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Il Museo Ettore Fico festeggia i suoi dieci anni con “Sogni”

Dopo la chiusura per la pausa estiva , il Museo Ettore Fico riapre con una mostra collettiva dal titolo “Sogni”, aperta dal 12 settembre al 15 dicembre prossimi, e festeggia i suoi primi dieci anni di attività.

La mostra prende spunto dalla riflessione per cui tutti noi abbiamo dei ricordi e avvertiamo la necessità di conservare quelli dell’infanzia, in un luogo segreto e intimo. Spesso si tratta di un’infanzia vissuta, immaginata, desiderata e mai avuta. Gli artisti riflettono in modo psicoanalitico su questo delicato momento della vita che può rappresentare un passaggio vitale e crudele, o dolce e importante.

Dal ricordo scatenante della madeleine proustiana parte la riflessione sul mondo meraviglioso dei ricordi dell’infanzia e della fanciullezza, in una sorta di desiderio mai sopito di continuare in quello stato di grazia, desiderio che alberga negli artisti invitati che lo hanno idealizzato e ne hanno fatto il perno della loro ricerca.

Il curatore della mostra, nonché direttore del Mef, Andrea Busto, ha scelto per questa rassegna una serie di artisti internazionali giovani ma quotati, tra cui Odonchimeg Davaadorj e i francesi Edi Dubien e Julia Haumont.

Dubien, che è stato invitato alla Biennale di Lione, ha realizzato acquerelli e ceramiche legate alla storia della sua infanzia, negata da quel corpo femminile mai accettato e infine mutato in uno maschile con un’operazione di cambio di genere.

All’infanzia si rifanno i lavori di un’altra artista francese Julia Haumont, che desidera perpetuare una situazione di “fanciulla in fiore” in cui sta per sbocciare quella sensualità intrigante, perversa e incosciente da Lolita. Le sue sculture sono in ceramica, si accompagnano ad incisioni e a composizioni tessili astratte che utilizzano perline, paillettes e ricami amati quando era bambina.

L’ultima artista in mostra è Giusy Pirrotta, che ha realizzato installazioni simili a set cinematografici, con tessuti, carta da parati, ceramica, video, fotografie.

Giusy Pirrotta inserisce il suo mondo nelle radici personali e profonde della tradizione e anche delle pratiche ancestrali in cui la fantasia dei bambini può dare spazio ai sogni e ai desideri, anche quelli peggiori, sotto forma di incubi.

L’affresco globale che scaturisce da questa mostra è quello di un’infanzia interrotta in cui ognuno vorrebbe ritrovare silenzio e serenità, lontananza e alienazione da questo mondo che turba profondamente le coscienze.

 

Mara Martellotta

Giunto alla seconda edizione il bando aulArte di Fondazione Crt

Giunto alla seconda edizione il bando aulArte, ideato e promosso dalla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT in collaborazione con la Direzione Scolastica Regionale del Piemonte, dedicherà un programma di formazione docenti gratuito a cura dei Dipartimenti Educazione delle istituzioni di arte contemporanea.

Dopo il successo della prima edizione, che ha coinvolto 8 istituti della scuola primaria per un totale di 16 classi e circa 400 studenti, il progetto rivolto alle scuole del Piemonte e finalizzato a favorire la conoscenza e la divulgazione dell’arte contemporanea nell’ambito dei programmi scolastici ha destinato un contributo per favorire l’accesso ai luoghi di cultura da parte degli studenti e delle studentesse dei 25 istituti piemontesi selezionati a giugno, a cui affiancherà un programma gratuito di formazione docenti a cura dei Dipartimenti Educazione delle istituzioni di arte contemporanea, con l’obiettivo di fornire strumenti utili a sviluppare autonomamente una didattica che utilizzi l’arte contemporanea all’interno della programmazione ministeriale.

Gli appuntamenti del programma verranno presentati sabato 14 settembre alle ore 10.00 nel Duomo delle OGR Torino, alla presenza del Segretario Generale di Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT Luigi Cerutti e del Dirigente tecnico del MIM – Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte Maria Cecilia Micheletti, insieme ai rappresentanti dei Dipartimenti Educazione delle istituzioni coinvolte nel progetto – Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Fondazione Ferrero, Fondazione Merz, PAV Parco Arte Vivente, Pinacoteca Agnelli – che illustreranno le loro proposte e le modalità per poter partecipare alle giornate di formazione, che si terranno tra ottobre 2024 e maggio 2025.

L’evento è gratuito e aperto alle e ai docenti del Piemonte di ogni ordine e grado, previa prenotazione su https://www.eventbrite.it/e/biglietti-aularte-943461457617

Un tuffo nella storia medievale a Cocconato

La fiera medievale e il 55esimo Palio degli Asini

Cocconato d’Asti è stato il primo Comune Piemontese ad essere insignito della Bandiera Arancione del Touring Club e riconosciuto come uno dei borghi più belli d’Italia; per le prossime due settimane si immergerà nelle tipiche atmosfere medievali.

Il settembre cocconatese, infatti, come ogni anno, trasforma questo paese incantevole in un teatro di eccellenze, in cui cultura, enogastronomia e folklore si intrecciano in un calendario fitto di appuntamenti imperdibili, che rendono la cittadina la capitale dell’ospitalità e del buon vivere.

“Questo è il momento più bello di tutto l’anno per Cocconato – spiega il sindaco Monica Marello – un periodo in cui la popolazione viene coinvolta e Comuni e associazioni locali collaborano per dare lustro al paese. Il Palio rappresenta certamente il momento clou, che coinvolge tutta la popolazione, frazioni comprese. Ma non sono da meno gli altri appuntamenti, curati dalla ProLoco e dall’Associazione Palio. Sono orgogliosa di promuovere queste iniziative, che hanno conosciuto un miglioramento di qualità sempre più grande, con una forte attenzione ai dettagli. Fiera medievale e Palio rappresentano per noi un grande investimento che ci ripaga con atmosfere uniche e momenti bellissimi e calorosi, che uniscono la nostra comunità e offrono uno spettacolo indimenticabile ai tanti turisti che ci raggiungono”.

Tra sabato 14, a partire dalle ore 18 fino a tarda notte, e domenica 15, dalle 10 alle 18, si svolge la due giorni in cui i borghi del paese allestiscono bancarelle con scene di vita animate.

Nelle taverne ricavate per l’occasione si potranno gustare piatti tipici eseguiti secondo antiche ricette medievali, serviti con il vino locale.

Saranno presenti molti artisti, come la Compagnia del Coniglio, con la danzatrice, il giullare Milfo Lo Buffon e gli Arcieri del Grifone.

Domenica 15 settembre avrà luogo la sfilata storica, con partenza dal municipio, alle 10, accompagnata dagli sbandieratori di Ferrere, che condurrà verso la Chiesa parrocchiale per la Messa solenne di benedizione dei due drappi del Palio 2024, realizzati e dipinti da Angela Bertiglia.

In serata si terrà l’investitura del capitano del Palio, Giorgio Apostolo, e il sindaco Monica Morello conferirà pieni poteri all’unico arbitro dei borghi che, per una settimana, sarà il Signore delle terre e delle genti di Cocconato.

Sabato 22 settembre si svolgerà la 55esima edizione del Palio degli Asini di Cocconato.

Sabato 21 settembre aspettando il Palio, dalle ore 19, si terrà una sfilata storica dei nobili del luogo, dei borghi, del Capitano del Palio, Conti Radicati e sbandieratori di Ferrere, che accompagnerà il pubblico verso il cortile del collegio dove si svolgerà il banchetto medievale. Intrattenimento a cura di Burgo Turris, con spettacolo di fuoco, musici Arkana e Fulet d’la Marga. Domenica 22 è la volta del 55esimo Palio, manifestazione basata sui reali avvenimenti storici del borgo tra Duecento e Quattrocento, con personaggi rigorosamente in costume d’epoca. Dopo la sfilata storica tra le vie del centro, che inizierà alle14, a partire dalle 16 prenderà il via la corsa degli Asini in piazza Melchiorre e piazza Cavour.

