
«Quanto avvenuto questa mattina alla stazione di Chieri, come riportato da alcuni organi di informazione, ha dell’incredibile: a causa di nuove soppressioni di treni, saremmo arrivati al punto da dover scegliere chi sacrificare, se gli studenti o i lavoratori. Non si contano più i disagi e le cancellazioni di corse sulla linea metropolitana Sfm1. Tutti gli appelli rivolti nel corso degli anni e i suggerimenti al fine di migliorare il servizio sono caduti nel vuoto, a fronte dell’aumento del costo di abbonamenti e biglietti. Una situazione frustrante per chi, come la nostra Amministrazione, crede nell’importanza del trasporto pubblico locale. I disservizi sulla linea Sfm1 penalizzano non solo gli utenti ma l’intera città, minandone l’attrattività e la competitività. Mi piacerebbe che gli esponenti della destra, così impegnati in queste settimane a polemizzare sui parcheggi, si facessero sentire con la Giunta Cirio, sollecitando interventi concreti e urgenti. Invece, non ho visto né raccolte firme né mobilitazioni. Eppure non basta aver introdotto sulla Chieri-Rivarolo qualche corsa in più, se poi i treni sono soppressi o in ritardo. Proporrò ai Sindaci del territorio interessato di assumere un’iniziativa congiunta nei confronti di Trenitalia-Rfi e di Regione Piemonte».
“La mancanza di sicurezza è un tema trascurato. La sinistra Ztl non lo vede. Lo dicono le elezioni in Germania”
Un vero tema di giustizia sociale è la sicurezza, dimenticata dalla sinistra. Lo hanno dimostrato anche le elezioni in Germania.” Lo afferma Marco Rizzo, coordinatore nazionale di Democrazia Sovrana e Popolare, protagonista, con Roberto Vannacci, mercoledì 26 febbraio, a partire dalle ore 18 al Pacific Hotel Fortino (Strada del Fortino 36) a Torino, ad un evento organizzato dal Siulp (Sindacato Italiano Unitario dei Lavoratori della Polizia).”La società globalizzata e senza radici-spiega Rizzo-trasforma le nostre città in grandi stazioni centrali: sporche, insicure e senza futuro. E sono sempre più frequenti casi di furti, aggressioni, e stupri nelle nostre strade. Parliamo di interi quartieri e zone popolari e non prese in ostaggio dalla violenza e dall’insicurezza. È innegabile il collegamento diretto con un’immigrazione selvaggia ghettizzante e forzata, tanto voluta anche per abbattere i salari dei lavoratori italiani, che riversa nelle nostre città centinaia di migliaia di disperati. L’Africa ha gli africani, questa è la proposta geopolitica che può davvero bloccare questi processi migratori selvaggi. Serve un commercio uguale coi paesi africani da parte dell’Occidente per evitare che arrivino a milioni. Le forze dell’ordine lavorano in condizioni di estrema difficoltà. Non conta solo la quantità di forze dell’ordine ma anche le condizioni in cui gli agenti possono operare.”
La collaborazione tra Regione e partenariato europeo Clean Aviation per quanto riguarda l’aviazione sostenibile e le relative opportunità di finanziamento per le imprese del settore è stata al centro di un evento svoltosi nel Grattacielo Piemonte.
“La partnership con Clean Aviation consolida il ruolo del Piemonte nell’industria aerospaziale e apre nuove prospettive per una transizione sostenibile e tecnologicamente avanzata dell’aviazione – ha affermato Andrea Tronzano, assessore regionale allo Sviluppo delle Attività produttive, nel suo intervento introduttivo – La nostra priorità è sostenere l’ecosistema con investimenti mirati, stimolando l’innovazione e la collaborazione tra imprese e centri di ricerca, tenendo presente che il Piemonte è uno dei territori europei più avanzati nel settore aerospaziale, con oltre 35.000 addetti e un fatturato di 8 miliardi di euro”.
L’iniziativa ha visto la partecipazione di rappresentanti istituzionali, imprese, centri di ricerca e portatori di interesse del settore aerospaziale, riuniti per confrontarsi sulle opportunità offerte dal programma europeo e sulle sinergie con le politiche regionali di sostegno all’innovazione.
L’incontro si è inserito nel percorso avviato con la firma del Memorandum of Cooperation (MoC) tra la Regione Piemonte e CAJU, avvenuta il 28 novembre 2023 durante gli Aerospace & Defense Meetings a Torino; l’accordo punta a creare un ecosistema integrato in cui fondi europei e programmi regionali lavorino in sinergia per accelerare l’innovazione, favorire la formazione di nuove competenze e garantire alle imprese piemontesi un ruolo da protagoniste nella sfida verso un’aviazione a emissioni zero.
