Poste Italiane comunica che da oggi, lunedì 2 settembre, tutti gli Uffici Postali della città di Torino sono di nuovo disponibili secondo il consueto orario dopo la pausa estiva.
Per evitare assembramenti, tempi di attesa superiori alla media e risparmiare tempo, Poste Italiane ha potenziato il numero degli Uffici Postali presso i quali è possibile prenotare l’operazione allo sportello. Sono infatti 67 le sedi postali cittadine dove è possibile accedere con prenotazione dal sito www.poste.it o dalle APP “Ufficio Postale”, “BancoPosta” e “PostePay”.
Dopo aver effettuato l’accesso tramite credenziali e scelto uno tra i servizi disponibili (“Bollettini”, “Versamenti, prelievi, F24, ricariche e altri pagamenti”, “Posta e Pacchi”, “Carta PostePay, Energia e Telefonia”, “Buoni e Libretti”, “Assicurazioni RC Auto”, “Conto corrente, Finanziamenti, Investimenti e assicurazioni” “SPID” e “Tutte le altre operazioni”) sarà necessario selezionare l’ufficio prescelto. Verrà generato un QRCode che, in caso di arrivo in ritardo o in anticipo rispetto all’orario della prenotazione, andrà “convalidato” all’arrivo in Ufficio Postale avvicinandolo al lettore ottico del totem Gestore delle Attese presente in sala per essere chiamato dal primo sportello libero.
Rimane ancora possibile prenotare il proprio turno allo sportello tramite WhatsApp. Richiedere il biglietto elettronico con questa modalità è molto semplice: basterà memorizzare sul proprio smartphone il numero 3715003715 e seguire le indicazioni utili a completare la prenotazione.
Era l’epoca della II Crociata, a metà del Duecento: si andava a combattere in Anatolia, Palestina e in Egitto mentre tanti altri pellegrini stipavano le galee per raggiungere la Città Santa, appena riconquistata dai crociati, per pregare nei luoghi santi del cristianesimo. Si partiva da ogni città dell’Europa occidentale, dalla Francia, dalla Germania, dall’Italia, il cammino era lungo e faticoso e non privo di pericoli. Lungo strade e sentieri si incontravano locande e piccoli ospedali che offrivano assistenza, cibo e cure. Una meta sospirata dai pellegrini dopo aver percorso centinaia di chilometri. Uno di questi luoghi fu individuato in un monastero-ospedale costruito dai monaci vallombrosani di San Benedetto di Piacenza al di là del fiume Stura nel torinese. Nel 1146 il giurista Pietro Podisio, appartenente a un importante famiglia torinese, donò ai religiosi dei terreni per edificare un “hospitalem”, fuori le mura di Torino, allora piccolo borgo di poche migliaia di abitanti, al fine di prestare assistenza e alimenti a chi si fermava per riposarsi in attesa di riprendere il cammino. Si diedero un gran daffare i monaci che oltre ad aiutare senza risparmio poveri e ammalati gestirono anche il servizio di traghetto sulla Stura ed è da qui che deriva il nome del quartiere torinese “Barca”. Nacque così un convento-ospedale situato lungo i tragitti della via Francigena diretti a Roma e verso i porti pugliesi dove ci si imbarcava per il Levante. Il complesso religioso è diventato l’Abbadia vallombrosana di San Giacomo di Stura, uno dei più importanti monumenti storico-artistici del Medioevo torinese la cui storia è raccontata nel libro “San Giacomo di Stura, la storia dell’Abbadia vallombrosana alle porte di Torino, vestigia “dimenticate” del Medioevo subalpino”, Neos edizioni, dal poeta, traduttore e medievista Roberto Rossi Precerutti. Il periodo di massima fioritura non durò molto e già nel XIII secolo iniziò il declino del monastero che nel Quattrocento fu unito alla mensa vescovile di Torino e poi nel Settecento divenne una parrocchia intitolata a San Giacomo. Nel Novecento la chiesa fu circondata da cascinali e fabbricati industriali sorti lungo la strada che mette in comunicazione Torino e Settimo. Danneggiata dalle bombe della Seconda Guerra Mondiale fu dichiarata inagibile nel ’54 e negli anni Sessanta fu sconsacrata e ceduta ai privati. Nel giugno 1972, inoltre, un incendio distrusse la galleria del coro e gli affreschi. Oggi l’Abbadia di San Giacomo è assai mal ridotta e versa in stato di abbandono dagli anni Cinquanta. Resta la chiesa con il sagrato e il perimetro del chiostro. La speranza è che i lavori di restauro della chiesa e dello spettacolare campanile, alto 24 metri, iniziati alcuni anni fa, possano presto restituire alla comunità questa preziosa testimonianza storica medioevale. Il libro di Roberto Rossi Precerutti è accompagnato da una serie di tavole di Emilia Mirisola che illustrano lo splendore del monastero nei secoli passati.