I borghi che si contenderanno i drappi sono Airali, Brina, Colline Magre, Morasengo, San Carlo, Torre e Tuffo.

Info e prenotazioni per le tribune per assistere alla corsa

ufficioturisticococconato@gmail.com

Tel 0141600076.

 

Mara Martellotta

 

Grattacielo Regione, Piazza Piemonte ospita la tappa inaugurale di Tennis in Città

Venerdì 13 settembre sarà la piazza di fronte al grattacielo della Regione Piemonte, area urbana aperta alla cittadinanza inaugurata lo scorso ottobre, a ospitare l’evento inaugurale della manifestazione ‘Tennis in città 2024’.

Come è ormai tradizione, il percorso di avvicinamento verso le Nitto ATP Finals di Torino propone una serie di appuntamenti col tennis in piazza, evento che porta i campetti, a disposizione di tutti in particolare di bambini e ragazzi, in alcuni dei luoghi più importanti della città.

Per la prima tappa lo spazio su cui si affaccia il Grattacielo Piemonte, si animerà con una due giorni di sport aperta a tutti con l’obiettivo di coinvolgere anche gli abitanti della zona circostante.

In attesa del grande torneo di tennis maschile di fine stagione – che premia i migliori tennisti al mondo del singolo e del doppio – all’Inalpi Arena di Torino dal 10 al 17 novembre -, l’edizione 2024 di ‘Tennis in città’ parte da piazza Piemonte.

Organizzata dalla Federazione Italiana Tennis e Padel, in collaborazione con Regione Piemonte, Città di Torino e Ufficio Scolastico Regionale del Piemonte, la manifestazione si articolerà su otto appuntamenti aperti a tutti coloro che vorranno avvicinarsi a una disciplina che in Italia sta vivendo un momento di straordinario interesse.

Di fronte al Grattacielo, lato nord della piazza, sarà installato un campo da 10x16m dove, venerdì 13 e sabato 14 settembre, dalle ore 9 alle ore 18, insegnanti e fiduciari dell’Istituto Superiore di Formazione ‘Roberto Lombardi’ (ISF) assisteranno bambini e ragazzi che vorranno approcciarsi alla disciplina del tennis e giovani e adulti interessati a scoprire per la prima volta questo sport (non serve prenotarsi).

‘Tennis in città’ offrirà anche la possibilità di cimentarsi con il tennistavolo. In piazza Piemonte, accanto al campo da tennis saranno infatti allestite quattro aree di gioco studiate appositamente e, grazie al supporto di Tecnici Federali e alla collaborazione del Comitato Regionale Piemonte e della Federazione Italiana Tennistavolo, le persone si potranno avvicinare anche a questa disciplina.

Gli altri sette appuntamenti di ‘Tennis in città’ si articoleranno su più giornate e si svolgeranno: dal 20 al 22 settembre in piazza Castello; dal 27 al 29 settembre in piazza San Carlo; dal 4 al 6 ottobre al parco Ruffini; dall’11 al 13 ottobre al parco Peccei; dal 14 al 25 ottobre al centro commerciale Lingotto; dal 18 al 20 ottobre in piazza Arbarello e dal 25 al 27 ottobre a parco Dora.

Venerdì mattina, inoltre, la Regione Piemonte accoglierà il trofeo delle Nitto ATP Finals in Grattacielo, per la nuova tappa del ‘Trophy Tour 2024’ partito il 3 luglio da Palazzo Civico e che ha già toccato le sedi dei principali partner, dentro e fuori i confini nazionali. Collocato nell’atrio d’ingresso della Regione, il trofeo sarà visibile da venerdì 13 a domenica 15 settembre. L’ingresso è gratuito con i seguenti orari: venerdì dalle 12 alle 19, sabato e domenica dalle 9 alle 19.

Torino e il Piemonte si preparano alle Nitto ATP Finals e quest’anno abbiamo voluto che nel percorso di avvicinamento e di coinvolgimento della città ci fossero anche il Grattacielo e piazza Piemonte. L’abbiamo fatto perché questa è la casa di tutti i piemontesi e vogliamo che si sentano protagonisti dei grandi eventi che stiamo, uno dopo l’altro, portando sul nostro territorio con un lavoro di squadra insieme alla Città di Torino. Non ci sono altre regioni in Italia che abbiano ospitato nello stesso anno grandi eventi sportivi come Frecciarossa Final Eight di basket, la partenza del Giro d’Italia, il Tour de France, il Tour de l’Avenir, i mondiali di canoa e di Hockey su pista. Eventi internazionali su cui la Regione ha scelto di investire per le ricadute economiche e di promozione del territorio ma anche nella convinzione che il grande sport sia il giusto volano per continuare a far crescere lo sport di base. I campioni del tennis, da Jannik Sinner ai piemontesi Lorenzo Sonego e Andrea Vavassori, stanno suscitando nei più giovani oltre al tifo, anche la passione per il tennis, con tanti tesserati che desiderano giocare. Si tratta di un investimento nel futuro: siamo convinti, infatti, che la pratica sportiva, sin dalla giovane età, permetta uno sviluppo armonico a livello fisico e mentale e riduca l’incidenza di malattie in età adulta. Quando l’esercizio fisico viene acquisito nell’infanzia tende a divenire parte integrante dello stile di vita delle persone e per questo è importante il coinvolgimento, in questa iniziativa, delle scuole perché è nostra intenzione diffondere sempre di più la pratica sportiva anche tra i più piccoli”.
Dichiarano il Presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, il Vicepresidente e Assessore all’Istruzione Elena Chiorino e l’Assessore allo Sport, Turismo e Cultura, Marina Chiarelli

“I grandi eventi sportivi come le Nitto ATP Finals che, dal 10 al 17 novembre, coinvolgeranno nuovamente Torino in un’edizione che si preannuncia ancora una volta da record, oltre a regalare grandi emozioni agli appassionati hanno il grande merito di avvicinare le persone alla pratica sportiva. Per questo siamo davvero contenti di inaugurare la quarta edizione di ‘Tennis in città’ che con il suo format collaudato permette ai cittadini di tutte le età di cimentarsi nella pratica del tennis sotto la guida esperta di istruttori qualificati. Cresce intanto l’attesa per le Finals che saranno ancora una volta una grande festa collettiva per tutta la città. Anche quest’anno – seguendo un modello virtuoso di collaborazione avviato con Regione Piemonte, Camera di Commercio e gli altri enti del territorio – proporremo un ricchissimo programma di eventi collaterali che si aggiungeranno allo straordinario spettacolo sportivo offerto dai grandi campioni della racchetta sul campo dell’Inalpi Arena”.
Afferma il Sindaco di Torino, Stefano Lo Russo
“Il 2024 è un anno storico per lo sport nella nostra città, incredibilmente ricco di grandi eventi internazionali. ‘Tennis in Città‘ con le sue tappe nelle diverse location cittadine scandirà anche quest’anno il percorso di avvicinamento alla quarta edizione torinese delle Nitto ATP Finals, e sono sicuro avvicinerà sempre più persone alla pratica e alla conoscenza di una disciplina sportiva che è sempre più popolare, anche grazie al successo del nostro Sinner e degli altri atleti azzurri. Ma non finisce qui perché, dopo le Finals il 23 novembre all’Allianz Stadium gli azzurri del rugby scenderanno in campo per sfidare gli All Blacks, vera e propria leggenda e icona sportiva. Torino è sempre più città dello sport, capace di attrarre manifestazioni di livello mondiale che portano grandi campioni, emozioni e passione, oltre ad avere una ricaduta positiva sul territorio e ad essere una straordinaria fonte di ispirazione per i nostri giovani”.
Sottolinea l’Assessore allo Sport della Città di Torino, Domenico Carretta