Clean Aviation, sostenuto da Horizon Europe e da importanti attori del settore, si inserisce nella strategia europea per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Un obiettivo ambizioso, considerata la previsione di un triplicarsi della domanda di voli nello stesso arco temporale e il rischio, senza interventi mirati, di un raddoppio delle emissioni del trasporto aereo.
Ad illustrare nel dettaglio strategie e linee d’azione è stato Daniele Violato, responsabile della cooperazione strategica tra tale ente e le Regioni europee con attività nel settore aeronautico, che ha evidenziato come la sfida della transizione verso un’aviazione sostenibile richieda uno sforzo congiunto e coordinato a livello europeo, nazionale e regionale.
Passi necessari per affrontare questa sfida sono l’entrata in servizio entro il 2035 di velivoli con una riduzione del 30% delle emissioni di gas serra rispetto a quelli di ultima generazione, e rinnovare oltre il 75% della flotta aerea attuale entro il 2050. Un processo che non rappresenta solo un’esigenza ambientale, ma anche un’enorme opportunità economica, con ricadute significative sull’occupazione e sulla competitività dell’industria europea.
Il programma si concentra infatti sull’esplorazione e lo sviluppo di soluzioni tecnologiche all’avanguardia, spaziando dai sistemi di propulsione ibrida ed elettrica per i velivoli regionali alla realizzazione di aeromobili caratterizzati da architetture ultra-efficienti e innovative. Particolare attenzione è rivolta all’utilizzo dell’idrogeno come fonte di alimentazione, con l’obiettivo di portare nei cieli aerei a zero emissioni entro la metà del prossimo decennio. Questa nuova fase di ricerca si fonda sulle solide basi dei precedenti programmi europei Clean Sky 1 e Clean Sky 2, che hanno già permesso lo sviluppo di oltre mille tecnologie e la realizzazione di numerosi dimostratori, grazie all’impegno congiunto di più di 5.000 scienziati e ingegneri di 30 Paesi.
In questo ambito la Regione può intervenire a sostegno delle imprese piemontesi con l’attuale programmazione del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr 2021-2027).
A rafforzare questo impegno contribuisce il Progetto integrato di filiera Aerospazio 2023-2025, promosso dalla Regione Piemonte e realizzato in collaborazione con Ceipiemonte, che sostiene le pmi nella loro internazionalizzazione offrendo strumenti concreti per affermarsi sui mercati globali attraverso la partecipazione a fiere internazionali, workshop e incontri b2b.
Fulvia Quagliotti, presidente del Distretto Aerospaziale Piemonte, ha evidenziato il valore di una filiera che conta oltre 450 piccole e medie imprese, perfettamente integrate in un sistema che vede la collaborazione tra grandi player, centri di ricerca e università.
Proprio Leonardo e Avio Aero, rappresentate rispettivamente da Marco Protti ed Enrico Casale, hanno presentato le strategie per lo sviluppo di velivoli a basse o zero emissioni, illustrando i progressi nella propulsione a idrogeno, nell’utilizzo dei carburanti sostenibili (SAF) e nella realizzazione di aerostrutture sempre più leggere ed efficienti.
Il prorettore del Politecnico di Torino Candido Fabrizio Pirri ha portato la positiva esperienza della partecipazione a programmi collaborativi di ricerca e sviluppo finanziati con fondi FESR, confermando l’importanza della collaborazione tra ricerca e industria. In quest’ottica Lorenzo Gusman, direttore operativo di Torino Airport, ha spiegato come lo scalo torinese stia diventando un hub per la sperimentazione di nuove tecnologie, mettendo a disposizione infrastrutture in grado di supportare la transizione verso sistemi di rifornimento e ricarica di nuova generazione.
Il Club Ronchiverdi, con sede in corso Moncalieri 466 a Torino, non è solo tennis, ma ora è pronto a presentare ufficialmente la sua Ronchiverdi Triathlon Team, squadra agonistica dedicata a questa affascinante disciplina sportiva olimpica e che ora può vantare, con i Ronchiverdi, sotto la Mole una compagine di eccezione. Si tratta di un team affiliato Fitri (Federazione Italiana triathlon) e che comprende oltre cento atleti di tutte le categorie dai “minicuccioli” (6/7anni) agli Age Group ( fino ai 70 anni).
Il vero fiore all’occhiello del team è il settore giovanile che, con più di 80 iscritti, si colloca tra i più numerosi in Italia e il più grande in Piemonte. Si tratta di un team di altissimo livello agonistico che nasce, per di più, all’interno del club famoso nell’universo del tennis grazie alla sua squadra maschile in A2.
