torino, anzi il Piemonte e l’Italia intera. Il Belgio è uno dei paesi protagonisti quando si parla di cioccolato di qualità e aver realizzato questo museo grazie al Presidente di Puratos e alla famiglia Van Belle è motivo di grande orgoglio per tutti noi».

Francesco Ciocatto, proprietario della pasticceria Pfatisch, ha evidenziato il valore del progetto: «È una cosa bellissima essere riusciti a realizzare questo museo del cioccolato che sta funzionando molto bene e attira molte persone. Pfatisch è un Locale Storico d’Italia e possedeva questi macchinari di inizio Novecento che era un peccato non poter esporre. La collaborazione con Eddy Van Belle ci ha permesso di creare questo museo come sta riscuotendo grande successo».

Il percorso del museo si articola attraverso oltre 700 oggetti della collezione privata di Van Belle, installazioni interattive, video storici e momenti di degustazione, offrendo un’esperienza coinvolgente ed educativa per visitatori di ogni età. Le audioguide sono disponibili in cinque lingue: italiano, inglese, francese, spagnolo e tedesco.

Morti sul lavoro, il Piemonte tra le regioni a rischio: VCO, Alessandria e Cuneo in zona rossa

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Il Piemonte si conferma tra le regioni italiane più colpite dal fenomeno delle morti sul lavoro. Secondo i dati aggiornati ad aprile 2025 dell’Osservatorio Sicurezza e Ambiente Vega, la regione si trova in zona arancione, con un’incidenza di mortalità pari a 9,2 decessi ogni milione di occupati, superiore alla media nazionale di 8,8.

“Con un’incidenza di mortalità per milione di lavoratori pari a 9,2, superiore al dato medio nazionale di 8,8, il Piemonte si colloca in zona arancione nella mappatura dell’emergenza”, ha dichiarato l’ingegner Mauro Rossato, Presidente dell’Osservatorio Vega.

Nel primo quadrimestre del 2025 si contano 17 vittime in occasione di lavoro e 9 morti in itinere, per un totale di 26 decessi. A livello provinciale, la situazione più critica riguarda Verbano-Cusio-Ossola (14,8), Alessandria (11,5) e Cuneo (11,4), tutte in zona rossa. Seguono Asti (10,8) e Torino (10,4) in zona arancione. Le province di Biella, Novara e Vercelli registrano invece zero decessi e rientrano in zona bianca.

In termini assoluti, Torino è la provincia con il numero più alto di vittime: 16 morti complessivi, di cui 10 avvenuti durante l’attività lavorativa.

Il settore più colpito è quello delle Attività Manifatturiere, con 1.466 denunce di infortunio in occasione di lavoro nel periodo gennaio-aprile 2025.

La classificazione adottata dall’Osservatorio Vega divide le regioni in quattro fasce di rischio (bianca, gialla, arancione, rossa) sulla base dell’incidenza degli infortuni mortali per milione di occupati, consentendo un confronto proporzionato tra territori con diversa densità lavorativa. Il dato del Piemonte, ancora una volta, richiama l’urgenza di intensificare le misure di prevenzione e sicurezza sul lavoro.

Nuova stagione e compleanno per gli 80 anni dell’Unione Musicale

 

L’Unione Musicale compie 80 anni di attività nel 2026. Associazione fondata nel 1946. Alla presentazione della nuova stagione, era ben visibile una carrellata di foto dei più prestigiosi musicisti che hanno suonato per l’Unione Musicale in tutti questi anni. La Stagione intitolata “Classica Viva” dal 15 ottobre 2025 al 20 maggio 2026, prevede 53 appuntamenti tra il Conservatorio e il Teatro Vittoria con 154 musicisti di cui 82 ospiti per la prima volta all’Unione Musicale e 76 musicisti under 35.

Per festeggiare gli 80 anni di attività è previsto un concerto straordinario gratuito  per gli abbonati mercoledì 25 marzo 2026 al Conservatorio alle 20.30, con un pianista fantastico : Arcadi Volodos. Inaugurazione il 15 ottobre con 2 violoncellisti acclamati dal pubblico dell’Unione Musicale : Mario Brunello e Giovanni Sollima, con un originale programma  per duo di violoncelli. Tanti e prestigiosi i musicisti che si alterneranno sul palco del Conservatorio :  Maria Joao Pires,  Elisabeth Leonskaja,  Alexander Gadjiev, il violinista Renaud Capucon ( con Guillaume Bellom), il Quartetto Kuss, Sayaka Shoji al violino con Gianluca Cascioli al pianoforte. Si esibirà una nuova generazione di pianisti come Sophia Liu (di appena 17 anni!), il pluripremiato Seong-Jin Cho (vincitore del concorso Chopin di Varsavia nel 2015 e l’ecclettico Hayato Sumino. Al Teatro Vittoria avranno luogo le serie : L’altro suono, Didomenica, Discovery, Solo per le tue orecchie, e Note tra noi, oltre alla programmazione rivolta ai bambini alle scuole e alle famiglie.

Da segnalare “Note Di Storia”, la prima serie di podcast originali dell’Unine Musicale. Dieci puntate con cadenza quindicinale dal 28 maggio al primo ottobre 2025 con il direttore artistico Antonio Valentino, che accompagna gli ascoltatori a scoprire la vita e le opere dei grandi compositori ( da Chopin, a Schubert, da Mozart a Faurè). Note di storia  è disponibile gratuitamente sulle piattaforme Spotify, Apple Music, Amazon Music e You Tube.

Pier Luigi Fuggetta