“Viviamo un momento incredibile perché i successi di Jannik Sinner, degli altri ragazzi della Nazionale e delle nostre ragazze trascinano anche le grandi manifestazioni che sono una vetrina, fanno crescere la passione e aumentare i tesserati. Sono tre le parole chiave del Sistema Italia: sviluppo, inclusione e formazione. La Federazione Italiana Tennis e Padel persegue l’obiettivo di rendere le nostre discipline di racchetta popolari portandole anche nelle piazze in modo da arricchire l’intelligenza motoria dei nostri giovani. Ciò è possibile grazie al supporto delle istituzioni locali, che ringrazio, e degli insegnanti dell’Istituto Superiore di Formazione “Roberto Lombardi”. Come accade ormai da tre anni non saranno solo le Nitto ATP Finals dei campioni: l’appuntamento di Torino coinvolgerà l’intera città facendo vivere a tutti l’atmosfera del grande tennis“.
Dichiara il Presidente FITP, Angelo Binaghi

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Torino e i suoi teatri. Dal Rinascimento ai giorni nostri

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Torino e i suoi teatri

1 Storia del Teatro: il mondo antico
2 Storia del Teatro: il Medioevo e i teatri itineranti
3 Storia del Teatro: dal Rinascimento ai giorni nostri
4 I teatri torinesi: Teatro Gobetti
5 I teatri torinesi :Teatro Carignano
6 I teatri torinesi :Teatro Colosseo
7 I teatri torinesi :Teatro Alfieri
8 I teatri torinesi :Teatro Macario
9 Il fascino dell’Opera lirica
10 Il Teatro Regio.

Storia del Teatro: dal Rinascimento ai giorni nostri

Cari lettori, eccoci arrivati alla conclusione di questa brevissima storia del teatro. Quello che tenterò di fare, con la medesima disposizione d’animo che ho mantenuto fino ad ora, è di raccontare nel pezzo di oggi ciò che avviene dall’epoca rinascimentale al Novecento; nello scritto che – spero -vi apprestate a leggere sfiorerò il teatro erudito, accennerò al teatro elisabettiano, poi al melodramma, fino ad arrivare a D’Annunzio per poi concludere con autori decisamente recenti come Ronconi. Mi auguro di guidarvi il più chiaramente possibile in questo dedalo di informazioni, nomi, titolazioni ed avvenimenti, affinché sia possibile arrivare con una certa prontezza alle prossime letture, specifiche della storia dei teatri torinesi.

Ora, come si suol dire, “bando alle ciance!”, il discorso è lungo e complesso, sarà meglio iniziare. L’età d’oro per il teatro moderno è senza dubbio il Rinascimento, termine con cui si intende un “rinascere” dell’uomo, del suo impegno sociale e culturale, nozione riferibile a tutta la civiltà italiana dei secoli XV e XVI. Nel più generale contesto della “rinascita del mondo antico”, il teatro viene riscoperto nella sua globalità, e ne vengono presi in considerazione l’aspetto letterario, architettonico, scenografico e scenico.
Per quel che riguarda l’ambito letterario, i dotti si interessano alla riscoperta, alla pubblicazione e all’imitazione delle opere degli antichi: a tal proposito ricordiamo gli studi di Lovato Lovati (1241-1309) e Nicolò di Trevert ( 1259-1329) su Seneca tragico e l’impegno di Nicolò da Cusa che nel 1425 porta alla luce nove commedie di Plauto (il grande autore latino del II secolo a.C., di cui ci sono giunte ventuno commedie). Analogamente si assiste alla ricostruzione dell’antico edificio teatrale, sulla base dell’esame archeologico dei resti monumentali. In questo contesto è doveroso ricordare Leon Battista Alberti, impegnato non solo nell’empirica ricerca archeologica, ma anche nell’analisi serrata del trattato latino “De architectura”, scritto nel 15 a.C. da Marco Vitruvio Pollione, il cui quarto libro è quasi interamente dedicato all’edificazione dei teatri. Alberti propone uno schema teatrale assai preciso nel suo “De re aedificatoria”, (“Sull’edilizia”), ove sostiene che la struttura teatrale necessita di una gradinata (cavea), conclusa da una loggia aperta interiormente e chiusa dietro, di un palcoscenico e di un’area mediana (orchestra), attorno alla quale si organizzano gli altri elementi. Nel XVI secolo si va delineando una trattatistica dedicata all’analisi degli scritti di Aristotele, in particolar modo della “Poetica”, testo in cui viene esaminata la struttura della tragedia. Proprio grazie a questi studi viene normata, in Italia e in Francia, una produzione drammaturgica basata sull’uso delle tre unità aristoteliche di tempo, luogo, azione. I personaggi sono tutti coinvolti in un unico problema e agiscono all’interno di un solo ambiente per un periodo di tempo fittizio che non supera le ventiquattro ore. In seguito, però, la struttura e i personaggi mutano, come accade ne “La mandragola” di Niccolò Machiavelli, considerata il capolavoro del Cinquecento. Siamo ormai di fronte alla “commedia erudita” o “regolare”, come per esempio “La Cassaria”, scritta nel 1508 da Ludovico Ariosto. Proprio in coincidenza della rappresentazione di tale commedia si hanno le prime notizie dell’innovativa forma di allestimento tipica del Rinascimento, ossia la scenografia prospettica.

Il Seicento è invece il secolo del melodramma, forma scenica particolarmente apprezzata negli ambienti aristocratici e di corte, che dall’Italia si diffonde in tutt’Europa. In questo periodo attori, cantanti, scenografi e autori sono la componente fondamentale delle feste, soprattutto in Austria e in Germania. Da elemento complementare e secondario, gli intermezzi diventano il vero momento centrale dello spettacolo, l’azione scenica non è più subordinata alle parole, al contrario tutto è giocato sulla visione di un movimento sempre più grandioso e complesso. Il melodramma moderno nasce dalla volontà di un gruppo di dotti fiorentini raccolti nella Camera dei Bardi, desiderosi di recuperare nella loro integrità le forme della tragedia greca, il cui testo si riteneva venisse interamente cantato. Tipici elementi del melodramma cortigiano sono il frequente cambio di scena, che può addirittura diventare frenetico sul finale della rappresentazione, e l’impiego di meccanismi con lo scopo di suscitare meraviglia e ammirazione nel pubblico, per i trucchi che vengono eseguiti sul palco. Sarà tuttavia nel secolo seguente che la scenografia a tema architettonico toccherà il suo culmine, in particolare grazie all’opera della famiglia Galli Bibiena. Rimaniamo ancora al Seicento, di cui tipiche sono le “masques”, spettacoli diffusi principalmente in Inghilterra, incentrati sul personaggio del monarca che trionfa, si tratta di allegorie in cui il Bene, il Bello ed il Buono, sconfiggono il Male. Dato l’ambito anglofono, menzioniamo l’insuperabile Shakespeare (1564-1616), uno degli autori più noti a livello mondiale e principale esponente del teatro elisabettiano; la sua opera poetica e drammaturgica costituisce una parte fondamentale della letteratura occidentale ed è oggi ancora studiata e rappresentata come insuperabile punto di riferimento. Con l’espressione “teatro elisabettiano” si indica in realtà un periodo storico, che va dal 1558 al 1625, e segna la fase di massimo splendore del teatro britannico. Alcuni studiosi tendono a distinguere la produzione postuma al 1603, parlando di teatro dell’età giacobina, che in effetti presenta caratteristiche differenti. È opportuno ricordare e sottolineare che sotto la regina Elisabetta I esistevano anche spettacoli economici, il dramma era considerato un’espressione unitaria rivolto a tutte le classi sociali, di conseguenza la corte assisteva – in luoghi e in tempi diversi – alle medesime rappresentazioni a cui il popolo presenziava nei teatri pubblici. Dopo la morte della sovrana illuminata i teatri privati tornano ad avere il monopolio della cultura e le rappresentazioni si orientano verso i gusti di un pubblico di ceto alto.