La Ronchiverdi Triathlon Team, attiva da gennaio 2025, sarà presentata alle istituzioni giovedì 27 febbraio alle 19, presso la Sala Congressi del Club, da parte del fondatore Giorgio Mortara, responsabile settore Racing Team Ronchiverdi e direttore tecnico Young School Triathlon e Academy Triathlon Ronchiverdi, e degli altri allenatori, tutti iscritti alla Fitri, gli istruttori Chiara Magrini e Giulia Gatti, l’allievo istruttore Marco Gaveglio e il preparatore atletico Mario Bellavia.
Da sottolineare la presenza nel team Ronchiverdi, come consulente, di Andrea Gabba, tecnico della nazionale italiana Triathlon presso le Olimpiadi di Parigi, la partecipazione del Presidente del Comitato Regionale Fitri, Carlo Rista. Ospite d’onore la triathleta Nadia Cortassa, quinta classificata alle Olimpiadi di Atene 2024.
La squadra, che è già stata iscritta alle più importanti manifestazioni a livello nazionale per quanto riguarda il gruppo giovanile e anche l’Age Group, sta già seguendo tabelle di allenamenti settimanali in base alla distanza dalle gare, mantenendo il contatto quotidiano con gli allenatori.
Tra gli eventi in programma i Campionati Italiani Individuali Assoluti e di Categoria, il Campionato Italiano a Squadre e la Coppa Crono. Per gli atleti della categoria Age Group sono previste sfide internazionali con gare in tutta Europa nel circuito Ironman e Challenge, nelle distanze Ironman Full e Ironman 70.3
Mara Martellotta
Rissa tra detenuti ieri sera nel carcere di Ivrea. Gli agenti di polizia penitenziaria hanno chiesto il supporto di colleghi di altre carceri piemontesi per sedare la zuffa. Sono state danneggiate alcune strutture dell’istituto. Alcuni detenuti hanno cercato di strangolare un agente che è stato portato in ospedale con 10 giorni di prognosi.
A Novara, negli spazi del castello visconteo, sino al 6 aprile
Due figure femminili, di differenti età, introducono dalla mura del castello visconteo di Novara alla mostra “Realtà Impressione Simbolo. Paesaggi. Da Migliara a Pellizza da Volpedo”, visitabile sino al 6 aprile prossimo (www.metsarte.it): la pastorella, ovvero la bambinaia dei figli del pittore, che, posta da Segantini nella distesa dei prati e tra le nevi del Cantone dei Grigioni, si mette al riparo del sole facendosi ombra con il cappello di paglia a larga falda e con il palmo della mano (“Mezzogiorno sulla Alpi”, 1891), e la vecchia, nello sguardo di Carlo Fornara, in un incessante susseguirsi di piccoli e ravvicinati tratti di colore, lineari e in spirale, curva sotto il peso del fascio di legna che avanza sotto le sferzate del freddo vento del nord in un sapiente alternarsi di azzurri e di rosati, “L’aquilone” del 1902. Un sipario d’introduzione ma rintracciabili nell’ultima delle nove sezioni in cui è suddivisa la mostra, là dove il divisionismo oltre ai succitati abbraccia alcune opere di Morbelli – il paese sull’alto della collina con i pochi personaggi, “Nebbia domenicale” del 1880, riproposto sotto diversa atmosfera trentacinque anni dopo – e di Pellizza da Volpedo, di cui si rivede quel capolavoro di vita e di arte che è “Sul fienile” (1902), un favolistico tratteggio in terra monferrina che confina per molti versi con il pointillisme parigino, intimo e struggente, una scena d’agonia e di sacramenti tra religiosità e povertà posta nell’ombra e messa a confronto con la luce netta che piove su una calda giornata d’estate. Un divisionismo, ancora con Segantini, capace di sfociare in una nuova sperimentazione linguistica e in una incursione in netto clima simbolista, nell’”Amore alla fonte della vita”, del 1896, proveniente dalla Galleria d’Arte Moderna di Milano, commissionata dal principe russo Jussopoff di San Pietroburgo, “l’amore giocondo e spensierato della femmina, e l’amore pensoso del maschio, allacciati insieme dall’impulso naturale della giovinezza e della primavera” ebbe a scrivere l’artista in una lettera a Domenico Tumiati, fratello dell’attore Gualtiero, mentre “un mistico angiolo sospettoso stende la grande ala sulla misteriosa fonte della vita, l’acqua scaturisce dalla viva roccia, entrambi simboli dell’eternità”.