Certamente Shakespeare sovrasta per fama e bravura praticamente tutti gli altri nomi che fanno parte della storia del teatro, ma trovo ingiusto non rammentarne almeno altri due: Christopher Marlowe (1564-1593) e Thomas Kyd (1558-1594). In Francia i massimi esponenti sono Molière (1622-1673) per la commedia e Jean Racine (1639-1699) per la tragedia.
Molière (pseudonimo di Jean-Baptiste Poquelin) è un acuto osservatore dei meccanismi sociali e psicologici che definiscono la società; il suo spirito critico e anticonformista, influenzato da Rabelais e Michel de Montaigne ma anche dal pensiero libertino, lo porta a realizzare opere uniche, brillanti e pungenti. Per Molière, artista di franca e serena risata, il compito della commedia è quello “di correggere gli uomini divertendoli, presentando i vizi e i difetti in modo anche esagerato”. Anche Racine porta avanti una fredda critica al mondo e alle condizioni dell’uomo, la sua visione si concretizza in personaggi che sono antieroi a tutti gli effetti: governati da passioni primitive, incapaci di volontà e travolti dai propri dissidi interiori. Racine si è formato nell’ambito giansenistico dominato dalla drammatica e severa coscienza della finitezza e inadeguatezza dell’uomo, della sua impossibilità di realizzarsi moralmente senza l’intervento imperscrutabile della grazia divina. In Spagna troviamo invece Pedro Calderón de la Barca (1600-1681) con le sue vette poetiche immerse nella realtà, nel sogno e nella finzione.
Non si può né concludere il paragrafo sul Seicento, né proporre una seppur breve storia del teatro, senza soffermarsi almeno per un poco sulla commedia dell’arte. I fenomeni che vanno sotto tale dicitura nascono nella seconda metà del Cinquecento, in piena epoca rinascimentale. Base essenziale della commedia dell’arte è l’abilità tecnica, la capacità di movimento degli attori, l’uso di un ricco e costante repertorio di situazioni comiche; lo schematismo delle figure e dei tipi viene portato all’estremo, si creano personaggi fissi, e tale fissità è resa più colorita dalla trasformazione di queste figure in vere e proprie “maschere”. La commedia dell’arte è quella commedia affidata ad attori professionisti che offrono i loro spettacoli a un pubblico vario, vivendo del proprio mestiere; la prima compagnia di comici di mestiere si forma a Padova nel 1545, e ad essa ne seguono moltissime. In questi spettacoli gli attori non imparano a memoria la loro parte ma la improvvisavano. Si tratta comunque di una tecnica recitativa, “l’improvvisazione non si improvvisa”, al contrario prevede che il teatrante si prepari non “la” parte ma “per” la parte.
Prima di essere definita tale, le rappresentazioni della commedia dell’arte venivano indicate come “Commedia degli Zanni” o “Commedia all’Italiana”. Il termine “Zanni” deriva dal nome di figure di servi nelle prime commedie cinquecentesche, “Zan”, forma veneta per “Giovanni”, da cui “Zanni”. Le caratteristiche di questa tipologia di teatro sono due: l’improvvisazione e l’utilizzo di maschere.

Tali maschere finiscono poi per identificarsi con dei personaggi specifici, veri e propri “tipi fissi”, figure comiche che si ritrovano sempre uguali da una commedia all’altra, con lo stesso formulario di gesti e di linguaggio. I personaggi che si vengono via via creando sono assai numerosi, ma vanno tuttavia inscritti in strutture drammaturgiche rigide e che rispondono a canoni ben definiti, succede dunque che esse vengano raggruppate in poche categorie funzionali: due vecchi e due servi, poi confluiti rispettivamente nelle figure di Pantalone, del Dottore bolognese, Arlecchino e Brighella. Questi ultimi derivano in realtà da un unico personaggio, Zanni, il facchino bergamasco che compare fin dalle prime commedie.
Per circa due secoli tale tipologia di spettacolo rappresenta il Teatro “tout court” in tutta Europa, la sua influenza è chiara, soprattutto se si hanno presenti alcuni personaggi non italiani, come ad esempio Punch, versione inglese di Pulcinella, o Pierrot, Pedrolino o Petruška, tutti derivanti da Arlecchino. Nel Settecento si assiste ad alcuni importanti cambiamenti: lo sviluppo teorico della recitazione e della funzione dell’arte teatrale per la società. Il maggiore studioso dell’epoca è Diderot, filosofo illuminista autore di testi teatrali che si inseriscono nel nuovo filone del dramma borghese; egli pone i fondamenti dottrinali della “tragédie domestique” anche detta “genre serieux”. In Francia si sviluppa infatti una nuova tipologia di opera, definita “dramma”. Il “dramma” tuttavia trova la sua massima definizione sul piano teorico in Germania, grazie all’opera di Gotthold Ephraim Lessing (1728-1781). Sempre in Germania nasce in questo periodo l’innovativa figura del “Dramaturg”, ossia una persona che svolge l’importante ruolo di proporre il repertorio, di allestire i testi per la scena, di rielaborarli o di produrli egli stesso.
In Italia i grandi nomi sono Pietro Metastasio (1698-1782) per il melodramma, per la commedia Carlo Goldoni (1707-1793). Metastasio esalta l’importanza del libretto, a discapito della musica e del canto, semplifica il linguaggio poetico e migliora la caratterizzazione dei personaggi. Da grande uomo di teatro, Metastasio affida al proprio testo poetico una fortissima carica scenico-musicale, senza preoccuparsi dell’organicità di tutti gli aspetti dello spettacolo. Goldoni è uno dei drammaturghi più prolifici, la sua intera opera offre una più che diversificata serie di situazioni che si svolgono attraverso un “quotidiano parlare” e si basano su un’attenta rappresentazione del reale. Goldoni critica gli schemi della commedia dell’arte, la banalità delle sue convenzioni, la comicità volgare e plebea. La “riforma” del teatro goldoniano afferma la preminenza del testo scritto sulla caoticità dell’improvvisazione; il suo elemento determinante è il richiamo alla “natura”, che impone un continuo confronto con la realtà quotidiana. I libri su cui l’artista si è formato sono il “mondo” e il “teatro”, il primo di questi gli ha mostrato i “caratteri naturali” degli uomini, il secondo gli ha insegnato la tecnica della scena e del comico, e i modi per tradurla in comunicazione pubblica.
Dopo Goldoni e il suo “teatro” che attinge dal “mondo”, dopo il fascino e la ricchezza dell’opera del più grande commediografo del nostro Settecento illuminista, eccoci arrivati all’Ottocento.
Discorrendo per sommi capi, possiamo dividere il secolo a metà: nella prima metà si diffonde il dramma romantico, collegato agli ideali dello “Sturm und Drang”, tipicamente esaltati in Germania, da autori come Johann Wolfgang von Goethe e Friedrich Schiller; nella seconda metà invece predomina il dramma borghese, vicino agli ideali veristi e del naturalismo, che trovano in Verga e in Hugo i massimi esponenti.
Agli ideali romantici si rifanno anche autori come Manzoni, con l’ “Adelchi” e Silvio Pellico con la sua “Francesca di Rimini”.
L’Ottocento è però anche il secolo degli artisti anticonformisti, ben esemplificati dalla figura di Oscar Wilde, che nel suo “society drama” porta in scena i sentimenti di chi non vuole sentirsi parte della società.