Uno sguardo per “Paesaggi” che s’incrocia su Piemonte e Lombardia soprattutto, unendo altresì la Liguria (i nomi e la zona di Carcare) e le valli svizzere, con le ricche testimonianze – in un percorso coordinato per isole da Elisabetta Chiodini – provenienti dalle Gam di Torino Milano e Genova e Ricci Oddi di Piacenza, dal museo Segantini di St. Moritz e quello del Paesaggio di Verbania, dalla Galleria Giannoni di Novara. Un percorso che ha inizio dall’età romantica del paesaggio, a partire da quella serie di vedute lombarde che nel 1807 Eugenio di Beauharnais, vicerè d’Italia, commissiona a Marco Gozzi “con l’intento di documentare le località più pittoresche e le opere di ingegneria d’importanza strategica nello sviluppo del territorio”. Faranno seguito i panorami della Franciacorta ad opera di Luigi Basiletti, ville e poderi e personaggi ripresi con netto realismo sino all’arrivo a Milano di Massimo d’Azeglio che s’afferma sulla scena artistica con la formula del “paesaggio istoriato” (“La morte del conte Josselin di Montmorency”, 1825), ove prevale l’aspetto storico immerso in ampie vedute studiate dal vero, e alla “sensibilità moderna” di Giuseppe Canella (del ’38 è la sua “Veduta della laguna di Venezia”, barche e pescatori rischiarati da un vasto tratto d’orizzonte illuminato dalle ultime luci della sera), colpito dall’esempio dei maestri fiamminghi incontrati nelle sale del Louvre all’epoca del suo viaggio parigino. La necessità di andare oltralpe, di superare i confini per saggiare apporti diversi che possono giungere tra gli artisti del nord Italia: si sviluppa l’area mitteleuropea, con i suoi personaggi immersi in un’atmosfera romanticonaturalista, con l’influenza tra gli altri di Alexandre Calame, ginevrino, e Julius Lange, tedesco, che spingeranno i loro colleghi a studiare la natura dal vero, e con gli incontri – da parte di Fontanesi, ad esempio, nelle sale dell’Esposizione Universale parigina del 1855 – con la scuola di Barbizon, con Corot e Daubigny e Rousseau, autore quest’ultimo del bellissimo “Ancien moulin de Saint-Ouen” datato intorno al 1832.
Sarà, verso gli anni Sessanta, la città di Ginevra il punto d’incontro dei tanti artisti, con la scuola di Calame, con gli incontri e le amicizie e i sodalizi artistici che nascono tra il torinese Avondo e il portoghese de Andrade, tra il genovese Rayper ed Ernesto Bertea, pinerolese, consolidati tra i tavolini del caffè du Bourg: una spinta a immergersi al centro della natura, a coltivare l’en plein air, a sviluppare le successive esperienze d’ambito realista, pronte a trovare sede a Rivara, nel canavese, in casa di Carlo Ogliani cognato di Carlo Pittara, e a Carcare, nel savonese, dove prenderà forma la “Scuola dei Grigi”. La natura soprattutto, certo, come è per Fontanesi (“Aprile. Sulle rive del lago del Bourget”, 1864), ma anche l’occasione per guardare – all’interno di un paesaggio livido e spoglio – alla vita sociale, per cui “Buoi al carro” di Pittara può essere anche letto come “Le imposte anticipate” (1865), o al progresso che avanza, unica quella “Via ferrata” di Tammar Luxoro, di origini genovesi, con il treno e il suo sbuffo che attraversano la campagna, e siamo già al 1870. Ad ingigantire il confronto tra il pittore e ciò che lo circonda, saranno Fisanotti e Riccardi, professori di paesaggio a Brera, a portare tra i Sessanta e i Settanta i loro allievi a dipingere nelle campagne dei dintorni di Milano, “spronandoli a confrontarsi con il vero e a cercare di restituire sulla tela le luci, i colori, le ombre” che esistono in natura: quindi non più il paesaggio concepito come una veduta scenografica dove dettano ordini rigide norme compositive e di prospettive, un unicum di accordi di luci e di colori dovranno avere il sopravvento, alla ricerca di una esatta “impressione”. La figura di maggior spicco Filippo Carcano, in sala tutta l’ampiezza (101 x 200 cm) della sua ”Isola dei Pescatori”- il pittore è quarantenne – gioiello del lago Maggiore, datato 1880, in collezione privata, la sponda e le case e il campanile quasi miniaturizzati in tanta precisione, lasciando al paesaggio tutt’intorno la libertà di una tranquilla dispersione.