In linea di massima, durante il XIX secolo, tutto è incentrato sul nuovo gusto di rappresentare Shakespeare, dilatando tutte quelle parti che si prestano ad azioni di massa.
In Inghilterra il teatro ottocentesco è caratterizzato da un’estrema povertà di testi drammatici, le opere di questo periodo sono in realtà semplici occasioni per fare spettacolo, si tratta di testi classificati in base al genere d’appartenenza, non importano più gli autori o il contenuto. Così accanto al “gotich drama”, incentrato su storie di fantasmi, troviamo addirittura il “dog drama” dove i protagonisti altri non sono che cani ammaestrati. Lo spettacolo non è più il momento comunicativo del testo, ma il testo diventa mera funzione dello spettacolo, fino ad arrivare allo “spoken dramas”, una sceneggiatura in pura e semplice prosa. È opportuno ricordare che una comune serata teatrale inglese durava in realtà circa cinque ore; tuttavia, dopo la prima parte della recita, il costo dell’ingresso veniva dimezzato e ciò comportava che lo spettacolo stesso si modificasse per trasformarsi in una serie di pantomime, balletti o altre tipologie di intrattenimento.
Diversa è la situazione a Parigi, dove nei primi anni dell’Ottocento si assiste ad un enorme sviluppo dell’apparato spettacolare dei melodrammi, soprattutto da un punto di vista specialistico. Molti tecnici infatti criticano l’impianto scenografico all’italiana e propongono una struttura scenica più complessa, con elementi tridimensionali praticabili e l’apertura di spazi utili alla sperimentazione scenografica e illuminotecnica. Importantissime in tal senso sono le innovazioni di Louis Jacques Daguerre, il quale, attraverso il sapiente uso di macchinari specifici, propone stupefacenti scene paesistiche in movimento, con fenomeni naturali, o scenari cittadini in cui è esaltato il fervore della vita animata. Daguerre chiama questa tipologia di spettacolarizzazione “diorama”, studi che saranno alla base delle ormai prossime scoperte fotografiche. A partire dalla metà del secolo i gusti cambiano e iniziano a diffondersi spettacoli le cui tematiche spesso rappresentano inquietanti realtà, vicende opprimenti, ambientate in una Parigi tenebrosa e formicolante di quella stessa umanità di cui il pubblico è parte integrante.
Il Realismo si impone sul Romanticismo, sul palco le scene ricalcano ambientazioni quotidiane, ma filtrate attraverso una lente che ne accentua le tinte, rendendole lontane e quasi surreali. Il nuovo repertorio si basa sulla rivisitazione del dramma borghese, che assume come luogo privilegiato il salotto, dove si svolge la vita sociale.
La contro-risposta al teatro verista di fine Ottocento è data dalle forme spettacolari che si diffondono a partire dagli inizi del Novecento, fenomeni che possono rientrare nella denominazione “teatro contemporaneo”. Con tale definizione si intendono le rappresentazioni teatrali che si sviluppano nel corso del XX secolo, segnate da una comune ricerca di superamento della semplice figurazione della realtà; in seguito, con l’avvento del cinema e della televisione, si giunge a un’ulteriore linea di demarcazione tra il quotidiano e la verità teatrale, resa possibile dagli strumenti propri del teatro, quali la suggestione, l’affabulazione e il gioco immaginifico che si instaura tra attore e pubblico. Si parla anche di “teatro di narrazione”, quando gli spettacoli si fanno particolarmente vicini agli antichi modelli dei cantastorie e nel contempo prendono notevolmente le distanze dal teatro verista ottocentesco.

La più grande rivoluzione del Novecento – dal punto di vista della storia del teatro – è la centralità dell’interprete. Da teatro della parola si passa al teatro dell’azione, del gesto, della “performance” interpretativa dell’attore, come sostiene il celebre teorico Konstantin Sergeevič Stanislavskij. Tale approccio metodologico porta, nel 1931, alla nascita del Group Theatre, che rimarrà attivo per circa una decina d’anni; il gruppo fondatore finisce per sciogliersi, ma la ricerca prosegue e personalità come Stella Adler, Lee Strasberg e Sanford Meisner continuano a portare avanti gli ideali dei primordi. Strasberg dirigerà poi dagli anni Cinquanta agli Ottanta l’ Actor’s Studio, forse la migliore fra le scuole di recitazione di tutti i tempi, in cui si sono formati anche Marlon Brando, Al Pacino, Robert De Niro. L’affermarsi delle avanguardie storiche apre la via alla sperimentazione di nuove forme di teatro, come il “teatro della crudeltà” di Antonin Artaud, la drammaturgia “epica” di Bertolt Brecht, e, successivamente, il teatro dell’assurdo di Samuel Beckett e Eugène Ionesco.
Da non dimenticare anche il dramma psicologico di Pirandello, che domina le scene del teatro italiano e non solo. I caratteri dei suoi personaggi si scompongono in uno scontro tra le forme paradossali e distorte che ciascuno di essi è costretto ad assumere: la rappresentazione teatrale rivela come ogni essere umano sia insidiato dalla duplicità, dalle maschere, da ciò che lo sguardo degli altri proietta su di lui. I personaggi scavano nelle pieghe dei loro rapporti con un cerebralismo incontenibile.
Altro nome da annoverare è Gabriele D’Annunzio, uno dei massimi esponenti del Decadentismo, il quale utilizza nelle sue tragedie, dal mondano gusto liberty, un linguaggio aulico e forbito, invaso dall’onda della parola preziosissima. Una importante considerazione va rivolta ad Achille Camapanile, geniale anticipatore del teatro dell’assurdo.
In Germania spiccano nomi come Vladimir Majakovskij e Erwin Piscator direttore del Teatro Proletario di Berlino e Ernst Toller il principale esponente teatrale dell’espressionismo tedesco.
Due parole sono dovute al rapporto tra il regime dittatoriale e il teatro. Gli studiosi concordano nel ritenere che non esista un “teatro fascista”, ma di fatto il fascismo “intuì subito l’importanza (o la pericolosità) del palcoscenico” (Biondi), soprattutto per ottenere il consenso dell’opinione pubblica borghese, quello stesso ceto medio a cui piaceva assistere alla commedia di costume, chiamata poi “delle rose scarlatte”. Altra tipologia di spettacolo che in quel periodo riscuote notevole successo è quello di Aldo De Benedetti, detto teatro “dei telefoni bianchi”, poiché in scena vi era sempre un telefono bianco, simbolo di adesione alla modernità; si tratta di rappresentazioni stereotipate, dalle trame abbastanza banali, tutte giocate sul classico triangolo amoroso, il cui fine è solamente quello di intrattenere e far divertire – “panem et circenses” direbbe qualcuno.

Quello che non è riuscito ad ottenere il fascismo, ossia un teatro di massa, riesce a raggiungerlo il teatro di varietà che, con le scene pompose, le musiche irruenti, le ballerine ammiccanti e le irriverenti battute dei comici, ottiene la partecipazione del grande pubblico. Caratteristica del varietà è la sua nota estemporanea, il copione si adatta all’attualità e agli avvenimenti politici, rendendo impossibile un controllo censorio sull’agire degli attori; non solo, il varietà comporta il trionfo dell’uso del dialetto, come ben esemplificano le farse di De Filippo.
Nel secondo dopoguerra arrivano nuovi stimoli a pungolare l’evoluzione del teatro. Gli anni Sessanta e Settanta sono le decadi della filosofia hippie, dell’avvicinamento a certe discipline del mondo orientale per far riemerge la natura istintiva dell’uomo, intrappolata e resa dormiente dalla moltitudine di regole che disciplinano la vita in società. Il nuovo sentire si riflette nel teatro, l’esibizione davanti al pubblico non è più solo un semplice spettacolo teatrale ma un’occasione di crescita personale. Il nuovo approccio si fa evidente in diverse realtà, basti pensare all’Odin Teatret di Eugenio Barba, al teatro povero di Jerzy Grotowski, al teatro fisico del Living Theatre di Julian Beck e Judith Malina. Le avanguardie italiane non sono altro che una sfilza di grandi nomi, ciascuno meritevole di un inchino nel mentre che li si legge: Eduardo De Filippo e Dario Fo, Carmelo Bene (uno dei principali esponenti del teatro sperimentale), Leo De Berardinis, o ancora Luchino Visconti, (più noto forse in ambito prettamente cinematografico). Ovviamente anche il resto del mondo ha i suoi nomi da giocare, in Germania troviamo ad esempio Rainer Werner Fassbinder, in Francia Jean Genet e in Svizzera Friedrich Dürrenmatt (1921-1990). Degno di nota è ancora il polacco Tadeusz Kantor (1915-1990) pittore, scenografo e regista teatrale tra i maggiori teorici del teatro del Novecento. Il suo spettacolo “La classe morta” (1977) è tra le opere fondamentali della storia del teatro.
Molte altre figure meriterebbero di essere annoverate, così come numerosissime altre correnti, avanguardie e sperimentazioni, ma dato che sto scrivendo un articolo e non un saggio, mi trovo costretta, seppur con cuore pesante, a fare una selezione. Eccoci dunque arrivati al termine della nostra riassuntiva storia del teatro e con l’usuale speranza di avervi allietato e incuriosito mi accingo a salutarvi. Prima però mi tolgo un piccolo sfizio personale, perché desidero ricordare due personaggi tra i miei preferiti del Novecento in ambito teatrale. Il primo è Luca Ronconi, un grande innovatore, il suo modo di fare teatro e regia non ha termini di paragone. È un attore che è anche regista e ciò comporta un’attenzione tutta nuova sulla messa in scena. Per Ronconi il teatro implica la definizione di spazio, ma uno spazio completamente nuovo, che assume le forme degli stati d’animo dei personaggi delle storie rappresentate. Molto spesso si tratta di spazi tormentati, pregni di elementi simbolici che gli spettatori colti dovrebbero intendere – soprattutto dopo aver letto un esaustivo commento dal carattere didascalico di quello che si è andati a vedere – Altra peculiarità del teatro ronconiano è il tempo: ciò che avviene sul palcoscenico non ha ordine cronologico, le azioni si sovrappongono e si succedono come in una straniante dimensione onirica in cui lo spazio-tempo non esiste. Il regista pare lanciare un’ancora di salvezza agli spettatori utilizzando molto spesso delle didascalie, ma noi -pubblico attento – sappiamo che non ci si deve mai fidare troppo degli artisti contemporanei. Tali didascalie, infatti, altro non sono che parole chiave per aiutarci a capire la messa in scena, ma, diciamo la verità, per comprendere appieno uno spettacolo di Ronconi serve qualcosa di più che qualche termine sparso qua e là.

Il secondo personaggio che vorrei indicarvi è il visionario regista lituano Eimuntas Nekrošius, i cui spettacoli sono tanto affascinanti quanto intellettualmente complessi. Spiegare la poetica di Nekrošius è davvero complicato, la difficoltà è la medesima di cui parla Kafka ne “Un digiunatore”: “Si provi a spiegare a qualcuno l’arte del digiuno! Chi non la conosce, non può neanche averne l’idea”. Il regista lituano dimostra come sia possibile attingere dalla tradizione e al contempo rileggerla alla luce di nuove prospettive critiche ed estetiche. La messinscena è un organismo vivente che racconta storie, muove i personaggi come fossero burattini e determina l’avvio di meccanismi passionali che sfuggono al naturalismo psicologico e non è mai intaccato “dal morbo dell’autoriflessività che si è impadronito totalmente del teatro occidentale” (Valentini). Le opere di Nekrošius sono un’estrema sintesi di opposti, astratto e concreto, tragico e comico, descrizione e narrazione, uniti dalla fusione dialettica dei contrari in una caratterizzazione dinamica che richiama alla memoria l’idea del “montaggio delle attrazioni” teorizzata da Ejzenštein.
Se non avete mai visto uno spettacolo di Nekrošius, probabilmente non avrete capito granché di ciò che ho appena detto, ma l’ho fatto apposta, per invitarvi ad andare su youtube, digitare il suo nome e lasciarvi perdere nel suo mondo onirico e allucinato, così tanto lontano dalla nostra visione spocchiosamente eurocentrica. Un ultimo consiglio, se non sapete da dove iniziare cercate una registrazione del suo “Makbetas”, che marcia inesorabile verso la morte mentre il mantello gli diviene pesante, e nel contempo basculano sul palco delle enormi travi di legno, simbologie di metronomi che scandiscono l’azione che precipita e il destino che si compie. Con quest’ultimo consiglio enigmatico vi saluto davvero, cari lettori, e vi invito a trascorrere un po’ del vostro tempo libero in compagnia di personaggi bislacchi, al limite dell’umana comprensione, che, come i matti, sproloquiano la verità, mentre il resto del mondo finge di non udirli.

Alessia Cagnotto

La Fontana del Parco della Tesoriera e il suo fantasma

Oltre Torino. Storie, miti, leggende del Torinese dimenticato

Torino e lacqua

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8. La Fontana del Parco della Tesoriera e il suo fantasma

Quando visitiamo una città tendiamo facilmente a focalizzarci sui quartieri centrali, perché in genere più ricchi di musei e attivitàculturali, ma così facendo corriamo il rischio di perdere le attrazioni che si trovano spostate in altri luoghi della città. Se siamo a Torino e vogliamo fare ad esempio una passeggiata in un parco, certo il primo che salta alla mente è lo splendido e rigoglioso  parco del Valentino, il vero polmone della nostra cittàche, tuttavia, offre anche altre zone verdi. Tra queste, è bene ricordarlo, vi è un ampio giardino carico di fiori e di tenera fauna cittadina, come scoiattoli e varie specie di uccelli di piccola taglia: si tratta del bellissimo ed elegante Parco della Tesoriera, il vasto parco aperto al pubblico che circonda la settecentesca Villa Sartirana, sita lungo corso Francia, nei pressi di piazza Rivoli, nella circoscrizione 4, tra corso Monte Grappa, via Borgosesia e via Asinari di Bernezzo.

La villa venne costruita per il consigliere e tesoriere generale dello stato sabaudo, Aymo  Ferrero di Cocconato (Racconigi 1663-Torino 1718) sui terreni che egli aveva acquistato nel 1713. Larchitetto a cui venne affidato lincarico delledificazione fu Jacopo Maggi, che si ispirò a Guarino Guarini. Il parco in cui sorge la fontana è anche conosciuto con il nome di Giardin dëlDiav, perché un tempo si vociferava che apparisse, su cavalli incitati al galoppo trainanti una grossa carrozza, un cavaliere nero, nientemeno che  il fantasma del tesoriere del re, Aymo Ferrero di Cocconato.

Allinterno del grande giardino si staglia, netta, la splendida costruzione, circondata da un prato verde alla francese, al cui centro, di fronte alla villa, spicca una fontana centrale. La struttura della vasca è ovaleggiante, con tre zampilli centrali più alti; lungo una parte del perimetro della vasca partono altri piccoli getti a cannella che movimentano piacevolmente il disegno dellacqua e danno rilievo artistico e ornamentale al semplice bacino contenitivo.

La Tesoriera è un esempio di villa suburbana settecentesca  erispetta fedelmente le linee strutturali dei più noti palazzi barocchi torinesi. Realizzata ex novo e non su fondamenta preesistenti, essa presenta la copertura del primo piano con eleganti volte in muratura. Il  progetto si concretizzò nel 1713 quando AymeFerrero di Borgaro e signore di Cocconato, tesoriere e generale dei redditi del Duca, fece edificare una cascina e acquistò i beni circostanti. Logica la connessione tra la professione del suo fondatore e la denominazione Tesoriera. La villa fu inaugurata dal duca di Savoia  Vittorio Amedeo nel 1715.  Gli avvenimenti storici  segnarono il lento decadimento artistico della villa  che solo nel 1844, sotto la guida di Ferdinando Arborio Gattinara Duca di Sartirana Marchese di Breme, entomologo e politico italiano, subì sostanziali mutamenti e conobbe per un breve periodo fasto e splendore. Allora, la villa era chiamata con il suo vero nome, Sartirana, e vantava una biblioteca di circa 1500 volumi di storia naturale e botanica, oltre ad una collezione ornitologica con rarissimi esemplari di uccelli esotici e arredi. A metà Ottocento la Tesoriera era un delizioso giardino botanico con camelie, rododendri, azalee, melograni, conifere e querce.  Nel 1934 la Villa fu acquistata da Amedeo duca dAosta che affidòallarchitetto Giovanni Ricci il compito di apportare delle modifiche nellala ovest .