Con Carcano compaiono i nomi di Delleani (“Giochi di bimbi”, 1885), di Francesco Filippini e il suo ampio sguardo, quasi a perdita d’occhio e dove è meraviglioso perdersi, sull’andata al “Vespro” (1891), di Eugenio Gignous ancora a guardare, sei anni dopo, alle luci dell’”Isola dei Pescatori”, di Achille Befani Formis che “Sulla Strona” guarda alla fatica e ai canti delle lavandaie. Il paesaggio si trasporta altresì nel cuore della città, nel rappresentazione della veduta urbana, coglie le attività quotidiane, le voci e i volti, le differenti età di chi la abita, le contrastanti classi sociali, fotografa ricchezza e nobiltà, la povertà che serpeggia ovunque. Il “naturalismo lombardo” s’impossessa non più dei motivi agresti e montani finora imperanti, ma delle vie e delle strette strade che brulicano di gente mattiniera, degli angoli nascosti e poco frequentati, magari banali, delle trasformazioni che abbelliscono e ingigantiscono l’intera città. È una scommessa a rendere in ambienti del tutto nuovo, ben altro da quanto frequentato in precedenza, i giochi di luci, l’intrecciarsi di riflessi, il sovrapporsi di fresche e felici suggestioni, maestri nel dividersi tra ambienti ora colpiti dalla luce piena del sole come offuscati da giornate nebbiose e rabbuiate. Grandi segnali arrivano dalla “Nevicata” di Segantini e dagli angoli notturni o ancora coperti di neve di Mosè Bianchi, vero cantore della sua Milano, le luci che rischiarano e mettono in mostra gli abiti delle signore forse alla ricerca di una carrozza (“Milano di notte”, 1886) o quella “Prima neve” (1890), dove si va di fretta, dove s’aprono passaggi sgombri, dove poveri calessi tentano d’avanzare a fatica.
Al termine del percorso – preciso, suggestivo, accattivante nei soggetti e nello svolgimento, nell’intreccio di luci e colori, nella sequenza dei tanti nomi – attendono ancora i dipinti di Leonardo Bazzaro, un angolo intimo di vita e di piacevolezze familiari, realizzati tra il 1900 e il 1905, ambientati in quell’oasi felice che per il pittore fu la residenza all’Alpino, un villino fatto costruire sulla strada che conduce da Gignese al Mottarone: felicità di soggiorni estivi soprattutto, tra amici, la cura dei fiori (“I miei fiori” venne presentato alla mostra della Promotrice torinese nel 1900, e riapparve solo qualche anno fa, dopo oltre un secolo) e le chiacchiere al tavolino con le amiche o i giochi con le piccole nipoti da parte della moglie del pittore. E un breve focus intorno alla figura di Pellizza, lo studio del paesaggismo inglese da Turner a Constable, le riflessioni su Fontanesi, uno sguardo più attento a quanto ci circonda devenuto uno dei temi prediletti dell’ultima stagione pittorica, la tecnica che il pittore stesso definisce impressionistica, il perfetto risultato che sono “La Clementina” e “Valletta a Volpedo”: una nuova visione, il paesaggio osservato dal vero che diviene “un luogo mentale”, una rilettura, “un’immagine universale della natura e del potere rigenerativo della luce”.
Elio Rabbione
Nelle immagini: Giovanni Segantini, “Mezzogiorno sulle Alpi”, 1891, olio su tela, St. Moritz, Segantini Museum, proprietà della Fondazione Otto Fischbacher – Giovanni Segantini; Carlo Fornara, “L’Aquilone”, 1902, olio su tela, coll privata; Giuseppe Pellizza da Volpedo, “Sul fienile”, 1893-94, olio su tela, coll privata; Antonio Fontanesi, “Aprile. Sulle rive del lago del Bourget, in Savoia”, 1864, olio su tela, coll privata; Mosè Bianchi, “La prima neve”, 1890, olio su tela, coll privata.
In un incidente stradale verificatosi ieri sera sul viadotto Villastellone dell’autostrada Torino-Savona è morto un automobilista. Nello scontro sono rimasti coinvolti due vetture e un furgone. Sul posto sono intervenuti i soccorsi e la polizia stradale.
Raistoria propone da due settimane dei numeri unici in bianco e nero e a colori; il ritorno alla luce di programmi televisivi andati in onda una sola volta: “Mai + trasmessi”. Mercoledì 26 febbraio, alle ore 21,10, nel corso della puntata si parlerà dell’originale televisivo “La madre di Torino”, del regista e sceneggiatore Gianni Bongioanni, vincitore nel 1967 a Ravenna del Premio Italia.