La ricchezza botanica venne compromessa durante la seconda guerra mondiale, e in seguito, nel 1962, con la vendita dellarea  passata dallamministrazione  dei Duchi dAosta  allIstituto Sociale dei Gesuiti, che abbatterono molti alberi secolari. Nel 1976 varie manifestazioni di protesta e raccolta firme dei cittadini portarono il comune di Torino ad espropriare il parco e poi ad acquistare la villa. Dopo gli importanti restauri del 2009-2011 che hanno restituito la villa al suo antico splendore, la Tesoriera oggi accoglie la biblioteca musicale Andrea della Corte (dedicata al critico musicale e musicologo) ed è sede rappresentativa comunale. Nel parco vi è un ricco patrimonio di alberi, arbusti e fiori, con specie tipicamente italiane e altre che si sono acclimatate, come la quercia rossa. Ci sono anche esemplari di noce nero, faggio, frassino, tiglio acro, olmo, tasso bagolaro e magnolia. Una particolare pianta della Tesoriera, unica a Torino, ci parla dei climi mediterranei: a destra, lungo il viale che parte quasi dallingresso di corso Francia, si può scorgere il tronco inclinato di una quercia da sughero. Vicino allingresso, il gigantesco platano di quasi otto metri di circonferenza, forse piantato nel 1715, è lalbero più vecchio della città.

Alessia Cagnotto

 

Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce

Il fil rouge di questa serie di articoli su Torino vuole essere lacquaLacqua in tutte le sue accezioni e con i suoi significati altrilacqua come elemento essenziale per la sopravvivenza del pianeta e di tutto lecosistema ma anche come simbolo di purificazione e come immagine magico-esoterica.

1. Torino e i suoi fiumi

2. La Fontana dei Dodici Mesi tra mito e storia

3. La Fontana Angelica tra bellezza e magia

4. La Fontana dellAiuola Balbo e il Risorgimento

5. La Fontana Nereide e lantichità ritrovata

6. La Fontana del Monumento al Traforo del Frejus: angeli o diavoli?

7. La Fontana Luminosa di Italia 61 in ricordo dellUnità dItalia

8. La Fontana del Parco della Tesoriera e il suo fantasma

9. La Fontana Igloo: Mario Merz interpreta lacqua

10. Il Toret  piccolo, verde simbolo di Torino

GARAGE IAAD, Salone Auto Torino. Presentazione con la realtà aumentata della hypercar Sjov

 

13-14 settembre 2024

IAAD. Torino, via Pisa 5D

Presentazione con la realtà aumentata della hypercar Sjov destinata al gaming, masterclass itineranti, esposizione open air, mostra dei progetti degli studenti e una tavola rotonda per raccontare l’evoluzione della mobilità.

 

 

Per il Salone Auto Torino 2024, IAAD. – Istituto d’Arte Applicata e Design, mette in mostra “GARAGE IAAD. Beyond Mobility”: 46 anni di know-how nel Transportation Design. Il 13 e 14 settembre sono in programma due giorni di attività dedicati alla scoperta del passato, presente e futuro del transportation design e della mobilità.

 

Si parte con la presentazione, tramite esperienza di realtà aumentata, di Sjov, la hypercar con DNA Zenvo destinata al gaming, progettata dagli studenti della 15esima edizione del Master IAAD. in Trasportation Design, progetto promosso e supervisionato da ESISTE Group in qualità di partner di IAAD., con il contributo essenziale de La Bottega Torinese nella progettazione e modellazione della scultura, Made in Verse nella programmazione XR, e Nablaflow, che ha messo a disposizione le proprie competenze per le prove aerodinamiche.

Il progetto sarà presentato attraverso un’esperienza di realtà aumentata basata su una speedform in scala reale: attraverso caschetto e monitor si potranno visualizzare le diverse declinazioni del progetto (venerdì 13 ore 15-21 e sabato 14 ore 10-15). Sjov sarà anche protagonista della presentazione a cura degli studenti e del project leader e designer Davide Tealdi (sabato 14 ore 11-12, Aula Magna IAAD.).

 

Dal futuro al passato: IAAD. espone a cielo aperto 4 veicoli iconici e rappresentativi dei diversi aspetti della mobilità su strada del nostro secolo, 4 pezzi simbolo del Transportation Design con peculiarità estremamente diverse. Dall’eleganza della Ferrari Dino di Aldo Brovarone all’efficienza della Fiat Panda 30 di Giorgetto Giugiaro, dall’emozionante MV F4 Agusta di Massimo Tamburini alla funzionalità di Microlino, una rivoluzione nell’ambito della mobilità elettrica urbana, disegnata per Icona da Antonino Barone, designer classe IAAD. 2015 (venerdì 13 ore 15-21).

 

Si tratta di un percorso tra le diverse identità del Transportation Design che prelude alla mostra “Creative Pulse” dei progetti più significativi degli ultimi anni realizzati dagli studenti IAAD. in Transportation Design per aziende partner tra cui Automobili Pininfarina, Iveco, MG, Dallara, Lamborghini, Brembo, Garavini, Bertone, Suzuki, Honda, Hunday, Changan, DS Automobiles, San Lorenzo Yacht, Cossutti Yacht Design. Le 4 aree tematiche della mostra – Supercar, Functionals, Motorbike & Yacht, Mobility solutions – si articoleranno nelle aule IAAD. in 4 presentazioni multimediali (venerdì 13 ore 15-21, sabato 14 ore 10-15).

 

Il mondo automotive sta vivendo una profonda trasformazione che sta facendo emergere nuove esigenze, potenzialità ed obiettivi. Con l’avanzare della tecnologia e l’evoluzione dei mezzi di trasporto, l’attenzione si sposta sempre di più verso la progettazione di soluzioni di mobilità integrate e sostenibili. Date queste premesse, quali sono i possibili scenari futuri? Quali le priorità che la società e i player del settore dovranno rispettare? Quale il futuro di hypercars, mezzi di trasporto individuali, mezzi per il trasferimento delle merci? IAAD. si interroga quotidianamente su questi temi, ponendo ai propri studenti costanti sfide progettuali in collaborazione con brand e centri stile di rilievo, e chiama 5 designer di eccellenza per confrontarsi sul tema “Visionary Roads. From hypercars to mobility solutions”: Walter De Silva, in collegamento, president at Walter De Silva & Partners e direttore del Master IAAD. in Design for Mobility Solutions; Davide Amantea, chief design officer Automobili Pininfarina; Nicola Danza, exterior design manager Hyundai Motor Europe; Andrea Mocellin, independent automotive & aviation design leader; Dario Olivero, ceo Dorodesign e coordinatore del Master IAAD. in Design for Mobility Solutions; Luca Borgogno, moderatore, chief automotive officer per Marc-Huawei (venerdì 13 ore 18-19.30). Al termine della tavola rotonda, la IAAD. Designer’s Night per condividere e confrontarsi (venerdì 13, ore 19.30-22).

 

In programma, infine, anche due masterclass itineranti negli spazi del Salone Auto Torino, alla scoperta di alcuni degli esemplari più suggestiviBertone, trampolino dei giganti e Supercar, dalla Miura alla Battista per un viaggio nella storia delle macchine che fanno sognare. A guidare il pubblico Matteo Licata, docente IAAD. e cultore della storia ed evoluzione del design automobilistico (venerdì 13 ore 15 e 17, sabato 14 ore 12 e 15).

 

In risposta alle nuove sfide della mobilità, IAAD., forte dell’esperienza progettuale sviluppata, attiverà a maggio 2025 il nuovo Master in Design for Mobility Solutions – Shape the future of smart Tansportation, diretto dall’architetto Walter De Silva e coordinato dal designer Dario Olivero. Un programma pioneristico che fonde il ricco patrimonio del design italiano con i più recenti progressi nel campo della mobilità, con un approccio olistico che combina competenze nelle tecnologie di mobilità emergenti, integrazione di arte e design e principi di progettazione incentrati sull’utente. Il Master prevede l’assegnazione della “Borsa di studio Walter De Silva” offerta dall’Architetto stesso a copertura totale della retta di frequenza del corso.

Per informazioni sul Master e sulle modalità di candidatura per la borsa di studio https://www.iaad.it/master/design/master-mobility/

 

Tutti gli appuntamenti sono a ingresso libero. Le masterclass sono gratuite, a numero chiuso.

L’UCID Torino incontra il presidente UI Marco Gay 

 

 

Per gli incontri organizzati dall’Ucid Gruppo Interregionale Piemonte e Valle d’Aosta sezione di Torino lunedì 23 settembre 2024 alle ore 20 presso l’Unione Industriale, in via Vela 15, si terrà l’incontro con Marco Gay, presidente dell’Unione Industriali di Torino.

“In un momento storico così ricco di complessità e di innovazioni è con entusiasmo che diamo inizio al nuovo anno sociale dell’Ucid – afferma il presidente dell’Ucid sezione di Torino Marco Lazzarino- e sarà con grande piacere che avremo occasione di rivederci dopo le vacanze estive, che mi auguro siano state per Voi quanto più possibili serene e rigeneranti.

Il percorso che inauguriamo ci vedrà coinvolti in prima linea nel promuovere i valori della dottrina Sociale della Chiesa all’interno del tessuto economico e produttivo del nostro territorio.

Inaugureremo il nostro anno sociale lunedì 23 settembre quando incontreremo il neoeletto Presidente dell’Unione Industriali di Torino, Marco Gay. Il dottor Gay, che è anche coFounder e presidente esecutivo di Zest SPA, principale incubatori e acceleratore di start up quotato in Borsa e nato dalla fusione di Lventure e Digital Magics, incarna l’equilibrio tra innovazione e radicamento nei valori tradizionali, un aspetto che noi di Ucid riteniamo cruciale per lo sviluppo sostenibile della nostra comunità.

La sua esperienza nel guidare aziende innovative e il suo impegno in realtà di spicco del nostro territorio, come il Politecnico di Torino, lo rendono un interlocutore ideale per il dialogo che intendiamo instaurare con le persone che possono incidere positivamente sul futuro di Torino e del Piemonte. Marco Gay è un ottimo relatore e potrà offrirci una visione di quello che sta accadendo in Piemonte relativamente al sistema manifatturiero, sia una visione relativa alla digital economy a livello italiano”.

“L’anno sociale 2024/25 di Ucid Torino – prosegue il Presidente Marco Lazzarino- sarà caratterizzato da incontri e dibattiti con le principali rappresentanze economiche e produttive del territorio, nei confronti delle quali è nostra intenzione avviare un dialogo serrato e costruttivo al fine di promuovere uno sviluppo sostenibile e sano dell’economia e rispettoso dei valori della persona umana, secondo gli insegnamenti della Dottrina Sociale della Chiesa. Ogni socio è chiamato a vivere da protagonista questo anno sociale, nella consapevolezza che solo grazie ad un nostro comune e costante impegno sarà possibile contribuire a indirizzare le forze economiche verso i principi e i valori in cui crediamo e che caratterizzano il nostro agire quotidiano”.

 

Mara Martellotta

L’aeroporto di Torino primo con servizio in modalità integrata

Un servizio di assistenza integrata dal treno all’aereo per i viaggiatori con disabilità e a ridotta mobilità è al centro dell’accordo stipulato da Rete Ferroviaria Italiana, società del Gruppo FS, e SAGAT, che gestisce l’aeroporto di Torino. Torino Airport diventa così il primo scalo in Italia in cui il servizio di assistenza viene erogato in modalità integrata.

I contenuti dell’accordo sono stati condivisi con ENAC- Ente Nazionale per l’Aviazione Civile e concepiti sulla base delle indicazioni dell’ente, al fine di fornire un servizio più inclusivo e consentire un viaggio agevole per tutti i passeggeri.

Tramite l’accordo di collaborazione, i passeggeri potranno essere assistiti nelle fasi di salita e discesa sia dal treno che dall’aereo da personale dedicato e adeguatamente formato. In particolare, sarà cura degli addetti aeroportuali assistere i viaggiatori fino al meeting point di interscambio, dove verranno accolti e accompagnati fino al treno da personale incaricato da RFI, e viceversa. Il servizio è disponibile per tutti i treni in partenza o in arrivo nella stazione di Torino Aeroporto di Caselle.

Per usufruire dell’assistenza è necessario richiederne l’attivazione o alla compagnia al momento della prenotazione del biglietto aereo o a Sagat con un preavviso di almeno 48 ore prima dell’orario di partenza o di arrivo del volo.

Per RFI, la richiesta va inoltrata tramite i canali di Sala Blu con un preavviso di almeno 12 ore; qualora tale condizione non venisse rispettata, verrà compiuto ogni ragionevole sforzo per fornire adeguata assistenza ai viaggiatori con disabilità e a ridotta mobilità.

Tutte le informazioni di dettaglio sono consultabili sui siti web di Torino Airport e di RFI.

Lo scalo aeroportuale è raggiungibile da Torino con collegamenti ferroviari diretti ogni mezz’ora con i treni delle linee SFM 4 e SFM 7 in circolazione dalle 05.15 alle 22.30 dal lunedì al sabato e ogni ora alla domenica.

Piemonte e Lombardia puntano sulla Space economy 

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L’appuntamento, promosso dall’Ipse (Intergruppo parlamentare per la Space Economy), è dedicato a valorizzare la filiera nazionale dello spazio e a contribuire alla crescita del comparto. In particolare, gli Stati Generali si propongono come un’occasione di confronto tra l’Intergruppo parlamentare per la Space Economy, il Governo, l’industria spaziale italiana, le Istituzioni nazionali e locali, il mondo dell’economia, quello dell’alta formazione e della ricerca, e i principali stakeholder. Tutto ciò per affrontare in maniera sempre più sinergica le sfide globali e le opportunità della new Space Economy, comprese le prossime scadenze in ambito europeo. A Torino il primo incontro si è tenuto mercoledì, a Milano ieri, in presenza dei governatori Cirio e Fontana.

Il Piemonte ha un ruolo centrale nell’economia dello spazio grazie all’eccellenza delle sue aziende e al grande contenuto tecnologico del processo produttivo di un comparto che sta diventando sempre più determinante per la crescita della nostra economia. I dati del distretto lo dicono chiaramente, uno sviluppo esponenziale che ha portato in due anni a un aumento significativo di occupati con tante aziende in più che hanno affiancato quelle già presenti. Un circolo virtuoso di impresa, ricerca e innovazione che inserisce a pieno titolo il Piemonte tra quelle che maggiormente hanno investito in un settore determinante per la nostra economia. In questo contesto abbiamo ospitato al Grattacielo Piemonte il confronto sull’intelligenza artificiale applicata all’industria dello spazio con aziende e stakeholder a Dimostrazione della grande vitalità del settore, come confermato anche dalla scelta del governo di insediare proprio a Torino la Fondazione nazionale dell’intelligenza artificiale applicata alla manifattura e all’industria: un ulteriore tassello su cui investire per aumentare la competitività delle nostre imprese” commentano il Presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, gli assessori allo Sviluppo Andrea Tronzano e all’Innovazione Matteo Marnati.